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CONOIDI ANOMALI ALPINI: DALLA GENESI AI DISSESTI ATTUALI

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(1)

POLITECNICO DI MILANO

DIPARTIMENTO DI INGEGNERIA CIVILE E AMBIENTALE

PROGRAMMA DI DOTTORATO IN INGEGNERIA AMBIENTALE E DELLE INFRASTRUTTURE  

CONOIDI ANOMALI ALPINI:

DALLA GENESI AI DISSESTI ATTUALI

Tesi di dottorato di:

Erika De Finis

Relatore:

Prof. Laura Scesi

Correlatori:

Paola Gattinoni Lorenzo Marchi

Coordinatore del corso di dottorato:

(2)

...ai miei cuccioli

“Ogni persona che incontri è migliore di te in qualcosa; in quella cosa impara”

(3)

Abstract

The assessment of the hydrogeological hazard along some Alpine valley floors (i.e. Valtellina, Val Venosta) cannot disregard the processes ruling the evolution of the sedimentary fans. In particular, this thesis studied the typical processes linked to the anomalous fans, which are characterized by a very high ratio between the fan area and the area of the basin.

With reference to these anomalous basin-fan systems and according to previous studies, the present work proposes an emplacement sequence reconstructed based on geomorphological, structural and stratigraphic evidences related to three Valtellina’s anomalous fans (namely Migiondo, Ponte in Valtellina and Sernio fans). This study pointed out that the genesis of these anomalous fans is related to the collapse of a sector of a Deep-Seated Gravitational Slope Deformation by rock avalanche, whose runout is confined; currently the proto-deposit is completely or partially hidden by more recent deposits of debris flows. These morphologies can be classified therefore as fans dominated by landslide, differentiated from classical alluvial fans or debris-flow.

At present day, the main hydrogeological hazard in anomalous basin-fan systems is related to the occurrence of debris flows, favored by the following conditions: small basin with large amount of debris, high slope both in the basin and in the fan area, lack of an organized hydraulic network. The first two conditions also rule the runout process of debris flows in anomalous systems: they can bring about a predominance of the erosion and entrainment processes in determining the magnitude of the event.

In the present study the pseudo 3D model RAMMS DEBRIS FLOW (a numerical code describing the runout of debris flow as a continuum based on the Voellmy-Salm rheology) was used to verify its applicability in anomalous systems. At this aim, a back analysis was carried out to reproduce the debris flow dynamic in the Gadria (Val Venosta, northern Italy) anomalous system, where the fan area is often interested by the runout of debris flows. The source areas of these debris flows (located in the head zone of the basin) are quite small, whereas their magnitude (in term of volume of debris) on the fan is much higher, because of entrainment process. Actually, monitoring data showed that the volume eroded during the runout of the 2013 event is over the 80% of the whole final volume of the debris flow. Based on the monitoring data available, the back analysis provided values of these

(4)

parameters more similar to the ones typical for rock avalanches instead of the values generally used for the simulation of debris flows.

The strength parameters obtained by the Gadria back analysis have been used as starting point for the numerical simulation of debris flow events in a similar anomalous system (Sernio, northern Italy (SO)) in order to define the fan debris flow susceptibility. The source areas of the Sernio basin has been identified based on in situ surveys. As no monitoring data were available for site-specific calibration, the simulation was carried out with a stochastic approach, considering a probability distribution of the friction parameters centered on the Gadria best values, and analysing the results in terms of probability distribution of the runout susceptibility, as well as of the flow height. Numerical results pointed out the influence of entrainment in the hydrogeological hazard, especially with reference to the runout distance and the extension of the depositional area, which reaches the urban area on the fan.

(5)

Sommario sintetico

Introduzione 1

CAPITOLO 1 Caratterizzazione dei conoidi anomali dominati da

frana 3

CAPITOLO 2 Il controllo dei conoidi anomali sulla sequenza quaternaria del fondovalle valtellinese ((SO), Nord Italia)

39

CAPITOLO 3 Colate detritiche lungo i conoidi anomali:

caratteristiche e metodi di analisi 65 CAPITOLO 4 Modellazione numerica delle colate detritiche 93 CAPITOLO 5 Modellazione di una colata detritica lungo il conoide

anomalo del Gadria 110

CAPITOLO 6 Il conoide anomalo di Sernio (Valtellina (SO)): genesi, evoluzione e suscettibilità agli eventi di colate

detritiche

151

Conclusioni generali 186

ALLEGATO 1

Rilievo fotografico della scarpata dei conoidi di Sernio (tramite drone) e del Migiondo

ALLEGATO 2

Rilievo Geologico Tecnico

(6)

Sommario

INTRODUZIONE ... 1

1 CARATTERIZZAZIONE DEI CONOIDI ANOMALI DOMINATI DA FRANA ... 3

PREMESSA ... 3

1.1 DEFINIZIONE DI CONOIDE ... 4

1.2 I CONOIDI ANOMALI ... 6

1.3 PROCESSI COINVOLTI NELLA FORMAZIONE E NELL’ EVOLUZIONE DI PICCOLI BACINI IDROGRAFICI CHE SOTTENDONO CONOIDI ANOMALI ... 11

1.3.1 IL CONOIDE ANOMALO DEL NORTH LONG JOHN (CALIFORNIA) ... 13

1.3.2 SIGNIFICATIVI ESEMPI DI CONOIDI ANOMALI SULLE ALPI ... 15

1.3.3 UN ESEMPIO DI CONOIDE ANOMALO IN TIBET ... 19

1.4 RICOSTRUZIONE DELL’EVOLUZIONE DI CONOIDI ANOMALI SULLA BASE DELLE MORFOLOGIE ATTUALI ... 23

1.5 CARATTERIZZAZIONE DEI DEPOSITI DI CONOIDI ANOMALI ... 28

1.6 CONOIDI ANOMALI VALTELLINESI ANALIZZATI NEL PRESENTE STUDIO ... 31

1.7 CONCLUSIONI... 34

BIBLIOGRAFIA ... 38

2 IL CONTROLLO DEI CONOIDI ANOMALI SULLA SEQUENZA QUATERNARIA DI UN TRATTO DI FONDOVALLE VALTELLINESE ((SO), NORD ITALIA) ... 41

PREMESSA ... 41

2.1 RELAZIONI TRA LA MESSA IN POSTO DI CONOIDI ANOMALI E LA FORMAZIONE DI LAGHI DI SBARRAMENTO DEL FONDOVALLE ... 43

2.2 RICOSTRUZIONE DEL FONDOVALLE VALTELLINESE TRA PONTE IN VALTELLINA E SONDALO ... 45

2.2.1 RICOSTRUZIONE DELL’ASSETTO STRATIGRAFICO DEI DEPOSITI DEL FONDOVALLE VALTELLINESE IN CORRISPONDENZA DEL CONOIDE DI PONTE IN VALTELLINA ... 47

2.2.2 RICOSTRUZIONE DELL’ASSETTO STRATIGRAFICO DEI DEPOSITI DEL FONDOVALLE VALTELLINESE IN CORRISPONDENZA DEL CONOIDE DI SERNIO 51 2.2.3 RICOSTRUZIONE DELL’ASSETTO STRATIGRAFICO DEI DEPOSITI DEL FONDOVALLE VALTELLINESE IN CORRISPONDENZA DEL CONOIDE DEL MIGIONDO ... 54

2.3 SCARPATE IN ZONA DISTALE ... 57

2.4 CONCLUSIONI... 64

BIBLIOGRAFIA ... 66

3 COLATE DETRITICHE LUNGO CONOIDI ANOMALI: CARATTERISTICHE E METODI DI ANALISI ... 68

PREMESSA ... 68

3.1 DESCRIZIONE E DINAMICA DELLE COLATE DETRITICA A SCALA DI BACINO ... 70

3.2 MECCANISMI DI INNESCO DI UNA COLATA DETRITICA ... 74

3.3 MECCANISMI DI PROPAGAZIONE DI UNA COLATA DETRITICA ... 75

3.4 MECCANISMI DI DEPOSIZIONE E FACIES DEI DEPOSITI DI COLATA ... 79

3.5 REOLOGIA DI UNA COLATA DETRITICA ... 81

3.6 ANALISI DELLE COLATE DETRITICHE ... 83

(7)

BIBLIOGRAFIA ... 89

4 MODELLAZIONE NUMERICA DELLE COLATE DETRITICHE... 94

4.1 PREMESSA ... 94

4.2 IL MODELLO NUMERICO DINAMICO RAMMS(RAPID MASS MOVEMENTS) ... 95

4.3 EQUAZIONI ALLA BASE DEL MODELLO NUMERICO ... 96

4.4 DATI DI INPUT E RISULTATI ... 97

4.5 LA LEGGE DI SCHUERCH: UN ALGORITMO IMPLEMENTATO IN RAMMS PER SIMULARE IL TRASCINAMENTO ... 99

4.6 PARAMETRI D’ATTRITO DEL MODELLO ... 103

4.7 CONCLUSIONI... 106

BIBLIOGRAFIA ... 107

5 MODELLAZIONE DI UNA COLATA DETRITICA LUNGO IL CONOIDE ANOMALO DEL GADRIA ... 109

5.1 PREMESSA ... 109

5.2 INQUADRAMENTO GEOGRAFICO ... 111

5.3 INQUADRAMENTO GEOLOGICO-STRUTTURALE-GEOMORFOLOGICO ... 112

5.4 IL SISTEMA DI MONITORAGGIO DELLE COLATE DETRITICHE ... 116

5.5 METODOLOGIA APPLICATA NELLA SIMULAZIONE DELLA COLATA 2013 ... 118

5.6 AREA SORGENTE, DISTANZA D’ARRESTO, TRASCINAMENTO (ENTRAINMENT) ... 119

5.6.1 POSIZIONE DELL’AREA SORGENTE ... 119

5.6.2 LUNGHEZZA PERCORSA E DISTANZA DI ARRESTO ... 120

5.6.3 STIMA DEI VOLUMI DETRITICI MOBILIZZATI DAL PASSAGGIO DELLA COLATA ... 121

5.7 ELABORAZIONE DEL MODELLO DIGITALE DEL TERRENO (DTM) ... 122

5.8 RICOSTRUZIONE DELL’IDROGRAMMA ... 123

5.8.1 DATI UTILIZZATI NELLA COSTRUZIONE DELL’IDROGRAMMA ... 123

5.8.2 CALCOLO DELLE AREE DI DEFLUSSO LUNGO LE SEZIONI D2 E D3 E CREAZIONE DELL’IDROGRAMMA DELLE PORTATE. ... 124

5.8.3 SEMPLIFICAZIONE DELL’IDROGRAMMA SPERIMENTALE ... 126

5.9 DESCRIZIONE DELLE SIMULAZIONI EFFETTUATE ... 128

5.10 ANALISI DI SENSITIVITÀ ... 131

5.11 CONSIDERAZIONI SULLE MODELLAZIONI REALIZZATE ... 139

5.11.1 CICLO A ... 139

5.11.2 CICLO B ... 141

5.12 CONFRONTO TRA I RISULTATI DEI DUE CICLI DI SIMULAZIONE ... 142

5.12.1 VELOCITÀ, ALTEZZA E DURATA DELL’EVENTO ... 142

5.13 AREA DI DEPOSIZIONE ... 143

5.14 ANALISI DI SENSITIVITÀ AL VARIARE DELL’AREA INTERESSATA DA EROSIONE ... 144

5.15 CONCLUSIONI ... 147

BIBLIOGRAFIA ... 149

6 IL CONOIDE ANOMALO DI SERNIO (VALTELLINA (SO)): GENESI, EVOLUZIONE E SUSCETTIBILITÀ AGLI EVENTI DI COLATE DETRITICHE ... 151

PREMESSA ... 151

6.1 INQUADRAMENTO DELL’AREA DI STUDIO ... 153

6.2 CARATTERIZZAZIONE DELLA ZONA DI TESTATA DEL BACINO ... 156

6.3 CARATTERIZZAZIONE DEL DEPOSITO DI CONOIDE ... 160

6.4 RICOSTRUZIONE DELLA POSSIBILE SEQUENZA EVOLUTIVA DEL CONOIDE E VALUTAZIONE DEI RISCHI RESIDUI ... 164

6.5 SUSCETTIBILITÀ AD EVENTI DI COLATE DETRITICHE LUNGO IL CONOIDE DI SERNIO ... 168

6.6 CONCLUSIONI... 181

BIBLIOGRAFIA ... 184 VI

(8)

... 186 CONCLUSIONI GENERALI... 186 RINGRAZIAMENTI ... 190

(9)

Introduzione

I conoidi sedimentari sono elementi morfologici, tipicamente a ventaglio, estensivamente diffusi nei contesti montani e la cui genesi è attribuibile a diversi processi.

In generale, l’evoluzione morfodinamica del bacino di alimentazione del conoide condiziona fortemente sia il meccanismo genetico del conoide stesso, sia la sua evoluzione e, di conseguenza, la potenziale pericolosità di queste aree, che sono spesso fortemente antropizzate. La valutazione del rischio idrogeologico dei fondovalli alpini non può pertanto prescindere da un attento studio delle interazioni tra i conoidi e i loro bacini di alimentazione. Questo significa considerare il sistema bacino-conoide come un’unica entità morfodinamica, della quale è necessario ricostruire l’origine e i processi evolutivi ancora in atto, per poter giungere ad una valutazione delle attuali fragilità che lo interessano.

A questo scopo, nel presente lavoro di tesi sono stati analizzati alcuni sistemi conoide-bacino che presentano caratteri morfologici anomali, tra i quali un rapporto particolarmente elevato tra la superficie del conoide e la superficie del bacino di alimentazione.

Di tali sistemi anomali sono stati ricostruiti i meccanismi genetici ed evolutivi, sulla base di evidenze morfologiche e stratigrafiche. L’analisi, condotta dapprima su esempi ricavati dalla bibliografia internazionale, viene poi dettagliata con esempi di sistemi anomali individuati in area alpina e, in particolare, in quella valtellinese.

Nei casi di studio esaminati le evidenze morfologiche hanno permesso di identificare come i processi gravitativi siano predominanti su quelli idraulici nel controllare l’origine e l’evoluzione di questi conoidi anomali. Le evidenze sedimentologiche, invece, hanno messo in luce la frequente formazione di laghi di sbarramento e il successivo sviluppo di imponenti scarpate nella zona distale del conoide, a seguito di processi erosivi.

Una volta ricostruito il modello genetico concettuale di questi sistemi conoide-bacino dominati da processi gravitativi, si è passati all’analisi dell’attuale stato di dissesto. Tra le fragilità che interessano

(10)

i conoidi anomali analizzati nel corso di questo studio o in lavori pregressi, si è focalizzata l’attenzione sulla dinamica delle colate detritiche. In particolare, si è quindi analizzata la suscettibilità agli eventi di colate detritiche e la loro dinamica evolutiva in funzione della peculiarità dei sistemi bacino-conoide anomali, indipendentemente dalla genesi che li ha interessati. L’analisi e la previsione degli eventi di colata è stata effettuata, sulla base di dati di caratterizzazione dei versanti e dei depositi, tramite modellazione numerica, utilizzando il software RAMMS DEBRIS FLOW, con l’obiettivo di valutarne le potenzialità in sistemi anomali, quali sono quelli in esame nel presente studio.

I parametri utilizzati nelle simulazioni sono quindi stati calibrati mediante una procedura di

back-analysis, che ha considerato anche i processi di erosione e trascinamento (entrainment) avvenuti nel

corso dell’evento. La back-analysis è stata condotta sul sistema bacino-conoide anomalo del Gadria, situato nella Provincia Autonoma di Bolzano in Val Venosta, infatti tale bacino è attrezzato con una rete di monitoraggio in grado di registrare altezza e modalità di propagazione della colata. I risultati ottenuti in fase di calibrazione sono stati successivamente utilizzati per prevedere l’evoluzione di fenomeni di analoga magnitudo in contesti alpini aventi caratteristiche geologiche, strutturali e topografiche simili. L’approccio utilizzato, di tipo probabilistico, è stato finalizzato a valutare la suscettibilità ad eventi di colate detritiche, in aree analoghe a quella del conoide del Gadria. L’intera procedura di analisi dei sistemi conoide-bacino anomali sviluppata nell’ambito della presenti tesi è stata applicata ad un caso campione situato in Valtellina: il sistema conoide-bacino di Sernio (SO). Per tale sistema si è ricostruito il modello concettuale che ne descrive la genesi e l’evoluzione, sulla base dei dati disponibili e dei rilievi effettuati in sito. Una volta riconosciuta una genesi connessa a frana del sistema, si è analizzato l’attuale stato di dissesto, valutandone la suscettibilità ad eventi di colate detritiche tramite simulazioni numeriche stocastiche. La valutazione degli effetti di eventi di colata detritica è stata infatti effettuata sulla base di specifici scenari, definiti in base alle evidenze rilevate sul terreno, giungendo ad una zonazione della suscettibilità dell’area di conoide.

La presente tesi si articola quindi in sei capitoli focalizzati sulle seguenti tematiche: la caratterizzazione dei conoidi anomali dominati da frana (Cap I); Il controllo dei conoidi anomali sulla sequenza quaternaria di un tratto del fondovalle valtellinese (Cap. II); le caratteristiche e i metodi di analisi relativi alle colate detritiche (Cap. III); la modellazione numerica delle colate detritiche (Cap. IV); la modellazione di una colata detritica lungo il conoide anomalo del Gadria (Cap. V); la genesi, l’evoluzione e l’attuale suscettibilità a colate detritiche del sistema anomalo di Sernio (Cap. VI).

(11)

CAPITOLO

1

1

Caratterizzazione dei conoidi anomali dominati da frana

Premessa

I processi che concorrono alla formazione di conoidi sono controllati da una serie di fattori geologici, morfologici, strutturali e climatici: è quindi fondamentale riconoscerli e caratterizzarli per prevedere la dinamica evolutiva di questi corpi.

Il presente capitolo si focalizza su quegli imponenti conoidi, ancora poco studiati, che caratterizzano in particolare alcuni fondovalli alpini (es. Valtellina (SO), Val Venosta (BZ)), la cui genesi è verosimilmente riconducibile a frane catastrofiche. Tra i più noti eventi storici che portano all’edificazione di grandi conoidi in ambiente alpino si annoverano, per esempio, la frana associata al conoide del Rovinazza (BS), descritta in alcuni documenti come una frana complessa, che distrusse il villaggio di Montecchio nel 1471 (Berruti, 1998) e la valanga di roccia (rock avalanche) associata alla Val Drana (SO), che il 4 settembre del 1618 distrusse il paese di Piuro, uccidendo tra le 1200 e le 2000 persone (Almagià, 1907; Eisbacher & Clague, 1984).

Sulla base di studi pregressi, si è cercato di sviluppare un modello geologico concettuale che descriva le diverse fasi evolutive di questa tipologia di conoidi sedimentari che, da un punto di vista geomorfologico, rientrano nella tipologia definita “anomala”, poiché caratterizzata da elevati rapporti tra la superficie del conoide e quella del bacino.

Sono state quindi individuate le caratteristiche morfologiche e, per quanto possibile, sedimentologiche che li accomunano.

(12)

La ricerca bibliografica presentata in questo capitolo è in particolare focalizzata sull’ambiente alpino, ma considera anche studi pregressi che, pur esulando da tale contesto, sono ritenuti significativi ai fini comparativi.

1.1 Definizione di conoide

Un conoide è un corpo sedimentario caratterizzato da una peculiare morfologia a ventaglio che si sviluppa in corrispondenza dello sbocco di una vallata, in un contesto deposizionale in cui l’energia di rilievo diminuisce bruscamente e viene meno il confinamento laterale del flusso che, libero di espandersi, perde capacità di trasporto e depone il materiale detritico che ha in carico.

In letteratura sono reperibili molteplici studi relativi a processi e fattori di controllo che caratterizzano i conoidi sedimentari in zone aride (Bull, 1972,1977; Cannon & Reneau, 2000); numericamente più esigui sono invece gli studi che hanno interessato le medesime morfologie in regioni umide (Lecce, 1990; Harvey et al., 2005). In generale, lungo i conoidi si possono distinguere due tipi di processi sedimentari attivi, definiti processi primari e processi secondari (Blair & McPherson, 1994 a, b):

• I processi primari: sono responsabili della costruzione del conoide e dell’ampliamento del bacino, si realizzano attraverso il trasporto e la deposizione di sedimenti dal bacino al piede del conoide: essi sono causati da eventi alluvionali connessi a precipitazioni intense e allo sviluppo, lungo il bacino di alimentazione, di fenomeni di instabilità, tra i quali valanghe di roccia e colate detritiche. Anche gli eventi sismici possono rappresentare un’importante causa di instabilità gravitativa;

• I processi secondari: per esempio erosione, rideposizione e pedogenesi, a cui si deve la mobilizzazione e la modifica di depositi più antichi trasportati sui conoidi dai processi primari. A partire dalla fine del XIX secolo i conoidi vengono generalmente attribuiti a processi alluvionali e quindi denominati conoidi alluvionali (“alluvial fans”). Tuttora il termine “alluvial fans” rappresenta, a livello internazionale, la nomenclatura più diffusa.

L’interpretazione dei processi genetici dei conoidi ha però subito una sostanziale evoluzione nel tempo, tanto che il termine “alluvial fan” non risulta più totalmente appropriato, come dimostrato dall’evoluzione del testo di sedimentologia di Reading che, nelle sue diverse edizioni, rispettivamente nel 1978, nel 1986, e nel 1996, propone queste differenti definizioni:

(13)

1. " I conoidi alluvionali sono depositi localizzati la cui morfologia approssima un settore conico" (Reading, 1978);

2. “I conoidi alluvionali sono strutture morfologiche su grande scala costruite da corsi d'acqua con forte carico al fondo (bedload streams) e più raramente costruiti da corsi d'acqua con un elevato carico in sospensione. Inoltre essi sono presenti in contesti climatici semiaridi dove divengono importanti anche altri processi, in particolare i depositi in massa (mass flows). I conoidi di qualunque tipo si sviluppano dove il corso d'acqua o il flusso in massa fuoriesce dai limiti della valle ed entra nel bacino: la perdita del confinamento consente l'espansione orizzontale del flusso, la decelerazione e il deposito di tutto o di parte del carico." (Reading, 1986).

3. "I conoidi alluvionali sono aree localizzate a sedimentazione accelerata che si sviluppano verso valle a partire dal punto in cui un flusso confinato si espande lateralmente." (Reading, 1996).

Si evidenzia quindi una chiara evoluzione nel tempo della definizione di conoide alluvionale che, da una connotazione specificatamente fluviale, passa ad una semplice descrizione del processo genetico senza definirne la natura. In seguito Iverson (2003) evidenzia esplicitamente come la definizione di conoide alluvionale sia generale ed includa i depositi dominati sia da corsi d’acqua che da colate detritiche (debris flows).

ll processo dominante viene identificato sulla base di peculiarità morfologiche e sedimentologiche del conoide (Blair,1999b, 1999c; Welsh & Davies, 2010)

,

in particolare:

• gli eventi di colate detritiche, costituiti da miscele monofasiche ad elevata concentrazione, dove fase liquida e fase solida si propagano con la stessa velocità;

• gli eventi alluvionali, in cui il trasporto solido, separato dalla componente liquida, avviene prevalentemente sul fondo.

Per ovviare a questo vincolo etimologico Derbyshire & Owen (1990) propongono l’impiego della più neutra espressione “conoidi sedimentari” (“sedimentary fans”) che, evitando di definire la genesi dei depositi coinvolti, risulta più appropriata: non utilizza infatti il termine alluvionale, che non risponde appieno alla natura di tutti i possibili processi coinvolti. La genesi di tali depositi infatti è in alcuni casi attribuibile prevalentemente ad eventi franosi che tendono ad edificare conoidi di dimensioni

(14)

sproporzionate rispetto all’esiguità del bacino di alimentazione e che appartengono quindi alla tipologia di conoidi definiti anomali, proprio in virtù di un’anomalia di rapporto tra superficie del conoide e superficie del bacino.

1.2 I conoidi anomali

Gli studi sviluppati in area alpina collegano spesso la genesi dei conoidi anomali a processi catastrofici.

Crosta & Frattini (2004) al riguardo utilizzano lo schema di classificazione dei conoidi sedimentaridi clima arido, basato sull’analisi statistica dei parametri morfometrici; in particolare la relazione tra area del conoide e area del bacino fornisce informazioni circa la possibile genesi del conoide in oggetto. Tale relazione è espressa da una legge di potenza:

𝐴𝐴𝑓𝑓 = 𝑐𝑐𝐴𝐴𝑏𝑏𝑘𝑘

Eq. 1.1

dove 𝐴𝐴𝑓𝑓 rappresenta l’area del conoide, 𝐴𝐴𝑏𝑏 rappresenta l’area del bacino (Bull, 1964; Hooke, 1968;

Lecce, 1991; Silva et al., 1992; Harvey et al., 1999), mentre i coefficienti 𝑐𝑐 e 𝑘𝑘 (Tabella 1.1) risultano variabili in dipendenza di molteplici fattori, quali: il regime climatico, l’ assetto tettonico, l’erodibilità degli ammassi rocciosi (Hooke & Rohrer, 1977), la disponibilità di depositi superficiali all’interno del bacino, l’entità e la variabilità spaziale della subsidenza (Allen & Hovius, 1998).

Tabella 1.1: Valori del coefficiente c e dell’esponente k nella legge di potenza che lega l’area del bacino e quella del conoide in ambienti umidi e sub-umidi (da Crosta et Frattini 2004).

Gli stessi Autori analizzano il rapporto tra area del conoide e area del bacino per 209 conoidi sedimentari ubicati nelle Alpi Centrali, individuando un piccolo gruppo di conoidi anomali (Figura 1.1).

(15)

Alcuni di questi sono stati studiati con maggior dettaglio nell’ambito della presente tesi (Sernio, Migiondo (m) e Ponte in Valtellina (p) in Figura 1.1e Figura 1.2).

Figura 1.1: il grafico mette in relazione le aree dei conoidi rispetto alle aree dei bacini idrografici. Le due linee rappresentano le linee di regressione per l’intero set di dati (ALL) e per un dataset selezionato (SEL) ottenuto omettendo i conoidi anomali (modificato da Crosta & Frattini, 2004); il conoide anomalo di Sernio verrà analizzato nel dettaglio nel prossimo capitolo e nel Cap. VI; nel presente e nel prossimo capitolo saranno presi in considerazione anche i conoidi del Migiondo (m) e quello di Ponte in Valtellina (p).

Jarman et al. (2011), analizzando 49 conoidi della Val Venosta e della Val Mustair (BZ) (Figura 1.3), suddividono i conoidi anomali in due sotto-categorie, di seguito definite:

conoidi originati da micro-bacini (<3,7 km²) che prendono il nome di “outsize fans”; conoidi che presentano volumi superiori a 250 Mm³, chiamati “megafans”.

I conoidi anomali vengono quindi distinti dai conoidi denominati allometrici, terminologia utilizzata da Jarman et al. (2011) per indicare i conoidi che risultano proporzionati all’area del loro bacino ed edificati in modo progressivo da eventi di deposizione fluviale alternati a episodi di colata detritica (debris flow) in proporzione variabile. I conoidi allometrici, così come definiti da Jarman et al. (2011), rappresentano i conoidi sedimentari più diffusi, indagati da molteplici studi pregressi. In realtà esiste una relazione allometrica anche tra i conoidi anomali e i bacini da cui sono sottesi, anche se caratterizzata da differenti valori del coefficiente c. Per quanto riguarda i metodi utilizzati per la determinazione delle relazioni fra area del bacino e del conoide (eq. 1.1), si ricorda come il metodo dei minimi quadrati, spesso utilizzato per queste relazioni, tenda a minimizzare gli scarti della

(km²)

(km

(16)

variabile dipendente dalla linea interpolante, mentre assume che la misura della variabile indipendente (nel caso in questione l’area del bacino) sia esente da errori. Poiché, in realtà, le misure di entrambe queste superfici sono affette da errori e lo scopo dell’analisi è la determinazione della relazione che meglio identifica i rapporti fra le variabili, devono essere preferiti metodi di interpolazione alternativi, quali quelli descritti, proprio con riferimento al problema in questione, da Church e Mark (1980).

Nei prossimi paragrafi si analizzeranno alcuni tra gli studi bibliografici ritenuti più significativi, relativi a conoidi anomali e ai loro bacini (Tabella 1.2), mettendoli in relazione tra loro e cercando di evidenziarne i tratti comuni, al fine di individuarne un modello genetico concettuale di riferimento. I lavori analizzati partono dalla descrizione dei processi di rapida formazione, o di repentino ampliamento, di bacini idrografici che si formano in seguito a frane catastrofiche (Hsü, 1975) il cui cinematismo è riconducibile a valanghe di roccia (rock avalanche) che evolvono in processi di valanghe di detriti (debris-avalanche) (Zhou et al., 2015), per concludere con la caratterizzazione dei depositi e delle morfologie che ne derivano (Guglielmin & Orombelli, 2001; Jarman et al. 2011).

(17)

Figura 1.2: Foto aeree di sistemi bacino-conoide anomali. Le linee bianche, continue e tratteggiate rappresentano rispettivamente il perimetro del conoide e il perimetro del bacino. Le linee nere rappresentano alcune caratteristiche geomorfologiche dei bacini idrografici, quali: scarpate, canali interessati da eventi di colate detritiche, rockglaciers. (a) Conoide alluvionale del Roncaiola: intensa attività di colate detritiche nella parte superiore del bacino (freccia n.3). Il vicino conoide del Tartano è interessato da un importante evento di colata verificatosi nel luglio 1987 (freccia n.1), prodotto dal riattivarsi di una grande frana (freccia n.2). (b) conoide di Ponte in Valtellina: intensa attività di debris flow (freccia n.4). (c) Conoide del Migiondo: assenza dell’area sorgente per un rockglacier (freccia n.5). (d) Conoide alluvionale di Rovinazza: estesa nicchia relativa alla frana storica che nel 1471 ha distrutto il paese di Montecchio (freccia n. 7) (da Crosta & Frattini (2004)).

(18)

Figura 1.3 Conoidi sedimentari e relative aree di bacino in Val Venosta e Val Mustair. Il Malser Haide è indicato come MH (da Jarman et al., 2011).

Tabella 1.2: conoidi anomali interessati da studi pregressi, analizzati nel dettaglio nei prossimi paragrafi

Località del

conoide Autore Processi coinvolti Peculiarità del bacino osservate dagli autori Peculiarità del deposito osservate dagli autori North Long

John California

Blair,

1999a Valanga di roccia; eventi di colate detritiche

Forma a “cucchiaio”; rete di drenaggio poco sviluppata;

consistente copertura sedimentaria

Forma a ventaglio; recenti depositi di colate detritiche che mascherano il più antico deposito di valanga di rocciac Migiondo

(SO, Italia) Guglielmin & Orombelli (2001) Valanga di roccia; eventi di colate detritiche Deformazioni Gravitataive Profonde; Rock glacier decapitato

imponente scarpata in zona distale

Roncaiola

(SO, Italia) Colombera & Bersezio (2011)

Frana Modeste dimensioni del

bacino Estese dimensioni del conoide Malser

Heide (BZ, Italia)

Jarman et

al. 2011 Evento franoso catastrofico, che durante la propagazione assume le caratteristiche di un fluido confinato I evento: valanga di roccia; seguono eventi di colate detritiche

superficie liscia del conoide, solcata da canali di colata detritica Yigong-zhamu, Tibet Zhou et al.,

2015 2 eventi di valanga di roccia Elevate inclinazioni delle sponde del bacino, poco a valle

(19)

1.3 Processi coinvolti nella formazione e nell’ evoluzione di piccoli

bacini idrografici che sottendono conoidi anomali

Per quanto non esista ancora un’estesa bibliografia relativa ai conoidi anomali, è comunque possibile definire un modello concettuale generale relativo alla modalità di messa in posto di questi conoidi sedimentari edificati, completamente o in porzione prevalente, da eventi franosi di grandi dimensioni.

Fermo restando che la genesi di ogni conoide sedimentaria va interpretata caso per caso, tale modello concettuale può comunque fornire delle indicazioni preliminari e degli spunti per un primo approccio comparativo.

Nello specifico il modello prevede che eventi catastrofici di valanghe di roccia (rock avalanche) portino ad un marcato ampliamento (Jarman et al., 2011) o addirittura alla neoformazione (Blair, 1999a e Hsü, 1975) di bacini idrografici. In seguito, i processi di valanga di roccia evolvono in processi classificabili come valanghe di detriti (debris-avalanche) (Zhou et al., 2015) che, in presenza di particolari condizioni di moto confinato, portano all’edificazione di imponenti conoidi sedimentari (Jarman et al. 2011).

Nel corso di eventi di valanghe di roccia si verificano spesso processi di erosione, trascinamento e presa in carico (entrainment o scouring Figura 1.4) di depositi sciolti presenti lungo il percorso di transito della frana.

Figura 1.4 Modello concettuale che evidenzia i processi di erosione, trascinamento e presa in carico (entrainment o scouring) esercitati da una rock avalanche sui depositi sciolti preesistenti all’interno del bacino (da Zhou et al., 2015).

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Tali processi possono determinare un significativo incremento del volume della frana, come ad esempio nel caso della frana di Yigong, che mobilizza complessivamente un volume detritico di circa tre volte quello coinvolto all’innesco (Zhou et al., 2015).

Questo modello evolutivo risulta supportato, nel caso del Malser Heide (Val Venosta, (BZ)), da confronti volumetrici tra il conoide e la porzione di versante verosimilmente collassata: il conoide più imponente delle Alpi viene quindi interpretato come una delle frane più grandi di tutto l’arco alpino (Jarman et al. 2011).

Di seguito si ripercorrono più nel dettaglio gli studi citati, al fine di avere un quadro il più possibile completo dell’attuale stato dell’arte.

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1.3.1 Il conoide anomalo del North Long John (California)

Blair (1999a) studiando il conoide del North Long John (Figura 1.5e Figura 1.6), nell’Inyo Mountains (Owen valley, California), ne attribuisce la genesi ad una valanga di roccia di notevoli dimensioni, tali da giustificare la messa in posto di un corpo sedimentario caratterizzato da un volume pari a 25 milioni di m3, che occupa un’area di 0,83 km2 e presenta un’estensione longitudinale di 1750 m

dall’apice, con una pendenza media di 8,8°.

La valanga di roccia sarebbe inoltre responsabile della formazione del bacino che sottende il conoide, come suggerito da alcune peculiarità geomorfologiche, quali (Blair, 1999a):

una “forma a cucchiaio”, che caratterizza il bacino, sviluppato su un areale di circa 2 km², avente una larghezza di circa 500 m e una profondità compresa tra i 50 e i 100 m;

• una rete di drenaggio poco sviluppata.

v

Figura 1.5 Primo piano del bacino che sottende il conoide del North Long John. (c) indica il colluvio; (b) banco di roccia crollato, la freccia nera indica l’apice del conoide, sotto la freccia inizia il tratto prossimale di debris flow, (d) indica il tratto distale del debris flow, (s) il fronte della valanga di roccia indicato avente un’altezza di 108 m. Sono inoltre indicati due valli laterali (N e L), la linea nera tratteggiata indica il perimetro del conoide, la linea rossa tratteggiata indica la nicchia di frana (modificato da Blair (1999a)).

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Il crollo lungo il versante in roccia, con la conseguente deposizione di una ingente volumetria di depositi ghiaiosi, sarebbe avvenuto in poche decine di secondi, con una velocità stimata da 50 a 100 km/h.

A supporto della sua tesi, Blair cita la dinamica della ben documentata frana di Elm (Svizzera, 1881), Anche se la frana di Elm (Figura 1.6 e Figura 1.7) non ha portato all’edificazione di un conoide, un importante elemento di comparazione con il conoide del North Long John riguarda la genesi del bacino, riconducibile in entrambi i casi ad un’unica catastrofica valanga di roccia. La frana di Elm viene interpretata da Hsü (1975) come uno sturzstrom, ovvero un “flusso di detriti in rapidissimo

movimento originato dalla disintegrazione di una massa crollata di roccia di dimensioni molto grandi”, con velocità di 100 km/h e oltre, e caratterizzata da un volume in gioco che supera il milione

di m³ (Hsü, 1975). La massa mobilizzata nel corso della frana di Elm ha costituito un flusso di detriti che ha percorso una distanza di circa 2200 m, seppellendo un intero villaggio e causando 115 vittime. Il deposito formatosi si estende per 1,5 km, con una larghezza tra i 400 e i 500 m, e uno spessore che varia da circa 50 m a 5 m in corrispondenza del piede della frana.

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Figura 1.7 Carta storica della frana di Elm (dal “Geographisches Lexikon der Schweiz” (1902-1910)).

Dal dipinto che riproduce il versante post-evento (Figura 1.6) si osservano con estrema chiarezza morfologie diagnostiche della presenza di Deformazioni Gravitative Profonde (DGPV), quali: contropendenze, terrazzi strutturali, trincee e lineamenti semicircolari, che non sono invece leggibili nella cartografia del 1900. Risulta interessante evidenziare che il concetto di DGPV comincia ad essere considerato solo a partire dal 1960.

1.3.2 Significativi esempi di conoidi anomali sulle Alpi

Meccanismi genetici simili a quello del conoide del North Long John sono stati riscontrati anche in due conoidi Valtellinesi (nord Italia, Sondrio):

• il conoide del Migiondo (Sondalo (SO), Fig.1.8), fortemente sovradimensionato rispetto al bacino sotteso, con un rapporto tra superficie del conoide e superficie del bacino pari a 0,2, rappresenta un accumulo di valanga di detriti in seguito rimodellato da più eventi di colate detritiche (Guglielmin & Orombelli, 2001). La valle del Migiondo, che si sviluppa tra quota 800 m e quota 2922 m s.l.m., presenta evidenti segni di instabilità: tutta la testata appare infatti costituita da una serie di nicchie di frana. Le frequenti scarpate, contropendenze e trincee che interessano i versanti sono indicative della presenza di deformazioni gravitazionali profonde.

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Inoltre la contigua Val Quintena presenta un rockglacier “decapitato”, ossia privo della zona di alimentazione, che sarebbe quindi stata smantellata da ingenti processi franosi (Figura 1.9 a-b).

• Il conoide del Roncaiola. L’ipotesi che anche la genesi del conoide del Roncaiola (Talamona (SO)) sia connessa a eventi di frana è suggerita da Colombera & Bersezio (2011). Nel loro studio questi Autori effettuano una comparazione delle morfologie di questo conoide con il contiguo conoide del torrente Tartano e rilevano che il conoide del Roncaiola copre un’area maggiore, anche se è sotteso da un bacino di drenaggio di soli 8 km², molto più piccolo rispetto ai 54 km² del Tartano. Sulla base di queste osservazioni, gli Autori ritengono quindi plausibile l’ipotesi per cui l’origine del conoide sia attribuibile a processi di frana.

Partendo dalla medesima considerazione anche Jarman et al. (2011), nello studio relativo alla genesi del conoide più grande delle Alpi: Malser Heide, in Val Venosta (BZ) in Figura 1.16 e Figura 1.10, individuano l’area di probabile distacco della frana e effettuano un confronto tra il volume del conoide e il volume della porzione di versante, a monte del conoide, verosimilmente crollata.

Gli Autori ricostruiscono le zone di versante collassato a monte dell’attuale testata della Valle di Piavenna (Plawenn Valley in Figura 1.10 attraverso il riconoscimento dei limiti netti tra il versante evento e il versante post-evento. In seguito ricostruiscono l’aspetto verosimile del rilievo pre-evento (Figura 1.10 b-c), interpolando l’assetto delle morfologie limitrofe alla zona di collasso, non interessate dall’evento.

In corrispondenza del monte Mittereck (Figura 1.10 b) il proto-versante presenta altitudini di 200 m superiori a quelle attuali. La massa crollata è localizzata prevalentemente a monte dell’attuale testata della Valle di Piavenna e raggiunge uno spessore massimo di 700 m. Il volume della massa crollata, ottenuto tramite elaborazione del Modello Digitale del Terreno (DTM), risulta pari a circa 1500 Mm³. Questa operazione viene effettuata, esclusivamente sulla base di criteri geomorfologici, prima di calcolare il volume che costituisce il conoide del Malser-Heide.

I volumi detritici derivanti dal collasso del proto-versante, corretti sulla base del fattore di dilatazione della massa mobilizzata (Crosta et al. 2007), risultano compresi tra i 1500 e i 2400 Mm³, e approssimano adeguatamente la stima effettuata sui volumi detritici che costituiscono il conoide del

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Figura 1.8 Schizzo geomorfologico della valle del Migiondo e aree contigue (modificato da Guglielmin e Orombelli, 2001).

Figura 1.9: Schema evolutivo del rockglaciers del passo del Quintena (Fig.1.8): a) modello teorico di formazione di un “talus-rockglacier”; b) situazione reale attuale del rockglacier al passo della Quintena (da Guglielmin & Orombelli, 2001).

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Figura 1.10: a) Attuale bacino che sottende il conoide del Malser Heide; b) Ricostruzione del versante pre-collasso; c: Ricostruzione della porzione di versante crollata a monte della Valle di Piavenna (da Jarman et al., 2011).

Considerando la buona corrispondenza risultante dal confronto delle volumetrie, Jarman et al. (2011) interpretano il conoide del Malser Heide come il deposito di un singolo evento franoso catastrofico, che durante la sua propagazione ha assunto le caratteristiche di un fluido, confinato per un lungo tratto all’interno di una stretta vallata. Successivamente altri eventi di minore entità, oltre a processi legati all’attività umana, avrebbero rimodellato il deposito rendendolo più regolare. Il conoide sedimentario Malser Haide rappresenterebbe quindi, secondo questa interpretazione, uno dei più grandi depositi di frana presenti sulle Alpi.

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1.3.3 Un esempio di conoide anomalo in Tibet

Un altro interessante studio (Zhou et al., 2015) relativo a un conoide tibetano, ubicato alla confluenza del torrente Zhamu con la Valle dello Yigong, ipotizza una modalità di formazione del corpo sedimentario analoga a quella del conoide del Malser Haide. Benchè Zhou et al. (2015) non si soffermino sulla morfologia che caratterizza questo corpo sedimentario, tale deposito è a tutti gli effetti classificabile, da un punto di vista geomorfologico, come un conoide dominato da frana (Figura 1.11).

Dalla ricostruzione della recente dinamica di versante che ha interessato questo bacino, che si estende per circa 10,6 km con un dislivello totale di circa 3330 m e inclinazione media di 31,4% (Xu et al. 2012), risulta infatti che l’edificazione del conoide sia attribuibile principalmente a due eventi franosi di grandi dimensioni, innescatasi all’interno del bacino di Zhamu:

• la frana del 1900, che ha interrotto il corso del fiume Yigong creando un lago di sbarramento; • la frana del 9 aprile del 2000, che ha interrotto nuovamente il corso del fiume Yigong, creando

una nuova diga naturale.

L'innesco dell’evento franoso più recente interessa una zona ubicata tra quota 3800 m e 5500 m s.l.m., dove si verifica uno scivolamento a cuneo, a cui seguono un’accelerazione e una frammentazione della massa rocciosa; il movimento franoso che ne deriva è stato classificato come una valanga di roccia (Zhou et al., 2015). Durante il suo moto la valanga di roccia ha preso in carico, attraverso processi di erosione e trascinamento (entrainment), un’ingente volumetria di depositi presenti lungo il fondo del bacino oltre a blocchi di ghiaccio ed acqua. Per effetto dei detriti fini inglobati durante il suo moto, oltre che per la frammentazione dei blocchi e dei clasti rocciosi, la valanga di roccia (rock avalanche) si è trasformata in una valanga di detriti (debris avalanche), propagandosi come un fluido, raggiungendo velocità elevate ed erodendo le due sponde del torrente (Xu et al. 2012).

I profili trasversali al bacino, mostrati in Figura 1.11b permettono di analizzare la pendenza dell’alveo del torrente poco a valle rispetto alla zona di innesco; dai profili risulta evidente l’elevata inclinazione che caratterizza entrambe le sponde del bacino. La valle si presenta larga e significativamente più

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ripida in corrispondenza dei profili topograficamente più elevati e gradualmente si restringe al diminuire della quota. Questo porta i blocchi di maggiore dimensione, presi in carico dall’evento del 2000, a fermarsi nella parte più alta del bacino. A quote più basse le pendenze dell’alveo del torrente Zhamu infatti diminuiscono, variando dai 15°/18° nel tratto di alveo a quote comprese tra 2900 e 3800 m s.l.m. a 10°/15° nel tratto compreso tra quota 2185 m e 2900 m s.l.m.

Entrambi i tratti presentano depositi superficiali incoerenti che vengono in parte presi in carico dall’evento del 2000.

Figura 1.11: a) deposito di frana ubicato in corrispondenza dello sbocco del bacino di Zhamu con la Valle del fiume Yigong (da Zhou et al., 2015); b) profili trasverali al bacino di Zhamu, le cui tracce di riferimento si trovano in figura 1.11a (da Zhou et al., 2015)

Zhou et al. (2015), nel ricostruire la dinamica dell’ultimo evento (2000), analizzano le relazioni intercorse tra la recente valanga di roccia e i depositi messi in posto dall’evento più antico. Infatti al momento dell’evento franoso del 2000 il torrente Zhamu presentava abbondanti volumi di depositi di genesi differente. Come si osserva confrontando i profili longitudinali del bacino di Zhamu, pre e post evento 2000 (Figura 1.12), una ingente volumetria di depositi superficiali sciolti è stata erosa e presa in carico dalla massa in frana.

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Figura 1.12: variazioni topografiche lungo il profilo del torrente Zhamu, prima e dopo l’evento franoso del 2000 (da Zhou et al., 2015)

Il transito di una massa franosa può infatti causare la mobilitazione per trascinamento (entrainment) di questi materiali determinando un incremento significativo del volume mobilizzato dalla frana (Scott et al. 2005, Cepeda et al. 2010); il processo risulta favorito dalla saturazione del materiale. La conformazione del bacino del torrente Zhamu (Figura 1.13) permette ai flussi d'acqua di essere velocemente incanalati lungo il torrente. L’abbondanza di precipitazioni verificatasi nell’aprile del 2000 e la presenza di ghiaccio e di acqua di fusione hanno determinato la saturazione dei depositi, creando le condizioni favorevoli all’innesco per processo di trascinamento (entrainment).

Il volume dei depositi della frana di Yigong è stato stimato in circa tre volte il volume detritico mobilizzato nella sola zona di innesco: l’incremento volumetrico osservato è stato attribuito all’effetto del trascinamento (entrainment), che è pertanto risultato il processo principale nel determinare la magnitudo complessiva dell’evento.

Gli autori, per confermare le loro ipotesi sui processi di erosione trascinamento e presa in carico dei sedimenti (entrainment), hanno effettuato una serie di test di laboratorio che evidenziano, in accordo con Dufresne et al. (2010), come introducendo notevoli quantità di acqua, il volume della massa franosa in movimento possa aumentare significativamente per il verificarsi di fenomeni di trascinamento (entrainment). I test effettuati sono finalizzati a studiare l’effetto dell’impatto della frana sui depositi già presenti lungo il percorso di transito, per valutare quindi le modalità e l’entità dei fenomeni di trascinamento (entrainment) e i loro effetti sulla volumetria complessiva della frana e sulla modalità di propagazione della stessa. L’apparecchiatura sperimentale utilizzata dagli Autori è costituita da un canale artificiale di lunghezza orizzontale pari a 2 m, altezza di 1,5 m, e larghezza di 0,3 m (Figura 1.14a). Alla sommità del canale artificiale vengono rilasciati blocchi rocciosi, che

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simulano valanghe di roccia (rock avalanche), mentre lungo il canale sono disposti materiali incoerenti.

Figura 1.13: la frana del Yigong da fotoaerea (da Zhou et al., 2015)

Figura 1.14: prove di laboratorio relative all’impatto e all’erosione di masse in scivolamento: a) preparazione dell’esperimento, b) risultato dell’esperimento in condizioni asciutte, c) risultato dell’esperimento con aggiunta di flusso

d’acqua (da Zhou et al., 2015).

Nel caso di esperimenti effettuati in condizioni asciutte (Figura 1.14b), la maggior parte dei blocchi rocciosi si arresta nel canale artificiale e soltanto pochi raggiungono la parte terminale della canaletta. Lo stesso esperimento ripetuto con l’aggiunta di un flusso d’acqua (Figura 1.14c) porta a

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diminuita. Il passaggio della massa in scorrimento erode i depositi sciolti presenti nel canale che si mescolano alla massa in scorrimento e fluiscono verso il basso; la distanza percorsa dai sedimenti in questo secondo caso, in presenza di un flusso d’acqua, è nettamente superiore rispetto a quella percorsa in condizioni asciutte.

Gli autori dimostrano quindi a livello sperimentale che l’effetto del trascinamento (entrainment) influenza in maniera sostanziale il comportamento della massa mobilizzata, determinandone il volume, la mobilità e il comportamento reologico. I risultati ottenuti evidenziano comunque che il fenomeno di trascinamento (entrainment) si realizza solo in determinate condizioni di saturazione dei sedimenti e, al contrario, non si realizza qualora il trasporto della massa in movimento avvenga su materiali secchi.

1.4 ricostruzione dell’evoluzione di conoidi anomali sulla base delle

morfologie attuali

I cinematismi in gioco nel moto di una massa franosa, unitamente alle caratteristiche topografiche del pendio interessato dal transito della massa, si riflettono sulle peculiarità morfologiche dei depositi. In particolare i depositi generati da frane catastrofiche possono assumere morfologie simili a quelle presentate dalle classiche conoidi allometrici, ovvero proporzionate all’area del loro bacino, qualora si verifichino determinate condizioni (Jarman et al., 2011):

• la pendenza del versante lungo cui si verifica l’innesco sia sufficientemente elevata da consentire movimenti rapidi;

la geometria del pendio lungo cui ha luogo il moto della valanga di roccia (rock avalanche) sia tale da consentire il confinamento della massa in scorrimento;

• il materiale che costituisce la massa in movimento sia sufficientemente frammentato da permettere un moto della massa franosa che possa essere assimilato a quello di un flusso. L’elemento fondamentale che condiziona la forma del deposito generato da un movimento franoso classificabile come valanga di roccia (rock avalanche) fa riferimento al confinamento subito dalla massa durante il trasporto. Valanghe di roccia che si muovono lungo pendii aperti, in condizioni di moto non confinato, generano infatti depositi caratterizzati da morfologia ondulata e caotica

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(hummocky), mentre le valanghe di roccia che subiscono un trasporto incanalato all’interno di stretti impluvi vallivi determinano, in corrispondenza dello sbocco della valle, la formazione di depositi con morfologia di conoide (Jarman et al.,2011).

Blair (1999) ha pubblicato uno studio in cui ricostruisce la successione di eventi che hanno determinato la messa in posto del conoide del North Long John (California). Analizzando le morfologie che caratterizzano il deposito, l’autore ne attribuisce la formazione ad un processo primario di valanga di roccia seguito da una serie di eventi secondari la cui sovrapposizione ha conferito al conoide la morfologia attuale. La storia evolutiva del cono si sviluppa nelle fasi di seguito sintetizzate: • in una prima fase si realizza la messa in posto della conoide in seguito ad un evento di valanga

di roccia (rock avalanche). Al contatto col piede del versante la parte centrale della valanga di roccia cambia cinematismo trasformandosi in un flusso inerziale. Durante questa prima fase si genera un primo deposito in zona prossimale (stadio A in Figura 1.15);

• nella seconda fase si completa il processo di deposizione del corpo di frana che determina la formazione di due argini laterali. Il deposito risulta esteso per circa 1,5 Km rispetto alle pendici del versante (stadio B in Figura 1.15);

• la terza fase è caratterizzata da fenomeni di colata detritica che seguono l’evento principale mobilizzando l’ingente quantità di detrito instabile prodotto dall’evento di frana. I depositi di colata detritica ammantano il corpo di frana originario formando argini e lobi di colate tipici di questi processi. La zona centrale del cono risulta arginata dai lobi frontali e laterali del deposito di frana e nella depressione risultante si forma un ristagno d’acqua (stadio C in Figura 1.15);

• nella quarta fase si assiste alla tracimazione del lago formatosi all’interno del corpo di frana. La tracimazione determina una rapida erosione del fronte del deposito che viene profondamento inciso dalla formazione di un canale scaricatore. (stadio D1 in Figura 1.15) Il materiale eroso origina colate detritiche che determinano la formazione di un piccolo conoide secondario nella parte distale.

La quarta e ultima fase conclude quindi l’edificazione del cono, conferendogli l’attuale morfologia (Figura 1.15 D2), caratterizzata da una forma a ventaglio ammantata da colate detritiche che hanno

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evolutiva del bacino, caratterizzata dallo sviluppo di un evento franoso di grandi dimensioni avvenuto lungo i versanti del bacino, ha lasciato in posto una consistente copertura sedimentaria che determina l’innesco di frequenti colate detritiche nella fase tardiva di evoluzione. La particolare modalità di formazione del cono, dominata da una valanga di roccia, condiziona ancora l’attuale stato di attività del sistema bacino-conoide, causando una forte instabilità residua che si manifesta con frequenti eventi di colata responsabili di un ulteriore accrescimento del cono. Ne consegue che il deposito originariamente formato da una valanga di roccia, oggi solo parzialmente ricoperto da depositi di colate detritiche, possa nel tempo risultarne interamente ammantato.

Il lavoro di Blair evidenzia quindi come l’aspetto dei conoidi possa derivare dalla loro evoluzione tardiva, dominata da processi detritico-alluvionali, che possono mascherare il processo primario che ne ha determinato la formazione. È pertanto fondamentale interpretare l’origine dei conoidi non solo sulla base dei caratteri deposizionali dei sedimenti attualmente affioranti in superficie, ma anche in funzione di parametri morfologici quali la pendenza e il rapporto tra l’area del bacino e quella del conoide che sono diagnostici di una storia evolutiva non compatibile con la sola successione di eventi di colata.

Analizzando la morfologia che contraddistingue il conoide del Malser Heide, il più grande delle Alpi, che con i suoi 11 km di lunghezza è circa dieci volte più esteso del North Long John, risulta evidente che tra i vari fattori che hanno determinato la sua eccezionale lunghezza risulta fondamentale il confinamento esercitato dai versanti della Valle che lo contiene (fig.1.16). Jarman et al. (2011) costruiscono una sezione longitudinale al conoide del Malser Heide (Figura 1.16 e Figura 1.17) e, sulla base di 11 sezioni trasversali (Figura 1.16) ricostruiscono il profilo topografico pre-evento del versante collassato e le variazioni di spessore del conoide. La superficie topografica del corpo si presenta liscia, solcata da parecchi canali secchi e poco profondi, generati da colate detritiche e inondazioni verificatesi negli ultimi secoli (Jarman et al., 2011). Osservando il DEM relativo al sistema bacino-conoide del Malser Heide (Figura 1.16) si notano molte analogie con il bacino e il corpo sedimentario tibetano descritto da Zhou et al. (2015) (Figura 1.11), quali per esempio: una forma a ventaglio alla confluenza con la valle principale, un’ampia superficie del corpo in relazione alla superficie del bacino da cui è sotteso; una geometria molto simile della testata del bacino.

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Figura 1.15: A-B-C-D1-D2: ricostruzione della storia deposizionale del conoide delNorth Long John (California). A) fase iniziale della formazione del conoide, prima dell’arresto della valanga di roccia; B) completa deposizione dei depositi della valanga di roccia C) formazione di argini e lobi di colata detrica e creazione di un piccolo stagno; D1) erosione del fronte del deposito della valanga di roccia; D2) foto dell’area del conoide del North Long John in cui (a) rappresenta l’apice del conoide; (p) alcune morfologie connesse a colate detritiche in zona prossimale; (d) i tratti di debris flow in zona distale, (s) il fronte della valanga di roccia; (l) gli argini laterali; (n) lo stagno e (c) il canale sinuoso attraverso il fronte dei depositi di valanga di roccia (da Blair, 1999a).

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Figura 1.16: Sistema conoide-bacino del Malser Haide (Mappa di base: topografia LIDAR a risoluzione 2.5), (da Jarman et al., 2011).

Figura 1.17: sezione longitudinale del conoide del Malser Haide e del suo bacino (Mappa di base: topografia LIDAR a risoluzione 2.5), (da Jarman et al., 2011).

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1.5 Caratterizzazione dei depositi di conoidi anomali

Nel presente paragrafo si forniscono degli esempi tratti dai lavori bibliografici ritenuti più significativi relativi alla caratterizzazione stratigrafica e tessiturale dei depositi di conoidi anomali, la cui genesi è attribuita alla messa in posto di frane catastrofiche.

I caratteri sedimentologici dei depositi di frane catastrofiche sono condizionati da molteplici variabili, quali: la geometria del versante lungo cui avviene l’innesco, il meccanismo di crollo, il grado di frammentazione (Crosta et al. 2007), l'umidità della massa crollata e i materiali che vengono incorporati durante il transito della frana.

Uno degli esempi più significativi per la descrizione dei corpi sedimentari legati al deposito di grandi frane è costituito dal bacino dell’Yigong, in Tibet. Tale corpo, profondamente inciso dall’erosione esercitata dal fiume, si presta particolarmente ad una caratterizzazione dei depositi connessi alla valanga di roccia poiché, essendo di genesi recente, si conosce la sua storia evolutiva e non è ancora stato ammantato da eventi di colate detritiche.

Sulla base della distribuzione dei depositi attribuiti alla valanga di roccia del 2000, verificatasi all’interno del bacino tibetano di Zhamu, Zhou et al. (2015) suddividono l’area di scorrimento e di deposito della frana in tre differenti zone (Figura 1.18). Si evidenzia in particolare la presenza, lungo la zona 2, di un affioramento costituito da tre livelli, di cui quello superiore rappresenta il recente deposito franoso del 2000 e quello inferiore rappresenta il deposito dell’evento del 1900 (Figura 1.19). I due strati sono intercalati da uno strato sovra-consolidato costituito da materiali fini.

Gli Autori ricostruiscono anche le altezze dei depositi lungo tre profili del bacino (Figura 1.20a). Nei casi in cui il conoide sia ammantato da depositi recenti di colata, i depositi più antichi legati a valanghe di roccia non sono di norma esposti in superficie e per la loro caratterizzazione risultano fondamentali i dati di sondaggio.

Il conoide del Malser Heide (Val Venosta), per esempio, è stato caratterizzato utilizzando i dati di 8 sondaggi realizzati in zona distale, che raggiungono i 100 m di profondità. I depositi che costituiscono il conoide vengono descritti (Fischer, 1966) come materiali caotici costituiti da sedimenti eterogenei e privi di stratificazione.

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Anche i depositi studiati in zona distale del conoide del Gadria, considerato nello studio di Jarman et al. (2011) sulla Val Venosta, che hanno una potenza di 40 m, vengono descritti come un diamicton massivo privo di stratificazione con blocchi plurimetrici (Fischer, 1966).

Figura 1.18: tipologia e distribuzione dei depositi dell’evento franoso dell’Yigong nel 2000. La frana viene divisa in tre zone: la zona 1, caratterizzata dalla deposizione principalmente di blocchi rocciosi; la zona 2, con prevalenza di depositi a granulometria eterogenea, con prevalente frazione sabbiosa e limosa; la zona 3 risulta solo interessata dal trasporto della frana che ha causato fenomeni di erosione, senza deposizione di nuovi sedimenti (da Zhou et al., 2015).

Figura 1.19: depositi limosi-sabbiosi messi in posto durante i due grandi eventi franosi dell’Yigong (1900, 2000) (da Zhou et al., 2016).

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Figura 1.20: a) ricostruzione in pianta delle zona di deposito, di amplificazione e movimento e di iniziazione della frana, b) sezione lungo il profilo a, c) sezione lungo il profilo a; d) sezione lungo il profilo c (da Zhou et al., 2016). In corrispondenza del profilo aa’ l’altezza del deposito è di circa 4-10 m ed i depositi sono principalmente costituiti da massi presenti in proporzione del 70-90% (Figura 1.20b); al centro della zona di deposizione (profilo bb’), il deposito ha un’altezza compresa tra i 35 e i 65 m (Figura 1.20c) ed è principalmente costituito da materiali eterogenei, con abbondante frazione limoso-sabbiosa e sporadici blocchi; in corrispondenza del profilo cc’, l'altezza di deposizione è compresa tra 50-80 m (Figura 1.20d) e i depositi hanno composizione granulometrica analoga a quella descritta per il profilo bb’.

Qualora il conoide presenti scarpate in zona distale prive di vegetazione è possibile procedere ad una caratterizzazione dei sedimenti e delle eventuali strutture sedimentarie presenti, come riportato nel Cap. 2.3 relativamente alla scarpata del Migiondo (Guglielmin & Orombelli, 2001).

Per quanto attiene alle età di formazione dei conoidi di dimensioni imponenti, precedentemente descritti, la Tabella 1.3 riporta un sunto dei dati bibliografici disponibili.

I conoidi alpini presi in considerazione risalgono tutti all’ultimo post-glaciale; il passaggio dei ghiacciai vallivi avrebbe infatti asportato i depositi più superficiali dal fondovalle. Ne consegue che i depositi che formavano eventuali conoidi messi in posto precedentemente all’ultimo massimo glaciale (LGM, Last Glacial Maximum), sarebbero stati completamente asportati dai ghiacciai vallivi nel corso delle ultime glaciazioni.

Nelle fasi post-glaciali, l’abbondanza di detriti rilasciati dalla fusione del permafrost unitamente all’intensa circolazione idrica e al susseguirsi di cicli di gelo e disgelo (giornalieri e stagionali) avrebbero fornito il materiale per la messa in posto di conoidi sedimentari, connessi sia a colate

(39)

detritiche sia a grandi frane innescate dal collasso dei versanti in roccia o dei materiali detritici di deposizione glaciale.

Tabella 1.3: Sunto dei dati bibliografici relativi alle età delle imponenti conoidi finora citate.

Località del

conoide Autore Eta’ Tipologia di frana Note

Gadria (BZ,

nord Italia) (Fischer 1990) 7300 BP (datazione di tronchi nei sedimenti di fondovalle dell’Adige, alla base dei depositi distali del conoide)

I evento: valanga di roccia (per Jarman et al. 2011); Il bacino è attualmente interessato da 1-2 colate detritiche all’anno (comiti et al.20013 Yigong-zhamu, Tibet Zhou et al.,

2015 I evento: 1900; II evento: 2000 I evento: valanga di roccia; II evento: valanga di roccia Malser Heide (BZ, nord Italia) Jarman et

al. 2011 I evento: non esistono datazioni, ma sicuramente post-glaciale I evento: valanga di roccia; seguono eventi di colate detritiche Migiondo

(SO, Italia) Guglielmin & Orombelli, 2001

I evento: 8400 anni 𝐶𝐶14

II evento: 8000 anni 𝐶𝐶14 I evento: valanga di roccia;

eventi di colate detritiche North Long John, California Blair,

1999a 10 Ka BP valanga di roccia; eventi di colate detritiche Depositi non cementati; la cementazione in questa zona geografica caratterizza depositi più antichi

1.6 Conoidi anomali valtellinesi analizzati nel presente studio

Nell’ambito del presente dottorato di ricerca sono stati presi in considerazione in particolare tre conoidi Valtellinesi, ubicati tra Sondrio e Sondalo, caratterizzati da un’estensione tale da interagire con il corso del fiume Adda; nello specifico si tratta dei conoidi di Ponte in Valtellina (Figura 1.21a/b), di Sernio e del Migiondo, rispettivamente le numero 1, 2 e 3 in Figura 1.21c).

(40)

a

b

c

Figura 1.21: a) il sistema bacino-conoide di Ponte in Valtellina; b) legenda; c) Inquadramento geografico dei conoidi di

Ponte in Valtellina (1), Sernio (2) e Migiondo (3).

I tre conoidi analizzati sono sottesi da bacini idrografici con aree <10 km² e rientrano nella categoria dei conoidi anomali (Figura 1.1, Crosta & Frattini 2004), con un rapporto sempre maggiore al 28% tra area del conoide e area del bacino idrografico. Presentano inoltre superfici molto ampie (≥ 1,5 km²), con pendenze molto elevate (> 15%), carattere che li distingue dai conoidi alluvionali. Questi corpi sedimentari non rientrano quindi nello schema classico di classificazione che comprende due tipologie: i conoidi dominati da corsi d'acqua e i conoidi dominati da colate detritiche. Esiste quindi una terza classe che si differenzia dalle prime due per il valore della pendenza media e per l’estensione del conoide che risulta sproporzionata rispetto alla dimensione del bacino di alimentazione. Da un punto di vista genetico questa nuova classe può essere definita come conoidi

dominati da frana (fans dominated by landslide), perché la genesi di queste morfologie risulta

correlata alla presenza di estese nicchie di frana che coronano la testata del bacino. In questa definizione il termine "dominato" fa riferimento al processo genetico primario, responsabile della messa in posto della maggior parte del corpo; non esclude quindi la presenza di livelli esigui caratterizzati da genesi diversa. In Tabella 1.1 sono riportati i principali elementi morfologici che

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Tabella 1.4: classificazione sedimentologica di conoidi alpini (i valori sono approssimativi e relativi ai conoidi valtellinesi), per la terza classe si riportano i valori del conoide campione identificato nella conoide di Ponte in Valtellina.

CONOIDI DOMINATI

DA CORSI D’ACQUA CONOIDI DOMINATI DA COLATE DETRITICHE

CONOIDI DOMINATI DA FRANE

SUPERFICIE (S) 1km² < S < 4 km² S < 1 km² S (Ponte in Valtellina) = 6.56 km²

FORMA forma a ventaglio forme irregolari forma a ventaglio.

Apice ubicato all’interno del bacino. Alte scarpate in zona distale

(42)

1.7 Conclusioni

Autori precedenti hanno ricostruito la genesi di alcuni conoidi anomali, attribuendola ad uno o al massimo due eventi franosi catastrofici.

Per definire la storia evolutiva di un singolo sistema bacino conoide è necessario uno studio apposito. Sono infatti sempre molteplici le variabili in gioco nell’edificazione di un corpo sedimentario ed è inoltre noto che morfologie simili possono derivare da differenti genesi. Non si può quindi ritenere scontato che tutte i conoidi anomali siano dominate da frana. A tal proposito si segnala che, trattando di un conoide anomalo in Val Venosta (torrente Gadria), Comiti et al. (2014) menzionano le colate detritiche alimentate da spessi ed estesi depositi glaciali e fluvioglaciali come un plausibile processo per la formazione del conoide, in alternativa ad una genesi da frana. La correlazione positiva fra la produzione di sedimento attuale (dovuta a colate detritiche e piene con trasporto solido) e le superfici dei conoidi a scala regionale (Brardinoni, 2012) ben si accorda con questa interpretazione. Partendo da questo presupposto, da quanto riscontrato dall’analisi dei dati bibliografici riportati in questo capitolo e grazie allo studio di tre sistemi bacino-conoide valtellinesi, è stato comunque possibile definire un modello genetico concettuale di riferimento per i conoidi anomali alpine la cui genesi è fortemente connessa ad eventi franosi (Figura 1.22).

(43)

Figura 1.22: modello genetico concettuale di riferimento per i sistemi bacino-conoide anomali. l'immagine relativa al deposito di valanga di detrito è presa da http://www.daviddarling.info/encyclopedia/D/debris_avalanche.html.

Tale modello evidenzia come aree interessate da DGPV attive, possano evolvere in eventi catastrofici di valanghe di roccia (rock avalanche), con marcato ampliamento o neoformazione del bacino idrografico. In seguito, i processi di valanga di roccia evolvono in processi di valanghe di detriti

(debris-avalanche) che, in presenza di particolari condizioni di moto confinato, portano all’edificazione di

imponenti conoidi sedimentari. Nel corso di questi eventi si verificano spesso processi di erosione, trascinamento e presa in carico (entrainment o scouring Figura 1.4) di depositi sciolti presenti lungo il percorso di transito della frana.

Proprio in considerazione della particolare genesi che li contraddistingue, i corpi sedimentari analizzati possono essere definiti come conoidi dominati da frana.

Sono state definite peculiarità geomorfologiche e sedimentologiche che accomunano i conoidi

anomali alpini analizzati. Tali peculiarità possono essere sintetizzate nei seguenti punti:

• la superficie del conoide è molto estesa, in particolare in relazione all’esiguo bacino idrografico che lo sottende. I conoidi dominati da frana (es. Ponte in Valtellina, Sernio- Lovero e Migiondo (SO) sono caratterizzati da rapporti tra area del conoide e area del bacino idrografico > 20; si defferenziano pertanto in maniera netta dai conoidi alluvionali (es. Tirano, Bormio, Sondrio, Masino (SO), Italy) che hanno rapporti che compresi tra 0.4 a 1.5;

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• Il corso d’acqua che alimenta il conoide è caratterizzato da portate esigue, dell’ordine di pochi litri o poche decine di litri/secondo, ed è a carattere torrentizio;

• le pendenze del conoide risultano sempre > 15 % (Ponte in Valtellina 16.7%, Sernio-Lovero 19.8%, Migiondo 15,8), molto più elevate quindi rispetto alle pendenze dei conoidi dominati da un corso d’acqua (Masino 2,42%, Sondrio 1,32%, Bormio 1,35%);

• l’apice del cono risulta molto esteso e ubicato all’interno del bacino (es. 1.8 km nel caso di Sernio);

• la superficie topografica del conoide si presenta liscia e regolare, priva di morfologie diagnostiche di un’origine connessa a frana. Si ipotizza quindi un rimodellamento dei depositi di frana da parte di successivi eventi di colate detritiche (Jarman et al. 2011);

• la presenza in zona distale di ripide ed elevate scarpate, formate per erosione al piede dal corso d’acqua vallivo (per esempio l’altezza massima della scarpata del Migiondo supera gli 80 m).

Per quel che attiene invece alla caratterizzazione dei bacini, si è osservato che i bacini che sottendono

conoidi anomali analizzati presentano caratteri peculiari, così sintetizzabili:

• è presente un’estesa nicchia di frana che corona l’intero bacino o comunque una porzione maggioritaria dello stesso;

• si sviluppano in aree caratterizzate dalla presenza di Deformazioni Gravitative Profonde di Versante (DGPV) (es: Ponte in Valtellina, Migiondo e Sernio (SO));

• sono interessati dalla presenza di lineamenti strutturali di interesse anche regionale (es: i bacini di Sernio e di Ponte in Valtellina sono entrambi attraversati dalla faglia del Mortirolo e dalla Linea Insubrica);

• in affioramento si individua la presenza pervasiva di rocce cataclastiche e milonitiche.

Le peculiarità geologiche, geomorfologiche e strutturali descritte si traducono in una serie di fragilità intrinseche che caratterizzano questi sistemi bacino-conoide, quali:

• la forte instabilità che interessa la testata del bacino, testimoniata dalle numerose frane presenti;

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• l’instabilità presente nella parte distale del conoide, frequentemente soggetta ad erosione al piede, esercitata dal corso d’acqua del fondovalle (es.: la frana della Boscaccia lungo la scarpata del Migiondo);

• la suscettibilità ad eventi di colate detritiche;

• i gravi problemi di approvvigionamento idrico nelle aree agricole, a causa delle scarse portate dei corsi d’acqua che scorrono lungo il conoide, o della totale assenza di corpi idrici superficiali a carattere perenne. Interessante notare che lungo i numerosi conoidi anomali della Val Venosta, che rappresentano aree fortemente dedite all’agricoltura, si trovano antichi e tipici canali, detti “Waalwege”, costruiti per irrigare queste zone particolarmente aride.

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