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Ricerca di risonanze spin-orbita tra gli esopianeti di breve periodo

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Università degli Studi di Padova

Dipartimento di Fisica e Astronomia Corso di Laurea Triennale in Astronomia

Tesi di Laurea

Ricerca di risonanze spin-orbita tra gli esopianeti di breve periodo

e le stelle ospitanti

Relatore: Prof. Giampaolo Piotto Correlatore: Dott. Valerio Nascimbeni

Laureanda: Daria Desiderà

A.A. 2014-2015

(2)
(3)

Indice

1 Metodi di ricerca di pianeti extrasolari 3

1.1 Astrometria . . . . 4

1.2 Rivelazione diretta . . . . 4

1.3 Rivelazione tramite pulsar . . . . 5

1.4 Microlente gravitazionale . . . . 5

1.5 Metodo delle velocità radiali o Doppler . . . . 6

1.6 Transiti . . . . 7

1.6.1 Ricerca da terra . . . . 8

1.6.2 Ricerca dallo spazio . . . 10

2 Studio della rotazione stellare 15 2.1 Rotazione stellare e girocronologia . . . 15

2.2 Eetti mareali . . . 18

3 Ricerca di risonanze spin-orbita 21 3.1 Rivelazione da terra . . . 21

3.2 Rivelazione dallo spazio: Kepler . . . 24

3.3 Caratteristiche speciche di Kepler . . . 24

3.4 Selezione dei dati . . . 26

4 Analisi dei dati e discussione 31 4.1 Possibili interazioni mareali dei pianeti identicati da terra . . . 31

4.2 Risonanze spin-orbita 1:1 . . . 31

4.3 Risonanze spin-orbita 2:1 . . . 33

4.4 Alcune considerazioni sui dati raccolti da terra . . . 34

4.5 Interazioni mareali dei pianeti rivelati da Kepler . . . 35

4.6 Risonanze spin-orbita 1:1 . . . 35

4.7 Risonanze spin-orbita 2:1 . . . 37

4.8 Alcune considerazioni sui dati raccolti da Kepler . . . 39

5 Conclusioni 41

Bibliograa 42

Bibliograa per i pianeti rivelati da terra 46

Sitograa 50

iii

(4)
(5)

Introduzione

In questa tesi vengono studiate le caratteristiche di un campione di sistemi stella ospitante - pianeta di tipo gioviano e di breve periodo, individuati in due modi diversi: tramite la ricerca di pianeti transitanti da terra grazie a vari programmi osservativi e dallo spazio con il satellite Kepler. L'obiettivo di questo studio è cer- care un'interazione dinamica tra stella ospitante e pianeta.

In particolare sono state compilate da varie fonti le seguenti proprietà: massa e raggio del pianeta per quanto riguarda i pianeti identicati da terra, raggio del pianeta per quelli identicati dallo spazio, periodo orbitale del pianeta, periodo di rotazione della stella e colore. Inoltre, tramite le relazioni girocronologiche è stata stimata l'età di ogni stella ospitante. Sono stati individuati e discussi sistemi in cui il periodo di rotazione della stella è uguale o pari al doppio del periodo orbitale del pianeta, indicativi di interazioni mareali tra stelle ospitanti e pianeti.

Tali oggetti meritano in futuro una caratterizzazione più dettagliata.

1

(6)
(7)

Capitolo 1

Metodi di ricerca di pianeti extrasolari

Secondo la denizione proposta dalla IAU (IAU position statement, 28-02-2003), gli esopianeti sono caratterizzati dai seguenti criteri:

- Gli oggetti con massa inferiore al valore della massa limite necessaria per innescare la fusione termonucleare del deuterio (ad oggi è stata calcolata essere pari a 13 volte la massa di Giove per gli oggetti con metallicità solare) che orbitano attorno a stelle o a resti stellari sono pianeti, a prescindere da come si siano formati. Il valore minimo di massa/dimensione anché un oggetto extrasolare venga considerato un pianeta è lo stesso richiesto nel nostro Sistema Solare.

- Gli oggetti sub-stellari con masse superiori alla massa limite necessaria per in- nescare la fusione termonucleare del deuterio sono nane brune, a prescindere da come si siano formate o da dove si trovino.

- Gli oggetti vaganti in giovani ammassi stellari con masse inferiori alla massa limite per la fusione termonucleare del deuterio non sono pianeti, ma sono sub-nane brune.

Gli studi condotti sui pianeti extrasolari hanno mostrato che la loro formazione ed evoluzione è molto diversicata. L'architettura e le caratteristiche dei sistemi planetari possono variare molto: esistono pianeti di massa, dimensioni, caratteri- stiche orbitali e proprietà della stella ospitante molto variabili. Il Sistema Solare rappresenta solo uno dei possibili modelli planetari. Le stelle ospitanti attorno a cui orbitano gli esopianeti non sono solo stelle che si trovano sulla sequenza prin- cipale come il Sole, ma appartengono a diversi stadi evolutivi: la loro struttura

3

(8)

interna varia quindi notevolmente.

I principali metodi per l'individuazione dei pianeti extrasolari sono:

- astrometria,

- rivelazione diretta,

- variazioni degli intervalli di emissione di una pulsar, - microlente gravitazionale,

- metodo delle velocità radiali, - transiti.

Di seguito è riportata una breve descrizione di ciascuno di questi metodi.

1.1 Astrometria

L'astrometria consiste nel misurare le posizioni e i moti dei corpi del Sistema So- lare, di stelle appartenenti alla nostra Galassia e, più in larga scala, di galassie ed ammassi.

L'astrometria è basata sulla misura delle oscillazioni del moto proprio di una stella causate dalla perturbazione gravitazionale di un pianeta orbitante. Questa oscil- lazione è misurata sul piano perpendicolare alla congiungente osservatore-centro di massa del sistema stella-pianeta. Tuttavia, misurare la posizione di una stel- la nel cielo con una precisione tale da consentire la rivelazione di un pianeta è molto complicato: le oscillazioni del loro moto possono essere molto piccole e quin- di molto dicili da rivelare.Nessun pianeta è stato scoperto con le sole misure astronometriche, ma sono stati indivuati pianeti candidati in attesa di conferma.

1.2 Rivelazione diretta

Per rivelazione diretta si intende la rivelazione dei pianeti tramite immagini. L'in- tensità della luce riessa dal pianeta è molto minore rispetto a quella irradiata dalla stella ospitante (≈ 10

−6

nei casi più favorevoli) e la distanza angolare picco- lissima (≪ 1) ed è quindi dicile l'identicazione dello stesso.

Esistono diversi metodi per superare questo problema. Una prima soluzione consi- ste nel cercare di mascherare una parte della luce stellare. Questo eetto si realiz- za inserendo un coronografo, ovvero una maschera sul piano focale del telescopio.

Un'altra tecnica riguarda l'uso di ottiche adattive impiegate nei telescopi terrestri

(9)

1.3. RIVELAZIONE TRAMITE PULSAR 5 per compensare le uttuazioni dell'immagine sulla pupilla dovute alla turbolenza atmosferica. Inne, una terza soluzione è usare l'interferometria andando ad am- plicare il segnale del pianeta rispetto a quello stellare: questa tecnica dovrebbe, in futuro, permettere di avere immagini ad alta risoluzione della supercie degli esopianeti.

L'imaging diretto è un'importante conferma delle prove indirette dell'esistenza degli esopianeti.

Figura 1.1: Un'immagine dei quattro pianeti orbitanti attorno alla stella HR 8799, ripresa usando un sistema di ottiche adattive e lo strumento NIRC2 (Near-Infrared Imager) montato sul telescopio Keck II. (Immagine tratta da [90]).

1.3 Variazione degli intervalli di emissione di una pulsar

Sappiamo che esistono pianeti orbitanti attorno a stelle che si trovano negli stadi

nali della loro evoluzione, ad esempio le pulsar. Le pulsar, o stelle di neutroni, ruotano emettendo un segnale radio ad intervalli regolari, questo permette di de- terminare la velocità radiale in modo fotometrico dallo spostamento Doppler della frequenza di pulsazione. L'individuazione del pianeta è quindi ottenibile andando a misurare la variazione di intervallo di emissione del segnale radio. Questo metodo ha portato nel 1992 alla scoperta del primo pianeta extrasolare, orbitante attorno alla pulsar PSR B1257+12 nella costellazione della Vergine.

1.4 Microlente gravitazionale

Nella teoria della relatività generale, la presenza di materia distorce lo spazio-

tempo: in questo modo il cammino della radiazione elettromagnetica viene dees-

(10)

sa. Sotto alcune condizioni, i raggi di luce provenienti da un oggetto lontano (la sorgente), vengono incurvati dal potenziale gravitazionale di un oggetto che si tro- va in primo piano (la lente), creando un'immagine della sorgente che è distorta, ingrandita e che può essere molto focalizzata e quindi signicativamente ampli- cata.

Nel regime del microlensing le immagini della sorgente non vengono risolte alle risoluzioni tipiche dei telescopi. In questo caso, la stella ospitante e l'eventuale pianeta agiscono da lente multipla e una stella più distante all'interno della Ga- lassia agisce da sorgente.

Il metodo di microlensing fornisce un valido strumento per l'individuazione e la caratterizzazione dei sistemi planetari. Se la lente e la sorgente sono due stelle, e la stella che funge da lente ha un pianeta che le orbita attorno, questo pianeta dovrebbe contribuire al segnale prodotto dalla stella-lente causando una piccola perturbazione asimmetrica in esso dipendente dal tempo. La luce della stella sor- gente sarà tanto più amplicata quanto più grande è la distanza tra osservatore e lente e quanto più osservatore, sorgente e lente sono allineati (entro il raggio ango- lare di Einstein di circa 1 mas). Poiché la probabilità di un allineamento di questo tipo per ogni stella-sorgente all'interno della Galassia è molto bassa, un numero molto alto di potenziali sorgenti deve essere monitorato frequentemente e simulta- neamente per avere qualche possibilità di osservare anche un singolo allineamento favorevole (vedi [27]).

1.5 Metodo delle velocità radiali o Doppler

In prima approssimazione una stella ospitante ed un pianeta possono essere consi- derati come un sistema isolato a due corpi interagenti gravitazionalmente, orbitanti intorno al baricentro del sistema. Data la dierenza di massa tra i due corpi, il baricentro si troverà molto prossimo alla stella. La stella quindi oscilla intorno al baricentro. Il metodo delle velocità radiali misura la variazione di velocità della stella lungo la linea di vista causato dalla presenza di un pianeta. Le masse dei pianeti e le loro orbite sono dedotte dal moto delle stelle ospitanti, rilevabile per eetto Doppler (vedi [17]). Dallo studio dello spettro della stella si può così rica- vare la velocità della stella lungo la linea di vista (velocità radiale, RV), da cui è anche possibile poi ricavare la sua orbita. Analizzando l'andamento della velocità radiale in funzione del tempo possono essere rivelati i pianeti e la loro velocità.

Conoscendo la velocità stellare, quella del pianeta e la massa della stella si può

ricavare la massa del pianeta a meno di un fattore proporzionale al seno dell'angolo

dell'inclinazione dell'orbita planetaria (M sin i). Si possono poi calcolare il perio-

do orbitale del pianeta e l'eccentricità dell'orbita, che permettono di determinare

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1.6. TRANSITI 7 la distanza pianeta-stella. Con questo metodo sono stati trovati circa 700 pianeti orbitanti attorno a circa 400 stelle (vedi [39]).

1.6 Transiti

Quando un pianeta, la cui orbita giace su un piano perpendicolare o quasi a quello del cielo, transitando si frappone tra la stella ospitante e l'osservatore, si registra un breve calo nella luminosità della stella.

I pianeti transitanti sono di particolare importanza perché è possibile ricavare mol- ti dei loro parametri caratterizzanti. Ad esempio, la loro curva di luce in aggiunta ad altri elementi (ad esempio il valore della velocità radiale della stella ospitan- te), fornisce una stima dei loro raggi e delle loro masse, inoltre la dipendenza dalla lunghezza d'onda del segnale rilevato dall'eclisse fornisce informazioni sulla temperatura e sulla composizione dell'atmosfera planetaria (vedi [38]). Il periodo orbitale del pianeta è l'intervallo di tempo tra due transiti consecutivi, e la distan- za orbitale (semi-asse maggiore) può essere ricavato dalla terza legge di Keplero.

Inne, la dimensione del pianeta rispetto alla stella viene ricavata dalla profondità del transito.

Telescopi da terra e da spazio sono oggi dedicati alla ricerca di pianeti transitanti.

Pianeti delle dimensioni di Giove bloccano circa l'1% del usso da stelle di tipo solare e sono rivelabili usando telescopi da terra, mentre pianeti di tipo terrestri bloccano circa lo 0.01% del usso e sono individuabili solo da telescopi spaziali.

Figura 1.2: Illustrazione della geometria di transito:in condizioni ordinarie solo il

usso combinato della stella e del pianeta viene osservato. Durante un transito e

durante l'occultazione il usso diminuisce (Immagine tratta da [38]).

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1.6.1 Ricerca da terra

Esistono reti di telescopi da terra che monitorano un grande numero di stelle si- multaneamente e per lunghi periodi di tempo, alla ricerca di piccole variazioni periodiche nell'intensità della stella che possano essere causate da transiti di uno o più pianeti.

HATNet. Il progetto HAT (Hungarian Automated Telescope) iniziò nel 2003 con un unico telescopio. HATNet è un network di ricerca ungherese composto da sette telescopi automatizzati che si trovano nell'emisfero nord: cinque sono nell'os- servatorio Whipple (Arizona) e due a Mauna Kea nelle isole Hawaii.

La grande separazione in longitudine permette di monitorare il cielo per la maggior parte delle 24 ore, riducendo così il rischio di avere segnali spuri causati dall'inter- ruzione nell'osservazione. Tutte le operazioni sono automatizzate, i telescopi sono robotici e decidono quando e cosa osservare in base alle condizioni atmosferiche ed alle priorità di osservazione pre-programmate (vedi [89]).

Figura 1.3: I telescopi di HATNet nell'osservatorio di Whipple (Arizona) (Fotograa: Gaspar Bakos).

OGLE. Il progetto polacco OGLEIII (Optical Gravitational Lensing Experi- ment) si occupa di eettuare studi di microlensing e secondariamente di ricercare pianeti transitanti. La maggior parte delle osservazioni sono state fatte con il te- lescopio 1.3-m a Las Camapanas (Udalski et al., 2002a), allo scopo di studiare da un punto di vista fotometrico tre campi in direzione del bulge Galattico.

TrES. Il Trans-Atlantic Exoplanet Survey è un progetto in cui hanno collabo-

rano l'osservatorio Palomar in California, l'osservatorio Lowell in Arizona e l'os-

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1.6. TRANSITI 9 servatorio del Teide nelle isole Canarie (vedi [27]). In questo progetto sono usati tre telescopi di piccola apertura (0.1 m) dotati di sensori CCD con una risoluzione angolare di 11 arcsec per pixel. TrES non è più operante.

SuperWASP. Nel progetto WASP (Wide-Angle Search for Planets) vengono monitorate due vaste aree di cielo nell'emisfero nord (La Palma, Isole Canarie) e nell'emisfero sud (Sutherland, S.Africa) (Pollacco et al.,2006; Collier Cameron et al.,2009). Ogni osservatorio SuperWASP utilizza otto camere CCD 2k×2k montate su un telescopio equatoriale, venendo a formare un mosaico con un campo di vista di 15

×30

(RA, dec), e con i pixel di dimensione pari a 14 arcsec. Le otto camere a grande campo permettono di monitorare contemporaneamente milioni di stelle così da rendere possibile l'osservazione dei rari eventi di transito (vedi [94]).

Figura 1.4: Immagine delle 8 camere a grande campo di SuperWasp (immagine tratta da [94]).

XO. In questo progetto iniziato nel 2003 sono stati utilizzati due telescopi di

0.11-m posizionati nella cima di Haleakala (3.054 m), Maui (McCullough et al.,

2005; Burke et al., 2007). XO non è più in funzione.

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MEarth. Il progetto MEarth ha come obiettivo l'individuazione di pianeti di tipo terrestre orbitanti attorno a stelle molto piccole e fredde, le nane di tipo M, entro la zona abitabile. Il progetto è diviso in MEarth-North e Mearth-South. Nel progetto MEarth-North, iniziato nel 2008, sono stati posizionati otto telescopi in Arizona. Nel progetto MEarth-South, iniziato nel 2013, sono stati posizionati otto telescopi in Cile (vedi [85]).

Figura 1.5: Telescopi del progetto MEarth in funzione (immagine tratta da [85]).

1.6.2 Ricerca dallo spazio

Con la fotometria da terra è dicile superare lo 0.1% di precisione a causa di diverse sorgenti di errori sistematici. Inoltre la scintillazione, la rapida variazione della messa a fuoco dei raggi di luce che attraversano l'atmosfera, impone limiti di circa lo 0.01%. La ricerca degli esopianeti con il metodo dei transiti è stata estesa a progetti dallo spazio, dove possono essere svolte osservazioni ininterrotte al di sopra dell'atmosfera terrestre evitando interruzioni causate dall'alternarsi di gior- no e notte, cambiamenti stagionali e perturbazioni atmosferiche come l'estinzione di cui sono aette le osservazioni da terra.

Missioni spaziali concluse o in corso

CoRoT. Il satellite CoRoT (COnvection, ROtation et Transits planétaires)

apparteneva all'agenzia spaziale francese (CNES) in collaborazione con molte al-

tre nazioni europee. Venne lanciato il 27 dicembre 2006 in un'orbita a 900 km di

quota, ed oltre alla ricerca di pianeti extrasolari transitanti il suo obiettivo era an-

che lo studio sulla sismologia stellare (Auvergne et al., 2009). Il telescopio aveva un

diametro eettivo di 0.27 m, il campo di vista è di 2.7

×3.0

e il piano focale con-

teneva quattro CCD 2k×2k, con una stabilità misurata di circa 0.15 arcsec rms. Il

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1.6. TRANSITI 11 telescopio poteva osservare 1200 stelle contemporaneamente. Le stelle erano cam- pionate con un intervallo di 512s o di 32s, e il segnale fotometrico veniva estratto a bordo usando delle aperture ottimizzate e selezionate per le stelle considerate.

Un prisma disperdente faceva in modo che le stelle più brillanti venissero misurate in tre canali (rosso, verde, blu), rendendo più facile l'identicazione del transito planetario. E' stata confermata l'identicazione di 32 esopianeti (vedi [93]). La missione è stata dichiarata conclusa nel giugno 2013.

Kepler. Il satellite Kepler, che fa parte di una missione della NASA, fu lancia- to il 6 marzo 2009 allo scopo di determinare la frequenza di pianeti di dimensioni terrestri entro e nelle vicinanze della zona abitabile di stelle di tipo solare. Com- prendeva un telescopio Schmidt di apertura 0.95 m e quarantadue CCD 2k×1k che ricoprivano un vasto campo (105 deg

2

), e poteva osservare un intervallo di lun- ghezze d'onda di 430-890 nm. Sono state monitorate 150 000 stelle appartenenti alla sequenza principale nella costellazione del Cigno, con due misurazioni all'ora per quattro anni consecutivi (Borucki et al., 2010a; Koch et al., 2010a). Questa missione ha identicato 4234 pianeti candidati di cui 995 sono stati ad oggi con- fermati (vedi [91]).

Figura 1.6: Kepler in fase di assemblaggio (immagine tratta da [91]).

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Missioni spaziali future

TESS. Il satellite TESS (Transiting Exoplanet Survey Satellite) è una missione della NASA che ricercherà in tutto il cielo i pianeti transitanti di breve periodo su stelle luminose. Il lancio è previsto per il 2017. Durante la missione, che durerà due anni, TESS impiegherà quattro camere CCD per monitorare almeno 200 000 stelle appartenenti alla sequenza principale. Ogni stella sarà osservata per un intervallo di tempo che varia da un mese ad un anno. Le stelle osservate da TESS saranno 10-100 volte più luminose rispetto a quelle misurate da Kepler. Ci si aspetta che TESS trovi più di mille pianeti più piccoli di Nettuno, includendo dozzine di pianeti le cui dimensioni sono comparabili a quelle della Terra (Ricker et al., 2014).

Figura 1.7: Sommario del progetto Tess (immagine tratta da [91]).

PLATO. PLATO è una missione dell'ESA che inizierà nel 2024, il cui obiettivo è quello di determinare un censimento completo di pianeti transitanti di dimen- sioni paragonabili a quelli terrestri e posti nella zona abitabile di stelle brillanti e vicine di tipo solare. Determinerà simultaneamente attraverso l'astrosismologia le masse e le età delle stelle ospitanti, mentre da terra saranno osservate le velocità radiali e verrà calcolata la massa del pianeta transitante con estrema precisione.

Sarà possibile determinare i raggi, le masse e le età degli esopianeti di tutte le

dimensioni no a quella terrestre (Fridlund et al., 2014).

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1.6. TRANSITI 13

Figura 1.8: Concept di PLATO fatto da Thales Alenia Space durante la fase di allestimento (2008-2009) (immagine tratta da [92]).

Con un campo di vista molto più vasto di CoRot e Kepler (2300 deg

2

), PLATO si concentrerà sulle stelle più luminose, per aumentare l'accuratezza delle misure e facilitare gli studi post-rivelazione. Lo strumento è dotato di 34 piccoli telescopi identici, ognuno con la propria camera CCD posto sul piano focale, con puntamenti leggermente disallineati in modo da coprire un campo di diametro di 26

.

CHEOPS. Il satellite CHEOPS (Characterising ExOPlanet Satellite) fa parte di una missione dell'ESA e sarà pronto per essere lanciato nel 2017.

Figura 1.9: prototipo di CHEOPS (immagine tratta da [86])

(18)

Sarà la prima missione dedicata alla ricerca di transiti da parte di esopianeti in cui viene usata una fotometria ad altissima precisione su stelle luminose per le quali già è noto che ospitino pianeti. A dierenza delle missioni precedenti, CHEOPS monitorerà individualmente un piccolo campione di pianeti da caratterizzare in dettaglio.

Uno degli obiettivi sarà quello di rivelare i transiti di pianeti di massa e dimensioni pari a quelle di Nettuno e inferiori, no a pianeti di tipo terrestri. Per i pianeti caldi nettuniani scoperti da terra, CHEOPS sarà in grado di migliorare la curva di luce in modo da determinare il raggio con precisione. Tutti i pianeti osservati in transito da CHEOPS saranno poi convalidati e ne verrà determinata la massa.

Questo fornirà dati importanti per approfondire la relazione massa-raggio per gli esopianeti, specialmente per quelli nettuniani.

La missione dovrebbe durare 3.5 anni e verranno studiati circa 500 oggetti (Broeg

et al., 2014).

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Capitolo 2

Studio della rotazione stellare

2.1 Macchie stellari, rotazione stellare e girocro- nologia

Un'attività magnetica simile a quella del Sole è stata osservata in una grande va- rietà di stelle. L'azione combinata della rotazione stellare e dei moti convettivi genera dei forti campi magnetici all'interno della stella, i cui eetti si manifestano all'esterno sotto forma di macchie stellari sulla fotosfera, anelli coronali, emissioni e brillamenti nella banda UV, raggi-X e radio. Le macchie stellari sono delle aree nella fotosfera di una stella caratterizzate da una forte attività magnetica, che inibisce la convezione. La temperatura decresce anche di 500-2000 K rispetto al- l'ambiente circostante provocando così una variazione di luminosità tra la macchia e la supercie stellare.

I tempi di vita delle macchie stellari possono essere monitorati con osservazioni a lungo termine, raccogliendo in modo continuativo dati fotometrici. Hall ed Henry (1994) analizzarono molte stelle in cui erano presenti macchie e conclusero che i tempi di vita di macchie relativamente piccole sono proporzionali alla loro dimen- sione, come succede per le macchie solari.

Per quanto riguarda le macchie più grandi, i loro tempi di vita dipendono dalla rotazione dierenziale della stella. Tuttavia, le macchie più grandi che causano notevoli cali di luminosità nella curva di luce possono sopravvivere molti anni, nonostante la rotazione dierenziale, originando centri di attività o latitudine atti- ve. Questo può vericarsi ad esempio per stelle di pre-sequenza principale ([5]). A causa della rotazione stellare, le macchie sulla supercie stellare appaiono e scom- paiono dall'emisfero visibile della stella, modulando la luminosità nel temposcala di rotazione della stella.

Un'analisi di queste modulazioni rotazionali permette di determinare molte pro- prietà della stella, ad esempio il suo periodo di rotazione.

15

(20)

Per poter misurare il periodo di rotazione, le macchie stellari devono essere abba- stanza grandi da rimanere stabili per alcuni periodi di rotazione, e devono inoltre trovarsi ad una latitudine alla quale, al ruotare della stella, spariscano periodica- mente dal campo di vista. Grazie alla ricerca degli esopianeti attraverso i transiti, si è sviluppata una nuova tecnica fotometrica per determinare la rotazione stellare che rende possibile misurare direttamente e simultaneamente il periodo di rota- zione per un grande numero di stelle. La tecnica consiste nel rilevare le variazioni quasi-periodiche di luminosità nel tempo, causate dalle regioni magneticamente attive, o macchie stellari, che appaiono periodicamente sulla supercie dell'emisfe- ro visibile man mano che la stella ruota (si veda gura 2.1).

Durante il tempo trascorso come stelle appartenenti alla sequenza principale, le stelle perdono momento angolare e come conseguenza di questo la loro rotazione rallenta. Quindi, il periodo di rotazione che viene misurato è quello risultante dalla perdita di momento angolare avvenuta precedentemente. Per quanto riguarda le stelle di sequenza principale, il periodo di rotazione non dipende dalle condizioni iniziali: esiste quindi una stretta relazione tra periodo, età e massa, nota come girocronologia, da cui sono state derivate molte relazioni empiriche.

Oltre che dall'analisi delle modulazioni rotazionali dovute alla presenza di macchie, il periodo di rotazione può essere determinato anche attraverso la spettroscopia, misurando la velocità di rotazione dall'allargamento delle righe di assorbimento dello spettro stellare (v sin i). Tuttavia ricavare il periodo di rotazione da questa quantità richiede la conoscenza del raggio della stella e dalla sua inclinazione, inol- tre queste osservazioni sono limitate a stelle che ruotano velocemente ([25]).

Figura 2.1: Esempio di modulazione rotazionale periodica nella curva di luce do- vuta alla presenza di macchie sulla supercie di KIC 5110407 (Immagine tratta da [30]).

Per quanto riguarda la girocronologia, esistono delle relazioni empiriche che met-

tono in relazione alcune proprietà della stella. Ad esempio, in gura 2.2 è riportato

un graco colore-periodo di rotazione relativo all'ammasso del Presepe da cui è

stata derivata una tale relazione.

(21)

2.1. ROTAZIONE STELLARE E GIROCRONOLOGIA 17 Un altro esempio è la formula 2.1, sviluppata da Barnes (vedi [3]), che determina l'età delle stelle a partire solamente dai loro periodi di rotazione e dal loro colore:

P (B − V, t) = f(B − V ) · g(t), (2.1) ove

f (B − V ) = a[(B − V )

0

− c]

b

, (2.2)

g(t) = t

n

, (2.3)

essendo P il periodo di rotazione della stella in giorni, B − V il suo colore, e g(t) l'evoluzione nel tempo, che dipende dai coecienti a, b, c ed n, in cui l'età t è espressa in milioni di anni (Myr). Esistono valori diversi dei coecienti, in tabella 2.1 sono riportati quelli secondo Barnes e quelli secondo Mamajek e Hillenbrand.

La dipendenza dall'età è stata calibrata usando il Sole come riferimento assoluto.

a b c n

Barnes

(2007) 0.7725 ±0.011 0.6010±0.024 0.4000±0.000 0.5189±0.007 Mamajek &

Hillenbrand (2008)

0.4070 ±0.021 0.3250±0.024 0.4950±0.010 0.5660±0.008

Tabella 2.1: Valori dei coecienti che compaiono nella relazione 2.1, determinati da Barnes ([3]) da Mamajek & Hillenbrand ([21]).

Le relazioni di girocronologia descrivono il rallentamento della rotazione delle stel- le la cui evoluzione dello spin è avvenuta senza condizionamenti esterni, come ad esempio interazioni mareali da parte di stelle compagne o pianeti giganti vicini. Se una stella ha un compagno non identicato che ha inuenzato l'evoluzione del suo spin, le relazioni girocronologiche daranno una stima dell'età inferiore o superiore all'età reale.

Poiché le stelle ospitanti e i loro relativi pianeti si formano contemporaneamen-

te dallo stesso ammasso di materia, l'età della stella può dare una stima anche

dell'età dei pianeti che ospita. Inoltre l'allineamento dell'asse di rotazione stella-

re rispetto al piano del cielo può essere determinato confrontando il periodo di

(22)

Figura 2.2: Sinistra: graco colore (J − K

s

) - periodo di rotazione di più di 120 sorgenti appartenenti all'ammasso del Presepe. Destra: graco colore (J − K

s

) - periodo di rotazione delle sorgenti dell'ammasso del Presepe che sono state usate per derivare la relazione colore-periodo di rotazione (linea nera): P = 9.648 + 12.124(J − K

s

− 0.528) (Immagine tratta da [8]).

rotazione stellare, calcolato tramite la fotometria, con le misure della rotazione ottenute dall'analisi spettroscopica dell'allargamento delle righe dello spettro, o v sin i , per calcolare l'inclinazione stellare. Nel caso di sistemi con pianeti transi- tanti, l'inclinazione stellare implica che rotazione stellare ed orbita planetaria non giacciano sullo stesso piano. Il periodo di rotazione stellare può essere confrontato con i periodi orbitali dei pianeti per cercare sincronizzazioni spin-orbita, da cui possono essere dedotte interazioni mareali tra questi sistemi (vedi [37]). Tuttavia si deve tenere in conto che la presenza di un esopianeta può modicare il tasso di rotazione stellare, questo produce un'incertezza nell'uso della girocronologia per stimare l'età della stella, che è basata sul normale rallentamento della rotazione all'avanzare dell'età.

2.2 Eetti mareali

Per la ricerca di eetti mareali dovuti alle interazioni gravitazionali tra stella ospi- tante e pianeta, vengono confrontati i periodi di rotazione delle stelle con i periodi orbitali dei pianeti.

Questo è quanto fatto da L.M.Walkowicz et al. (vedi [37]) su un campione di circa

950 stelle ospitanti pianeti candidati rilevati con Kepler. Ciò che è emerso è che per

un certo numero di pianeti candidati il cui raggio è maggiore di sei volte il raggio

terrestre, il periodo di rotazione stellare è pari al periodo orbitale del pianeta, o

al suo doppio. Tuttavia questo è dovuto anche al fatto che molti dei candidati

pianeti presi in considerazione sono risultati essere delle binarie a eclissi in cui è

(23)

2.2. EFFETTI MAREALI 19 avvenuta la sincronizzazione mareale. Solo una parte del campione sono risultati essere eettivamente dei pianeti, prevalentemente di tipo gioviano.

Per quanto riguarda la sincronizzazione mareale nel sistema stella-pianeta, lo scam- bio di momento angolare richiesto anché la rotazione del pianeta acceleri e diventi sincronizzato con la stella ospitante causerebbe il veloce decadere dell'orbita del pianeta in un moto a spirale che lo farebbe precipitare nella stella (vedi [38]).

Tuttavia alcuni esopianeti mostrano sincronizzazioni spin-orbita e sono state fatte alcune ipotesi su come ciò possa essere possibile. Ad esempio Pont, in [28], ipotizza che le interazioni mareali possano parzialmente compensare la resistenza del vento magnetizzato della stella,causando il rallentamento della stella più lentamente di come avverrebbe altrimenti.

In [20] è stato riscontrato che le stelle ospitanti attorno a cui orbitano pianeti gioviani caldi (Hot Jupiters), cioè pianeti giganti che orbitano a meno di 0.1 U.A.

attorno a stelle appartenenti alla sequenza principale, manifestano un aumento del momento angolare rispetto alle stelle attorno a cui orbitano pianeti meno mas- sicci e più lontani. Questo può essere dovuto all'interazione mareale, anche se ci possono essere delle spiegazioni alternative dal momento che in molti casi i tem- pi scala per la sincronizzazione dovuta all'interazione mareale sono superiori alle età delle stelle ospitanti. Poiché le stelle di tipo avanzato sono caratterizzate da venti stellari magnetizzati che producono un frenamento della rotazione durante il tempo trascorso come stelle della sequenza principale, si deve tenere presente una continua perdita di momento angolare nell'evoluzione dello spin stellare. Tuttavia, oltre che sull'evoluzione della rotazione, questo ha un eetto anche sui parametri orbitali, specialmente sul semiasse maggiore e sull'eccentricità dell'orbita.

Lanza (vedi [20]) propose un modello per spiegare l'interazione tra i campi magne- tici coronali della stella e quelli del pianeta. Questo modello è stato applicato per studiare la perdita di momento angolare dalle corone delle stelle ospitanti pianeti gioviani caldi ipotizzando che un pianeta così vicino alla stella faccia in modo che nella corona ci siano linee di campo magnetico prevalentemente chiuse (il pianeta infatti tende a ridurre l'elicità magnetica del campo tramite una continua dissi- pazione dell'energia magnetica associata al suo moto attraverso la corona). Sotto queste ipotesi si deduce che i pianeti vicini possono ridurre signicativamente il frenamento magnetico delle stelle che ruotano velocemente. Questo eetto, insieme all'interazione mareale, può essere responsabile del cambiamento di distribuzione ed evoluzione del momento angolare di stelle che ospitano pianeti caldi gioviani.

Analogamente, in [19] Kashyap et al. notano che osservando le stelle ospitanti pia-

neti gioviani caldi nei raggi-X, esse hanno luminosità 3-4 volte maggiori rispetto a

stelle opitanti pianeti lontani. Anche queste osservazioni suggeriscono che la vici-

nanza di un pianeta possa aumentare la dissipazione di energia magnetica o possa

(24)

portare a strutture magnetiche chiuse e più luminose nella corona stellare. Sempre nello studio di Lanza è stata analizzata la rotazione di stelle ospitanti pianeti caldi gioviani, ed è stato rilevato un andamento generale che porta alla sincronizzazione all'aumentare della temperatura eettiva. In particolare, le stelle con T

e

≥ 6500 K sono sincronizzate o hanno un periodo di rotazione pari a circa il doppio del periodo orbitale del loro pianeta, mentre le stelle per cui 6000 K < T

e

< 6500 K sono sincronizzate o hanno un periodo di rotazione pari a circa il doppio del periodo orbitale del loro pianeta solo se P

rot

< 10 d. Le stelle per cui T

e

< (cir- ca) 6000 K generalmente hanno il periodo di rotazione che è considerevolmente superiore rispetto al periodo orbitale del pianeta. E' quindi stato supposto che le stelle ospitanti nascano insieme ai dischi circumstellari in cui i pianeti gioviani caldi si formano e migrano verso l'interno, mentre il disco blocca la rotazione della stella.

In conclusione, in determinati casi la girocronologia può non essere adatta alla stima dell'eta di stelle di tipo avanzato ospitanti pianeti giganti, soprattutto per quelle aventi T

e

≥ 6000 K o che ruotano con un periodo minore di circa 10 d. Infat- ti, come osservato, a causa dell'eccesso di momento angolare dovuto alla presenza di un pianeta gioviano caldo, la loro evoluzione rotazionale può essere notevolmen- te dierente da quella di stelle che non ospitano gioviani caldi. Ciò comporta una sottostima dell'età di queste stelle da parte delle relazioni girocronologiche.

D'altro canto, la stima girocronologica può anche fungere da indicatore della

correttezza dei valori degli altri parametri sici acquisiti e utilizzati nelle relazioni.

(25)

Capitolo 3

Ricerca di risonanze spin-orbita

Per risonanza spin-orbita si intende quando periodo di rotazione stellare e periodo orbitale del pianeta sono in un rapporto commensurabile 1:1 o 2:1.

Si vogliono ricercare delle risonanze spin-orbita tra stelle ospitanti ed esopianeti di breve periodo allo scopo di individuare quei sistemi planetari in cui l'interazione mareale stella-pianeta è importante. In particolare, questa relazione dinamica viene studiata attraverso i dati ottenuti in due modi diversi: tramite l'osservazione da terra e tramite la rivelazione dallo spazio eettuato dal satellite Kepler.

3.1 Rivelazione da terra

Per quanto riguarda la rivelazione da terra sono stati selezionati 147 esopianeti dal database exoplanets.org (vedi [87]) in base alle seguenti caratteristiche:

- pianeti giganti con massa maggiore di 0.1 masse gioviane, - pianeti con periodo orbitale minore di 10 giorni,

- pianeti transitanti.

Si è deciso di studiare solo un campione di pianeti gioviani con un periodo breve in quanto per pianeti di queste dimensioni e così vicini alla stella ospitante aumenta l'interazione mareale tra le componenti del sistema ed aumenta quindi la proba- bilità di trovare delle risonanze spin-orbita. I dati provengono da monitoraggi di missioni dierenti, in ognuna delle quali sono presenti eetti di selezione diversi.

I dati raccolti sono quindi stati inseriti nella tabella 3.1, che per ogni pianeta ripor- ta i valori di massa, periodo orbitale del pianeta, periodo di rotazione della stella con relativi errori e metodo con cui sono stati rilevati, colore della stella ed età

21

(26)

di ciascun sistema stella-pianeta stimata attraverso la relazione girocronologica di Barnes (2.1). In particolare i periodi di rotazione delle stelle ospitanti sono stati ricercati uno per uno in letteratura in quanto non esiste un database che li raccol- ga. Il colore di ogni stella è preso da UCAC4 che è un catalogo astrometrico in cui è riportato il colore B-V di tutte le stelle la cui magnitudine V è compresa tra 8 e 16. Avendo quindi il colore e il periodo di rotazione si è potuta calcolare l'età di ciascuna stella tramite la relazione girocronologica di Barnes (2.1) per stelle con colore (B − V ) > 0.4.

Tabella 3.1: La tabella riporta, per ognuno dei pianeti che costituiscono il campione di studio dei pianeti iden- ticati da terra: la massa del pianeta in unità gioviane (M

J

), il periodo orbitale del pianeta (P

orb

), il periodo di rotazione della stella con relativo errore (P

rot

e Err P

rot

), la tecnica di rilevazione della rotazione stellare (Tec Ril) (1 = spettroscopia indiretta, 2 = studio della curva di luce, 3 = spettroscopia e fotometria, 4 = individuazio- ne delle righe di Calcio, 5 = relazione di Mamajek, 6 = individuazione delle righe di Calcio II e Idrogeno, 7 = altri metodi), il colore (B-V) e l'età della stella stimata tramite la girocronologia.

ID Nome Massa

(M

J

) P

orb

(d) P

rot

(d) Err

P

rot

(d)

Tec Ril B-V Età (Gyr)

1 CoRoT-2 b 3.27 1.74 4.50 0.14 2 1.01 0.05

2 CoRoT-3 b 21.85 4.25 4.60 0.40 1 0.74 0.11

3 CoRoT-4 b 0.71 9.20 8.87 1.12 1 0.59 0.76

4 CoRoT-6 b 2.95 8.88 6.40 0.50 2 0.72 0.22

5 CoRoT-11 b 2.34 2.99 1.73 0.25 1 0.61 0.03

6 CoRoT-12 b 0.91 2.82 68.00 10.20 1 0.86 13.60

7 CoRoT-13 b 1.31 4.03 13.00 1.95 1 0.73 0.81

8 CoRoT-14 b 7.69 1.51 5.66 0.84 2 0.93 0.10

9 CoRoT-17 b 2.46 3.76 20.10 3.01 3 1.50 0.48

10 CoRoT-18 b 3.48 1.90 5.40 0.40 2 0.84 0.11

11 CoRoT-19 b 1.10 3.89 14.00 2.10 1 0.92 0.56

12 CoRoT-23 b 3.08 3.63 9.20 1.50 1 1.24 0.14

13 CoRoT-25 b 0.27 4.86 14.10 2.90 1 1.04 0.45

(continua nella pagina seguente)

(27)

3.1. RIVELAZIONE DA TERRA 23 Tabella 3.1: (segue dalla pagina precedente)

ID Nome Massa

(M

J

) P

orb

(d) P

rot

(d) Err P

rot

(d)

Tec Ril B-V Età (Myr) 14 CoRoT-26 b 0.47 4.20 45.30 25.00 1 1.04 4.27

15 HAT-P-6 b 1.05 3.85 9.00 1.35 1 0.44 4.12

16 HAT-P-27 b 0.61 3.03 17.80 7.80 1 0.85 1.06

17 HATS-2 b 1.34 1.35 12.50 1.87 2 0.91 0.43

18 HD 189733 b 1.14 2.21 11.00 1.65 1 0.56 1.38

19 KELT-3 b 1.46 2.70 7.11 0.54 7 0.48 1.31

20 KELT-6 b 0.43 7.84 16.20 3.80 7 0.54 3.41

21 OGLE2-TR-L9 b 4.57 2.48 1.97 0.04 1 0.65 0.03

22 WASP-4 b 1.22 1.33 22.20 3.30 7 0.74 2.23

23 WASP-7 b 0.91 4.95 3.70 0.50 7 0.51 0.26

24 WASP-17 b 0.50 3.73 9.75 1.25 1 0.26

25 WASP-18 b 10.20 0.94 5.60 0.84 1 0.51 0.54

26 WASP-19 b 1.13 0.78 10.50 0.20 2 0.73 0.54

27 WASP-22 b 0.55 3.53 16.00 3.00 7 0.59 2.26

28 WASP-23 b 0.87 2.94 28.60 5.30 4 0.89 2.36

29 WASP-31 b 0.47 3.40 7.90 0.70 1 0.53 0.93

30 WASP-34 b 0.58 4.31 34.00 10.00 1 0.66 6.94

31 WASP-35 b 0.71 3.16 23.00 6.50 1 0.57 5.39

32 WASP-36 b 2.26 1.53 14.40 5.90 1 0.61 1.68

33 WASP-38 b 2.70 6.87 7.50 1.12 7 0.51 1.02

34 WASP-41 b 0.93 3.05 18.40 2.76 6 0.75 1.51

35 WASP-42 b 0.49 4.98 40.10 4.70 5 0.95 4.03

36 WASP-43 b 1.77 0.81 15.60 0.40 3 1.29 0.37

37 WASP-46 b 2.10 1.43 16.10 1.00 2 0.65 1.71

38 WASP-47 b 1.13 4.15 15.00 3.00 1 0.73 1.08

39 WASP-48 b 0.98 2.14 7.20 0.60 1 0.74 0.25

40 WASP-49 b 0.37 2.78 50.00 7.50 1 0.71 11.91

41 WASP-50 b 1.47 1.95 16.30 0.50 2 0.78 1.07

42 WASP-52 b 0.45 1.74 11.80 3.30 1 0.90 0.43

43 WASP-54 b 0.63 3.69 17.60 4.38 1 0.55 3.53

44 WASP-55 b 0.57 4.46 20.00 7.00 1 0.60 3.30

45 WASP-56 b 0.60 4.61 32.58 18.51 1 0.76 4.34

46 WASP-57 b 0.67 2.83 18.20 6.40 1 0.71 1.66

47 WASP-58 b 0.89 5.01 21.10 7.60 1 0.37

(continua nella pagina seguente)

(28)

Tabella 3.1: (segue dalla pagina precedente)

ID Nome Massa

(M

J

) P

orb

(d) P

rot

(d) Err

P

rot

(d)

Tec Ril B-V Età (Myr)

48 WASP-59 b 0.85 7.91 15.90 8.40 1 1.23 0.42

49 WASP-60 b 0.51 4.30 20.60 5.50 1 0.67 2.45

50 WASP-61 b 2.05 3.85 6.30 0.90 1 0.53 0.60

51 WASP-62 b 0.56 4.41 6.30 0.80 1 0.56 0.45

52 WASP-63 b 0.37 4.37 37.00 9.00 1 0.74 6.07

53 WASP-64 b 1.27 1.57 15.30 4.70 1 0.72 11.08

54 WASP-66 b 2.31 4.08 4.90 1.30 1 0.47 0.73

55 WASP-67 b 0.41 4.61 25.00 7.00 1 0.88 1.88

56 WASP-71 b 2.24 2.90 11.80 2.70 1 0.62 1.09

57 WASP-72 b 1.40 2.21 14.50 3.10 1 0.51 3.63

58 WASP-77 A b 1.76 1.36 15.40 0.40 2 0.75 1.08

59 WASP-78 b 0.88 2.17 10.50 2.40 1 0.49 2.28

60 WASP-79 b 0.88 3.66 4.00 0.80 1 0.40 14.25

61 WASP-80 b 0.55 3.06 8.50 0.80 1 1.37 0.10

62 XO-3 b 13.28 3.19 3.73 0.23 1 0.40

63 XO-4 b 1.60 4.13 8.10 1.22 1 0.35

3.2 Rivelazione dallo spazio: Kepler 3.3 Caratteristiche speciche di Kepler

La missione Kepler è stata progettata per monitorare una precisa regione del cielo compresa tra Lira e Cigno, e prossima al piano galattico.

Dal suo lancio, nel 2009, la missione Kepler ha rilevato 2740 pianeti candidati (co- nosciuti come KOI: Kepler Objects of Interest) di cui 989 sono stati confermati ad oggi.

Sebbene il principale obiettivo della missione fosse la determinazione della frequen-

za di pianeti di dimensioni terresti o maggiori appartenenti alla zona abitabile di

stelle di tipo solare, la fotometria ad alta precisione di Kepler ha dimostrato di

essere molto importante anche per ricerche sull'astrosica stellare: i monitorag-

gi continui di moltissime stelle hanno rilevato manifestazioni di variabilità stellare

con una precisione mai raggiunta prima. Nelle stelle di tipo solare la maggior parte

(29)

3.3. CARATTERISTICHE SPECIFICHE DI KEPLER 25 di questa variabilità è dovuta all'attività magnetica: si formano macchie stellari ed altre regioni attive che vanno a modulare la luminosità stellare nelle curve di luce, che permettono di studiare l'andamento della luminosità della stella in funzione del tempo.

L'unico strumento a bordo del satellite Kepler è un fotometro CCD, che serve a misurare le variazioni di luminosità delle stelle. Il fotometro CCD, cioè la camera, è posizionato sul piano focale del telescopio.

Il telescopio ha un diametro pari a 0.95 metri e lo specchio primario di 1.4 metri.

Kepler ha un campo di vista molto vasto, pari a 105 gradi quadrati (la maggior parte dei telescopi ha un campo di vista inferiore a un grado quadrato), necessa- rio per poter osservare un gran numero di stelle. Ciò ha consentito a Kepler di monitorare simultaneamente più di 100 000 stelle. Il diametro del telescopio deve essere abbastanza grande da ridurre il rumore dato dalla statistica dei conteggi di fotoni, così da poter misurare la piccola variazione in luminosità dovuta ai transiti di pianeti delle dimensioni della Terra. Il fotometro è dotato di una camera di 95 milioni di pixel composta da 42 CCD, posizionata sul piano focale del telescopio:

l'immagine di una stella è distribuita su circa 30 pixel. Non sono presenti ltri o elementi dispersivi e non è data la possibilità di poter selezionare dove osservare:

Kepler è stato progettato per ripetere le osservazioni nella stessa regione per tutta la durata della missione.

Figura 3.1: Componenti di Kepler (Immagine tratta da [91]).

I dati raccolti dal satellite Kepler venivano poi trasmessi alla Terra attraverso il

Deep Space Network (DSN) della Nasa. Il DSN è un network internazionale di

(30)

antenne che supporta le missioni spaziali interplanetarie e le osservazioni di radio e radar astronomia per l'esplorazione del sistema solare e dell'universo. Il DSN consiste in tre complessi per la comunicazione con lo spazio profondo, posiziona- ti a circa 120 gradi di distanza sulla Terra: a Goldstone in California, vicino a Madrid in Spagna e vicino a Canberra in Australia. Questa collocazione strategica permette costanti osservazioni del veicolo spaziale al ruotare della Terra. Dal DSN, i dati vengono poi mandati al Mission Operations Center di Boulder in Colorado e vengono poi trasmessi al Data Management Center di Baltimora, dove vengono archiviati e ritrasmessi al Kepler Science Operations Center (SOC) nel Centro di Ricerca della Nasa di Ames, in California. Al SOC, i dati vengono poi analizzati per produrre curve di luce calibrate, da cui è possibile rilevare la presenza di esopianeti.

3.4 Selezione dei dati

Per quanto riguarda i dati raccolti da Kepler, sono stati selezionati dai 4234 pianeti candidati del database exoplanets.org (vedi [87]) i 995 pianeti confermati, ovvia- mente tutti transitanti. Sono stati inclusi anche i pianeti non giganti in quanto la maggior parte die pianeti identicati da Kepler erano di tipo terrestre o nettunia- no. Dalla ricerca di McQuillan et al. del 2013 (vedi [24]) sono stati presi i valori dei periodi orbitali dei pianeti che a quella data risultavano confermati, insieme ai noti periodi di rotazione delle relative stelle ospitanti. I valori dei raggi dei pianeti sono stati invece presi dall'archivio Kepler della NASA, e il valore del colore stellare prima è stato preso dal Kepler Input Catalog - KIC (vedi [84]) come (g − r), e poi tramite la formula (tratta da [10])

B − V = 1.04 · (g − r) + 0.19 (3.1)

è stato convertito in (B − V ).

I pianeti per i quali erano noti tutti i dati richiesti sono risultati essere 415. Come per i pianeti identicati da terra, anche su questi è stata eettuata un'ulteriore selezione secondo i seguenti criteri:

- pianeti con periodo orbitale minore di 20 giorni,

- pianeti per cui il periodo di rotazione della stella ospitante è minore di 20 giorni.

Il campione si è così ridotto a 74 pianeti, i cui dati sono riportati in tabella 3.2.

Anche in questo caso è stata calcolata l'età di ogni stella ospitante sfruttando la

relazione girocoronologica di Barnes 2.1, avendo a disposizione periodo di rotazione

(31)

3.4. SELEZIONE DEI DATI 27 e colore per ciascuna di esse. Successivamente sono stati selezionati solamente i pianeti di tipo gioviano secondo il seguente criterio:

- pianeti il cui raggio è superiore a sei volte il raggio terrestre.

Solo 7 pianeti sono risultati essere di tipo gioviano (in tabella 3.2 compaiono nelle prime sette righe). Questo esiguo numero è dovuto al fatto che la missione Kepler aveva come principale obiettivo l'identicazione di pianeti di tipo terrestre o net- tuniano, e pertanto il processo di validazione e conferma si è concentrato su questi ultimi.

Tabella 3.2: La tabella riporta, per ognuno dei pianeti che costituiscono il campione di studio dei pianeti identicati dal satellite Kepler: il raggio del pianeta in unità di raggi terrestri e il relativo errore (R e Err R), il periodo orbitale del pianeta (P

orb

), il periodo di rotazione della stella con relativo errore (P

rot

e Err P

rot

), il colore (B-V) e l'età della stella stimata tramite la girocronologia. I pianeti gioviani sono stati posti nelle prime sette righe.

ID Nome R

(R

E

) Err (R R

E

)

P

orb

(d) P

rot

(d) Err

P

rot

(d)

B-V Età

(Gyr)

1 Kepler-9 b 7.96 0.98 19.27 16.75 0.08 0.73 1.37 2 Kepler-17 b 14.80 0.85 1.49 12.16 0.03 0.77 0.63 3 Kepler-43 b 12.10 0.94 3.02 12.85 0.05 0.68 1.00 4 Kepler-45 b 11.03 0.72 2.46 15.81 0.00 1.55 0.29 5 Kepler-71 b 13.14 0.68 3.91 19.77 0.10 0.85 1.32 6 Kepler-75 b 11.02 0.63 8.88 19.38 0.03 1.01 0.88 7 Kepler-412 b 12.53 4.67 1.72 17.34 1.75 0.70 1.64 8 Kepler-21 b 1.59 0.01 2.78 12.59 0.03 0.68 0.92 9 Kepler-24 b 3.11 0.80 8.14 10.08 0.15 0.74 0.49 10 Kepler-26 c 2.82 0.42 17.25 17.91 0.00 1.65 0.33 11 Kepler-27 b 4.94 0.22 15.33 14.74 0.01 0.98 0.55 12 Kepler-28 b 1.92 0.30 5.91 17.95 0.01 1.24 0.52 13 Kepler-49 b 2.23 0.26 7.20 18.50 0.00 1.60 0.37 14 Kepler-50 b 1.54 0.03 7.81 7.55 0.75 0.51 0.97 15 Kepler-52 c 1.81 0.23 16.38 11.95 0.00 1.50 0.18

(continua nella pagina seguente)

(32)

Tabella 3.2: (segue dalla pagina precedente)

ID Nome R

(R

E

) Err (R R

E

)

P

orb

(d) P

rot

(d) Err P

rot

(d)

B-V Età

(Gyr) 16 Kepler-55 d 1.64 0.14 2.21 13.73 0.00 1.33 0.28 17 Kepler-63 b 5.57 0.46 9.43 5.40 0.00 0.75 0.14 18 Kepler-65 c 2.55 0.04 5.85 7.91 0.15 0.58 0.62 19 Kepler-66 b 2.81 0.34 17.81 10.52 0.01 0.73 0.54 20 Kepler-67 b 2.81 0.20 15.72 10.46 0.01 0.98 0.28 21 Kepler-81 b 1.98 0.26 5.95 13.41 0.00 1.39 0.25 22 Kepler-84 b 2.75 0.71 8.72 19.32 0.44 0.76 1.58 23 Kepler-96 b 2.27 0.25 16.23 14.92 0.08 0.71 1.13 24 Kepler-105 b 3.28 1.22 5.41 16.84 0.15 0.58 2.70 25 Kepler-125 b 2.71 0.31 4.16 14.53 0.00 1.60 0.23 26 Kepler-127 b 1.46 0.03 14.43 10.11 0.21 0.56 1.18 27 Kepler-131 b 1.98 0.21 16.09 17.52 0.12 0.71 1.57 28 Kepler-134 b 2.58 1.02 5.31 15.72 1.38 0.66 1.54 29 Kepler-138 c 1.33 0.16 13.78 19.39 0.01 1.35 0.52 30 Kepler-150 c 3.70 0.92 7.38 17.55 0.03 0.77 1.28 31 Kepler-159 b 1.87 0.22 10.13 10.46 0.00 1.31 0.17 32 Kepler-164 c 2.69 0.88 10.94 15.35 0.04 0.61 1.87 33 Kepler-173 c 2.41 0.67 8.00 14.99 0.58 0.67 1.33 34 Kepler-193 b 2.44 0.80 11.38 13.30 0.41 0.65 1.18 35 Kepler-198 b 2.62 0.60 17.79 15.36 0.01 0.74 1.08 36 Kepler-200 b 2.92 1.02 8.59 18.93 2.19 0.70 1.87 37 Kepler-203 b 2.29 0.57 3.16 15.23 1.85 0.74 1.08 38 Kepler-204 b 2.23 0.56 14.4 16.93 1.62 0.68 1.67 39 Kepler-207 d 2.31 0.74 5.86 15.42 0.21 0.67 1.44 40 Kepler-210 c 3.23 0.37 7.97 12.31 0.00 1.35 0.22 41 Kepler-211 c 2.53 1.40 6.04 13.84 0.00 0.95 0.51 42 Kepler-219 b 2.64 0.54 4.58 17.10 0.09 0.69 1.63 43 Kepler-221 c 2.75 0.45 5.69 9.39 0.00 0.87 0.29 44 Kepler-222 b 3.19 0.65 3.93 10.98 0.01 0.91 0.36 45 Kepler-229 c 5.27 0.64 16.06 15.94 0.61 1.01 0.60 46 Kepler-242 b 3.04 0.87 8.12 15.77 0.00 1.08 0.51 47 Kepler-245 b 2.98 0.79 7.49 19.44 0.03 0.99 0.92 48 Kepler-252 c 2.38 0.36 10.84 11.05 0.00 1.39 0.17 49 Kepler-260 b 2.09 0.40 8.18 19.2 0.00 0.81 1.34

(continua nella pagina seguente)

(33)

3.4. SELEZIONE DEI DATI 29 Tabella 3.2: (segue dalla pagina precedente)

ID Nome R

(R

E

) Err (R R

E

)

P

orb

(d) P

rot

(d) Err

P

rot

(d)

B-V Età

(Gyr)

50 Kepler-261 b 2.23 0.13 10.38 12.36 0.00 0.99 0.38

51 Kepler-283 b 3.25 0.49 11.00 18.16 0.04 1.44 0.42

52 Kepler-304 b 3.80 4.15 3.29 14.17 0.00 1.20 0.35

53 Kepler-312 c 2.43 0.26 19.74 5.69 0.94 0.66 0.22

54 Kepler-317 b 2.11 0.47 5.52 15.15 0.01 0.95 0.61

55 Kepler-318 b 5.89 2.20 4.66 7.15 0.00 0.77 0.23

56 Kepler-319 c 5.22 1.76 6.94 13.37 0.01 0.83 0.64

57 Kepler-322 c 1.59 0.99 4.33 18.99 0.01 0.81 1.34

58 Kepler-325 b 2.94 0.75 4.54 14.16 0.00 0.79 0.80

59 Kepler-326 c 2.79 1.63 4.58 9.64 0.00 1.00 0.23

60 Kepler-331 b 1.99 0.17 8.45 8.66 0.00 1.32 0.11

61 Kepler-334 c 1.37 0.18 12.75 16.67 0.11 0.65 1.84

62 Kepler-339 b 1.46 0.34 4.97 16.91 0.00 0.79 1.11

63 Kepler-345 c 1.22 0.11 9.38 13.01 0.01 1.35 0.24

64 Kepler-348 b 1.33 0.47 7.05 3.87 0.00 0.58 0.16

65 Kepler-349 b 1.89 0.40 5.92 7.79 0.00 0.73 0.30

66 Kepler-350 c 2.45 0.79 17.84 3.15 0.74 0.65 0.07

67 Kepler-352 c 1.25 0.17 16.33 15.98 0.02 0.88 0.79

68 Kepler-360 b 1.62 0.42 3.28 10.25 0.00 0.74 0.51

69 Kepler-369 c 1.32 0.18 14.87 19.45 0.00 1.63 0.39

70 Kepler-400 b 1.69 0.57 9.02 13.40 0.03 0.70 0.98

71 Kepler-402 c 1.60 0.56 6.12 8.95 0.11 0.54 1.01

72 Kepler-408 b 0.70 0.01 2.46 12.44 0.17 0.53 2.23

73 Kepler-411 b 1.94 0.09 3.00 10.44 0.00 1.10 0.23

74 Kepler-414 c 3.00 0.39 7.17 18.55 0.04 0.81 1.26

(34)
(35)

Capitolo 4

Analisi dei dati e discussione

E' stata ricercata la presenza di segnali di interazione mareale tra stella ospitante e pianeta confrontando il periodo di rotazione della stella con il periodo orbitale del pianeta, sia nel caso dei dati raccolti da terra sia nel caso in cui i dati siano stati raccolti da Kepler. In seguito sono analizzati entrambi i casi, senza tener conto dei pianeti con un errore troppo grande sul periodo di rotazione.

4.1 Possibili interazioni mareali dei pianeti identi-

cati da terra

La gura 4.1 riporta i pianeti identicati da terra, ordinati in ascissa secondo il periodo orbitale (espresso in giorni), e in ordinata secondo il periodo di rotazione della stella ospitante (espresso in giorni), in accordo con i dati riportati in tabella 3.1. Dalla gura 4.1 emerge la presenza di alcuni sistemi in possibile risonanza spin- orbita 1:1 e 2:1. Di seguito è riportata una breve descrizione per ciascuno di essi.

4.2 Risonanze spin-orbita 1:1

2) CoRoT-3 b. Questo pianeta è una nana bruna di massa 21.85M

J

con un periodo orbitale pari a 4.26 d, mentre la stella attorno a cui orbita è di tipo F3 ed ha un periodo di rotazione pari a 4.60 ± 0.86 d. Il periodo orbitale del pianeta e il periodo di rotazione della stella sono sincroni a causa delle interazioni mareali, come già descritto in ([6]). Dalle relazioni girocronologiche di Barnes si ottiene una stima dell'età di 0.11 Gyr, forse sottostimata a causa dell'eccesso di momento angolare dovuto alla presenza della nana bruna.

31

(36)

Figura 4.1: Periodo di rotazione stellare vs Periodo orbitale del pianeta. Le dimen- sioni dei cerchi rappresentano la massa del pianeta. Le due rette rappresentano risonanze spin-orbita 1:1 e 2:1.

3) CoRoT-4 b. CoRoT-4 b ha un periodo orbitale pari a 9.20 d mentre la stella ospitante di tipo F ha un periodo di rotazione pari a 8.87±2.01 d. Si osserva quindi una risonanza 1:1 tra periodo orbitale del pianeta e periodo di rotazione della stella che può avere origine dalla fase primordiale. Infatti, come scritto in ([7]), è probabile che l'evoluzione del tasso di rotazione stellare sia stata modesta:

un periodo di 9 giorni è vicino al picco della distribuzione del periodo di rota- zione per le stelle di tipo F sia durante la fase T-Tauri che nella fase di stelle di campo. E' possibile che la risonanza iniziale si sia vericata spontaneamente se il disco proplanetario era troncato vicino al raggio di co-rotazione, e la migrazione del pianeta si sia fermata nel bordo interno del disco (vedi [7]). Dalle relazioni girocronologiche di Barnes si ottiene una stima dell'età di 0.76 Gyr.

33) WASP-38 b. WASP-38 b è un pianeta massiccio (2.71M

J

) che percorre

un' orbita di eccentricità e = 0.032 con periodo di 6.87 d attorno ad una stella

luminosa di tipo F8 con periodo di rotazione pari a 7.50 ± 1.88 d (vedi [4]). Si

ritiene che il sistema di cui fa parte WASP-38b sia un sistema in cui orbita pla-

(37)

4.3. RISONANZE SPIN-ORBITA 2:1 33 netaria e piano di rotazione stellare siano disallineati. E' stato inoltre notato che i pianeti orbitanti attorno a stelle calde, in cui T

e

> 6250 K, tendono ad avere orbite disallineate, mentre stelle più fredde ospitano pianeti allineati (vedi [32]). I pianeti non massicci e con periodi orbitali lunghi sono eccezioni, poiché il tempo- scala per l'allineamento mareale è più lungo e può non essere ancora terminato.

Con il suo periodo orbitale, WASP-38 b può essere potenzialmente un'eccezione e può aver conservato il suo originario angolo spin-orbita (vedi [32]). Dalle relazioni girocronologiche di Barnes si ottiene una stima dell'età di 1.02 Gyr.

54) WASP-66 b. E' un pianeta di massa 2.31M

J

e di periodo orbitale di 4.09 d, la stella ospitante è di tipo F4 ed ha un periodo di rotazione di 4.90 ± 1.79 (vedi [16]). Dalle relazioni girocronologiche di Barnes si ottiene una stima dell'età di 1.18 Gyr.

60) WASP-79 b. WASP-79 b è un pianeta gioviano di periodo orbitale pari a 2.66 d che orbita attorno a una stella con periodo di rotazione di 4.00 ± 1.20 d (vedi [33]). L'orbita di WASP-79 b è fortemente disallineata rispetto all'equatore stellare, ovvero quasi polare (vedi [1]).

62) XO-3 b. XO-3 b si trova nella costellazione Camelopardalis, è un piane- ta molto massiccio (13.25 ± 0.64M

J

), a tal punto che può essere considerato una nana bruna, con un breve periodo pari a 3.2 d, la stella ospitante è di tipo F5 V con periodo di rotazione di 3.73 ± 0.60 d (vedi [18]). Un aspetto interessante di XO-3 b è la sua signicativa eccentricità, e = 0.260 ± 0.017, dal momento che per i pianeti con periodo orbitale simile a XO-3 b si crede che l'orbita debba essere resa circolare dagli eetti mareali (vedi [11]).

4.3 Risonanze spin-orbita 2:1

12) CoRoT-23 b. E' un pianeta di massa pari a 2.8M

J

con periodo orbita-

le di 3.63 d, la sua stella ospitante è di tipo G0 ed ha un periodo di rotazione

di 9.20 ± 2.01 d. Una caratteristica particolare di questo pianeta è la sua alta

eccentricità, e = 0.16. CoRoT-23 b rappresenta un'eccezione, infatti la maggior

parte dei pianeti gioviani caldi sono caratterizzati da una bassa eccentricità data

dalla circolarizzazione dovuta all'interazione mareale tra il pianeta e la stella, o

più precisamente è dovuta alle forze di marea che vengono prodotte o sul pianeta

o durante la fase della sua migrazione, poiché anche il disco tende ad attenuare

l'eccentricità (vedi [31]). Dalle relazioni girocronologiche di Barnes si ottiene una

(38)

stima dell'età di 0.14 Gyr.

15) HAT-P-6 b. Questo pianeta ha una massa pari a 1.06M

J

, orbita attorno ad una stella luminosa di tipo F con un periodo orbitale pari a 3.85 d. Il periodo di rotazione della stella è invece di 9.00±2.25 d. L'orbita del pianeta è essenzialmente circolare (vedi [26]). E' poi stato osservato che l'orbita di HAT-P-6 b è retrograda:

la rotazione del pianeta è opposta a quella della stella ospitante (vedi [13]). Dalle relazioni girocronologiche di Barnes si ottiene una stima dell'età di 4.12 Gyr.

29) WASP-31 b. Questo pianeta ha una massa di 0.48M

J

e un periodo orbi- tale pari a 3.4 d. La stella ospitante, di tipo spettrale F7-8, ha invece un periodo di rotazione pari a 7.90 ± 1.49 d. I dati raccolti con il metodo della velocità radiale pongono un limite superiore ristretto all'eccentricità di Wasp-31 b: e < 0.13 (vedi [2]). L'orbita appare quindi circolarizzata. Dalle relazioni girocronologiche di Bar- nes si ottiene una stima dell'età di 0.93 Gyr.

50) WASP-61 b. WASP-61 b è un pianeta di massa 2.1M

J

e di periodo or- bitale pari a 3.86 d, la stella ospitante è di tipo F7 ed ha un periodo di rotazione pari a 6.30±1.53 d (vedi [16]). Dalle relazioni girocronologiche di Barnes si ottiene una stima dell'età di 0.60 Gyr.

63) XO-4 b. Questo pianeta ha una massa di 1.60M

J

ed un periodo orbitale pari a 4.13 d, la sua stella ospitante è di tipo F5V ed ha un periodo di rotazione pari a 8.10 ± 2.03 d. Il periodo di rotazione stellare è il doppio del periodo orbitale del pianeta: esiste quindi una risonanza spin-orbita di tipo 2:1 (vedi [23]).

4.4 Alcune considerazioni sui dati raccolti da terra

Di seguito sono presentate alcune osservazioni inerenti ai dati dei pianeti identi- cati da terra.

- Si può osservare che solo nei sistemi in cui i pianeti gioviani orbitano attorno a stelle calde, soprattutto di tipo F, c'è una risonanza spin-orbita. L'assenza di questa risonanza nei sistemi contenenti stelle più fredde suggerisce che i pianeti gioviani interagiscano eettivamente solo con stelle più calde. Ciò conferma quanto suggerito da [32].

- La maggior parte dei pianeti che sono risultati essere in risonanza sono anche

quelli per cui la stima dell'età della stella è risultata essere maggiore della

(39)

4.5. INTERAZIONI MAREALI DEI PIANETI RIVELATI DA KEPLER 35 media del campione. Questo può indicare che la probabilità di risonanza spin- orbita aumenti all'aumentare dell'età del sistema, come atteso dalla teoria. I pianeti massicci che non risultano in risonanza, come ad esempio CoRoT-14 b, dalle stime fatte sull'età tramite la relazione girocronologica di Barnes sono risultati essere più giovani della media. Ciò potrebbe signicare che potrebbero entrare in risonanza al raggiungimento di un'età maggiore.

- I sistemi in risonanza sono anche quelli in cui l'orbita planetaria è quasi circolare, eetto dovuto all'interazione mareale.

4.5 Possibili interazioni mareali dei pianeti rivelati da Kepler

La gura 1.7 riporta i pianeti identicati dal satellite Kepler, ordinati in ascissa secondo il periodo orbitale (espresso in giorni), e in ordinata secondo il periodo di rotazione della stella ospitante (espresso in giorni), in accordo con i dati riportati in tabella 3.2.

Dalla gura 4.1 emerge la presenza di alcuni sistemi in risonanza spin-orbita 1:1 e 2:1. Di seguito è riportata una breve descrizione per ciascuno di essi.

4.6 Risonanze spin-orbita 1:1

10) Kepler-26 c. Kepler-26 c fa parte di un sistema di pianeti multipli insieme a Kepler-26 b, Kepler-26 d e Kepler-26 e. Ha un raggio pari a 2.82 ± 0.43 R

E

ed un periodo orbitale di 17.25 d mentre la stella attorno a cui orbita ha un periodo di rotazione di 17.92±1.80 d. L'età stimata per la stella è di circa 0.33 Gyr. Kepler-26 b e Kepler-26 c si trovano vicino ad una risonanza di moto medio di 3:2 (vedi [35]).

11) Kepler-27 b. Kepler-27 b è il pianeta più interno di un sistema di pianeti multipli di cui fa parte anche Kepler-207 c. Ha un raggio pari a 4.94 ± 0.23 R

E

ed un periodo orbitale di 15.34 d mentre la stella attorno a cui orbita ha un perio- do di rotazione di 14.74 ± 1.49 d. L'età stimata è di circa 0.55 Gyr. Kepler-27 b e Kepler-27 c si trovano un una lieve risonanza di moto medio di circa 2:1 (vedi [35]).

14) Kepler-50 b. Questo pianeta ha un raggio pari a 1.54 ± 0.03 R

E

ed un

periodo orbitale di 7.81 d mentre la stella attorno a cui orbita ha un periodo di ro-

tazione di 7.55±1.51 d. E' quindi evidente una risonanza spin-orbita 1:1. Kepler-50

b appartiene ad un sistema in cui si trova anche un altro pianeta esterno, Kepler-50

c. I due pianeti si trovano in una risonanza di moto medio di 6:5 (vedi [36]). L'età

(40)

Figura 4.2: Periodo di rotazione stellare vs Periodo orbitale del pianeta. Il raggio dei cerchi è in scala con il reale raggio del pianeta. Le due rette rappresentano risonanze spin-orbita 1:1 e 2:1.

stimata tramite le formule di Barnes è di circa 0.97 Gyr.

23) Kepler-96 b. Kepler-96 b è un pianeta di raggio pari a 2.27 ± 0.26 R

E

ed un periodo orbitale di 16.24 d mentre la stella attorno a cui orbita ha un periodo di rotazione di 14.92±1.58 d. L'età stimata è di circa 1.13 Gyr. Un'analisi dettagliata del periodo di rotazione (dalla fotometria di Kepler) e dell'allargamento Doppler rotazionale (v sin i), indica che la stella potrebbe essere orientata rivolgendo quasi il polo verso l'osservatore, e c'è quindi un disallineamento spin-orbita (vedi[22]).

27) Kepler-131 b. Kepler-131 b è il pianeta più interno di un sistema di pia-

neti multipli di cui fa parte anche Kepler-131 c. Ha un raggio pari a 1.98 ± 0.22

R

E

ed un periodo orbitale di 16.09 d mentre la stella attorno a cui orbita ha un

periodo di rotazione di 17.52 ± 1.87 d. L'età stimata è di circa 1.57 Gyr.

(41)

4.7. RISONANZE SPIN-ORBITA 2:1 37 31) Kepler-159 b. Kepler-159 b è il pianeta più interno di un sistema di pianeti multipli di cui fa parte anche Kepler-159 c. Kepler-159 b ha un raggio pari a 1.87 ± 0.22 R

E

ed un periodo orbitale di 10.14 d mentre la stella attorno a cui orbita ha un periodo di rotazione di 10.47±1.05 d. L'età stimata è di circa 0.17 Gyr.

38) Kepler-204 b. Kepler-204 b è il pianeta più interno di un sistema di pia- neti multipli di cui fa parte anche Kepler-204 c. Ha un raggio pari a 2.23 ± 0.57 R

E

ed un periodo orbitale di 14.40 d mentre la stella attorno a cui orbita ha un periodo di rotazione di 16.93 ± 3.32 d. L'età stimata è di circa 1.67 Gyr.

45) Kepler-229 c. Kepler-229 c fa parte di un sistema di pianeti multipli insieme a Kepler-229 b e a Kepler-229 d. Ha un raggio pari a 5.27 ± 0.64 R

E

ed un periodo orbitale di 16.06 d mentre la stella attorno a cui orbita ha un periodo di rotazione di 15.94 ± 2.21 d. L'età stimata è di circa 0.60 Gyr.

48) Kepler-252 c. Kepler-252 c fa parte di un sistema di pianeti multipli insieme a Kepler-252 b . Ha un raggio pari a 2.38 ± 0.36 R

E

ed un periodo orbi- tale di 10.85 d mentre la stella attorno a cui orbita ha un periodo di rotazione di 11.05 ± 1.11 d. L'età stimata è di circa 0.17 Gyr.

60) Kepler-331 b. Kepler-331 b è il pianeta più interno di un sistema di pia- neti multipli di cui fanno parte anche Kepler-331 c e Kepler-331 d. Kepler-331 b ha un raggio pari a 1.99 ± 0.17 R

E

ed un periodo orbitale di 8.46 d mentre la stella attorno a cui orbita ha un periodo di rotazione di 8.66 ± 0.86 d. L'età stimata è di circa 0.11 Gyr.

67) Kepler-352 b. Kepler-352 b è il pianeta più interno di un sistema di pia- neti multipli di cui fa parte anche Kepler-352 c. Ha un raggio pari a 1.25 ± 0.17 R

E

ed un periodo orbitale di 16.33 d mentre la stella attorno a cui orbita ha un periodo di rotazione di 15.98±1.61 d. L'età stimata per la stella è di circa 0.79 Gyr.

4.7 Risonanze spin-orbita 2:1

6) Kepler-75 b. Kepler-75 b è un pianeta massiccio di raggio pari a 11.02±0.63

R

E

e periodo orbitale di 8.88 d mentre la stella attorno a cui orbita è di tipo G8V

ed ha un periodo di rotazione di 19.38 ± 1.97 d. Il pianeta si trova in un'orbita di

bassa eccentricità e si trova in un regime per cui le forze di marea sono sucienti

per spiegare la circolarizzazione. L'interazione mareale può portare o ad un moto

a spirale del pianeta nella stella seguito da una collisione, oppure ad un'evoluzione

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