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Le aree valutarie ottimali e l’euro

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Capitolo 10

Le aree valutarie

ottimali e l’euro

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Struttura della presentazione

Introduzione Cos’è lo SME?

oPerché l’UE?

oPerché l’euro (UME)?

oLo SME nel periodo 1979-1998

oPolitiche dell’UE e dello SME

oL’Unione Economica e Monetaria Europea

oLa Banca Centrale Europea e l’Eurosistema

oL’ERM2

La teoria delle aree valutarie ottimali

oAltre considerazioni su un’UEM

oL’Europa è un’area valutaria ottimale?

(3)

Introduzione

L’Unione Europea (UE) è un sistema di istituzioni internazionali, tra le quali la prima è nata nel

1957, che ora rappresenta oltre 25 paesi europei attraverso:

il Parlamento Europeo, eletto dai cittadini dei paesi membri;

il Consiglio dell’Unione Europea, nominato dai governi dei paesi membri;

la Commissione Europea, organo esecutivo;

la Corte di Giustizia, che interpreta le leggi UE;

la Banca Centrale Europea (BCE) che conduce la politica monetaria attraverso un sistema di banche dei paesi

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Figura 10.1 I membri dell’Eurozona al 1° gennaio 2014

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Tabella 10.1 Un breve glossario di euronimi

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Cos’è lo SME?

Il Sistema Monetario Europeo (SME) era in

origine un sistema di cambi fissi implementato nel 1979 attraverso il meccanismo dei tassi di cambio (ERM).

oSecondo la teoria della credibilità dello SME, i costi politici della violazione di un accordo sul tasso di cambio possono essere utili perché possono far desistere i governi dal deprezzare le loro monete per ottenere i benefici di

breve periodo di un boom economico, sopportando però i costi di lungo periodo di maggiore inflazione.

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Figura 10.2 Convergenza dei tassi di inflazione in sei dei paesi fondatori dello SME, 1978-2012

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Perché l’UE?

I paesi che fondarono l’UE e lo SME avevano diversi obiettivi.

1. Assicurare il potere dell’Europa negli affari

internazionali: come unione di paesi, l’UE poteva

rappresentare molto più potere economico e politico nel mondo.

2. Per rendere l’Europa un mercato unico: si riteneva che un grande mercato con libero scambio, liberi flussi di capitale finanziario e libere migrazioni di persone – oltre a tassi di cambio fissi o a una valuta comune – favorisse la crescita economica e il benessere economico.

3. Per rendere l’Europa politicamente stabile e pacifica.

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Perché l’euro (UME)?

3. Si riteneva che l’influenza tedesca nello SME sarebbe stata moderata nel Sistema Europeo di Banche Centrali.

4. L’eliminazione della possibilità di

svalutazioni/rivalutazioni: con liberi flussi di capitale finanziario, si potevano verificare fughe di capitali e

speculazioni in uno SME con valute diverse, ma sarebbe stato più difficile con una moneta unica.

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Lo SME nel periodo 1979-1998

Nel periodo 1979-1993, lo SME definiva il

meccanismo dei tassi di cambio per permettere alla maggior parte delle valute di fluttuare di +/– 2,25%

attorno al cambio obiettivo.

Il meccanismo dei tassi di cambio permise

fluttuazioni più ampie (+/– 6%) per le valute di

Portogallo, Spagna, Gran Bretagna (fino al 1992) e Italia (fino al 1990).

Questi paesi volevano una maggior flessibilità nella politica monetaria.

Le bande più ampie erano anche pensate per evitare speculazioni causate da diverse politiche monetarie e fiscali.

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Lo SME nel periodo 1979-1998

Per evitare speculazioni, inizialmente nello SME si applicarono anche dei controlli valutari per limitare lo scambio di valute.

Ma dal 1987 al 1990 questi controlli furono rimossi per

rendere l’UE un mercato comune per il capitale finanziario.

Si sviluppò anche tra i membri SME un sistema di credito per erogare prestiti ai paesi che avevano bisogno di attività e di valute che erano molto richieste nei mercati dei cambi.

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Lo SME nel periodo 1979-1998

Ma a causa delle differenze delle politiche monetarie e fiscali nello SME, gli operatori cominciarono ad

acquistare attività tedesche (per gli alti tassi di interesse tedeschi) e a vendere altre attività SME.

Di conseguenza, la Gran Bretagna lasciò lo SME nel 1992 e permise la fluttuazione della sterlina contro le altre valute europee.

Di conseguenza, il meccanismo dei tassi di cambio fu ridefinito nel 1993 per permettere bande di +/–

15% attorno al valore obiettivo per svalutare molte valute rispetto al marco tedesco.

(13)

Lo SME nel periodo 1979-1998

Ma con il tempo, ogni membro SME adottò

politiche fiscali e monetarie controllate e i tassi di inflazione nello SME alla fine conversero (e la

speculazione rallentò o cessò).

In effetti, i membri SME stavano seguendo le politiche monetarie controllate della Germania, che aveva

registrato tradizionalmente bassa inflazione.

Con il meccanismo dei tassi di cambio a bande fisse dello SME, la Germania “esportava” la sua politica monetaria.

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Politiche dell’UE e dello SME

L’Atto Unico Europeo del 1986 raccomandava la

rimozione di molte barriere al commercio, ai flussi di capitale finanziario e all’immigrazione entro dicembre 1992.

Permise inoltre l’approvazione della politica UE senza richiedere un consenso unanime tra i membri.

Il Trattato di Maastricht, proposto nel 1991, stabiliva i tre provvedimenti per trasformare lo SME in un’unione

economica e monetaria.

Richiedeva inoltre la standardizzazione della regolamentazione e la centralizzazione della politica estera e di difesa tra i paesi UE.

Alcuni membri UE/SME non hanno ratificato tutte le clausole.

(15)

L’Unione Economica e Monetaria Europea

Nel 1989 lo SME si è evoluto in una Unione

Economica e Monetaria (UEM), un sistema più vasto di politiche economiche e monetarie

coordinate.

All’origine dell’UEM c’è il Trattato di Maastricht, secondo il quale i membri che vogliono entrare nell’unione economica e monetaria devono:

1. raggiungere la stabilità del cambio definita dall’ERM prima di adottare l’euro;

2. avere un tasso di inflazione massimo di 1,5% maggiore rispetto alla media dei tre tassi di inflazione nazionale più bassi tra i membri UE;

(16)

Politiche dell’UE e dello SME

3. Mantengano una politica fiscale restrittiva:

un rapporto deficit pubblico/PIL massimo del 3%;

un rapporto debito pubblico/PIL massimo del 60%.

 Vengono inflitte sanzioni finanziarie ai paesi con deficit o debito “eccessivi”.

Anche il Patto di Stabilità e Crescita (PSC),

negoziato nel 1997, prevede sanzioni finanziarie per i paesi con disavanzo o debito “eccessivo”.

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La Banca Centrale Europea e l’Eurosistema L’Eurosistema conduce la politica monetaria per

l’area dell’euro ed è costituito dalla Banca Centrale Europea (BCE) e dalle 18 banche centrali nazionali dell’area dell’euro.

Il Sistema Europeo di Banche Centrali (SEBC) è composto dalla BCE più le 28 banche centrali dell’UE, incluse quelle dei paesi che non usano l’euro. Come per i membri dell’Eurosistema, le

banche centrali dei paesi non euro si impegnano a perseguire la stabilità interna dei prezzi e varie

forme di cooperazione con l’Eurosistema.

(18)

L’ERM2

L’euro fu adottato nel 1999, e il precedente

meccanismo dei tassi di cambio divenne obsoleto.

Ma fu istituito un nuovo meccanismo dei tassi di

cambio – ERM2 – tra l’unione economica e monetaria e i paesi esterni.

Permetteva ai paesi (sia interni sia esterni all’UE) che volevano entrare nell’unione economica e monetaria in futuro di mantenere tassi di cambio stabili prima

dell’ingresso.

Permetteva ai membri UE fuori dall’unione economica e monetaria di mantenere tassi di cambio fisso se lo

desideravano.

(19)

La teoria delle aree valutarie ottimali

La teoria delle aree valutarie ottimali sostiene che l’area ottimale per un sistema di cambi fissi, o per una valuta comune, sia un’area fortemente

integrata economicamente. Integrazione economica significa liberi flussi di:

o beni e servizi (commercio);

o capitale finanziario e capitale fisico;

o lavoratori/lavoro (immigrazione ed emigrazione).

La teoria fu sviluppata da Robert Mundell nel 1961.

(20)

La teoria delle aree valutarie ottimali

I cambi fissi hanno costi e benefici per i paesi che decidono se aderirvi.

I benefici dei cambi fissi sono che evitano

l’incertezza e i costi di transazione internazionali implicati dai cambi flessibili.

Si definisce il beneficio che si ha con l’adesione di un paese a un sistema di cambi fissi come guadagno di efficienza monetaria.

(21)

La teoria delle aree valutarie ottimali

Il guadagno di efficienza monetaria di un sistema di cambi fissi dipende dalla dimensione

dell’integrazione economica.

Dopo l’adesione a un sistema di cambi fissi:

1. se il commercio tra i paesi è molto sviluppato, allora i costi di transazione si riducono molto;

2. se il capitale finanziario può muoversi liberamente tra i membri, allora l’incertezza sui tassi di rendimento si riduce molto;

3. se le persone possono migrare liberamente tra i confini per lavorare, allora l’incertezza sui salari si riduce

molto.

(22)

La teoria delle aree valutarie ottimali

In generale, maggiore è il grado di integrazione economica, maggiore è il guadagno di efficienza monetaria.

Tracciamo un grafico del guadagno di efficienza monetaria in funzione del grado di integrazione economica.

(23)

Figura 10.3 La curva GG

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La teoria delle aree valutarie ottimali

Nell’analizzare il guadagno di efficienza monetaria, abbiamo ipotizzato che i membri del sistema di

cambi fissi mantenessero un livello dei prezzi stabile.

Ma quando c’è un’inflazione variabile tra i paesi membri, allora l’adesione al sistema non ridurrà (così tanto)

l’incertezza.

Abbiamo ipotizzato che un nuovo membro sia pienamente vincolato al sistema di cambi fissi.

Ma se un nuovo membro può lasciare il sistema di cambi fissi, allora l’adesione al sistema non ridurrà (così tanto) l’incertezza.

(25)

La teoria delle aree valutarie ottimali

L’integrazione economica permette anche la

convergenza dei prezzi dei membri di un sistema di cambi fissi e dei potenziali membri.

Ci si aspetta che la legge del prezzo unico funzioni meglio quando i mercati sono integrati.

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La teoria delle aree valutarie ottimali

I costi dei cambi fissi sono rappresentati dalla perdita della politica monetaria per stabilizzare produzione e occupazione, e dalla perdita

dell’aggiustamento automatico dei tassi di cambio alle variazioni della domanda aggregata.

Definiamo questa perdita che si verifica se un paese si unisce a un sistema di cambi fissi come perdita di stabilità economica.

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La teoria delle aree valutarie ottimali

La perdita di stabilità economica derivante

dall’adesione a un sistema di cambi fissi dipende anche dal grado di integrazione economica.

Dopo l’adesione a un sistema di cambi fissi, se il nuovo membro deve affrontare una riduzione della

domanda aggregata:

1. i prezzi relativi tendono a scendere, portando gli altri

membri ad aumentare molto la domanda aggregata se vi è una forte integrazione economica, perciò la perdita

economica non è così grande;

2. il capitale finanziario o il lavoro migreranno verso le aree con rendimenti o salari più elevati se vi è una forte

integrazione economica, perciò la perdita economica non è

(28)

La teoria delle aree valutarie ottimali

La perdita dell’aggiustamento automatico dei cambi flessibili non è così elevata se i mercati dei beni e dei servizi sono integrati. Perché?

Considerate cosa succederebbe se un paese non facesse parte del sistema a cambi flessibili.

oL’aggiustamento automatico causerebbe un apprezzamento delle valute estere, cosa che provocherebbe un aumento in molti prezzi per i consumatori domestici quando i mercati dei beni e dei servizi sono integrati.

(29)

La teoria delle aree valutarie ottimali

In generale, maggiore è il grado di integrazione economica, minore è la perdita di stabilità

economica.

Tracciamo un grafico della perdita di stabilità

economica in funzione del grado di integrazione economica.

(30)

Figura 10.4 La curva LL

(31)

La teoria delle aree valutarie ottimali

In un dato punto critico che misura il grado di

integrazione, il guadagno di efficienza monetaria supererà la perdita di stabilità economica per un membro che sta valutando l’adesione a un sistema di cambi fissi.

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Figura 10.5 La decisione di fissare il tasso di cambio

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La teoria delle aree valutarie ottimali

Si potrebbe verificare un evento che causa un aumento della frequenza o dell’intensità delle

variazioni della domanda aggregata per un paese.

In questo caso, la perdita di stabilità economica sarebbe maggiore per ogni grado di integrazione economica tra il nuovo membro e i membri del sistema di cambi fissi.

Come influenzerebbe il punto critico in cui il

guadagno di efficienza monetaria è uguale alla perdita di stabilità economica?

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Figura 10.6 Aumento della variabilità sul mercato dei prodotti

(35)

Altre considerazioni su un’UEM

La struttura delle economie nell’unione

economica e monetaria dell’UE è importante per determinare come i membri rispondono a shock della domanda aggregata.

Le economie dei membri UE sono simili nel senso che c’è un alto volume di commercio intra-settoriale

rispetto al volume totale.

Sono diverse nel senso che i paesi dell’Europa

Settentrionale hanno alti livello di capitale fisico per lavoratore e più lavoro qualificato rispetto ai paesi dell’Europa Meridionale.

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Altre considerazioni su un’UEM

Anche l’ammontare dei trasferimenti tra membri UE può influenzare la modalità di risposta delle

economie UE a shock alla domanda aggregata.

I pagamenti fiscali tra i paesi nel sistema federale UE, o federalismo fiscale, può aiutare a compensare la perdita di stabilità economica che deriva dall’adesione a un’unione economica e monetaria.

Ma rispetto ai trasferimenti interregionali negli USA, tra i membri UE c’è un limitato federalismo fiscale.

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Altre considerazioni su un’UEM

Come suggerisce il trilemma finanziario, un modo per mantenere fissi i tassi di cambio e il controllo

nazionale sulla politica finanziaria è quello di proibire i movimenti internazionali di capitale.

oQuesto non è possibile all’interno di un’unione valutaria come l’UEM, con un’unica banca centrale condivisa (unione

bancaria), perché la politica della banca centrale sul tasso di interesse non potrebbe trasmettersi a tutti gli stati membri se non potessero prendere a prestito o prestare oltre confine.

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L’Europa è un’area valutaria ottimale?

Se ci si può aspettare che l’UE/SME/unione economica e monetaria diano benefici ai loro

membri, ci aspettiamo che i suoi membri abbiano un grado elevato di integrazione economica.

Grandi volumi di commercio in rapporto al PIL.

Un’elevata quantità di investimenti finanziari esteri e di investimenti diretti esteri sull’investimento totale.

Una grande quantità di migrazioni tra i confini in rapporto alla forza lavoro.

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Tabella 10.2 Persone che hanno cambiato regione

di residenza negli anni Novanta (% della popolazione totale)

(40)

L’Europa è un’area valutaria ottimale?

La maggior parte dei membri UE esporta dal 10% al 20% del PIL agli altri membri UE.

Questo dato si mette a confronto con esportazioni inferiori al 2% del PIL UE verso gli USA.

Ma il commercio tra le regioni negli USA è una percentuale maggiore del PIL regionale.

Il commercio era limitato da regolamentazioni che sono state rimosse con l’Atto Unico Europeo?

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L’Europa è un’area valutaria ottimale?

Inoltre si verificano deviazioni dalla legge del prezzo unico in molti mercati UE.

Se i mercati UE fossero molto integrati, allora i prezzi (corretti per la valuta) dei beni e dei servizi dovrebbero essere quasi gli stessi nei diversi mercati.

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L’UE è un’area valutaria ottimale?

Non ci sono prove di un’estesa migrazione regionale nell’UE.

L’Europa ha molte lingue e culture, cosa che

impedisce la migrazione e la mobilità del lavoro.

I sindacati e le leggi impediscono inoltre il movimento del lavoro tra settori e paesi.

Differenze nei tassi di disoccupazione regionali negli USA sono più limitate e meno persistenti delle differenze nei tassi di disoccupazione

nazionali in UE, indice di una mancanza di mobilità del lavoro in UE.

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Figura 10.7 Tassi di disoccupazione in alcuni paesi europei

(44)

La crisi dell’euro

Anche l’area dell’euro è stata sconvolta dalla crisi finanziaria globale del 2007-2009.

oLa concessione di prestiti aiutò ad alimentare il boom

immobiliare, grazie a tassi di interesse globali molto bassi, che inducevano le banche ad assumersi rischi maggiori alla ricerca di profitti.

oL’espansione del credito fece sì che le attività delle banche

crescessero a livelli molto elevati a confronto con i PIL dei paesi di origine delle banche stesse.

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Tabella 10.3 Attività di alcune grandi banche in rapporto al prodotto nazionale, fine 2011

(46)

Figura 10.8 Differenza tra i tassi di interesse nominali (spread) dei governi e il tasso della Germania

(47)

Figura 10.9 Apprezzamento reale nei paesi periferici dell’Eurozona

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Tabella 10.4 Saldi di conto corrente dei paesi dell’area euro, 2005-2009 (% del PIL)

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La crisi dell’euro

o Con l’eliminazione del rischio di cambio tra i paesi dell’area dell’euro, i rendimenti sui titoli di Stato si avvicinarono

sempre di più. I mercati sembravano convinti che nessun governo europeo avrebbe mai fatto default sui suoi debiti.

o Si realizzò un tipo di speculazione, che agì attraverso le corse agli sportelli e i mercati dei titoli di Stato, con effetti devastanti.

(50)

Figura 10.10 Divergenze nei tassi di interesse reali all’interno dell’area dell’euro

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La crisi dell’euro

o Il panico dei mercati si sviluppò e si diffuse rapidamente per il timore di una possibile insolvenza. Iniziò una

dinamica autorealizzantesi analoga alla corsa agli sportelli o alle crisi valutarie autorealizzantesi.

 Se i mercati si aspettano un default, chiederanno al governo indebitato tassi di interesse molto elevati e,

se il governo non è in grado di aumentare le tasse o di ridurre la spesa a sufficienza, sarà costretto a non ripagare i debiti e quindi a dichiararsi insolvente.

o La precarietà del credito di ciascun governo, a sua volta, riduceva la solvibilità delle banche nazionali.

 Circolo vizioso (doom loop)

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Figura 10.11 Debito pubblico lordo in rapporto al PIL nell’area dell’euro

(53)

Riassunto

1. Lo SME era prima un sistema di cambi fissi ma successivamente si è sviluppato in un più esteso coordinamento delle politiche economiche e

monetarie: un’unione economica e monetaria.

2. L’Atto Unico Europeo del 1986 ha raccomandato ai membri UE la rimozione delle barriere allo

scambio, ai flussi di capitale e all’immigrazione entro il 1992.

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Riassunto

3. Il Trattato di Maastricht ha delineato i requisiti perché lo SME diventasse un’unione

economica e monetaria.

o Ha inoltre standardizzato molte leggi e dato alle istituzioni UE più controllo sulle politiche di difesa.

o Ha inoltre istituito penalità per i membri UME che spendono troppo.

4. Nel 1999, quando è nato l’euro, è stato

definito un nuovo meccanismo dei tassi di cambio contro l’euro.

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Riassunto

5. Un’area valutaria ottimale ha membri con un elevato grado di integrazione economica tra i

mercati dei beni e servizi, del capitale finanziario e del lavoro.

6. L’UE non ha un alto grado di mobilità del lavoro a causa delle differenze nella cultura e a causa

della sindacalizzazione e della legislazione.

7. È dubbio che l’UE possa essere classificata come area valutaria ottimale.

8. Anche l’area dell’euro è stata sconvolta dalla crisi finanziaria globale del 2007-2009.

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