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II. BENESSERE ANIMALE

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II.

BENESSERE ANIMALE

 

2.1 Storia

La generale diffusione dell'allevamento intensivo, in particolar modo per alcune specie (polli, suini, vitelli a carne bianca), suscita un crescente interesse nei confronti delle condizioni di allevamento. Alcuni scritti, “Animal Machines” (Harrison, 1964), “Animal Liberation” (Singer, 1975) e “Animal Factories” (Singer e Mason, 1980), attirano l’attenzione della comunità scientifica e dei consumatori sulle condizioni degli animali in allevamento, rendendo evidente quello che secondo gli Autori prima citati è descritto come un inutile sfruttamento e un largo abuso che la nostra dieta e il nostro stile di vita causano ad altri esseri sensibili, riducendoli a unità produttive. In seguito, sull’onda di questa sensibilità crescente e, traendo inspirazione dalle innovazioni proposte riguardo all’agricoltura e il contenimento degli animali (Harrison, 1964) in Inghilterra viene emanato l’”Agricolture Act” (1968). La prima delle normative europee che affronta il tema del benessere animale è stata la Convenzione europea sulla protezione degli animali da allevamento adottata a Strasburgo il 10 marzo 1976 e ratificata dall’Italia il 14 ottobre 1985 con la legge n. 629, nella quale si legge che “Ogni animale deve beneficiare di un ricovero, di un’alimentazione e di cure che - tenuto conto della specie, del suo grado di sviluppo, d’adattamento e di addomesticamento - siano appropriate ai suoi bisogni fisiologici ed etologici conformemente all’esperienza acquisita ed alle conoscenze scientifiche”.

2.2 Definizione del concetto di “Benessere”

Nonostante che intuitivamente, a livello di percezione, esiste un “sentire” comune, è molto difficile dare di questo concetto, prettamente soggettivo, una definizione univoca e largamente condivisibile. Heisenberg (1971) afferma che: «Ciò che

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osserviamo non è la natura in se stessa ma la natura esposta ai nostri metodi d’indagine».

In seguito alla pubblicazione di Animal Machines (1964) si succedono vari tentativi degli studiosi della materia ma ancora non si riesce a dare una definizione univoca e precisa del concetto di benessere e, sull’onda dello scalpore suscitato da questo libro, nel 1965 il governo inglese commissiona a un gruppo di ricercatori la stesura del Brambell Report, che diverrà uno dei primi documenti scientifici ufficiali, riguardo al benessere animale. È in questo documento che si fornisce una sua prima definizione: «benessere è un termine dal significato vasto, che comprende sia l’aspetto fisico che quello mentale dell’animale». Il Trattato di Amsterdam (1997) identifica l'animale da reddito come individuo senziente che deve essere protetto da forme di maltrattamento e al quale devono essere conferite le migliori condizioni di allevamento perché si realizzi una buona qualità della

ita. v

 

2.3 Le cinque libertà

Si può dunque confermare il buono stato di benessere animale quando l'animale realizza buone condizioni fisiche e mentali; in tal senso, a ogni animale si deve soprattutto evitate inutili sofferenze. E' inoltre necessario garantire il benessere in allevamento, durante il trasporto, nelle fiere, mercati, esposizioni o al macello. Ciò implica la possibilità di stimarlo attraverso delle valutazioni che siano quanto più possibili oggettive.

Le cosiddette "cinque libertà" (Brambell Report, 1968) costituiscono dei criteri di riferimento per la formulazione di tale giudizio: esse permettono di perseguire il rispetto dell'animale allevato, migliorandone le condizioni di vita e, contestualmente, di salvaguardare e implementare le scelte industriali nel settore zootecnico.

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Le 5 Libertà Significato

1. Libertà dalla fame e dalla sete. Favorire l'accesso ad acqua fresca e pulita e a una dieta che mantenga l'animale in salute e vigore fisico.

2. Libertà dal disagio. Provvedere a un ambiente adatto con idonei ricoveri e zone per lo stazionamento e il decubito.

3. Libertà dal dolore, da stimoli

dannosi e da malattie.

Approntamento di sistemi di prevenzione e di rapida diagnosi e cura.

4. Libertà di espressione del

normale comportamento.

Fornire all'animale sufficiente spazio, installazioni appropriate, vita sociale propria della specie allevata.

5. Libertà dalla paura e da fattori

stressanti.

Assicurare condizioni e cure che evitino sofferenze psichiche (Farm Animal Welfare Council, 1992).

 

Tab.1_Le cinque libertà.

La prima delle normative europee che seppur non lo menzioni, affronta il tema del benessere animale è stata la Convenzione europea sulla protezione degli animali da allevamento (“European Convention for the Protection of Animals Kept for Farming Purposes”) adottata a Strasburgo il 10 marzo 1976.

2.4 Valutazione del benessere animale

La questione di carattere tecnico cui tuttavia è necessario dare risposta è: come si definisce il benessere animale e soprattutto com’è possibile misurarlo? Partendo dal presupposto che può essere identificato come "lo stato di un individuo in relazione ad il suo ambiente", è evidente che qualsiasi criterio si utilizzi, anche il

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più meticoloso, non vi sarà alcuna reale possibilità di validare definitivamente il metodo per la stima del benessere animale, non si potrà mai affermare con certezza che quanto rilevato è il vero benessere e non quanto percepito dal rilevatore (Bertoni, 2005). Citando sempre quest’Autore: “ “La” definizione di benessere, forse, non esisterà mai; ciò non toglie che non si possa concordare su “un’idea” di benessere e la mia vuole essere una sintesi fra condizioni di vita (fisiche, sociali, psicologiche) appropriate e successiva verifica dell’adattamento”. Le prime potrebbero rientrare nelle “good animal care practices” (GACAP) e possono essere individuati in:

•ambiente adatto e ben gestito (confort);

•dieta appropriata;

•possibilità di comportarsi normalmente;

•possibilità di rapporti sociali normali;

•“minimizzazione” di dolore, sofferenza, ferite, malattie;

Sostanzialmente le buone pratiche di gestione degli animali collimano con il rispetto delle cinque libertà. Il benessere, sempre secondo Bertoni, può essere valutato attraverso misurazioni del comportamento, della fisiologia, della salute e della produzione.

Alcuni paesi, come ad esempio l’Austria e la Germania, lavorano già da numerosi anni a una Scheda di Valutazione (ANI 35L e TGI 200) e la utilizzano come sistema di certificazione delle “organic farm”, integrato con il sistema legislativo (Bartussek, 1999; Sundrum et al., 1994). Altri paesi, invece, come l’Italia (Tosi et al., 2000; Ferrante et al., 2000) o la Francia (Capdeville e Veissier, 2001), stanno ancora mettendo a punto delle schede idonee al tipo di allevamenti che si riscontrano nelle regioni a maggior vocazione zootecnica (Verga e Ferrante 2001).

 

 

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-

ab.2_Riassunto schede ANI35L. Aree di 

Osservazione  Cosa valutare  Note 

Locomozione  ‐ Valutare la possibilità di  movimento all’interno dei  ricoveri (stabulazione fissa  o libera);  ‐ Importante  l’osservazione di  eventuali  comportamenti  anomali nel passaggio  dalla stazione eretta al  decubito, e viceversa,  nonché le condizioni del  tegumento.    Interazioni  Sociali  ‐ Valutare la possibilità per  gli animali di instaurare dei  rapporti con i con specifici;  ‐ La situazione ideale è  rappresentata dalle  “mandrie familiari”,  composte cioè da  vacche nutrici, vitelli,  manze e tori.  Pavimentazione  ‐ Valutare la tipologia di  pavimento (battuto di  cemento, fessurato in  legno, etc.);  ‐ Condizioni in termini  di pulizia, comfort,  scivolosità della zona di  riposo delle corsie di  servizio e delle aree di  esercizio.  Luce e aria  ‐ Valutare le condizioni di  luminosità del ricovero, il  ricambio d’aria, la  presenza di correnti ed  eventuali fonti  d’inquinamento;  ‐ Aperture, superfici  finestrate, percentuale  di luce diretta che entra  dalle finestre.  Management  (Gestione)  ‐ Valutare l’influenza dello  stock‐man (personale di  stalla) sul benessere  animale;  ‐ Porre attenzione nel  rilevare eventuali  patologie causate dalla  modalità d’allevamento  (lesioni, modificazioni  degli zoccoli, gonfiori  articolari, zoppie, danni  ai capezzoli).  T  

2.5 Animal Needs Index (ANI35L)

Il sistema Animal Needs Index (ANI-35L) è stato introdotto per la prima volta in Austria da Bartussek nel 1985 (Bartussek, 1999) e in seguito aggiornato (Bartussek et al., 2000). Tale sistema si basa sull’attribuzione di una serie di

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punteggi che consentono la valutazione delle condizioni di allevamento in termini di benessere animale, applicato all’allevamento di vacche, manze, bovini da carne e vitelli. Portando la discussione sul piano pratico, Bartussek sviluppa un sistema di rilevamento tecnico della qualità di vita degli animali applicabile a più specie d’interesse zootecnico, che viene in seguito adottato dalla legislazione austriaca (1995-1999) e pubblicato dalla Codex Alimentarius Commission (1999) a livello europeo. Il valutatore, secondo questo sistema, deve compilare cinque diverse schede inerenti a cinque aspetti dell’allevamento, come in tab.2.

La somma di tutti i punti delle cinque categorie ci fornisce il punteggio ANI complessivo, che può variare da -9 a + 46. Tale punteggio è tanto più alto, quanto migliori sono le condizioni di benessere e, nel valutare i vari parametri, un risultato non eccellente per un certo aspetto può essere compensato da un altro con un punteggio più elevato. Oltre alle cinque schede il valutatore deve compilare anche una scheda per il calcolo del punteggio totale e una che raccoglie le caratteristiche dell’azienda, la quale richiede un tempo maggiore per la prima stesura, e sarà poi aggiornata solo in caso di modificazioni strutturali rilevanti. Si consiglia (Bartussek et al. 2000) inoltre, di eseguire le rilevazioni nei momenti dell’anno in cui si hanno situazioni climatiche avverse e, se sono presenti differenti gruppi, di prendere in considerazione quelli in condizioni peggiori; inoltre se all’interno della stessa azienda vi sono diversi sistemi di allevamento è necessario preparare valutazioni ANI separate.

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    - ig.3_Storia dell’ANI 35L. F  

2.5.1 Interpretazione Punteggio finale ANI

Il risultato della somma dei vari punteggi parziali viene inquadrato, per necessità di sintesi, in una delle seguenti categorie:

Valore  Sintesi 

inferiore a 11  non rispettoso del benessere 

tra 11 e 16  poco rispettoso del benessere 

tra 16 e 21  non del tutto rispettoso del benessere  tra 21 e 24  mediamente rispettoso del 

benessere  tra 24 e 28  rispettoso del benessere 

superiore a 28  molto rispettoso del benessere 

 

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2.6 Stress e parametri ematochimici come indicatori di benessere

Si è detto in precedenza che la valutazione del benessere concerne diversi aspetti. La scelta d’indicatori idonei a tale valutazione dovrebbe ricadere su parametri analizzabili in maniera semplice ed economica, essere affidabili e consentire una buona pratica d’esecuzione (rapidità, manualità di cattura e prelievo rispettosi, poco stressanti nei confronti dell’animale) (grafico n.1). Gli esami ematologici, nonostante siano allo stato attuale poco utilizzati in campo bovino, costituiscono un valido strumento diagnostico (Collin, 2000; Moberg, 2000); recenti studi in ambito zootecnico identificano nella biochimica clinica e nell’ematologia un valido strumento d’indagine sia per quanto riguarda il monitoraggio di taluni aspetti produttivi e zootecnici, sia per quanto concerne lo stato sanitario dei capi di bestiame (Brugère e Picoux, 1987).

 

Grafico_n. 1, caratteristiche del test.

L’esame emocromocitometrico sembra rispondere a molti di questi requisiti e difatti viene sempre più utilizzato in ambito zootecnico: fornisce un’analisi

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quantitativa delle tre popolazioni cellulari (eritrociti, leucociti e piastrine), è semplice, i suoi costi sono contenuti (economico) e restituisce molte informazioni sullo stato di salute dell’animale e, indirettamente, dell’allevamento. Inoltre la stretta relazione tra andamento dei parametri ematici e fase fisiologica per i diversi indirizzi produttivi (vacche da latte, vitelli da ingrasso), ha spinto ormai da anni la ricerca a indagare su tale legame, come scaturisce da alcuni studi sperimentali volti a interpretare alcuni parametri emato-biochimici riguardo allo stato di benessere nelle bovine da latte (Giuliotti et al., 2004). L’attenzione crescente riguardo a tali esami è giustificata oltremodo dalla duplice importanza che rivestono i dati, interpretabili a livello individuale e collettivo. Se a livello individuale permettono di confermare una diagnosi, di stabilire una prognosi ed eventualmente di controllare l’efficacia di un dato trattamento terapeutico, a livello collettivo la lettura dei profili metabolici costituisce un importante strumento per il monitoraggio delle malattie nutrizionali e delle patologie di gruppo e, indirettamente, per una valutazione delle pratiche di gestione aziendale.

2.7 Descrizione e significato clinico di alcuni parametri ematologici

Eritrociti (RBC)

I globuli rossi sono elementi corpuscolari del sangue privi di nucleo e contenenti emoglobina, essi presiedono fondamentalmente al trasporto e agli scambi gassosi nell’organismo (Aguggini et al.,1998; Voigt, 2000; Archetti e Ravarotto, 2002; Lubas, 2004; Lubas, 2005). Le cause che ne influenzano il numero sono di varia natura, infatti, se ne registra una diminuzione in seguito ad anemia, emorragie, eritrolisi, parassitosi, malnutrizione, deficienze vitaminiche, malattie sistemiche, insufficienza renale e avvelenamenti da dicumarinici (Archetti e Ravarotto, 2002; Lubas, 2004). Il loro aumento invece può essere legato a uno stato di disidratazione o a una condizione d’insufficienza respiratoria cronica che determina policitemia compensatoria (Lubas, 2005; Voigt, 2000). Nel bovino alcuni Autori individuano come valori di riferimento cinque - otto milioni di emazie per millimetro cubo (mm3) di sangue, considerando che nei vitelli è normale il riscontro di valori più elevati, fino a dieci milioni (Collin, 2000; Feldman et al., 2000). La stima quantitativa degli eritrociti e una loro valutazione

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morfologica forniscono informazioni essenziali per individuare uno stato di anemia. Rosemberger (1979) ha stabilito una classificazione delle anemie in base al conteggio di eritrociti: l’Autore ha indicato come lieve un’anemia in cui il numero di eritrociti per mm3 di sangue fosse inferiore a cinque milioni, media con un numero compreso tra 2,5 e 3,5 milioni, grave se inferiore ai 2,5 milioni e potenzialmente letale per valori inferiori a 1,5 milioni di emazie.

Emoglobina (HGB)

L’emoglobina è una cromoproteina porfirinica contenente ferro ed è veicolata dalle emazie (Archetti e Ravarotto, 2002). È una proteina globulare di struttura quaternaria, solubile, di colore rosso, costituita da quattro molecole di eme (gruppo prostetico, parte non proteica) e da una globina (apoproteina, parte proteica) formata da due catene polipeptidi che caratteristiche per ogni specie animale. L’eme è una protoporfirina contenente ferro allo stato ferroso (Fe2+) facente parte di una famiglia di composti, chiamati porfirinedi, alla quale appartiene una serie di proteine tra cui l'emoglobina, la mioglobina e i citocromi. Gli organi coinvolti nella sintesi dell’eme sono il fegato e il midollo osseo; essa funge da intermediaria negli scambi di ossigeno tra cellule e ambiente, e svolge un’importante funzione nella regolazione dell’equilibrio acido-base asportando l’anidride carbonica dai polmoni e mediante l’azione tampone dei gruppi istidina imidazolici (Lubas, 2004).

Variazione della concentrazione del HGB

La sua concentrazione può aumentare in seguito a poliglobulie ed eritrocitosi, a uno stato di grave disidratazione per perdita di liquidi o riduzione nell’introduzione d’acqua, a paura o apprensione che determina una contrazione splenica e successiva immissione in circolo di eritrociti (Lubas, 2005). Anche in caso di shock e prolungato lavoro muscolare, a causa della contrazione splenica adrenalinica si può avere un aumento del tasso emoglobinico. La sua diminuzione può invece essere correlata a forme di anemia ipocromica, a somministrazione di

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anestetici o farmaci che provocano il sequestro dei globuli rossi nella milza, o all’ultima fase di gravidanza (Lubas, 2004).

Ematocrito (HCT o PCV)

L’ematocrito rappresenta il volume percentuale occupato dagli eritrociti circolanti nel sangue periferico venoso (Collin, 2000; Voigt, 2000; Lubas, 2004). Si tratta quindi di una misura precisa del volume globulare che si ottiene mediante microcentrifugazione e adottando come valido accorgimento la valutazione del suo valore in correlazione con lo stato di disidratazione dell’animale (Collin, 2000). Come valori di riferimento in letteratura troviamo i seguenti range: 24-46% (Feldman et al., 2000) e 30-40% (Collin, 2000).

Variazioni del valore del PCV

Il suo valore può aumentare in correlazione a uno stato di profonda disidratazione determinata da ustioni, plasmorragie, diarrea, vomito, emorragia massiva, denutrizione o malnutrizione e da patologie gravi come la nefrite cronica interstiziale (Archetti e Ravarotto, 2002; Lubas, 2005). Anche per l’ematocrito valgono le considerazioni fatte per l’HGB per quanto concerne l’aumento del parametro se messo in relazione a shock, stati di paura e/o eccitazione ed a un lavoro muscolare molto intenso. Condizioni di eritrocitosi e poliglobulie influenzano l’ematocrito incrementandolo, così pure alcune disendocrinie, come l’ipertiroidismo e trattamenti a base di sostanze anabolizzanti. La sua diminuzione invece è secondaria ad anemia, scompensi idrici, congestione circolatoria, cardiopatie congestizie. Anche in presenza di alcuni errori tecnici nelle fasi di prelievo, possiamo avere una diminuzione del parametro in esame, come per esempio per l’emolisi che si può verificare durante o dopo il prelievo o per l’impiego di una quantità eccessiva di EDTA (Lubas, 2005).

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Indici eritrocitari (MCV, MCH, MCHC)

Gli indici eritrocitari rappresentano un importante ausilio diagnostico per l’identificazione delle cause delle anemie e per la loro classificazione. Tali indici sono stati ideati da Wintrobe e sono molto importanti poiché definiscono il volume e il contenuto di HGB degli eritrociti.

Volume globulare medio (MCV)

Il MCV corrisponde al volume medio eritrocitario ed è uno dei parametri maggiormente indicativi ai fini di una diagnosi differenziale delle anemie; esso è definito dal rapporto tra l’ematocrito e il numero di eritrociti per mm3. Tale parametro è influenzato dal numero delle divisioni cellulari nella proliferazione della serie eritroide e dallo stato d’idratazione dei globuli rossi. Il MCV normalmente viene definito normocitico e può essere determinato dalle prime fasi dell’emorragia, da emolisi e da diminuita formazione eritrocitaria (Lubas, 2005). Il MCV aumentato, macrocitico, può essere indotto da prolungata attività del midollo osseo e per carenza dei fattori dell’emopoiesi. Deficit di elementi fondamentali per il metabolismo cellulare, come il ferro e il rame, provoca una diminuzione del volume globulare medio che sarà in tal caso definito microcitico (Lubas, 2005).

Concentrazione emoglobinica globulare media (MCHC)

Anche tale parametro fornisce una stima dell’emoglobina nel sangue circolante, il MCHC misura di fatto la concentrazione di HGB nel volume delle emazie dell’ematocrito; essa viene definita dal rapporto tra il tenore in emoglobina totale e l’ematocrito. Il MCHC risulta normale, normocromico, in numerosi tipi di anemia con maggior frequenza in quelle sideropeniche. Il MCHC decresce nelle anemie ferroprive e nell’emoglobinopatia: in questo caso si parla di anemia

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ipocromica. Nel caso delle anemie ipercromiche, invece, si ha un aumento di tale indice.

Emoglobina globulare media (MCH)

Il MCH identifica la quantità media di emoglobina contenuta negli eritrociti, in altre parole: il contenuto di HGB dell’eritrocita medio nel campione esaminato e si ricava dal rapporto tra il tenore di emoglobina totale e il numero di emazie per mm3. Solitamente non è un parametro molto impiegato nella classificazione delle anemie per cui si ritengono maggiormente indicativi gli indici descritti in precedenza. Tuttavia si è visto che può registrare delle anormalità, soprattutto alla presenza di ferropenia, in anticipo all’alterazione degli altri indici.

Distribuzione eritrocitaria (RDW)

Questo parametro rappresenta l’ampiezza della distribuzione eritrocitaria ed è ricavata dal rapporto tra le deviazioni standard dei volumi eritocitari e la media di questi. Il RDW rappresenta il coefficiente di variazione dei volumi eritrocitari ed è un parametro impiegato come indice di anisocitosi; inoltre, considerato insieme a MCV e MCHC, è indicativo nella classificazione delle anemie (Lubas, 2004).

Leucociti (WBC)

I leucociti sono cellule nucleate del sangue, capaci di partecipare all’eliminazione di diversi elementi estranei, con lo scopo di difendere adeguatamente l’organismo. Si suddividono in granulociti (neutrofili, basofili, eosinofili) e agranulociti (linfociti e monociti) in base alla presenza di granulazioni citoplasmatiche (Archetti e Ravarotto 2002; Marcato, 1997). La variazione del loro numero assume particolare significato clinico dato che un loro aumento può essere secondario a stati infettivi acuti, stress, gravidanza, infezioni localizzate,

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intossicazioni esogene ed endogene, post-emorragie e forme leucemiche. La loro diminuzione può invece essere secondaria a malattie virali, anemia aplastica, stati anafilattici, tossicosi croniche e stati di malnutrizione. Maggiore significato acquista il rilievo delle variazioni delle singole popolazioni cellulari.

POPOLAZIONE

LEUCOCITARIA CAUSE D’AUMENTO CAUSE DI DIMINUZIONE

Neutrofili (Neu)

Corticosteroidi, emolisi, emorragie, infiammazioni

acute, necrosi, miositi ed infarto

Ipoplasia o necrosi del midollo osseo, malattie

Linfociti (Lim) Stimolazione cronica da agenti esterni (actinomicosi, brucellosi, babesiosi e pneumocisti) Patologie batteriche acute, stress somministrazione di corticosteroidi, sindromi da immunodeficienza Monociti (Mono) Lesioni infiammatorie, setticemia, miocarditi e lesioni piogranulomatose Eosinofili (Eos) Somministrazione di corticosteroidi, infiammazioni acute,stress  

- Tab.4_Popolazione leucocitaria(Feldman et al., 2000).

Neutrofili non segmentati

Granulociti neutrofili

Caratterizzati dal nucleo segmentato e dalla presenza nel citoplasma di numerosi granuli azzurrofili e specifici (rispettivamente: primari e secondari), tali cellule, per diapedesi, raggiungono il distretto periferico in corso di processo infiammatorio, dove svolgono la loro attività fagocitarla nei confronti dei patogeni. I neutrofili aumentano in seguito ad emolisi, emorragie, infiammazioni, necrosi, miositi, infarto, trattamento con corticosteroidi e stimolazione cronica da agenti esterni come: actinomicosi, brucellosi, babesiosi e pneumocistosi (Marcato, 1997). Diminuiscono per ipoplasia o necrosi del midollo osseo, patologie batteriche acute, stress, somministrazione di corticosteroidi e sindromi da

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immunodeficienza (Marcato, 1997). Il rapporto linfociti/neutrofili è un’importante spia delle condizioni dell’organismo giacché indicatore di stress causato da infiammazione sistemica, e il suo valore deve essere in condizioni fisiologiche, inferiore a 1 (Zahorec, 2001). I monociti appartengono alla linea cellulare dei fagociti mononucleati e sono i precursori diretti dei macrofagi tissutali; anch’essi come i neutrofili svolgono attività fagocitaria, ma a differenza di questi possono introdurre solo corpi estranei di dimensioni ridotte, cioè con diametro inferiore a 0,1 mμ (Marcato, 1997). I monociti generalmente aumentano a causa di lesioni infiammatorie, setticemie, miocarditi e lesioni piogranulomatose (Marcato, 1997; Lubas, 2004). I granulociti eosinofili sono caratterizzati dalla presenza di granuli acidofili nel loro citoplasma. Intervengono numerosi principalmente in corso di infiammazioni provocate da reazioni di ipersensibilità immediata e da parassiti (Marcato, 1997). I parassiti metazoi (nematodi, trematodi e cestodi) possono indurre negli ospiti una caratteristica reazione eosinofilica ematica e tissutale, con maggior intensità nella fase invasiva o migratoria delle infestioni da elminti (Pinello, 2006). Solitamente la loro diminuzione è legata alla somministrazione di corticosteroidi, infiammazioni acute e stress (Lubas, 2004; Voigt, 2000).

Piastrine (PLT) I trombociti sono elementi figurati del sangue di forma rotonda o ovale, enucleate; esse sono prodotte dal midollo osseo e originano dai cilindri del citoplasma dei megacariociti (Lubas, 2005). Il citoplasma di tali cellule assume colorazione diversa in base al tipo di colorazione impiegata: infatti, con soluzioni di tipo Romanowski appaiono blu con numerosi granuli color porpora, mentre con il Blu di metilene assumono invece un colore uniformemente porpora (Lubas, 2005). Le piastrine intervengono nel processo coagulativo e riparativo dei tessuti, rivestendo un ruolo fondamentale soprattutto durante la fase piastrinica dell’emostasi (Archetti e Ravarotto,2002; Lubas, 2004; Lubas, 2005; Boari e Macori, 2001). A tal proposito è necessaria una valutazione quantitativa dell’entità di questa popolazione cellulare associata a un’eventuale analisi della morfologia sullo striscio ematico. La piastrinosi è secondaria a emorragie. La piastrinopenia invece è secondaria a forme autoimmunitarie o a scarsa produzione midollare (Lubas, 2005). Il sangue bovino solitamente mostra valori per tale

arametro intorno a 300-800 K/μL (Feldman et al., 2000). p

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Sigla Definizione Unità di misura

WBC Conteggio leucociti (***) 103/L

NEU Conteggio assoluto dei neutrofili (**) 103/L

% NEU Percentuale dei neutrofili (*) % LYM Conteggio assoluto dei linfociti (**) 103/L

% LYM Percentuale dei linfociti (*) % MONO Conteggio assoluto dei monociti (**) 103/L

% MONO Percentuale dei monociti (*) % EOS  Conteggio assoluto degli eosinofili (**)  103/L

% EOS Percentuale degli eosinofili (*) % BASO Conteggio assoluto dei basofili (**) 103/L

% BASO Percentuale dei basofili (*) % RBC Conteggio degli eritrociti (*) 106/L

HGB Concentrazione dell’emoglobina (*) g/dL MCV Volume globulare medio (*) fL

HCT Ematocrito (**) %

MCH Emoglobina corpuscolare media (**) pg MCHC Concentrazione HGB corpuscolare

media (**) g/dL

RDW Indice di anisocitosi eritrocita ria (**) %CV PLT Ampiezza distribuzione eritrocitaria

(*) 10

3/L

(*) Parametri ottenuti per misurazione diretta; (**) Parametri ottenuti per calcolo;

(***)Parametri ottenuti per Tecnica WIC e WOC.

 

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2.8 Significato clinico e biologico di alcuni parametri biochimici

La biochimica clinica di là della diagnostica di eventuali patologie, dà la possibilità di compiere una valutazione della funzionalità epatica. Il fegato ottempera a numerosissime funzioni agendo su di un ampio spettro di molecole (lipidi, glucidi e protidi) e intervenendo anche nella sintesi di fattori coinvolti nel processo della coagulazione. Il quadro delle epatopatie è estremamente complesso, si passa dalle alterazioni nell’immagazzinamento delle vitamine (A e B12) del rame e del ferro, a disturbi della funzione secretoria ed escretoria, a turbe della sintesi delle proteine carriers (“trasportatrici”, come le albumine e le lipoproteine) e fibrinogeno, fino a problemi nella funzione di regolazione dell’omeostasi. Gli esami biochimici e in particolare la valutazione di alcuni enzimi epatici (AST, ALT) e delle proteine permette di valutare la capacità epato - cellulare, l’eventuale perdita d’integrità degli epatociti e di identificare un’insufficienza o un danno anatomico - funzionale dell’organo. Altri parametri come CPK e LDH (si veda capitolo successivo), forniscono poi un profilo metabolico di base essendo di fatto importanti indicatori del metabolismo muscolare (Bizzeti, 2005). Inoltre l’analisi di alcuni fra i più importanti macroelementi, come il calcio e il fosforo, ci permette di tracciare il quadro del metabolismo minerale, mentre parametri come il glucosio, i NEFA e il colesterolo, forniscono una stima di quello energetico. A conferma di ciò, vi è nella letteratura delle ricerche che si propongono di studiare e porre a confronto i valori di alcuni parametri ematochimici e ormonali (ALT, AST, CK, glucosio,urea, creatinina, colesterolo, Ca, P, LDH, proteine totali e protidogramma) anche nella valutazione del benessere (Rubino et al., 2005).

 

Glucosio

È il più importante zucchero a prendere parte a molteplici processi vitali. Nei monogastrici gli amidi introdotti con la dieta sono assorbiti dall’apparato gastroenterico e scissi in zuccheri, questi convertiti in glucosio ed immagazzinati in sede epatica sotto forma di glicogeno, polimero del glucosio costituente riserva energetica per l’organismo. Nei poligastrici è necessario distinguere tra animali non svezzati e svezzati, in cui i prestomaci sono ormai sviluppati. I primi possono

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a buona ragione considerarsi come dei monogastrici, mentre i secondi, rispetto al glucosio, subiscono una modificazione del processo metabolico per l’intervento della flora microbica ruminale. Gli amidi presenti in ambiente ruminale sono scomposti in zuccheri e rapidamente consumati dalla flora, la quale li utilizza come fonte energetica, immagazzinandoli anche sotto forma di glicogeno, e restituendo altre sostanze come gli acidi grassi volatili (AGV). L’acido acetico, propionico e butirrico, le principali fonti di energia dei ruminanti, sono assorbiti direttamente dalla mucosa del rumine e trasformati in seguito a livello epatico in molecole complesse come grassi e zuccheri. L’acido propionico è il principale precursore del glucosio. La rilevazione della glicemia può darci indicazioni sullo stato di salute dell’animale. Essa può aumentare in caso di diabete mellito, ipertiroidismo, sindrome di Cusching, traumi, shock e pancreatite acuta (Archetti e Ravarotto, 2002; Aguggini et al., 1998). Il glucosio ematico può aumentare in corso di diabete mellito, nella sindrome di Cusching, in casi d’ipertiroidismo, shock, traumi e pancreatine acuta. L’ipoglicemia può invece dipendere da malassorbimento e sindrome epatorenale (Aguggini et al., 1998; Ravarotto et al., 2000). Inoltre la quantità di energia introdotta con la dieta, nei ruminanti, può avere un ruolo nell’insorgenza di dismetabolie come acidosi, sub-acidosi, chetosi e meteorismo. In caso d’ipoglicemia si avrà l’accumulo di cataboliti come l’acetil-CoA che, non essendo completamente utilizzato nel ciclo di Krebs (Brugère et al., 1987), si orienterà verso una via metabolica alternativa portando alla formazione di corpi chetonici, il cui accumulo nel torrente ematico porta a cheto-acidosi. Tale situazione comporta non pochi problemi: diminuzione dell’appetito, calo delle produzioni, dimagrimento, alterazione della sfera riproduttiva con anestro, incremento dell’inferilità, con un generale abbassamento delle difese immunitarie e predisposizione all’insorgenza di patologie secondarie (Brugère et al., 1987). L’iperglicemia generalmente non è considerata negativamente quanto l’ipoglicemia giacché pare essere legata all’aumento nella razione di fonti glucidiche rapidamente degradabili che superino la capacità tampone del rumine; in questo caso si può avere sub-acidosi (ph 5,5) (Schelcher et al., 1995).

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GLUCOSIO 35-55 mg/dL Enzimatico: Esochinasi. Plasma derivato da sangue in Litio-eparina.   Tab.6_ Glucosio.

Aspartato transaminasi (AST)

L’aspartato transaminasi è localizzata per il 50% nel citoplasma e per la restante parte nei mitocondri degli epatociti e dei miociti. L’AST ematico costituisce quindi un indice di citolisi; la sua concentrazione ematica aumenta ogni qual volta vi sia lisi cellulare a causa di fenomeni tossici, infettivi o infiammatori (Bizzeti, 2005). Un aumento notevole di questo enzima è indice di epatite, ittero colestatico, cirrosi, carcinoma epatico; in particolare si può affermare che un aumento medio di AST indica la presenza di una patologia epatica, come steatosi, fascioliasi o intossicazione da rame. Un suo aumento può essere indice anche di patologie muscolari come le miositi. (Verrièle et al., 2000).

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AST (Aspartato transaminasi) 60-150 U/L Tampone tris (IFCC) senza P5P’, 37° C. Plasma derivato da sangue in Litio-eparina. - Tab.6_ AST.

Alanina amino transferasi (ALT)

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epatociti e, seppur in minor ragione, nella muscolatura striata. Non può essere quindi considerato epatospecifico, rimanendo comunque un valido parametro ai fini della valutazione della funzionalità epatica nel caso di epatiti infettive,

ossiche, ittero colestatico e miocardiopatie (Amadori e Archetti, 2002). t

 

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ALT (Alanina-amino-transferasi) 11-33 U/L Tampone tris (IFCC) senza P5P’, 37° C. Plasma derivato da sangue in Litio-eparina.   Tab.7_ ALT.  

Fosfatasi alcalina (ALP)

Enzima ubiquitario, a prevalenza epatica, catalizza la sintesi e la scissione idrolitica degli esteri fosforici a pH alcalino. È utile la determinazione dell’attività plasmatica, della fosfatasi alcalina, nella diagnosi di patologie a carico dell’apparato scheletrico come osteomalacia, rachitismo e i tumori dello stesso. L’attività dell’ALP aumenta nell’ittero postepatico, in affezioni pancreatiche, nelle enteriti e nel diabete mellito. Negli animali giovani, i livelli ematici della fosfatasi alcalina sono fisiologicamente superiori a quelli riscontrabili negli adulti (Amadori e Archetti, 2002).

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ALP

(Fosfatasi alcalina) 85-350 U/L

SCE, DGKC, 37° C. Plasma derivato da sangue in Litio-eparina.   - Tab.8_ ALP.   G-Glutamil-Transpeptidasi (GGT)

Presente sulla membrana cellulare, la sua funzione è di trasportatore di aminoacidi. Variazioni in positivo del suo livello ematico indicano possibile presenza di fenomeni patologici primitivi o secondari a carico del parenchima epatico (Archetti et al. 2002), delle vie biliari e si possono ricondurre nei bovini a

nfestazioni da Fasciola haepatica. i

 

 

 

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GGT (G-Glutamil-Transpeptidasi) 10-47 U/L γ- glutamil-3Cp-N-anilide, 37° C. Plasma derivato da sangue in Litio-eparina.   - Tab.9_ GGT.    

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Lattato deidrogenasi (LDH)

Il LDH è un enzima ubiquitario a localizzazione intracellulare citoplasmatica; anch’esso è un importante indicatore del danno cellulare. Esso presiede al metabolismo della cellula, intervenendo nella glicolisi anaerobica ed in particolare nella reazione che catalizza la trasformazione del piruvato in lattato (Bizzeti, 2005). Tal enzima è a bassa specificità, a conferma di ciò le sue forme isoenzimatiche sono presenti nel siero e in vari tessuti come rene, fegato, milza, pancreas e intestino. La determinazione dell’attività plasmatica del LDH è utile soprattutto nella diagnosi di patologie epatiche, infiammatorie e tossiche, nelle cardiopatie e nelle miopatie (Archetti et al. 2002, Bizzetti 2005). LA molecola attiva del LDH è un tetramero costituito da sub-unità, delle quali esistono differenti tipi. Le più interessanti sono la sub-unità M (muscle) e la sub-unità H (heart) e, dalla loro combinazione si hanno differenti isoenzimi, l’aumento dei quali (LDH1, LDH5, etc.) può fornire indicazioni su eventuali malattie in corso

miocardiopatie, miopatie, etc.) aumentando così la specificità diagnostica. (

 

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LDH (Lattato deidrogenasi) 1624-5260 U/L Piruvato tampone fosfato (DGKC), 37° C. Plasma derivato da sangue in Litio-eparina.   - Tab.10_ LDH.   Creatinina

La creatinina è un composto azotato non proteico derivante dal metabolismo delle proteine; i glomeruli la filtrano direttamente dal sangue e, attraverso i reni, viene completamente eliminata in condizioni fisiologiche normali. La sua misurazione a

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livello ematico può essere direttamente correlata alla funzionalità renale. Un aumento di questo parametro può essere dato da intensi e prolungati sforzi

uscolari, ipertiroidismo, insufficienza glomerulare, nefriti e sindrome uremica. m

 

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Creatinina 1-2,7 mg/dL Colorimetrico – (Jaffé) Plasma derivato da sangue in Litio-eparina.   - Tab.11_ Creatinina.       Creatinfosfochinasi (CK)

È un enzima specifico che si ritrova nella muscolatura scheletrica, nel tessuto celebrale e nel miocardio e catalizza la reazione: Fosfocreatinina + ADP  Creatina + ATP; è importante soprattutto per il metabolismo del muscolo scheletrico. L’incremento dei livelli plasmatici del CK è legato a patologie della muscolatura scheletrica e cardiaca in modo specifico, riflettendo maggiormente la variazione della CK con sub-unità MM. La molecola di questo enzima, infatti, è formata da due subunità: M (muscle) e B (brain); i muscoli scheletrici contengono soprattutto una grande quantità di dimero MM e il cervello BB, nel miocardio si ritrova una grande quantità di MM ma anche di MB. Quest’ultimo dimero ibrido è molto specifico per lesioni a carico del miocardio non essendo presente in altri comparti. Le cause che più frequentemente determinano un aumento della CK sono traumi meccanici, miositi, lesioni podali, come i prelievi ematici effettuati in condizioni particolarmente stressanti come quelli che prevedono la cattura e il

ontenimento forzato. c

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Ricerca di: Valori fisiologici Metodo CK (Creatin-chinasi) 61-801 U/L NAC attivato, 37° C. Plasma derivato da sangue in Litio-eparina.   Tab.12_ CK. Azoto ureico

Si forma per deamminazione degli amminoacidi attraverso il ciclo dell’urea (Bertolin et al., 2002) e, oltre ad essere il principale catabolita proteico, è il più importante indicatore della funzionalità epatica e ruminale. La sua formazione avviene in sede epatica e la sua eliminazione procede prevalentemente per via renale. Nei ruminanti i livelli di uremia sono sovente correlati al rapporto tra proteine alimentari ed energia (Archetti e Ravarotto 2002). Proteine a elevata degradabilità ruminale possono determinare innalzamento del livello uremico fino a raggiungere rilievi considerati tossici per il bovino. I valori di questo parametro possono discostarsi dalla media sia in positivo (iperazotemia) che in negativo (ipoazotemia). Uno stato d’iperazotemia può derivare da dieta iperproteica, emoconcentrazione, ipertiroidismo, ustioni, emorragie, ascessi, emolisi, ipertensione, insufficienza renale e disturbi emodinamici. Condizioni d’ipoazotemia sono plausibilmente riconducibili a diete ipoproteiche, ipotiroidismo e grave insufficienza epatica.

 

Ricerca di: Valori fisiologici Metodo

Azoto ureico (Creatin-chinasi) 6-27 mg/dL Enzimatico, Ureasi. Plasma derivato da sangue in Litio-eparina.  

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Tab.13_ Azoto ureico.

Proteine totali

Le funzioni delle proteine all’interno dell’organismo sono tanto importanti quanto innumerevoli. All’interno del plasma fungono da trasportatori di numerosi composti non proteici, soprattutto ormoni, ioni metallici ed emoglobina, oltre a prendere parte alla risposta immunitaria. Un aumento sierico di proteine (iperproteinemia) può essere la conseguenza di uno stato di disidratazione e di vomito, mentre in caso di una loro diminuzione (ipoproteinemia) si deve sospettare un’insufficienza epatica o renale, enteropatie, malassorbimento e

alnutrizione (Bertolin et. al.,2002). m

 

Ricerca di: Valori fisiologici Metodo

Proteine totali 5,7-8,1 g/dL

Biureto con bianco campione. Plasma derivato da sangue in Litio-eparina.   - Tab.14_Proteine totali.   Protidogramma

Stati flogistici accompagnano spesso le alterazioni del tracciato elettroforetico, in particolare della frazione delle α-globuline; inoltre un’elevata gammaglobulinemia può essere riconducibile ad una elevata pressione infettante. L’analisi elettroforetica delle proteine fornisce indicazioni su diversi tipi di patologie.

- Albumina: è la frazione proteica a possedere la migrazione più rapida ed è sintetizzata a livello epatico; è il più importante carrier, in grado di legare e veicolare diverse molecole tra cui ioni, pigmenti e ormoni.

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molecolare e, di conseguenza, diverso comportamento alla migrazione elettroforetica. Sono dotate di svariate funzioni biologiche.

- Gammaglobuline: la maggior parte delle immunoglobuline appartiene a questo gruppo (IgM – immunità sistemica, IgA – immunità mucosale), l’aumento di questo parametro può indicare l’insorgenza di un’infezione o una vaccinazione recente. Viceversa, un’ipogammaglobulinemia può essere secondaria a patologie immunosoppressive o in relazione ad uno stato di stress, sociale o ambientale (Bertolin et al., 2002, Archetti 2002).

- Alfa 1: sono costituite da glicoproteine e lipoproteine che svolgono la funzione di proteine di trasporto e fissazione ad esempio per la vitamina A ed il cortisolo, oltre a comportarsi come enzimi. L’incremento della frazione α-1 è secondario a forme infiammatorie, sindromi emorragiche e miocarditi (Bertolin et al., 2002; Lubas, 2004; Lubas, 2005).

  Ricerca di: Valori fisiologici [g/dL] Metodo

Albumina 3,1-3,5 Alfa1-globuline 0,2-0,3 Alfa2 0,5-0,7 Beta 0,8-1,1 Gamma 1,7-2,2 Elettroforesi - Tab.15_ Elettroforesi.            

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Sigla  Definizione  fisiologici Valori  Unità di misura  AST  Concentrazione  ematica di:  Aspartato  Transaminasi  60‐150  U/L 

ALT  ematica di: Alanina Concentrazione 

Amino Transferasi  11‐33  U/L  GGT  Concentrazione  ematica di: Gamma‐ Glutamil‐ Transpeptidasi  10‐47  U/L 

ALP  ematica di: Fosfatasi Concentrazione 

Alcalina  85‐350  U/L 

GLUCOSIO  ematica di: Glucosio Concentrazione  35‐55  mg/dL  PROTEINE  TOTALI  Concentrazione  ematica di: Proteine  5,7‐8,1  g/dL  AZOTO  UREICO  Concentrazione  ematica di: Azoto  Ureico  6‐27  mg/dL 

CREATININA  Concentrazione ematica di: 

Creatinina  1‐2,7  mg/dL  CK  ematica di: Creatin‐Concentrazione  chinasi  61‐801  U/L  LDH  ematica di: Lattico Concentrazione  deidrogenasi  1624‐5260  U/L   

- Tab.16_ Range fisiologici parametri emato-clinici.

 

 

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- Alfa 2: sono date soprattutto da glicoproteine con funzioni di trasporto di ioni metallici quali rame e zinco, inibitori di enzimi e di costituenti del complemento. L’aumento della frazione α-2 si ha a seguito di infiammazione acuta, malattie allergiche, necrosi tissutale.

- Beta: sono rappresentate da glico e lipoproteine con funzioni di trasporto e costituenti del complemento. L’incremento delle β-globuline è riconducibile alle infiammazioni epatiche, sindrome nefrosica e in caso di anemie a malattie infiammatorie acute e stati settici (IgM) (Archetti e Ravarotto, 2002).

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