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DISCUSSIONE Appendicite acuta

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Academic year: 2021

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DISCUSSIONE

Appendicite acuta

Dal confronto tra i dati dello studio e quelli riportati dalla Cochrane Review di Sauerland (20), si riconosce che il tasso di conversione riferito al totale dei pazienti trattati in laparoscopia, è più basso (0,8% vs 2,1%), mentre la durata media dell’intervento, la durata media della degenza post-operatoria, la morbilità e la mortalità sono simili. La laparoscopia, anche se richiede uno strumentario alquanto costoso, si presenta vantaggiosa sotto il profilo economico rispetto alla laparotomia a causa del notevole risparmio legato alla minore durata della degenza e al minor ricorso di farmaci analgesici.

Dei 305 pazienti operati in laparoscopia considerati in questo studio, nei casi con

appendicite acuta complicata si è dovuto ricorrere alla conversione in laparotomia solo in 4 casi (1,3%) e si sono avute complicanze in 9 casi (3,0%). Dalla analisi statistica di confronto tra le appendiciti acute semplici e le appendiciti acute complicate emerge chiaramente che il tempo operatorio, il tasso di conversione e la degenza aumentano significativamente in presenza di una forma complicata.

La laparoscopica è una tecnica che oltre ad avere numerosi vantaggi nella esplorazione addominale nel sospetto clinico di appendicite acuta, si è dimostrata sicura e efficace nel trattamento delle appendiciti acute focali, in assenza di massiva contaminazione peritoneale.

Nelle appendiciti complicate, specialmente in presenza di una perforazione o di una peritonite diffusa, aumentano le difficoltà tecniche e la possibilità di complicanze infettive, in particolare degli ascessi intraddominali (1%). Dall’analisi dei risultati della Cochrane, si evince che la laparoscopia rispetto alla open è associata ad una maggiore incidenza di ascessi addominali (1,8% vs 0,6%); l’incidenza di ascessi intra-addominali, riportata nella nostro studio (1%), non solo rappresenta un valore inferiore rispetto a quanto riportato in letteratura dopo laparoscopia ( 1,8%), ma si avvicina molto a quello considerato nelle appendicectomie open (0,6%)

Una adeguata curva di apprendimento e un’accurata manipolazione-toilette intraoperatoria consentono, comunque, di trattare in sicurezza anche le forme di appendicite complicata con risultati simili a quelli ottenuti mediante tecnica chirurgia tradizionale.

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In conclusione, la laparoscopia rappresenta la tecnica con cui dovrebbe essere

effettuata di routine l’asportazione dell’ appendice infiammata, sia nelle appendiciti acute semplici che in quelle complicate.

Colecistite acuta litiasica

Dal confronto con lo studio di Priego et al. (156), si riconosce che, per quanto riguarda i pazienti trattati con videolaparocolecistectomia, la durata media di degenza post-operatoria è simile (4,3 gg vs 3,6 gg), il tasso di conversione è più basso (4,7% vs 8,3%) e la morbilità più alta (7,5% vs. 2,3%); mentre la mortalità corrisponde a quanto riportato in letteratura (0,5% vs 0,5%).

Analizzando i risultati dei vari parametri utilizzati, tra i pazienti con diverso grado di colecistite acuta litiasica, si evince che la laparoscopia non presenta significative differenze tra i pazienti di grado G1, G2 e G3 per quanto riguarda il tasso di conversione, la durata media di degenza post-operatoria e la mortalità; mentre sono significative le differenze riguardo alla durata media dell’intervento e quasi significative quelle riguardo la morbilità a svantaggio delle forme di grado maggiore rispetto a quelle di grado minore.

In ogni caso, la videolaparocolecistectomia è una metodica efficace e sicura per il

trattamento della patologia litiasica-infiammatoria a carico della colecisti e della VBP di tutti e tre i gradi: essa dovrebbe essere eseguita entro le 24-48 h dalla comparsa dei sintomi; è consigliato, inoltre, praticare la colangiografia intraoperatoria di routine, in quanto oltre ad essere facilmente fattibile ed altamente diagnostica (soprattutto per quei pazienti che presentano una litiasi della VBP asintomatica), garantirebbe diversi vantaggi, come la riduzione dei tempi di degenza e del tasso di morbilità, rispetto ad una ERCP eseguita prima dell’intervento.

Ciononostante, non tutte le equipe chirurgiche ricorrono al trattamento intraoperatorio della calcolosi del coledoco, preferendo eseguire una ERCP pre- o post-operatoria. In realtà, da questo studio è emerso che dei 28 casi (13,5%), in cui è stata dimostrata associazione con la calcolosi delle vie biliari principali, in ben 24 pazienti (85,7%) è stato effettuata con successo la bonifica intraoperatoria completa del coledoco.

Quindi, in conclusione, la colangiografia intraoperatoria permette di identificare i casi

di litiasi del coledoco, consentendo peraltro, in una elevata percentuale dei casi, anche il trattamento intraoperatorio.

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Emergenze ginecologiche

In questo ambito patologico, i risultati ottenuti dall’analisi dei pazienti operati in laparoscopia sono perfettamente in linea con i dati riportati nello studio di Schietroma et al, eccezion fatta per il tasso di conversione che è risultato più elevato (3,9% vs. 0%) (157).

A differenza dello studio di Aulestia et al. (92), una diagnosi più precisa rispetto a quanto ottenuto per mezzo delle indagini pre-operatorie, è stata rilevata in tutti i casi (100% vs. 54,5%); mentre la morbilità (5,9% vs.0%) e la durata media di degenza post-operatoria (2,9 v. 1,6 giorni) sono più elevati.

In questo studio si evidenzia che, rispetto alla chirurgia open, la procedura laparoscopica presenta lo stesso grado di efficacia e di sicurezza, associandosi, però, ad un periodo di ricovero più breve e a notevoli vantaggi da un punto di vista estetico.

Le patologie studiate che, richiedono più frequentemente l’uso della VL sia per la diagnosi che per la terapia, sono: le annessiti, le torsioni di cisti ovariche e l’emoperitoneo da rottura di follicolo emorragico; il successo nella remissione dei sintomi e nella risoluzione del problema è stato ottenuto nel 100% dei casi.

Quindi, in considerazione dei risultati e dei classici vantaggi associati alla laparoscopia,

si può ritenere l’approccio laparoscopico un cruciale momento diagnostico-terapeutico in situazioni di addome acuto di natura incerta in donne di età fertile.

Sindromi occlusive

La frequente presenza di controindicazioni alla laparoscopia, l’età media avanzata, un elevato tasso di conversione (51,7%), la presenza di un quadro di aderenze molto spesso diffuse, giustificano, in parte, il ricorso meno estensivo della laparoscopia rispetto alla laparotomia nel trattamento delle sindromi occlusive (43,8% vs. 55.6%).

I risultati sono sostanzialmente in linea con il recente lavoro di Farinella et al (158): in questo studio si ritiene che la laparoscopia presenti un efficacia del 60-100% da un punto di vista diagnostico, mentre da un punto di vista terapeutico, solo del 40-88%; per questo motivo, gli autori considerano utile effettuare un’accurata selezione dei pazienti, in relazione ad alcuni fattori predittivi quali: precedenti laparotomie, durata dell’occlusione, presenza di ischemia o necrosi intestinale e comorbidità.

Il tasso di conversione considerato nei risultati (51,7%), anche se corrisponde al dato presente in letteratura (50-60%), è ancora piuttosto alto: questi è legato, principalmente, alla difficoltà tecniche di esplorazione in presenza di notevole distensione intestinale,

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all’esistenza di massive aderenze legate a pregressi interventi in laparotomia, e soprattutto alla necessità di eseguire resezioni intestinali in caso di ischemia prolungata. Le complicanze intra-operatorie, quali perforazioni del viscere, sono praticamente inesistenti, a differenza di quanto riportato in vari studi (12-36%) (109,111,159,160). Alla luce dei risultati ottenuti, si può affermare che la laparoscopia con tecnica open

rappresenti un’approccio fattibile ed efficace per il trattamento dell’occlusione intestinale da briglie, volvolo o aderenze post-operatorie, ma, considerando, che il tasso di conversione è ancora piuttosto alto (50-60%) e che questi si associa ad una notevole incremento della morbilità, sarebbe opportuno selezionare adeguatamente i pazienti candidabili alla laparoscopia.

Traumi addominali

Il ricorso a laparotomie in urgenza con esito negativo in pazienti con addome acuto traumatico emodinamicamente stabili o con addome acuto di natura incerta, può essere significativamente ridotto con il ricorso alla laparoscopia: è anche vero che l’unione di un’Eco-FAST (SE 84%) con una TC Addome (SE 98%), metodiche molto meno invasive, riduce notevolmente il rischio di un’esplorazione laparotomica negativa (161). Il ricorso alla laparoscopia, in quei pazienti sottoposti a trattamento conservativo (NOM) andati incontro ad un peggioramento della stabilità emodinamica, può ridurre l’incidenza non solo di laparotomie non necessarie, ma anche della mortalità e della morbilità totale (162).

Anche se dal confronto con il recente lavoro di Mallat et al. (163), si evidenzia un più elevato tasso di conversione (16,6% vs. 12,3%), si riconosce che i dati riportati sono sostanzialmente in linea con quelli riportati in letteratura.

Da risultati ottenuti, si evince che, oltre al possibile ruolo diagnostico che può avere soprattutto nei traumi penetranti, la laparoscopia diventa sempre più fattibile anche come approccio terapeutico, in virtù del continuo progresso della tecnologia e dell’esperienza dei chirurghi.

Vista la ridotta morbilità e mortalità della LA, sarebbe opportuno considerare questo approccio come il gold standard per pazienti emodinamicamente stabili, sia con trauma chiuso che con trauma penetrante, non solo per poter ispezionare la cavità addominale alla ricerca di eventuali lesioni degli organi presenti, ma, se necessario, anche per poter trattare, con buona probabilità di successo, lacerazioni del diaframma e lesioni minori dei visceri parenchimatosi.

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Perforazione di ulcera peptica

Nello studio la maggior parte dei pazienti con ulcera peptica perforata è stato sottoposto a intervento in open (56,2% vs. 43,8%), anche in relazione al fatto che, molto spesso, questo tipo di pazienti è affetto da comorbilità (es. cardiopatie, neuropatie, discrasie ematiche come leucemie, bronco-pneumopatie) e da un’età media piuttosto avanzata (media età: 64,4 anni).

Rispetto al recente studio preso come riferimento, il LAMA Trial (LAparoscopische MAagperforatie) (164), il tasso di conversione (28,6% vs 8%), la morbilità (21,4% vs 18%), la durata media della degenza post-operatoria (10,3 vs 6,5 gg.) e la durata media dell’intervento (109 min. vs. 75 min.) sono risultati più elevati; la mortalità, invece, è risultata più bassa (0% vs. 4%).

Inoltre, bisogna considerare che il tasso di conversione ottenuto nel nostro studio (28,6%), è inferiore a quanto riportato nello studio di Seelig et al.: 50-60% (165). Se fino a qualche tempo fa si riteneva che in laparoscopia vi fosse un aumentato rischio di sepsi intra-operatoria, dovuto allo spandimento in cavità addominale di germi patogeni, a causa dello pneumoperitoneo (143), oggi vari trials, tra cui una recente Cochrane Review (166), dimostrerebbero che non vi sono significative differenze tra la laparoscopia e la laparotomia per quanto riguarda il rischio di complicanze settiche addominali sia intra che post-operatorie.

Allo stato attuale, diversi autori tra cui Matsuda et al. (167), Siu et al. (168) e Pappas et al. (169) ritengono che la riparazione laparoscopica dell’ulcera peptica sia più efficace rispetto a quella laparotomica, soprattutto per quelle ulcere che non superino i 10 mm di diametro, e in pazienti emodinamicamente stabili, in grado di tollerare adeguatamente lo pneumoperitoneo.

In conclusione, anche se per i chirurghi la riparazione in open di una perforazione di

ulcera peptica è una procedura più familiare e più veloce della laparoscopia, si può dire che in pazienti emodinamicamente stabili, l’intervento in laparoscopia è sicuro, efficace e vantaggioso, soprattutto se effettuato da operatori esperti, e si associa ad una mortalità significativamente bassa.

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CONCLUSIONI

Lo studio condotto ha avuto lo scopo di dimostrare la fattibilità, la sicurezza e l’efficacia della videolaparoscopia nell’ambito di patologie piuttosto comuni nei reparti di chirurgia generale.

Con i soddisfacenti risultati che si sono ottenuti, è possibile affermare che questa tecnica chirurgica sia un’ottima scelta, ove non vi siano controindicazioni come l’instabilità emodinamica, per il trattamento di situazioni d’urgenza, quali l’appendicite acuta, la colecistite acuta litiasica, le emergenze ginecologiche, le sindromi occlusive, i traumi viscerali, la perforazione di un’ulcera peptica.

Se è vero che oggi la videolaparoscopia è una tecnica consolidata nel mondo della chirurgia, si ha molta fiducia che in futuro possano svilupparsi metodiche ancor più vantaggiose e meno invasive.

Con il rapido sviluppo della tecnologia a cui assistiamo nella nostra società, e con la progressiva acquisizione di un certo grado di esperienza da parte dei chirurghi, si confida nel fatto che la videolaparoscopia diventi sempre più una tecnica familiare per gli operatori, cosicché possano trarne vantaggio non solo i pazienti, ma anche il Sistema Sanitario Nazionale.

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