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Il verismo più volentieri si volge alla borghesia affaristica, a quella meschina e magra, agli operai, ai contadini, alle plebi abbrutite, agli irregolari e ai rifiuti della società. (B

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(1)

C APITOLO 2. V ERISMO IN MUSICA : UN DIBATTITO IN SOSPESO

Che cos’è il verismo nella storia? È una parola riassuntiva, un’etichetta, per indicare un moto storico, di storia dell’immaginazione, svoltosi nella seconda metà del secolo decimonono e correlativo allo svolgimento delle scienze naturali, psicologiche e sociologiche. […] L’arte della seconda metà del secolo decimonono ha guardato più volentieri ai fatti che possono chiamarsi brutali o materiali. […]

Il verismo più volentieri si volge alla borghesia affaristica, a quella meschina e magra, agli operai, ai contadini, alle plebi abbrutite, agli irregolari e ai rifiuti della società. (B

ENEDETTO

C

ROCE

)

1

2.1. V ERISMO M USICALE OGGI : ACCORDI , DISSONANZE E CONTRADDIZIONI

Ciò che ha creato maggiore difficoltà nel lavoro di ricerca di questa tesi è stata la mancanza di chiarezza in merito alla definizione del termine “verismo musicale”, in aggiunta ad ostacoli e complicazioni che la natura complessa ed ambigua dell’opera presenta già di per sé: il teatro melodrammatico ha la peculiarità di doversi fronteggiare con linguaggi diversi tra loro, quello verbale e quello musicale (senza dimenticare l’elemento performativo che è comunque presente anche nel dramma di prosa). A partire dagli anni ’50 del Novecento fino ai giorni nostri è stata spesso affrontata la questione terminologica

2

, sebbene la discussione sia tuttora vigente e permangano parecchie contraddizioni. Vi sono infatti dissensi tra le teorie a seconda dei punti di vista, e il passare del tempo non ha condotto a chiarimenti: c’è chi continua a considerare il solo aspetto

1

C

ROCE

, B., La letteratura della Nuova Italia, vol. III, cit., p. 13.

2

Nel presente paragrafo esamino la questione solo secondo la critica novecentesca. Per le

teorie ottocentesche, cfr. quivi, paragrafo 2.2. Verismo Musicale ieri: «un’accusa ingiusta»…

(2)

tematico-contenutistico, chi quello musicale, chi quello prettamente cronologico, ma nessuno è ancora riuscito a conciliare tutti gli elementi nel loro insieme; e le ipotesi che hanno tentato di tracciare un fil rouge tra i vari ambiti non si sono rivelate né troppo convincenti né inconfutabili. Il mio lavoro non ha la presunzione di porsi come strumento risolutore del dibattito, ma come occasione di riflessione sul tema, di confronto tra le opinioni di studiosi della contemporaneità che hanno affrontato la problematica.

Il melodramma ha mutuato l’espressione “verismo” dalla letteratura

3

, che costituisce quindi il punto di partenza necessario per avanzare una definizione anche in ambito musicale. Se si escludono certi studi specialistici (alcuni di questi hanno tracciato una distinzione tra verismo “contadino”, “borghese” e

“dialettale”

4

, mentre altri hanno annoverato nella corrente la produzione artistica dei soli Capuana, Verga, De Roberto), vi è concordanza unanime nel riconoscere che il verismo è epigono di realismo e naturalismo francesi

5

. Dal

3

Per approfondimenti e chiarimenti sulle definizioni terminologiche in letteratura e arte, cfr.

B

ELLONZI

, F

ORTUNATO

, Realismo, naturalismo, verismo, in A

A

. V

V

., Arte e Socialità in Italia dal realismo al simbolismo 1865-1915, Catalogo Palazzo della Permanente: Milano, giugno- settembre 1979, Milano, Società per le Belle Arti ed Esposizione Permanente, 1979; G

HIDETTI

, E., L’ipotesi del realismo, cit.; G

HIDETTI

, E. – T

ESTA

, E., Realismo, naturalismo, verismo, psicologismo, cit.; P

ORTINARI

, F

OLCO

, Un’idea di realismo, Napoli, Guida, 1976; L

UKÁCS

, G

YÖRGY

, Saggi sul realismo, Torino, Einaudi, 1950; J

AKOBSON

, R., Il realismo nell’arte, cit.

4

Il primo prevalentemente siciliano, passionale, dal finale sanguinoso e luttuoso, segnato da un delitto d’onore per adulterio; il secondo ambientato perlopiù in salotti piccolo-medio borghesi di area piemontese-lombarda, nei quali si affrontano temi di denaro e lavoro; infine il terzo, sperimentato quasi unicamente a teatro: da ricordare nel Nord il già citato Vittorio Bersezio con Le miserie d’monnsù Travet, e Carlo Bertolazzi con El nost Milan (1893) e La gibigianna (1901);

nel Sud primo fra tutti Luigi Capuana.

5

Il naturalismo, secondo György Lukács, è una sotto-categoria del realismo, dal quale ha ereditato solo le strutture formali. Quest’ultimo (considerato dal filosofo ungherese come emanazione artistica della filosofia marxista) vuole infatti mostrare la realtà schietta dell’uomo

“totale”, nel quale confluisce l’intero processo evolutivo: «Realismo significa riconoscimento del fatto che la creazione non si fonda su un’astratta “media”, come crede il naturalismo, né su un principio individuale che dissolve se stesso e svanisce nel nulla, su un’espressione esasperata di ciò che è unico e irripetibile. La categoria centrale, il criterio fondamentale della concezione letteraria realistica è il tipo, ossia quella particolare sintesi che, tanto nel campo dei caratteri, che in quello delle situazioni, unisce organicamente il generico e l’individuale. Il tipo diventa tipo […]

per il fatto che in esso confluiscono e si fondono tutti i momenti determinanti, umanamente e

socialmente essenziali, d’un periodo storico; per il fatto che esso presenta questi momenti nel

loro massimo sviluppo, nella piena realizzazione delle loro possibilità immanenti, in un’estrema

raffigurazione di estremi, che concreta sia i vertici che i limiti della completezza dell’uomo e

dell’epoca» (L

UKÁCS

, G., Saggi sul realismo, cit., pp. 15-16; gli scritti risalgono al 1935).

(3)

realismo viene recuperato il proposito di rivolgersi a tematiche quotidiane spesso evitate dalla letteratura, e usare la lingua parlata piuttosto dialogata e discorsiva:

Come categoria artistica, il realismo non si può definire rappresentazione di una qualche realtà, ma dev’essere inteso come tentativo di elevare uno squarcio di realtà che prima non era considerato “degno dell’arte”, a oggetto di pittura, poesia o musica

6

.

Dal naturalismo viene invece acquisito il metodo compositivo:

l’impersonalità dell’opera; il rivolgersi a tutte le fasce e classi sociali, anche le più degradate (in Francia vi era un intento politico di fondo, che solo in parte e indirettamente, o forse inconsapevolmente, è stato mantenuto in Italia); una maggior cura nella presentazione verosimile della vicenda. Nella già ricordata Dedicatoria dell’Amante di Gramigna (considerata da molti il manifesto verista per eccellenza), Verga stesso auspica il raggiungimento di uno stadio artistico in cui «il processo della creazione rimarrà un mistero […], la mano dell’artista rimarrà assolutamente invisibile, e il romanzo avrà l’impronta dell’avvenimento reale, e l’opera d’arte sembrerà essersi fatta da sé, aver maturato ed esser sorta spontanea come un fatto naturale senza serbare alcun punto di contatto col suo autore»

7

.

A partire dalle precisazioni letterarie, gli studiosi di melodramma hanno cercato di dare una definizione univoca all’espressione “verismo musicale”, nonostante vi sia stata fin da subito molta confusione:

Si intende forse – con ciò – un modo di cantare, di melodizzare, di indirizzare – attraverso determinati accorgimenti – la vocalità? Oppure è, invece, una matrice letteraria, librettistica, narrativa? Un comportamento particolare nel sondare, captare, misurare, intuire le dimensioni del personaggio?

8

6

D

AHLHAUS

, C., La musica dell’Ottocento, cit., p. 375.

7

V

ERGA

, G

IOVANNI

, L’amante di Gramigna, in I

D

., Novelle, a cura di Vincenzo Guarracino, Milano, Bompiani, 1991, p. 192.

8

M

ARIANI

, R

ENATO

, Verismo in musica e altri studi, raccolti da Cesare Orselli, Prefazione di

Gianandrea Gavazzeni, Firenze, Olschki, 1976, p. 98: saggio tratto da «La Scala», aprile 1955.

(4)

In pochi – come si vedrà – hanno avanzato risposte definitive e preso posizioni: la tendenza più comune da parte della critica è stata infatti quella di non vagliare le componenti costitutive del melodramma nel loro complesso.

2.1.1. P ROPOSTE DI RISOLUZIONE

Una prima definizione può essere stabilita secondo i soggetti; in questo senso si considerano veristi i libretti che si rivolgono alla contemporaneità, a realtà povere e squallide, raffiguranti quel “documento umano” a partire dal quale gli autori naturalisti hanno fondato la loro arte:

In mancanza di una poetica drammaturgica coerente ed esplicita, è ormai assodato che l’opera veristica di fine secolo si fonda innanzi tutto su una matrice letteraria, della quale assimila innanzi tutto il lato contenutistico. […] È una vasta antologia delle situazioni sociali e geografiche marginali dell’Italia post-unitaria, delle quali poco importa siano protagonisti pescatori o pastori, contadini o tintori, briganti, mafiosi o camorristi; ciò che conta è la rappresentazione di un’umanità semplice, priva di implicazioni psicologiche, incline ad infiammarsi dei sentimenti più elementari dell’ira e dell’amore e a manifestare entrambi con lirismo teso e pronunciato

9

.

La vera innovazione dell’opera verista sta proprio nell’aver trasferito in ambito serio-tragico, temi e linguaggi ripresi da una realtà bassa e degradata, in un contesto, quello melodrammatico, in cui vigeva la convinzione che arte e quotidianità fossero inconciliabili.

L’elemento performativo (del teatro lirico) induce però ad indagare non solo i contenuti, ma anche il modo in cui i temi vengano scenicamente trattati, e quale valenza assuma l’aspetto musico-vocale. Il verismo richiedeva una rappresentazione verosimile del soggetto (sebbene qualunque sistema artistico codificato – narrativa compresa – non sia esente da artifici e convenzioni, e dunque non sia in grado di riprodurre fedelmente la realtà). In tale direzione ha

9

B

ERNARDONI

, V

IRGILIO

, Varianti “rusticane” nell’opera italiana di fine Ottocento, in O

STALI

,

N

ANDI

– O

STALI

, P

IERO

(a cura di), Cavalleria rusticana 1890-1990: cento anni di un capolavoro,

Milano, Casa Musicale Sonzogno, 1990, pp. 76-78.

(5)

condotto uno studio preciso Stefano Scardovi

10

, che riscontra nei libretti con tema popolare un’accurata attenzione alla raffigurazione realistica

11

degli eventi:

il melodramma “plebeo” (da lui inserito a pieno titolo nella poetica verista) presenta infatti una forte connotazione folklorica della vicenda attraverso il mezzo linguistico, ossia la commistione tra lingua tendente al parlato e dialetto;

introduce usi e costumi locali, mediante la presentazione di feste, scene di massa, giochi e danze; sfrutta l’espediente del “canto-nel-canto”, che permette di mischiare aria operistica e canzone popolare (molto in voga e apprezzata all’epoca), inserendo allo stesso tempo un forte elemento di verità:

Il canto nella scena del personaggio rappresenta il momento di maggior realismo nell’opera in musica, l’unica occasione in cui, in una ipotetica trasposizione di un melodramma in dramma recitato, l’eloquio musicale sarebbe legittimo (S

CARDOVI

, p. 36).

L’interesse per l’aspetto performativo ha portato alcuni studi a considerare veriste tutte quelle opere in cui si riscontrano soggetti trattati in modo realistico.

Leonardo Bragaglia

12

ad esempio vide in Carmen (1875, musica di Georges Bizet, libretto di Henri Meilhac e Ludovic Halévy) il punto di partenza del verismo musicale italiano, dato il suo soggetto di vendetta, adulterio e morte, così vicino alla realtà:

Il grido di “Hanno ammazzato compare Turiddu” divenne il simbolo della scuola verista italiana. Ma Carmen restò l’insuperabile modello, ed il capolavoro assoluto, del genere verista (B

RAGAGLIA

, p. 57).

Questa idea lo ha portato a comprendere in tale categoria un ampio spettro di opere, accomunate tra di loro soltanto dalla presentazione di una vicenda plausibile: egli parla infatti di teatro musicale “storico-verista”,

“romantico-verista”, “classico-verista”, “orientale-verista” (in cui il secondo

10

S

CARDOVI

, S., L’opera dei bassifondi, cit.

11

Per convenienza, da qui in avanti userò i termini “realismo” e “realistico” seguendo l’accezione jakobsoniana (già specificata nel capitolo precedente alla nota 30).

12

B

RAGAGLIA

, L

EONARDO

, Il verismo nel teatro in musica: contradizione in termini, in I

D

., Storia

del libretto nel teatro in musica come testo o pretesto drammatico, vol. III, Roma, Trevi, 1971.

(6)

termine viene usato in modo fittizio, nonché depauperato del suo significato originario)

13

. Dieci anni dopo di lui, anche Folco Portinari

14

– che designa come precursori del realismo musicale Gli Avventurieri e Papà Martin, perché in essi ritrova «desublimazione e recupero del quotidiano, in un processo di critica della società, da un lato, e di sfiducia nella funzione sublimativa dell’arte, dall’altro»

(P ORTINARI , p. 192) – parla di verismo applicato ad una trama storica, procedimento che si verifica nel momento in cui il tema (pur non essendo attuale) viene desublimato, demitizzato, e trasposto in campo melodrammatico come se si trattasse di un avvenimento ripreso dalla quotidianità [cfr. quivi, gli esempi di “verismo storico” riportati alla nota 13 del presente capitolo].

L’idea di rappresentare la realtà in modo realistico investe inoltre l’aspetto musico-vocale, che in questo periodo registra importanti novità, e costituisce per molti un potenziale fattore connotativo delle opere veriste. Da una parte la musica si configura adesso come colonna sonora di commento (Adriana Guarnieri Corazzol

15

ha tracciato una sorta di parallelismo tra il narratore verista

16

e il nuovo uso dell’orchestra, che sostiene e convalida lo statuto dei personaggi, diventa narratore compartecipe, assume una voce corale e collettiva,

13

Il “verismo storico” (chiamato anche “verismo romanzesco” o “avventuroso” o ancora “in costume”) comprenderebbe allora opere come Andrea Chénier (1896, musica di Umberto Giordano, libretto di Luigi Illica), Fedora (che si inserisce anche nel nuovo genere giallo-poliziesco, 1898, musica di Umberto Giordano, libretto di Arturo Colautti), Tosca (1900, musica di Giacomo Puccini, libretto di Giuseppe Giacosa - Luigi Illica), Adriana Lecouvreur (1902, musica di Francesco Cilea, libretto di Arturo Colautti), Il piccolo Marat (1921, musica di Pietro Mascagni, libretto di Giovacchino Forzano). Nel filone “orientale-verista” potrebbero invece rientrare Iris (1898, musica di Pietro Mascagni, libretto di Luigi Illica) e la più famosa Madama Butterfly (1904, musica di Giacomo Puccini, libretto di Giuseppe Giacosa - Luigi Illica). Come sostenitori di tale convinzione, ho citato per tutti solo Portinari e Bragaglia, ma la maggior parte degli studiosi d’opera approva l’idea di suddividere il verismo musicale in “verismo originario” e “verismo storico”: tra questi annovero almeno Fabrizio Dorsi e Giuseppe Rausa, dai quali ho ripreso l’espressione “verismo originario”.

14

P

ORTINARI

, F., Pari siamo!, cit.

15

G

UARNIERI

C

ORAZZOL

, A

DRIANA

, Opera and Verismo: Regressive Points of View and the Artifice of Alienation, traduzione inglese di Roger Parker, in «Cambridge Opera Journal», vol. 5, n. 1, March 1993, pp. 39-53; G

UARNIERI

C

ORAZZOL

, A

DRIANA

, Opera verista e verismo letterario, in E

AD

., Musica e letteratura in Italia tra Ottocento e Novecento, cit.

16

Specifico “narratore verista”, dal momento che è con il verismo che si registra una

separazione tra autore e narratore: nella narrativa verista infatti il primo scompare e si rende

osservatore esterno e anonimo; il secondo, al contrario, è compartecipe dei suoi personaggi, fino

ad abbassarsi al loro livello anche da un punto di vista linguistico (ad esempio attraverso

l’indiretto libero verghiano).

(7)

in cui elemento sonoro e caratteri coincidono); dall’altra si privilegia un tipo di vocalità che abbia la possibilità di sfociare nel grido e si allontani sempre più dalla tradizione belcantistica del cantante-mattatore. La musica diventa

«racconto della verità di una terra»

17

, così da lasciare spazio a «canzoni popolari accompagnate da chitarre e mandolini, tarantelle, saltarelli, o altre danze locali, brindisi, litanie e inni religiosi»

18

, con l’intento di offrire la riproduzione più fedele possibile di uno spaccato di vita sulla scena. Di cambiamento musicale- performativo parla ad esempio Egon Voss

19

, che proprio in tale alterazione vede il «nocciolo del verismo musicale», sebbene egli stesso non sia del tutto certo che un solo elemento sia sufficiente a definire un genere:

Gli assassinati crollano, i morenti si spengono senza cantare ancora una volta: a loro è negato il canto del cigno. […] In altri termini, rinunciando al canto, presupposto dell’opera, in favore di altre forme d’espressione usuali nella realtà, si crea l’impressione che la realtà irrompa nell’arte. […] Poiché il canto è una forma artificiale d’espressione dei moti dell’animo, che non ha nulla a che vedere con la realtà, il realismo o verismo può consistere soltanto nell’abbandono del canto e nella sua sostituzione con quelle forme d’espressione dei moti dell’animo con cui gli uomini esternano i loro sentimenti nella realtà. Il verismo caccia dunque l’opera in un dilemma. I compositori di opere veriste vi hanno fatto fronte – o forse sarebbe meglio dire che vi si sono sottratti – accettando fondamentalmente l’esigenza primaria dell’opera, ossia quella di esprimere i moti dell’animo nel canto, e limitando le forme realistiche di comunicazione degli affetti ai punti culminanti e alle situazioni centrali dell’azione. […] Ma bisogna domandarsi se l’uso regolare, per quanto limitato a pochi momenti, di questo mezzo giustifichi l’impiego del vocabolo “verismo” per definire l’intero stile delle opere in cui tale mezzo compare (V

OSS

, pp. 53-54)

20

.

17

L

ONGOBUCCO

, L

UISA

, I “Pagliacci” di Leoncavallo, Prefazione di Cesare Orselli, Soveria Mannelli, Rubbettino, 2003.

18

Citazione originale: «Popular songs accompanied by guitars and mandolins, tarantellas, saltarellos or other local dances, drinking songs, litanies and religious hymns» (S

ADIE

, S

TANLEY

, Voce “Cavalleria Rusticana”, in I

D

. [a cura di], The New Grove. Dictionary of Music and Musicians, Second Edition, vol. XXVI, London, Macmillan, 2001, p. 477). Traduzione italiana mia.

19

V

OSS

, E

GON

, Il verismo nell’opera, traduzione italiana di Laura Dallapiccola, in O

STALI

, N. – O

STALI

, P. (a cura di), Cavalleria rusticana 1890-1990, cit.

20

In qualche modo Davide Zan si ricollega all’idea di Voss, soprattutto per quanto riguarda il

cambiamento performativo riscontrato nelle scene di morte: «Dal punto di vista musicale

l’influenza del Verismo tende, col procedere del secolo verso la sua conclusione, a privare sempre

più spesso il protagonista del suo “canto del cigno” al momento del decesso, che rappresentava

anche la sua uscita di scena, e porta quasi ad accompagnare la morte col parlato o l’urlo, come

nel caso di Cavalleria rusticana: più realisticamente il personaggio canta prima di morire, suicidio

od omicidio che sia, lasciando poi che solo il silenzio o l’esplosione sonora dell’orchestra o del

coro sottolineino il decesso, piuttosto che la fiamma della vita si spenga a poco a poco magari in

una scena apologetica di perdono concesso e richiesto, di buoni sentimenti espressi» (Z

AN

,

D

AVIDE

, La morte come oggetto scenico nell’opera lirica italiana della seconda metà

(8)

Sulla stessa linea d’onda, ma in modo più assoluto, si pone Giovanni Ugolini

21

, che designa come “comune denominatore” delle opere veriste l’«uso sistematico del timbro caldo della tessitura vocale di centro» e il «frequente svettare del canto fino al livello del registro acuto; artificio nel quale si esibisce tutto il compiacimento della drammaturgia musicale verista per le esplosioni amoroso-passionali; spesso ancor più nettamente evidenziate, con sottile calcolo, dall’accostamento immediato di proposizioni vocali appena sussurrate»

(U GOLINI , p. 24)

22

. Peraltro tale convinzione lo induce a cancellare qualsiasi dipendenza dal genere letterario:

Questo dato di fatto […] garantisce al teatro musicale verista un’autonomia e una omogeneità di tendenza per la quale certe convenzioni librettistiche rimangono al margine del problema stilistico; rendendo abbastanza superflua (o utile al massimo per rilevarvi talune vistose differenze) l’analogia – che al linguaggio musicale non interessa affatto – con il “verismo” o il “naturalismo” letterario, da Zola a Verga (U

GOLINI

, p. 24).

2.1.2. C ONTRADDIZIONI DI DEFINIZIONE

Nel momento in cui si esula dal soggetto e si cerca di dare una definizione solo secondo la realizzazione e/o il trattamento musico-vocale più o meno realistici, non mi sembra appropriato usare il termine “verismo”. La corrente verista mira infatti ad una rappresentazione verosimile della realtà, che sia finalizzata ad offrire spaccati di vita contemporanea (in certi casi con intento

dell’Ottocento, in S

TREICHER

, J. – T

ERAMO

, S. – T

RAVAGLINI

, R. (a cura di), Scapigliatura & Fin de Siècle, cit., p. 42).

21

U

GOLINI

, G

IOVANNI

, Umberto Giordano e il problema dell’opera verista, in M

ORINI

, M

ARIO

(a cura di), Umberto Giordano, Milano, Casa Musicale Sonzogno, 1968.

22

Della stessa idea è Fedele D’Amico, che parla di passaggio vocale dal registro centrale a

quello acuto, come tentativo di superare l’ostacolo di artificiosità e convenzionalità

melodrammatiche: «Quel poggiare su un settore della voce come quello, che è il meno naturale e

il più problematico, richiede uno sforzo, una tensione che inclinano a volgere il canto verso

un’espressione “direttamente” passionale, assimilabile all’eccitazione d’un linguaggio parlato; di

qui il facile trasferimento nel singhiozzo, nella risata, eccetera. In tal modo e in tal senso il canto

diventa “verista”» (F

EDELE

D’A

MICO

, in C

ELLETTI

, R

ODOLFO

, La vocalità mascagnana, in A

A

. V

V

., Studi

su Pietro Mascagni, Atti del 1° Convegno Internazionale di Studi su Pietro Mascagni: Livorno

[Palazzo Civico], 13-14 aprile 1985, Milano, Casa Musicale Sonzogno, 1987, p. 45).

(9)

politico-sociale): la raffigurazione veritiera diventa dunque conseguenza obbligata della scelta del soggetto. La concezione letteraria può e deve essere estesa al melodramma, visto che la definizione nasce dalla narrativa e da essa è stato mutuato il termine. Potrebbe dunque essere calzante l’affermazione di René Leibowitz, secondo il quale «verista è un’opera il cui libretto espone vicende, per lo più contemporanee, semplici e vere, presentate senza alcun artificio stilistico»

23

(sebbene l’artificio permanga inevitabilmente).

Quando invece la critica operistica si rivolge alla sola realizzazione scenica è come se volesse trovare un escamotage per raccogliere in uno stesso filone tutte le opere che sono state composte tra la fine dell’Ottocento e gli inizi del Novecento, per le quali l’unico punto comune è proprio il trattamento realistico dei soggetti. Si tratta di una scelta riduttiva e parziale, poiché determinata e legata a mode e stili che si sono diffusi in quell’epoca; affiancare lemmi diversi (“storico”, “romanzesco”, “orientale”) al termine “verismo” dimostra quanto si faccia di quest’ultimo un uso del tutto convenzionale.

Con il tempo si cominciò infatti a verificare ciò che si era già imposto negli altri generi letterari, ossia il legame tra arte e realtà:

Nella crisi di rinnovamento che il melodramma attraversa in quegli anni si riaffaccia una situazione già verificata altrove, nella vicenda delle forme poetiche e letterarie che alla estenuatezza romantica eran venute opponendo i diversi e incrociati fervori del realismo, e a una lingua genericamente unificata e quasi livellata dalla norma di un gusto, di un uso comune la molteplice varietà delle venature regionali, un lessico e una sintassi realisticamente immediati, dialettali almeno come impulso al parlato. Ciò era in atto da tempo: il gusto dell’osservazione veristica si volgeva soprattutto al mondo popolare, dove l’uso del dialetto era connotazione culturale e sociale differenziante, e diveniva pertanto coloritura d’ambiente e mezzo espressivo più schietto

24

.

«Si volgeva soprattutto al mondo popolare», ma non solo ad esso, ed è stato questo ad aver creato confusione di classificazione e termini. Michele

23

R

ENÉ

L

EIBOWITZ

, in M

ARIANI

, R., Verismo in musica, cit., p. 144: saggio tratto da «Teatro La Fenice», 1966.

24

M

ORINI

, M

ARIO

, Mascagni e Verga nella dimensione di un capolavoro, in A

A

. V

V

., Studi su

Pietro Mascagni, cit., pp. 12-13.

(10)

Girardi

25

, riferendosi a Giacomo Puccini, convalida l’idea che non sia corretto parlare di verismo solo se ci troviamo di fronte a soggetti e rappresentazioni verosimili: Tosca (considerata dai più come l’opera con la quale Puccini si è avvicinato alla corrente) non può essere definita verista perché i suoi personaggi

«non appartengono ai bassi ceti della popolazione e neppure alla borghesia, né la catastrofe ha a che fare con la loro condizione sociale, ma con la loro natura e la loro ideologia» (G IRARDI , p. 191)

26

. Cercare di riprodurre la realtà in modo credibile era inoltre divenuto una pratica teatrale sempre più radicata, anche in conseguenza di una tendenza performativa e recitativa che si stava diffondendo in tutta Europa e oltre (basti ricordare André Antoine, che diresse il Théatre Libre di Parigi negli anni 1887-1896, e Konstantin Stanislavskij, che operò a Mosca dal 1898 al 1905). Molti cantanti dell’epoca si impegnarono a rendere particolarmente realistiche le proprie interpretazioni

27

: Gemma Bellincioni, in vista del suo ruolo ne La martire (1894, musica di Spiro Samara, libretto di Luigi Illica), si consultò con alcuni medici per sapere in che modo morisse una suicida per inalazione di gas proveniente da una stufa a carbone; e Titta Ruffo studiò le mosse di un minorato mentale per la parte di Tonio in Pagliacci

28

.

Per quanto riguarda il nuovo uso della musica, oltre a trattarsi di una questione di tendenza e – per dirla con la Guarnieri Corazzol – di “gusto”

29

, non si deve dimenticare che in quegli anni si assiste all’avvento del cinematografo, al quale parecchi autori veristi si accostarono o in modo diretto (Verga e De

25

G

IRARDI

, M

ICHELE

, Giacomo Puccini. L’arte internazionale di un musicista italiano, Venezia, Marsilio, 1995.

26

Girardi manifesta tra l’altro una concezione tainiana di verismo, secondo cui le azioni dei personaggi derivano dal loro contesto sociale. La stessa opinione è portata avanti da Guido Salvetti, che parla più di stereotipi che di personaggi a tutto tondo: secondo lo studioso il naturalismo impone infatti una prevalenza dell’ambiente sulla psicologia (cfr. S

ALVETTI

, G., Tra Ottocento e Novecento, cit.).

27

Cfr. M

USSOMELI

, G

IAN

G

UIDO

, Andrea Chénier: appunti e considerazioni, in «Diastema», n. 3, luglio 1992, pp. 31-34.

28

Per quanto riguarda date, librettisti e musicisti delle opere veriste, rimando quivi, Appendice 1. Prime rappresentazioni, librettisti e musicisti.

29

La Guarnieri Corazzol ammette che il termine “verismo musicale” possa avere una doppia

accezione: la storiografia parla generalmente di verismo per drammi rusticani o di malavita; ma

se si esamina l’aspetto musicale/vocale il campo si estende a molti più generi e temi, e a quel

punto si tratta di gusti e voghe.

(11)

Roberto si sono ad esempio cimentati nel lavoro di sceneggiatura) o come appassionati desiderosi di attingere da esso tecniche e stili:

L’opera oggi, non può più avere il taglio vecchio. Le esigenze cinematografiche vanno applicate all’opera lirica: azione, varietà, rapidità. Guardarsi bene dal rallentare l’azione per ficcare un pezzo di musica, sia esso anche bellissimo

30

.

Lo stesso Pietro Mascagni si occupò di opere filmiche; rilevante è il lavoro per l’avanguardistica (tra simbolismo e decadentismo) Rapsodia satanica (1917, poema cinema-musicale di Alfa [pseudonimo di Alberto Fassini] e Fausto Maria Martini, regia di Nino Oxilia), con la quale si è inaugurato un nuovo modo di concepire la colonna sonora, dimostrando «che si può fare dell’arte anche col cinematografo»

31

:

Il musicista segna con intelligenza e con disponibilità il dipanarsi delle immagini, e ad esse si adegua in una partecipazione assolutamente nuova, moderna. La vera, la grande originalità del risultato è qui, nel conciliare i diritti della grande musica, insomma le leggi del discorso musicale, con quelli del discorso filmico. […] Mascagni in Rapsodia satanica non è però solo un melodista, ma è un pittore dalla tavolozza molto ricca, attento al procedere dell’azione, pronto al cambiamento improvviso, al richiamo sempre nuovo

32

.

È plausibile che opere coeve abbiano risentito in egual modo di inclinazioni dell’epoca. La stessa Cavalleria propose alcuni elementi originali: la scelta del soggetto tratto dalla novella eponima verghiana, con ambientazioni e temi

30

Pagina di diario di Umberto Giordano (16 gennaio 1935), in C

ORVINO

, M

ARCELLO

M

ARIA

, I diari ritrovati. Péches de vieillesse, in S

TREICHER

, J. (a cura di), Ultimi splendori, cit., p. 442. L’attenzione al mezzo cinematografico portò Giordano a comporre anche le colonne sonore dei film Fedora (1942) di Camillo Mastrocinque e Una notte dopo l’opera (1942) di Nicola Manzari e Nicola Fausto Neroni. A partire da questa affermazione Corvino si spinge oltre nel dire che l’avvento del cinema ha causato la graduale morte dell’opera, soppiantata da un’arte che riuscì a rendere in modo migliore e più adatto ciò a cui mirava il melodramma, ossia «la rappresentazione di una realtà nella cui semplicità e quotidianità maturano forti tensioni emotive e passionali» (Ibidem).

31

N

INO

O

XILIA

, in C

OMUZIO

, E

RMANNO

, Rapsodia satanica (1915): un film-mito e la musica di Mascagni, in A

A

. V

V

., Cavalleria rusticana, in «Quaderni della Fondazione Donizetti», n. 5, 2006, pp. 17-23: p. 19.

32

C

OMUZIO

, E., Rapsodia satanica (1915), cit., p. 22. Mascagni si è avvicinato al cinematografo

anche permettendo la realizzazione filmica della sua opera Amica (1914), per la regia di Enrico

Guazzoni, e occupandosi in prima persona della colonna sonora de La canzone del sole (1933) di

Max Neufeld.

(12)

poveri e rurali trascurati dalla precedente produzione operistica; l’uso delle forme chiuse come “citazioni” o “pseudo-citazioni” (le arie che riproducono canzoni popolari e inni sacri seguono le regole metriche e musicali dei canti di riferimento); una stretta vicinanza dei recitativi al dialogo parlato che si conclude spesso con uno sfogo lirico più simile al grido che al canto; lo sfruttamento dell’orchestra non solo come accompagnamento, ma anche come strumento autonomo per brani sinfonici

33

. Nel momento in cui l’opera ebbe un successo clamoroso, fu subito presa come modello; chi ha attinto da essa il soggetto rusticano, chi lo stile musicale, chi la rappresentazione realistica:

Nell’arte musicale, i giovani sentono sempre, per così dire, il dominio dei maestri che nell’arte stessa portano una nota nuova ed originale. Quando un gran maestro conquista il favore del pubblico, ha immediatamente una schiera d’imitatori; tutti gl’ingegni mediocri lo seguono pecorilmente, ed essendo impotenti ad appropriarsene le qualità inseparabili dal genio, ne riproducono i difetti, e, di preferenza, le formule, che poi, per l’abuso che se ne fa, si dicono convenzionali. E questo dura fino a che non sopraggiunge un altro uomo di genio, con nuove formule e nuovi indirizzi, ai quali immediatamente si volgono gl’imitatori

34

.

Non si dimentichi inoltre che in questo periodo si registra un cambiamento di ruolo e di statuto dell’arte: l’opera diventa «progetto culturale di massa. Essa commercia con tutti i livelli di stile, per raggiungere tutte le fasce di mercato;

ricorre all’emozione diretta, vuole che lo spettatore sia assolutamente coinvolto nel dramma»

35

. Girardi definisce il melodramma verista come «il primo calcolato tentativo di andare incontro alla crescita numerica delle platee e contrastare l’ascesa di altre forme di spettacolo, assecondando gusti presumibilmente meno esigenti a livello di qualità, ma più insaziabili a livello di consumo e funzionalità del meccanismo drammatico»

36

. La cosiddetta “arte di consumo” definisce

33

Cfr. P

ARMENTOLA

, C

ARLO

, Voce “Verismo”, in B

ASSO

, A

LBERTO

(a cura di), Dizionario Enciclopedico Universale della Musica e dei Musicisti, vol. IV, Torino, UTET, 1984, pp. 689-690.

34

D’A

RCAIS

, F., La musica italiana e la Cavalleria rusticana del M.

o

Mascagni, cit., p. 523.

35

G

UARNIERI

C

ORAZZOL

, A., Opera verista e verismo letterario, cit., p. 92.

36

G

IRARDI

, M

ICHELE

, Il verismo musicale alla ricerca dei suoi tutori. Alcuni modelli di Pagliacci nel

teatro musicale fin de siècle, in M

AEHDER

, J

ÜRGEN

– G

UIOT

, L

ORENZA

(a cura di), Ruggero Leoncavallo

nel suo tempo, Atti del I° Convegno Internazionale di Studi su Ruggero Leoncavallo: Locarno

(Biblioteca Cantonale), 3-5 ottobre 1991, Milano, Sonzogno, 1993, p. 61.

(13)

quindi un gruppo di fruitori ideali e una serie di caratteristiche efficaci, per poi fissare una sorta di schema regolativo da seguire fedelmente

37

. L’ossessione di presentare tranche de vie (che si trattasse di soggetti contemporanei, storici o di altro tipo) derivava ad esempio dalla passione che il pubblico aveva per la cronaca:

Il verismo stava principalmente nella scelta dei soggetti, attinti per lo più dalla realtà della vita contemporanea; oppure riportati, se si trattava di soggetti storici, alla dimensione angusta e alla violenza brutale del fatto di cronaca. […] A questa predilezione per soggetti sordidi o comunque sensazionali, all’ambizione di mettere in musica la

“tranche de vie” si debbono gli eccessi d’entusiasmo e gli eccessi d’avversione con cui fu salutato il melodramma verista. Quelli, per gli ovvi motivi che fanno della cronaca cittadina la pagina più avidamente letta dai giornali; questi, per l’altrettanto ovvio pregiudizio che gli spiriti schifiltosi nutrono verso le possibilità artistiche di tale materia

38

.

L’arte non è più emanazione/riflesso nobilitante ed elevato della vita, bensì sfrutta la realtà per vendere, per accontentare ed assecondare la sua audience, unico destinatario ad avere potere decisionale sulle sorti artistiche di ogni prodotto:

Il verismo musicale nacque in un sistema di complessi meccanismi di produzione e distribuzione. La casa editrice Sonzogno di Milano favorì la genesi dell’opera verista, s’impegnò energicamente nella produzione, nella distribuzione e nella recezione di questa e assicurò ai compositori veristi, tramite felici decisioni politico-culturali, un posto nel panorama musicale internazionale. Questo non vuol dire che il successo del verismo si possa spiegare semplicemente con il ricorso alle strategie commerciali a largo raggio dell’editore. La consacrazione del verismo ebbe luogo soprattutto in un contesto culturale in cui i nuovi contenuti, così come la concezione musicale dell’opera verista, si sintonizzarono con le “necessità strutturali” del pubblico e azionarono un meccanismo di recezione positiva. In altre parole: strategia editoriale, struttura delle opere e aspettative

37

Cfr. R

AK

, M

ICHELE

, Appunti sulla dinamica del sistema dell’informazione estetica: i generi della paraletteratura e la cultura di massa, in A

A

. V

V

., La paraletteratura. Il melodramma, il romanzo popolare, il fotoromanzo, il romanzo poliziesco, il fumetto, Napoli, Liguori, 1977. Mi sembra corretto specificare che nel testo sopracitato il termine “melodramma” non viene usato come sinonimo di Opera lirica, definisce un genere più ampio: «[Il melodramma] esisteva già, ma, nella sua accezione primitiva, designava il dramma in musica e anche l’opera. Nella nuova accezione, comincia a chiamarsi melodramma un certo dramma popolare composto da un assortimento di musica facile, canti e danze. Il melodramma, come sembra, tende allo spettacolo completo. […] Da un altro lato il melodramma va ad apparentarsi con il romanzo nero, con il dramma romantico e il suo prodotto inferiore, il romanzo di cappa e spada» (R

AK

, M., Appunti sulla dinamica del sistema dell’informazione estetica, cit., p. 61).

38

M

ILA

, M

ASSIMO

, Il verismo, in I

D

., Breve storia della musica, Torino, Einaudi, 1963, p. 287.

(14)

del pubblico entrarono in sintonia; l’ “appello al pubblico” non venne proclamato ma recepito in quanto tale. Nella recezione del verismo ebbe particolare importanza la struttura del pubblico italiano dell’opera, cui appartenevano nobiltà e borghesia e non piccolo-borghesi, operai e agricoltori, così che rimanevano escluse dal fenomeno culturale operistico proprio quelle classi sociali che, con il verismo, per la prima volta erano salite sui palcoscenici da protagoniste. Ciò ebbe particolare importanza perché solo la sintonia fra le idee aristocratico-borghesi e i contenuti del verismo assicurarono il successo ai compositori veristi

39

.

Il periodo verista (parlo di “periodo” in modo convenzionale), in ambito operistico, presenta una situazione tutt’altro che unitaria; rispetto alla tradizione passata, vi è una compresenza di stili e generi musicali assai diversificati, tutti capaci di raggiungere alti livelli [cfr. quivi, capitolo 1. Narrativa, Teatro e Opera Musicale all’indomani dell’Unità d’Italia]: «la causa che ha reso possibile una divergenza dei linguaggi musicali senza che, in linea di principio, ci fosse una differenza di livello dovrebbe risiedere nel fatto che nell’età del positivismo non esisteva uno “spirito del tempo” che si esprimesse nella musica, “capace di musica”, da cui potesse dipendere la “sostanzialità storica” di uno stile e la

“inessenzialità” di un altro»

40

. Per questo non c’è omogeneità di elementi, e il melodramma di fine Ottocento si presenta frastagliato nelle sue componenti; il nuovo pubblico operistico vuole varietà, sentimenti forti, e realtà: le arie diventano orecchiabili e cantabili, e a loro si intrecciano canzoni popolari; le passioni romantiche si alternano a quelle violente della Sicilia verghiana o della Napoli digiacomiana; si introduce l’elemento folklorico sulla scena; si dà un’illusione di realtà (e si tratta solo di illusione, perché è questo che la platea vuole), portando alla ribalta urla, singhiozzi e una recitazione realistica che permetta allo spettatore una completa immedesimazione:

39

W

AGNER

, H

ANS

-J

OACHIM

, Francesco Cilea e il verismo musicale, traduzione italiana di Francesco Azzarello, in P

ITARRESI

, G

AETANO

(a cura di), Francesco Cilea e il suo tempo, Atti del Convegno Internazionale di Studi: Palmi-Reggio Calabria, 20-22 ottobre 2000, Reggio Calabria, Edizioni del Conservatorio di Musica “F. Cilea”, 2002, pp. 14-15. Il volume mi è stato gentilmente donato dal prof. Francesco Romano (Conservatorio “F. Cilea” di Reggio Calabria), che qui ringrazio.

40

D

AHLHAUS

, C., La musica dell’Ottocento, cit., p. 207.

(15)

Verista fu considerata la declamazione concitata, perché sembrava liberare la spontaneità dell’interprete dalla compostezza dello stile. Verista fu anche considerato ogni soggetto di natura disparata, quando fosse assunto dal teatro di prosa in cui veniva interpretato da attori e soprattutto attrici veristi. Ma verista fu anche la nuvola melodiosa dell’aria pucciniana, l’abbandonarsi al canto di Mascagni e Giordano, perché sembrò verismo ciò che viene naturalmente, senza costrizioni. Verista fu la rivoluzione francese di Giordano e l’Oriente di Puccini e Mascagni, per un processo singolare di derivazione letteraria e programmatica, quando sembrò dalla lezione del Verga che compito dell’autore non fosse più guardare oltre le cose, ma riprodurre ambienti, anzi ambienti elementari e sentimenti elementari; e gli operisti, quando non poterono creare una verità poetica tanto autentica quanto la Sicilia verghiana si rifugiarono nell’oleografia, che il pubblico sentiva naturalmente vera, e che essi stessi, non dotati generalmente di vasta cultura, amavano

41

.

2.1.3. I MPOSSIBILITÀ DEL VERISMO IN MUSICA ?

La confusione terminologica, che per molti anni è sembrata (e sembra tuttora) irrisolvibile, ha spinto alcuni studiosi, tra cui Rodolfo Celletti

42

, a sciogliere la questione in base alla semplice collocazione cronologica delle opere:

Sotto l’etichetta del v. si riuniscono quasi tutte le opere della cosiddetta “giovane scuola italiana”, indipendentemente dal carattere e dall’epoca del soggetto trattato e con ciò si vuol riconoscere che il movimento verista ebbe in Italia il carattere d’una tendenza comune a un’intera generazione di compositori. […] Prima ancora che s’esaurisse la voga dei sogg. rusticani e degli ambienti della malavita, il teatro mus. italiano s’indirizzò verso altri due tipi d’opera che caratterizzarono il movimento verista: il dramma a sfondo storico e la commedia borghese (C

ELLETTI

, pp. 1597-1598)

43

.

41

A

RRUGA

, F

RANCO

L

ORENZO

– C

ELLA

, F

RANCA

(a cura di), Problemi del verismo nell’opera in musica, Catalogo Museo Teatrale alla Scala: Milano, 2 dicembre 1967 - 7 gennaio 1968, Milano, Grafica Milli, 1968, pp. 8-9. Cfr. anche I

D

., Problemi del verismo nell’opera in musica, Catalogo Teatro dell’Opera: Roma, 24 febbraio 1968 - 24 marzo 1968, Milano, Grafica Milli, 1968.

42

C

APRIOLO

, E

TTORE

– C

ELLETTI

, R

ODOLFO

, Voce “Verismo”, in D’A

MICO

, S

ILVIO

(a cura di), Enciclopedia dello spettacolo, vol. IX, Roma, Le Maschere, 1962, pp. 1596-1599.

43

Harold Rosenthal e John Warrack seguono l’idea di Celletti: «Nell’accezione corrente, il termine v. comprende per lo più tutte le opere della “Giovane Scuola” italiana scritte fra il 1890 e il 1910, qualunque ne sia il carattere, l’epoca o il luogo, dove, secondo l’espressione di Celletti

“sotto l’influenza di Carmen e degli elementi realistici portati da quest’opera, il conflitto fra l’Uomo e la Donna si sostituisce al conflitto romantico fra il Bene e il Male”» (R

OSENTHAL

, H

AROLD

– W

ARRACK

, J

OHN

, Voce “Verismo”, in I

D

., Dizionario Enciclopedico dell’Opera Lirica, edizione italiana a cura di Luciano Alberti, Firenze, Le Lettere, 1991, pp. 947-948: p. 947). Cfr. anche R

OSENTHAL

, H

AROLD

– W

ARRACK

, J

OHN

, Voce “Verista”, in I

D

., Dizionario Enciclopedico dell’Opera Lirica, cit., pp.

948-949.

(16)

Considerare il solo aspetto cronologico, escludendo qualunque altro carattere tematico o stilistico, mi pare limitativo. La “Giovane Scuola” ha riunito nuovi compositori di fine Ottocento, accomunati tra loro dalla passione per l’opera e dal desiderio di rinnovamento, ma non dalle stesse tendenze teatrali e musicali. Guido Salvetti

44

parla di un gruppo «che non si riferisce a identità di stile e di gusto, quanto piuttosto ad un clima di rinnovata attenzione verso il melodramma, suscitato da Cavalleria» (S ALVETTI , p. 417).

Per fronteggiare difficoltà e contraddizioni che inevitabilmente si sono create in cinquant’anni di indagine sul tema, Fabrizio Dorsi e Giuseppe Rausa

45

, convinti che l’opera verista preferisca «figure semplici i cui drammi intimi vengono ambientati in una cornice realisticamente delineata e fondamentale nel definire la “tinta” della partitura» (D ORSI – R AUSA , p. 503), procedono per sotto- categorie e suddividono il verismo musicale in settori: contenuto, rappresentazione, stile musicale. Si parla di “verismo originario” incentrato sui temi di amore, gelosia e vendetta, e quindi consono alla concezione letteraria del termine; e di “verismo storico” che riprende soggetti storici per trasporli sulla scena in modo verosimile e convincente (in questo modo Manon Lescaut [1893]

rientrerebbe nella classificazione non per i temi affrontati, bensì per il modo in cui viene presentato il personaggio femminile, una donna nuova rispetto alle precedenti eroine melodrammatiche sempre pronte al sacrificio)

46

. Ci sono poi opere che presentano uno “stile musicale verista”, del quale è considerato anticipatore Amilcare Ponchielli, per la sua scrittura più aderente al testo, e la cantabilità delle parti ariose, che avvicinano l’espressione musicale al parlare

44

S

ALVETTI

, G., Tra Ottocento e Novecento, cit.

45

D

ORSI

, F. – R

AUSA

, G., Storia dell’opera italiana, cit.: capitolo Il verismo e la Giovane Scuola (1890-1924).

46

Carl Dahlhaus (in riferimento a Musorgskij e Meyerbeer), individuando la differenza fra

tragedia di argomento storico e dramma storico, rivela come quest’ultimo sia strettamente

connesso alla realtà, al punto da essere necessaria la conoscenza del fatto (realmente accaduto)

di riferimento per la comprensione stessa dell’opera: «Il dramma storico narrativo – che, a

differenza della tragedia, non ha bisogno di produrre dal proprio seno né un principio né una fine

– interrompendosi, piuttosto che raggiungere una meta, rimanda a una realtà storica che sta al di

fuori del dramma e che lo spettatore deve tener presente come contesto» (D

AHLHAUS

, C., La

musica dell’Ottocento, cit., p. 314).

(17)

discorsivo. Il nuovo stile consisté anche nel tentativo di raggiungere un amalgama perfetto tra azione scenica e contributo sonoro (amalgama che riuscirà pienamente nella Cavalleria rusticana di Mascagni). Ovviamente questo tipo di procedimento comporta che il gruppo verista si trovi a raccogliere opere spesso molto diverse, accomunate tra loro da ben pochi elementi o addirittura da un unico fattore.

Ci sono infine studiosi e teorici che, concluse le loro analisi, hanno dichiarato e sostenuto l’impossibilità del verismo in musica

47

: tra questi primo fra tutti Carl Dahlhaus

48

il quale, dopo aver tracciato le componenti e le caratteristiche necessarie per poter parlare di verismo, è giunto alla conclusione che quest’ultimo non possa sussistere in campo musicale, perché nessuna opera è mai riuscita (né riuscirà mai) a comprendere in sé tutti gli aspetti e i requisiti richiesti dalla corrente. Nemmeno Cavalleria rusticana può essere considerata verista: la trasposizione melodrammatica dell’opera, secondo Dahlhaus, si è infatti allontanata dal “fatto nudo e schietto” originario, nonché dagli intenti sociali presenti nella novella verghiana e in parte mantenuti anche nella versione drammatica; quanto all’aspetto musicale, la nuova “aria d’urlo” viene addirittura definita una “esagerazione pacchiana” e la musica di scena non è per niente sfruttata con intenti realistici. Se si considerano valide le idee di Dahlhaus, sarebbe più corretto usare l’espressione “opera veristica”: è infatti inammissibile

47

Estrema (è l’ipotesi di Principe, convinto che non si possa parlare di verismo inteso come riproduzione della realtà: «Il mondo è in sé un’empietà, la sua esistenza è orrore puro, e un essere d’intelligenza non interamente ottusa non può che odiarlo. L’arte dà la felicità, ed è l’unica energia che ottenga questo effetto; la felicità che essa offre è la conseguenza diretta della verità che essa sola rivela. Perciò, l’arte è l’anti-mondo. Se tutto ciò, e ne siamo convinti usque ad sanguinem, nega che il “verismo” in letteratura abbia qualcosa a che fare con il mondo cosiddetto reale, la negazione investe in maggior misura il teatro musicale cui la mistificazione è stata applicata, ossia la cosiddetta opera “veristica”: quando l’energia di più arti insieme (poesia, teatro, musica) converge nel produrre significati, l’antitesi nei confronti della cosiddetta “realtà”

è ancora più drastica. […] Nell’opera italiana battezzata “veristica” il “verismo” è un’esistenza fantasmatica come lo è in letteratura. Il connotato di cui ci si è valsi come di un appiglio teorico, ossia la situazione umile e quotidiana vale poco o nulla nel dare all’arte i caratteri della cosiddetta realtà» (P

RINCIPE

, Q

UIRINO

, Storia di una revisione in corso. Modelli wagneriani nell’opera italiana tra Verdi e Puccini, in S

TREICHER

, J. (a cura di), Ultimi splendori, cit., p. 29).

48

D

AHLHAUS

, C

ARL

, Il realismo musicale, Bologna, il Mulino, 1987.

(18)

nel melodramma raggiungere una totale aderenza con la definizione letteraria del termine, «anzi, le differenze sono così marcate […] che si resta incerti se abbia senso o in qual misura si possa parlare di verismo nell’opera (o prendere sul serio la terminologia invece di impiegarla semplicemente come orientamento provvisorio)»

49

.

Sulla base di una simile opinione, emerge come dato di fatto l’impossibilità di parlare di “verismo in musica”, se si considerano in senso stretto le definizioni valide in campo narrativo, ambito in cui nasce la corrente:

I dizionari e i trattati definiscono il verismo una tendenza dell’opera specialmente italiana e italiana di origine, ma soprattutto una tendenza naturalistica dell’opera. Come modello a cui l’opera si sarebbe ispirata viene concordemente indicato il verismo letterario, inteso come corrente della letteratura italiana corrispondente al naturalismo di Zola e di Ibsen. Se ciò fosse vero, nei libretti delle opere veriste si dovrebbero ritrovare i princìpî del verismo letterario. Invece, già a un primo sguardo, si nota che i libretti si basano di rado o non si basano affatto su testi del verismo letterario (V

OSS

, p. 47)

50

.

Partendo comunque da esse, pur consapevole di non poter risolvere in modo definitivo il dibattito sul tema, la mia analisi si rivolgerà ad un gruppo di opere, che secondo il mio parere possono essere inscrivibili nel genere verista

51

; peraltro specifico che si tratta di una determinazione di convenzione, costruita esclusivamente per il genere melodrammatico, in cui – per dirla con Julian

49

D

AHLHAUS

, C., La musica dell’Ottocento, cit., p. 373.

50

È importante specificare che lo studioso giunge a tale conclusione partendo dal presupposto che nella corrente rientrino opere come Andrea Chénier, La Bohème (1896, musica di Giacomo Puccini, libretto di Giuseppe Giacosa - Luigi Illica), Francesca da Rimini (1914, musica di Riccardo Zandonai, libretto di Gabriele D’Annunzio), Turandot (1926, musica di Giacomo Puccini, libretto di Giuseppe Adami - Renato Simoni); e lavori stranieri quali La navarraise (1894, musica di Jules Massenet, libretto di Jules Claretie - Henri Cain) o Tiefland (1903, musica di Eugen d’Albert, libretto di Rudolph Lothar).

51

Oltre ai saggi citati in tutto il paragrafo, per ulteriori approfondimenti sulla questione terminologica, cfr. anche B

ERNARDINI

, M

ARIO

, Per una lettura del teatro d’opera “verista”, in A

A

. V

V

., Saggi e documenti di storia del teatro, Pisa, Tannini, 1979; C

APRA

, M., “Nel demi-monde della cultura”, cit.; D

ELLA

S

ETA

, F., Italia e Francia nell’Ottocento, cit.; F

ERRONE

, S. (a cura di), Teatro dell’Italia unita, cit.: la tavola rotonda Parole e musica; M

ARIANI

, R., Verismo in musica, cit.: saggio tratto dagli Atti del Convegno sul Verismo musicale: Castell’Arquato, 8 novembre 1969;

P

UTIGNANO

, L

ETIZIA

, Didascalie di teatro d’opera. Note sul melodramma italiano di fine secolo, in I

ZZO

, F. – S

TREICHER

, J. (a cura di), Ottocento e oltre, cit.; V

LAD

, R

OMAN

, Novità del linguaggio in

“Cavalleria rusticana”, in A

A

. V

V

., Studi su Pietro Mascagni, cit.

(19)

Budden – «il realismo è ripetutamente sacrificato per il pittorico»

52

. Perciò mi occuperò di libretti rappresentati tra il 1890, da tutti riconosciuto come data di inizio del verismo in musica (con la Cavalleria rusticana di Mascagni), e il 1932, anno che chiude il genere e dà il via alle nuove sperimentazioni musicali, tant’è che proprio in questo anno, Ildebrando Pizzetti, Ottorino Respighi e Riccardo Zandonai firmano un Manifesto di musicisti italiani per la tradizione dell’arte romantica dell’800

53

; l’ambientazione è quella meridionale, nelle regioni di Sicilia, Campania e Calabria

54

, dal momento che proprio gli autori e i letterati del Sud si sono maggiormente impegnati nella fioritura e definizione del verismo italiano, e «la diffusione editoriale di novelle d’ispirazione meridionale (il catalogo Treves del 1883, oltre alle Novelle siciliane di Verga, elenca anche raccolte di Novelle abruzzesi e di Novelle napoletane) ebbe un corrispettivo quasi endemico nella fitta produzione a carattere regionale che si riscontra negli inventari operistici degli anni novanta dell’Ottocento e dei primi anni del Novecento»

55

; infine le vicende avvengono in epoca contemporanea rispetto al periodo di composizione, e affrontano problematiche del tempo, sebbene la finalità sociale venga meno e i temi si pongano più come connotazioni di

52

B

UDDEN

, J

ULIAN

, Puccini, traduzione italiana di Gabriella Biagi Ravenni, Roma, Carocci, 2005, p. 110.

53

Nel 1932 lo scontro fra tradizionalisti e sperimentatori raggiunge l’apice: i primi pubblicano sia su «La Stampa» sia sul «Corriere della Sera» (entrambi del 17 dicembre) un vero e proprio Manifesto che da una parte si scaglia contro i cosiddetti “modernisti” (in primis Alfredo Casella e Gian Francesco Malipiero), mentre dall’altra sostiene la tradizione ottocentesca; i riformisti si riconoscono invece nelle affermazioni di Guido Maggiorino Gatti che, nel suo testo Aspetti della situazione musicale in Italia (apparso nella «Rassegna Musicale», n. 1, 1932), definisce gli anni del filone verista/naturalista come «anni di malcostume artistico, in cui fu necessaria un’opera duplice di ripulitura e di rifacimento, di demolizione e di costruzione; e su quest’opera pesò tutta l’inerzia ostile della massa, diffidente e incolta» (G

UIDO

M

AGGIORINO

G

ATTI

, cit. in S

ALVETTI

, G., L’opera nella prima metà del secolo, cit., p. 447).

54

Dalle regioni meridionali sono stati ripresi soggetti e connotazioni folkloriche, anche secondo l’aspetto musicale: canzoni, stornelli, tarantelle, presenti in questi lavori melodrammatici hanno alle spalle una cospicua tradizione popolar-musicale, che ha comportato un cambiamento concreto nel modo stesso di comporre l’opera.

Per vari motivi (tra cui la vasta quantità di opere prese in esame) è stata esclusa dalla ricerca la Sardegna, sebbene siano stati composti non pochi libretti ambientati in terra sarda e riguardanti le sue problematiche socio-culturali.

55

B

ERNARDONI

, V

IRGILIO

, Il modello Cavalleria: Mascagni e l’opera verista, in A

A

. V

V

., Cavalleria

rusticana, in «Quaderni della Fondazione Donizetti», cit., pp. 25-38: p. 26.

(20)

costume che come denunce e contestazioni da presentare al Paese: la questione meridionale, le difficoltà sorte all’indomani dell’Unità d’Italia, il delitto d’onore, le prime forme di mafia, camorra e brigantaggio.

2.2. V ERISMO M USICALE IERI : « UN ACCUSA INGIUSTA »…

Il “verismo musicale” è stato un argomento molto dibattuto già a partire dal XIX secolo. L’adozione del termine “verismo” in campo melodrammatico ha destato infatti non pochi problemi ed equivoci, al punto che teorici e critici ottocenteschi non sono arrivati ad una risoluzione univoca della questione né ad una definizione precisa (cosa che – come abbiamo appena visto – nemmeno la critica novecentesca è stata in grado di fare).

Luigi Capuana è stato tra i primi a sostenere la corrente naturalista (francese), in quanto convinto assertore che la perfezione dell’opera d’arte dipendesse dalla scomparsa dell’autore dall’azione:

Un’opera d’arte, novella o romanzo, è perfetta quando l’affinità e la coesione d’ogni sua parte diviene così completa che il processo della creazione rimane un mistero;

quando la sincerità della sua realtà è così evidente, il suo modo e la sua ragion d’essere così necessarie, che la mano dell’artista rimane assolutamente invisibile e l’opera d’arte prende l’aria d’un avvenimento reale, quasi fosse fatta da sé e avesse maturato e fosse venuta fuori spontanea, senza portare traccia nelle sue forme viventi né della mente ove germogliò, né dell’occhio che la intravide, né delle labbra che ne mormorarono le prime parole

56

.

56

C

APUANA

, L., Studii sulla letteratura contemporanea, cit., p. 72. Roberto Bigazzi afferma che

«l’opera d’arte che si fa da sé e l’eclissarsi dell’autore sono concetti tipicamente teatrali, da cui

per ora lo scrittore trae il risultato elementare; registra un “fatto”, senza esplorare tutte le

conseguenze derivanti alla narrazione dalla scomparsa della mano creatrice, perché gli interessa

stabilire se anche così si può raggiungere la pienezza dell’analisi tradizionale nel render conto del

cuore» (B

IGAZZI

, R

OBERTO

, I colori del vero. Vent’anni di narrativa: 1860-1880, Pisa, Nistri-Lischi,

1969, p. 412).

(21)

La tecnica naturalista, basata su una presentazione oggettiva e realistica della vicenda, ha inoltre costituito uno strumento adatto ad esprimere gli intenti politico-sociali degli autori di fine Ottocento, per i quali il «campo di osservazione diventa la società del tempo di cui scoprono tutte le piaghe, i dolori e le vergogne. […] Nei giovani veristi i nervi incominciano a prevalere sulla serenità del pensiero. […] Lavorano su una tela più ristretta in cui i colori sono più foschi e più accentuati ed in cui il nero predomina sul bianco. Si è detto che letteratura verista è letteratura borghese. In realtà, specialmente nel teatro, Marco Praga, Camillo Antona-Traversi, Giuseppe Giacosa e Roberto Bracco reagiscono violentemente contro le condizioni imposte dalla nuova società che si forma in Italia in seguito alla revoluzione industriale e che fu, perciò, borghese.

[…] Le figure losche che vi si agitano sono gli antagonisti dell'autore, che impernia il suo dramma sulla vicenda delle vittime della società»

57

. Per questo sono divenuti prioritari i soggetti della quotidianità, ritratta nel modo più oggettivo possibile:

Quando l’uomo raccoglie in sé le immagini degli oggetti, o delle cose che lo circondano, e le riproduce tali e quali sono effettivamente, senza renderle né più belle, né più brutte di quello che sono di loro natura, in tal caso la di lui opera d’arte appartiene al verismo, al realismo, o al naturalismo come dicono altri (G

ALLI

, 1887, p. 98)

58

.

57

V

ITTORINI

, D

OMENICO

, Il verismo italiano, in «Italica», vol. 22, n. 4, dicembre 1945, pp. 161- 165: pp. 163-164. Il corsivo è mio.

58

Per quanto riguarda le citazioni dai quotidiani dell’epoca, faccio riferimento ai seguenti contributi critici (che riporto in ordine cronologico): G

ALLI

, A

MINTORE

, Del melodramma attraverso la storia e dell’opera verista di Bizet, in «Il Teatro Illustrato», anno IV, n. 39, marzo 1884, pp. 34- 36; G

ALLI

, A

MINTORE

, Fonti dell’arte. Del vero e del verosimil;, il reale e l’ideale. Il bello per il bene e l’arte per la civiltà, in «Il Teatro Illustrato», anno VII, n. 79, luglio 1887, p. 98; G

ALLI

, A

MINTORE

, Cavalleria rusticana. Melodramma in un atto di G. Targioni-Tozzetti e G. Menasci. Musica di Pietro Mascagni, in «Il Teatro Illustrato», anno XI, n. 121, gennaio 1891, pp. 7-9; F

ODALE

, P

AOLO

, Sulla ricerca del vero e del nuovo nelle Arti. E specialmente nel melodramma, in «Il Teatro Illustrato», anno XI, n. 129, settembre 1891, pp. 139-140; F

EDELI

, V

ITO

, Verismo?..., in «Gazzetta Musicale di Milano», anno XLVII, n. 10, 6 marzo 1892, pp. 150-151; V

ILLANIS

, L

UIGI

A

LBERTO

, Estetica del libretto musicale, I, in «Gazzetta Musicale di Milano», anno XVLII, n. 44, 30 ottobre 1892, pp.

699-702; V

ILLANIS

, L

UIGI

A

LBERTO

, Estetica del libretto musicale, II, in «Gazzetta Musicale di Milano», anno XVLII, n. 46, 13 novembre 1892, pp. 731-734; A

RNER

, C

ARLO

, La morte dell’opera in musica, in

«Gazzetta Musicale di Milano», anno L, nn. 49-50, 12 dicembre 1895, pp. 828-829; M

OLMENTI

, P

OMPEO

, Profanum vulgus, in «Gazzetta Musicale di Milano», anno LI, n. 42, 15 ottobre 1896, pp.

697-698; M

ARESCOTTI

, E

RCOLE

A

RTURO

, La canzone popolare nel teatro, in «Gazzetta Musicale di

Milano», anno LI, n. 43, 22 ottobre 1896, pp. 713-715; V

ILLANIS

, L

UIGI

A

LBERTO

, L’ora che passa e il

verismo sulla scena lirica, in «La cronaca musicale», anno IX, n. 8, agosto 1905, pp. 5-14.

(22)

Se però la realtà si incontra con il melodramma la situazione si complica, essendo la musica l’arte meno adatta ad essere definita “realista”.

La Cavalleria rusticana di Mascagni è ed è stata riconosciuta da sempre l’opera d’inizio del verismo musicale, sebbene si sia parlato di verismo solo per il soggetto e la fonte letteraria verghiani:

Il trionfo di Mascagni è il trionfo della musa popolare nazionale, la glorificazione del sentimento tradotto in immagini e colori sonori, le cui tradizioni muovono da Pergolesi e giungono a Bellini: i due grandi poeti della passione. Come questi sommi, il giovane Mascagni celebra la immortalità dell’arte patria, schietta e sincera, fluente dall’anima commossa e che alza l’occhio al sole della vita colle spalle volte alle ombre iperboree.

L’opera verista così inizia in Italia il suo regno (G

ALLI

, 1891, p. 9).

Di verismo

59

in ambito musicale si era accennato ancora prima del trionfo mascagnano: se ne parla ad esempio riferendosi ad azioni sceniche rappresentate in modo verosimile, oppure a soggetti tratti da realtà umili e degradate, cruente e passionali. Amintore Galli, musicologo, giornalista e compositore emiliano, così si esprime in merito all’Otello di Verdi:

Cassio vorrebbe ripetere la sua prima frase, ma egli l'ha dimenticata: qui Verdi è verista (recensione di Amintore Galli all’Otello di Verdi).

«Verdi è verista» perché la sua opera è priva di manipolazioni, verista perché anche i personaggi possono dimenticare. E ancora Galli esalta la capacità di Bizet di riunire nella Carmen realismo ed idealismo:

Bizet trae l’elemento realistico, il colorito caldo e smagliante della sua orchestrazione dallo splendore del cielo iberico e dall’animo indomito dei compatrioti di Riego, e determina il luogo dell’azione in cui svolgesi il suo dramma coi tipi ritmici spagnuoli noti all’universale […]. Con codesti elementi di colorito locale genuino, autentico, Bizet trasporta l’uditore sotto il cielo d’Andalusia […]. La vita del dramma ferve e svolgesi nella Carmen nei momenti idilliaci ed appassionati […].

In tutte codeste scene Bizet non si vale del color locale, se non come di un accessorio, non fa del nudo realismo, ma s’attiene al vero psicologico che è di tutti i luoghi, di tutti i popoli e di tutti i tempi; alle particolarità materiali sostituisce fatti morali

59

Il termine “verismo”/“veristico” era perlopiù usato come sinonimo di realismo/realistico e

naturalismo/naturalistico.

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