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Camera Penale di Pescara

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Academic year: 2022

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Camera Penale di Pescara

aderente all’Unione Camere Penali Italiane

Gruppo di Studio e Ricerca Scuola di Formazione e Qualificazione dell’Avvocato Penalista XV CORSO DI FORMAZIONE DEL PENALISTA

Dicembre 2019 - Giugno 2021

Lezione del 15/10/2021:

Materia: Diritto Processuale Penale Relatore: Avv. Clara Veneto

Tutor: Avv. Roberto Mariani

Compilatrice scheda: Avv. Alessandra Pavone

SCHEDA DIDATTICA LE MISURE DI PREVENZIONE

NORMATIVA DI RIFERIMENTO

• L. 75/1965

• L. 152/1975

• L. 646/82

• L. 109/96

• L. 125/2008

• D. Lgs 159/2011

• Legge 17 ottobre 2017, n. 161

DOTTRINA

• Fiandaca, voce Misure di prevenzione Dig. Disc. Pen. Vol. VIII, Torino 19954, 123

• Petrini cit., 294-295; Manna, Imputabilità, pericolosità e misure di sicurezza: verso quale riforma? 1994, 1426 ss

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• R. GUERRINI-L. MAZZA-S. RIONDATO, Le misure di prevenzione. Profili sostanziali e processuali, 2a ed., Padova, 2004, p. 186

• Manuale di Diritto Penale – R. Pezzano

PREMESSA

Per comprendere appieno l’istituto delle Misure di Prevenzione, occorre in primo luogo precisare che le stesse, c.d. ante delictum o praeter delictum, sono adottate in base a meri indizi o sospetti ed assolvono, quindi, ad una speciale funzionale specialpreventiva.

Esse infatti, seppure prive della soluzione penale, incidono sulla libertà della persona agevolando il controllo e la vigilanza degli organi preposti a prevenire la commissione di reati.

SCOPO PRIMARIO: l’esigenza di tutela della sicurezza indipendentemente dalla commissione del reato.

Consistono, infatti, in provvedimenti sanzionatori diretti ad evitare la commissione di reati da parte di soggetti considerati socialmente pericolosi.

A differenza delle misure di sicurezza, esse non presuppongono la commissione di un reato, ma hanno lo scopo di prevenirlo, arginando la pericolosità sociale di determinate categorie di individui; per la loro applicazione è sufficiente la semplice esistenza di un indizio a carico del soggetto.

Sono divenute istituto principalmente diretto a contenere la criminalità organizzata.

Risulta così evidente che le misure di prevenzione non hanno in realtà una funzione puramente preventiva, bensì repressiva della sospettata partecipazione all’associazione criminale o degli indizi di reità, per i quali, non essendovi la prova per la condanna penale, è prevista la sanzione della misura di prevenzione personale e/o patrimoniale.

In altri termini, poiché non vi è la prova per condannare, si sottopone il soggetto alla sorveglianza speciale di pubblica sicurezza e/o alla confisca.

A ben vedere, dunque, le misure c.d. di prevenzione non sono, in realtà, sine o praeter delictum, ma, più esattamente, sine o praeter probationem delicti: esse hanno cioè come presupposto la partecipazione di un soggetto ad un’associazione di tipo mafioso o equiparata ovvero la sussistenza di indizi relativi a determinati delitti, che solo l’insufficienza della prova impedisce di attribuire alla responsabilità penale del prevenuto, ma che l’ordinamento sanziona con il succedaneo o surrogato della misura di prevenzione.

Ancora più gravi sono le conseguenze allorché sia intervenuta condanna per il delitto di associazione mafiosa o similare ovvero per gli altri delitti indicati all’art. 4, Codice delle leggi antimafia perché in tal caso l’ordinamento sanziona due volte, per lo stesso fatto, il soggetto:

una volta, con il processo penale, ed un’altra, col procedimento di prevenzione, senza che sia opponibile alcun ne bis in idem.

A questo punto quindi, occorre precisare che Misure di Prevenzione e Misure Cautelari, seppure apparentemente affini, hanno funzioni differenti: l’applicazione di una misura di prevenzione personale incrementa la possibilità, favorita dal trattamento rieducativo individualizzato, che

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intervengano modifiche nell'atteggiamento del soggetto nei confronti di valori della convivenza civile; la sottoposizione a misura cautelare personale, sia essa detentiva o non detentiva, invece, non consente di ritenere superata o attenuata la presunzione di attualità della pericolosità sociale emessa in sede di applicazione, ma si pone, in realtà, come indiretta conferma della valutazione stessa, avuto riguardo alla ritenuta sussistenza di esigenze cautelari riferibili anche alla personalità dell'indagato e al concreto rischio di commissione di gravi reati (Cass., Sez. II, 30 gennaio 2020, n. 7580; Cass., Sez. VI, 1° febbraio 2017, n. 10931).

Segnatamente, non sussiste alcuna incompatibilità, in senso assoluto, tra misure di prevenzione e misure cautelari e, eventualmente, tale incompatibilità deve essere verificata, caso per caso, e può sussistere solo quando siano incompatibili le rispettive modalità di esecuzione (Cass., Sez.

I, 29 novembre 1999, n.6582, Spinelli, Rv. 215222).

Proprio per giustificare i risultati spesso contraddittori del procedimento di prevenzione rispetto al procedimento penale, la giurisprudenza ha, da sempre, affermato la completa autonomia tra il procedimento penale e quello di prevenzione, facendone discendere una serie di corollari, per cui non vi sarebbe incompatibilità logica tra le misure di prevenzione e le misure cautelari e nemmeno con le misure di sicurezza detentive o la libertà vigilata.

È, invece, contrastante la giurisprudenza sulla compatibilità tra le misure di prevenzione personale e quelle alternative alla detenzione, facendosi osservare che, mentre le prime poggiano sul timore per la commissione di futuri reati, le seconde si basano, al contrario, sull’assenza di pericolo di recidiva.

Tale autonomia porta talvolta al risultato che, sulla base degli stessi fatti, si addivenga ad un’assoluzione in sede penale ed all’applicazione della misura di prevenzione.

Cass., Sez. V, 16 maggio 2014, dep. 22 luglio 2014, n. 32353, Grillone, Rv. 260482

“ai fini della formulazione del giudizio di pericolosità, funzionale all'adozione di misure di prevenzione ai sensi della legge n. 575 del 1965, è legittimo avvalersi di elementi di prova e/o indiziari tratti da procedimenti penali, benché non ancora conclusi, e, nel caso di processi definiti con sentenza irrevocabile, anche indipendentemente dalla natura delle statuizioni terminali in ordine all'accertamento della penale responsabilità dell'imputato, sicché anche una sentenza di assoluzione, pur irrevocabile, non comporta la automatica esclusione della pericolosità sociale”

Cass., Sez. I, 11 novembre 2014 – 12 gennaio 2015, n. 921

“il procedimento di prevenzione è del tutto autonomo da quello penale, diversi essendo l’oggetto dell’accertamento (che nel primo è costituito dalla pericolosità del soggetto, desunta da circostanze specifiche, indicative), gli strumenti dell’accertamento (la individuazione di circostanze specifiche aventi rilevanza indiziante della pericolosità), e la finalità del procedimento (che nel giudizio di prevenzione è quella di garantire la sicurezza collettiva, individuando e sottoponendo a misure le persone pericolose e non la repressione punitiva per i fatti-reato accertati”

CONCETTO DI PERICOLOSITÀ SOCIALE

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L’irrogazione delle misure di prevenzione è costituito dalla pericolosità per la sicurezza pubblica delle persone nei confronti delle quali tali misure vengono applicate. In altre parole, la particolarità del giudizio di prevenzione attiene proprio alla valutazione della pericolosità sociale del soggetto proposto, in ciò sostanziandosi - come si è già accennato - la netta distinzione rispetto al processo penale, che al contrario mira all’accertamento della responsabilità in merito a un determinato fatto-reato.

Siffatto concetto di pericolosità, però, è stato variamente definito dalla dottrina e l’attività ermeneutica sviluppatasi intorno a esso si è inevitabilmente intrecciata con la correlata nozione di sicurezza pubblica. Nel nostro ordinamento giuridico la nozione di pericolosità sociale ha fatto ingresso con il codice penale del 1930, ove il Legislatore ha enucleato il concetto in esame attraverso l'introduzione del c.d. sistema del doppio binario. Con tale sistema da un lato si sono mantenuti immutati il criterio dell’imputabilità e la finalità specifica della pena retributiva, collegata alla colpevolezza dell'agente, e dall'altro lato si è accettato il principio della pericolosità quale presupposto per l'applicazione delle misure di sicurezza, aventi funzione di prevenzione speciale e applicabili sia ai soggetti imputabili che a coloro che imputabili non sono.

La pericolosità sociale oggetto di codificazione attiene, quindi, all'applicazione delle misure di sicurezza, costituendone un presupposto indispensabile, e non della pena. Essa, peraltro, connota il soggetto in maniera non permanente, essendo previsto dallo stesso codice (art. 208 c.p.) il riesame della condizione di pericolosità: infatti, il giudizio di pericolosità sociale è soggetto all'implicita clausola rebus sic stantibus, essendo passibile di modifiche al variare delle condizioni personali e sociali del soggetto. Sul punto, quindi, a seguito della codificazione della nozione di pericolosità sociale, gli operatori del diritto si sono chiesti se tra la pericolosità per la sicurezza pubblica richiesta per l’applicazione delle misure di prevenzione, e pericolosità sociale, presupposto indefettibile delle misure di sicurezza e oggetto di espressa previsione codicistica, esista una sostanziale differenza o se invece si tratti di un concetto unitario.

Su tale questione, la Corte costituzionale, pur ponendo in rilievo la netta differenziazione - per struttura, settore di competenza, campo e modalità di applicazione - tra le misure di sicurezza e le misure di prevenzione, ha espressamente riconosciuto il “fondamento comune e la comune finalità” tra le misure di sicurezza e quelle di prevenzione, consistente nella “esigenza di prevenzione di fronte alla pericolosità sociale del soggetto” (sentenza n. 68 del 30 giugno 1964).

La giurisprudenza della Corte di Cassazione, invece, ha fatto riferimento alla pericolosità sociale in senso lato e, da diversi anni, utilizza costantemente il termine pericolosità sociale senza altra aggettivazione, per indicare la pericolosità richiesta per l'applicazione di una misura di prevenzione. In alcuni casi, addirittura, si è utilizzata una generica situazione di pericolosità senza nemmeno la qualificazione di sociale, ritenendosi implicita, quindi, anche tale qualificazione (tra le più recenti: Cass., Sez. VI, 20 gennaio 2010, Rv. 246682; Sez. I, 15 giugno 2005 n. 3326, Libri; Sez. V, 23 giugno 2004 n. 2709, Amoruso). In generale, la giurisprudenza della Suprema Corte di cassazione richiede, per l’irrogazione di misure di prevenzione personali, L’ACCERTAMENTO DI CONDOTTE CERTE E PREVEDIBILI, evocando, in alcuni casi, anche la commissione di un delitto vero e proprio.

Inoltre, per costante orientamento della Corte di legittimità, la valutazione della sussistenza o meno delle pericolosità sociale – funzionale all’applicazione delle misure di prevenzione – va operata sulla base di idonei elementi di fatto (ivi compreso il riferimento alla condotta e la tenore di vita); presuppone, ancora, che nel procedimento di prevenzione si effettuino le seguenti verifiche (il cui esito positivo conduce all’applicazione della misura di prevenzione):

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a) la realizzazione di attività delittuose (si esclude pertanto la commissione di fattispecie contravvenzionali) non episodica, ma almeno caratterizzante un significativo intervallo della vita del soggetto proposto;

b) la realizzazione di attività delittuose che, oltre ad avere le caratteristiche testé indicate, siano produttive di reddito illecito (il provento);

c) la destinazione, almeno parziale, di tali proventi al soddisfacimento dei bisogni di sostentamento della persona e della sua eventuale famiglia (si veda sul punto Cass. Pen.

Sez. I, 24 marzo 2015, n. 31209, Scagliarini, in CED Cass. Rv. 264321 e conforme anche Cass.

Pen. Sez. I, 11 giugno 2015, n. 43720, Pagone).

In sostanza, nella prospettiva della Corte di Cassazione ciò che è importante è l'esistenza di una situazione complessa, avente "un connotato di durata" e rivelatrice di un particolare sistema di vita del soggetto, che desta allarme per la sicurezza pubblica.

La valutazione di tale “pericolosità” (attuale) consiste in una “valutazione articolata, su piani differenziati di apprezzamento, di plurime condotte soggettive, non necessariamente inquadrabili in parametri penalistici ma certamente rivelatoci di pericolosità sociale” (Cass., S.

U., 25 ottobre 2007, n. 10281). In tal senso milita una recente pronuncia con cui la suprema Corte ha ritenuto che la valutazione della condizione in esame non consista in una mera valutazione di pericolosità soggettiva, ma si fondi sull'apprezzamento di “fatti” storicamente apprezzabili e costituenti a loro volta "indicatori" della possibilità di iscrivere il soggetto proposto in una delle categorie criminologiche previste dalla legge. Conseguentemente, nella prospettiva della Corte di Cassazione, un individuo “coinvolto in un procedimento per l'applicazione di una misura di prevenzione” non veniva giudicato “colpevole” o “non colpevole”

in ordine alla realizzazione di un fatto specifico, ma viene ritenuto "pericoloso" o "non pericoloso" in rapporto al suo precedente agire (per come ricostruito attraverso le diverse fonti di conoscenza), elevato ad "indice rivelatore" della possibilità di compiere future condotte perturbatrici dell'ordine sociale costituzionale o dell'ordine economico e ciò in rapporto all'esistenza di precise disposizioni di legge che "qualificano" le diverse categorie di pericolosità (Cass. Sez. I, 11 febbraio 2014, n. 23641).

In sintesi, alla luce dell’evoluzione normativa, nonché dei contributi offerti da dottrina e giurisprudenza, costituisce dato ormai pacifico che tra i presupposti del giudizio di prevenzione debba esservi la pericolosità per la sicurezza pubblica intesa, in considerazione delle esigenze di prevenzione speciale cui sono ispirate le misure di prevenzione personale (C. Cost., sent. 30 giugno 1964, n. 68, in Giur. It., 1964, I, 1, c. 1279), come pericolosità in senso lato, ricomprendendovi anche l'accertata predisposizione al delitto, pur in assenza di prova di consumazione, da parte del soggetto, di fatti penalmente rilevanti (tra le altre: Cass. Sez. I, 29 aprile 1986, Cucinella, in Cass. pen., 1987, p. 1817, n. 1541; Sez. I, 21 aprile 1986, Gavioli, ivi, 1987, p. 1456, n. 1182).

Tuttavia, ai fini dell’applicazione delle misure in esame è sì necessario che sussista la c.d.

pericolosità sociale, ma ciò non è da solo sufficiente. Detta pericolosità, infatti, deve anche essere attuale: occorre, in altri termini, che si tratti di pericolosità non potenziale ma concreta, attuale e specifica, desunta da fatti e comportamenti accertati al momento in cui la misura deve essere applicata (C. Cost., sentenza 17 marzo 1969 n. 32, in Giur. It., 1969, I, 1, c. 1014; ord. 12 novembre 1987 n. 384; Cass. Sez. Un., 25 marzo 1993, Tumminelli, in Cass.

Pen., 1993, p. 2491, n. 1490; nonché Sez. I, 3 febbraio 1992, Ubaldini, ivi, 1993, p. 1219, n. 766).

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Deve essere, peraltro, sottolineato che l'attualità della pericolosità può essere desunta anche da fatti remoti, purché gli stessi siano univoco indice della persistenza del comportamento antisociale (Cass. Sez. I, 31 gennaio 1992, Triboli, in Cass. Pen., 1993, p. 928, n. 598; Sez. I, 28 febbraio 1991, Garofano, ivi, 1991, p. 1830, n. 1390); è peraltro evidente che quanto più tali elementi siano lontani nel tempo rispetto al momento in cui deve essere formulato il giudizio, tanto più è doverosa e necessaria, in mancanza di ulteriori comportamenti “sintomatici”, la puntuale esplicitazione delle ragioni che fanno ritenere che gli effetti di tali elementi incidano sulla valutazione della personalità del soggetto, così da poter ritenere accertata l'attualità della pericolosità (Cass. Sez. VI, 26 aprile 1995, Guzzino, in Cass. Pen., 1996, p. 925, n. 546).

In buona sostanza, quindi, il giudizio di pericolosità deve essere formulato in termini di stretta attualità: infatti la pericolosità sociale riguarda una valutazione di natura prognostica in ordine alla probabilità che il soggetto proposto commetta in futuro condotte delittuose, ovvero fatti che comunque possano mettere in pericolo l'ordine e la sicurezza pubblica di una comunità di persone. Proprio perché si tratta di un giudizio prognostico, quindi, la valutazione sulla pericolosità sociale non può prescindere dalla verifica sull’attualità del pericolo medesimo. Del resto, è consolidata in giurisprudenza l’impossibilità di desumere la pericolosità attuale da fatti lontani nel tempo, ancorché accompagnati da informazioni negative della polizia, qualora essi non pongano in rilievo ulteriori e specifici elementi tali da far risultare l’attualità del pericolo di turbamento della sicurezza pubblica ad opera del proposto (Cass. Sez. I, 31 gennaio 1992, Triboli, in Cass. Pen., 1993, p. 928, n. 598). Sarebbero, pertanto, quasi irrilevanti le pregresse manifestazioni di pericolosità qualora non sussistano, al momento dell’applicazione della misura, sintomi rivelatori della persistenza del soggetto in comportamenti antisociali che impongano una particolare vigilanza; essendo – in altri termini – le misure di prevenzione dirette a neutralizzare una pericolosità immanente, ne deriva che per la loro applicazione non è sufficiente fare riferimento soltanto a fatti ormai decorsi, soprattutto quando il lasso di tempo trascorso sia notevole (in tal senso: Cass., Sez.I, 28 febbraio 1991, Garofalo).

Cass., Sez. VI, n. 50128 del 11/11/2016, Rv. 268215

“in tema di misure di prevenzione personali, la valutazione del requisito di attualità della pericolosità sociale deve essere effettuata per tutte le categorie dei soggetti indicati nell'art. 4 D.Lgs. n. 159 del 2011, che possono essere assoggettati a misure di prevenzione personali, con la conseguenza che, non essendo ammissibile una presunzione di pericolosità derivante esclusivamente dall'esito di un procedimento penale, è onere del giudice verificare in concreto la persistenza della pericolosità del proposto, specie nel caso in cui sia decorso un apprezzabile periodo di tempo tra l'epoca dell'accertamento in sede penale e il momento della formulazione del giudizio sulla prevenzione”

Su tale scia la giurisprudenza ha, poi, individuato tra i fatti concretamente accertati in base ai quali formulare il giudizio di pericolosità nel procedimento di prevenzione sia quelli che rilevano come circostanze di per se stesse significative, sia quelli che hanno un sicuro valore sintomatico: tra i primi possono essere annoverati i precedenti penali e giudiziari del proposto, gli elementi desumibili dai procedimenti penali, anche se non ancora conclusi con decisione irrevocabile ovvero in quella sede non ritenuti sufficienti per l'affermazione della responsabilità penale; tra i secondi vanno annoverati, a titolo di esempio, l’abituale compagnia di pregiudicati e/o di soggetti sottoposti a misure di prevenzione, la mancanza di uno stabile lavoro in rapporto al tenore di vita, nonché l'improvviso ingiustificato arricchimento (tra le

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altre decisioni: Cass. Sez. V, 14 dicembre 1998, Musso, in Cass. pen., 1999, p. 2675, n. 1343; Sez.

I, 8 marzo 1994, Scaduto, ivi, 1995, p. 1358, n. 821).

Inoltre, si è costantemente affermato in giurisprudenza, che nel corso del giudizio di prevenzione il giudice di merito, per esprimere il proprio giudizio circa la pericolosità ai fini dell’adozione di misure di prevenzione, è legittimato a servirsi di elementi di prova e/o indiziari tratti da procedimenti penali, anche se non ancora conclusi e, nel caso di procedimenti definiti con sentenza irrevocabile, anche indipendentemente dalla natura delle statuizioni terminali in ordine all’accertamento della penale responsabilità dell’indagato. Tale potestà incontra, però, due limiti precisi: per un verso, il giudizio deve essere fondato su indizi (cioè su elementi certi, dai quali possa legittimamente farsi discendere l’affermazione dell’appartenenza alle categorie normativamente previste e, quindi, dell’esistenza della pericolosità, sulla base di un ragionamento immune da vizi logici) e, per un altro verso, i detti indizi non devono essere necessariamente gravi, precisi e concordanti (in tema di associazione mafiosa, così Cass. Pen.

Sez. I, 21 gennaio 1999, Piromalli).

Del resto, la giurisprudenza di legittimità ha ripetutamente escluso che gli indizi dai quali desumere la pericolosità sociale, presupposto indispensabile per l’applicazione di una misura di prevenzione personale, debbano avere i requisiti richiesti dall’art. 192, comma 2, c.p.p. (tra le tante, Cass., Sez. VI, 10 settembre 1992, Longordo; 4 febbraio 1994, Cartagine; Sez. VI, 7 aprile 1997, Crimi; Sez. VI, 19 gennaio 1999, Consolato). Peraltro, occorre sottolineare che secondo un altro filone, seguito dalla giurisprudenza di legittimità già anteriormente al Codice Antimafia, non possono considerarsi certi ai fini dell’irrogazione di una misura di prevenzione indizi che siano già stati radicalmente smentiti in sede penale, poiché il giudice della prevenzione non può prescindere dal considerare gli eventuali accertamenti emersi in sede penale, pur avendo il potere di valutare autonomamente la valenza di un indizio nel quadro ricostruttivo della pericolosità sociale (così Cass. Pen. Sez. I, 26 aprile 1995 n. 924, Guzzino). Ne consegue che l’assoluzione in sede penale, pur se irrevocabile, non comporta l’automatica esclusione della pericolosità sociale del proposto, qualora la valutazione della pericolosità “sia stata effettuata in base ad elementi distinti, anche se desumibili dai medesimi fatti storici venuti in rilievo nella sentenza di assoluzione” con possibilità di desumere l’appartenenza a una delle categorie di legge sia “dagli stessi fatti storici in ordine ai quali è stata esclusa la configurabilità di illiceità, penale” sia da altri fatti, “acquisiti o autonomamente desunti nel giudizio di prevenzione” (così Cass., Sez. Un., 3 luglio 1996, Simonelli).

Si deve, in conclusione, osservare come la regola di autonomia tra processo penale e di prevenzione sia tendenzialmente oscillante tra due poli attrattivi, ora protèsi ad accentuare i profili di separazione, così ammettendo applicazioni della misura di prevenzione personale/patrimoniale anche in ipotesi di assoluzione nel giudizio penale, ora invece volti a ricondurre a coerenza il sistema e a dettare le condizioni affinché si debba escludere la misura di prevenzione al cospetto d’un verdetto assolutorio penale.

Cassazione penale sez. II, 26/02/2021, n.13634

“Ai fini del giudizio di pericolosità "generica", ai sensi dell'art. 1, lett. b), d.lg. 6 settembre 2011, n. 159, il tenore di vita costituisce indicatore significativo delle capacità economiche del soggetto e deve essere ricostruito sulla base di precisi elementi di fatto – quali il possesso di beni, le spese necessarie al godimento e utilizzazione di quei beni, la propensione a specifiche

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categorie di consumi – per poter apprezzare l'incidenza dei proventi delle attività delittuose nel costituire unica, o rilevante, fonte di sostentamento del proposto.”

Cassazione penale sez. I, 28/01/2021, n.27366

“In tema di misure di prevenzione patrimoniale, con riferimento alla c.d. pericolosità generica di cui all'art. 1, comma 1, lett. b) del d.lgs. 6 settembre 2011, n. 159, la necessità di correlazione temporale tra pericolosità sociale del proposto ed acquisto dei beni presuppone l'accertamento del compimento di attività delittuose capaci di produrre reddito e non già di condotte genericamente devianti o denotanti un semplice avvicinamento a contesti delinquenziali.”

Cassazione penale sez. I, 28/01/2021, n.27366

“In tema di misure di prevenzione patrimoniale, con riferimento alla c.d. pericolosità generica di cui all'art. 1, comma 1, lett. b) del d.lgs. 6 settembre 2011, n. 159, la necessità di correlazione temporale tra pericolosità sociale del proposto ed acquisto dei beni presuppone l'accertamento del compimento di attività delittuose capaci di produrre reddito e non già di condotte genericamente devianti o denotanti un semplice avvicinamento a contesti delinquenziali.”

MISURE DI PREVENZIONI PERSONALI APPLICATE DAL QUESTORE

Art. 1 D. Lgs 159/2011 Soggetti Destinatari

1. I provvedimenti previsti dal presente capo si applicano a:

a) coloro che debbano ritenersi, sulla base di elementi di fatto, abitualmente dediti a traffici delittuosi;

b) coloro che per la condotta ed il tenore di vita debba ritenersi, sulla base di elementi di fatto, che vivono abitualmente, anche in parte, con i proventi di attività delittuose;

c) coloro che per il loro comportamento debba ritenersi, sulla base di elementi di fatto (comprese le reiterate violazioni del foglio di via obbligatorio di cui all'articolo 2, nonchè dei divieti di frequentazione di determinati luoghi previsti dalla vigente normativa), che sono dediti alla commissione di reati che offendono o mettono in pericolo l'integrità fisica o morale dei minorenni, la sanità, la sicurezza o la tranquillità pubblica.

Art. 2 D. Lgs 159/2011 Foglio di via obbligatorio

1. Qualora le persone indicate nell'articolo 1 siano pericolose per la sicurezza pubblica e si trovino fuori dei luoghi di residenza, il questore può rimandarvele con provvedimento motivato e con foglio di via obbligatorio, inibendo loro di ritornare, senza preventiva autorizzazione ovvero per un periodo non superiore a tre anni, nel comune dal quale sono allontanate.

T.A.R. Palermo, (Sicilia) sez. I, 23/07/2021, n.2317

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“Il provvedimento questorile del foglio di via obbligatorio deve fondarsi su circostanze concrete che, se considerate nel complesso, debbono essere significative e concludenti ai fini del giudizio di pericolosità sociale del destinatario del provvedimento. Il foglio di via obbligatorio è infatti diretto a prevenire reati socialmente pericolosi, non già a reprimerli, e pertanto, benché non occorra la prova della avvenuta commissione di reati, è richiesta dalla giurisprudenza amministrativa una motivata indicazione dei comportamenti e degli episodi, desunti dalla vita e dal contesto socio ambientale dell'interessato, da cui oggettivamente emerga una apprezzabile probabilità di condotte penalmente rilevanti e socialmente pericolose.”

T.A.R. Ancona, (Marche) sez. I, 27/02/2020, n.143

“Il foglio di via obbligatorio ha l'obiettivo di prevenire reati e non occorre quindi la prova dell'avvenuta commissione degli stessi, in quanto è sufficiente una motivata indicazione dei comportamenti e degli episodi desunti dalla vita e dal contesto socio - ambientale dell'interessato tali da portare ad un giudizio di pericolosità per la sicurezza pubblica a causa di un'oggettiva ed apprezzabile probabilità di commissione degli stessi.”

Art. 3 D. Lgs 159/2011 Avviso Orale

1. Il questore nella cui provincia la persona dimora puo' avvisare oralmente i soggetti di cui all'articolo 1 che esistono indizi a loro carico, indicando i motivi che li giustificano.

2. Il questore invita la persona a tenere una condotta conforme alla legge e redige il processo verbale dell'avviso al solo fine di dare allo stesso data certa.

3. La persona alla quale e' stato fatto l'avviso puo' in qualsiasi momento chiederne la revoca al questore che provvede nei sessanta giorni successivi. Decorso detto termine senza che il questore abbia provveduto, la richiesta si intende accettata. Entro sessanta giorni dalla comunicazione del provvedimento di rigetto e' ammesso ricorso gerarchico al prefetto.

4. Con l'avviso orale il questore, quando ricorrono le condizioni di cui al comma 3, puo' imporre alle persone che risultino definitivamente condannate per delitti non colposi il divieto di possedere o utilizzare, in tutto o in parte, qualsiasi apparato di comunicazione radiotrasmittente, radar e visori notturni, indumenti e accessori per la protezione balistica individuale, mezzi di trasporto blindati o modificati al fine di aumentarne la potenza o la capacita' offensiva, ovvero comunque predisposti al fine di sottrarsi ai controlli di polizia, armi a modesta capacita' offensiva, riproduzioni di armi di qualsiasi tipo, compresi i giocattoli riproducenti armi, altre armi o strumenti, in libera vendita, in grado di nebulizzare liquidi o miscele irritanti non idonei ad arrecare offesa alle persone, prodotti pirotecnici di qualsiasi tipo, nonche' sostanze infiammabili e altri mezzi comunque idonei a provocare lo sprigionarsi delle fiamme, nonche' programmi informatici ed altri strumenti di cifratura o crittazione di conversazioni e messaggi.

5. Il questore puo', altresi', imporre il divieto di cui al comma 4 ai soggetti sottoposti alla misura della sorveglianza speciale, quando la persona risulti definitivamente condannata per delitto non colposo.

6. Il divieto di cui ai commi 4 e 5 e' opponibile davanti al tribunale in composizione monocratica.

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T.A.R. Napoli, (Campania) sez. VI, 03/02/2021, n.715

“I presupposti dell'avviso orale non devono necessariamente consistere nella commissione di reati oggetto di accertamento definitivo, essendo sufficienti anche semplici sospetti basati su elementi di fatto che facciano ragionevolmente ritenere che il soggetto rientri nelle categorie indicate nell'art. 1 del d.lgs. n. 159/2011.”

T.A.R. Torino, (Piemonte) sez. I, 02/12/2020, n.791

“L'avviso orale può essere basato su meri sospetti purché ovviamente sorretti da adeguata motivazione; a differenza di quanto la legge richiede per le ben più invasive misure di prevenzione, la valutazione degli elementi di fatto che devono sorreggere la valutazione sottesa all'avviso orale risulta essere meno stringente, trattandosi di un provvedimento avente natura ed efficacia meramente monitoria ed infraprocedimentale che, come tale, non produce immediatamente effetti riduttivi o compressivi delle libertà individuali, diversamente da quanto accade per le misure di prevenzione; il giudizio sulla pericolosità sociale, che deve precedere il provvedimento di avviso orale, non richiede pertanto la sussistenza di prove compiute sulla commissione di reati, essendo sufficienti anche meri sospetti su elementi di fatto tali da indurre l'Autorità di polizia a ritenere sussistenti le condizioni di pericolosità sociale che possono dar luogo, da parte del giudice, all'applicazione delle misure di prevenzione;

l'autorità amministrativa competente, peraltro, gode di ampia discrezionalità nell'accertamento e nella valutazione dei presupposti richiesti dalla legge (ossia dei sospetti), dovendo il sindacato del giudice amministrativo limitarsi solo ad aspetti di manifesta irragionevolezza od arbitrarietà dell'iter logico seguito dall'amministrazione o della motivazione adottata"

MISURE DI PREVENZIONE PERSONALI APPLICATE DAL L’AUTORITÀ GIUDIZIARIA Art. 4 D. Lgs 159/2011

Soggetti Destinatari

1. I provvedimenti previsti dal presente capo si applicano:

a) agli indiziati di appartenere alle associazioni di cui all'articolo 416-bis c.p.;

b) ai soggetti indiziati di uno dei reati previsti dall'articolo 51, comma 3-bis, del codice di procedura penale ovvero del delitto di cui all'articolo 12-quinquies, comma 1, del decreto-legge 8 giugno 1992, n. 306, convertito, con modificazioni, dalla legge 7 agosto 1992, n. 356, o del delitto di cui all'articolo 418 del codice penale; (20)

c) ai soggetti di cui all'articolo 1; (26)

d) agli indiziati di uno dei reati previsti dall'articolo 51, comma 3-quater, del codice di procedura penale e a coloro che, operanti in gruppi o isolatamente, pongano in essere atti preparatori, obiettivamente rilevanti, ovvero esecutivi diretti a sovvertire l'ordinamento dello Stato, con la commissione di uno dei reati previsti dal capo I del titolo VI del libro II del codice penale o dagli articoli 284, 285, 286, 306, 438, 439, 605 e 630 dello stesso codice, nonche'

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alla commissione dei reati con finalita' di terrorismo anche internazionale ovvero a prendere parte ad un conflitto in territorio estero a sostegno di un'organizzazione che persegue le finalita' terroristiche di cui all'articolo 270-sexies del codice penale; (20)

e) a coloro che abbiano fatto parte di associazioni politiche disciolte ai sensi della legge 20 giugno 1952, n. 645, e nei confronti dei quali debba ritenersi, per il comportamento successivo, che continuino a svolgere una attivita' analoga a quella precedente;

f) a coloro che compiano atti preparatori, obiettivamente rilevanti, ovvero esecutivi diretti alla ricostituzione del partito fascista ai sensi dell'articolo 1 della legge n. 645 del 1952, in particolare con l'esaltazione o la pratica della violenza;

g) fuori dei casi indicati nelle lettere d), e) ed f), siano stati condannati per uno dei delitti previsti nella legge 2 ottobre 1967, n. 895, e negli articoli 8 e seguenti della legge 14 ottobre 1974, n. 497, e successive modificazioni, quando debba ritenersi, per il loro comportamento successivo, che siano proclivi a commettere un reato della stessa specie col fine indicato alla lettera d);

h) agli istigatori, ai mandanti e ai finanziatori dei reati indicati nelle lettere precedenti. E' finanziatore colui il quale fornisce somme di denaro o altri beni, conoscendo lo scopo cui sono destinati;

i) alle persone indiziate di avere agevolato gruppi o persone che hanno preso parte attiva, in piu' occasioni, alle manifestazioni di violenza di cui all'articolo 6 della legge 13 dicembre 1989, n. 401, nonche' alle persone che, per il loro comportamento, debba ritenersi, anche sulla base della partecipazione in piu' occasioni alle medesime manifestazioni, ovvero della reiterata applicazione nei loro confronti del divieto previsto dallo stesso articolo, che sono dediti alla commissione di reati che mettono in pericolo l'ordine e la sicurezza pubblica, ovvero l'incolumita' delle persone in occasione o a causa dello svolgimento di manifestazioni sportive.

i-bis) ai soggetti indiziati del delitto di cui all'articolo 640-bis o del delitto di cui all'articolo 416 del codice penale, finalizzato alla commissione di taluno dei delitti di cui agli articoli 314, primo comma, 316, 316-bis, 316-ter, 317, 318, 319, 319-ter, 319-quater, 320, 321, 322 e 322-bis del medesimo codice;

i-ter) ai soggetti indiziati ((dei delitti di cui agli articoli 572 e 612-bis)) del codice penale. (20)

Art. 6 D. Lgs 159/2011

Tipologia di misura e loro applicazione

1. Alle persone indicate nell'articolo 4, quando siano pericolose per la sicurezza pubblica, puo' essere applicata, nei modi stabiliti negli articoli seguenti, la misura di prevenzione della sorveglianza speciale di pubblica sicurezza.

((2. Salvi i casi di cui all'articolo 4, comma 1, lettere a) e b), alla sorveglianza speciale puo' essere aggiunto, ove le circostanze del caso lo richiedano, il divieto di soggiorno in uno o piu' comuni, diversi da quelli di residenza o di dimora abituale, o in una o piu' regioni)).

3. Nei casi in cui le altre misure di prevenzione non sono ritenute idonee alla tutela della sicurezza pubblica puo' essere imposto l'obbligo di soggiorno nel comune di residenza o di dimora abituale.

3-bis. Ai fini della tutela della sicurezza pubblica, gli obblighi e le prescrizioni inerenti alla sorveglianza speciale possono essere disposti, con il consenso dell'interessato ed accertata

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la disponibilita' dei relativi dispositivi, anche con le modalita' di controllo previste all'articolo 275-bis del codice di procedura penale.

SORVEGLIANZA SPECIALE

Il provvedimento di applicazione di tale misura contiene una serie di prescrizioni che il sorvegliato speciale dovrà seguire quali:

darsi, entro un congruo termine, alla ricerca di un lavoro;

fissare la propria dimora e farla conoscere all’autorità di pubblica sicurezza;

non allontanarsi dalla propria abitazione senza preventivo avviso all’autorità medesima;

vivere onestamente, rispettare le leggi, non dare ragione di sospetti;

non allontanarsi dal comune di dimora (o da parte di esso) senza preventivo avviso all’autorità locale di pubblica sicurezza;

non associarsi abitualmente alle persone che hanno subito condanne e sono sottoposte a misure di prevenzione o di sicurezza;

non rincasare la sera più tardi di una certa ora e non uscire la mattina più presto di un’altra data ora e senza comprovata necessità e, comunque, senza averne data tempestiva notizia all’autorità locale di pubblica sicurezza;

non detenere e non portare armi, binocoli e visori notturni;

non partecipare a pubbliche riunioni di qualsiasi tipo.

Inoltre, al sorvegliato speciale vengono revocati il passaporto e la patente di guida; lo stesso, poi, non potrà ottenere nessun tipo di licenza o esercitare nessuna attività economica, ma è autorizzato a svolgere un lavoro dipendente in ditte ove i titolari non siano pregiudicati o non siano presenti altri pregiudicati oppure lavori autonomi che non prevedano l’iscrizione ad albi professionali.

La sorveglianza speciale può essere c.d. Qualificata ossia, qualora sia necessario, a quanto sopra specificato può essere aggiunto il divieto di soggiorno in uno o più comuni diversi da quelli di residenza o di dimora abituale o in una o più Province oppure, nei casi in cui le altre misure di prevenzione non siano ritenute idonee alla tutela della sicurezza pubblica può essere imposto l’obbligo di soggiorno nel Comune di residenza o di dimora abituale. In tale ultimo caso, al sorvegliato speciale può essere inoltre prescritto di non andare lontano dall’abitazione scelta senza preventivo avviso all’autorità preposta alla sorveglianza e di presentarsi all’autorità di pubblica sicurezza preposta alla sorveglianza (ad esempio, i Carabinieri) nei giorni indicati ed a ogni chiamata di essa.

La finalità, come suggeriscono gli orientamenti giurisprudenziali, è quella di impedire ogni forma di ritorno nel territorio, comprese le brevi soste. Gli unici casi in cui l’interessato può fare ritorno temporaneo nei luoghi che gli sono impediti sono legati ad esigenze di necessità ed umanità purché, stante l’interpretazione analogica dell’art.7 bis L. 1423, il giudice abbia rilasciato apposita autorizzazione. La norma è evidentemente riconducibile ai valori etico- sociali tutelati dall’art. 32 Cost., che qualifica la salute non soltanto come fondamentale diritto dell’individuo ma quale interesse della società. In precedenza, la sorveglianza speciale con divieto di soggiorno perseguiva l’intento di allontanare il soggetto dal suo ambiente criminogeno, con lo scopo di comprimere la sua propensione a commettere reati.

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Al sorvegliato è consegnato un “libretto” (la cosiddetta carta di permanenza) nel quale sono annotate tutte le prescrizioni e che il soggetto deve sempre esibire a richiesta dell’Autorità di pubblica sicurezza e sul quale saranno annotati i relativi controlli. Colui che non osserva le prescrizioni e gli obblighi della sorveglianza speciale commette un reato contravvenzionale, che viene punito con l’arresto da tre mesi ad un anno.

Cassazione penale sez. un., 28/03/2019, n.46595

“La prescrizione di non partecipare a pubbliche riunioni, che deve essere in ogni caso disposta in sede di applicazione della misura di prevenzione della sorveglianza speciale di pubblica sicurezza, ai sensi dell'art. 8, comma 4, d.lg. 6 settembre 2011, n. 159, si riferisce esclusivamente alle riunioni in luogo pubblico. (In motivazione la Corte ha aggiunto che, ai fini della configurabilità del reato di cui all'art. 75, d.lg. n. 159 del 2011, il giudice è comunque tenuto a valutare, alla stregua delle specifiche allegazioni dell'interessato e delle risultanze degli atti, se la partecipazione alla pubblica riunione sia giustificata da validi motivi)."

Cassazione penale sez. I, 20/02/2020, n.14149

“Il reato di cui all'art. 75 d.lg. 6 settembre 2011, n. 159, che punisce la violazione della prescrizione che impone alla persona sottoposta alla misura di prevenzione della sorveglianza speciale "di non associarsi abitualmente alle persone che hanno subito condanne e sono sottoposte a misure di prevenzione o di sicurezza", prevista dall'art. 8, comma 4, del medesimo d.lgs., implica un'abitualità o serialità di comportamenti, essendo, conseguentemente, configurabile soltanto nel caso di plurimi e stabili contatti e frequentazioni con pregiudicati.(Fattispecie in cui la Suprema Corte ha ritenuto immune da vizi la sentenza di condanna che aveva dedotto il carattere non occasionale dei plurimi contatti del ricorrente con pregiudicati (almeno quattro), considerando, oltre al numero degli incontri, il tempo relativamente concentrato della frequentazione, le modalità attuative, evocative di una precedente programmazione, e la caratura criminale "di non secondaria importanza" dei soggetti frequentati).."

Cassazione penale sez. un., 28/03/2019, n.46595

“Va dichiarata l'illegittimità costituzionale dell'articolo 75, comma 2; del decreto legislativo n. 159 del 2011 (Codice delle leggi antimafia), nella parte in cui prevede come delitto la violazione degli obblighi e delle prescrizioni inerenti la misura della sorveglianza speciale con obbligo o divieto di soggiorno ove consistente nell'inosservanza delle prescrizioni di "vivere onestamente" e di "rispettare" le leggi". Va dichiarata, in via consequenziale, ai sensi dell'articolo 27 della legge 11 marzo 1953, n. 87, l'illegittimità costituzionale dell'articolo 75, comma 1, del codice antimafia, nella parte in cui prevede come reato contravvenzionale la violazione degli obblighi inerenti la misura della sorveglianza speciale senza obbligo o divieto di soggiorno ove consistente nell'inosservanza delle prescrizioni di "vivere onestamente" e di

"rispettare le leggi"."

Cassazione penale sez. VI, 13/09/2018, n.45754

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“La misura di prevenzione della sorveglianza speciale di pubblica sicurezza non decorre dal momento della notifica del provvedimento applicativo all'interessato bensì dalla consegna del verbale di sottoposizione agli obblighi imposti. (In motivazione, la Corte ha precisato che la redazione del verbale di sottoposizione agli obblighi ha lo scopo di dare contezza del giorno in cui ha inizio la misura, mentre la notifica del provvedimento assolve al differente compito di portare l'interessato a conoscenza del provvedimento giurisdizionale per l'eventuale impugnazione)."

Art. 14 D. Lgs 159/2011

Decorrenza e cessazione della sorveglianza speciale

1. La sorveglianza speciale comincia a decorrere dal giorno in cui il decreto è comunicato all'interessato e cessa di diritto allo scadere del termine nel decreto stesso stabilito, se il sorvegliato speciale non abbia, nel frattempo, commesso un reato.

2. Se nel corso del termine stabilito il sorvegliato commette un reato per il quale riporti successivamente condanna e la sorveglianza speciale non debba cessare, il tribunale verifica d'ufficio se la commissione di tale reato possa costituire indice della persistente pericolosità dell'agente; in tale caso il termine ricomincia a decorrere dal giorno nel quale è scontata la pena.

2-bis. L'esecuzione della sorveglianza speciale resta sospesa durante il tempo in cui l'interessato è sottoposto alla misura della custodia cautelare. In tal caso, salvo quanto stabilito dal comma 2, il termine di durata della misura di prevenzione continua a decorrere dal giorno nel quale è cessata la misura cautelare, con redazione di verbale di sottoposizione agli obblighi.

2-ter. L'esecuzione della sorveglianza speciale resta sospesa durante il tempo in cui l'interessato è sottoposto a detenzione per espiazione di pena. Dopo la cessazione dello stato di detenzione, se esso si è protratto per almeno due anni, il tribunale verifica, anche d'ufficio, sentito il pubblico ministero che ha esercitato le relative funzioni nel corso della trattazione camerale, la persistenza della pericolosità sociale dell'interessato, assumendo le necessarie informazioni presso l'amministrazione penitenziaria e l'autorità di pubblica sicurezza, nonché presso gli organi di polizia giudiziaria. Al relativo procedimento si applica, in quanto compatibile, il disposto dell'articolo 7. Se persiste la pericolosità sociale, il tribunale emette decreto con cui ordina l'esecuzione della misura di prevenzione, il cui termine di durata continua a decorrere dal giorno in cui il decreto stesso è comunicato all'interessato, salvo quanto stabilito dal comma 2 del presente articolo. Se invece la pericolosità sociale è cessata, il tribunale emette decreto con cui revoca il provvedimento di applicazione della misura di prevenzione.

PROCEDIMENTO APPLICATIVO

Art. 5 D. Lgs 159/2011

Titolarità della proposta. Competenza

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1. Nei confronti delle persone indicate all'articolo 4 possono essere proposte dal questore, dal procuratore nazionale antimafia e antiterrorismo, dal procuratore della Repubblica presso il tribunale del capoluogo di distretto ove dimora la persona e dal direttore della Direzione investigativa antimafia le misure di prevenzione della sorveglianza speciale di pubblica sicurezza e dell'obbligo di soggiorno nel comune di residenza o di dimora abituale. (1)

2. Nei casi previsti dall'articolo 4, comma 1, lettere c), i), i-bis) e i-ter), le funzioni e le competenze spettanti al procuratore della Repubblica presso il tribunale del capoluogo del distretto sono attribuite anche al procuratore della Repubblica presso il tribunale nel cui circondario dimora la persona previo coordinamento con il procuratore della Repubblica presso il tribunale del capoluogo del distretto; nei medesimi casi, nelle udienze relative ai procedimenti per l'applicazione delle misure di prevenzione le funzioni di pubblico ministero possono essere esercitate anche dal procuratore della Repubblica presso il tribunale competente. (2)

3. Salvo quanto previsto al comma 2, nelle udienze relative ai procedimenti per l'applicazione delle misure di prevenzione richieste ai sensi del presente decreto, le funzioni di pubblico ministero sono esercitate dal procuratore della Repubblica di cui al comma 1.

4. La proposta di cui al comma 1 deve essere depositata presso la cancelleria delle sezioni o dei collegi del tribunale del capoluogo del distretto, nel territorio del quale la persona dimora, previsti dal comma 2-sexies dell'articolo 7-bis dell'ordinamento giudiziario, di cui al regio decreto 30 gennaio 1941, n. 12. Limitatamente ai tribunali di Trapani e Santa Maria Capua Vetere, la proposta di cui al comma 1 è depositata presso la cancelleria delle sezioni o dei collegi specializzati in materia di misure di prevenzione ivi istituiti ai sensi del citato comma 2-sexies, ove la persona dimori nel territorio, rispettivamente, delle province di Trapani e di Caserta.

Art. 7 D. Lgs 159/2011 Procedimento

1. Il tribunale provvede, con decreto motivato, entro trenta giorni dal deposito della proposta.

L'udienza si svolge senza la presenza del pubblico. Il presidente dispone che il procedimento si svolga in pubblica udienza quando l'interessato ne faccia richiesta.

2. Il presidente fissa la data dell'udienza e ne fa dare avviso alle parti, alle altre persone interessate e ai difensori. L'avviso è comunicato o notificato almeno dieci giorni prima della data predetta e contiene la concisa esposizione dei contenuti della proposta. Se l'interessato è privo di difensore, l'avviso è dato a quello di ufficio.

3. Fino a cinque giorni prima dell'udienza possono essere presentate memorie in cancelleria.

4. L'udienza si svolge con la partecipazione necessaria del difensore e del pubblico ministero.

Gli altri destinatari dell'avviso sono sentiti se compaiono. Se l'interessato è detenuto o internato in luogo posto fuori della circoscrizione del giudice e ne fa tempestiva richiesta, la partecipazione all'udienza è assicurata a distanza mediante collegamento audiovisivo ai sensi dell'articolo 146-bis, commi 3, 4, 5, 6 e 7, delle norme di attuazione, di coordinamento e transitorie del codice di procedura penale, di cui al decreto legislativo 28 luglio 1989, n. 271, salvo che il collegio ritenga necessaria la presenza della parte. Il presidente dispone altresì la traduzione dell'interessato detenuto o internato in caso di indisponibilità di mezzi tecnici idonei.

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4-bis. Il tribunale, dopo l'accertamento della regolare costituzione delle parti, ammette le prove rilevanti, escludendo quelle vietate dalla legge o superflue.

5. L'udienza è rinviata se sussiste un legittimo impedimento dell'interessato che ha chiesto di essere sentito personalmente e che non sia detenuto o internato in luogo diverso da quello in cui ha sede il giudice. L'udienza è rinviata anche se sussiste un legittimo impedimento del difensore.

6. Ove l'interessato non intervenga e occorra la sua presenza per essere sentito, il presidente lo invita a comparire, avvisandolo che avrà la facoltà di non rispondere.

7. Le disposizioni dei commi 2, 4, primo, secondo e terzo periodo, e 5, sono previste a pena di nullità.

8. Qualora il tribunale debba sentire soggetti informati su fatti rilevanti per il procedimento, il presidente del collegio può disporre l'esame a distanza nei casi e nei modi indicati all'articolo 147-bis, comma 2, delle norme di attuazione, di coordinamento e transitorie del codice di procedura penale, di cui al decreto legislativo 28 luglio 1989, n. 271.

9. Per quanto non espressamente previsto dal presente decreto, si applicano, in quanto compatibili, le disposizioni contenute nell'articolo 666 del codice di procedura penale.

10. Le comunicazioni di cui al presente titolo possono essere effettuate con le modalità previste dal decreto legislativo 7 marzo 2005, n. 82.

10-bis. Le questioni concernenti la competenza per territorio devono essere rilevate o eccepite, a pena di decadenza, alla prima udienza e comunque subito dopo l'accertamento della regolare costituzione delle parti e il tribunale le decide immediatamente.

10-ter. Il tribunale, se ritiene la propria incompetenza, la dichiara con decreto e ordina la trasmissione degli atti al procuratore della Repubblica presso il tribunale competente; la declaratoria di incompetenza non produce l'inefficacia degli elementi già acquisiti. Le disposizioni del comma 10-bis si applicano anche qualora la proposta sia stata avanzata da soggetti non legittimati ai sensi dell'articolo 5.

10-quater. Quando il tribunale dispone ai sensi del comma 10-ter, il sequestro perde efficacia se, entro venti giorni dal deposito del provvedimento che pronuncia l'incompetenza, il tribunale competente non provvede ai sensi dell'articolo 20. Il termine previsto dall'articolo 24, comma 2, decorre nuovamente dalla data del decreto di sequestro emesso dal tribunale competente.

10-quinquies. Il decreto di accoglimento, anche parziale, della proposta pone a carico del proposto il pagamento delle spese processuali.

10-sexies. Il decreto del tribunale è depositato in cancelleria entro quindici giorni dalla conclusione dell'udienza.

10-septies. Quando la stesura della motivazione è particolarmente complessa, il tribunale, se ritiene di non poter depositare il decreto nel termine previsto dal comma 10-sexies, dopo le conclusioni delle parti, può indicare un termine più lungo, comunque non superiore a novanta giorni.

10-octies. Al decreto del tribunale si applicano le disposizioni di cui all'articolo 154 delle norme di attuazione, di coordinamento e transitorie del codice di procedura penale, di cui al decreto legislativo 28 luglio 1989, n. 271.

Art. 8 D. Lgs 159/2011 Decisione

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1. Il provvedimento del tribunale stabilisce la durata della misura di prevenzione che non può essere inferiore ad un anno né superiore a cinque.

2. Qualora il tribunale disponga l'applicazione di una delle misure di prevenzione di cui all'articolo 6, nel provvedimento sono determinate le prescrizioni che la persona sottoposta a tale misura deve osservare.

3. A tale scopo, qualora la misura applicata sia quella della sorveglianza speciale di pubblica sicurezza e si tratti di persona indiziata di vivere con il provento di reati, il tribunale prescrive di darsi, entro un congruo termine, alla ricerca di un lavoro, di fissare la propria dimora, di farla conoscere nel termine stesso all'autorità di pubblica sicurezza e di non allontanarsene senza preventivo avviso all'autorità medesima.

4. In ogni caso, prescrive di vivere onestamente, di rispettare le leggi, e di non allontanarsi dalla dimora senza preventivo avviso all'autorità locale di pubblica sicurezza; prescrive, altresì, di non associarsi abitualmente alle persone che hanno subito condanne e sono sottoposte a misure di prevenzione o di sicurezza, di non accedere agli esercizi pubblici e ai locali di pubblico trattenimento, anche in determinate fasce orarie, di non rincasare la sera più tardi e di non uscire la mattina più presto di una data ora e senza comprovata necessità e, comunque, senza averne data tempestiva notizia all'autorità locale di pubblica sicurezza, di non detenere e non portare armi, di non partecipare a pubbliche riunioni.

5. Inoltre, può imporre tutte le prescrizioni che ravvisi necessarie, avuto riguardo alle esigenze di difesa sociale, e, in particolare, il divieto di soggiorno in uno o più comuni o in una o più regioni, ovvero, con riferimento ai soggetti di cui agli articoli 1, comma 1, lettera c), e 4, comma 1, lettera i-ter), il divieto di avvicinarsi a determinati luoghi, frequentati abitualmente dalle persone cui occorre prestare protezione o da minori.

6. Qualora sia applicata la misura dell'obbligo di soggiorno nel comune di residenza o di dimora abituale o del divieto di soggiorno, può essere inoltre prescritto:

1) di non andare lontano dall'abitazione scelta senza preventivo avviso all'autorità preposta alla sorveglianza;

2) di presentarsi all'autorità di pubblica sicurezza preposta alla sorveglianza nei giorni indicati ed a ogni chiamata di essa.

7. Alle persone di cui al comma 6 è consegnata una carta di permanenza da portare con sé e da esibire ad ogni richiesta degli ufficiali ed agenti di pubblica sicurezza.

8. Il provvedimento è comunicato al procuratore della Repubblica, al procuratore generale presso la Corte di appello ed all'interessato e al suo difensore.

MISURE DI PREVENZIONE PATRIMONIALI

Art. 16 D. Lgs 159/2011 Soggetti Destinatari

1. Le disposizioni contenute nel presente titolo si applicano:

a) ai soggetti di cui all'articolo 4;

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b) alle persone fisiche e giuridiche segnalate al Comitato per le sanzioni delle Nazioni Unite, o ad altro organismo internazionale competente per disporre il congelamento di fondi o di risorse economiche, quando vi sono fondati elementi per ritenere che i fondi o le risorse possano essere dispersi, occultati o utilizzati per il finanziamento di organizzazioni o attivita' terroristiche, anche internazionali.

2. Nei confronti dei soggetti di cui all'articolo 4, comma 1, lettera i), la misura di prevenzione patrimoniale della confisca puo' essere applicata relativamente ai beni, nella disponibilita' dei medesimi soggetti, che possono agevolare, in qualsiasi modo, le attivita' di chi prende parte attiva a fatti di violenza in occasione o a causa di manifestazioni sportive. Il sequestro effettuato nel corso di operazioni di polizia dirette alla prevenzione delle predette manifestazioni di violenza e' convalidato a norma dell'articolo 22, comma 2.

Art. 20 D. Lgs 159/2011 Il Sequestro

1. Il tribunale, anche d'ufficio, con decreto motivato, ordina il sequestro dei beni dei quali la persona nei cui confronti è stata presentata la proposta risulta poter disporre, direttamente o indirettamente, quando il loro valore risulta sproporzionato al reddito dichiarato o all'attività economica svolta ovvero quando, sulla base di sufficienti indizi, si ha motivo di ritenere che gli stessi siano il frutto di attività illecite o ne costituiscano il reimpiego, ovvero dispone le misure di cui agli articoli 34 e 34-bis ove ricorrano i presupposti ivi previsti. Il tribunale, quando dispone il sequestro di partecipazioni sociali totalitarie, ordina il sequestro dei relativi beni costituiti in azienda ai sensi degli articoli 2555 e seguenti del codice civile, anche al fine di consentire gli adempimenti previsti dall'articolo 104 delle norme di attuazione, di coordinamento e transitorie del codice di procedura penale, di cui al decreto legislativo 28 luglio 1989, n. 271. In ogni caso il sequestro avente ad oggetto partecipazioni sociali totalitarie si estende di diritto a tutti i beni costituiti in azienda ai sensi degli articoli 2555 e seguenti del codice civile. Nel decreto di sequestro avente ad oggetto partecipazioni sociali il tribunale indica in modo specifico i conti correnti e i beni costituiti in azienda ai sensi degli articoli 2555 e seguenti del codice civile ai quali si estende il sequestro.

2. Prima di ordinare il sequestro o disporre le misure di cui agli articoli 34 e 34-bis e di fissare l'udienza, il tribunale restituisce gli atti all'organo proponente quando ritiene che le indagini non siano complete e indica gli ulteriori accertamenti patrimoniali indispensabili per valutare la sussistenza dei presupposti di cui al comma 1 per l'applicazione del sequestro o delle misure di cui agli articoli 34 e 34-bis.

3. Il sequestro è revocato dal tribunale quando risulta che esso ha per oggetto beni di legittima provenienza o dei quali l'indiziato non poteva disporre direttamente o indirettamente o in ogni altro caso in cui è respinta la proposta di applicazione della misura di prevenzione patrimoniale.

Il tribunale ordina le trascrizioni e le annotazioni consequenziali nei pubblici registri, nei libri sociali e nel registro delle imprese.

4. L'eventuale revoca del provvedimento non preclude l'utilizzazione ai fini fiscali degli elementi acquisiti nel corso degli accertamenti svolti ai sensi dell'articolo 19.

5. Il decreto di sequestro e il provvedimento di revoca, anche parziale, del sequestro sono comunicati, anche in via telematica, all'Agenzia di cui all'articolo 110 subito dopo la loro esecuzione.

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19 Art. 24 D. Lgs 159/2011

La Confisca

1. Il tribunale dispone la confisca dei beni sequestrati di cui la persona nei cui confronti e' instaurato il procedimento non possa giustificare la legittima provenienza e di cui, anche per interposta persona fisica o giuridica, risulti essere titolare o avere la disponibilita' a qualsiasi titolo in valore sproporzionato al proprio reddito, dichiarato ai fini delle imposte sul reddito, o alla propria attivita' economica, nonche' dei beni che risultino essere frutto di attivita' illecite o ne costituiscano il reimpiego. In ogni caso il proposto non puo' giustificare la legittima provenienza dei beni adducendo che il denaro utilizzato per acquistarli sia provento o reimpiego dell'evasione fiscale. Se il tribunale non dispone la confisca, puo' applicare anche d'ufficio le misure di cui agli articoli 34 e 34-bis ove ricorrano i presupposti ivi previsti.

1-bis. Il tribunale, quando dispone la confisca di partecipazioni sociali totalitarie, ordina la confisca anche dei relativi beni costituiti in azienda ai sensi degli articoli 2555 e seguenti del codice civile. Nel decreto di confisca avente ad oggetto partecipazioni sociali il tribunale indica in modo specifico i conti correnti e i beni costituiti in azienda ai sensi degli articoli 2555 e seguenti del codice civile ai quali si estende la confisca.

2. Il provvedimento di sequestro perde efficacia se il tribunale non deposita il decreto che pronuncia la confisca entro un anno e sei mesi dalla data di immissione in possesso dei beni da parte dell'amministratore giudiziario. Nel caso di indagini complesse o compendi patrimoniali rilevanti, il termine di cui al primo periodo puo' essere prorogato con decreto motivato del tribunale per sei mesi. Ai fini del computo dei termini suddetti, si tiene conto delle cause di sospensione dei termini di durata della custodia cautelare, previste dal codice di procedura penale, in quanto compatibili; il termine resta sospeso per un tempo non superiore a novanta giorni ove sia necessario procedere all'espletamento di accertamenti peritali sui beni dei quali la persona nei cui confronti e' iniziato il procedimento risulta poter disporre, direttamente o indirettamente. Il termine resta altresi' sospeso per il tempo necessario per la decisione definitiva sull'istanza di ricusazione presentata dal difensore e per il tempo decorrente dalla morte del proposto, intervenuta durante il procedimento, fino all'identificazione e alla citazione dei soggetti previsti dall'articolo 18, comma 2, nonche' durante la pendenza dei termini previsti dai commi 10-sexies, 10-septies e 10-octies dell'articolo 7.

2-bis. Con il provvedimento di revoca o di annullamento definitivi del decreto di confisca e' ordinata la cancellazione di tutte le trascrizioni e le annotazioni.

3. Il sequestro e la confisca possono essere adottati, su richiesta dei soggetti di cui all'articolo 17, commi 1 e 2, quando ne ricorrano le condizioni, anche dopo l'applicazione di una misura di prevenzione personale. Sulla richiesta provvede lo stesso tribunale che ha disposto la misura di prevenzione personale, con le forme previste per il relativo procedimento e rispettando le disposizioni del presente titolo.

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La confisca di prevenzione, è una misura ablatoria patrimoniale applicata a prescindere da una previa condanna penale per un determinato reato e che ha ad oggetto beni che risultino

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essere il frutto di attività illecite o il loro reimpiego, o di cui una persona abbia la disponibilità in valore sproporzionato al proprio reddito o all’attività economica svolta, quando il proprietario non sia in grado di giustificarne la legittima provenienza. La confisca è disposta, in forma diretta o per equivalente, nei confronti di soggetti indiziati di gravi delitti o che si ritiene abbiano genericamente tenuto condotte delittuose, a prescindere dal fatto che essi siano o meno pericolosi nel momento in cui la misura viene applicata, potendo anzi la stessa essere disposta anche nei confronti di terzi, eredi o aventi causa della persona che si era originariamente arricchita in modo illecito.

Il sequestro di prevenzione è invece un provvedimento cautelare, di carattere provvisorio e strumentale rispetto alla confisca di cui all’art. 24 che verrà applicata con il decreto con cui si conclude il procedimento di prevenzione

Il concetto di “frutto” di attività illecite allude alle utilità economiche direttamente conseguite per effetto della realizzazione della condotta illecita, mentre nella nozione di “reimpiego”

vengono fatti rientrare i beni che presentano una correlazione indiretta con la condotta criminosa, come, ad esempio, l’impiego in attività imprenditoriali dei vantaggi economici che ne derivano. La locuzione usata dal legislatore, dunque, viene sostanzialmente a coincidere con la nozione di provento del reato, offerta a livello internazionale (ad esempio nella Convenzione delle Nazioni Unite contro la criminalità organizzata transnazionale, approvata a Palermo il 16 dicembre 200030) e sovranazionale (da ultimo, ad esempio, nel Regolamento UE/2018/1805, relativo al riconoscimento reciproco dei provvedimenti di congelamento e di confisca, nel quale si fa rifermento a «ogni vantaggio economico derivato, direttamente o indirettamente, da reati, consistente in qualsiasi bene e comprendente successivi reinvestimenti o trasformazioni di proventi diretti e qualsiasi vantaggio economicamente valutabile»). Tanto l’art. 20, quanto l’art.

24 d.lgs. n. 159 del 2011 fanno tuttavia riferimento anche alla “sproporzione” del valore dei beni rispetto al reddito dichiarato o all’attività economica del soggetto. Il requisito in esame viene generalmente concepito come pura alternativa rispetto alla prova dell’illecita provenienza, sebbene consti di una dimostrazione solitamente meno onerosa per l’autorità procedente.

Anzitutto si è affermato che il giudizio sulla “sproporzione” va condotto non già attraverso una valutazione globale e omnicomprensiva del patrimonio della persona, bensì in relazione a ciascun bene di cui il patrimonio del proposto si compone, facendo riferimento al momento dei singoli acquisti, e dunque al valore dei beni di volta in volta entrati a far parte del patrimonio del soggetto.

L’articolo 24, comma 1, del Codice Antimafia ancora quindi la confisca ad una pluralità di parametri probatori:

un primo di carattere negativo, per cui occorre che la persona, nei cui confronti è instaurato il procedimento di prevenzione, non possa giustificare la legittima provenienza dei beni sequestrati;

un secondo di carattere positivo, attinente alla relazione tra i beni e il proposto, per cui è necessario che lo stesso soggetto, anche per interposta persona fisica o giuridica, risulti essere titolare o avere la disponibilità a qualsiasi titolo dei beni;

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