SCUOLA PRIMARIA
“ARONNE CAVICCHI”
Ins. Merli Patrizia Valentino Erminia Viccarone Marta
Lavoro multimediale realizzato con gli alunni dall’ins. Torlai Paola
Progetto Storia-Informatica
a.s. 2005/2006
In tempi lontanissimi, in alcuni luoghi attraversati da fiumi, nacquero le prime
grandi civiltà fluviali.
Abbiamo riflettuto quindi sull’importanza
che questi hanno avuto per quei popoli.
Anche il nostro paese è attraversato dall’Arno quindi abbiamo voluto capire l’importanza che ha avuto nel
suo sviluppo e ci siamo domandati:
Anche Figline è nato come civiltà fluviale?
(disegno dal vero del fiume)
SECONDO TE, È STATO IMPORTANTE L’ARNO PER LO SVILUPPO DEL PAESE?
SÌ NO
FORSE
AGRICOLTURA ACQUA
PESCA
VITA
PER CHE COSA?
UGUALE AD OGGI
INQUINATO
PIENO DI PESCI
MAGGIORE PORTATA D'ACQUA
COM’ERA L’ARNO 30 ANNI FA?
SÌ NO
SPESSO QUALCHE VOLTA
DURANTE IL PERIODO DELLE PIOGGE, IL FIUME
STRARIPAVA?
Il nostro lavoro si è articolato attraverso:
Ricerca da fonti storiche
Testimonianze orali
Osservazione del percorso
del fiume
Visita alla foce dell’Arno
Nel trascorrere degli anni l’Arno si è in parte trasformato.
In passato il fiume aveva una grande importanza, infatti circa quaranta anni fa
lungo le rive dell’Arno lavoravano molte persone come i “renaioli” che, con le barche, prendevano dal fiume la rena che
serviva per le costruzioni.
Sulle sponde del fiume c’erano uomini
che, con il carro, portavano la rena al luogo di destinazione.
I RAPPORTI CON L’ ARNO
Le donne andavano a lavare i panni nel fiume ed era l’occasione per scambiare qualche chiacchiera.
L’ Arno era ricco di pesci e non c’era difficoltà a pescare; molti ci facevano il
bagno.
All’ Arno si andava in gita durante l’estate: si partiva al
mattino con la cesta delle provviste e dei panni da lavare.
La mamma lavava i panni su un sasso liscio, il babbo pescava e i bambini giocavano e facevano
il bagno.
Si racconta che, in passato, in certi tratti, era pericoloso fare il bagno:
sul fondo, sopra la ghiaia, c’era di tutto.
Negli anni sessanta le condizioni di vita migliorarono, ma non si
rispettava l’ambiente.
Per lunghissimo tempo, i fiorentini hanno considerato il fiume come la
loro pattumiera.
“ QUELLO CHE NON SERVE SI BUTTA IN ARNO” dicevano.
Lungo il percorso dell’Arno vennero costruite le prime fabbriche e ciò portò ad un primo inquinamento.
I composti chimici sono veleni mortali per i pesci e per tutta la vita che nasce e si sviluppa nell’acqua.
L’Arno così si ammalò e rischiò di morire.
Qualcuno fece addirittura un necrologio:
“A Firenze è deceduto l’ Arno”
e tappezzò di manifesti tutta la città.
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DALLA SORGENTE ALLA FOCE
Il fiume Arno nasce sul monte Falterona, a Capo
d’Arno.
Scende a valle limpido ma poco più che torrente, ingrossandosi via via grazie agli affluenti che lo alimentano e arriva a Stia.
Bagna poi Pratovecchio.
Arriva a Subbiano e prosegue verso il
Valdarno.
Prosegue poi scendendo sempre più a valle dove riceve i
primi scarichi sia delle abitazioni che delle numerose
fabbriche presenti in queste zone.
Continua il suo percorso attraversando S.
Giovanni e Figline Valdarno, dove compie una serie di
curve, per poi continuare verso
Pontassieve.
Arriva quindi a Firenze e prosegue la sua
corsa verso Pisa.
Passa da S. Croce sull’Arno.
Attraversa Pisa
e finalmente giunge al mare!
A conclusione del nostro lavoro abbiamo
realizzato un plastico.
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DOCUMENTI TESTIMONIANZA ORALE
FOTO
ALLUVIONE DEL ‘66
(documento scritto)
Nei giorni precedenti il 4 novembre il tempo era stato cattivo, l’acqua veniva giù che sembrava il diluvio l’Arno cresceva. Così Firenze venne aggredita da una massa d’acqua. Il letto dell’Arno non poteva sopportarne tanto, così finì per le strade, nelle case, dentro le botteghe. Al carcere di Santa Teresa un’ottantina di detenuti sopraffatte le guardie, salirono sui tetti e si tuffarono in acqua.
Qualcuno annegò sotto gli occhi della gente che, atterrita, guardava dalle finestre.
Alcuni si arresero e tornarono in prigione.
L’Arno colpì duramente dal Casentino al litorale pisano. Dappertutto allagamenti e
distruzioni. Nel Valdarno gente sui tetti, cascinali sconvolti, mucche e pecore trascinate via dalla corrente.
Quando l’Arno si riprese parte dell’acqua che aveva rovesciato su gran parte della Toscana, Firenze rimase avvolta in un acquitrino di fango e nafta, dal quale
emergevano migliaia di carcasse d’automobili.
Gli aiuti, le pale meccaniche, ci misero sei giorni ad arrivare.
I danni al patrimonio artistico furono incalcolabili.
I morti furono circa 38, tra cui 7 a Reggello.
I fiorentini si rimboccarono le maniche.”Spala fratello, spala”. Piero Magi, cronista di quelle giornate scrisse: “ In quel 5 novembre accadde un miracolo. Il cielo si aprì e apparve un disco luminoso, il sole. In piazza Beccarla alcuni uomini lavoravano con i badili… Uno di loro alzò la pala e la puntò contro quel sole pallido, ma che sembrava a tutti scintillante.
Non imprecò, al contrario, sorrise e gridò: “Vieni fori!”.
Mentre gli uomini toglievano il fango in una pozza di via Toselli,
venne trovato un pesce che fu battezzato “Alluvio”, esposto per
4 mesi in un vetrina e riaccompagnato a casa dai
pescatori sportivi.
Una noce, germogliata nella melma, fu raccolta e messa in un vaso.
Oggi a San Romolo, comune di Lastra a Signa, c’è un bell’albero.
Tratto da: “Caro Arno” di Sandro Bennucci, Regione Toscana 1986
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Venerdì 5 maggio, è venuto a scuola un signore di nome Pasquale che ci ha raccontato la sua esperienza sull’alluvione dell’Arno e le sue
conseguenze.
Quel giorno di novembre di 40 anni fa, stava piovendo ormai da parecchi giorni e Pasquale, che abitava a Leccio, si alzò come tutti i giorni per prendere il pullman e andare a lavorare a Firenze.
Ma quando uscì, incontrò un amico il quale gli riferì che Firenze era allagata perché l’Arno era straripato.
Allora prese la moto e, insieme al suo amico, decise di andare a salvare gli animali di alcuni contadini suoi vicini di casa.
Lungo il percorso c’era la melma, furono così costretti a lasciare la moto e proseguire a piedi. Dopo un lungo e faticoso percorso, intravidero in lontananza la casa di un contadino. L’acqua, intanto, stava portando via tutto.
Presi dalla fretta, i due giovani salvarono solo due vitelli e un suino.
Furono ritrovate mucche molto “grasse” per la troppa acqua che avevano bevuto.
A Reggello, a causa del crollo di una casa, morirono due bambini della nostra età.
A Firenze i morti furono 38.
Quando le acque del fiume si ritirarono il paesaggio attorno era
molto triste: cataste di macchine trasportate dal fango, strade piene di
“immondizia”, case abbandonate e tanta disperazione.
“Sciacalli” che approfittarono della situazione per entrare nelle abitazioni e rubare tutto ciò che era
possibile: cibo, coperte, gioielli e tanto altro.
Ma, fortunatamente, c’erano anche tantissime persone buone chiamate
“Angeli del fango” che, insieme all’esercito, ripulirono le strade dal
fango.
A Firenze l’acqua aveva superato i 6 m; alcuni monumenti furono completamente distrutti, la Biblioteca Nazionale fu allagata e alcuni
documenti importanti furono persi.
Il signor Pasquale dopo averci raccontato questo triste evento, ci ha augurato di non vivere mai un’esperienza simile ed ha poi risposto a tutte le
domande che noi gli abbiamo fatto.
Per sapere la risposta clicca sul fumetto.
2 - Dove andavano le persone che avevano le case
allagate?
4 - Quanto tempo
impiegarono a ripulire?
3 - La scuola per quanto tempo rimase
chiusa?
1 - Quanto tempo è
durata l’alluvione?
6 - Con che cosa arrivarono i
soccorsi?
5 - Le persone non si
stancavano a lavorare
sempre?
Un solo giorno. Le acque si sono ritirate subito, ma è rimasto il
paese sporco per il fango.
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Alcune erano ospitate presso alberghi, altre dai
parenti.
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Per circa dieci giorni.
Passata l’emergenza, furono riaperte quelle dove c’erano
stati meno danni e furono fatti i doppi turni per consentire a tutti i bambini
frequentarla.
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Si impiegarono cinque mesi per superare l’emergenza e due anni
perché tornasse tutto come prima.
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Anche se erano stanchi, continuarono a lavorare perché c’era la necessità di ricostruire
per tornare alla
“normalità”
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I soccorsi, che erano costituiti dai Vigili del Fuoco provenienti da dodici
città e dall’esercito, vennero con le zattere e salvarono migliaia di persone che si erano rifugiate sui
tetti delle case, sugli alberi o che erano rimasti intrappolati nelle case.
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