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Da ormai tanti anni il cervello è oggetto di studi volti a comprendere il suo complesso funzionamento; una delle tecniche molto utili per monitorare l’attività elettrica cerebrale e diagnosticare eventuali patologie è l’elettroencefalogramma (EEG).

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L’elettroencefalografia- 23 -

L’ELETTROENCEFALOGRAFIA

Dopo aver fatto una breve premessa sulla struttura e sul funzionamento del sistema nervoso, focalizziamo la nostra attenzione sul cervello e l’elettroencefalogramma.

Da ormai tanti anni il cervello è oggetto di studi volti a comprendere il suo complesso funzionamento; una delle tecniche molto utili per monitorare l’attività elettrica cerebrale e diagnosticare eventuali patologie è l’elettroencefalogramma (EEG).

I primi dati sperimentali di elettrofisiologia risalgono al XVIII secolo con Luigi Galvani e Alessandro Volta, che posero le basi per la comprensione delle proprietà elettriche di alcuni tessuti, come tessuto nervoso e tessuto muscolare. Nel corso degli anni tali studi furono portati avanti da altri ricercatori, ma fu nel XIX secolo, con Richard Caton, che si riuscì per la prima volta a registrare l’attività elettrica del cervello di alcuni animali.

Per passare dagli animali all’uomo dovettero trascorrere ulteriori anni e precisamente fu nel 1924 che Hans Berger registrò l’attività elettrica del cervello di un ragazzo durante un intervento chirurgico, utilizzando degli aghi di acciaio bagnati di zinco, inseriti nel tessuto sottocutaneo. Questi elettrodi si rilevarono ben presto inadeguati, sia per la loro invasività, sia per l’alta resistenza fra elettrodo e cute.

Figura 2.1: Dispositivo di registrazione EEG di H. Berger

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L’elettroencefalografia- 24 - Grazie alle pubblicazioni di Berger fu però possibile migliorare la tecnica e registrare contemporaneamente segnali provenienti da aree celebrali diverse.

È verso la metà degli anni trenta che iniziarono a comparire sul mercato le prime apparecchiature di EEG, che subirono nel corso degli anni una notevole evoluzione, partendo da quelle a valvole termoioniche, fino a quelle a transistor e a circuiti integrati digitali, che non solo consentono di registrare l’attività cerebrale, ma anche di memorizzare dati, modificarli ed effettuare un mappaggio fotografico.

L'EEG registra l’attività cerebrale che ha sede sulla superficie dell’encefalo ed è generata prevalentemente dalla materia grigia della corteccia; sostanzialmente tale segnale è prodotto dal flusso di corrente extracellulare generata dalla somma delle attività di un elevato numero di neuroni, in particolare dei neuroni corticali piramidali, disposti in corrispondenza dell'area corticale sottostante l'elettrodo.

Tramite l’elettroencefalogramma si misura quindi la differenza di potenziale elettrico tra un elettrodo attivo, posto al di sopra della sede dove si svolge l'attività neurale, e un elettrodo indifferente, che funziona da elettrodo di riferimento ed è collocato ad una certa distanza dal primo.

Il contributo elettrico di ciascun neurone corticale è straordinariamente piccolo ed il segnale deve attraversare diversi strati di tessuto non neurale, incluse le meningi, le ossa del cranio e la pelle, prima di raggiungere gli elettrodi; di conseguenza, sono necessari migliaia di neuroni attivati contemporaneamente e sincronizzati per generare un segnale EEG abbastanza grande da poter essere rilevato. Tuttavia, se ciascuna cellula ricevesse la stessa quantità di eccitazione, ma in tempi diversi, i segnali sommati risulterebbero esigui ed irregolari. Se tutte le cellule ricevono, invece, la stessa eccitazione e contemporaneamente, i singoli segnali possono sommarsi, dando origine ad un campo elettrico più intenso. In questo caso il numero di cellule attivate e la quantità totale di attivazione possono rimanere invariate, ciò che cambia è solo la sincronizzazione dell'attività.

L’elettroencefalogramma non è l’unica tecnica utilizzata per registrare i segnali

bioelettrici generati dai neuroni della corteccia cerebrale: molto utilizzata è, ad esempio, la

magnetoencefalografia (MEG), con la differenza che mentre l’EEG misura variazioni del

campo elettrico prodotto dalle cellule nervose, la MEG misura variazioni del campo

magnetico indotto dal variare del campo elettrico.

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L’elettroencefalografia- 25 - È infine importante sottolineare, a livello di corteccia cerebrale, la differenza che esiste fra cellule piramidali e cellule non piramidali. Le prime hanno grandi corpi cellulari, lunghi dendriti dotati di spine e hanno prevalentemente funzione eccitatoria: il campo elettrico da loro generato è di tipo ‘aperto’, in cui la corrente extracellulare si propaga oltre il tessuto attivo. Le non piramidali sono cellule più piccole, di forma stellata, con assoni più corti che comunicano con altri neuroni locali: esse generano perciò dei campi elettrici ‘chiusi ’, che non possono essere rilevanti durante la registrazione.

L’elettroencefalografo

L’apparecchiatura utilizzata per effettuare un EEG è l’elettroencefalografo, che pur basandosi sul medesimo principio, è diverso a seconda se si tratta di un dispositivo tradizionale o digitale.

L’interfaccia tra il cervello, sorgente del segnale, e le apparecchiature per la registrazione, è rappresentata, in tutti i casi, da elettrodi in oro o argento in grado di rilevare le variazioni del potenziale elettrico. La scelta degli elettrodi deve essere fatta in modo da garantire una misurazione adeguata, affidabile e allo stesso tempo un certo grado di confort per il paziente. Per rispettare quanto detto, un elettrodo ideale dovrebbe essere realizzato in modo da assicurare un contatto stabile e prolungato con la cute, aderire ad una superficie piccola per evitare dispersioni del segnale, essere non polarizzabile, cioè avere una resistenza intrinseca minima, in modo da far passare più corrente.

Gli elettrodi utilizzati per misure di EEG possono essere di tre tipologie:

• elettrodi fissati sullo scalpo: sono in genere di argento clorurato con una forma a coppa, di diametro che varia da 0.1 a 1 cm; essi vengono fissati direttamente sulla cute mediante un materiale adesivo e conducente o con della garza imbevuta di collodio. Questi elettrodi sono economici, affidabili, resistenti, però richiedono lunghi tempi di preparazione.

• elettrodi fissati mediante una cuffia: anche questi sono generalmente di argento

clorurato, ma hanno una forma diversa, una placchetta di diametro che varia da 0.1

a 1 cm collegata ad un’asta montata su un piede isolante di materiale plastico. Il

filo conduttore è collegato all’elettrodo mediante un morsetto a coccodrillo e per

assicurare buona aderenza, la placca è rivestita di ovatta imbevuta di soluzione

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L’elettroencefalografia- 26 - salina. Gli elettrodi vengono mantenuti fissi sullo scalpo mediante una cuffia formata da tubicini di materiale flessibile, adattabili alla dimensione della testa del paziente. In questo modo i tempi di montaggio sono notevolmente ridotti, ma i contatti elettrici sono precari e non c’è molta stabilità.

Figura 2.2: Cuffia elasticizzata con elettrodi premontati

• elettrodi ad ago ipodermici: sono costituiti da aghi di acciaio o platino non clorurati, con una lunghezza che va da 1 a 2 cm e un diametro di circa 1 mm. Essi vengono inseriti direttamente sotto la cute del paziente con un’angolazione obliqua di circa 30°; sebbene siano facili da utilizzare e abbastanza rapidi da inserire, sono più invasivi degli altri e possono portare ad infezioni. Per questo motivo vengono normalmente utilizzati in caso di interventi chirurgici o per pazienti in coma.

Il numero degli elettrodi utilizzati per un esame EEG varia da 19 a 21, ma la posizione in cui devono essere messi è determinata dal sistema 10-20: gli elettrodi vengono infatti posti in vari punti dello scalpo ad una distanza del 10% e 20% della lunghezza di linee ideali che partono da punti predefiniti del cranio.

In base all’area cerebrale sottostante, gli elettrodi vengono indicati con sigle diverse : F

se sono posizionati sull’area frontale, P su quella parietale, C sulla centrale, T temporale e O

sull’area occipitale; in base alla mediana vengono distinti con numeri pari se si trovano a

destra e dispari se si trovano a sinistra; con Z, invece, si identificano elettrodi in posizione

mediana. In questo modo ad ogni elettrodo corrisponde una regione ben precisa del nostro

cervello: area visiva, olfattiva, uditiva, motoria, somatosensoriale o gustativa.

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L’elettroencefalografia- 27 -

b c

Figura 2.3: Posizionamento di 19 elettrodi secondo lo standard 10-20

Per quanto riguarda la topografia, cioè la localizzazione delle aree celebrali in cui un evento ha luogo, essa viene definita in base alla suddivisione anatomica degli emisferi celebrali destro e sinistro (lobo frontale, parietale, occipitale e temporale): a seconda di come i segnali si presentano si parla di simmetria o di asimmetria, se sono insorti o meno su entrambi i lati e con le stesse caratteristiche, di sincronismo o asincronismo, se gli eventi elettroencefalografici si verificano contemporaneamente su regioni diverse.

Elettroencefalografia tradizionale e digitale

Nell’elettroencefalografo tradizionale ci sono due componenti importanti:

• dispositivi di amplificazione del segnale

• dispositivi di riproduzione del segnale

I dispositivi di amplificazione comprendono sia i preamplificatori che gli amplificatori.

In particolare, i preamplificatori consentono un’amplificazione preventiva del segnale bioelettrico, adattando l’impedenza di ingresso degli amplificatori a quella degli elettrodi;

questi dispositivi si trovano in una scatola di interfaccia, detta testina, che raccoglie da un lato

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L’elettroencefalografia- 28 - i cavi degli elettrodi applicati allo scalpo, mentre dall’altro invia il segnale preamplificato agli amplificatori veri e propri posizionati nell’elettroencefalografo.

Le modalità di collegamento degli elettrodi ai preamplificatori sono tre:

• bipolari: ogni montaggio è costituito da derivazioni sequenziali lungo linee longitudinali (antero-posteriori) e/o trasversali, e su ogni canale si registra la differenza di potenziale esistente tra due elettrodi entrambi attivi;

• unipolari: in questo caso i vari elettrodi sono riferiti ad un montaggio comune;

• a referenza media: dove i potenziali dei vari elettrodi sono misurati rispetto ad un valore medio ottenuto sommando tra di loro tutti i potenziali registrati. Tale potenziale medio é tanto più vicino al valore zero quanto maggiore é il numero degli elettrodi. La referenza media è utilizzabile anche in presenza di anomalie di ampiezza moderata e che interessano un numero ridotto di elettrodi;

Mediante un selettore di derivazione il segnale viene poi indirizzato su canali opportunamente predisposti, per poter essere memorizzato nell’apparecchio.

Gli amplificatori servono principalmente ad eliminare il contributo delle sorgenti di rumore, aumentando la differenza fra il segnale utile e la componente di disturbo, mantenendo inalterate in uscita le caratteristiche frequenziali. Essi sono generalmente dotati anche di specifici sistemi di regolazione (filtri), con lo scopo di limitare lo spettro delle frequenze in esame.

Il sistema di riproduzione dell’elettroencefalografo tradizionale è infine rappresentato direttamente dalla carta sulla quale viene stampato il tracciato EEG.

L’ elettroencefalografo digitale invece è costituito dalle seguenti parti:

• un sistema di filtraggio;

• un sistema di amplificazione;

• una sezione di campionamento e conversione analogico digitale;

• una sezione d’interfaccia per permettere al computer di gestire gli amplificatori;

• una sezione di visualizzazione a schermo dei tracciati

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L’elettroencefalografia- 29 - Figura 2.4: Rappresentazione schematica di un elettroencefalografo digitale

Con questi dispositivi è possibile selezionare, dato lo spettro di frequenza del segnale d’ingresso, una o più bande di interesse.

Vediamo ora i tipi di filtro che consentono tali operazioni:

• filtro passa basso ideale

Figura 2.4: Schema di un filtro passa-basso

Lo spettro del segnale in uscita dal filtro S

u

(f), ha la stessa composizione spettrale di s(t) fino alla frequenza di taglio f

l

e valore nullo altrove.

con S

i

(f) spettro di ingresso e F(f) funzione di trasferimento del filtro.

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L’elettroencefalografia- 30 -

• filtro passa alto ideale:

è analogo al precedente ma taglia le basse frequenze

Figura 2.5: Schema di un filtro passa-alto

• filtro passa banda ideale:

restituisce in uscita un segnale con uno spettro identico a S

i

(f) tra f

1

e f

2

e 0 altrove.

Figura 2.6: Schema di un filtro passa-banda

I comportamenti dei filtri descritti sono ideali, ma per ciascuno di essi vi è il corrispondente filtro reale, che non presenta però delle transizione brusche dalla zona passante a quella non passante, ma si riduce gradatamente a zero con una certa pendenza detta roll-off.

Nella tabella seguente vengono riportate le bande passanti di alcuni potenziali

elettrofisiologici prelevati sullo scalpo.

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L’elettroencefalografia- 31 - Tabella 2.1: Bande passanti dei segnali elettrofisiologici

Il sistema di amplificazione comprende, come nel caso dell’elettroencefalografo tradizionale, preamplificatori e amplificatori.

Il principio di funzionamento degli amplificatori può essere schematizzato nel modo seguente:

Figura 2.7: Schema di funzionamento di un amplificatore

dove A è l’amplificazione imposta dall’apparecchio (guadagno), S

i

(t) il segnale di ingresso prelevato da un elettrodo, S

r

(t) la variazione di potenziale rispetto al riferimento, S

u

(t) il potenziale di uscita dell’amplificatore, n(t) il rumore che va a sovrapporsi.

In condizioni ideali il segnale in uscita S

u

(t) è completamente insensibile al rumore n(t).

Ad ogni elettrodo corrisponde quindi un amplificatore, rigidamente connesso all’elettrodo stesso e ad un riferimento comune.

L’elettrodo di riferimento può essere collegato ad un punto qualsiasi del paziente;

tuttavia, quanto più è lontano dagli altri elettrodi dell’EEG, tanto maggiore sarà l’ampiezza

dei potenziali non cefalici.

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L’elettroencefalografia- 32 - La presenza di segnali di grande ampiezza può portare ad avere problemi di saturazione o non linearità degli amplificatori; pertanto è conveniente sistemare l’elettrodo di riferimento il più vicino possibile agli altri elettrodi, assicurandosi che abbia una bassa resistenza di contatto.

Infine i convertitori analogici-digitali normalmente impiegati nelle registrazioni EEG sono a 12 bit, in modo da avere 2

12

livelli codificati.

Il convertitore A/D funziona in un certo intervallo di valori di ampiezza compreso generalmente tra –5 e 5 Volt. In alcuni casi possono presentarsi variazioni del livello in continua del segnale EEG a valori maggiori di quelli codificabili dal convertitore stesso: in questo caso il convertitore satura e si possono perdere delle informazioni.

Le registrazioni vengono normalmente effettuate con convertitori A/D con un numero di ingressi simultanei pari a 8 o 16. Le schede di conversione dispongono di n ingressi ma hanno un solo dispositivo di conversione numerica: per regolare gli accessi si usa quindi un semaforo interno.

Figura 2.8: Schema di accesso al convertitore

Una volta effettuata la conversione, il valore numerico è indirizzato ad un

demultiplexer. Il ritardo con cui viene trattato il ch 16 rispetto al ch 1 è pari a 16 ∆t (tempo di

trattamento per la conversione numerica dell’A/D). Se questo tempo è abbastanza lungo può

accadere che il ritardo superi l’intervallo temporale tra il prelievo di un campione e il

successivo, causando così il disallineamento dei campioni (shift di campionamento): per

evitare ciò si utilizza di solito un dispositivo sample & hold, posto all’ingresso dell’A/D.

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L’elettroencefalografia- 33 - Analisi di un tracciato EEG

L’elettroencefalogramma è un esame molto importante in ambito neurologico sia per individuare malattie infiammatorie, tumori o ischemie, sia per diagnosticare epilessie che causano un’alterazione dell’attività elettrica del cervello. Un tracciato epilettico, ad esempio, si discosta molto da un normale tracciato, come è mostrato dai segnali sottostanti.

a

b

Figura 2.9: (a) Tracciato fisiologico,(b)Tracciato patologico

Le onde EEG che vengono registrate sono caratterizzate essenzialmente da due fattori:

l’ampiezza, espressa in microVolts, e la frequenza, espressa in cicli/secondo (Hz); l’ampiezza può normalmente variare tra 10 e 500 µV e viene distinta in bassa (<30 µV), media ( 30-70 µV) e alta (>70 µV), mentre la frequenza varia tra 1 e 40-50 Hz.

A seconda della frequenza la morfologia del segnale può variare: essere polimorfa, se si hanno segnali appartenenti alla stessa banda di frequenza ma con periodismo non regolare e ampiezza diversa fra una componente e l’altra, o monomorfa, se i segnali che si succedono non solo hanno stessa frequenza ma hanno spesso anche la stessa ampiezza.

Combinando insieme frequenza ed ampiezza è possibile determinare quattro tipi di

onde, sulle quali è focalizzata prevalentemente l’attenzione dei medici (trascurando delle

piccole onde di breve durata che non sono fondamentali nelle diagnosi): onde alfa

caratterizzate da una frequenza compresa tra 8 e 13 Hz e un’ampiezza di 10-25 µV; onde beta

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L’elettroencefalografia- 34 - con una frequenza maggiore di 13 Hz, ma minore di 30 e un’ampiezza di 5-10 µV; onde theta con frequenza fra 4 e 7 Hz ed ampiezza 25-100 µV; onde delta con frequenza minore di 4 H

Z

ed ampiezza 50-250 µV; onde gamma con frequenza maggiore di 30 Hz.

Tipo di ritmo

Frequenza Hz

Ampiezza

(µV) Stati mentali, livelli di coscienza

delta <4 50-250 Sonno profondo o se in veglia condizioni patologiche

theta 4-7 25-100 Sonno profondo

alfa 8-13 10-25 Rilassamento mentale, occhi

chiusi

beta 14-30 1-20 Attenzione, concentrazione, aree

corticali attivate

gamma >30 1-20 Attenzione, concentrazione, aree

corticali attivate

Tabella 2.2: Ritmi di fondo di un EEG

La morfologia di un tracciato EEG è evidentemente dipendente dallo stato psicologico generale del soggetto. Già dall’ispezione visiva è possibile stabilire se i potenziali siano stati raccolti mentre il soggetto teneva gli occhi aperti oppure chiusi e di conseguenza stimare il suo stato di attenzione. Tecniche di analisi dei segnali permettono poi di riconoscere grossolanamente lo stato emotivo o lo svolgimento di particolari compiti mentali, se questi vengono eseguiti per un intervallo di tempo sufficientemente lungo.

Come già accennato, esiste una stretta correlazione tra quelli che in letteratura sono

descritti come “ritmi EEG” e le proprietà spettrali del segnale. Si può infatti riscontrare che la

densità spettrale di potenza dell’EEG di base si presenta come una successione di picchi, tra i

quali il più prominente è quello che occupa una banda intorno ai 10 Hz (banda α ).

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L’elettroencefalografia- 35 - Da ciò trae origine il fatto che quando il soggetto è rilassato, i suoi tracciati mostrano un andamento ritmico avente approssimativamente tale frequenza. In opportune condizioni di impegno mentale, il picco α tende ad appiattirsi, permettendo così ad altri ritmi (principalmente il β ) di evidenziarsi ed essere descrivibili senza l’ausilio di tecniche di analisi dei segnali.

In soggetti normali si registra un’attività beta localizzata nelle regioni centrali; al contrario del ritmo alfa, questa non reagisce all’apertura degli occhi, ma viene incrementata da attività intellettuali e può essere bloccata da movimenti controlaterali.

In sede fronto-centro-temporale si può invece registrare l’attività theta, sia ad occhi chiusi, ma maggiormente ad occhi aperti

Il ritmo delta consiste infine in onde di bassa frequenza ed elevato voltaggio; in questo caso si dice che il tracciato elettroencefalografico è sincronizzato, perché tutte le parti dell'encefalo sembrano battere all'unisono. Si realizza evidentemente una sommazione dei potenziali elementari, che invece non si verifica quando è presente il ritmo beta. L’attività delta viene normalmente registrata durante il sonno, ma se presente in condizioni di veglia, può essere indice di patologie.

Esistono infine altri due importanti tipi di onde: le onde µ e le onde λ. Le prime sono caratterizzate da una morfologia ad arco con una fase positiva aguzza ed una fase negativa arrotondata; la loro frequenza tipica è compresa fra 7 e 11 Hz e sono localizzate in sede centrale. Questo tipo di onde non scompaiono con l’apertura degli occhi, ma vengono bloccate da movimenti sia involontari passivi, riflessi o volontari, dal sonno e anche dall’attività mentale.

Le onde λ sono invece maggiormente registrabili in soggetti con occhi aperti, ma in determinate condizioni ambientali; esse sono morfologicamente costituite da una breve fase positiva e una fase negativa più ampia. Generalmente sono legate a fenomeni sensitivi e vengono quindi bloccate dalla chiusura degli occhi e da variazioni di illuminazione.

Nella figura sotto-riportata sono mostrati alcuni andamenti dei ritmi precedentemente

elencati.

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L’elettroencefalografia- 36 - Figura 2.10: Ritmi di fondo del segnale EEG

Paradigmi di acquisizione EEG

Caratteristiche imprescindibili di ogni analisi di un segnale elettrofisiologico sono la sua riproducibilità e affidabilità; nel caso dell’analisi EEG tali caratteristiche sono spesso difficili da ottenere. Considerazioni importanti nell’assicurare la riproducibilità includono la scelta delle posizioni elettrodiche, dell’istante di analisi, del numero di registrazioni e dei parametri osservati, nonché il controllo dello stato mentale durante la registrazione.

Riguardo l’ultimo punto devono essere differenziate tre situazioni sperimentali:

• processamento dell’EEG a riposo

• processamento dell’EEG durante compiti mentali, stimoli sensoriali e atti motori continuati

• processamento dell’EEG durante brevi situazioni evento-correlate (ERP).

La registrazione EEG a riposo, ad occhi aperti o chiusi, è la condizione più comune per

la elaborazione dell’elettroencefalogramma: questo stato mentale è completamente

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L’elettroencefalografia- 37 - incontrollato e non può mai essere riprodotto. Tuttavia è ancora l’unico modo di acquisire dati EEG in pazienti con gravi deficienze neurologiche.

Un tipico esempio di atto motorio continuato è invece il “clenching” (apertura e chiusura) del pugno, ripetuto su un periodo di minuti. In questa situazione la corteccia sensitivo-motoria è attivata periodicamente, ad intervalli di circa un secondo. Questo paradigma, “creato” da Harner , è stato usato da Etevenon per il puntamento visivo o il calcolo mentale su un periodo di 2 minuti.

Diverse condizioni di prova, quali fonazione, lettura e ascolto di musica, sono stati usati in uno studio sulla dislessia da Duffy e coll. (Duffy et al., 1980): approssimativamente 3 minuti di EEG sono stati registrati in ciascuna condizione.

La registrazione EEG durante eventi brevi e più o meno ripetitivi richiede il campionamento dei dati EEG ristretto a periodi precedenti, contemporanei e successivi all’evento. Esempi di questo tipo sono il movimento volontario, la pronuncia di una parola o uno stimolo esogeno.

Il movimento volontario con inizio autodeterminato (“self-paced”) è comunque completamente differente dal clenching del pugno o dall’oscillazione del pollice ripetitivi e continuativi. L’intenzione e la preparazione al movimento precede ogni inizio del movimento stesso; il periodo di tempo tra il processo intenzionale e l’istante in cui il movimento ha effettivamente luogo, copre un intervallo di 2÷5 s. Considerazioni simili valgono per un compito di breve fonazione.

Il clenching ripetitivo è un processo automatico che non richiede intenzione e pianificazione, ma solo un minimo di sforzo cosciente. Il movimento ripetitivo può essere eseguito in parallelo ad un altro compito mentale, al contrario dei movimenti volontari self- paced, i quali richiedono una completa concentrazione quando eseguiti accuratamente. L’atto motorio self-paced è quindi un’eccellente possibilità di riprodurre lo stato del cervello per un periodo di circa 1÷2 s.

Pre-processing del segnale

Normalmente in tutti gli studi effettuati su segnali EEG, prima di procedere con

l’elaborazione vera e propria del segnale, viene eseguita una procedura di pre-processing con

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L’elettroencefalografia- 38 - lo scopo di rendere più facilmente riconoscibile l’informazione contenuta all’interno del processo.

Senza entrare troppo nel dettaglio, possiamo distinguere tre tecniche di pre-elaborazione che possono essere facilmente implementate:

• filtraggio digitale: se la banda occupata dal rumore è nota e non si sovrappone alle informazioni contenute nel segnale, è possibile realizzare un flirto digitale, tipo filtro FIR, in grado di rimuoverla. Il filtraggio digitale è infatti molto vantaggioso in termini di distorsione di fase, perché è possibile implementare facilmente filtri a fase lineare che non alterano la polarità del segnale.

• averaging: nel caso di esperimento multi-trials, l’operazione di media può essere molto utile per aumentare il rapporto segnale-rumore. Le ipotesi a priori su cui si basa questa procedura sono le seguenti:

ƒ l’interazione tra rumore e potenziale è lineare

ƒ il valor medio del rumore è nullo su tutti i trials

ƒ le condizioni di registrazione dei segnali da trial a trial si mantengono costanti

Se queste condizioni vengono rispettate, le componenti correlate allo stimolo si mantengono in fase tra loro durante i diversi trials registrati e si conservano anche con l’operazione di media matematica, mentre le variazioni non correlate allo stimolo (ad esempio il rumore) si elidono.

• reiezione ed analisi multivariata: i segnali che possono produrre artefatti che

vanno a sovrapporsi all’EEG sono il battito cardiaco, il movimento dei bulbi

oculari, la contrazione muscolare. Esistono due approcci principali che consentono

di rimuovere queste tipo di artefatti: la reiezione e le procedure d’analisi

multivariata, tipo analisi delle componenti principali (PCA) o analisi delle

componenti indipendenti (ICA). La reiezione consiste semplicemente

nell’eliminazione dei trials che presentano artefatti evidenti, fissando un opportuno

livello di soglia.

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L’elettroencefalografia- 39 - Figura 2.12: Esempio di reiezione

Ovviamente questo tipo di approccio può portare a degli errori notevoli, soprattutto nel caso si voglia studiare spike particolarmente ampi (spike epilettici).

Con tecniche quali la PCA o l’ICA (data driven) si acquisisce ugualmente il trial

contaminato, cercando poi di rimuovere l’artefatto utilizzando modelli matematici

che ne descrivono l’interazione con il segnale utile. Nel capitolo 6 questa procedura

verrà descritta dettagliatamente proprio perché utilizzata nella fase sperimentale di

questo lavoro.

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