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1 Aprile: S. Messa crismale

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Academic year: 2022

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1 Aprile: S. Messa crismale

Prot. n. 145/15

Ai Rev. mi Parroci, Sacerdoti e Diaconi, Ai membri del Consiglio Pastorale Diocesano, Ai membri della Consulta Diocesana aggregazioni laicali, Ai consiglieri dell’Istituto Diocesano Sostentamento Clero, Alle comunità religiose, Alle comunità parrocchiali, Alle associazioni, gruppi, organismi e movimenti ecclesiali LORO SEDI OGGETTO: S. Messa crismale – Chiesa Cattedrale di Sora – 1 aprile 2015 – Ore 18.00

La liturgia della S. Messa crismale è presentata dal Concilio Vaticano II come “Epifania della Chiesa, corpo di Cristo” . E’ la celebrazione nella quale “il vescovo deve essere considerato come il grande sacerdote del suo gregge: da lui deriva e dipende in certo modo la vita dei suoi fedeli in Cristo. Perciò tutti devono dare la più grande importanza alla partecipazione piena e attiva di tutto il popolo santo di Dio alla medesima eucaristia, alla medesima preghiera, al medesimo altare cui presiede il vescovo circondato dai suoi sacerdoti e ministri” (Cfr. S. C. n.41).

Quest’anno il nostro Vescovo presiederà la solenne concelebrazione con tutti i presbiteri e il santo popolo di Dio, che ha allargato gli spazi della sua Tenda, perché tutti e ciascuno siano accolti nell’unica Diocesi non come ospiti, ma come “concittadini dei santi e familiari di Dio” (Ef.

2,19).

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Con grande esultanza nello Spirito rivolgiamo l’invito alla Chiesa di Dio che vive in Sora-Cassino-Aquino-Pontecorvo a convenire per la celebrazione della S. Messa Crismale nella Cattedrale di Sora, mercoledì 1 aprile, alle ore 18.00.

Perché sia manifesta la varietà e ricchezza dei carismi e ministeri ecclesiali, l’invito diventa più pressante per i membri degli Organismi collegiali di partecipazione alla vita della Chiesa e per i membri delle Aggregazioni ecclesiali laicali. E’ ancora più significativa la partecipazione di quanti sono impegnati più direttamente nell’accompagnamento vocazionale e nel cammino educativo degli adolescenti e giovani verso il Sacramento della Confermazione.

In attesa di fare con voi la rinnovata esperienza di gioiosa fraternità nella Chiesa, vi salutiamo con tanta cordialità.

Sora, 21 marzo 2014 I Vicari Generali Mons. Antonio Lecce

Mons. Fortunato Tamburrini

P. S. : Al termine della Celebrazione il Vescovo consegnerà le ampolle degli Oli consacrati ai Vicari delle Zone pastorali.

Nella mattinata del Giovedì Santo, sarà cura di ogni Parroco ritirare dalla Chiesa dei Vicari di Zona gli Oli, che nella Messa vespertina della Cena del Signore verranno accolti dalla comunità parrocchiale.

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Grande emozione per l’ordinazione presbiterale di don Tomàs Horacio Jerez

Il Vescovo Gerardo Antonazzo ha presieduto la solenne celebrazione imponendo le mani sul giovane diacono che si è donato, con generosità, alla Chiesa di Sora-Cassino-Aquino- Pontecorvo.

In tanti hanno voluto partecipare a questo momento di profonda vita comunitaria per ringraziare il Signore per il dono del Sacerdozio, fondamentale per la guida delle comunità.

In un clima di preghiera e denso di simboli si è svolto il rito dell’ordinazione sacerdotale presieduto dal vescovo Gerardo durante il quale, don Tomàs ha detto il suo si, rispondendo alla chiamata del Signore, in piena comunione con la Chiesa.

Un si davvero coraggioso che ha visto l’intensa partecipazione della Comunità diocesana nella preparazione, nelle diverse forme, di quello che è stato un momento davvero speciale preceduto da un intenso cammino di preparazione di don Tomàs al quale non è mancato il sostegno e la preghiera del vescovo Antonazzo, di sacerdoti e laici che oggi partecipano, con soddisfazione, a questa immensa gioia.

Una celebrazione, questa, partecipata dall’inizio alla fine, caratterizzata dal momento della presentazione di don Tomàs alla quale ha fatto seguito l’omelia del Vescovo Gerardo. Il momento più denso di emozioni per tutti, e ovviamente per don Tomàs, è stato quello della liturgia dell’ordinazione iniziata con il SI dell’eletto alle domande del Vescovo proseguendo con le litanie dei Santi durante le quali don Tomàs era disteso a terra, l’imposizione delle mani di monsignor Antonazzo, dei sacerdoti presenti e la preghiera di ordinazione. Momenti altrettanto suggestivi sono stati la vestizione di don Tomàs con i paramenti liturgici, l’unzione con il sacro Crisma e la

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consegna del pane e del vino. Il tutto si è concluso con l’abbraccio di pace del vescovo Gerardo che è stato particolarmente toccante. Una abbraccio veramente carico di umanità tanto da commuovere tutti i presenti che non hanno esitato ad abbracciare, simbolicamente, don Tomàs con un intenso e caloroso applauso.

Un gesto questo che ha manifestato l’approvazione e l’affetto della Comunità che non ha voluto far mancare la preghiera per questo suo figlio che ha saputo rispondere, con generosità, alla chiamata di Cristo. Una grande festa di gioia e condivisione fatta di gesti ma fondata sulla certezza che Cristo Gesù sceglie i suoi discepoli percorrendo le strade più diverse con un unico obiettivo: la salvezza di tutta l’umanità.

L’adesione di don Tomàs al progetto di Dio, attraverso il servizio sacerdotale, diventa così una grande testimonianza e un esempio da imitare nella certezza che Gesù buon pastore non ci lascia mai soli, donandoci santi Sacerdoti capaci di sostenere il cammino di ciascuno attraverso la forza dei sacramenti.

Una gioia così grande che è esplosa al termine della celebrazione Eucaristica con una grande festa per il neo sacerdote caratterizzata dalla gioia e l’affetto di tutti i presenti e, in modo particolare, dei rappresentanti della Parrocchia San Pietro Apostolo di Cassino, dei quelli delle precedenti comunità e del Team della Pastorale Digitale.

A don Tomàs va il nostro speciale e affettuoso augurio certi che in lui avremo, con l’aiuto di Dio e della Vergine Santa, un esemplare punto di riferimento per proseguire, insieme, l’impegnativo cammino verso la salvezza.

– Gaetano Battaglini

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Il giorno della festa del Santo Patrono di Cassino e d’Europa – Pomeriggio a Cassino

Nel pomeriggio le celebrazioni si sono spostate in città, prendendo inizio dal Monastero Benedettino di Santa Scolastica. Da lì la Reliquia del braccio di San Benedetto e la statua del Santo sono state solennemente portate in processione fino alla Chiesa Madre dove hanno fatto solenne ingresso. È seguita, alla presenza delle autorità civili e militari e di una grande folla, la celebrazione dei Secondi Vespri della Solennità di San Benedetto Patrono d’Europa, presieduta dall’Abate Ogliari di Montecassino assistito – ed era la prima volta per i cassinati che vedevano vicine le due distinte figure del Vescovo e dell’Abate – dal vescovo di Sora-Cassino-Aquino-Pontecorvo Mons. Gerardo Antonazzo, a cui è toccato il privilegio di introdurre la preghiera, che è stata accompagnata dai canti del Coro polifonico “S. Giovanni Battista Città di Cassino”, diretto da Fulvio Venditti. Al termine ha preso il via la Processione per le vie della Città, introdotta dal Corteo Storico e con la partecipazione della Banda musicale “Don Bosco Città di Cassino”. Quando la processione è tornata in Piazza Corte, il Corteo si è schierato tutto intorno alla piazza in modo scenografico, a fianco l’Amministrazione comunale con il Sindaco Petrarcone, assessori, consiglieri e Gonfalone e dalla Loggia del Palazzo Badiale l’Abate Donato, avendo sempre vicino il Vescovo Antonazzo che ha partecipato anche lui alla processione, ha fatto un breve intervento in cui ha ringraziato tutti i partecipanti, poi ha impartito la Benedizione alla Città, alla Diocesi e all’Europa con la Reliquia del Santo Patrono.

I Giochi pirotecnici finali hanno rallegrato gli astanti

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siglando la chiusura de “I Giorni di San Benedetto” 2015 a Cassino.

– Adriana Letta

Agenda Pastorale del Vescovo 23-29 marzo 2015

23 L

10,00 UDIENZE (Curia Sora) 24 M

15,00 CASSINO-Carcere: Via Crucis con i detenuti 25 Me

17,00 ALVITO-Parr. Castello: S. Messa per il 25° Oasi mariana Betania

19,00 CASTELNUOVO PARANO-Parr. SS.ma Annunziata: S. Messa 26 G

10,00 UDIENZE (Curia Cassino)

18,30 ROCCASECCA SCALO: Assemblea pastorale Zonale 27 V

09,00 CASSINO-Liceo Scientifico: Incontro con gli studenti 11,00 CASSINO-Itis: Incontro con gli studenti

18,00 SORA-Chiesa s. Spirito: S. Messa per i venerdì

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dell’Addolorata

20,00 CASSINO-Via Crucis Cittadina 28 S

10,00 SORA- P.zza S. Restituta – Saluto alla festa “Dai la vita alla pace”

10,30 UDIENZE (Curia Sora)

16,00 ROCCASECCA-Parr. S. Margherita: S. Messa peregrinatio Madonna di Canneto – Canto della Palma

19,30 ISOLA DEL LIRI: Incontro animatori del GREST (Settore Sora)

29 D

10,00 SORA: S. Messa delle Palme

18,30 ALVITO: S. Messa riapertura chiesa parrocchiale di s.

Simeone

Omelia del Vescovo per

Ordinazione Presbiterale di

don Tomas Jerez

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CUSTODE SAGGIO E FEDELE

Omelia per l’ordinazione presbiterale di don Tomas Jerez Cassino, chiesa di s. Pietro, 19 marzo 2015

Nella solennità di s. Giuseppe celebriamo il “Sì” dell’uomo giusto, del “servo saggio e fedele posto a capo della santa famiglia” (Prefazio). Anche Giuseppe, come già Maria di Nazareth, è coinvolto in un evento di “annunciazione”. Dio, chiedendo a Giuseppe una nuzialità e una paternità profumate di obbedienza, gli rivela le intenzioni e le ragioni del proprio agire. Se da una parte Giuseppe vuole troppo bene a Maria da essere disponibile a tutto ciò che la riguarda, dall’altra ama talmente il Signore da non dubitare che nell’oscurità delle parole dell’angelo ci sia il segreto di una immensa luce. Giuseppe, resistendo alle convenzioni sociali, accetta coraggiosamente di accogliere con sé una ragazza in condizione di grave scandalo, meritevole di pubblica denuncia. L’assenso di Giuseppe, parallelo all’

“Eccomi” di Maria, sfida ogni regola sociale, e abbraccia la tenerezza di Maria con la forza del suo stupore.

Caro don Tomas sei stato raggiunto anche tu dall’angelo della tua vocazione. Il Signore ti ha rivolto una parola di chiamata, per accordare la tua giovane esistenza con la sua ostinata iniziativa. Non di rado la chiamata di Dio richiede il coraggio di non soccombere alle pressioni sociali e culturali del nostro tempo, ripiegato su sicurezze umane e materiali, attratto da stili di vita frivoli e superficiali.

La chiamata a seguire il Signore deve fare i conti oggi con una pressione che diffonde discredito, disapprovazione, e scoraggiamento. A volte la stessa ingerenza familiare soffocante e possessiva, per nulla educativa, non lascia margini alla libertà di rispondere in prima persona alla propria vocazione.

Carissimi giovani, non svendete con nessuno la vostra libertà

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illuminata dal Vangelo, non barattate l’ascolto della vostra coscienza con l’inganno del piacere a buon mercato, non lasciatevi sedurre dalle sirene dell’edonismo e dalla dittatura dell’egoismo, non cedete alla propaganda di una felicità di comodo, a basso costo e di bassa lega. La vera felicità è altrove. Collocate la vostra vita oltre il pensiero unico del calcolo e del tornaconto.

Sognare ad occhi aperti

Dio entra nel vivo dei nostri sogni e vi getta scompiglio.

“Mentre (Giuseppe) stava considerando queste cose, gli apparve in sogno un angelo”. I sogni di Dio sono sempre più grandi dei nostri. Allora è bello sognare insieme a Dio, e lasciare che ci sorprenda con quanto non avremmo mai immaginato, bel al di là del nostro illusorio sognare senza di Lui. Caro don Tomas contempla il volto di Dio a viso scoperto e sogna anche tu ad occhi aperti. La chiamata di Dio non è come giocare a “mosca cieca”. Giuseppe incontra Dio nel vivo dei suoi tumultuosi pensieri, Giuseppe sogna ad occhi aperti mentre il suo cuore è assediato da dubbi e domande, destabilizzato da una situazione matrimoniale imbarazzante e rischiosa. sognare con Dio è più bello che sognare da soli. Carissimi giovani, è bene saperlo:

da soli si può sognare solo a metà. Io ve l’ho detto. Restate in attesa del passaggio di Dio, sappiate riconoscere i rumori dei suoi passi, senza nascondervi davanti al suo volto. Vi auguro che si faccia vivo nel vivo dei vostri sogni, ideali e progetti.

L’Eccomi dell’uomo e il Sì di Dio

Caro don Tomas, la nostra chiesa particolare di Sora-Cassino- Aquino-Pontecorvo oggi è qui per pregare per te e con te, ed invocare l’effusione dello Spirito per la consacrazione della tua persona al servizio della santificazione del popolo di Dio. La bontà del Signore ha raccolto pochi istanti fa il tuo rinnovato “Eccomi”; metti il tuo sì nel sì di Dio. Lui per primo ha detto “sì” alla tua vita. E’ il “sì” di Dio alla tua

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umanità, anche se compromessa dall’impurità del peccato:

“Ohimè! Io sono perduto, perché un uomo dalle labbra impure io sono” (Is 6,5). E’ il “sì” di Dio alla tua generosità non calcolata, con la quale oggi dichiari il tuo “per sempre” a Lui. Lui, di quello che realmente sei, non ha paura, e invita anche te a “non temere” per le tue debolezze, difetti e limiti. Lui ti ha scelto per primo, ti ama per primo, ti cerca per primo, e ti chiede di essere il Tutto per cui vivere.

Mettere tra poco le tue mani nelle mani del Vescovo, significa che il coraggio del tuo “sì” non lo vivrai da solo perché altre mani sostengono il tuo “eccomi”. Con la promessa di agire con “filiale rispetto e obbedienza affiderai la tua libertà alla carezza di Dio. La tua obbedienza a Dio ti preserva dall’abuso di ogni forma di personalismo e protagonismo narcisista, e ti riscatta dall’arroganza della presunzione immaginando che, in fin dei conti, tutto dipenda da te e non più dalla potenza di Dio.

Consegnando le tue mani nelle mani del Vescovo farai della tua vita un dono per gli altri, per servire la vita degli altri come fosse la tua, per amarla più della tua: “Per loro consacro me stesso” (Gv 17, 17). La tua consacrazione non è sfoggio di santità né di bravura umana, ma consapevolezza di essere “sacramento” della potenza di Dio, di fronte alla quale la creatura tace. Ed è silenzio.

Il silenzio, l’ascolto e l’obbedienza

I quattro vangeli dicono poche cose di san Giuseppe. S. Matteo dichiara che “era un uomo giusto”. Il termine “giusto” non fa riferimento ad una categoria morale o giuridica, ma obbedisce ad una condizione squisitamente religiosa, nutrita da tre atteggiamenti dinanzi a Dio: il silenzio, l’ascolto e l’obbedienza a Dio. S. Giuseppe è l’uomo che si esprime più con il suo silenzio che con le parole. Il silenzio permette a Giuseppe di gestire la confusione e lo smarrimento, chiarisce i dubbi, rigenera la fiducia, purifica il cuore, filtra le

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paure, e gli consente di riconoscere nell’angelo del Signore la volontà di Dio: “Quando si destò dal sonno, Giuseppe fece come gli aveva ordinato l’angelo del Signore” (Mt 1,24). E’

sterile la nostra parola quando non è preceduta e fecondata dal silenzio. E’ il silenzio nel quale il profeta Elia riconosce il passaggio corroborante di Jahweh: “Dopo il fuoco, il sussurro di una brezza leggera. Come l’udì, Elia si coprì il volto con il mantello, uscì e si fermò all’ingresso della caverna (1Re 19,13). Il silenzio della meditazione quotidiana e la silenziosa adorazione eucaristica devono meritare la parte migliore del tuo tempo, per vivere l’intima, confidenziale e amorosa relazione con i Signore, sposo del tuo celibato.

Carissimi, impariamo a fidarci soprattutto dei preti che vediamo in ginocchio, in silenzio e in preghiera. Cari presbiteri la riuscita delle nostre strategie pastorali non è la capacità di fare notizia né di fare colpo, ma di fare silenzio e di saper ascoltare per obbedire a tutte le parole dell’angelo del Signore. Il silenzio del cuore trasfigura l’ascolto di Dio in obbedienza, perché solo chi sa ascoltare sa anche obbedire. Anzi il vero ascolto è già obbedienza, perchè la fa diventare atto di affidamento fiduciale in Colui la cui Parola mi convince, merita l’assenso del mio cuore (“filiale rispetto”) e attende la libera adesione della mia mente e della mia volontà (“obbedienza”).

Il risveglio e la custodia

Il racconto del vangelo di s. Matteo si conclude con il riferimento a Giuseppe che si risveglia dal sogno. Giuseppe si apre alla realtà, impara a fare i conti con le responsabilità che ora gli tocca assumere: prendere con sé Maria e il Bambino. Giuseppe si prende cura di coloro che Dio gli affida, per amarli più della propria vita. Esercita così la sua missione di “custode” di Maria e del mistero di Cristo. Papa Francesco nell’Omelia del 19 marzo 2013, all’inizio del suo ministero petrino, affermava: “Giuseppe è custode, perché sa

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ascoltare Dio, si lascia guidare dalla sua volontà, e proprio per questo è ancora più sensibile alle persone che gli sono affidate, sa leggere con realismo gli avvenimenti, è attento a ciò che lo circonda, e sa prendere le decisioni più sagge. In lui cari amici, vediamo come si risponde alla vocazione di Dio, con disponibilità, con prontezza, ma vediamo anche qual è il centro della vocazione cristiana: Cristo! Custodiamo Cristo nella nostra vita, per custodire gli altri, per custodire il creato!” (19 marzo 2013).

Caro don Tomas tra poco ti verrà chiesto: “Vuoi celebrare con devozione e fedeltà i misteri di Cristo secondo la tradizione della Chiesa, specialmente nel sacrificio eucaristico e nel sacramento della riconciliazione, a lode di Dio e per la santificazione del popolo cristiano?”. Il Signore ti rende oggi partecipe del ministero della custodia esercitato da s.

Giuseppe. La custodia di Cristo, bene assoluto della tua vita, ti riconduce al fondamento del tuo vivere in Lui e per Lui. La custodia dei fratelli che ti sono affidati ti fa diventare responsabile della loro salvezza. Il Signore chiederà conto anche a te, secondo le parole di Dio contro i cattivi pastori (Ez 34,10). Oggi Dio ti rende custode dei sacri misteri, custode del tuo sacro ministero, custode e non padrone.

Prendi con te la Vergine Maria, custodisci la purezza di un’autentica devozione, perché Lei si prenda cura di te, vigili sulla tua rettitudine di mente, di cuore e di opere.

Elargisca per te, a favore della Chiesa, ogni beneficio spirituale per conformare la tua vita a Gesù buon Pastore.

+ Gerardo Antonazzo

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Precetto Pasquale al liceo Scientifico a Pontecorvo

Nella mattinata odierna, nei pressi del locale del Liceo Scientifico Michelangelo di Pontecorvo, si e’ tenuto il Precetto Pasquale con il vescovo Gerardo e i vari parroci delle chiese locali. Prima che la celebrazione avesse inizio, il prelato ha ringraziato il preside del medesimo istituto per averlo invitato a incontrare i giovani liceali dicendo:《Questa è una breve sosta per capire il grande mistero di Dio, l’Eucaristia è una finestra che si apre sul Suo mistero. Egli si dona a chi lo cerca ed è presente […] come il padre resuscita il figlio, cosi Dio resuscita noi […]. Il messaggio del vescovo è sempre molto chiaro e, se ci mettiamo in silenzio e ci disponiamo all’ascolto , in quelle parole c’è la presenza di Dio. Egli le semina a piene mani, come fa il contadino per aggiudicarsi un più prospero raccolto futuro.Egli ha poi messo il dito nella piaga che affligge i giovani: lo scorretto utilizzo della tecnologia. Una generazione immersa nella rete, un oceano impervio dalle mille insidie dove i ragazzi trovano rifugio dal mondo reale, non sospettando minimamente che quella è la strada più sbagliata da intraprendere, perché li fa cadere in uno stato di inettitudine e malinconia. Possiamo paragonarci a degli arcipelaghi, vicini ma lontani allo stesso tempo perché la comunicazione verbale sembra essersi alquanto ridimensionata.

Si preferisce parlare tramite un Social Network anziché di persona. A causa di questo fenomeno si finisce con il dimenticarsi anche di Dio. Ma lui no, non si dimentica di noi, rammenta il vescovo. Dio ci consola, ha compassione. Egli ha

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poi esortato i giovani a sfruttare questo periodo particolare dell’anno liturgico per rivalutare la presenza di Dio in ognuno di noi e di mettere in gioco le parole che egli ci sussurra, abbandonando false idolatrie che non portano frutto nella sua vigna.

– Antonella D’Amata

La Comunità Parrocchiale di Villafelice accoglie Mons.

Gerardo Antonazzo

La Comunità Parrocchiale di Villafelice

accoglie

Mons. GERARDO ANTONAZZO Vescovo Diocesano Domenica 22 Marzo

ore 11:00

Celebrazione Eucaristica

in occasione della Peregrinatio della Madonna di Canneto

PROGRAMMA DELLA PEREGRINATIO MARIANA SABATO 21 MARZO

ORE 18:00: ACCOGLIENZA DELLA STATUA DELLA MADONNA DI CANNETO AL BIVIO DI VIA VILLAFELICE. PROCESSIONE LUNGO VIA

VILLAFELICE FINO ALLA CHIESA PARROCCHIALE.

ORE 18:30: SANTA MESSA CELEBRATA DA DON ANTONIO MOLLE – RETTORE DEL SANTUARIO DI CANNETO, CON CANTI ESEGUITI DAL

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CORO PARROCCHIALE. AL TERMINE, FANTASMAGORICO SPETTACOLO PIROTECNICO IN PIAZZA, CURATO DALLA MAESTRIA DELLA DITTA IZZO VINCENZO DI TREGLIA DI PONTELATONE (CASERTA).

DOMENICA 22 MARZO ORE 08:00: SANTA MESSA.

ORE 9:00 – 11:00: CONFESSIONI.

ORE 11:00: MESSA SOLENNE CELEBRATA DA MONS. GERARDO ANTONAZZO – VESCOVO DIOCESANO, CON CANTI ESEGUITI DAL CORO PARROCCHIALE.

ORE 16:00: S. ROSARIO – VIA CRUCIS E MESSA IN SUFFRAGIO DI TUTTI I DEFUNTI DELLA PARROCCHIA, CON CANTI MARIANI ESEGUITI DAL CORO PARROCCHIALE.

LUNEDI 23 MARZO

ORE 09:00: SANTA MESSA PER TUTTI GLI AMMALATI CON L’UNZIONE DEGLI INFERMI.

ORE 16:30: S. ROSARIO E CANTI DI CONGEDO ALLA MADONNA. SALUTO ALLA MADONNA E PARTENZA PER LA CHIESA PARROCCHIALE DI CAPRILE.

IL PARROCO E COMITATO FESTA

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Il Vescovo incontra la comunità Exodus a Cassino

E’ stato un incontro semplice ma denso di emozioni quello avvenuto la sera di venerdì 13 fra la comunità Exodus di Cassino e il Vescovo mons. Gerardo Antonazzo. Nel salone della comunità anche un nutrito gruppo di volontari della Caritas guidati da Rosaria Lauro. Un incontro atteso per il quale i ragazzi della comunità si sono preparati scrivendo delle riflessioni che hanno affidato alla benedizione del Vescovo.

Don Gerardo si è mostrato molto interessato alla vita della comunità chiedendo a ragazzi ed operatori di raccontare aspetti organizzativi ma soprattutto educativi del loro percorso di riabilitazione.

Il momento centrale dell’incontro è stata la via crucis durante la quale, allo scandire delle stazioni lette dalle volontarie della Caritas, rispondevano, come in un controcanto, le testimonianze dei ragazzi. Dal buon ladrone al processo nel Sinedrio, dalle cadute di Gesù al Cireneo, le donne e Maria ai piedi della Croce: tutto trovava un riferimento di vita vissuta negli interventi dei ragazzi rendendo attuale e viva quella passione di Cristo che da significato alla nostra passione personale ma, soprattutto, apre la strada alla resurrezione di ciascuno di noi.

Il Vescovo ha centrato perfettamente lo spirito educativo di Exodus: “Voi – ha detto – non siete qui per smettere con le droghe. Voi siete qui per risorgere a vita nuova. Ognuno deve vivere la sua passione cercando, desiderando la rinascita. Vi assicuro – ha concluso – che da questo incontro nasce un cammino comune, un’amicizia che coltiveremo come un bene prezioso”.

L’incontro si è concluso con un momento conviviale curato

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dalle volontarie della Caritas e con l’impegno a ritrovarsi quanto prima.

Sabato 21 e domenica 22 marzo Week-end Vocazionale

È una proposta per ragazzi e giovani, dalla III Media in su, che si stanno ponendo l’interrogativo vocazionale e vogliono discernere il progetto di Dio sulla propria vita o per coloro che vogliono conoscere la vita di chi vive in Seminario.

Gli orari: dalle 16.00 del sabato alle 12.00 della domenica.

Il luogo: Seminario Diocesano dell’Immacolata a Sora.

Per info e adesioni: don Giovanni De Ciantis, e-mail:

seminariodiocesanosora@gmail.com

Per chi desidera un momento di confronto e di dialogo può fermarsi in Seminario e concludere in serata con la Celebrazione Eucaristica.

Agenda Pastorale del Vescovo 16-22 marzo 2015

16 L

10,00 UDIENZE (Sora)

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11,30 SORA-Episcopio: COLLEGIO DEI CONSULTORI 17 M

Incontro presbiteri Zona pastorale di Atina 18 M

11,00 PONTECORVO-Liceo scientifico: S. Messa preparazione alla Pasqua

15,30 Carnello – S. Messa Suore Operaie di Gesù – Festa S. Giuseppe

19 G

10,00 UDIENZE (Cassino)

18,30 CASSINO- Parr. S. Pietro: Ordinazione presbiterale di d. Tomas Jerez

20 V

11,30 FROSINONE-Episcopio: Incontro dei Vescovi della Provincia

19,00 CASSINO: Incontro con il Movimento di Comunione e Liberazione

21 S

10,30 MONTECASSINO: Pontificale per la festa di s. Benedetto

17,00 CASSINO-Chiesa Madre: Vespri e Processione festa di s. Benedetto

22 D

11,00 VILLA FELICE: S. Messa per la Peregrinatio della Madonna di Canneto

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Inizio del Ministero Sacerdotale di don Maurice Nyuci a Ravano

15 MARZO 2015

INIZIO MINISTERO SACERDOTALE DI DON MAURICE NYUCI A RAVANO Oggi domenica 15 marzo 2015, alle ore 11 la Comunità parrocchiale di Sant’Ermete e San Grimualdo in Ravano, ha dato il Benvenuto al nuovo Amministratore Parrocchiale Don Maurice Nyuci, con la celebrazione della Santa Messa presieduta dal Vescovo Mons.Gerardo Antonazzo.

L’intera comunità ringrazia Sua Eccellenza per la nomina di un nuovo amministratore per la Comunità di Sant’Ermete e San Grimualdo e Don Maurice per aver accettato l’invito del Vescovo a diventare il nuovo pastore di questa piccola comunità.

Tutti i fedeli, l’intera comunità e il gruppo di preghiera lo hanno accolto con un caloroso applauso come Padre, come guida, come fratello.

Questo cambiamento, dopo le dimissioni del precedente parroco,è visto come il segno del Signore per continuare a seminare e coltivare i valori del Vangelo e di una sana evangelizzazione. Certi che il nuovo pastore saprà guidare la nuova comunità e le realtà in essa presenti, come “fratello in mezzo ai fratelli” e come portatore di grandi valori, basati sulla comunione e l’aiuto reciproco ci si affida alla protezione di Maria Santissima della Pietà.

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Aurora Capuano

Itinerario di formazione per animatori di oratorio e campo estivo (Grest)

Si è tenuto sabato 14 marzo, presso la Chiesa di San Pietro Apostolo in Cassino (Oratorio Don Bosco), un piccolo incontro di formazione per animatori di oratorio e campo estivo (Grest), per il Settore Cassino (comprendente le pastorali di Cassino, Cervaro, Pontecorvo e Aquino).

In vista delle attività estive, con un’attenzione particolare al GREEST/ORATORIO ESTIVO, che già si svolge in quasi tutte le parrocchie della Diocesi; Don Fabrizio Caucci, Don Lorenzo Vallone e il Diac. Tomas Jerez, incaricati dal Vescovo di occuparsi del coordinamento degli Oratori, hanno deciso di organizzare una serie di incontri con l’Obiettivo, sia di incentivare le attività di Oratorio, sia coordinarle con alcuni progetti comuni, come ad esempio lo svolgimento del Grest estivo.

L’incontro è iniziato con la preghiera e l’Intervento del Vescovo il quale, richiamando l’attenzione di tutti gli animatori di oratorio presenti, ha sottolineato non solo l’importanza di un cammino comune per tutti gli oratori della Diocesi, ma soprattutto l’importanza ed il valore delle attività che si svolgono in un oratorio, nel caso specifico in un Grest, campo estivo, cioè quello non soltanto di creare un

“fatto aggregativo”, bambini e ragazzi che si incontrano per giocare e svolgere attività, ma il centro di tali incontri deve essere il “senso educativo”, dare loro, attraverso un

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gioco e lo svolgimento di un’attività, un Valore.

Dopo l’intervento del Vescovo hanno preso la parola i tre coordinatori, i quali, rispettivamente nei loro interventi hanno espresso il loro desiderio di incontrare gli Animatori dell’Oratorio, per fornire le prime informazioni sul materiale per il GREST 2015 che avrà lo stesso tema per tutti gli oratori della Diocesi, stabilendo l’adozione di un sussidio Unico per tutti, modellabile in base alla propria realtà parrocchiale e territoriale.

È stata sottolineata anche l’importanza e la necessità di un cammino formativo permanente affinché, ogni animatore sia sempre più preparato e abile nel far sentire l’oratorio una casa accogliente dove ogni bambino e ragazzo possano, col passa dei giorni, portare il proprio contributo per renderla viva e un po’ più loro. Ecco perché un buon animatore deve saper accompagnare i bambini/ragazzi ad abitare l’oratorio insegnando loro uno stile tramite il quale, l’oratorio non sia solo il luogo dove vivere esperienze, giochi, amicizie, ma diventi un pezzo della loro storia, qualcosa di vivo che lasci un segno unico ed irripetibile nella vita di ciascuno.

Augurando una buona serata ci si dà l’appuntamento al prossimo incontro il 19 aprile a Pontecorvo.

Aurora Capuano

Chiamati a cambiare vita –

Incontro con Levi il

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Pubblicano

Scuola di preghiera

Chiamati a cambiare vita – Incontro con Levi il Pubblicano Cassino, terzo incontro giovani

Terzo appuntamento del cammino per i giovani “Insegnaci a pregare” nella chiesa parrocchiale di S. Antonio di Padova in Cassino. E’ venerdì 13 marzo, poco prima delle 21 già la chiesa si anima e si riempie; il gruppo musicale guidato da Don Giandomenico Valente, responsabile PG, si organizza e prova, c’è un’atmosfera di amicizia e di gioia di ritrovarsi insieme. Arriva il Vescovo Gerardo e, come suo solito, saluta tutti i presenti come un amico più grande ma con la stessa semplicità e schiettezza dei pari. Il Servizio diocesano di Pastorale Giovanile ha organizzato tutto per bene, pronti i foglietti ed il materiale. E si comincia. Don Giandomenico, facendo propria l’espressione di Carlo Carretto, invita i presenti a “fare deserto” dentro di sé, anche se una musica da qualche locale vicino arriva fin dentro la navata della chiesa, ma: cerchiamo di essere “piccole cavità di silenzio”, di adorazione, di ascolto.

Il pensiero introduttivo è di Don Tonino Bello, segue un canto e l’esposizione dell’Eucaristia, in un clima divenuto subito concentrato e intenso. Dopo una preghiera corale c’è la lettura del Vangelo di Luca che narra la chiamata di Levi il p u b b l i c a n o . S u q u e s t a p a g i n a è D . J u a n G r a n a d o s , corresponsabile diocesano della PG, a tenere una piccola lectio, in cui racconta anche la propria vocazione ed il percorso compiuto.

Segue il momento del silenzio e della adorazione eucaristica.

Don Giandomenico, proprio nel giorno in cui Papa Francesco ha annunciato il Giubileo straordinario della Misericordia, chiede se qualcuno vuole provare la misericordia di Dio e

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invita i sacerdoti presenti a disporsi negli altari laterali per il sacramento della Riconciliazione. Molti accolgono l’invito, mentre gli altri pregano, in silenzio, intervallati dagli interventi del coro che di tanto in tanto ripete il ritornello “Fammi diventare amore…“. Infine il parroco, D.

Benedetto Minchella, impartisce la Benedizione col SS.mo e si prega tutti insieme: “Ripetimi, Signore, la Parola che un giorno mi hai rivolto: Seguimi!…”. Prima del canto conclusivo non poteva mancare il “pensiero della Buonanotte” ed è il Vescovo a porgerlo ai suoi giovani amici. Lo fa riprendendo il tema del silenzio, in cui risuona nel cuore di ciascuno la parola “Seguimi!” detta al pubblicano e ad ognuno, come un invito a cambiare vita. Ogni giovane, ha consigliato il Vescovo Gerardo, non manchi di rispondere ma anche di chiedere al Signore: Come vuoi che ti segua? fammi capire il tuo progetto su di me.

Prossimo incontro della Scuola di Preghiera nella parrocchia di S. Antonio a Cassino venerdì 17 aprile, mentre negli altri venerdì di Quaresima si continua la lectio divina: venerdì 20 marzo alle 20,30 (“Dio che ci sazia dei suoi beni”), e venerdì 27 marzo, alle 20,00 “Il cammino della Via Crucis”.

– Adriana Letta

Omelia dell’Em.mo Card.

Dominique Mamberti s. Tommaso d’Aquino, 7 marzo 2015

Omelia dell’Em.mo Card. Dominique Mamberti s. Tommaso d’Aquino, 7 marzo 2015

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(Roccasecca)

Cari fratelli e sorelle,

desidero innanzi tutto esprimere profonda gratitudine a Sua Eccellenza Reverendissima Mons. Gerardo Antonazzo per avermi invitato a presiedere questa celebrazione eucaristica e rivolgo il mio cordiale saluto, ai Sacerdoti, alle Autorità civili e a voi tutti convenuti, in questi cari e preziosi luoghi che hanno dato i natali al grande San Tommaso.

L’odierna festa apre i nostri cuori alla gioia autentica che nasce dal considerare la santità luce radiosa per i nostri tempi. I santi sono riflesso della luce di Dio nell’oscurità del male e delle tenebre. Il brano del Vangelo secondo Matteo attraverso le immagini del “sale” e della “luce” delinea la missione dei discepoli e della Chiesa. E per cogliere il significato profondo delle parole di Gesù è necessario entrare nella ricca simbologia di queste immagini, collocate all’interno del Discorso della Montagna al quale appartiene il brano che è stato proclamato.

“Voi siete il sale della terra” (Mt 5,13). Il primo significato rimanda all’Alleanza, alla solidarietà. Infatti, nell’antico Oriente esisteva un patto del sale, sinonimo di alleanza inviolabile; suggestivo è un passo dal libro dei Numeri (18,19) nel quale si fa riferimento ad un’Alleanza di sale, perenne, davanti al Signore. È un’indicazione preziosa che il Signore dona: permeare la vita delle nostre relazioni con il sale dell’Alleanza, della solidarietà e dell’amore.

Accanto a questo significato possiamo considerare il simbolo della vita. Nel libro di Esdra i funzionari stipendiati dal sovrano sono indicati come “quelli che mangiano il sale della reggia” (4,14). Anche nel nostro linguaggio il termine

“salario” indica lo strumento economico per garantire una vita dignitosa. Ed è in questa prospettiva che va colta la prassi orientale di frizionare con il sale il bambino appena nato per donargli forza e vitalità. Come discepoli del Signore possiamo

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donare un senso sempre nuovo alla nostra storia accogliendo e vivendo la logica delle Beatitudini. La felicità dell’uomo non può essere cercata e realizzata senza Dio. Diversi sono stati nella storia i tentativi di proporre o addirittura di imporre all’uomo una felicità slegata dalla Verità, e oggi è comune l’idea di una felicità che consisterebbe nell’ accontentarsi delle piccole e immediate gratificazioni di un momento, dell’idolatria del proprio io, completamente imbrigliato nella rete di un presente effimero, senza direzione e speranza.

Siamo invitati dal Signore a indicare al mondo un’autentica sapienza, a ridare “sapore” all’esistenza. Infatti, il “sale”

è anche simbolo della sapienza. San Paolo scrive ai cristiani di Colossi: “Il vostro parlare sia sempre con grazia, condito col sale della sapienza per sapere come rispondere a ciascuno.” (4,6).

“Voi siete la luce del mondo” (Mt 5,14). La luce è, prima di tutto, una piccola parabola che parla di Dio: essa è esterna a noi, non la possiamo trattenere tra le mani, come Dio è trascendente, eppure ci avvolge, ci riscalda, ci attraversa come Dio è vicino a noi. Il discepolo inondato dalla luce divina, diventa a sua volta riflesso che risplende e riscalda.

Il profeta Isaia proclama: “Se toglierai di mezzo a te l’oppressione, il puntare il dito e il parlare empio, se offrirai il pane all’affamato, se sazierai chi è digiuno, allora brillerà fra le tenebre la tua luce, la tua oscurità sarà come il meriggio” (58, 9-11). Ecco tracciarsi l’orizzonte di una nuova sapienza. Abbiamo ascoltato san Paolo nella prima lettera ai Corinzi: “Io ritenni infatti di non sapere altro in mezzo a voi se non Gesù Cristo, e questi crocifisso.” (2,2).

Ecco la sapienza che continuamente possiamo donare: Gesù Cristo Crocifisso. È questa la sapienza che instancabilmente dobbiamo cercare: “Stimai un nulla la ricchezza al suo confronto…preferii il suo possesso alla stessa luce, perché non tramonta lo splendore che ne promana.” (Sap 7,8.10). Dalla croce del Cristo rifulge l’amore donante di Dio. Il suo chinarsi su tutte le miserie umane, fisiche e morali, è

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l’espressione dell’amore che si fa presente e operante nella sua persona. Non un sistema di concetti ma il suo farsi storia, evento nelle nostre vicende, non il Dio impassibile dei filosofi e delle religioni naturali, ma il Dio ricolmo di passione per il suo popolo. In Cristo Dio abolisce la lontananza dell’uomo, risana le ferite della divisione, della morte, discende nelle profondità delle tenebre e ridona la vita.

Cari amici, possa risplendere in noi la luce della carità per donare sapore all’esistenza. Si tratta di vivere l’amore non semplicemente in modo umano: un affetto, una benevolenza, una simpatia, una filantropia prodotta dall’uomo o la riduzione a fugaci e momentanee emozioni, ma la carità è Dio, è la nostra partecipazione all’essere amore di Dio. Infatti, la carità di Dio in noi è Karis: è grazia, e per questo ci costituisce figli, ci rende capaci di amare. Ecco la sapienza di Dio che tocca il nostro essere: il nostro uomo carnale, centrato su stesso, è trasformato nell’uomo nuovo e spirituale. Grazie al memoriale della Pasqua, l’Eucarestia che stiamo celebrando, la carità del Crocifisso penetra la nostra vita, operando una radicale conversione all’oblatività e alla comunione. Per questo la carità di Dio in noi è amore filiale e fraterno.

Sant’Agostino afferma: “La carità che ama il prossimo non è diversa da quella che ama Dio. Non c’è una seconda carità. Con la stessa carità con la quale amiamo il prossimo amiamo anche Dio.” (Sermo 265, VIII, 9). Ed è in quest’orizzonte che san Tommaso definisce la carità come “amicizia dell’uomo con Dio”

(Summa Theologiae II-II, 231) e relazione con tutti coloro che sono chiamati alla comunione con lui. San Tommaso contempla Dio fonte dell’essere e il Signore partecipa alle creature la sua stessa vita. Siamo di fronte alla novità assoluta della fede cristiana rispetto al pensiero dei filosofi antichi, per cui la divinità mantiene una relazione distaccata con il mondo. Il Dio di Gesù Cristo, contemplato e predicato da San Tommaso, invece, è il Dio dell’amore e pertanto creatore e provvido, non chiuso nel circolo di se stesso, impersonale e

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distante. E nella relazione con il Dio Carità l’uomo scorge la sua più profonda identità, capace di conoscere se stesso, il mondo, gli altri, ma soprattutto di entrare in comunione con il Suo Signore e Padre del Cielo. Il pensiero di san Tommaso dona anche oggi con forza il fondamento della dignità, del valore assoluto della persona, della sua irriducibilità, poiché ogni uomo riceve da Dio il suo essere. Tutto ciò significa che, mentre tutto l’universo fisico dipende da un solo atto creativo di Dio, per ogni persona il Signore riserva un’azione unica, originale e singolare. Proprio in virtù di una riflessione così profonda san Giovanni Paolo II volle proclamare, nel 1980, san Tommaso d’Aquino Doctor Humanitatis, un titolo che si aggiunse a quelli tradizionali di Doctor Angelicus e Doctor Communis a testimonianza della sua valenza teoretica nel trattare le questioni che riguardono l’uomo, nelle sue relazioni con Dio, il mondo e gli altri uomini.

Cari fratelli e sorelle, nell’attuale situazione culturale e sociale siamo chiamati a vivere e testimoniare la verità sull’uomo. Una chiesa missionaria, “in uscita”, è tale nella misura in cui annuncia e testimonia la luce della fede che è capace di illuminare tutta l’esistenza dell’uomo, cioè di dare senso ad ogni avvenimento ed orientamento per ogni azione. La luce della fede legata all’esperienza della carità si pone al servizio della giustizia, del diritto e della pace, come ci ricorda la Lettera Enciclica Lumen Fidei di Papa Francesco (cfr. n. 51). La fede non ci estranea dal mondo, ma ci chiama ad illuminare e donare senso nel valorizzare le relazioni umane, a sostenere e promuovere il bene comune. Senza la sapienza dell’Amore fedele di Dio non si riesce a comprendere il criterio per distinguere la natura e il posto dell’uomo nel mondo, la propria responsabilità morale, si fatica a superare i diversi conflitti e a dare direzione al proprio impegno quotidiano.

La testimonianza di san Tommaso d’Aquino aiuti noi tutti a fare della nostra esistenza una continua ricerca della Verità

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e della Sapienza per essere, oggi, “sale” e “luce” della terra. Amen !

Omelia dell’Em.mo Card.

Dominique Mamberti s. Tommaso d’Aquino, 7 marzo 2015

Omelia dell’Em.mo Card. Dominique Mamberti s. Tommaso d’Aquino, 7 marzo 2015

(Concattedrale di Aquino)

Cara Eccellenza, cari confratelli nel sacerdozio, cari religiosi e religiose, cari fedeli, stimate autorità civili e militari,

ci troviamo in questo sacro tempio per la felice celebrazione in onore del grande Santo Tommaso d’Aquino, chiamato a ragione il “dottore angelico”, la cui festa voi continuate a celebrare, secondo l’antico Martirologio Romano, nel giorno della sua nascita al Cielo. Infatti, il 7 marzo del 1274, mentre si stava recando al secondo concilio ecumenico di Lione per espresso desiderio del Papa, mosso dalla sola obbedienza, avendo oramai esaurito tutte le sue forze, non poté continuare il viaggio e nel monastero cistercense di Fossanova, la sua anima spiccò il volo verso l’eternità.

Quanto benedette sono queste vostre terre! Benedette dal Signore nel corso dei secoli, per la nascita, la morte o il passaggio di tutti quei santi che le hanno nobilitate ancor di più. Anche la vostra amata Aquino non sarebbe certo così illustre senza un San Tommaso! Se è vero com’è vero che nulla

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avviene per caso, giacché per coloro che amano Dio tutte le cose acquistano valore, allora anche i piccoli dettagli della nostra esistenza umana, che a volte consideriamo banali, alla luce della fede nell’insondabile amore di Dio, risplendono di luci che ci riempiono il cuore di speranza e di consolazione.

Lo si vede bene, proprio nella vita dei più fedeli discepoli di Gesù: la santità nobilita l’uomo, edifica il popolo, costruisce e non demolisce, risana il tessuto morale e sociale, come iniettandovi una nuova linfa che vince il fermento di una corruzione che altrimenti diventerebbe dilagante. Ogni persona che cerca di vivere i valori e i principi del Vangelo, opera la giustizia e diffonde la carità, e così facendo depura l’ambiente in cui vive. Non a caso si parla di “odore” si santità. Quando si vuole esprimere la convinzione che una persona era veramente integra, nella Chiesa si dice: è morta in odore di santità. La Chiesa non si stancherà mai di ripetere, affinché il mondo ne approfitti, che i santi sono i più grandi benefattori dell’umanità, perché sono gli amici di Dio!

La Parola di Dio in questo tempo di Quaresima ci richiama insistentemente alla conversione del cuore, perciò vi invito a guardare alla vostra esistenza quotidiana come ad unica occasione di grazia, che ci viene offerta per poterla vivere con la più grande fede nella presenza salvifica di Cristo.

Alla luce dell’amore di Dio vedremo che l’opacità della routine quotidiana lascerà il posto alla luminosità di senso delle mille piccole cose, che sapremo fare per amore di Dio e del nostro prossimo.

La Quaresima è proprio tempo favorevole per riflettere e pregare, facendo maturare o rinnovare questa decisione che è fondamentale per ogni cristiano e che oggi più che mai deciderà le sorti dell’umanità: lasciare che la presenza e la misericordia di Gesù conquisti tutti gli spazi del nostro cuore, anche le regioni più oscure, per far trionfare sull’egoismo l’amore vero. E’ grande l’amore di Dio e noi come

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cristiani siamo privilegiati di vivere in un tempo, che il Santo Padre ha definito più volte un “tempo di grande misericordia” (cfr. Angelus del 12 gennaio 2014). Certo gli eventi che riempiono i notiziari di ogni giorno potrebbero indurci a non pensarla così, ma è una delle caratteristiche peculiari dell’agire salvifico di Dio nel corso della storia, quella di rivestirsi di debolezza, di un’apparente impotenza, per stanare il male dai suoi nascondigli e poi vincerlo con la potenza dello Spirito Santo. Non fece così Gesù?

A cosa servirebbe il nostro culto, la nostra preghiera, il nostro impegno pastorale, permettetemi di dirlo, se tutto ciò non fosse espressione della più profonda fede che Dio ci ha creati per amore, ci sostiene con la forza dell’amore e vuole trasformarci con amore, perché la nostra vita sia un tutt’uno con la sua. Lui stesso è sceso dal Cielo non solo per insegnarci ad amare ma per donarci l’amore. È certamente l’amore, la verità centrale del cristianesimo, l’annuncio sempre prioritario della Chiesa, il motivo e la meta da raggiungere da qualsiasi punto e prospettiva si parta.

Tutta la vita di San Tommaso è immersa nella luce di questo amore indefettibile, che fin dall’adolescenza è andato via via crescendo per Gesù, tanto da spingerlo ad indossare l’abito domenicano e a resistere vittoriosamente a tutte le minacce, le insidie ed ostilità, perfino ad una lunga carcerazione, alla quale fu sottoposto da parte della sua famiglia che non voleva assolutamente cederlo al Signore. E’ impressionante la vicenda umana di questo giovane dotato di un talento di studio e c c e z i o n a l e m a p e r n u l l a o s t e n t a t o . S e m p r e s i è contraddistinto per la sua profondissima umiltà, e la sua più grande gioia anche da rinomato professore in diverse e brillanti cattedre universitarie come Colonia e Parigi, sarà sempre quella di predicare alla semplice gente e di intrattenersi con loro. Lo studio e il sapere enciclopedico, ben lungi dall’estraniarlo dal popolo, lo provocava a farsi tutto a tutti, come l’apostolo Paolo, le cui parole proclamate

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nella seconda lettura odierna potrebbero essere state scritte dallo stesso Tommaso.

Questa luce, di cui si parla oggi nel vangelo secondo Matteo, siamo noi in virtù del nostro battesimo che ci ha assimilato a Cristo e che per nulla al mondo possiamo rinnegare. Tommaso divenne realmente un faro per tutta la Chiesa, anzi per l’intera umanità. Egli accoglieva la verità, non importa da che parte venisse, con un’apertura di mente e di cuore universali, così che riuscì a fare una sintesi impareggiabile del sapere filosofico e teologico. La sua dottrina, concentrata in modo particolare nella Somma Teologica, ha nutrito Dottori della Chiesa, Papi, innumerevoli Vescovi, Sacerdoti, ha formato schiere di catechisti, seminaristi, religiose, ha rischiarato l’intera cattolicità. Quando si leggono gli scritti magisteriali che i Papi lungo i secoli hanno dedicato al Dottore Angelico, non si può che gioire di quanto si sia realizzata in lui la parola del Vangelo odierno:

“non può restare nascosta una città collocata sopra un monte, né si accende una lucerna per metterla sotto il moggio, ma sopra il lucerniere perché faccia luce a tutti quelli che sono nella casa”.

Verrebbe da chiedersi dove risieda il segreto di una tale santità e la tentazione sarebbe di cercarlo in qualcosa di straordinario, mentre è vero proprio il contrario: Tommaso ha creduto in Gesù con tutto se stesso e ha riposto in Lui la sua speranza. I talenti eccezionali che si ritrovava, li ha subito riconosciuti come doni gratuitamente ricevuti, che altrettanto gratuitamente occorreva far fruttificare e mettere al servizio degli altri, senza distinzione, dal più piccolo al più grande.

Quando nel 1273, sul finire della sua vita, a Napoli, s’intensificarono visioni ed estasi, tre dei Frati Domenicani lo videro sollevarsi da terra, durante un’estasi davanti al Crocifisso sull’altare, mentre una voce dal Crocifisso gli diceva “hai scritto bene di me, che ricompensa vorresti?”. E Tommaso rispose: “Null’altro che te, o Signore”. Il 6 dicembre

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1273, dopo aver avuto una lunga estasi mentre celebrava la Messa, mise da parte per sempre la penna e confidò a P.

Reginaldo, suo confratello domenicano e compagno di viaggio:

“non posso più scrivere. Mi è stato rivelato in segreto che tutto quanto ho scritto finora ha ben scarso valore, minor valore della paglia”. Aveva scritto ben quaranta volumi!

Queste parole sigillano una vita all’insegna della più disarmante umiltà. Le ha potute recepire, perché c’era in lui tutto lo spazio necessario, affinché quella verità si stampasse insieme alle altre nella sua anima e venisse donata anche a noi. Quanto svuotamento di sé, quanto decentramento e uscita da se stesso – per usare espressioni care al Santo Padre – ha vissuto nella sua vita il nostro amato santo.

Quante cose ha da insegnare a noi tutti, prima di tutto col suo esempio!

Per concludere vorrei solo aggiungere questo. Tommaso d’Aquino è un santo contemplativo, anche se la sua vita è stata un c o n t i n u o p e r e g r i n a r e d a u n c o n v e n t o a l l ’ a l t r o , d a un’università all’altra, da una città all’altra. Egli, come il suo Padre Fondatore Domenico, aveva come ideale di trasmettere agli altri la verità. Veritas è il motto per eccellenza dei frati predicatori e non potrebbe essere altrimenti. Ma la verità di Cristo per essere conosciuta deve essere contemplata, cioè capita nella preghiera, nel rapporto intimo con Dio e con la sua Parola. Dio ci dona la sapienza, cioè la conoscenza delle sue verità solo se noi preghiamo: “pregai e mi fu elargita la prudenza; implorai e venne in me lo spirito della sapienza…” Solo se diventeremo persone di preghiera saremo luce per gli altri, perché lo saremo diventati a noi stessi. E’ questa la più grande gioia, cari fedeli, anche in questa Celebrazione in cui Gesù si fa di nuovo presente in mezzo a noi con la Sua Parola, il Suo Corpo e il Suo Sangue:

sapere con certezza dove stiamo andando, con chi stiamo camminando e Chi ci sta aspettando quando un giorno busseremo alla Sua Porta!

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La Madonna della Libera, a voi Aquinati così cara, ci aiuti a procedere lieti e sereni su questo cammino pieno di gioie e non privo di sofferenze, ma comunque sempre così bello se vissuto con la prospettiva del Cielo!

Lazio Sette: “La vita della Diocesi” – Domenica 15 marzo 2015

Pagina a cura dell’Ufficio Comunicazioni Sociali. In edicola la domenica: “La vita della Diocesi”.

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“Fides ex Audio” – Incontro di formazione per Diaconi permanenti, lettori, accoliti, ministri straordinari della comunione e operatori della liturgia

“FIDES EX AUDITO”

ASCOLTATE E VOI VIVRETE. IL DINAMISMO DELLA PROCLAMAZIONE DELLA PAROLA

Iniziamo il nostro incontro, inserendoci nel cammino pastorale della nostra Diocesi, leggendo dalla Lettera pastorale, Chiamati a rispondere a pag. 35, per una rinnovata pastorale vocazionale,

quanto segue:

Quali sono i tratti decisivi per il rilancio della pastorale vocazionale?

Scrivo a voi educatori: la pastorale vocazionale riparte dalla centralità della Parola di Dio, dall’incontro vivo con la Scrittura, sia a livello personale che comunitario. Perché non promuovere l’approccio alla Scrittura in chiave vocazionale?

Si tratta di valorizzare la funzione “appellativa” della Parola! Essa, infatti, ci testimonia una storia di chiamati.

Ci testimonia l’iniziativa di Dio che raggiunge l’uomo, p e r f o r a n d o l a r i c e r c a d i D i o d a p a r t e d e l l ’ u o m o . L’accompagnamento educativo della comunità cristiana si attua n e l l a C a t e c h e s i . N e l l ’ a m b i t o d e l l a s u a m i s s i o n e

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evangelizzatrice, la comunità cristiana accompagna la crescita, dall’infanzia all’età adulta, e ha come sua specifica finalità non solo di trasmettere i contenuti della fede, ma di educare ad una “mentalità di fede”, di iniziare alla vita ecclesiale, di integrare fede e vita, per educare a rispondere alla chiamata di Dio. La Liturgia è il luogo per eccellenza dell’educazione al rapporto con l’Invisibile, al senso del mistero, dello stupore e della rivelazione. Nella Liturgia della Parola siamo chiamati ad entrare nel mistero della Parola, per impulso della grazia e per mozione dello Spirito, più che per le vie della ricerca scientifica, che ne sono supposte. E’ la Liturgia che restituisce la Parola viva, colta quasi sulla bocca dell’interlocutore presente, lì si percepisce quasi il suono della voce. E’ lui infatti che parla quando nella Chiesa si leggono le scritture (cfr. SC 7). La presenza di Cristo raggiunge il suo vertice: la Parola è davvero un ascoltare Qualcuno. La celebrazione del giorno del Signore senza questo tipo di ascolto risulterebbe vuota, e un ascolto al di fuori del contesto ideale della Parola del Signore rischierebbe di mancare di quel contatto con Cristo Risorto e con lo Spirito che rende la Parola viva. Per questo la Chiesa, proclamando la Parola, vi legge le pagine che fissano i grandi momenti della salvezza, chiamando l’uomo a rispondere e a ravvivare la sua fede. Come le nostre comunità proclamano la Parola di Dio? Che attenzione e quale ministerialità si esprime intorno alla Parola proclamata? Il luogo della proclamazione e i Lezionari sono dignitosi? I lettori della Parola sono ben disposti spiritualmente e preparati per questo alto ministero? E’ necessario un impegno particolare perché le nostre chiese e le nostre liturgie favoriscano forti esperienze di spiritualità. Dalle riflessioni delle Zone pastorali emerge che le nostre liturgie sono ancora improvvisate, la partecipazione distratta, anonima, chiassosa nella proposta dei canti; soprattutto in occasione della celebrazione dei Matrimoni e delle Prime Comunioni, il rito liturgico rischia di essere ridotto a spettacolo e cerimonia. Quale dimensione vocazionale emerge

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dal nostro agire liturgico?

In questo contesto si inserisce la nostra riflessione.

Quale è il giusto significato del rapporto della Parola di Dio nel contesto liturgico?

SCRIPTURA CRESCIT CUM LEGENTE l’espressione usata più volte dall’ultimo dei Padri della Chiesa in Occidentale, Gregorio Magno, il quale se ne serviva per riassumere un atteggiamento interpretativo e già antico al suo tempo.

Tale espressione suppone ovviamente la convinzione che il momento celebrativo liturgico sia o uno dei modi con i quali crescit scriptura o addirittura il modo per eccellenza, o per lo meno il culmine della crescita stessa.

Ma se modifichiamo la stupenda espressione di San Gregorio Magno, valorizzandola maggiormente nella direzione indicata dal grande maestro di preghiera: SCRIPTURA CRESCIT CUM ORANTE. La preghiera liturgica non potrebbe neppure aver luogo e saremmo costretti all’afasia se non avessimo la possibilità di “dire” attraverso la Parola e la Parola non avrebbe la forza attualizzante che le pertiene se non fosse ritradotta nei testi liturgici.

Ecco allora due movimenti: dalla Parola alla liturgia, ma anche: dalla liturgia alla Parola-, dalla Parola nasce la liturgia, ma anche: dalla liturgia è generata la Parola.

All’origine di Israele non stanno le Scritture, ma sta l’evento fondante, un’esperienza radicale vissuta da uomini e donne attraverso la quale Dio ha parlato, ha fatto conoscere se stesso. L’evento dell’esodo è paradigmatico, ma è soprattut- to fondante, è insieme l’evento della creazione del popolo di Dio e l’evento salvifico della sua liberazione dalla schiavitù dell’Egitto.

Innanzitutto c’è un evento storico vissuto da uomini e donne

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che è l’uscita dall’Egitto, lotta contro gli egiziani e fuga dal paese di schiavitù, di cui il testo dà testimonianza: «I figli di Israele partirono da Ramses verso Succot in numero di seicentomila uomini capaci di camminare senza contare i bambi- ni e con loro una grande massa di gente promiscua partì con greggi e armenti in grande numero» (Es 12,37-38).

Ma subito dopo noi abbiamo l’interpretazione dell’evento storico e la sua collocazione nella storia di salvezza: «In quel giorno il Signore fece uscire i figli di Israele dal paese di Egitto, ordinati secondo le loro schiere» (Es 12,51).

Nell’evento dell’uscita dall’Egitto il popolo dei salvati, sotto la guida del profeta Mosè, giunge a riconoscere l’azione di Dio che lo libera e lo salva, giunge cioè all’ascolto di una Parola che origina la sua fede in Jhwh. L’interpretazione dell’evento genera perciò una Parola, un annuncio che è il fon- damento della fede-adesione al Signore che ha tratto fuori il popolo dall’Egitto e questa Parola obbliga Israele ad una cele- brazione dell’evento, celebrazione obbediente e derivante dalla Parola, ma anche rigenerante la Parola stessa per cui questa sarà detta e ripetuta, cantata e trasmessa di generazione in generazione attraverso la liturgia del popolo del Signore. In tal modo si apre un’accessibilità del passato al presente e l’evento fondante è riattivato come realtà del presente per il popolo santo. In Es 15,21 si testimonia subito la celebrazione dovuta a Maria e alle donne: «Cantate al Signore perché ha mirabilmente trionfato: cavallo e cavaliere ha gettato nel mare»; ma anche Mosè e gli israeliti cantarono un canto al Signore facendo esplodere la lode, la confessione di fede, il ringraziamento (Es 15,lss) e l’antica confessione di fede collocata nel rito della presentazione delle offerte (Dt 26,5-9) ridirà nuovamente la salvezza trasmessa come memoriale nella celebrazione. Dall’esperienza radicale (evento storico pubblico) all’interpretazione dell’evento (la Parola), alla celebrazione dell’evento (la liturgia). Il Dio della storia parla nella storia, è riconosciuto nella storia e la

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sua celebrazione sta nella storia, determinando la storia. Le espressioni della fede nella vita e nella celebrazione sono non solo strettamente connesse e complementari, ma si giustificano l’una nell’altra. Lo stesso paradigma evento, interpretazione dell’evento, celebrazione dell’evento si ritrova in molti altri testi dell’Antico Testamento, ma anche nel Nuovo: propongo qui soltanto l’evento fondante la fede cristiana nell’incarnazione del Verbo e nella sua Pasqua.

In Lc 2 è narrato l’evento storico della nascita di un bambino: «Maria diede alla luce il suo figlio primogenito, lo avvolse in fasce e lo depose in una mangiatoia» (Lc 2,7), ma l’interpretazione dell’evento data dall’angelo diventa Parola per i pastori: «Oggi vi è nato nella città di David un salvatore, che è il Cristo Signore!» (Lc 2,11). Alla rivelazione risponde poi la celebrazione delle schiere celesti e dei pastori: «Gloria a Dio nel più alto dei cieli e pace in terra agli uomini che egli ama» (Lc 3,14) proclamano le schiere celesti «lodando Dio» (ainoùnton tòn theón, Lc 2,13), mentre dei pastori si dice che «se ne tornarono glorificando e lodando Dio (ainoùntes tòn theón) per quel che avevano udito e visto» (Lc 2,20). La stessa dinamica evento-interpretazione- celebrazione si ritrova in Lc 24 nella presentazione dell’evento centrale della nuova Alleanza: la Pasqua. In Lc 24,2 c’è l’evento costituito dal ritrovamento della tomba vuota: «(Le donne) trovarono la pietra rotolata via dal sepolcro; ma, entrate, non trovarono il corpo del Signore Gesù»; segue l’interpretazione dell’evento che è data dai due uomini: «Non è qui, è risorto» (Lc 24,6) e infine troviamo la celebrazione embrionale dell’evento che sarà espressa dalla comunità radunata: «Veramente il Signore è risorto ed è ap- parso a Simone» (Lc 24,34).

E’ significativo che questo paradigma si ritrovi in molti cantici dell’AT e del NT: non mi dilungo, ma mi pare chiaris- simo che la Parola si fa celebrazione, eucologia, per necessità intrinseca, a motivo della comune fonte da cui sono

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generate e la Parola e la liturgia. La parola di Dio tende di per se stessa verso l’azione liturgica e la liturgia procedente dalla Parola è l’atto in cui si rivela la presenza divina ma questa presenza efficace suggerisce la Parola. Non che la liturgia sia il fine della Parola ma è il luogo di questo misterioso passaggio di Dio, il luogo in cui Dio si manifesta al suo popolo.

Qualche elemento per fondare la proclamazione della Parola di Dio.

Nell’Assemblea Liturgica la Chiesa trova, il segno rituale espressivo del suo Mistero.

Nel radunarsi insieme c’è qualcosa di più che una esigenza di ordine pratico.

C’è l’epifania della Chiesa, ma soprattutto la Chiesa trova lì la sua attuazione più piena, perché in quella Assemblea locale c’è la Chiesa universale.

Questa presenza di Cristo nella Parola è sottolineata nel Rito dagli onori resi all’Evangelario: il libro è preso sull’Altare, (su cui viene collocato il corpo e sangue del Signore), c’è la processione all’Ambone con il libro, si benedice l’Assemblea, si bacia il libro, lo si accompagna con i ceri, mentre si canta l’Alleluia. E’ come una apparizione del Signore in mezzo all’Assemblea. Bisogna recuperare l’esperienza di questa presenza del Risorto, senza la quale non si raggiungerà il senso della Parola Viva.

La comunità cristiana si stringeva intorno a Cristo invisibilmente presente: da questa presenza sgorgava la gioia che si sente ad esempio vibrare nelle preghiere eucaristiche della Didachè. Ma è solo in questo clima che hanno valore la parla di SC 7. “E’ ben lui che parla quando nella Chiesa si leggono le scritture”.

Allora attraverso la lettura si ascolta qualcuno.

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Così nell’atto liturgico, rivive tutta l’opera biblica: vi si condensano le dimensioni dell’Economia divina, dalla Creazione alla parusia. La celebrazione è insieme memoriale e profezia, storia di ciò che si è compiuto e di quella che deve compiersi in noi ora e di ciò che si compirà alla fine dei tempi.

Ma il segno sacramentale che non cambia non è in grado di esprimere completamente tutta la ricchezza del Mistero che rende presente. Per questo la Chiesa vi legge le pagine che fissano i grandi momenti della salvezza.

La chiesa non “rilegge”, celebra una Parola di cui vive, perché una commissione con il Rito, essa si incarna e continua a compiersi nel suo seno.

L’azione storica di Cristo è resa misteriosamente presente in me, oggi, perché io presbitero sia toccato dalla sua forza salvifica. La lettura inserita nella celebrazione viene così a partecipare del carattere di proclamazione che è proprio del Prefazio.

E’ il genere biblico della confessione, nel senso che la Scrittura dà a questo termine: proclamazione nella lode dei mirabilia Dei, accettazione gioiosa e riconoscente del disegno divino, dei suoi interventi nella storia della salvezza, di cui ogni lettera rivela un episodio o un aspetto.

Con il testo Sacro ci vengono incontro sillabe preziose, segno che Qualcuno ci ha cercato, ci ha trovato. Sillabe che ripetute notte e giorno fanno ritrovare il cammino dell’amore, cammino che con la fretta non s’accorda. Sillabe che chiedono la sosta dell’ascolto, del silenzio, della preghiera:

concretamente quel sostare che è la celebrazione.

Le sillabe del Lezionario sono davvero preziose perché trasformano la vita di chi, rinnegando l’idolo della fretta, culto moderno ma incompatibile con l’amore, nello scorrere del tempo sempre uguale, investe la voce, la mente, il cuore in questo dialogo con l’Eterno.

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Cosa rappresenta, allora, il nostro Lezionario?

Certamente la Rivelazione è più ampia della Scrittura e ne è il fondamento. Ma c’è anche un preciso senso e valore della Scrittura come libro. Si potrebbe quasi affermare che il libro è un evento nella storia della Rivelazione. Il testo scritto infatti è sempre chiamato testo “sacro”, traccia di Dio nella storia, ancor prima che se ne conoscano i contenuti.

In che senso? Il testo è certamente una fissazione, ma proprio in quanto tale esprime e realizza una duplice trascendenza:

trascende l’io dell’autore e trascende il suo tempo.

Quando il testo è scritto l’autore se ne stacca per consegnarlo, per metterlo nelle mani di altri; il lettore di ogni tempo può incontrarlo. La fissazione scritta è un’offerta, una consegna ad altri. Non solo. Anche il destinatario, il lettore del libro fa un’esperienza di tra- scendenza: percepisce-che il libro è stato prodotto prima di lui e si sente rimandato a un’anteriorità.

La fissazione scritta opera una seconda trascendenza: sottrae il testo alla prigionia del presente; in quanto permette di a c c e d e r v i i n o g n i t e m p o . S i p o t r e b b e d i r e c h e contemporaneamente afferma e abolisce il tempo. Il testo scritto narra di avvenimenti passati, ma a differenza di ciò che narra dura nel tempo. La storia che il libro racconta si è conclusa prima di esso o al suo apparire; la storia del libro, invece, comincia con lui. Nella oralità la parola è legata al presente, nella Scrittura sfida il tempo: la Scrittura impone la propria permanenza contro il divenire della storia. In tal modo è posto a disposizione di tutti e di tutte le epoche quello che è stato di qualcuno e di un tempo circoscritto. Ac- cade una “disseminazione”: il testo scritto continua a produrre effetti anche imprevisti, può incarnarsi in diverse situazioni. Ecco l’effetto del libro scritto: tutto può aver luogo oggi, ma ciò può accadere solo nell’uso, quindi nell’oggi del lettore e dell’uditore.

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Il Lezionario: un testo per l’azione rituale

II Lezionario, scrittura ritagliata in sillabe preziose, invita all’incontro con l’origine eloquente, perché graziosa e generosa, cioè invita alla relazione con Dio, autore della rivelazione. Tale incontro si realizza nell’atto liturgico d e l l a p r o c l a m a z i o n e d e l l a p a r o l a , i n q u a n t o a t t o corrispondente alla natura della rivelazione stessa. Il processo infatti che ha portato alla fissazione scritta ha avuto il suo inizio nella grazia dell’Evento, ma è stato reso possibile dal riconoscimento di fede e dalla narrazione testimoniale. La celebrazione della parola, mediante l’atto della proclamazione e l’accoglienza riconoscente, decristal- lizza la fissità della Scrittura e in tal modo rende possibile la relazione con l’Evento originario. Quando nella liturgia la parola è proclamata essa risuona e così permette a chi l’ascolta di custodire l’emozione dell’evento e di aprirsi, mediante la risposta riconoscente, all’ esercizio della gratitudine. Il testo scritto custodisce l’inizio, l’atto liturgico della proclamazione ne libera il lato promettente, impedisce che la generosità e la graziosita dell’origine siano trattenute.

La proclamazione è il momento in cui il narratore scompare, mentre la sua voce lascia risuonare qualcosa che proviene dall’origine; gli uditori, raccolti nel silenzio, dimenticano se stessi nell’ascolto nudo. Una parola appare finalmente come non prodotta da nessuno, ma destinata a tutti e per tutti abbraccio di vita. Qualcosa del nostro radicamento originario traspare, e l’immaginazione si apre. Si capisce perciò la necessità e l’urgenza di superare la tentazione diffusa e ricorrente di ritenere insignificanti i passaggi attraverso le forme della scrittura e della proclamazione, con l’illusione di vivere in modo immediato il rapporto con l’Evento originario.

La forma rituale, nel nostro caso la Scrittura pro- clamata, non è uno strumento da attraversare per giungere al

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