LA TUTELA DEL LAVORO
La Repubblica italiana è fondata sul lavoro perché il lavoro è il mezzo con il quale l’uomo e la donna esprimono in maniera completa la
propria personalità e contribuiscono alla vita civile e al progresso della comunità. Il lavoro è dunque parte fondamentale
della vita dell’individuo.
Liceo Scientifico ordinario
Classe IV B
Corso di Educazione civica in codocenza
Primo trimestre
Diritto: prof. D’Orsi Giovanni Storia: prof.ssa Assante Gabriella
A cura degli alunni: Barrasso Fiordelisa e Carosielli Michele
Anno scolastico 2020/2021
COLLEGAMENTI
INTERDISCIPLINARI
Educazione Civica:
La tutela del lavoro nella Costituzione:
articoli 1,4,35,36
Storia:
Rivoluzione Industriale
Marx, lo sfruttamento e l’alienazione dell’operaio
Filosofia:
Bacone, la Nuova Atlantide
Ambivalenza della scienza e della tecnica
EDUCAZIONE CIVICA
LAVORO
FILOSOFIA STORIA
Il lavoro nella Costituzione
Alla persona che presta il lavoro la Repubblica italiana riconosce e garantisce diritti inviolabili, per questo motivo il lavoro è considerato valore fondativo della Repubblica.
Questo tema viene affrontato in diversi articoli tra i quali:
Articolo n.1
Articolo n.4
Articolo n.35
Articolo n.36
Articolo n.1
L’Italia è una Repubblica democratica fondata sul lavoro. La sovranità appartiene al popolo che la esercita nelle forme e nei limiti della Costituzione.
La Repubblica italiana ha nel lavoro il fondamento della vita democratica e l’unico parametro per misurare il valore e le capacità degli individui,
affermando tra di loro il principio di uguaglianza. Il lavoro ha una funzione strumentale, fornendo allo stesso tempo anche una definizione sociale della persona. Inoltre, impegna buona parte della giornata ed è un’attività in cui si immette qualcosa di sé stessi. Questo è evidente in una attività intellettuale, artistica o manuale. Affermare che l’Italia è una Repubblica fondata sul lavoro equivale ad ammettere l’importanza di tutti questi aspetti e a impegnarsi
affinché il lavoro sia tutelato e promosso.
Articolo n.4
La Repubblica riconosce a tutti i cittadini il diritto al lavoro e . promuove le condizioni che rendano effettivo questo diritto.
Ogni cittadino ha il dovere di svolgere, secondo le proprie possibilità e la propria scelta, un’attività o una funzione che concorra al progresso materiale o spirituale della società.
L’articolo n.4 definisce il lavoro sia come diritto che come dovere. Il diritto al lavoro non equivale all’obbligo da parte dello Stato di creare e trovare un’occupazione a chi la sta cercando, bensì si riferisce al dovere di sviluppare le condizioni idonee affinché ciascuno possa esercitare una determinata professione. Questo diritto dell’individuo ad avere un lavoro va di pari passo con il dovere di contribuire al progresso dell’intera società.
Di conseguenza la dimensione individuale non annulla assolutamente quella collettiva, al contrario esse si integrano nella concezione che tra il singolo e la collettività ci sia un legame indissolubile.
Articolo n.35
La Repubblica tutela il lavoro in tutte le sue forme ed applicazioni.
. Cura la formazione e l’elevazione professionale dei lavoratori.
Promuove e favorisce gli accordi e le organizzazioni internazionali intesi ad affermare e regolare i diritti del lavoro.
Riconosce la libertà di emigrazione, salvo gli obblighi stabiliti dalla legge nell’interesse generale, e tutela il lavoro italiano all’estero.
A differenza di quanto stabilito dagli art.1 e 4, il tema centrale in questo caso è il lavoro subordinato, mediante l’affermazione del principio di tutela del lavoratore.
Nel secondo comma la Repubblica si impegna a garantire la possibilità di svolgere un’attività conforme alle proprie capacità e aspirazioni.
Nel terzo e quarto comma lo Stato si impegna a tutelare i lavoratori italiani all’estero e i lavoratori stranieri in Italia, attraverso la firma di accordi in grado di garantire pari trattamento retributivo e pari garanzie. Tutelare i compatrioti all’estero era un’importante necessità durante il dopo guerra per un Paese che ha vissuto
l’emigrazione per circa un secolo. Nel corso degli anni novanta si è verificato invece il fenomeno opposto e si è presentata l’esigenza di garantire pari opportunità agli immigrati in Italia.
Articolo n.36
Il lavoratore ha diritto ad una retribuzione proporzionata alla quantità e qualità del suo lavoro e in ogni caso sufficiente ad assicurare a sé e alla sua famiglia un’esistenza libera e dignitosa.
La durata massima della giornata lavorativa è stabilita dalla legge.
Il lavoratore ha diritto al riposo settimanale e a ferie annuali retribuite, e non può rinunziarvi.
L’articolo 36 si occupa del lavoratore subordinato o dipendente. È quindi sottintesa l’idea che costui si trovi in una posizione gerarchicamente inferiore rispetto al lavoratore autonomo e all’imprenditore, che fondano la loro attività sulle proprie capacità organizzative e sulla libera gestione delle energie lavorative. L’articolo si sofferma su ciò che concerne la retribuzione, che deve essere proporzionale alla qualità e alla quantità di lavoro e sufficiente a garantire una qualità di vita dignitosa, stabilisce la durata massima della giornata lavorativa e sancisce il diritto irrinunciabile al riposo e alle ferie, non sostituibili con un’indennità economica. Il carattere difensivo di questo articolo ha lo scopo di tutelare il lavoratore dipendente da situazioni di sfruttamento, compito arduo nella società odierna, in cui le esigenze delle aziende, che devono fare i conti con un’economia dai ritmi imprevedibili, si scontrano spesso con i bisogni e i diritti dei lavoratori.
Storia – L’origine della questione sociale
Negli ultimi decenni dell’Ottocento crebbe esponenzialmente il numero dei lavoratori ed essi cominciarono a rivendicare il rispetto della dignità nelle industrie e una equa retribuzione.
Prese avvio, a partire da questo secolo, un processo che culminò con l’elaborazione delle moderne Costituzioni in cui tali principi sono salvaguardati.
- Il progresso industriale ed economico nella prima metà dell’Ottocento
- Marx e la nascita della questione sociale
Nella prima metà dell’Ottocento si verificò in tutta Europa un grande progresso industriale ed economico a partire dall’Inghilterra. Lo sviluppo demografico rese necessaria una trasformazione capitalistica
dell’agricoltura (dissodando i terreni paludosi, potenziando le coltivazioni più produttive come grano e mais e utilizzando tecniche e mezzi che sfruttavano le nuove scoperte scientifiche). Lo sviluppo agricolo dunque ebbe un ruolo determinante nello sviluppo industriale grazie all’estensione del mercato e la crescita di mano d’opera nelle città e soprattutto grazie ad un’intensa circolazione di denaro.
Il 19° secolo fu inoltre caratterizzato da nuove invenzioni e scoperte che contribuirono ulteriormente a migliorare lo sviluppo e la produttività dell’industria.
Nel 1774 viene scoperto il cloro da Scheel, nel 1801 Achartd ebbe l’idea di applicare un procedimento chimico per l’estrazione dello zucchero e l’inglese George Stephenson nel 1823 costruì la prima locomotiva veramente efficace e la prima linea ferroviaria che determinò un ammodernamento delle vie di comunicazione.
L’industria assunse proporzioni sempre maggiori impegnando migliaia di operai nelle grandi fabbriche nelle periferie delle città o vicino ai luoghi di estrazione delle materie prime, che divennero zone ad alta densità abitativa (fenomeno detto Urbanesimo).
Proletariato Borghesia
Costituito da coloro che dispongono di
braccia per lavorare e una prole da sfamare.
Classe sociale costituita da individui che vivono esercitando il commercio, l’industria, una professione libera, oppure svolgono mansioni direttive in enti pubblici e privati.
Capitalismo
La contrapposizione tra queste due classi nata nel corso della Rivoluzione Industriale è alla base del
Capitalismo che consiste nell’accentramento di capitale nelle mani di un numero ristretto di imprenditori, che esercitavano un predominio politico, oltre che economico a difesa dei propri interessi e a danno della classe operaia, costretta a sopportare orari di lavoro massacranti e ad accettare salari bassissimi.
L’operaio, una vita di stenti
Vennero introdotte macchine nel processo produttivo e ogni operaio fu
costretto a specializzarsi in una sola mansione senza avere più il controllo del ciclo produttivo. Ciò non accadeva con il lavoro artigianale in cui l’artigiano curava da solo tutti i passaggi che portavano alla finalizzazione di un prodotto.
Le condizioni di vita degli operai e delle loro famiglie non erano delle migliori, infatti donne e bambini oltre ad essere sfruttati e a dover sostenere
massacranti ritmi di lavoro, conducevano una vita tremenda nelle periferie dei centri urbani, dove vivevano in mezzo alla malattia e alla sporcizia, poiché tutti i lavoratori erano ammassati in un quartiere sovraffollato e malsano.
La vita peggiore la si conduceva nei quartieri operai di Londra dove il tasso di mortalità infantile era enormemente superiore a quello che si registrava nelle campagne.
Marx – La questione sociale
Il Capitalismo viene analizzato “scientificamente” dal filosofo tedesco Karl Marx, autore del trattato “il Capitale”, nel quale si evincono le contraddizioni di questa organizzazione sociale.
Tale sistema viene considerato come il modo naturale, immutabile e razionale di produrre e distribuire la ricchezza, mentre è soltanto uno dei tanti possibili. Il lavoratore, nella società capitalistica, vive in una situazione di alienazione perché la proprietà privata lo ha trasformato in uno strumento di un processo impersonale di produzione che lo rende schiavo, senza alcun riguardo ai suoi bisogni.
La caratteristica che differenzia l'economia borghese dalle altre forme di economia è il fatto che la merce non è prodotta al fine di essere consumata bensì con lo scopo di accumulare ricchezza. Alla base di questo sistema economico c'è il capitalista, che investe denaro in merci, le quali vengono usate nel processo
produttivo per poi venderne il prodotto e ricavarne una somma di denaro maggiore di quella investita.
«I filosofi hanno finora soltanto interpretato il mondo in diversi modi;
ora si tratta di trasformarlo»
I pilastri di questa organizzazione sono il liberismo economico e la proprietà privata, che danno vita ad una società
tipicamente “asociale”, in cui il singolo è separato ed escluso dalla comunità e le diverse classi sono in conflitto tra di loro.
L’unico modo di realizzare una comunità solidale sta nell’eliminazione delle diseguaglianze, quindi nell’abolizione della proprietà privata dei mezzi di produzione.
Per Marx sarà proprio la classe priva di ogni proprietà, cioè il proletariato, che è destinata ad eseguire la condanna storica della civiltà egoistica e proprietaria e a realizzare la democrazia comunista.
Filosofia – L’utopia
tecnologica di Bacone
Il pensiero di Bacone ha ricoperto storicamente un ruolo fondamentale nella formulazione del concetto di
«progresso scientifico» perseguibile solo se ci si apporta ad un nuovo metodo di conoscenza della verità. Bacone si occupò inoltre di definire il rapporto tra uomo e natura mettendo in luce le vere finalità della scienza.
- La Nuova Atlantide
- Vantaggi e svantaggi del progresso scientifico:
l’ambiguità della tecnica
- Manifesto Russell-Einstein: punti di incontro con la Costituzione
Bacone - un nuovo metodo per la scienza
Francesco Bacone fu un filosofo, politico e giurista inglese vissuto in piena Età Elisabettiana, Età d’Oro del progresso che si articolò in tutte le sue forme: dalle arti alle scienze e tecnologie.
Il pensiero di Bacone si incentra sul rinnovamento del sapere attraverso la messa a punto di un nuovo metodo fondato sull’osservazione e sugli esperimenti e la demolizione dei pregiudizi che caratterizza in diverse categorie (idòla).
Bacone critica quindi aspramente il metodo sillogistico aristotelico, riallacciandosi ad una tradizione più prettamente rinascimentale, che affondava le sue radici non nel principio di autorità bensì nel concetto che risiede nel progresso scientifico stesso, inteso come
l’accrescere delle conoscenze nel tempo.
La Nuova Atlantide
La Nuova Atlantide è un’opera utopistica di stampo scientifico, nella quale Bacone traccia il disegno di una società del futuro caratterizzata dal benessere e amministrata dalla padronanza tecnologica e dal progresso scientifico
autoregolato da una profonda moralità, punto fondamentale che va ad identificare le vere finalità del sapere.
Nella finzione narrativa, Bacone parla di una nave in viaggio per il Perù naufragata sull’isola di Bensalem, la cui società è basata sulla collettività e sulla collaborazione del sapere scientifico. Questa terra antichissima, un tempo ricca e florida di commerci, è rimasta isolata a seguito di un’inondazione e da allora i superstiti hanno evitato contatti con il resto del mondo. Il Re Solamone si occupò della riorganizzazione sociale della Nuova Atlantide che assumeva tutte le peculiarità della società ideale dell’autore:
- adozione di un nuovo metodo di ricerca basato sull’osservazione e sull’interpretazione;
- rapporto tra scienza e religione non conflittuale;
- scienza capace di autoregolarsi indipendentemente dalla natura politica.
La componente utopistica di questa società è testimoniata proprio dall’utilizzo della metafora del viaggio e dell’isola, a sottolineare la distanza tra il mondo descritto e il mondo reale con il fine di dare un nuovo
ordinamento alle scienze quanto alla società.
Ambiguità del progresso scientifico
Bacone viene spesso presentato come un sostenitore entusiasta del progresso scientifico, tuttavia è consapevole del carattere non neutro e strutturalmente ambiguo della tecnica.
Una testimonianza della lucidità di Bacone a riguardo è presente in «Della sapienza degli
antichi» del 1609 attraverso l’interpretazione del mito di Dedalo. Dedalo, uomo ingegnosissimo aveva costruito una macchina che aveva permesso alla ninfa Pesifae di unirsi ad un toro,
generando un Minotauro, divoratore di giovani. Tuttavia là dove le arti provocano il male,
possono rappresentare anche una forma di rimedio, in questo caso con il Labirinto ideato dallo stesso Dedalo nel quale il Minotauro è rinchiuso.
Bacone suggerisce comunque che la consapevolezza degli usi nefasti della tecnica non deve porre limiti alla ricerca e all’ingegno. L’ottimismo di Bacone risiede dunque nella riflessione sulle vere finalità del sapere, ritrovate non nell’appagamento personale, nel desiderio di ricchezza o nel provocare male, piuttosto nel bene comune. Da qui il concetto di antropofilia, inteso come amore per il genere umano.
Con questo Bacone auspica un’autoregolazione morale autonoma da ricercarsi all’interno della scienza stessa e non in autorità esterne (politica, religione…)
Manifesto Russell-Einstein
Abbiamo visto finora l’argomento centrale della nostra presentazione (Il Lavoro) dispiegarsi in diversi campi di studio che si combinano come tessere di un unico grande puzzle. Abbiamo analizzato l’evoluzione del lavoro seguendo una linea del tempo che a partire dalla seconda metà del Cinquecento passa per
l’Ottocento e giunge alla Storia Contemporanea.
L’ultima fermata del nostro percorso si ambienta a Londra il 9 Luglio del 1955, data in cui viene presentato il più importante documento mai scritto di
denuncia sulla minaccia rappresentata dalle armi nucleari per l’umanità.
Gli 11 firmatari del manifesto, tra cui appunto Russell ed Einstein, chiedevano in qualità non di cittadini appartenenti a un Paese, ma di membri del genere
umano, ai leader mondiali di trovare soluzioni pacifiche ai conflitti
internazionali, appellandosi al pericolo che l’intero genere umano stava correndo.
“In considerazione del fatto che in una qualsiasi guerra futura saranno
certamente usate armi nucleari e che queste armi minacciano la continuazione dell’esistenza umana, noi invitiamo i governi del mondo a rendersi conto, e a dichiararlo pubblicamente, che il loro scopo non può essere ottenuto con una guerra mondiale, e li invitiamo di conseguenza a trovare i mezzi pacifici per la soluzione di tutti i loro motivi di contesa.”
Grazie
Fiordelisa Barrasso e Michele Carosielli IV B A.S. 2020/2021