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V.2 Caso 2: Sasso Cinturino (LU)

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V.2 Caso 2: Sasso Cinturino (LU)

Nella porzione assiale della depressione tettonica della Valle del fiume Serchio sono conservati lembi delle unità tettonicamente più elevate dell’edificio appenninico, corrispondenti alle unità Liguri. In particolare nell’area di studio affiorano formazioni appartenenti all’Unità tettonica Ottone (Unità del Flysch ad Elmintoidi Auctt. – Cretaceo superiore). Questa unità presenta al letto una successione prevalentemente detritica, nota come Complesso di Casanova (Complesso di base Auctt.), e al tetto è rappresentata da sequenze torbiditiche calcareo-marnose appartenenti al Flysch di Ottone (Flysch ad Elmintoidi Auctt.). Il complesso di Casanova è costituito da più litofacies: paraconglomerati polimittici, brecce calcaree ed ofiolitiche, arenarie ofiolitiche e olistoliti di varia natura. Il Flysch di Ottone, invece, è formato da torbitidi calcareo-marnose grigio scure con locali intercalazioni di marne siltose, argilliti, argilliti calcaree, arenarie fini e siltiti.

Fig. V.74: Particolare della zona di Sasso Cinturino, in scala 1:10.000 (sez. 250010 - Camporgiano) del Progetto di Cartografia Geologica della regione Toscana.

Il modesto rilievo di Sasso Cinturino (570 m l.m.m.) è costituito da un grande olistolite composto da rocce ultramafiche serpentinizzate e da basalti appartenenti alle unità Liguri

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104 Esterne (fig. V.74). Il versante orientale di questo rilievo, prospiciente il bacino idroelettrico ENEL di Villa Collemandina (LU), fu interessato da lavori di cava nei primi anni Ottanta del secolo scorso. Tali lavori hanno messo in luce le rocce serpentinizzate, che passano, verso l’alto, a colate basaltiche, spesso con struttura a pillows.

Fig. V.75: La cava di Sasso Cinturino

La cava di Sasso Cinturino è caratterizzata da un fronte unico e non ha subito ripristino; versa, pertanto, in una situazione di abbandono ed il fronte di scavo non è completamente esposto a causa della presenza di modeste quantità di detrito in ampie zone del fronte (fig. V.75).

V.2.1 Lavoro di terreno

I litotipi presenti nella cava sono rappresentati essenzialmente da serpentiniti estremamente tettonizzate, e da sporadiche lenti di natura rodingitica. L’ammasso serpentinitico è interessato in maniera diffusa dalla presenza di vene di minerali fibrosi di colore bianco; la presenza di tali fasi fibrose, identificate erroneamente come crisotilo, fu già segnalata da De Stefani (1876).

Le serpentiniti di Sasso Cinturino derivano da lherzoliti a spinello sub-continentali. Le superfici esposte sono mediamente alterate, ma si distinguono nell’affioramento rocce a diverso grado di serpentinizzazione: mentre alla base del fronte affiorano serpentiniti massive pervase da vene compatte e fibrose (fig. V.76), in cui sono riconoscibili alla mesoscala fenocristalli di pirosseno di dimensioni anche centimetriche, nella parte

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105 superiore dell’area di studio affiorano serpentiniti caratterizzate da tessitura cosiddetta a “ranocchiaia”, caratterizzate da vene fibrose di spessore millimetrico (fig. V.77).

Fig. V.76: Serpentiniti

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106 Alla mesoscala è possibile riconoscere vene di dimensioni millimetriche aventi riempimento fibroso caratterizzato da fibre bianche (fig. V.78), accresciutesi ortogonalmente alle pareti della frattura (cross-fiber) che le ospita; tali vene sembrano essere le prime nella cronologia dei vari sistemi di vene presenti nelle serpentiniti.

Fig. V.78: Vene fibrose cross millimetriche

Le serpentiniti, in particolare quelle nella parte bassa del fronte di cava, ospitano vene massive, talvolta lamellari, che si possono presentare o di colore verde (fig. V.79), oppure composite, con la parte centrale verde chiaro e i bordi verde smeraldo e viceversa (fig. V.80).

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Fig. V.80: Vene compatte composite

Vene con morfologia che varia da lamellare a fibrosa, tagliano quelle compatte e si presentano sia con fibre accresciute parallelamente alle pareti delle fratture (slip-fiber) che perpendicolarmente (cross-fiber); il loro colore può variare da verde chiaro a verde smeraldo (fig. V.81).

Fig. V.81: Vene verdi lamellari (sx) e fibrose (dx)

Una tipologia di vene con morfologia asbestiforme si distingue da quelle descritte in precedenza, non solo perché taglia tutti i sistemi di vene, ma anche per i caratteri macroscopici (fig. V.82). Si tratta infatti di vene estremamente fibrose di colore bianco che, nella maggior parte dei casi, hanno le fibre asbestiformi parallele alle pareti delle fratture (fig. V.83).

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Fig. V.82: Vene fibrose bianche

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Fig. V.84: Particolari delle vene fibrose bianche

Queste vene hanno evidentemente la capacità di contaminare l’ambiente circostante, in quanto i frammenti di tali mineralizzazioni si ritrovano frequentemente nella zona attigua all’area di studio. Queste mineralizzazioni fibrose bianche sono presenti, non solo nelle vene (fig. V.84), ma anche nel detrito della cava (fig. V.85) e come alterazione superficiale della roccia (fig. V.86).

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Fig. V.85: Frammenti fibrosi nel detrito della cava Fig. V.86: Alterazione delle superfici della roccia

Le lenti rodingitiche derivano probabilmente da gabbri intrusi nelle lherzoliti che hanno subito processi metasomatici. Non superano i 2 metri di spessore (fig. V.87); sono piuttosto rare e non presentano né al loro interno, né al contatto con le serpentiniti, mineralizzazioni fibrose evidenti (fig. V.88).

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Fig. V.88: Rodingiti

Il lavoro svolto sul terreno è stato completato da una campagna di misure mirata ad individuare la posizione nello spazio della giacitura delle tre tipologie di vene individuate, ossia:

 vene isotrope (in seguito alle analisi saranno definite a serpentino),  vene fibrose (in seguito alle analisi saranno definite a serpentino),

 vene fibrose bianche (in seguito alle analisi saranno definite a tremolite-actinolite). È stata effettuata l’elaborazione statistica dei dati acquisiti al fine di ottenere su un reticolo stereografico polare una rappresentazione di densità dei poli, che corrispondono alle singole misure eseguite per ogni tipologia di elemento esaminato.

Il diagramma statistico relativo alle vene isotrope mette in evidenza due principali orientazioni: una suborizzontale ed una con giacitura subverticale con direzione NE-SW (fig. V.89).

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Fig. V.89: Stereonet vene isotrope

Le vene fibrose presentano una giacitura caratterizzata da immersione verso SW ed inclinazioni di circa 25° fino a suborizzontali e una con immersione verso NE e con inclinazioni di 30°-40° (fig. V.90).

Fig. V.90: Stereonet vene fibrose

Le vene fibrose bianche presentano una giacitura prevalentemente sub-orizzontale, ma è presente una modesta dispersione delle misure che indica una progressiva verticalizzazione di tali vene con una direzione preferenziale che varia da ENE-WSW fino a E-W. (fig. V.91).

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Fig. V.91: Stereonet vene fibrose bianche

I rapporti reciproci delle vene sono rilevabili alla scala dell’affioramento: vene millimetriche fibrose pervadono le serpentiniti e sono tagliate da vene compatte; a questi due sistemi si sovraimpongono vene fibrose e lamellari con composizione serpentinitica (fig. V.92). Il tutto è tagliato da un sistema di vene costituite da una mineralizzazione bianca asbestiforme che è chiaramente posteriore ai precedenti e che suggerisce come la formazione dei sistemi di vene sia probabilmente legata ad eventi di età differente.

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114 V.2.2 Caratterizzazione mineralogica e petrografica

La caratterizzazione mineralogico-petrografica delle rocce dell’affioramento ofiolitico di Sasso Cinturino ha comportato il campionamento dei litotipi e delle singole fasi fibrose presenti in vene. Sono stati campionati i seguenti elementi:

 serpentiniti con vene millimetriche fibrose,  serpentiniti con vene verdi compatte,  serpentiniti con vene fibrose bianche,  serpentiniti “ranocchiaia”

 contatti serpentinite-rodingite,  vene fibrose

I campioni sono stati caratterizzati come di seguito:

• le sezioni sottili dei campioni sono state osservate al microscopio polarizzatore per studiarne la microstruttura e per riconoscere i differenti minerali ed individuare quelli dall’aspetto fibroso;

• le vene sono state analizzate al diffrattometro a raggi X sia con camera Gandolfi che Bragg-Brentano per per la completa caratterizzazione mineralogica;

• le vene fibrose bianche sono state analizzate al SEM-EDS per ricavarne informazioni di carattere micro-morfologico e composizionale.

 Serpentiniti con vene millimetriche fibrose

Le serpentiniti della parte bassa della cava presentano vene fibrose di spessore millimetrico e submillimetrico, bianche con riflessi argentei. In sezione sottile si osservano pseudomorfosi di serpentino su pirosseni e olivina; i primi sono alterati e deformati (fig. V.93), mentre la seconda è completamente obliterata.

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115 Sono presenti numerose vene fibrose; quelle di spessore maggiore in genere tagliano quelle di spessore minore (fig. V.94)

Fig. V.94: Vena fibrosa di serpentino.

Le vene fibrose (cross-fiber) di spessore millimetrico che pervadono la roccia serpentinitica presente nella cava di Sasso Cinturino, sono state analizzate in diffrattometria a raggi X con camera Gandolfi e classificate come vene a crisotilo (fig. V.95).

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116  Serpentiniti con vene verdi compatte

Si tratta di serpentiniti pseudomorfe: sono riconoscibili i relitti di olivina e spinelli (fig. V.96).

Fig. V.96: Spinelli.

La vene macroscopicamente classificate come compatte al microscopio ottico appaiono composite e caratterizzate da bande (banded veins). Mentre vene di spessore submillimetrico e caratterizzate da morfologia fibrosa, tagliano sia le vene a bande che gli spinelli (fig. V.96). Si rileva inoltre la presenza di clorite (fig. V.97).

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Fig. V.98: Vena fibrosa; roccia incassante alterata a clorite.

Sono state effettuate analisi diffrattometriche sulle polveri della roccia, che risulta avere una forte componente a crisotilo e una componente minore a lizardite; ciò è confermato dalla presenza a livello macroscopico di vene isotrope; è invece possibile escludere la presenza di antigorite.

Fig. V. 99: Diffrattogramma di polveri di un campione di serpentinite con vene verdi compatte

 Serpentiniti con vene fibrose

I campioni di sepentiniti con vene fibrose, di colore variabile dal bianco al verde chiaro, presentano una tessitura a setaccio (mesh texture) con spinelli (fig. V.100), relitti di olivina e pirosseni, talvolta non alterati (fig. V.101). Si possono osservare tre tipologie di

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118 vene che, ordinate rispetto alle reciproche relazioni di intersezione (da cui è ipotizzabile una cronologia relativa), sono: fibrose submillimetriche di serpentino, millimetriche a pirosseno parzialmente alterato (probabilmente diopside, di origine magmatica) e fibrose millimetriche (ma di spessore superiore alle precedenti) ad anfibolo (fig. V.100).

Fig. V.100: Spinello e vena a pirosseno.

Fig. V.101: Pirosseni.

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119 Al contatto tra le vene e l’incassante, la serpentinite sembra alterarsi a tremolite (fig. V.103).

Fig. V.103: Contatto vena di anfibolo - serpentinite.

Sono state effettuate analisi diffrattometriche sulle polveri della roccia, che risulta avere una forte componente ad anfibolo, tanto che non sono evidenziabili picchi significativi appartenenti alle fasi del serpentino (fig. V.104).

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120  Serpentiniti “ranocchiaia”

Le serpentiniti “ranocchiaia” sono tipiche della parte superiore della cava oggetto di studio e all’esame al microscopio ottico presentano relitti di pirosseno e olivina e vene anastomizzate di serpentino fibroso che tagliano i minerali primari (fig. V.105-106).

Fig. V.105: Vene fibrose di serpentino.

Fig. V.106: Vena di serpentino.

 Contatti serpentinite-rodingite

Sono stati prelevati campioni al contatto tra le serpentiniti e le rare rodingiti, per verificare la presenza di fasi fibrose in queste regioni, in quanto le rodingiti si presentano massicce e prive di mineralizzazioni dalla morfologia fibrosa. La serpentinite in questi campioni si presenta con domini in cui l’olivina è scarsamente serpentinizzata (fig. V.107) e con numerose vene di serpentino caratterizzato da morfologia lamellare e fibrosa (fig. V.108). Il contatto con la rodingite risulta netto (fig. V.107) e non si rilevano minerali fibrosi. Nel dominio della rodingite non è possibile distinguere le strutture primarie ed è diffusamente presente clorite (fig. V.109).

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Fig. V.107: Relitto di olivina.

Fig. V.108: Dominio serpentinitico della sezione sottile

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122  Vene fibrose

Il campionamento delle vene fibrose, ha coinvolto l’intero affioramento. Sono stati raccolti 17 campioni, di cui 12 sono stati analizzati in diffrattometria a raggi X (sia in camera Gandolfi che col diffrattometro Bragg-Brentano) e 5 al SEM-EDS.

Dalle analisi in diffrattometria a raggi X le vene sono risultate essere vene composte principalmente da un anfibolo riconducibile ad una tremolite-actinolite (fig. V. 110). Solo due campioni, caratterizzati da una morfologia fibrosa, ma non asbestiforme, sono risultati essere crisotilo (fig. V.111).

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Fig. V.111: Diffrattogramma in camera Gandolfi di un campione di vena a crisotilo.

Sono stati analizzati al microscopio elettronico a scansione con sistema a dispersione di energia 5 campioni di vene bianche fibrose ad anfibolo ridotte in frammenti sia per valutarne la morfologia alla microscala, che per studiarne la chimica. I campioni mostrano un’evidente e spiccata fibrosità (fig. V.112). Le fibre sono aggregate e mostrano una morfologia asbestiforme ad elevati ingrandimenti.

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124 Le analisi EDS hanno mostrato la presenza di Ca, Mg, Si e minore Fe quali elementi con

Z > 9. Questi dati sono compatibili con un anfibolo calcico.

Wt% (average n=5) Σ St. Dev SiO2 59,35 0,31 CaO 12,99 0,40 FeO 4,97 0,91 MgO 22,69 0,52 Total 100

Tab. V.3: risultati delle analisi della tremolite-actinolite al SEM-EDS

Sono pertanto state condotte analisi semi-quantitative su una sezione opportunamente lucidata; i risultati, riportati in tab. V.3, portano a ricalcolare la seguente formula:

(Ca1.88Fe0.12)Σ=2.00 (Mg4.56Fe0.44) Σ =5.00 Si8.00O22(OH)2

Fig. V.113: Schema classificativo degli anfiboli (Leake et al., 1997)

Utilizzando lo schema nomenclaturale degli anfiboli proposti da Leake et al. (1997) (fig. V.113), i campioni di Sasso Cinturino possono essere descritti come termini di transizione fra tremolite e actinolite, con rapporti Mg/(Mg+Fe) intorno a 0.9. Nella formula 0.12 apfu (atomi per unità formula) di Fe sono stati inseriti assieme al Ca2+ per completare l'occupanza dei siti B, ma ulteriori approfondimenti saranno necessari sia

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125 per determinare la reale occupanza dei vari siti, sia per stabilire il reale stato di ossidazione del Fe (vedi Appendice 1, §2.1).

Pertanto l’anfibolo identificato costituisce un fattore di rischio a causa delle fibre respirabili che può generare. La tremolite-actinolite è classificata amianto e, in quanto anfibolo, a questo minerale è associato un livello di patogenicità superiore all’amianto di serpentino (Hughes et al., 1987). Inoltre in gran parte degli studi che rilevano casi di malattie indotte da esposizione ad amianto da fonte naturale hanno riscontrato la presenza di tremolite tra le fibre respirabili (§II.3, tab. II.4), in accordo con gli studi secondo cui gli anfiboli risultano maggiormente biopersistenti e quindi più pericolosi per la salute (Coffin et al., 1992).

V.2.3 Descrizione microstrutturale delle vene

Le osservazioni relative alle vene delle sezioni sottili dei campioni hanno permesso di evidenziare più sistemi di vene a diversa composizione e con differenti caratteristiche morfologiche e di determinarne i rapporti di sovrapposizione.

Le vene più comuni in sezione sottile sono quelle a serpentino composte da crisotilo o crisotilo+lizardite che si presentano con diverse morfologie. Le vene con morfologia fibrosa sono caratterizzate fibre generalmente perpendicolari o subperpendicolari alle pareti della vena e a volte presentano bande parallele alle pareti. Riempimenti fibrosi ed isotropi caratterizzano in alcuni casi anche la stessa vena, come riscontrato a scala dell’affioramento durante il lavoro di terreno. Per quanto riguarda le vene di anfibolo (tremolite-actinolite), esse sono sempre caratterizzate da riempimenti fibrosi con fibre sia perpendicolari che parallele alle pareti della vena.

Si possono quindi distinguere quattro tipologie di vene, rispettivamente: 1) vene fibrose di crisotilo,

2) vene composite a serpentino (crisotilo e/o lizardite), 3) vene a serpentino con riempimento lamellare,

4) vene fibrose di tremolite-actinolite. 1) Vene fibrose di crisotilo

Si tratta di vene con dimensioni submillimetriche. Lo spessore di queste vene presenta a scala della sezione sottile rapide variazione di spessore con terminazioni del tipo single

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126 birifrangenza variabile e direzioni da perpendicolari a sub-perpendicolari alle pareti della vena stessa (fig. V.114).

Fig. V.114: Vena submillimetrica di crisotilo.

In molti casi la direzione delle fibre cambia di pochi gradi andando dalle pareti al centro della vena e formando delle bande (banded veins; Ramsay, 1980) subparallele alla pareti della vena. Sono identificabili anche dei frammenti di pareti disposti parallelamente alle pareti (inclusions bands; Ramsay, 1980). In molti casi è identificabile anche una linea mediana, (median line; Ramsay 1980), che costituisce una linea di simmetria della vene stessa, anche se sono frequenti casi in cui le vene appaiono dissimmetriche rispetto alla linea mediana (fig. V.115).

Fig. V.115: Vena fibrosa di crisotilo che taglia un relitto di pirosseno.

Queste caratteristiche morfologiche indicano chiaramente una loro origine mediante meccanismi di crack-seal (Ramsay, 1980), ossia, come già illustrato, aperture seguite

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127 riempimenti ripetuti nel tempo (Fisher & Brantley 1992) e controllati dagli stress attivi (pressione dei fluidi e pressione di cristallizzazione) (Ramsay, 1980) (Wiltschko & Morse, 2001). Le relazioni tra le fibre e le pareti indicano di riempimenti di tipo antitassiale (antitaxial growth): la cristallizzazione avviene ai limiti vena-pareti e non appare influenzata dalla tessitura della roccia, come indicato dalla presenza di vene che tagliano i cristalli di pirosseno (fig. V.115).

2) Vene composite a serpentino

Questa tipologia di vene sono caratterizzate da spessori che variano da pochi millimetri a qualche centimetro. Lo spessore di queste vene non presenta a scala della sezione sottile rapide variazione di spessore con terminazioni del tipo single tapering. Il riempimento di queste vene è caratterizzato da alta brifrangenza e risulta in parte fibroso, in genere esternamente e parzialmente isotropo all’interno (fig. V.116). Dalle analisi effettuate e in accordo con dati di letteratura (Wicks & Whittaker, 1977; Andreani et al., 2004), tali vene presentano una forte componente a crisotilo e una minore compresenza di lizardite.

Fig. V.116: Vena composita a serpentino.

Lo spessore di queste vene è relativamente costante, mentre i bordi delle pareti sono netti, senza evidenza di discontinuità. La loro origine è legata a più eventi che causano lo sviluppo di fratture, ma con tempi e velocità diversi tali per cui si generano diversi tipi di strutture all’interno della stessa vena. La giacitura delle vene composite conferma il fatto che le vene fibrose utilizzano per il loro sviluppo le discontinuità rappresentate dalle vene pre-esistenti che rappresentano evidentemente elementi più facilmente utilizzabili. Le vene composite, in particolare nelle zone a riempimento isotropo, sono

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128 caratterizzate dalla presenza di bande parallele alle pareti che ne ricalcano il bordo (fig. V. 117).

Fig. V.117: Vena composita a serpentino asimmetrica.

3) Vene a serpentino con riempimento lamellare.

Nelle serpentiniti tipiche delle zone a contatto con i corpi rodingitici si sistemi di vene fibrose a crisotilo e vene composite sono tagliate da vene a serpentino con morfologia lamellare (fig. V.118) simili a quelle descritte da Wicks & Whittaker (1977) e riconosciute come vene ad antigorite. La roccia serpentinitica presente nel sito di studio, dalle analisi mineralogiche non ha mostrato contenere antigorite, ma questa tipologia di serpentiniti, essendo rappresentativa di aree poco estese e circoscritte, non è stata caratterizzata mineralogicamente. Pertanto non è nota la tipologia di serpentino che compone la vena.

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129 4) Vene fibrose a tremolite-actinolite.

Si tratta di vene con spessore generalmente centimetrico e con riempimento parallelo alle pareti delle fratture (slip-fiber vein) (fig. V.119). La formazione di queste vene è legata a fratture dove predominano i meccanismi di taglio semplice. In questo caso è tuttavia ipotizzabile che le fibre parallele alle pareti della vena si sviluppino in strutture tipo releasing bands.

Fig. V.119: Struttura deformativa al contatto tra la vena di anfibolo (slip-fiber) e la serpentinite.

Le vene alla scala della sezione sottile presentano invece spessore inferiore al centimetro e riempimento perpendicolare alle pareti della frattura (cross-fiber vein) con una ben evidente linea mediana (median line). Le fibre si presentano organizzate in fasci e non sono caratterizzate da variazioni significative di orientazione all’interno della vena (fig. V.120). Questa caratteristica morfologica indica chiaramente una loro origine mediante meccanismi di crack-seal (Ramsay, 1980), in analogia alle vene fibrose di crisotilo.

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130 Entrambe le tipologie di vene di tremolite-actinolite non presentano rapide variazioni di spessore e il loro riempimento è caratterizzato da alta brifrangenza. I contatti tra la vena e le pareti sono sempre molto netti.

L’analisi delle sezioni sottili ha messo in evidenza dei rapporti relativamente sistematici tra i vari sistemi di vene. Le evidenze tessiturali indicano che le vene di serpentino precedono le vene di tremolite. Per quanto riguarda le vene fibrose a crisotilo, sono organizzate in più sistemi a diversa orientazione che si intersecano gli uni con gli altri. Le vene composite sono generalmente tagliate da quelle a morfologia fibrosa (fig. V.121).

Fig. V.121: Vena submillimetrica di crisotilo taglia una vena a bande.

Tuttavia, in alcuni casi è stato riscontrato il contrario. Sono comuni le vene fibrose di crisotilo sviluppate ai bordi di quelle isotrope. Vene di serpentino caratterizzate da riempimento lamellare tagliano sia le vene fibrose a crisotilo che quelle composite. Le vene di tremolite, sia quelle con fibre perpendicolari che quelle con fibre parallele alle pareti, tagliano tutti i sistemi di vene precedentemente illustrati. Quest’ultima considerazione trova riscontro con lavori analoghi effettuati sulle serpentiniti delle Alpi piemontesi (Compagnoni & Groppo, 2006). Le vene di tremolite riscontrate sulle Alpi risultano inoltre localizzate in discontinuità (faglie o zone di frattura) parallelamente alla direzione del movimento e quelle con spessore maggiore, superiore a 5 cm, sono solitamente associate a movimenti di faglia con componenti estensionali (Ballirano et al., 2008; Pacella et al., 2008).

IV.2.4 Stima del materiale potenzialmente fonte di fibre

Date le condizioni in cui versa la cava oggetto di studio, non è stato possibile effettuare una quantificazione degli elementi potenzialmente fonte di fibre alla mesoscala. Quindi

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131 per quantificare tali elementi è stata impostata un’analisi di immagine esclusivamente alla microscala relativamente alle serpentiniti (fig. V.122).

Il metodo utilizzato è lo stesso descritto nel paragrafo precedente (§ V.1.3).

Le sezioni sottili prese in considerazioni sono sia di serpentiniti con vene a serpentino (R1, R4, R16) che con vene a tremolite-actinolite (M7, R18) (tab. V.4).

A: Immagine scansione sezione sottile B: Immagine a 8 bit

C: Quantificazione minima D: Quantificazione massima

Fig. V.122: Elaborazione dell’immagine della sezione sottile del campione R16

Campione % Min % Max

M7 32,1 46,22 R1 56,78 84,56 R4 41,91 75,88 R16 56,54 74,09 R18 30,16 41,58 MEDIA 43,50% 64,47% SD 12,81 19,26

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132 La media dei dati ottenuti risulta come di seguito:

Media % degli elementi potenzialmente fonte di fibre alla microscala≅

43% al minimo 64% al massimo

V.2.5 Risultati

Le serpentiniti costituiscono il litotipo nettamente predominante; sono estremamente tettonizzate e presentano differenti tipologie di vene, sia di carattere fibroso che massivo, i cui rapporti reciproci sono rilevabili anche alla scala dell’affioramento; sono stati individuati pertanto tre sistemi di vene di cui è stata misurata la giacitura. Le vene fibrose sono sia di tipo slip che cross. Sono stati campionati i litotipi presenti e le fasi minerali aventi aspetto fibroso. Sono state effettuate analisi di laboratorio (XRD e SEM-EDS) al fine di definire la natura di queste ultime. In appendice 3 sono riportati tutti i dati diffrattometrici ritenuti significativi per il riconoscimento delle mineralizzazioni. I minerali fibrosi identificati sono tremolite-actinolite e crisotilo, entrambi classificati amianto. L’identificazione dell’anfibolo tremolite-actinolite riveste particolare importanza ai fini della valutazione della pericolosità del sito in esame: la fase minerale è ben individuabile a scala dell’affioramento e si presenta in vene centimetriche con fibre lunghe e particolarmente flessibili, caratterizzate quasi sempre da un accrescimento parallelo alle pareti della frattura. Questa tipologia di vene, la cui giacitura risulta posteriore ai sistemi di vene a serpentino, è peculiare dal punto di vista geologico, in quanto potrebbe essere prova di una correlazione tra giacitura delle vene e contesto tettonico. Questo studio ovviamente non è sufficiente per asserire le considerazioni suddette, ma, nonostante esuli dall’obiettivo del presente lavoro, offre uno spunto di riflessione per un’eventuale indagine a scala regionale finalizzata alla verifica di tale ipotesi.

La localizzazione degli elementi potenzialmente fonte di fibre minerali è stata circoscritta tramite analisi d’immagine alla microscala, ovvero effettuata su scansioni di sezioni sottili; non è stato possibile effettuare l’analisi d’immagine alla mesoscala a causa delle condizioni in cui versa l’affioramento. Pertanto l’analisi d’immagine alla microscala ha permesso di valutare una percentuale variabile dal 43% al 64% di materiale potenzialmente fonte di fibre.

La cava in esame presenta quindi un modesto livello di pericolosità, non solo per la presenza di frammenti fibrosi nell’area limitrofa che testimoniano la dispersione di fibre,

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133 ma anche perché si tratta, oltre che di amianto da serpentino, principalmente di tremolite-actinolite. Gli anfiboli di questo tipo risultano, da studi sia epidemiologici che citotossici, più patogeni dell’amianto da serpentino e, in particolare, la citotossicità sembra essere correlata con il contenuto in ferro, di cui le fasi rilevate sono particolarmente ricche.

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