Vladimir Georgiev
Dipartimento di Matematica ”L.Tonelli”, Universit`a di Pisa,
Largo Bruno Pontecorvo 5, I-56127, Pisa, Italy.
E-mail: [email protected]
I Integrazione 5
1 Integrali curvilinei 7
1.1 Curve . . . 7
1.2 Lunghezza delle curva. . . 14
1.3 Curve di Peano . . . 15
1.4 Integrale curvilineo di I specie . . . 21
1.5 Intergrali curvilinei del II tipo . . . 22
1.6 Forme differenziali di grado 1 nello spazio Euclideo . . 23
1.7 Funzione olomorfe . . . 36
1.8 Esercizi sulla lunghezza delle curve . . . 41
1.9 Esercizi su Integrali curvilinei . . . 47
1.10 La trasformata di Fourier . . . 58
1.11 Esercizi sulle funzioni olomorfe . . . 60
2 Richiami sul integrale di Riemann del corso di Analisi Matematica 1 63 2.1 Integrale definito (di Riemann) . . . 63
2.2 Integrale di Stieltjes . . . 68
2.2.1 Teorema fondamentale del calcolo integrale . . . 72
3 Misura: idea della definizione e propriet´a generali 75 3.1 Algebre e σ− algebre . . . 75
3.2 Misure: additive e σ− additive. . . 77
3.3 Propriet´a della misura astratta . . . 78
3.4 Argomento facoltativo: Misura esterna . . . 79 1
4 Misura di Peano - Jordan 81
4.1 Insiemi con misura di Peano – Jordan zero . . . 82
4.2 Plurintervalli e loro misura (di Peano - Jordan) . . . . 84
4.3 Aperti in Rn e unioni quasi disgiunti . . . 90
4.4 Misura esterna e misura interna per qualsiasi insieme limitato . . . 93
4.5 Insiemi misurabili (secondo Peano – Jordan) . . . 94
4.6 Esercizi sulla misura di Peano . . . 99
5 Integrale di Riemann 103 5.1 Integrale di Riemann su intervalli in Rn . . . 103
5.2 Propriet´a dell’integrale di Riemann . . . 106
5.3 Il grafico delle funzioni integrabili ha misura zero . . . 107
5.4 Misurabilit´a di insiemi normali . . . 108
5.5 Integrazione su insiemi misurabili in senso di Peano - Jordan . . . 109
5.5.1 Propriet´a dell’integrale di Riemann su insiemi misurabili . . . 109
5.6 Funzioni semplici e loro integrale di Riemann . . . 114
5.7 Formula di riduzione . . . 116
6 Cambiamento di variabili 123 6.1 Trasformata lineare di intervalli e loro misura di Peano - Jordan . . . 123
6.1.1 L’imagine C1 di un intervallo . . . 125
6.2 Formula di cambiamneto di variabili . . . 129
6.3 Coordinate polari in Rn . . . 132
7 Esercizi su integrali multipli 135 7.1 Definizione e volume del parallelepipedo . . . 135
7.2 Esercizi su integrali doppi e tripli . . . 137
7.3 Teorema del valor medio e calcolo del baricentro . . . . 148
7.4 Momenti d’inerzia . . . 151
7.5 Integrali Impropri nel piano . . . 152
7.6 Volume di {x ∈ Rn;kxk = 1} . . . 158
7.6.1 Area della sfera in Rn, prima soluzione . . . 158
7.6.2 Area della sfera in Rn, seconda soluzione . . . . 161
II Quarta Parte: Integrazione sulle curve e su-
perficie, forme differenziali 163
8 Integrali sulle superfici 165
8.1 Superfici in Rn. . . 165
8.2 Partizione dell’unit´a sulle superficie . . . 174
8.3 Superfici orientabili . . . 176
8.4 Superfici con bordo . . . 179
8.5 Superfici con bordo orientabili . . . 180
8.6 Partizione dell’unit´a sulle superficie con bordo . . . 183
8.7 Area di una superficie . . . 185
8.8 Integrale sulle superficie di I specie . . . 187
8.9 Forme differenziali di grado 2 nello spazio Euclideo . . 190
8.10 Pull - back delle forme differenziali . . . 195
8.11 Integrali delle forme differenziali di grado 2 sulle superfici199 8.12 Formula di Stokes - Green . . . 204
8.13 Formula di Stokes (integrale di superfici del I tipo) . . 208
8.14 Forme multilineari antisimetriche . . . 211
8.15 Partizione di unit´a per domini con frontiere regolari . 217 8.16 Formula di Stokes - Gauss in R3 . . . 219
8.17 Formula di Gauss - Green . . . 223
9 Integrali sulle superfici e formule di Gauss - Green , variante per Ingegneria 227 9.1 Area di una superficie . . . 227
9.1.1 Idea di integrale di superficie del I tipo . . . 229
9.2 Integrale sulle superficie di I specie . . . 231
9.3 Forme differenziali di grado 1 nel piano e nello spazio . 232 9.4 Integrale curvilineo di II specie (nel piano) . . . 232
9.5 Forme differenziali di grado 2 nello spazio Euclideo . . 233
9.5.1 Forme bilinieari e antisimmetriche . . . 233
9.6 Integrali sulle forme differenziali di grado 2 . . . 236
9.6.1 Integrali sulle superfici della II specie . . . 236
9.7 Formula di Stokes nel piano . . . 237
9.8 Formula di Stokes nello spazio . . . 238
10 Esercizi sui integrali sulle superficie 241
10.1 Integrali sulle superficie del I tipo . . . 241
10.2 Integrali sulle superfici del II tipo ( 2-forme sulle super- ficie). . . 250
10.3 Coordinate polari e cilindriche . . . 254
10.3.1 Coordinate polari . . . 254
10.3.2 Coordinate cilindriche . . . 256
10.3.3 Simetria ed integrazione . . . 258 10.4 Esercizi su applicazioni della formula di Gauss - Green 261
Integrazione
5
Integrali curvilinei
1.1 Curve
Sia Γ ⊂ Rn tale che Γ ´e immagine di una applicazione ϕ : ∆ → Rn, dove ∆⊆ R ´e un intervallo di R, limitato o no.
Definizione 1.1.1. La coppia (ϕ, ∆), tale che ϕ∈ C(∆) e ϕ(∆) = Γ
´e una parametrizzazione di Γ.
Se ∆ = (a, b), la parametrizzazione γ in Rn ´e definita della tripla (ϕ, (a, b), Γ) dove
ϕ : (a, b)→ Rn, ϕ((a, b)) = Γ.
e ϕ ´e una funzione continua. Possiamo usare la notazione γ(ϕ, I, Γ) per esprimere questa relazione.
La parametrizzazione γ(ϕ, I, Γ) (quando I ´e un intervallo aperto) si dice di classe Ck se e solo se
ϕ∈ Ck(I).
La parametrizzazione γ(ϕ, ∆, Γ), con ∆ = [a, b] chiuso ´e di classe Ck, k≥ 1, se esiste un intervallo aperto I ⊃ ∆ e una estensione eϕ di ϕ su I tale che ϕe∈ Ck(I).
7
Definizione 1.1.2. La parametrizzazione γ(ϕ, I, Γ) dove I ´e un inter- vallo apperto e
ϕ : I = (a, b) → Γ ⊂ Rn,
´e detta regolare se ´e di classe C1 ed inoltre ϕ′(t)6= 0, per ogni t ∈ I. Di- ciamo poi che una parametrizzazione γ(ϕ, I, Γ), dove I ´e un intervallo apperto e
ϕ : I = (a, b) → Γ ⊂ Rn,
´e di classe C1 a tratti, o regolare a tratti, se ´e di classe C0 ed inoltre
´e possibile decomporre I in una partizione
P : a = t0 < t1 <· · · < tn = b in modo che ϕ ´e regolare in ogni (tj−1, tj).
Definizione 1.1.3. La parametrizzazione γ(ϕ, (a, b)) si chiama sem- plice ( o senza autointersezioni) se ϕ´e iniettiva, cio´e
ϕ(t1) = ϕ(t2) =⇒ t1 = t2, ∀t1, t2 ∈ I.
Osservazione 1.1.1. Se la parametrizzazione γ(ϕ, ∆, Γ) ´e definita con
∆ un intervallo chiuso, allora dobbiamo modificare le definizioni 1.1.2 e 1.1.3 come segue.
Definizione 1.1.4. La parametrizzazione γ(ϕ, ∆, Γ) con ∆ = [a, b] ´e detta regolare se esiste un intervallo aperto I ⊃ ∆ ed una estensione
e
ϕ : I → Rn di ϕ tale che ϕ ´e di classe Ce 1 ed inoltre ϕ′(t)6= 0, per ogni t∈ I. La definizione della nozione la parametrizzazione ´e di classe C1 a tratti rimane invariata, cio´e: una parametrizzazione γ(ϕ, ∆, Γ) con
∆ = [a, b] ´e di classe C1 a tratti, o regolare a tratti, se ´e di classe C0 ed inoltre ´e possibile decomporre ∆ in una partizione
P : a = t0 < t1 <· · · < tn = b in modo che ϕ ´e regolare in ogni (tj−1, tj).
Definizione 1.1.5. La parametrizzazione γ(ϕ, [a, b], Γ) si chiama sem- plice ( o senza autointersezioni) se ϕ´e iniettiva in (a, b] e in [a, b), cio´e
ϕ(t1) = ϕ(t2) =⇒ t1 = t2, ∀t1, t2 ∈ (a, b]
e
ϕ(t1) = ϕ(t2) =⇒ t1 = t2, ∀t1, t2 ∈ [a, b).
Possiamo introdurre classe di equivalenze tra le parametrizzazioni.
Infatti, se γ0(ϕ0, ∆0, Γ) e γ1(ϕ1, ∆1, Γ) sono due parametrizzazioni di Γ tali che con
γ0, γ1 ∈ C1, ∆0 = [a0, b0], ∆1 = [a1, b1]
possiamo definire l’equivalenza tra loro chiedendo l’esistenza di un dif- feomorfismo C1
χ : t∈ ∆0 = [a0, b0]→ s = χ(t) ∈ ∆1 = [a1, b1], tale che
ϕ0(t) = ϕ1(χ(t)) (1.1.1) e
χ′(t)6= 0, ∀t ∈ ∆0. (1.1.2) Definizione 1.1.6. Diciamo che le C1 parametrizzazioni γ0(ϕ0, ∆0, Γ) e γ1(ϕ1, ∆1, Γ) sono equivalenti
γ0 ∼ γ1 se esiste on diffeomorfismo
χ : t∈ ∆0 = [a0, b0]→ s = χ(t) ∈ ∆1 = [a0, b0], tale che sono veri (1.1.1) e (1.1.2).
Possiamo dare la definizione rigorosa della curva come classe di equivalenza stabilita dalla Definizione (1.1.6).
Se ´e soddisfatta (1.1.2) possiamo distinguere due classi di equiv- alenza collegati con la parametrizzazione γ0(ϕ0, I0, Γ) al variare del segno della defirata in (1.1.2).
Definizione 1.1.7. Se γ0(ϕ0, I0, Γ) ∼ γ1(ϕ1, I1, Γ) e la derivata in (1.1.2) ´e positiva possiamo dire che le due parametrizzazioni hanno la stessa orientazione. Se la derivata in (1.1.2) ´e negativa possiamo dire che le due parametrizzazioni hanno orientazioni diversi (l’orientazione di γ0 ´e opposta all’orientazione di γ1).
Per simplicit´a possiamo usare le notazioni (ϕ0, I0, Γ)∼ (ϕ1, I1, Γ) o
ϕ0 ∼ ϕ1 al posto di
γ0(ϕ0, I0, Γ)∼ γ1(ϕ1, I1, Γ)
quando ´e chiara la definizione di dominio ∆0, ∆1 delle funzioni ϕ0, ϕ1
ed il fatto che codominio ´e fisso: Γ.
Definizione 1.1.8. Sia Γ⊂ Rn l’immagine di una parametrizzazione ϕ0 : I0 → Γ.
L’insieme di tutte le parametrizzazioni γ1(ϕ1, I1, Γ) tali che
γ1(ϕ1, I1, Γ)∼ γ0(ϕ0, I0, Γ)
e le due parametrizzaizoni hanno la stessa orientazione si chiama curva (orientata).
Come notazione per una curva γ possiamo usare ϕ : ∆→ Γ ⊂ Rn
| {z }
γ
per indicare il fatto che la curva γ puo essere definita in modo unico tramite una delle sue parametrizzazioni (ϕ, ∆, Γ).
Ovviamente le nozioni di curva regolare, curva semplice seguono della definizione delle parametrizzazioni regolari, parametrizzazioni sem- plici e l’osservazione che le parametrizzazioni equivalenti preservano le proporiet´a di essere regolari i semplici.
Lemma 1.1.1. Sia
∆0 = [a0, b0], ∆0 = [a0, b0]
due intervalli limitati e chiusi. Se la curva ha una parametrizzazione ϕ0 : ∆0 → Γ ⊂ Rn, ϕ0(∆0) = Γ, ∆0 = [a0, b0]
semplice, regolare e
ϕ1 : ∆1 = [a1, b1]→ Rn, ϕ1(∆1) = Γ
´e una funzione C1, allora le seguente due condizioni sono equivalenti 1) ϕ′1(s)6= 0, ∀s ∈ [a1, b1],
2) γ0(ϕ0, ∆0, Γ)∼ γ1(ϕ1, ∆1, Γ).
Dimostrazione. Trattiamo solo l’implicazione 1) =⇒ 2). Usando la traslazione e omotetia possiamo supporre senza perdita di generalit´a che
∆0 = ∆1 = [0, 1].
Le relazioni
ϕ0(t)6= 0, ϕ1(s)6= 0, ∀t ∈ ∆0, s∈ ∆1,
implica che per ogni t0 ∈ [a0, b0] si puo trovare ε > 0 e una funzione χt0,ε : Ut0,ε = [0, 1]∩ (t0− ε, t0+ ε)→ [a, b]
tale che
ϕ1(χt0,ε(t)) = ϕ0(t), χ′t0,ε(t)6= 0, ∀t ∈ Ut0,ε = [0, 1]∩ (t0− ε, t0+ ε), (1.1.3) Usando la compatezza di [0, 1] possiamo trovare un ricoprimento finito
[0, 1]⊂ ∪Nj=1Uj
e C1 funzioni
χj : t ∈ Uj → ∆1,
tali che
ϕ1(χj(t)) = ϕ0(t), χ′j(t)6= 0, ∀t ∈ Uj (1.1.4) e
χj(t) = χk(t), ∀tUj ∩ Uk (1.1.5) grazie alla iniettivit´a di ϕ0, ϕ1.
La relazione (1.1.5) ci permette di definire la funzione
χ(t) = χj(t), se t∈ Uj (1.1.6) e di verificare che
ϕ1(χ(t)) = ϕ0(t), χ′(t)6= 0, ∀t ∈ [0, 1]. (1.1.7) La propriet´a (1.1.7) significa che γ0 ∼ γ1, e quindii abbiamo 2).
Composizioni e orientazione dei cammini
Sia ϕ : [a, b] → Rn, Γ = ϕ([a, b]) la parametrizzazione di una curva.
Usando traslazione e omotetia, possiamo vedere che Lemma 1.1.2.
(ϕ, [a, b], Γ)∼ (ϕ0, [0, 1], Γ) dove
ϕ0 : [0, 1]→ Rn, ϕ([0, 1]) = Γ
e le due parametrizzazioni della stessa curva hanno la stessa orien- tazione.
Dimostrazione. Sia
ϕ0(s) = ϕ(a + s(b− a)).
Possiamo all’inizio definire la somma di due cammini (curve orien- tate)
ϕ1 : [0, 1]→ Rn
| {z }
C1
, ϕ|2 : [0, 1]{z → Rn}
C2
tali che
ϕ1(1) = ϕ2(0) come segue
ϕ(t) =
ϕ1(2t), se 0≤ t ≤ 1/2;
ϕ2(2t− 1), se 1/2 ≤ t ≤ 1. (1.1.8) La nuova curva
ϕ : [0, 1]→ Rn
| {z }
C
´e la somma di C1 e C2; C = C1 + C2. Usando questa osservazione possiamo introdurre.
Definizione 1.1.9. Dati due cammini (curve orientate) ϕ1 : [a, b]→ Rn
| {z }
C1
, ϕ|2 : [c, d]{z → Rn}
C2
tali che
ϕ1(b) = ϕ2(c)
possiamo definire la somma C = C1+ C2 come segue ϕ(t) =
ϕ1(a + 2t(b− a)), se 0≤ t ≤ 1/2;
ϕ2(c + (2t− 1)(d − c)), se 1/2 ≤ t ≤ 1. (1.1.9) La nuova curva
ϕ : [0, 1]→ Rn
| {z }
C
´e la somma di C1 e C2; C = C1+ C2. Data la curva
ϕ : [0, 1]→ Rn
| {z }
C
con ϕ(0)6= ϕ(1) possiamo trovare sempre una curva e
ϕ : [0, 1]→ Rn
| {z }
Ce
tale che
C + eC
´e una curva chiusa. Infatti, sia e
ϕ(t) = ϕ(1− t).
In generale abbiamo Definizione 1.1.10. Sia
ϕ : [a, b] → Rn
| {z }
C
,
una curva tale che
ϕ(a)6= ϕ(b).
La curva
e
ϕ(t) = ϕ(a + (1− t)(b − a)) (1.1.10) e curva
e
ϕ : [0, 1]→ Rn
| {z }
Ce
tale che la somma di C + eC ´e curva chiusa. Altra notazione per eC ´e
−C.
1.2 Lunghezza delle curva.
Sia ϕ : [a, b]→ Rnla curva. Sia quindi P una partizione dell’intervallo [a, b]
P = {ti ∈ [a, b] : a = t0 < t1 < . . . < tn= b} La lunghezza della poligonale, definito dai punti
ϕ(t0),· · · , ϕ(tn)
´e:
kϕ(t0)− ϕ(t1)k + ... + kϕ(tn−1)− ϕ(tn)k = Xn
i=1
kϕ(ti), ϕ(ti−1)k
e la lunghezza della curva e l’estremo superiore di questa quantita al variare della partizione:
L(ϕ) = sup
P
Xn i=1
kϕ(ti)− ϕ(ti−1)k.
Se tale valore non e infinito, la curva si dice rettificabile. La lunghezza di una curva non dipende dalla sua parametrizzazione.
Abbiamo le seguente proprieta della lunghezza della curva. Se ϕ1 : ∆1 → Rn
| {z }
C1
, ϕ|2 : ∆{z2 → Rn}
C2
sono due curve rettificabili, allora C = C1+ C2 e rettificabile e L(C1+ C2) = L(C1) + L(C2).
Se
ϕ : ∆→ Rn
| {z }
C
´e una curva rettificabile, allora −C e rettificabile e L(−C) = L(C).
1.3 Curve di Peano
Geometricamnte la costruzione di Hilbert della curva di Peano ´e sulla Figura 9.1.
Codice di Peano - Hilbert(facoltativo)
Una possibilita’ di introdurre la cruva di Peano - Hilbert in Q ={x + iy; x ∈ [0, 1], y ∈ [0, 1]}
e di costruire a sequenza di quandrattini. Al primo passo consideriamo Q11, Q12, Q13, Q14
1 2 3 4 1
2 3
4
1 2 3 45. . .
1 2
4 3 5
(a) (b) (c) (d)
Figure 1.1: Peano space filling curve
della Figura 1, a). I centri di questi quadratini definiscono una spez- zata se possiamo definire (codificare) la spezzata. Possiamo usare la notazione
d1 = [i 1− i]
per descrivere il percorso che parte dal centro in quadrattino in basso alla sinistra e finisce al centro del quadratino in basso alla destra. Qui usiamo le 4 scelte ±1, ±i per indicare i quatro precorsi possibili par- tento dal centro di uno dei quadratini. Al secondo passo consideriamo 16 quadratini
Q2,1, Q2,2,· · · , Q2,16
della Figura 1,b) e usiamo la relazione per ricorrenza
dk+1 = [idk i dk 1 dk − i − idk]. (1.3.11) con k = 1 e di costruire a sequenza di spezzate, che approssimano la curva di Peano - Hilbert.
Curva di Peano proposta da Shoenberg (facoltativo) Sia
f (t) =
0, se 0≤ t ≤ 1/3;
3t− 1, se 1/3 ≤ t ≤ 2/3 1, se 2/3≤ t ≤ 1.
(1.3.12)
Possiamo estendere f come funzione in C(R), pari, periodica di periodo 2.
Si puo vedere che per ogni numero pari M abbiamo
t ∈ [M, M + 1/3] =⇒ f(t) = 0, (1.3.13) e
t∈ [M + 2/3, M + 1] =⇒ f(t) = 1, (1.3.14) Ricordiamo la definizione del Cantor set
C = ( ∞
X
k=0
ak
3k+1, ak = 0, 2 )
. Lemma 1.3.1. Se t∈ C allora
t = X∞
k=0
2f (t3k) 3k+1 .
Idea della dimostrazione. Si puo verificare l’identita
ak= 2f (t3k) (1.3.15)
se X∞
k=0
ak
3k+1, ak = 0, 2.
Per la verifica di (8.3.8) possiamo usare l’identitta 3kt = Mk+ ak
3 + ak+1
32 +· · · , dove
Mk = 3ka0
3 + a1
32 +· · · + ak−1 3k
.
Ovviamente Mk ´e un numero pari. Se ak = 0, abbiamo Mk ≤ 3kt≤ Mk+ 2
32 + 2
33 +· · · = Mk+1 3. Se ak= 2
Mk+ 2
3 ≤ 3kt≤ Mk+2 3 + 2
32 + 2
33 +· · · = Mk+ 1.
Usando (1.3.13) e (1.3.14) otteniamo la propriet´a (8.3.8).
Ovviamente le funzioni
t→ x(t) = X∞ k=0
f (t32k)
2k+1 (1.3.16)
t→ y(t) = X∞ k=0
f (t32k+1)
2k+1 (1.3.17)
sono in C(R). Prendiamo
t∈ C, t = X∞ k=0
ak
3k+1, ak= 0, 2 Usando (8.3.8) otteniamo
x(t) = X∞ k=0
a2k
2k+12, y(t) = X∞
k=0
a2k+1
2k+12. (1.3.18) Possiamo adesso prendere qualsiasi punto (x, y) ∈ [0, 1] × [0, 1], abbiamo la rappresentazione
x = X∞ k=0
ck
2k+1, y = X∞ k=0
dk
2k+1 dove ck, dk sono numeri tra 0 e 1. Ponendo
a2k = 2ck, a2k+1= 2dk
abbiamo (1.3.18), cio´e
x = x(t), y = y(t) con
t = X∞ k=0
ak
3k+1 Questo dimostra il seguente.
Lemma 1.3.2. La curva
ϕ : [0, 1]→ Q = [0, 1] × [0, 1]
| {z }
γ
definita con la parametrizzazione
ϕ(t) = (x(t), y(t))
e x(t), y(t) definiti in (1.3.16), (1.3.17) ´e una curva in C([0, 1]) tale che
{ϕ(t); t ∈ C ⊂ [0, 1]} = Q.
Curva di Peano tramite l’insieme di Cantor (facoltativo) Una costruzione esplicita di una curva di Peano utilizza l’insieme di Cantor C. Sappiamo la seguente propriet´a: C e C×C sono omeomorfi.
Quindi esiste una funzione
g : C → Q = [0, 1] × [0, 1]
la cui immagine e il sottoinsieme C × C del quadrato. Sia f : C → [0, 1]
la funzione di Cantor. Quindi la mappa F (x, y) = (f (x), f (y))
e suriettiva da C × C sul quadrato. La sua composizione con la g di sopra e una funzione suriettiva da C sul quadrato. Infine, questa si estende ad una funzione continua dall’intervallo [0, 1] sul quadrato:
infatti il complementare di C in [0, 1] e fatto di tanti intervalli aperti, e la funzione puo essere estesa linearmente su ciascuno di questi (man- dando ogni intervallo U nel segmento del quadrato avente come estremi le immagini degli estremi di U).
Problema 1.3.1 (vedi Problema 1.3.2). La curva di Peano ´e semplice e non ´e rettificabile.
Problema 1.3.2. Sia
ϕ : [0, 1]→ Q = [0, 1] × [0, 1]
una funzione continua surrettiva. Vedere se la curva C : ϕ(t); t∈ [0, 1]
´e rettificabile.
Suggerimento. Per ogni intero M consideriamo i punti
k M, ℓ
M
, k, ℓ = 0,· · · , M.
Sia
B
k M, ℓ
M
; 1 M2
.
Qui B(x1, x2; r) ´e la palla inR2 con centro (x1, x2) e raggio R. Per ogni palla
B
k M, ℓ
M
; 1 M2
.
si trova punto della curva. La distanza tra due palle e ≥ 1/M Cosi la lunghezza totale sara ≥ M2/M = M.
Curve C1
Lemma 1.3.3. Se una curva
C : ϕ : I = [a, b]→ Rn
´e C1[a, b] allora e rettificabile e L(C) =
Z
I ||ϕ′(t)||dt (1.3.19) Idea della dimostrazione. Per ogni ε > 0, possiamo trovare δ > 0 tale che
|t1− t2| ≤ δ =⇒ kϕ′(t1)− ϕ′(t2)k ≤ ε
e quindi si puo dedurre che
|kϕ(ti)− ϕ(ti−1)k − kϕ′(ti−1)k(ti− ti−1)| ≤ ε da qui deduciamo che
Xn i=1
kϕ(ti)− ϕ(ti−1)k − Z
I||ϕ′(t)||dt
´e piccolo.
Problema 1.3.3. Vedere se la curva
C : γ(t) = (t, t sin(1/t); t∈ [0, 1]
´e rettificabile.
1.4 Integrale curvilineo di I specie
Un integrale curvilineo (l’integrale di linea) del I tipo sulla curva C parametrizzata da
ϕ(t) : t∈ [a, b] → Rn, e definito come segue
Z
C
f ds = Z b
a
f (ϕ(t))kϕ′(t)k dt.
Abbiamo le seguente propriet´a.
Lemma 1.4.1. Sia
ϕ1 : t∈ ∆1 = [a1, b1]→ ϕ1(t)∈ Rn
| {z }
C1
, ϕ|2 : ∆2 = [a2, b{z2]→ ϕ2(t)∈ Rn}
C2
sono due curve C1 tali che ϕ1(b1) = ϕ2(a1) ed f ´e una funzione con- tinua. Allora, abbiamo
Z
C1+C2
f ds = Z
C1
f ds + Z
C2
f ds.
Lemma 1.4.2. Sia
ϕ : t∈ ∆ = [a, b] → ϕ(t) ∈ Rn
| {z }
C
,
´e una curva C1 tale che ϕ(a) 6= ϕ(b) ed f ´e una funzione continua.
Allora, abbiamo Z
−C
f ds = Z
C
f ds.
Cos´ı l’integrale di I specie NON dipende dell’orientazione.
1.5 Intergrali curvilinei del II tipo
Similmente, per un campo vettoriale F :Rn → Rn, l’integrale di linea lungo una curva C, parametrizzata da
ϕ0(t) : t∈ [a, b] → Rn, e definito da:[2]
Z
C
F = Z
C
F(x)· dx = Z b
a
F(ϕ0(t))· ϕ′0(t) dt
sicome la parametrizzazione definisce orientazione, possiamo usare la
notazione Z
C+
F
quando ´e definita l’orientazione (cio’e quando e definita l’orientazione positiva tramite la parametrizzazione ϕ0).
Se la curva C ´e chiusa si usa la notazione I
C+
F.
Se
ϕ1 : [a1, b1]→ Rn, ϕ0 : [a, b]→ Rn
con ϕ1 ∼ ϕ0 ´e l’orientazione di ϕ1 opposta (cio’e negativa) abbiamo l’identit´a
Z b a
F(ϕ0(t))· ϕ′0(t) dt =− Z b1
a1
F(ϕ0(s))· ϕ′1(s) ds, ottenuta con un cambiamento di variabili s = χ(t), χ′(t) < 0. Cosi
Z
C+
F = − Z
C−
F.
Osservazione 1.5.1. Se
ϕ1 : [a1, b1]→ Rn, ϕ0 : [a, b]→ Rn
con ϕ1 ∼ ϕ0 ´e l’orientazione di ϕ1 opposta (cio’e negativa) abbiamo l’identit´a
Z b a
F(ϕ0(t))kϕ′0(t)k dt = Z b1
a1
F(ϕ0(s))kϕ′1(s)k ds.
Cos´ı l’intergrale lungo la linea non dipende dell’orientazione.
1.6 Forme differenziali di grado 1 nello
spazio Euclideo
Una 1-forma ´e un’applicazione x→ ω(x), definita su un aperto U ⊆ Rn ed a valori nel duale (Rn)∗.
Se e1,· · · , en ´e una base canonica di Rn allora possiamo definire e∗j = dxj ∈ (Rn)∗ la trasformata lineare definita con
dxj(ek) = δjk. Ogni 1-forma ha la representazione (locale)
ω(x) = Xn
j=1
ωj(x)dxj, (1.6.20) dove ωj(x) e funzione definita in U ⊆ Rn ed a valori nelR..
Definizione 1.6.1. Sia U un aperto di Rn e sia ω : U → Rn una 1- forma. Diciamo che ω ´e esatta in U se esiste una funzione differenzi- abile f : A→ R, tale che ω = df in U.
Integrali curvilinei sulle forme differenziali Sia
ϕ : [a; b] → Rn
| {z }
γ
una curva di classe C1, sia U un aperto di Rn e sia ω : U → Rn una 1-forma di classe C0.
Definizione 1.6.2. L’ integrale curvilineo di ω su γ ´e definito come segue
Z
γ
ω = Xn j=1
Z b a
ωj(ϕ(t))ϕ′j(t)dt
Abbiamo le seguente propriet´a.
Lemma 1.6.1. Sia
ϕ1 : t∈ ∆1 = [a1, b1]→ ϕ1(t)∈ Rn
| {z }
C1
, ϕ2 : ∆2 = [a2, b2]→ ϕ2(t)∈ Rn
| {z }
C2
sono due curve C1 tali che ϕ1(b1) = ϕ2(a1) e sia ω : U → Rn una 1-forma di classe C0. Allora, abbiamo
Z
C1+C2
ω = Z
C1
ω + Z
C2
ω.
Lemma 1.6.2. Sia
ϕ : t∈ ∆ = [a, b] → ϕ(t) ∈ Rn
| {z }
C
,
´e una curva C1 tale che ϕ(a)6= ϕ(b) e sia ω : U → Rn una 1-forma di classe C0. Allora, abbiamo
Z
−C
ω =− Z
C
ω.
Cos´ı l’integrale sulle forme differenziali dipende dell’orientazione.
Esempio 1.6.1. Sia U = {x ∈ R; |x| < 2} Per ogni punto x ∈ U possiamo definire il cammino
ϕx(t) = tx, t ∈ [0, 1].
Il cammino
ϕx : [0, 1]→ Rn
| {z }
γ(x)
permette di definire
F (x) = Z
γ(x)
ω
per ogni 1− forma ω = ω1(x)dx in U (che ´e in classe C0 per esempio).
Abbiamo
F (x) = Z 1
0
ω1(tx)xdt = Z x
0
ω1(s)ds e quindi abbiamo
F′(x) = ω1(x), ∀x ∈ U.
Esempio 1.6.2. Sia U = {x ∈ Rn;kxk < 2} Per ogni punto x ∈ U possiamo definire il cammino
ϕx(t) = (tx1, x′), t∈ [0, 1], x′ = (x2,· · · , xn).
Il cammino
ϕx : [0, 1]→ Rn
| {z }
γ1(x)
permette di definire
F (x) = Z
γ1(x)
ω per ogni 1− forma ω = Pn
j=1ωj(x)dxj in U (che ´e in classe C0 per esempio). Abbiamo
F (x) = Z 1
0
ω1(tx1, x′)x1dt = Z x1
0
ω1(s)ds e quindi abbiamo
∂x1F (x) = ω1(x), ∀x ∈ U.
L’integrale dipende della orientazione della curva γ.
Theorem 1.6.1. Sia ω una 1-forma di classe C0 definita in un aperto U ⊆ Rn. I seguenti fatti sono equivalenti:
a) ω ´e esatta;
b) per ogni curva chiusa e di classe C1 a tratti, risulta I
γ
ω = 0;
c) per ogni coppia di curve
γj : ϕj : t∈ [a, b] → Rn, j = 1, 2 di classe C1 a a tratti, tali che
ϕ1(a) = ϕ2(a), ϕ1(b) = ϕ2(b),
risulta Z
γ1
ω = Z
γ2
ω.
Idea della dimostrazione. a) =⇒ b) Se ω ´e esatta allora esiste una funzione ( campo scalare) G : U → R tale che
ω = Xn
j=1
ωj(x)dxj = Xn
j=1
∂xjG(x)dxj.
Sia
ϕ : [a, b]→ Rn
| {z }
C
una curva chiusa, cio´e ϕ(a) = ϕ(b). Allora la derivata della funzione composta di G e ϕ(t) e:
d G(ϕ(t))
d t =∇G(ϕ(t))ϕ′(t) = Xn
j=1
ωj(ϕ(t))ϕ′(t).
Integrando su C otteniamo Z
C
ω = Xn
j=1
Z b a
ωj(ϕ(t))ϕ′(t)dt = Z b
a
d G(ϕ(t))
d t dt = G(ϕ(b))− G(ϕ(a)) e usando il fatto che C ´e chiusa deduciamo G(ϕ(b))− G(ϕ(a)) = 0
b) =⇒ c) Per ipotesi abbiamo
C = C1+ (−C2)
´e una curva chiusa, applicando b) insieme con Lemma 1.6.1 e Lemma 1.6.2, otteniamo
0 = I
C
ω = Z
C1
ω + Z
−C2
ω = Z
C1
ω− Z
C2
ω.
Questo dimostra c).
c) =⇒ a)
Sia x0 ∈ U fisso e sia
F (x) = Z
γ(x0,x)
ω,
dove γ(x0, x) ´e qualsiasi cammino tra x0 e x. Dobbiamo dimostrare che
∂xjF (x) = ωj(x). (1.6.21) Usando la propriet´a di additivit´a dell’integrale rispetto la somma dei cammini, possiamo scrivere
Z
γ(x0,x)
ω = Z
γ(x0,x∗)
ω + Z
γ(x∗,x)
ω e vedere che (1.6.21) ed equivalente alla propriet´a
∂xjF∗(x) = ωj(x) ∀j = 1, 2, · · · , n, kx − x∗k ≤ ε (1.6.22) dove
F∗(x) = Z
γ(x∗,x)
ω
e x, x∗ sono abbastanza vicino, cio’e
kx − x∗k ≤ ε =⇒ x ∈ U.
Usando la costruzione dell’esempio 1.6.2 possiamo costruire cammino ϕ1(x) = x∗1+ t(x1− x∗1), (x′− (x∗)′)
e vedere che (1.6.22) ´e vera per j = 1. In modo simile si dimostra che
∂xjF∗(x) = ωj(x) ∀j = 2, · · · , n, kx − x∗k ≤ ε. (1.6.23)
Definizione 1.6.3. Una 1-forma ω(x) =
Xn j=1
ωj(x)dxj
di classe C1 in un aperto U ⊆ Rn, si dice chiusa se si ha
∂xkωj(x) = ∂xjωk(x), ∀j, k = 1, · · · n. (1.6.24) Definizione 1.6.4. Siano f, g : [a, b]→ Rn due curve chiuse di classe C0 Diciamo che f ´e omotopa a g se esiste un’applicazione continua F : [0, 1]× [a, b] → U, tale che:
1. F (0, t) = f (t),∀t ∈ [a, b];
2. F (1, t) = g(t),∀t ∈ [a, b];
3. F (s, a) = F (s, b),∀s ∈ [0, 1].
La funzione G, se esiste, si dice omotopia fra f e g.
Definizione 1.6.5. Un aperto U ⊆ Rn ´e semplicemente connesso se ´e connesso ed inoltre ogni curva continua chiusa ´e omotopa ad un punto.
Problema 1.6.1. Verificare che ogni aperto convesso ´e semplicemente connesso.
Suggerimento. Siano
ϕ1 : U → Rn, ϕ2 : U → Rn due cammini in un convesso. Allora la funzione
F (t, s) = sϕ1(t) + (1− s)ϕ1(t)
´e una omotopia tra loro.
Se dunque U ´e convesso, ogni cammino chiuso ´e omotopo a costante mediante un’omotopia lineare.
Definizione 1.6.6. Diciamo che un cammino (continuo) ϕ : [a; b]→ U
´e lineare a tratti se esiste una partizione
t0 = a < t1 <· · · < tn= b
dell’intervallo [a, b] tale che per ogni j = 0,· · · , n la restrizione di ϕ su [tj, tj+1] ´e la restrizione di una funzione affine ossia taj+ bj.
Ovviamente un cammino lineare a tratti ´e una curva C1 a tratti.
Lemma 1.6.3. Siano
ϕ1 : [a; b]→ U, ϕ2 : [a; b] → U
due cammini omotopi. Allora esiste un numero finito di cammini ψ0,· · · ψN : [a; b]→ U
tali che
i) ψ0 = ϕ1, ψN = ϕ2;
ii) ψj ´e lineare a tratti per j = 1,· · · , N − 1;
iii) ψj ´e linearmente omotopa ψj+1 per j = 0, 1,· · · , N − 1.
Theorem 1.6.2. Sia U ⊆ Rn un aperto semplicemente connesso. Se ω ´e una 1-forma di classe C1 su U e chiusa, allora ω ´e esatta.
Proof. Dobbiamo verificare che la propriet´a ω ´e chiusa implica che ´e esatta. Possiamo verificare la propriet´a b) del Teorema (1.6.1). Se
ϕ0 : ∆ = [a, b]→ Rn
| {z }
γ0
´e una curva chiusa e
ϕ1 : ∆ = [a, b]→ Rn
| {z }
γ1
, ϕ(s) = x0 ∈ Rn,∀t ∈ [a, b]
tale che γ0 ´e omotopa a γ1, dobbiamo dimostrare I
γ0
ω = I
γ1
ω. (1.6.25)
Possiamo verificare all’inizio la proprieta:
Lemma 1.6.4. Se ω ´e 1-forma chiusa, ω∈ C1 ed esiste una funzione F : ∆× [0, 1] → Rn,
che e’ una funzione C2, tale che ϕ0(t) = F (t, 0) allora Z
ϕ0
ω = Z
ϕ1
ω, dove ϕ0(t) = F (t, 0), ϕ1(t) = F (t, 1).
Dimostrazione. Sia
I(s) = Z
ϕs
ω, dove
ϕs(t) = F (t, s).
Abbiamo l’identit´a I′(s) = ∂s
Xn j=1
Z b a
ωj(F (t, s))∂tFj(t, s)dt
!
=
= Xn
j=1
Z b a
Xn k=1
∂xkωj(F (t, s))∂sFk(t, s)∂tFj(t, s)dt
! +
+ Xn
j=1
Z b a
ωj(F (t, s))∂s∂tFj(t, s)dt
Usando il fatto che ω ´e chiusa possiamo scrivere
∂xkωj(F (t, s)) = ∂xjωk(F (t, s)) e quindi ponendo
H(t, s) = Xn
j=1
ωj(F (t, s))∂sFj(t, s), abbiamo
X
j,k
∂xjωk(F (t, s))∂sFk(t, s)∂tFj(t, s) + ωj(F (t, s))∂s∂tFj(t, s) =
= ∂tH(t, s)).
In questo modo otteniamo I′(s) =
Z b a
∂tH(t, s)dt = H(b, s)− H(a, s).
La curva ϕs(t) = F (t, s) ´e una curva chiusa, cio´e
F (a, s) = F (b, s), =⇒ H(a, s) = H(b, s), ∀s ∈ [0, 1].
Cosi´ı otteniamo
I′(s) = 0,∀s ∈ [0, 1].
Tornando alla dimostrazione del Teorema possiamo dire che Lemma 1.6.4 ´e vero se ϕ0, ϕ1 sono cammini lineare a tratti, tali che ϕ0 ´e linear- mente omotopa a ϕ0, cosi possiamo scegliere ψ0,· · · ψN secondo Lemma 1.6.3 possiamo scrivere
Z
ϕ0
ω = Z
ψ0
ω = Z
ψ1
ω = · · · = Z
ψN
ω = Z
ϕ1
ω.
Cos´ı (1.6.25) ´e dimostrato.
Lemma di Jordan e teorema di Jordan - Schoenflies (senza dimostrazioni)
Lemma 1.6.5. (Lemma di Jordan) Se Sia
ϕ : ∆ = [a, b]→ R2
| {z }
γ
una curva semplice chiusa nel piano. Il complementare nel piano dell’immagine di γ
R2\ γ
ha due componenti connesse. Una di queste componenti e limitata (la parte interna) e l’altra e illimitata (la parte esterna). Inoltre γ e la frontiera di entrambe le componenti.
Il Lemma di Jordan garantisce che abbiamo la relazione R2 \ γ = Ω+∪ Ω−,
tali che Ω± sono aperti, connessi, Ω+ ´e limitato (la parte interna), Ω−
´e illimitato.
Il primo matematico che tento di fornire una dimostrazione del teorema fu Bernard Bolzano, dopo di lui moltissimi altri matematici tentarono di darne una dimostrazione, incluso lo stesso Camille Jordan, ma nessuno riusci a dare una dimostrazione soddisfacente; solo nel 1905 il matematico Oswald Veblen riusci nell’intento. Dopo quella data furono trovate altre dimostrazioni.
Esiste, inoltre, una generalizzazione del teorema della curva di Jor- dan in R2 chiamato teorema di Jordan-Schoenflies.
Theorem 1.6.3. (Teorema di Jordan-Schoenflies)
Ogni curva di Jordan γ nel piano e equivalente alla circonferenza S1 =
x∈ R2 | |x| = 1}
tramite un omeomorfismo del piano. Esiste cioe un omeomorfismo f :R2 → R2
tale che f (γ) =S1.
Questo enunciato costituisce un risultato molto piu forte del teo- rema della curva di Jordan, ma questa generalizzazione non e piu vera in dimensioni maggiori di 2.
Indice di avvolgimento (winding number) L’indice di avvolgimento di una curva
ϕ : ∆ = [a, b]→ R2
| {z }
γ
piana e chiusa, rispetto ad un punto P ∈ R2tale che P /∈ γ e un numero intero che rappresenta intuitivamente il numero di avvolgimenti che compie la curva attorno a P. Senza perdita di generalit´a possiamo assumere P = 0. L’indice di avvolgimento ´e definito con la relazione
winding number = 1 2π
I
γ
x
x2+ y2dy− y
x2+ y2 dx. (1.6.26) Usando i numeri complessi
z = x + iy, dz = dx + idy, dz = dx− idy abbiamo le relazioni
d(|z|2) = d(zz) = zdz + zdz = 2Rezdz
e x
x2+ y2 dy− y
x2+ y2 dx = Im
zdz
|z|2
. Possiamo rescrivere (1.6.26) come
winding number(γ) = 1 2π
I
γ
Im
zdz
|z|2
. (1.6.27)
Esempio 1.6.3. Per ogni numero narurale m possiamo definire z(t) = ei2πmt, t∈ [0, 1].
| {z }
γ
Abbiamo
winding number(γ) = m.
Applicazione di Lemma di Jordan
Lemma 1.6.6. Sia U ⊂ R2 ´e un dominio conesso, tale che ogni forma ω∈ C1(U) ´e esatta. Allora U ´e semplicemente conesso.
Idea della dimostrazione. Se U non ´e semplicmente conesso esiste curva z(t), t∈ [0, 1].
| {z }
γ
semplice e’ chiusa che non ´e omotopa ad un punto. Aplicando lemma di Jordan possiamo considerare Ω+la parte interna di γ. Applicando il Teorema di Jordan - Schoenflis si vede che Ω+ ed omeomorfo al disco (che e’ un dominio semplicemnte conesso). Questo fatto implica che
Ω+* U
e quindi esiste P ∈ Ω+, tale che P /∈ U. Senza perdita di generalita possiamo suppore che P = 0. Sia
ω = x
x2+ y2 dy− y x2 + y2dx
la forma differenziale usata in (1.6.26) per definire winding number. La forma ω ´e esatta e l’esempio 1.6.3 mostra che winding number(γ) 6=
0, arriviamo a contradizione con l’ipotesi che ogni forma chiusa ed esatta.
Integrazione nel campo complesso
L’integrale di linea e uno strumento fondamentale nell’analisi comp- lessa. Sia U ⊂ C un insieme aperto, sia z : [a, b] → U una curva rettificabile e f : U → C una funzione. Allora l’integrale di linea:
Z
γ
f (z) dz
puo essere definito suddividendo l’intervallo [a, b] in a = t0 < t1 <
t2· · · < tn= b e considerando l’espressione:
X
0≤k≤n
f z(tk)
z(tk)− z(tk−1)
L’integrale e il limite di questa somma, per la lunghezza delle suddivi- sioni tendente a zero.
Se γ e una curva C1, l’integrale di linea puo essere valutato come un integrale di una funzione di variabile reale:
Z
γ
f (z) dz = Z b
a
f (γ(t)) γ′(t) dt Quando
z(t) : t∈ [a, b] → C
| {z }
γ
e una curva chiusa, usiamo la notazione:
I
γ
f (z) dz
Piu’ precisamente, sia
z(t) = x(t) + iy(t) la parametrizzazione di γ e
f (z) = u(z) + iv(z) allora:
Z
γ
f (z) dz = Z
γ
(u + iv) (dx + idy) = Z
γ
(udx− vdy) + i Z
γ
vdx + udy.
Esempio 1.6.4. Si consideri una funzione f (z) = 1/z, e la circon- ferenza γ di raggio unitario intorno all’origine, parametrizzata da:
γ(t) = eit Sostituendo, si trova:
I
γ
dz z =
Z 2π 0
1
eitieitdt = i Z 2π
0
e−iteitdt = i Z 2π
0
dt = i(2π− 0) = 2πi
1.7 Funzione olomorfe
Sia U un sottoinsieme aperto del piano complesso C. Una funzione f : U → C e differenziabile in senso complesso (C-differenziabile) in un punto z0 di U se esiste il limite
f′(z0) = lim
z→z0
f (z)− f(z0) z− z0
.
Definizione 1.7.1. La funzione f e olomorfa in U se e differenziabile in senso complesso in ogni punto z0 dell’aperto U.
Osservazione 1.7.1. Si dice inoltre che f e olomorfa nel punto z0
se e olomorfa in qualche intorno del punto e piu in generale che f
´e olomorfa in un insieme non aperto A se e olomorfa in un aperto contenente A.
Equazioni di Cauchy-Riemann
La relazione tra la differenziabilita di funzioni reali e funzioni complesse e data dal fatto che se una funzione complessa
f (x, y) = u(x, y) + i v(x, y)
e olomorfa allora u e v possiedono derivate parziali prime rispetto a x e y , e tali derivate soddisfano le equazioni di Cauchy-Riemann:
∂u
∂x = ∂v
∂y
∂u
∂y =−∂v
∂x. (1.7.28)
In fatti, usando le ralzioni
x = z + z
2 , y = z− z 2i , e ponendo
F (z, z) = u
z + z
2 ,z− z 2i
+ iv
z + z
2 ,z− z 2i
,
sappiamo che f (z) = F (z, z) olomorfa significa l’esistenza del limite
z→zlim0
F (z, z)− F (z0, z0) z− z0 . Sccegliendo z = z0+ x, abbiamo
F′(z0, z0) = lim
x→0
F (z0+ x, z0+ x)− F (z0, z0)
x =
= lim
x→0
u(x0 + x, y0)− u(x0, y0)
x + iv(x0+ x, y0)− v(x0, y0)
x =
= ∂xu(x0, y0) + i∂xv(x0, y0).
In modo simile, scegliendo z = z0+ iy abbiammo F′(z0, z0) = lim
y→0
F (z0+ iy, z0− iy) − F (z0, z0)
iy =
= lim
y→0
u(x0, y0+ y)− u(x0, y0)
iy + iv(x0, y0+ y)− v(x0, y0)
iy =
=−i∂yu(x0, y0) + ∂yv(x0, y0).
Possiamo dedurre adesso la relazione
∂xu(x0, y0) + i∂xv(x0, y0) = i∂yu(x0, y0) + ∂yv(x0, y0) (1.7.29) e questo implica (1.7.28).
Usando la notazione
∂z = 1
2(∂x− i∂y) , ∂z = 1
2(∂x+ i∂y) possiamo rescrivere (1.7.29) come
∂zF (z0, z0) = 0.
Esempio 1.7.1. Ogni polinomio P (z) =X
k=0
akzk
´e una funzione olomorfa in C (funzione intera).
Abbiamo inoltre le ralzioni
∂zzmzℓ = ℓzmzℓ−1, ∂zzmzℓ = mzm−1zℓ per ogni m, ℓ∈ Z, z ∈ C, z 6= 0.
Lemma 1.7.1. Se la funzione f : U → C ´e olomorfa, allora la forma ω = f (z)dz = (u + iv)(dx + idy)
´e chiusa.
Dimostrazione. La firma ω = ω1dx + ω2dy ´e definita con ω1 = u + iv, ω2 = iu− v.
La forma ´e chiusa se
∂yω1 = ∂xω2 (1.7.30) secondo (10.2.6). La relazione (1.7.30) segue dal (1.7.28).
Se il dominio U ´e semplicemente connesso possiamo applicare il Teorema 1.6.2 per
ω1 := Ref (z)dz = udx− vdy, e
ω2 := Imf (z)dz = vdx + udy.
Lemma 1.7.2. Se il dominio U ´e semplicemente connesso e f (z) ´e una funzione olomorfa in U, allora per le due forme
ω1 := Ref (z)dz = udx− vdy, e
ω2 := Imf (z)dz = vdx + udy esistono due funzioni
g1 : U → R, g2 : U → R, tale che
ω1 = dg1, ω2 = dg2.
Vale la seguente formula di Cauchy:
Lemma 1.7.3. Per ogni funzione olomorfa in dominio U convesso e per ogni C1 curva γ semplice e chiusa in U
2πif (a) = Z
γ
f (z) dz z− a dove a e dentro la curva γ.
Dimostrazione. L’intergale Z
γ
f (z) dz z− a
non dipende della scelta di γ quando a e dentro la curva. Per quello possiamo scegliere
γ(ε) : z(t) = a + εeit, t∈ [0, 2π].
Se f ´e olomorfa
f (a + h) = f (a) + f′(a)h + o(|h|).
Questa relazione con h = εeit ci da Z
γ(ε)
f (z) dz z− a =
Z 2π 0
f (a + εeit)iεeitdt εeit = i
Z 2π 0
f (a + εeit)dt = i Z 2π
0
f (a)dt + O(ε) = 2πif (a) + O(ε) La relazione Z
γ(ε)
f (z) dz
z− a = 2πif (a) + O(ε)
ed il fatto che l’inegrale curvilineo non dipende da ε implica l’identita’
di Cauchy.
Corollario 1.7.1. Valgono anche le seguente formule 2πif(n)(a) = n!
Z
γ
f (z) dz (z− a)n+1 per ogni n∈ N.
Corollario 1.7.2. Se la funzione f (z) e’ olomorfa per |z − z0| < R allora la serie di Taylor
f (z) = a0+ a1(z− z0) + a2(z− z0)2+· · · converge per |z − z0| ≤ R.
Esempi tipici ez =
X∞ k=0
zk/k!, Log(1 + z) = z− z2/2 +· · · Definizione
Logz = Z
γ(z)
dz z
dove γ(z) e ogni corva nel C \ (−∞, 0) che collega 1 e z.
Applicazione del integrale curvilineo in C
Per calcolare Z ∞
−∞
1
(x2+ 1)2dx, scegliamo la funzione
f (z) = 1 (z2+ 1)2
che ha singolarit´a in i e−i. Scegliamo un cammino C formato dal arco di circonferenza con centro 0 e raggio a insieme con il segmento
Usando la formula di Cauchy, abbiamo I
C
f (z) dz = Z a
−a
f (z) dz + Z
Arc
f (z) dz e quindi Z a
−a
f (z) dz = I
C
f (z) dz− Z
Arc
f (z) dz Furthermore observe that
f (z) = 1
(z2+ 1)2 = 1
(z + i)2(z− i)2.
Since the only singularity in the contour is the one at i, then we can write
f (z) =
1 (z+i)2
(z− i)2,
which puts the function in the form for direct application of the for- mula. Then, by using Cauchy’s integral formula,
I
C
f (z) dz = I
C 1 (z+i)2
(z− i)2 dz = 2πi d dz
1
(z + i)2
z=i
= 2πi
−2
(z + i)3
z=i
= π 2 Per l’integrale su Arc, abbiamo la stima
Z
Arc
f (z) dz
≤ ML
dove
M = sup
Arc |f(z)|
ed L ´e la lunghezza di Arc. Cos´ı abbiamo
Z
Arc
f (z) dz
≤ aπ
(a2− 1)2 → 0 quando a → ∞.
e quindi Z ∞
−∞
1
(x2+ 1)2 dx = Z ∞
−∞
f (z) dz = lim
a→+∞
Z a
−a
f (z) dz = π 2.
1.8 Esercizi sulla lunghezza delle curve
Quando la curva ´e definita in R2 con l’equazione
r = ψ(ϕ), ϕ∈ (a, b) (1.8.31) usiamo i coordinati polari
x = r cos ϕ, y = r sin ϕ,
e la parametrizzazione della curva ´e definita come segue
x = ψ(ϕ) cos ϕ, (1.8.32)
con ϕ∈ (a, b). In questo caso ds =p
|x′(ϕ)|2+ y′(ϕ)|2dϕ =p
|ψ′(ϕ)|2+|ψ(ϕ)|2dϕ. (1.8.33) Lunghezza di alcune curve
Problema 1.8.1. Calcolare la lunghezza della curva (astroide o ipoci- cloide) parametrizzata con
x = acos3t, y = asin3t, t∈ [0, 2π].
Risposta.
L = 6a
Problema 1.8.2. Calcolare la lunghezza della curva cardioide. La car- dioide, e individuata dalle seguenti equazioni parametriche, dipendenti dal parametro r
x(ϕ) = a(1− 2 cos ϕ + cos 2ϕ), y(ϕ) = a(2 sin ϕ− sin 2ϕ).
Questa curva viene individuata anche dalla equazione in coordinate polari
r(ϕ) = 2a(1− cos ϕ) . Trovare la lunghezza della cardioide.
Risposta.
L = 16a
-1.0 -0.5 0.5 1.0
-1.0 -0.5 0.5 1.0
Figure 1.2: Astroide o ipocicloide Lunghezza dell’ellisse
Sia
x = a cos ϕ, y = b sin ϕ.
dove 0≤ ϕ ≤ 2π. Abbiamo ds =
q
a2sin2ϕ + b2cos2ϕdϕ.
-2.0 -1.5 -1.0 -0.5
-1.0 -0.5 0.5 1.0
Figure 1.3: Cardioide
-2 -1 1 2
-1.0 -0.5 0.5 1.0
Figure 1.4: Ellisse
Se
a > b, h =
√a2− b2 a
con h eccentricit´a dell’ellisse. La lunghezza dell’ellisse ´e L =
Z 2π 0
ap
1− h2cos2ϕdϕ.
Problema 1.8.3. Verificare la formula L = 2πa 1−
X∞ j=1
(2j)!)2h2j (2jj!)4(2j− 1)
! .
Lemniscata di Bernouli
La lemniscata di Bernoulli e una curva algebrica a forma di otto cori- cato, e descritta in coordinate cartesiane nella forma:
(x2+ y2)2 = 2a2(x2− y2)
Il grafico di questa equazione produce una curva simile al simbolo dell’infinito ∞, che a sua volta e chiamato lemniscata.
La lemniscata fu descritta per la prima volta nel 1694 da Jakob Bernoulli, come modificazione dell’ellisse, che e il luogo dei punti per i quali la somma delle distanze da due punti fissi detti fuochi e costante.
Una lemniscata, viceversa, e il luogo dei punti per i quali il prodotto di queste distanze e costante. Bernoulli la chiamo lemniscus.
La lemniscata era in effetti gia stata trattata da Giovanni Cassini nel suo studio del 1680 sull’ovale di Cassini, di cui la lemniscata cos- tituisce un caso particolare. Giovanni Fagnano dei Toschi nel 1750 ne studio le principali proprieta.
Una parametrizzazione ´e definita con γ : r2 = 2a2cos(2ϕ) Usando (2.2.4), (1.9.36), (1.9.37) si vede che
ds =√ 2a
q
sin2(2ϕ) + cos2(2ϕ) dϕ
pcos(2ϕ) =√
2a dϕ
pcos(2ϕ). Per calcolare la lunghezza della lemniscata usiamo la parametrizzazione polare r =p
cos(2ϕ) e supponendo 2a2 = 1 per semplicit´a.
-1.0 -0.5 0.5 1.0
-0.3 -0.2 -0.1 0.1 0.2 0.3
Figure 1.5: Lemniscata di Bernouli
La lunghezza ´e due volta ω dove ω ´e la lunghezza della parte della curva che sta nel semipiano x > 0.
ω = Z π/4
−π/4
p dϕ
cos(2ϕ) = 2 Z 1
0
√ dr
1− r4. Usando la sostituzione
r4 = s otteniamo
ω = 1 2
Z 1 0
ds s3/4(1− s)1/2 Usando la funznione Beta
B(α, β) = Z 1
0
ds
sα(1− s)β = Γ(α)Γ(β) Γ(α + β), dove la funzione Γ di Eulero e definita con
Γ(α) = Z ∞
0
tα−1e−tdt, α > 0
´e soddisfa la propriet´a
Γ(α)Γ(1− α) = π sin(πα). Cos´ı otteniamo
ω = (Γ(1/4))2 2√
2π . (1.8.34)