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L’ascensore sociale? Si è bloccato alle condizioni di partenza

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Academic year: 2021

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L’ascensore sociale? Si è bloccato alle condizioni di partenza

Banca d’Italia, Istat, Oxfam: i dati convergono, chi nasce in una famiglia ricca rimane ricco e chi nasce in una povera rimane tale. L’appello al governo e al presidente Mattarella

C’è un’eredità scomoda che, negli ultimi due decenni, in Italia, si tramanda sempre più spesso, di padre in figlio. Un’eredità di status sociale, reddito, educazione, che crea gravi disuguaglianze nella società, ne mina la crescita economica e fomenta, invece, le tensioni sociali. Si è fermato l’«ascensore sociale», la possibilità di migliorare il proprio stato, di generazione in generazione. Le

«condizioni di partenza» (ceto, sesso, luogo di nascita, scuole frequentate) sono diventate decisive e vincolanti.

Lo dicono recenti e autorevoli studi: il dossier della Banca d’Italia «Istruzione, reddito e ricchezza: la persistenza tra generazioni in Italia» e gli ultimi rapporti Istat e poi la ricerca di Oxfam «Non rubateci il futuro» e il WeWorld Index 2019. I figli restano ai livelli dei padri. Chi nasce in una famiglia ricca rimane ricco e chi nasce in una povera rimane tale, col rischio di regredire, visto il nuovo fenomeno dei «working poor» (il 13 per cento degli under 29 secondo Oxfam) e dei

«Neet», i giovani che non studiano né lavorano (1 giovane su 4 tra i 15 e i 34 anni).

Stesso scenario, se si guarda all’istruzione: i figli dei laureati arrivano a laurearsi. Invece, chi è figlio di genitori senza laurea, in 92 casi su 100, a sua volta, non avrà accesso all’istruzione universitaria. Se le cose non cambieranno, dice Oxfam, i discendenti di chi oggi fa parte del 10 per cento più povero delle famiglie italiane, vedranno passare cinque generazioni, prima di percepire il reddito medio nazionale.

Ma un Paese bloccato non è solo un problema per chi rimane indietro, ma un guaio serio per tutti. E non solo perché la disuguaglianza stride con l’articolo 3 della Costituzione. Bensì perché, come scrivono i ricercatori Luigi Cannari e Giovanni D’Alessio nello studio di Banca d’Italia

«la possibilità di conseguire un miglioramento delle condizioni di vita costituisce un potente incentivo allo sviluppo delle proprie capacità, all’innovazione, all’impegno nel lavoro; ne trae beneficio non solo il singolo individuo, ma anche l’intera collettività, che può avvantaggiarsi di una più robusta crescita dell’economia». Al contrario, come stigmatizzano gli esperti di Oxfam, «marcate disparità alimentano il serbatoio del rancore, contribuiscono al rafforzamento della sfiducia nei confronti delle istituzioni».

Da dove ripartire? In primo luogo dall’istruzione. «Studiare è un importante ascensore sociale: nel 2010 la dispersione scolastica era salita al 25 per cento, ora da un paio d’anni non si riesce a scendere al di sotto del 14 per cento», sottolinea Stefano Piziali responsabile progetti in Europa e in Italia di WeWorld. «Chi ha studiato, oltre ad avere più possibilità di trovare lavoro, è meno manipolabile, è più consapevole di ciò che gli accade. E questo può fare la differenza, ad esempio, nel curare la propria salute, o nel ribellarsi alla violenza». Fenomeno, quest’ultimo che «è trasversale a tutti i ceti, ma per chi vive in un contesto di alto sviluppo sociale le possibilità di chiedere aiuto sono enormemente più alte. E chi non ha studiato o vive in un ambiente di basso sviluppo sociale, a volte non è neppure consapevole della violenza che subisce. In alcune periferie dove operiamo con i nostri Spazi Donna incontriamo le cosiddette “pigiamate”, donne che subiscono un controllo opprimente dai compagni, che non hanno accesso ai soldi della famiglia e non possono uscire da sole, per colpa di eredità culturali che si portano appresso». L’ascensore sociale secondo Piziali può ripartire dal basso «facendo tornare gli operatori sociali sul territorio, nei quartieri, nei condomini, per creare comunità educanti e di accoglienza, di sostegno».

Un gruppo di giovani coinvolti dalla ricerca di Oxfam e provenienti da 12 città ha invece lanciato un appello al governo e al Presidente della Repubblica Sergio Mattarella, che si può firmare sul sito peoplehavethepower.oxfamitalia.org. I giovani reclamano «una vita libera da precarietà, povertà ed emarginazione». «Abbiamo - tutti, nessuno escluso - il diritto di avere le stesse opportunità di realizzare il nostro percorso di vita, libero da ostacoli e condizionamenti», scrivono i ragazzi, per poi esortare i politici con queste parole: «Garantiamo a tutti le stesse condizioni ai nastri di partenza e rimuoviamo quelle forme di potere, rendita ingiustificabile e vantaggi indebiti che, dopo il via, premiano pochi individui, vanificano gli sforzi e il duro lavoro di molti altri, e causano all’arrivo divari economici inaccettabili».

30 novembre 2019 (modifica il 3 dicembre 2019)

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