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La libertà di stabilimento delle persone giuridiche nelle fonti primarie di diritto dell’Unione Europea

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Capitolo I

La libertà di stabilimento delle persone giuridiche nelle fonti primarie di diritto dell’Unione Europea

1.1. Le norme del Trattato sul Funzionamento dell’Unione Europea in materia di libertà di stabilimento: persone fisiche e persone giuridiche a confronto

La libertà di stabilimento delle persone giuridiche è uno dei punti maggiormente problematici del diritto dell’Unione Europea e coinvolge svariati aspetti, non solo economici ma anche politici, estremamente rilevanti per comprendere appieno le dinamiche sottostanti ai fenomeni di mobilità internazionale, specialmente per quanto riguarda le società. Inoltre è opportuno rilevare che la libertà di stabilimento, fin dalle origini della Comunità Europea, ha sempre rappresentato un aspetto cruciale per la realizzazione del Mercato Unico, strettamente connesso alla libera circolazione di merci e capitali, in ragione del quale uno degli obiettivi da perseguire era l’attuazione di tale libertà creando le condizioni normative idonee

1

.

Iniziando l’analisi dal Trattato sul funzionamento dell’Unione Europea (TFUE), vediamo che le norme rilevanti per la questione affrontata sono

1 A conferma si vedano ad esempio le Osservazioni e proposte sul programma generale della C.E.E. per la soppressione delle restrizioni alla libertà di stabilimento, Assemblea del CNEL del 17 Novembre 1960 n. 36/20, le quali testimoniano come il processo per l’attuazione concreta delle previsioni del trattato fosse già avviato e come si basasse in particolare sull’eliminazione delle discriminazioni basate sulla nazionalità («si ravvisa la necessità […] di procedere alla soppressione delle restrizioni alla libertà di stabilimento senza subordinarla, in via di principio, al coordinamento generale delle disposizioni legislative, regolamentari e amministrative»).

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rappresentate dagli articoli da 49 a 55

2

. E’ importante infatti tener presente che per apprezzare, nonché per definire, il contenuto della libertà di stabilimento delle persone giuridiche, occorre partire dalla medesima libertà prevista per le persone fisiche in virtù dell’equiparazione fissata dal Trattato, di cui si tratterà nel corso del paragrafo.

Considerando in particolare l’art. 49 TFUE, relativo alla libertà di stabilimento delle persone fisiche, esso pone agli Stati il divieto di effettuare

«restrizioni alla libertà di stabilimento dei cittadini di uno Stato membro nel territorio di un altro Stato membro», estendendolo «altresì alle restrizioni concernenti l’apertura di agenzie, succursali o filiali, da parte dei cittadini di uno Stato membro stabiliti sul territorio di un altro Stato membro». Le restrizioni, dunque, non possono riguardare né la cosiddetta libertà di stabilimento primario (svolgere in forma autonoma un’attività economicamente rilevante), né la cosiddetta libertà di stabilimento secondario (apertura di agenzie, succursali o filiali)

3

.

Il secondo comma del medesimo articolo fornisce inoltre la definizione di libertà di stabilimento, stabilendo che la libertà in questione «importa l’accesso alle attività non salariate e al loro esercizio, nonché la costituzione e la gestione in particolare di società (…) alle condizioni definite dalla legislazione del paese di stabilimento nei confronti dei propri cittadini». Come si ricava dal disposto

2 Nel corso dell’elaborato si farà riferimento alla Versione consolidata del Trattato sul Funzionamento dell’Unione Europea, in «Gazzetta Ufficiale dell’Unione Europea in lingua Italiana», 30.03.2010.

3 Cfr. G. TESAURO, Diritto dell’Unione Europea, Cedam, Padova 2010, p. 536. Occorre aggiungere che per le persone fisiche si pone inoltre il problema di distinguere tra libertà di stabilimento e libera prestazione di servizi (artt. 56-62 TFUE), entrambe caratterizzate dalla presenza di profili oggettivi (attività imprenditoriale) e soggettivi (lavoro autonomo) per lo più coincidenti. La Corte di Giustizia ha fornito le linee guida per distinguere quando si rientri nel campo di applicazione dell’una o dell’atra libertà nel caso Gebhard (Causa C-55/94, Reinhard Gebhard contro Consiglio dell’Ordine degli Avvocati e Procuratori di Milano, 1995), stabilendo che occorresse prendere in considerazione non solo la durata della prestazione ma anche altre caratteristiche quali la continuità, la periodicità e così via. Per un discorso più approfondito sulla tematica si rinvia a P. NEBBIA, Il diritto di stabilimento, in AA.VV., Atti notarili. Diritto comunitario e internazionale, Utet Giuridica, Torino 2011, pp. 255-257 e G. TESAURO, op. cit., pp. 531-535. Il caso Gebhard rileva inoltre per stabilire quando e in che misura siano legittime le limitazioni imposte dagli Stati membri a tale libertà: cfr. infra, Capitolo III.

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letterale del presente articolo, il principio enunciato è quello del cosiddetto trattamento nazionale o di non discriminazione, secondo il quale «uno Stato membro non può trattare i cittadini di un altro Stato membro in maniera diversa dai propri cittadini»

4

. Ci troviamo dunque di fronte ad un’applicazione particolare del più generale principio di non discriminazione sancito all’interno del primo comma dell’art. 18 TFUE

5

.

Per quanto riguarda poi le persone giuridiche, l’art. 54 TFUE rinvia all’art.

49, operando espressamente un’estensione della libertà di stabilimento prevista per le persone fisiche alle stesse persone giuridiche, purché siano costituite

«conformemente alla legislazione di uno Stato membro» e abbiano «la sede sociale, l’amministrazione centrale o il centro di attività principale all’interno della Comunità». Come può desumersi dalla formulazione del comma in questione, il Trattato non compie alcuna scelta privilegiando un criterio adottato in un determinato Stato membro e non in altri per determinare l’applicabilità delle sue previsioni, bensì comprende tutti quei collegamenti che possono essere utilizzati per determinare lo statuto personale della persona giuridica

6

.

L’articolo in questione fornisce inoltre una definizione di società (persona giuridica) rilevante ai fini dell’estensione dei diritti previsti a favore delle persone fisiche in materia di stabilimento: «per società si intendono sia quelle di diritto civile e commerciale, ivi comprese le società cooperative, sia le altre persone giuridiche contemplate dal diritto pubblico o privato ad eccezione delle società che non si prefiggono scopi di lucro».

Come si evince dalla formulazione dell’articolo, la nozione di società è intesa in senso ampio e finisce per comprendere tutti gli enti con scopo lucrativo, il che comporta la necessità di chiarire come una pluralità di enti con differenti modalità

4 F. MUCCIARELLI, Società di capitali, trasferimento all’estero della sede sociale e arbitraggi normativi, Giuffrè, Milano 2010, p. 89; cfr. inoltre G. TESAURO, op. cit., pp. 542-546.

5 «Nel campo di applicazione dei trattati, e senza pregiudizio delle disposizioni particolari dagli stessi previste, è vietata ogni discriminazione effettuata in base alla nazionalità»: Versione consolidata del Trattato sul Funzionamento dell’Unione Europea, cit.

6 M. WICKAERT, F. JENNE’, Corporate mobility, disponibile in forma elettronica all’indirizzo http://ssrn.com/abstract=1633448 (visualizzato 8 ottobre 2012).

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di perfezionamento e di costituzione possano essere riconosciuti titolari delle libertà sancite dal Trattato

7

.

Occorre innanzitutto premettere che per quanto riguarda l’interpretazione del principio di libertà di stabilimento delle persone giuridiche, ricavabile dal combinato disposto degli articoli 49 e 54 del TFUE (ex artt. 43 e 48 TCE), soprattutto per quanto riguarda i suoi contenuti concreti, essa non è stata univoca e ha subito delle rilevanti variazioni nel corso degli anni.

In particolare gli Stati membri, fino alla sentenza della Corte di Giustizia Centros del 1999, ritenevano che gli articoli in questione dovessero essere interpretati nel senso di escludere dal loro ambito di applicazione le problematiche internazional-privatistiche, la quali rimanevano di competenza esclusiva dei singoli Stati nazionali. Pertanto le questioni concernenti l’esistenza e il riconoscimento delle società, preliminari ai fini del godimento delle previsioni del Trattato, erano rimesse alla discrezionalità e ai criteri nazionali.

Come approfondiremo nel capitolo dedicato alla giurisprudenza della Corte di Giustizia, La sentenza Centros è intervenuta a sancire l’illegittimità delle previsioni nazionali sia sostanziali che internazional-privatistiche qualora esse portassero a negare la libertà di stabilimento alle società validamente costituite in un diverso Stato, impedendo in concreto alla società di usufruire appieno delle previsioni del Trattato in uno Stato diverso da quello di costituzione

8

.

L’aspetto della costituzione risulta però essere alquanto problematico: infatti le modalità di costituzione possono variare in ragione dell’attribuzione o non attribuzione della personalità giuridica in capo all’ente che si costituisce, nonché in ragione del tipo societario. Nel caso di enti personificati, in particolare di

7 Nel corso del testo verrà utilizzato il termine “persona giuridica” tenendo presente la nozione data all’interno dell’art. 54 TFUE, dunque intendendo in senso lato qualsiasi ente con scopo lucrativo e non solo quelli con personalità giuridica secondo il diritto italiano. Si concentrerà maggiormente l’attenzione sul fenomeno societario, in quanto la Corte di Giustizia si è per lo più pronunciata su casi relativi al trasferimento di società, rispetto ai quali è perciò possibile definire più dettagliatamente il contenuto della libertà di stabilimento.

8 Cfr. S. LOMBARDO, Le (a)simmetrie di Cartesio e la “nuova” libertà di stabilimento delle società nella prospettiva del Trattato di Lisbona, in «Le Società», 2010, n. 9, pp. 1084 e ss.

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società di capitali, l’iscrizione presso un pubblico registro rende precisamente identificabile la costituzione e di conseguenza l’attribuzione dell’ente all’ordinamento presso il quale è collocato il registro di iscrizione. Con la sentenza Centros assume rilievo proprio il fenomeno della costituzione intesa come iscrizione presso un pubblico registro di uno Stato membro, ritenuto sufficiente ai fini dell’esercizio della libertà di stabilimento della società negli altri Stati membri: per le società iscritte in un pubblico registro, dunque, il mancato riconoscimento in un diverso Stato membro risulta essere incompatibile con le previsioni del Trattato

9

.

Le cose si complicano per le società di persone, per le quali la registrazione presso un pubblico registro è eventuale e in alcuni casi non ha effetti costitutivi:

in questo caso la volontà delle parti di costituire la società e la conseguente applicazione delle previsioni di diritto societario dello Stato in cui tale volontà è manifestata potrebbero non essere sufficienti ai fini dell’attribuzione della libertà di stabilimento in un diverso Stato membro. Manca infatti la certezza dell’esistenza e della conseguente applicazione delle norme di diritto societario che invece è presente nelle società iscritte nell’apposito registro. Tale circostanza si scontra con la diretta applicabilità delle norme sulla libertà di stabilimento e con questa deve essere combinata ai fini dell’effettività della previsione

10

.

Il quadro descritto assume fondamentale rilevanza nei fenomeni di mobilità delle società, i quali rientrano a pieno titolo nell’esercizio della libertà di stabilimento comportando – come vedremo nel corso del capitolo – peculiari problemi di attuazione della libertà menzionata, tra cui quello della costituzione

«conformemente al diritto di uno Stato membro».

1.2. Le limitazioni che possono essere introdotte dagli Stati membri al diritto di stabilimento

9 Ibidem.

10 Ibidem.

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Il diritto di stabilimento sancito dal Trattato non è assoluto, ma incontra delle precise limitazioni che sono stabilite all’interno dello stesso Trattato. Anche in questo caso è opportuno partire dall’analisi delle limitazioni imposte alle persone fisiche per comprendere e definire concretamente le limitazioni imposte alle persone giuridiche, in tutta la loro peculiarità.

Per quanto riguarda le persone fisiche, in particolare, l’art. 51 TFUE introduce espressamente un’eccezione alla libertà dal medesimo prevista: «Sono escluse dall'applicazione delle disposizioni del presente capo, per quanto riguarda lo Stato membro interessato, le attività che in tale Stato partecipino, sia pure occasionalmente, all'esercizio dei pubblici poteri»

11

.

L’art. 52 fa salve poi le limitazioni introdotte dalle legislazioni nazionali che introducano un trattamento per i cittadini stranieri nel caso in cui «siano giustificate da motivi di ordine pubblico, pubblica sicurezza e sanità pubblica».

Anche in tema di libertà di stabilimento, dunque, si ritrovano i medesimi criteri stabiliti in materia di restrizione della circolazione di persone e, come in questo caso, poiché siamo in presenza di un limite ad una libertà fondamentale sancita dal trattato, occorrerà darne un’interpretazione restrittiva

12

.

Vista inoltre l’equiparazione tra persone fisiche e persone giuridiche di cui si è detto sopra, stabilire quando le limitazioni alla libertà di stabilimento operate dagli Stati membri siano legittime impone di fare riferimento ad una sentenza della Corte di Giustizia avente ad oggetto una questione inerente alla libertà di stabilimento delle persone fisiche ma che ha assunto rilevanza anche per stabilire quando le eventuali limitazioni imposte alla mobilità delle persone giuridiche potessero essere considerate rilevanti

13

.

11In questa sede si accenna soltanto alla problematica delle limitazioni della libertà di stabilimento delle persone fisiche in quanto l’attinenza della problematica in questione all’oggetto della trattazione è limitata a quanto può essere oggetto di equiparazione o di differenza con le persone giuridiche. Per una trattazione più approfondita si rimanda a: G. TESAURO, Op. cit., pp. 534-535 e P. NEBBIA, Op. cit., pp. 261-262.

12 Cfr. G. TESAURO, Op. cit., p. 535.

13 L’analisi dettagliata della giurisprudenza della Corte di Giustizia costituirà oggetto di un capito lo a sé stante e la sentenza qui citata è menzionata soltanto ai fini di presentare il problema della

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La sentenza in questione è il cosiddetto caso Gebhard

14

, sentenza in cui la Corte di Giustizia ha stabilito che per verificare la legittimità delle restrizioni alla libertà di stabilimento occorra che la misura restrittiva sia applicata in maniera non discriminatoria, che trovi la sua motivazione nella tutela dell’interesse pubblico, che sia idonea al fine di raggiungere lo scopo per cui è applicata, che sia commisurata allo scopo da raggiungere

15

.

Come vedremo nel capitolo relativo all’analisi dei casi giurisprudenziali, questi criteri sono stati applicati dalla Corte di Giustizia per valutare la legittimità sia delle restrizioni imposte in entrata alle società, ovvero delle limitazioni imposte ad una società che esercita il diritto di stabilimento in uno stato diverso da quello d’origine, sia delle limitazioni imposte in uscita, ovvero di quelle limitazioni applicate dallo Stato d’origine alla società uscente, nonché delle limitazioni applicabili in caso di trasformazioni societarie transfrontaliere

16

.

Alla luce di quanto fino ad ora esposto in materia di libertà di stabilimento e degli eventuali limiti che possano essere imposti a tale libertà, proprio per comprendere appieno le ragioni che portano all’applicazione di limitazioni alla mobilità di una persona giuridica, occorre ulteriormente soffermarsi sulle peculiarità tipiche di questo fenomeno, oggetto del successivo paragrafo.

1.3. Problemi peculiari nell’attuazione, per le persone giuridiche, della libertà di stabilimento stabilita dal TFUE

Nel corso delle operazioni transfrontaliere, tese alla mobilità internazionale e dunque all’esercizio delle libertà predisposte dal Trattato, possono verificarsi episodi che rischiano di rendere meramente teoriche o addirittura di vanificare del

legittimità delle restrizioni alla libertà di stabilimento. Il capitolo sulla giurisprudenza delineerà con maggiore precisione questo aspetto, con particolare riferimento alle persone giuridiche.

14 Vedi nota 3.

15 Cfr. F. MUCCIARELLI, Società di capitali, cit., p. 117.

16 Ivi, pp. 118-120.

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tutto le previsioni del medesimo Trattato in materia di libertà di stabilimento, a partire dalle vicende della costituzione di cui si è discusso nel primo paragrafo.

L’attuazione della libertà di stabilimento da parte delle persone giuridiche comporta infatti due ordini diversi di problematiche: in primo luogo, occorre stabilire se le limitazioni imposte dagli Stati membri sono compatibili con le previsioni del diritto dell’Unione, in secondo luogo occorre stabilire se sia possibile modificare la legge applicabile alla società in maniera volontaria, ossia se sia possibile modificare la legge applicabile senza passare dalla previa liquidazione

17

.

In merito alle limitazioni, in particolare, per quanto riguarda le persone giuridiche, gli Stati membri hanno spesso giustificato l’applicazione di restrizioni invocando l’art. 52 e le ragioni di ordine pubblico, in particolare quando il singolo episodio di mobilità avrebbe causato un’uscita di capitali soggetti ad imposizione fiscale. Come vedremo nel corso del capitolo successivo, la Corte di Giustizia ha sistematicamente negato la sussistenza di queste motivazioni addotte dagli Stati membri e ha riconosciuto invece ai ricorrenti il diritto all’attuazione della libertà di stabilimento.

In questa sede è opportuno fornire, innanzitutto, un quadro generale delle situazioni che possono presentarsi nella prassi quando ci si trovi di fronte ad episodi di mobilità internazionale delle persone giuridiche

18

. Procediamo dunque a considerare nel dettaglio che cosa comporti in concreto l’attuazione della libertà di stabilimento per una persona giuridica e con quali modalità possa essere attuata la cosiddetta mobilità internazionale alla luce della libertà di stabilimento,

17 Cfr. F. MUCCIARELLI, Companies’ emigration and EC freedom of establishment, disponibile on line su http://papers.ssrn.com/sol3/papers.cfm?abstract_id=1078487 (visualizzato 10 ottobre 2012).

18 Per quanto riguarda la mobilità internazionale, in particolare delle società: «corporate mobility can generally speaking be defined as the freedom of a company to operate in different countries and to choose the company law model that best fits its entrepreneurial neeeds. The concept of corporate mobility finds its origins in the United States, where corporations are in principle free to choose their state of incorporation», M. WICKAERT, F. JENNE’, op. cit., p. 4.

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in modo da comprendere quali siano le maggiori problematicità di questo fenomeno dal punto di vista giuridico.

Alla luce delle norme sulla libertà di stabilimento, è necessario rilevare che come per le persone fisiche è rilevante il criterio della cittadinanza al fine di attribuire o meno il diritto di stabilimento, così per le persone giuridiche sono stabiliti, all’art. 54 del Trattato, dei criteri per l’attribuzione del medesimo diritto (ente costituito secondo la legge di uno stato membro, che abbia nella comunità la sede sociale, l’amministrazione centrale o il centro della sua attività principale). E come le norme per l’attribuzione della cittadinanza sono lasciate alla discrezionalità dei singoli Stati membri, così avviene anche per le norme concernenti l’attribuzione della nazionalità alle persone giuridiche

19

.

Ma se per le persone fisiche il dato della cittadinanza non viene mai perso con l’esercizio della libertà di stabilimento, in quanto l’appartenenza ad un determinato Stato membro è un dato incontestabile da parte di Stati diversi da quello di origine, non può dirsi lo stesso in merito alle persone giuridiche, in quanto i criteri per l’attribuzione della personalità giuridica (come quelli di attribuzione della cittadinanza alle persone fisiche, del resto), non sono omogenei tra i vari Stati.

Tenendo presente il contenuto della libertà di stabilimento delle persone fisiche, vediamo che, sempre in ragione dell’equiparazione stabilita dall’art. 54 TFUE, per le persone giuridiche usufruire della libertà di stabilimento comporta:

- in caso di stabilimento primario, che la persona giuridica svolga interamente le proprie attività nello stato di destinazione pur essendo originariamente costituita in un diverso stato. Ciò in conseguenza di nuova costituzione nello stato di destinazione, di un trasferimento effettuato senza scioglimento dell’ente nello stato d’origine o di una trasformazione transfrontaliera, ad esempio una fusione;

- in caso di stabilimento secondario, invece, che la società continua a svolgere la propria attività nello stato d’origine, ma allo stesso istituisce ulteriori

19 Cfr. G. TESAURO, Op. cit., p. 532.

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centri per lo svolgimento della propria attività della più svariata natura (sedi secondarie, filiali, agenzie, succursali) in un diverso Stato

20

.

Al momento della nuova costituzione dell’ente, dunque, chi lo va a costituire può scegliere di collocarlo in uno stato diverso dal proprio in modo da assoggettarlo ad una diversa legislazione, senza che ciò comporti particolari problemi e senza che vi siano particolari ostacoli al compimento di tale applicazione. E’ infatti coinvolto soltanto lo stato di destinazione e le prescrizioni vigenti al suo interno in materia di società

21

.

Lo stesso non può dirsi nel caso in cui l’ente sia insediato presso uno Stato e intenda avvalersi della libertà di stabilimento per attuare un trasferimento di sede.

Il termine sede è innanzitutto per sua natura ambiguo, in quanto esso può sottintendere svariati concetti. In particolare il termine sede può indicare:

a) la sede statutaria, ossia il luogo che è indicato all’interno degli atti idonei a costituire la società come sede della medesima, secondo quanto stabilito dalla legge applicabile alla costituenda società;

b) la sede amministrativa, ovvero il luogo in cui gli organi della società prendono decisioni rilevanti per l’esistenza della società stessa. E’ la legge applicabile alla società che stabilirà quali soggetti siano autorizzati a decidere per la società ed eventualmente anche il luogo in cui questi dovranno riunirsi;

c) la sede reale: è il luogo in cui in concreto si svolgono le attività della società e in cui sono assunte decisioni, se diverso dalla sede amministrativa prescritta dalla legge per le riunioni degli organi sociali

22

.

20 Cfr. R. TORINO, Diritto di stabilimento delle società e trasferimento transnazionale della sede.

Profili di diritto europeo e italiano, in Aspetti di interesse notarile nel diritto dell’Unione Europea- seminario di aggiornamento professionale riservato ai notai, Studio Immigrazione S.A.S, Viterbo 2012, pp. 158-159, G. TESAURO, op. cit, pp. 536-542, M. WICKAERT, F.

JENNE’, op. cit., pp. 4-5.

21Cfr. F. MUCCIARELLI, Società di capitali, cit., p. 2 e A. SANTA MARIA, Diritto commerciale europeo, Giuffrè, Milano 2008, pp. 64-71.

22 Cfr. M. V. BENEDETTELLI, Sul trasferimento della sede sociale all’estero, in «Rivista delle società», 2010, n. 6, pp. 1251 ss. L’autore ricorda inoltre come il concetto di sede amministrativa

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In ragione di queste differenti definizioni, l’operazione di trasferimento racchiude dunque in sé tre possibili fenomeni:

1. il trasferimento della sede statutaria; 2. il trasferimento della sede amministrativa; 3. il trasferimento della sede reale

23

.

Queste tre diverse operazioni, racchiuse sotto l’onnicomprensiva dizione di trasferimento di sede sociale, incontrano ostacoli che sono dovuti in primo luogo alle differenze tra gli Stati membri in materia di diritto societario

24

, nonché ai criteri internazional-privatistici adottati al fine di determinare la legge applicabile alla società che presenti elementi di estraneità con l’ordinamento in cui si trasferisce

25

.

I problemi che si presentano ai singoli Stati rimangono costanti: occorrerà infatti decidere quando applicare la propria legge a società registrata presso lo stato di destinazione, quando invece considerare esistenti e dunque riconoscere enti costituiti in base a leggi straniere e, infine, se consentire il mutamento della lex societatis in mancanza di previa liquidazione dell’ente

26

.

Gli Stati membri si dividono, in linea di massima, in stati che abbracciano la cd. Grundunstheorie, secondo la quale la legge applicabile alla società è sempre quella dello Stato in cui si è perfezionato il procedimento di costituzione o quello di registrazione della società, e Stati che al contrario si rifanno alla cd.

abbia perso gran parte della sua importanza con lo sviluppo tecnologico, in quanto è altamente probabile che le riunioni possano svolgersi per videoconferenza e i membri degli organi sociali non si trovino fisicamente nel luogo prescritto dalla legge per le riunioni (cfr. ibidem).

23 Cfr. R. TORINO, op. cit., pp. 155; F. MUCCIARELLI, Società di capitali, cit., pp. 2-7 e M.V.

BENEDETTELLI, Sul trasferimento, cit., p. 1255.

24 Un esempio abbastanza semplice che testimonia la persistenza di tali diversità è quello che può essere fatto con riferimento all’ordinamento italiano: in Italia le società di persone non hanno formalmente personalità giuridica come le società di capitali e si considerano enti con autonomia patrimoniale privi di personalità giuridica. Le previsioni dell’ordinamento ceco, che saranno oggetto di esame all’interno dell’elaborato, prevedono invece che tutte le società siano dotate di personalità giuridica (cfr. G.F. CAMPOBASSO, Diritto commerciale, vol. II, Diritto delle società, Utet Giuridica, Torino 2012, pp. 43-45).

25 Cfr. F. MUCCIARELLI, Società di capitali, cit., p. 51, il quale osserva che «il diritto societario internazionale non possa risolversi in semplici norme di conflitto tradizionali, ma sia frutto di dinamiche più complesse e dell’interrelazione tra norme sostanziali e norme conflittuali».

26 Ivi, pp. 45-47.

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Sitztheorie, la quale considera determinante un criterio di effettività della sede sociale, ragion per cui le norme da applicare saranno quelle dello Stato in cui la società viene amministrata in concreto e nel quale viene svolta concretamente l’attività di impresa

27

.

A ciascuna di queste teorie sottostanno presupposti economici molto diversi.

In prima analisi è possibile infatti riscontrare, in linea di massima, come la teoria dell’incorporazione miri ad agevolare la mobilità internazionale in quanto ovunque l’ente si instauri, la legge applicabile sarà sempre quella del luogo di costituzione ovvero del luogo di registrazione. Inoltre, anche in caso di stabilimento negli Stati in questione, la legge applicabile sarà quella del luogo di incorporazione.

Al contrario, la teoria della sede reale mira a prevenire gli abusi che potrebbero essere compiuti mediante la dissociazione tra sede amministrativa e sede di svolgimento dell’effettiva attività di impresa, richiedendo che entrambe coincidano e siano collocate nel medesimo luogo. La mobilità è dunque disincentivata in quanto sarà necessario mantenere un collegamento effettivo con lo stato di costituzione perché la società sia riconosciuta esistente e la società non potrà liberamente determinare la legge che regolerà il proprio statuto personale, bensì questa sarà automaticamente individuata a seconda del luogo in cui si trova l’amministrazione della società

28

.

La classificazione degli ordinamenti in Stati che seguono la teoria dell’incorporazione e Stati che seguono la teoria della sede reale non è da sola sufficiente a stabilire quale sarà in concreto la legge applicabile all’ente trasferito.

27 Cfr. M. WICKAERT, F. JENNE’, op. cit., pp. 5-6 e M.V. BENEDETTELLI, Sul trasferimento, cit.

28 Cfr. M. WICKAERT, F. JENNE’, op. cit., pp. 5-6. Alla base delle teorie in questione ci sono esigenze e valori di fondo differenti, non solo esigenze economiche diverse come sopra accennato.

Occorre infatti tener presente che storicamente la teoria dell’incorporazione ha origine in Inghilterra, ordinamento nel quale sussiste ampio spazio per la libertà statutaria dell’ente, in quanto più propenso alla diffusione del proprio diritto in paesi stranieri, mentre la teoria della sede reale nasce nell’Europa continentale, dove invece l’idea prevalente era quella di tutelare il principio secondo il quale « tra la norma giuridica e i fatti della realtà cui essa si applica deve sussistere un legame fisico e oggettivo», F. MUCCIARELLI, Società di capitali, cit., p. 47.

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I criteri di collegamento internazional-privatistici dovranno essere poi combinati con le norme di diritto sostanziale societario, le quali potranno ammettere o meno il trasferimento all’estero della sede dell’ente

29

. Occorrerà inoltre considerare non solo le norme internazional-privatistiche e le norme sostanziali dello Stato di partenza, ma anche quelle dello Stato di destinazione, al fine di combinarle per determinare la legge applicabile.

Un ulteriore problema che occorre tener presente è che queste teorie non sono adottate in forma pura ma spesso sono soggette a correttivi, per cui se a prima vista la teoria dell’incorporazione sembrerebbe non comportare alcun tipo di problematica nel corso di operazioni di mobilità internazionale, ad un esame più attento dei singoli casi concreti si nota invece che la questione è molto complessa non solo a causa dei correttivi adottati, ma anche a causa del fatto che in caso di controversia il foro competente potrebbe disporre il rinvio alla legge di un diverso ordinamento

30

.

Nella prassi si presentano in linea di massima i seguenti casi:

1. lo Stato d’origine aderisce alla teoria dell’incorporazione così come lo Stato di destinazione;

2. lo Stato d’origine aderisce alla teoria dell’incorporazione mentre lo Stato di destinazione aderisce alla teoria della sede reale,

3. Sia lo Stato d’origine che lo stato di destinazione aderiscono alla teoria della sede reale,

4. lo Stato d’origine aderisce alla teoria della sede reale mentre lo Stato di destinazione aderisce alla teoria dell’incorporazione.

29 Cfr. F. MUCCIARELLI, Companies’ emigration, cit., pp. 14-15 e F. MUCCIARELLI, Seat’s transfer and State of Origin- Imposed Limits to Companies’ Mobility, pp. 9-10, disponibile su http://ssrn.com/sbstract=982238 (visualizzato in data 10 ottobre 2012).

30 Ibidem.

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Tutte queste possibilità devono poi essere esaminate sia assumendo il punto di vista dello Stato d’origine, che assumendo il punto di vista dello Stato di destinazione

31

.

Considerando innanzitutto il punto di vista dello Stato di origine, nel caso in cui questo segua la teoria della sede reale, in linea di massima il trasferimento della sede legale non dovrebbe essere rilevante perché la sede legale non costituisce un criterio per decidere quale sia la legge applicabile. In realtà, l’iscrizione della società presso il competente registro ha considerevoli implicazioni per quel che riguarda il diritto sostanziale nonché quello processuale. La competenza delle corti è spesso decisa facendo riferimento al registro presso cui è iscritta la sede, per cui la legge applicabile coincide con quella del luogo in cui è registrata la sede e, di conseguenza, nei paesi aderenti alla teoria della sede reale occorre che la sede iscritta coincida con quella amministrativa.

Nel caso in cui tale coincidenza venga meno a causa del trasferimento della sede amministrativa o in alternativa della sede legale, non potrà essere mantenuta come legge applicabile quella dello Stato d’origine, ma la società dovrà sciogliersi e ricostituirsi nello Stato di destinazione, in modo da mantenere la coincidenza tra sede amministrativa e sede legale. Non è ammesso invece il trasferimento della sola sede amministrativa con contemporaneo mantenimento della sede legale nello stato d’origine

32

.

Nel caso in cui lo Stato d’origine aderisca alla teoria dell’incorporazione, invece, sarà invece possibile trasferire la sede legale senza che ciò determini un cambiamento della legge, in quanto tale applicabile soltanto nel caso in cui le

31Cfr. F. MUCCIARELLI, Companies’ emigration, cit., pp. 14-15, F. MUCCIARELLI, Imposed Limits, cit., pp. 9-10, e C. HJI PANAYI, Corporate mobility in private International law and European community law: debunking some myths, Queen Mary University of London, School of Law, Legal studies research paper n. 26/2009, disponibile su http://ssrn.com/abstract=1437555, ultimo accesso in data 19.10.2012.

32Cfr. F. MUCCIARELLI, Imposed limits, cit., pp. 11-12, F. MUCCIARELLI, Companies’

emigration, cit., pp. 14-15.

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norme di diritto sostanziale consentano di trasferire la sede legale e di ricostituire altrove la società

33

.

Partendo invece dal punto di vista dello stato di destinazione, nel caso in cui quest’ultimo faccia riferimento alla teoria della sede reale, lo statuto personale della società che vi si trasferisce verrà necessariamente modificato, qualsiasi sia la teoria adottata dallo stato d’origine. Sarà inoltre necessario trasferire anche la sede legale poiché questa dovrà coincidere con quella amministrativa e tale collegamento effettivo non potrà venire meno. L’applicazione della legge del paese di destinazione avverrà con modalità diverse a seconda delle previsioni di diritto societario sostanziale vigenti negli stati coinvolti

34

.

Nel caso in cui invece lo stato di destinazione adotti la teoria dell’incorporazione e si trasferisca soltanto la sede amministrativa, rimanendo la sede legale presso lo stato d’origine, lo stato di destinazione opererà un rinvio alla legge dello stato d’origine. In questo caso, perché si continui ad applicare la legge dello stato di costituzione, senza che sia necessario liquidare e successivamente ricostituire la società, occorrerà che lo stato in questione accetti il rinvio

35

.

Nel caso in cui venga invece trasferita la sede legale, si determinerà un cambiamento della legge applicabile se la società procederà a nuova registrazione

33 Ibidem. L’autore riporta come esempio il caso britannico: «companies are regulated by the law of their “domicile”, which is the country of the original in corporation (…) Hence, the transfer abroad of the registered office should not shift the connecting factor and the applicable law does not change. English substantive law does not admit the transfer of seat either, considering the company as still existing”.

34 F. MUCCIARELLI, Companies’ emigration, cit., pp. 18-19. L’autore differenzia in particolare il caso tedesco dal caso francese, indicando che «according to German case law, to companies transferring the administrative seat to germany should be applied German company law, therefore, after the “inbound” transfer of the administrative seat, the immigrating company should be considered either (i) as non-existent (…) (ii) as a mere partnership» Invece, la Francia «accepts companies’ immigration. The immigrating company should transfer the administrative seat together with the registered office and follow the ordinary incorporation proceeding, in order to become a French company».

35 Ivi, p. 20; cfr. anche F. MUCCIARELLI, Imposed limits, cit., pp.15-16.

(16)

ai sensi del diritto del paese di arrivo. Ciò non è però consentito in tutti gli stati dalle previsioni di diritto sostanziale

36

.

Occorre inoltre tenere presente che le problematiche suddette devono essere affrontate considerando che la sede può assolvere diverse funzioni: come richiamato a proposito delle teorie sopra menzionate, essa assume la funzione di criterio di collegamento, ma nei vari ordinamenti può ben assumere altri ruoli a cominciare da quello di criterio di giurisdizione, ossia di elemento rilevante al fine di determinare la lex fori, oppure ancora come criterio di domiciliazione dell’ente, per applicare norme di diritto sostanziale come, ad esempio, quelle relative al luogo di adempimento delle obbligazioni

37

.

Un’ulteriore aspetto che risulta problematico riguarda la possibilità di ricavare dall’atto di trasferimento posto in essere dagli organi sociali lo scopo che la società intenda conseguire tramite il trasferimento, visto il diverso ruolo che assume la sede sociale e i diversi effetti normativi ad essa riconducibili. Una volta ricostruita la volontà sottostante al trasferimento (ad esempio modificare la lex societatis, ovvero modificare la lex fori o semplicemente la propria domiciliazione), occorrerà passare a verificare che l’effetto desiderato sia compatibile con il luogo in cui si intende trasferire la sede

38

.

Dall’esame generale delle eventualità che possono presentarsi in sede di attuazione della libertà di stabilimento da parte di una società, nonché dal diverso ruolo giocato dalla sede in tutte le sue possibili declinazioni, si evince come l’equiparazione alle persone fisiche operata dal Trattato rischi di rimanere meramente teorica in assenza di ulteriori previsioni che vincolassero gli Stati

36 Ibidem. In particolare l’autore riporta nuovamente l’esempio della Gran Bretagna, che non consente reincorporazione e cambiamento della legge applicabile in quanto rileva l’originaria registrazione ai fini di determinare la legge applicabile, mentre le società straniere potranno solo

«incorporate a new company in England, which is legally distinct from the original company».

Altro esempio riportato è quello della Svizzera, che invece ammette il cambiamento della legge applicabile «if the change is allowed by the country of departure» .

37 Cfr. M.V. BENEDETTELLI, Sul trasferimento, cit., pp.1256-1260.

38 Ivi, p. 1261.

(17)

membri ad adottare misure volte a rimuovere gli ostacoli alla mobilità delle persone giuridiche per rendere efficace la previsione delle norme del Trattato.

1.4 L’abrogato art. 293 del Trattato Istitutivo della Comunità Europea come primo tentativo di armonizzazione rimesso all’iniziativa dei singoli Stati membri

All’entrata in vigore dell’allora Trattato di Roma, erano presenti ostacoli all’attuazione della libertà di stabilimento delle persone giuridiche che non riguardavano soltanto la possibilità di trasferire la sede all’estero senza sciogliere preventivamente la società e ricostituirla successivamente, ma anche la mancanza di previsioni che consentissero le fusioni transfrontaliere e soprattutto la persistenza di significative difformità tra il diritto societario sostanziale dei diversi Stati membri

39

.

Prima degli interventi della Corte di Giustizia di cui si parlerà in seguito, la soluzione inizialmente offerta dal Trattato rimetteva interamente all’accordo tra Stati membri la soluzione dei problemi sopra menzionati, precipuamente allo scopo di «far disciplinare agli Stati membri il reciproco riconoscimento delle società nonché la fattispecie della fusione transfrontaliera e della trasformazione transfrontaliera con mantenimento della personalità giuridica, essendo chiaramente escluse queste due ultime fattispecie nella libertà di stabilimento dell'art. 48 TCE»

40

.

Era stata inserita infatti la previsione dell’art. 293, oggi abrogato dal TFUE, il quale disponeva quanto segue:

39 Cfr. P. SANTELLA, Prospettive del diritto societario europeo, disponibile su http://ssrn.com/abstract=1621809, p. 2, accesso effettuato il 31.10.2012 e S. LOMBARDO, Le (a)simmetrie di Cartesio, cit., pp. 1090-1094.

40 S. LOMBARDO, Le (a)simmetrie di Cartesio, cit., p. 1095.

(18)

«Gli Stati membri avvieranno fra loro, per quanto occorra, negoziati intesi a garantire, a favore dei loro cittadini:

— la tutela delle persone, come pure il godimento e la tutela dei diritti alle c condizioni accordate da ciascuno Stato ai propri cittadini,

— l'eliminazione della doppia imposizione fiscale all'interno della Comunità,

— il reciproco riconoscimento delle società a mente dell'articolo 48, comma secondo, il mantenimento della personalità giuridica in caso di trasferimento della sede da un paese a un altro e la possibilità di fusione di società soggette a legislazioni nazionali diverse, (corsivo mio)

— la semplificazione delle formalità cui sono sottoposti il reciproco riconoscimento e la reciproca esecuzione delle decisioni giudiziarie e delle sentenze arbitrali».

Questa previsione poteva rappresentare un primo tentativo di agevolare l’applicazione concreta del principio della libertà di stabilimento. Infatti, i maggiori problemi riscontrati nell’applicazione piena delle norme comunitarie sulla libertà di stabilimento erano dovuti proprio al fatto che i singoli Stati membri adottavano criteri internazional-privatistici non sufficientemente coerenti per determinare quale legge dovesse applicarsi alle società che trasferivano la propria sede da uno Stato membro ad un altro, e ciò aveva (ed ha tuttora) dei considerevoli risvolti concreti, alla luce delle peculiari situazioni legate a tale operazione, delle quali si è detto sopra.

L’articolo in questione, nella sua formulazione letterale, poneva la questione

della competenza in materia di trasferimento di sede e di fusioni transfrontaliere,

poiché sembrava attribuire tale competenza ai singoli Stati membri sottraendola

dal novero delle competenze comunitarie. Oltre a ciò, l’articolo non forniva

alcuna definizione di sede, in particolare non specificava se si trattasse di sede

amministrativa ovvero di sede legale, e ciò faceva sì che si tendesse a sottrarre

dall’area della libertà di stabilimento anche il trasferimento della sola sede

(19)

amministrativa, in aperta contraddizione con la diretta applicabilità del principio della libertà di stabilimento

41

.

Per quanto riguarda invece la questione relativa alla stipulazione delle convenzioni tra gli Stati, posta dalla prima frase dell’articolo, si sono a lungo riscontrate opinioni divergenti. In particolare, secondo una prima interpretazione, il fatto che l’articolo riportasse l’inciso «per quanto occorra» era visto come ammissione di una facoltà degli Stati nella stipulazione di convenzioni. Una diversa interpretazione, invece, sosteneva che l’art. 293 non rappresentasse un mero invito a stipulare convenzioni tra gli Stati, liberi di dare seguito a tale invito in base alla loro discrezionalità, bensì ponesse in capo agli Stati membri un vero obbligo di avviare negoziati nei casi in cui il diritto comunitario, in tutte le sue forme, non fosse stato da solo sufficiente a garantire l’ottenimento dei risultati previsti dal Trattato per le materie espressamente indicate all’interno dell’articolo in questione

42

. Tale posizione è stata tuttavia confutata in ragione dell’interpretazione adottata dal Consiglio e dalla Commissione, avvalorata anche dalla giurisprudenza della Corte di Giustizia, la quale ha chiarito, nella sentenza Überseering che sarà analizzata in seguito, come tale formulazione dell’articolo 293 non avesse carattere precettivo e come gli Stati potessero a loro discrezione ricorrere allo strumento della convenzione internazionale laddove fosse necessario per un pieno raggiungimento degli obiettivi posti dal Trattato

43

.

A conferma di tale interpretazione, inoltre, occorre considerare il diritto internazionale in senso ampio, ai sensi del quale i Trattati entrano in vigore soltanto dopo il deposito delle ratifiche, e, nel caso in cui il Trattato stesso preveda l’unanimità come nel caso in questione, è sufficiente che uno Stato non provveda a ratificarlo per impedirne l’entrata in vigore. Al contrario, armonizzare le previsioni normative dei singoli Stati membri implica generalmente una parziale cessione di sovranità ad una autorità sovranazionale che sia in grado di

41 Cfr. F. MUCCIARELLI, Società di capitali, cit., pp. 90-91.

42 Cfr. A. SANTAMARIA, Diritto commerciale europeo, cit., pp. 19-20.

43 Ibidem.

(20)

vincolare gli Stati che ne facciano parte mediante la propria potestà normativa, lasciando loro un margine di libertà nelle modalità di recepimento e attuazione di tali previsioni

44

.

Sulla base dell’art. 293 del TCE è stata in questo senso redatta la Convenzione di Bruxelles del 29 febbraio 1968

45

. L’intento della Convenzione era quello di pervenire al mutuo riconoscimento delle persone giuridiche tra gli Stati

46

al fine di realizzare la piena libertà di stabilimento delle persone giuridiche, effettuando un compromesso tra il criterio dell’incorporazione e quello della sede reale, non privilegiando alcuno di questi criteri ma stabilendo essa stessa delle proprie regole da applicare alle persone giuridiche coinvolte in episodi di mobilità internazionale

47

.

Il testo della Convenzione datato 29 febbraio 1968 non fu però sottoscritto dall’Olanda, dal momento che essa aveva già approvato separatamente il passaggio dalla teoria della sede reale a quella dell’incorporazione. In ragione di tale mancata sottoscrizione, dunque, la Convenzione non entrò in vigore per l’assenza dell’unanimità vincolante su di essa da parte dei sei Paesi fondatori della Comunità

48

.

44 Ivi, p.21. Si veda inoltre: P. DE CESARI, Diritto internazionale privato e processuale comunitario: atti in vigore e in formazione nello spazio di libertà, sicurezza e giustizia, Giappichelli, Torino 2003, pp. 6-7, la quale esclude che le norme convenzionali siano pienamente riconducibili al corpus del diritto comunitario, data la loro «natura di norme pattizie, redatte liberamente da Stati sovrani, pure se nell’ambito particolare e con la partecipazione delle istituzioni della Comunità».

45 Convention on the mutual recognition of companies and body corporate, Bulletin of the European Communities, Supplement n. 2-1969, disponibile su http://aei.pitt.edu/5610/1/5610.pdf.

46 Cfr. art. 1della Convenzione: «Companies under civil or commercial law, including co-operative societies, established in accordance with the law of a Contracting State which grants them the capacity of persons having rights and duties, and having their statutory registered office in the territories to which the present Convention applies, shall be recognized as of right».

47 Cfr. P. SANTELLA, Prospettive, cit., p. 2, C. HJI PANAYI, Corporate mobility, cit., p. 21 e A.

SANTA MARIA, Diritto commerciale europeo, cit., pp. 24-26.

48 Come sottolinea Wymeersch in un suo studio, il fatto che la Convenzione non sia entrata in vigore non ha significato una totale inutilità della Convenzione stessa. L’autore porta infatti l’esempio della Corte di Cassazione belga, la quale «allowed a foreign one man company […] to appear before the Belgian Court, although being a one man company, its existence was considered contrary to Belgian public order […] The court admitted this plaintiff on the basis that Belgian legislator by ratifiing the Treaty, had admitted that foreign one-man companies should not be barred access on the sole reason that they had only one shareholder»., E. WYMEERSCH,

(21)

La Convenzione ha comunque rappresentato un primo tentativo di porre in essere un sistema di diritto internazionale privato uniformemente applicabile dagli Stati sottoscrittori e capace di offrire criteri di collegamento idonei ad agevolare le stesse operazioni transfrontaliere. Tale tentativo ha comunque fornito uno spunto per i sistemi di diritto internazionale privato dei singoli Stati nazionali nonché per le pronunce giurisprudenziali

49

.

E’ necessario considerare inoltre che l’abrogazione dell’articolo 293 TCE avvenuta con l’entrata in vigore del Trattato di Lisbona ha comportato un significativo ridimensionamento dei contenuti della libertà di stabilimento. Come sopra menzionato, infatti, l’articolo 293 TCE rimetteva agli Stati membri la possibilità di disciplinare le materie escluse dalla portata degli artt. 43 e 48 TCE (oggi 49 e 54 TFUE), ossia le trasformazioni e le fusioni transfrontaliere.

L’avvenuta abrogazione dell’articolo ha dunque fatto sì che l’intera materia della mobilità delle società in Europa, con tutti i suoi aspetti, fosse ricondotta agli artt.

49 e 54 TFUE

50

.

Alla luce di questa importante modifica dei contenuti della libertà di stabilimento, avvenuta anche sulla base dell’evoluzione giurisprudenziale della Corte di Giustizia, è importante analizzare le norme del Trattato che hanno posto le basi per l’intervento diretto dell’Unione in materia di libertà di stabilimento.

1.5. Le basi per l’armonizzazione poste dalle norme del Trattato

Il raggiungimento di un adeguato livello di uniformità delle previsioni normative coinvolge sia l’aspetto internazional-privatistico che quello di diritto sostanziale. Se per il primo aspetto l’uniformità può essere raggiunta attraverso convenzioni internazionali che prevedano l’adozione di un unico criterio di

Company law in Europe and European Company Law, Financial Law Institute, Gand 2001, pp. 3- 4. Cfr. anche C. HJI PANAYI, Corporate mobility, cit., pp. 21-22.

49 Vedi nota precedente e cfr. anche A. SANTAMARIA, Diritto commerciale europeo, cit., pp. 24- 22.

50 Cfr. S. LOMBARDO, Le (a)simmetrie, cit.

(22)

collegamento tra gli Stati contraenti, in modo che in caso di conflitto di leggi sia automaticamente applicabile il criterio stabilito in via convenzionale, per raggiungere l’uniformità delle previsioni di diritto materiale occorre invece incidere sulle fattispecie previste all’interno dei singoli Stati, in via convenzionale o usufruendo degli strumenti alternativi previsti dal diritto dell’unione

51

.

In particolare, visto che per quanto riguarda l’aspetto internazional- privatistico la previsione dell’art. 293 TCE non aveva ottenuto risultati a causa della mancata adozione della Convenzione sopra menzionata, l’alternativa che rimaneva per l’attuazione dei principi del Trattato era quella della cd.

armonizzazione, ossia di un intervento più incisivo della Commissione, del Consiglio e del Parlamento Europeo

52

, sulle previsioni di diritto sostanziale, sulla base dell’attuale art. 50 del TFUE (ex art. 44 del TCE), diretto a ravvicinare le legislazioni degli Stati membri in materia societaria, sul presupposto che le maggiori somiglianze a livello di diritto societario nazionale avrebbero agevolato la mobilità delle società

53

.

Il primo paragrafo dell’art. 50 TFUE stabilisce infatti che «per realizzare la libertà di stabilimento in una determinata attività, il Parlamento europeo e il Consiglio deliberano direttive secondo la procedura legislativa ordinaria, previa consultazione del Comitato Economico e sociale».

La procedura legislativa ordinaria è in particolare disciplinata all’interno dell’art. 294 del TFUE e prevede una interazione tra le istituzioni dell’Unione ai fini dell’adozione degli atti normativi. L’attività legislativa è avviata su proposta della Commissione e inoltrata a Parlamento e Consiglio, i quali si esprimono sulla

51 Cfr. A. SANTAMARIA, Diritto commerciale europeo, pp. 163-168, cit.

52 Quest’ultimo in seguito all’entrata in vigore del Trattato di Lisbona.

53 Dei termini ricorrenti di ravvicinamento e di armonizzazione delle legislazioni non è data alcuna definizione dai Trattati. A livello orientativo può affermarsi che l’armonizzazione rappresenta al tempo stesso sia un obiettivo, sia un processo di eliminazione degli ostacoli di qualsiasi natura che possono presentarsi nel realizzare gli obiettivi fondamentali dell’Unione. Può definirsi invece ravvicinamento il concreto intervento di rimozione di tali ostacoli: cfr. F. GIANASSI, Il quadro concettuale e normativo degli strumenti comunitari del “ravvicinamento”, in «Osservatorio sulle fonti», n. 3/2012.

(23)

proposta intervenendo sul testo e apportando, eventualmente, gli emendamenti ritenuti opportuni prima dell’approvazione definitiva

54

.

Per quanto concerne più specificamente la materia societaria, la lettera g) del secondo paragrafo dell’art. 50 TFUE prevede che gli organi menzionati intervengano «coordinando, al fine di renderle equivalenti, le garanzie che sono richieste, negli Stati membri, alle società, a mente dell’art. 54 secondo comma per proteggere gli interessi tanto dei soci come dei terzi».

Un ulteriore strumento previsto dal Trattato per l’adozione di atti normativi, rilevante per il tema oggetto di trattazione anche se in maniera indiretta, è quello previsto agli articoli 114 e 115 del TFUE, i quali prevedono due diverse procedure per attuare gli obiettivi previsti dall’art. 26 TFUE

55

, a cui rinvia espressamente il suddetto art. 114 TFUE. In particolare quest’ultimo articolo, al paragrafo 1, prevede che

«Il Parlamento europeo e il Consiglio, deliberando secondo la procedura legislativa ordinaria e previa consultazione del Comitato economico e sociale, adottano le misure relative al ravvicinamento delle disposizioni legislative, regolamentari ed amministrative degli Stati membri che hanno per oggetto l'instaurazione ed il funzionamento del mercato interno»56.

Il successivo articolo 115 prevede invece che

54 Per una descrizione più dettagliata della procedura legislativa ordinaria cfr. G. TESAURO, op.

cit., pp. 67-73.

55 «L’Unione adotta misure destinate all’instaurazione o al funzionamento del mercato interno, conformemente alle disposizioni pertinenti dei trattati»: TFUE, art. 26, par. 1.

56 Nei successivi paragrafi l’articolo citato prosegue elencando le eccezioni alla previsione del paragrafo 1, in particolare prevedendo che esso non si applichi «alle disposizioni fiscali, a quelle relative alla libera circolazione e a quelle relative ai diritti e agli interessi dei lavoratori dipendenti». L’articolo prosegue elencando le ipotesi in cui gli Stati nazionali possano derogare alle disposizioni di armonizzazione dell’Unione, mantenendo le proprie disposizioni nazionali (ad es. per «esigenze importanti di cui all’art. 36»). In tali ipotesi il controllo dell’Unione rimane comunque stretto, in quanto sono previste apposite procedure per evitare gli abusi nel mantenimento delle proprie norme nazionali a scapito delle norme di armonizzazione dell’Unione.

(24)

«Fatto salvo l'articolo 114, il Consiglio, deliberando all'unanimità secondo una procedura legislativa speciale e previa consultazione del Parlamento europeo e del Comitato economico e sociale, stabilisce direttive volte al ravvicinamento delle disposizioni legislative, regolamentari ed amministrative degli Stati membri che abbiano un'incidenza diretta sull'instaurazione o sul funzionamento del mercato interno»

Gli articoli menzionati corrispondono rispettivamente agli artt. 95 e 94 del TCE e le procedure da loro regolate erano state già previste prima dell’entrata in vigore del Trattato di Lisbona, pur conoscendo una differente frequenza di applicazione. In particolare la procedura delle decisioni assunte dal Consiglio all’unanimità prevista dall’art. 94 TCE, oggi dall’art. 115 TFUE, era stata poco utilizzata, mentre si privilegiava il ricorso alla procedura a maggioranza qualificata prevista dall’allora art. 94 (il testo dell’art. 114 TFUE prevede oggi l’applicazione della procedura ordinaria più il parere obbligatorio del Comitato Economico e Sociale)

57

.

Le procedure previste dagli articoli in questione avevano due basi sostanziali diverse, come si evince dalla formulazione dei due articoli. In particolare l’art. 114 TFUE (ex 95 TCE) prevedeva l’applicazione di una specifica procedura (sotto TCE a maggioranza qualificata, sotto TFUE procedura legislativa ordinaria più parere del Comitato Economico e sociale) per le direttive «che [avessero] per oggetto l'instaurazione ed il funzionamento del mercato interno», mentre l’art. 115 TFUE (ex 94 TCE) prevedeva l’applicazione della procedura di deliberazione all’unanimità per le deliberazioni «che [avessero] un'incidenza diretta sull'instaurazione o sul funzionamento del mercato interno».

Nella prassi è andata invece progressivamente affermandosi una distinzione meramente procedurale dell’ambito di applicazione degli articoli in questione, con netta prevalenza – come sopra accennato – della procedura prevista

57 Cfr. S. MIGLIORINI, Il ravvicinamento delle legislazioni nella prospettiva del Diritto dell’Unione Europea e dei suoi effetti sul diritto interno. Le tecniche del ravvicinamento, in Osservatorio delle fonti, fascicolo 3/2012.

(25)

dall’art. 95 TCE

58

. Inoltre, nella scelta della procedura da applicare per l’approvazione di un determinato atto, l’art. 114 TFUE possiede un contenuto più ampio, in quanto utilizza il termine «misure volte al ravvicinamento delle disposizioni», mentre l’art. 115 TFUE si limita a prevedere la procedura al solo fine di approvare direttive.

Le previsioni dell’art. 50 del TFUE, espressamente riferito alla libertà di stabilimento, devono dunque essere coordinate con le previsioni degli articoli 114 e 115 del medesimo Trattato. Alla luce degli scopi e degli obiettivi espressamente menzionati dagli articoli in questione, occorre considerare le direttive emanate fino ad oggi e la base giuridica a cui esse si riferiscono per poter comprendere come in concreto le previsioni del Trattato sono state attuate a livello di diritto derivato.

Mentre l’analisi delle direttive emanate e della loro base giuridica di riferimento costituirà oggetto del capitolo seguente, basti per il momento accennare al fatto che da un punto di vista di politica dell’Unione, nel caso in cui il diritto derivato sia prodotto sulla base dell’art. 50 TFUE, esso disciplinerà gli aspetti più strettamente connessi alla mobilità delle società e alla dimensione transfrontaliera delle operazioni societarie, mentre non si occuperà di disciplinare gli aspetti interni relativi, ad esempio, al rapporto tra i vari organi societari.

Le procedure di cui agli articoli 114 e 115 TFUE, invece, possono essere applicate non soltanto per l’adozione di atti normativi relativi al diritto societario, ma anche per l’adozione di atti disciplinanti qualsiasi tipo di aspetto, dato che si riferiscono all’adozione di misure rilevanti per la creazione del mercato unico.

Inoltre, sulla base dell’art. 50 TFUE, l’Unione potrà intervenire soltanto nella misura in cui ciò sia necessario per l’attuazione delle operazioni transfrontaliere comprese nella libertà di stabilimento

59

, mentre gli articoli

58 Ibidem.

59 Conformemente ai principi di sussidiarietà e proporzionalità, di cui diremo meglio nel trattare più nello specifico il diritto derivato.

(26)

successivi possono intervenire sul diritto commerciale generale al fine di una più incisiva armonizzazione delle previsioni normative in materia

60

.

Gli articoli menzionati, in conclusione, rappresentano due approcci diversi ma complementari del diritto dell’Unione nei confronti dell’armonizzazione: da una parte l’azione diretta alla rimozione degli ostacoli alla mobilità delle società e alla libertà di stabilimento, dall’altra l’inserzione di previsioni generali volte alla creazione di un diritto commerciale quanto più possibile uniforme, che oltrepassi le specificità nazionali per contribuire a sua volta a rimuovere gli ostacoli non solo alla libertà di stabilimento, ma più in generale alle libertà previste dal Trattato

61

.

Nel capitolo successivo saranno ricostruite le fasi della armonizzazione, considerando inoltre gli obiettivi che possono dirsi attualmente raggiunti e quelli che invece risultino ancora problematici o lacunosi.

60 Cfr. WYMEERSCH, Company Law in Europe, cit., p. 14.

61 Ivi, p. 15.

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