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Dialogo ecumenico in cammino 1 di Eva Guldanova 2

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Dialogo ecumenico in cammino

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di Eva Guldanova2

Gentili signori, gentile signore, cari fratelli, care sorelle nel Signore nostro Gesù Cristo: mille grazie per il vostro invito a Brescia per parlare del dialogo ecumenico, un tema che personalmente mi sta molto a cuore e che trovo molto importante e anche molto bello.

Il tema del dialogo non è estraneo a noi cristiani. Nel libro più importante per la nostra fede – la Bibbia, la Sacra Scrittura – ci sono tanti dialoghi, e proprio quest’anno durante la Settimana di preghiera per l’unità dei cristiani abbiamo riflettuto e imparato molto da un dialogo, quello accanto a un pozzo tra la donna samaritana e Gesù.

Coloro che preparano i sussidi per la Settimana di preghiera ci incoraggiano ogni anno a non limitare gli incontri ecumenici a quell’unica settimana – che nei nostri paesi cade solitamente alla fine di gennaio – ma ci invitano a cercare durante tutto l’anno altre possibilità per

incontrarci, conoscerci o, se già ci conosciamo, per intensificare la conoscenza, parlare e pregare insieme e approfondire insieme la nostra fede. Proprio per questo sono molto lieta che l’incontro di questa sera ci offra una tale opportunità.

Quanto è successo al pozzo in Samaria ci offre lo spunto per aprire l’incontro di questa sera.

Là si sono incontrate due persone straniere che appartenevano a due comunità diverse, anzi avversarie, nella logica corrente non avrebbero mai parlato insieme, ma si sarebbero ignorate.

Invece Gesù riconosce nella Samaritana una persona ferita nel suo intimo, con i suoi bisogni e i suoi desideri, mentre la Samaritana vede la stanchezza, e la sete di Gesù. Entrambi hanno bisogno l’uno dell’altro e insieme superano le barriere, i confini, gli stereotipi che li dividono.

Alla fine entrambi, ma soprattutto la samaritana, comprendono meglio chi è l’altro e sono arricchiti dall’incontro.

Qualcosa di simile accade anche nel dialogo ecumenico. All’inizio ci incontriamo come stranieri, come membri di comunità che una volta, e forse anche in tempi non così lontani, erano avversarie. Veniamo con le nostre ferite, con i nostri bisogni e i nostri desideri, che forse dall’esterno non si vedono, e che anzi cerchiamo di nascondere. Se ci apriamo uno all’altro, ci guardiamo negli occhi, possiamo scoprire uno nell’altro fratelli e sorelle che da anni si erano allontanati fino a perdersi. Fratelli e sorelle con le stesse ferite, con bisogni e desideri molto simili, possiamo far cadere gli stereotipi, che distorcono ai nostri occhi la vera immagine dell’altro. Dopo una tale esperienza possiamo provare una sensazione simile a una

1 Intervento tenuto a Brescia il 5 marzo 2015 nella Sala Bevilacqua su invito della Cooperativa Cattolico- democratica di Cultura, in collaborazione con l’Ufficio Diocesano per l’Ecumenismo, la Chiesa Evangelica Valdese di Brescia e i Padri Filippini della Pace.

2 Eva Guldanova è pastora della Chiesa Luterana Slovacca, vive e lavora a Bratislava, è attualmente copresidente del Foro Ecumenico delle Donne Cristiane Europee

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guarigione e possiamo lasciarci arricchiti dal nuovo incontro, anzi scopriamo che siamo più noi stessi, più capaci di vivere ed esprimere la nostra fede in Gesù crocifisso e risorto. Questo vale per ogni incontro sinceramente ecumenico.

Ma quali sono gli scopi del dialogo ecumenico? Come possiamo dialogare? Lo scopo principale è quello di realizzare la preghiera che Gesù ha pregato prima della sua passione – che noi, i suoi seguaci siamo uno come lui e il Padre lo sono, affinché il mondo creda (Gv 17). Su questa strada verso l’unità poi ci sono passi intermedi, obbiettivi parziali.

Una storiella ebraica ci aiuta a capire come compiere il primo passo, per raggiungere il primo scopo del dialogo ecumenico. Un vecchio rabbino alla fine della sua vita decise di scegliere il suo successore. Dopo aver individuato tre candidati li inviò in un’altra città perché si

confrontassero in una disputa verbale con una persona di opinioni completamente diverse dalle loro. Il primo candidato tornato trionfante e con una corona da vincitore sul capo disse:

“Ho vinto la disputa senza nessun problema. Ho distrutto il mio avversario al punto che gli mancavano le parole per ribattere alle mie argomentazioni”. Il secondo candidato tornato dal maestro si vantava di essere riuscito a convincere il suo avversario al punto da fargli accettare la sua opinione. Il terzo candidato era tornato invece un po’ abbattuto. Riferì al maestro quasi balbettando e con umiltà di non aver sconfitto l’avversario, ma solo di essere riuscito a comprenderlo. Il vecchio e saggio rabbino rivoltosi a quest’ultimo gli disse: “Tu sarai il mio successore, perché hai veramente capito il senso della Torah. Va’ e continua ad insegnarla”.

Se torniamo al dialogo ecumenico, possiamo dire che il nostro scopo non è, né può essere quello di sconfiggere l’altro, e neppure quello di fargli accettare la nostra posizione, come se questa fosse l’unica giusta e possibile. Se intendiamo avviare un dialogo nella convinzione di essere gli unici depositari della verità, il dialogo finisce prima ancora d’iniziare. Bisogna accostarsi al dialogo in atteggiamento di umiltà tenendo presente che il primo scopo è quello di comprendere l’altro e la sua posizione.

Perché è vero che in un certo senso tutto è una questione di prospettiva.

A volte parliamo delle stesse cose usando linguaggi diversi, o guardiamo lo stesso oggetto con un’angolatura

diversa, non ci capiamo e neppure siamo in grado di riconoscere non solo che l’altro parla della stessa cosa, ma che essa è più complessa di quanto pensiamo.

Papa Giovanni Paolo II nella sua enciclica sull’impegno ecumenico Ut unum sint, afferma una cosa simile parlando dei dibattiti del passato: “Le

polemiche e le controversie intolleranti hanno trasformato in affermazioni incompatibili ciò che era di fatto il risultato di due sguardi tesi a scrutare la stessa realtà, ma da due diverse angolazioni. Bisogna oggi trovare la formula che, cogliendo la realtà nella sua interezza, permetta di trascendere letture parziali e di eliminare false interpretazioni.”3

3 Ut unum sint 38

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Similmente il documento di cui parlerò questa sera, un documento recente di due anni fa intitolato Dal conflitto alla comunione afferma: “Le dottrine spesso mostrano di avere molti elementi comuni, ma possono divergere, o persino essere in contrasto, nelle loro formulazioni.

In virtù degli elementi comuni, il dialogo è possibile; a motivo delle divergenze, il dialogo è necessario. Il dialogo ecumenico pone in evidenza il fatto che i partner parlano linguaggi diversi e intendono i significati delle parole in maniera differente; fanno distinzioni diverse e ragionano secondo differenti forme di pensiero. Tuttavia quanto appare essere un contrasto a livello espressivo non sempre lo è nella sostanza.”4

Poco tempo fa ho trovato in internet, un messaggio che mi ha colpito: “Il problema principale della comunicazione è che ascoltiamo non per capire, ma per rispondere”. Personalmente considero questa affermazione vera non solo se riferita alle nostre conversazioni quotidiane, ma anche al dialogo ecumenico.

Non si può avviare un dialogo con il solo scopo di difendere se stesso e la propria posizione senza guardare e ascoltare l’altro. Con un tale atteggiamento non si avanza mai, ma si resta soli con i propri pensieri, senza alcuna possibilità di arricchirsi.

Allora il primo scopo del dialogo ecumenico è proprio quello di cercare di comprendere l’altro e per questo è necessario essere pronti ad ascoltare, conoscere davvero le persone e le comunità, le loro posizioni e i loro punti di vista, abolire gli stereotipi, che abbiamo da tanto tempo imparato e che spesso anche noi diffondiamo contribuendo così a rafforzarli.

Per avanzare con successo nel dialogo ci possono aiutare le Regole per il dialogo formulate nel 1965 da Robert McAfee Brown, un teologo protestante americano, uno degli osservatori non cattolici del Concilio Vaticano II. Secondo me le sue sei regole per il dialogo ecumenico, sono belle e meritano considerazione:

1- Ognuno, cioè ogni partner del dialogo deve credere che l’altro stia parlando in buona fede.

2- Ognuno deve avere una chiara comprensione della propria fede.

3- Ognuno deve sforzarsi per una chiara comprensione della fede dell’altro.

4 Dal conflitto alla comunione 32-33

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Ci sono due importanti conseguenze in questo sforzo per una chiara comprensione dell’altro: a) la prima è la volontà di interpretare la fede dell’altro nel suo senso più bello piuttosto che nel senso più brutto. b) Ognuno deve mantenere una continua volontà di rivalutare la sua comprensione della fede dell’altro.

4- Ognuno deve accettare in umiltà e penitenza la responsabilità per ciò che il suo gruppo ha fatto e sta facendo per sostenere e perpetuare la divisione.

5- Ognuno deve affrontare direttamente sia le cose che causano separazione, come quelle che creano unità.

6- Ognuno deve riconoscere che tutto ciò che può essere fatto con il dialogo, è metterlo nelle mani di Dio.

La necessità di comprendersi, penso, non finisce mai e nel dialogo ecumenico non ci si può fermare quando ci sentiamo soddisfatti per esserci compresi e poi ognuno resta fermo sulle sue posizioni. Anche se non ci offendiamo più continuiamo però a rimanere estranei gli uni agli altri. La comprensione reciproca è solo il passo iniziale nello sforzo per cercare insieme la verità e dovrebbe portarci a riconoscerci reciprocamente come fratelli e sorelle nella fede, ad accoglierci come fratelli e sorelle in Cristo; dovrebbe portarci al reciproco riconoscimento delle Chiese.

Dobbiamo anche cercare e sviluppare un linguaggio comune per esprimere quello che nella nostra fede ci unisce: i dialoghi ecumenici, le traduzioni congiunte della Bibbia e diversi incontri comuni hanno aiutato e aiutano a questo scopo.

Riconoscendoci fratelli e sorelle e percorrendo così insieme almeno parte della stessa strada nella fede, desiderando sempre crescere nella nostra fede ci si offre la bellissima opportunità di cercare insieme la verità e quindi insieme riusciamo a capire meglio la fede cristiana. È questo uno degli scopi più alti del dialogo ecumenico: aiutarsi l’un l’altro a capire e vivere la nostra fede. In questo modo il dialogo non ci fa perdere la nostra propria identità ma invece ci aiuta a rafforzarla, ad approfondirla, a radicarla in maggiore profondità.

Questa esperienza è resa in una vecchia immagine di Cristo raffigurato come il sole, mentre i cristiani, nella loro diversità, appaiono come i raggi luminosi del sole. Più vicino sarà ognuno di noi al sole, a Cristo, più vicini saremo l’uno all’altro. E secondo me funziona anche

nell’altro senso. Più ci avviciniamo uno all’altro, più esprimiamo l’amore cristiano che ci lega e quindi ci troveremo anche più vicini a Cristo.

Lo scopo del dialogo ecumenico però in nessuno modo vuole o può trascurare le differenze e ignorarle, come se non esistessero.

Nel seguito della mia esposizione farò riferimento a un documento pubblicato dalla

Commissione Fede e Costituzione del Consiglio Ecumenico delle Chiese come risultato del dialogo multilaterale – cioè tra molte Chiese e comunità diverse – sul tema della

interpretazione sia della Bibbia che della nostra fede in generale, dei suoi simboli e dei suoi riti, delle sue storie e delle sue pratiche. Il documento pubblicato nel 1998 è intitolato “Un tesoro in vasi d'argilla”. Qui troviamo la seguente affermazione: “Ascoltare l’altro non significa necessariamente accettare ciò che le altre Chiese affermano; significa piuttosto accettare la possibilità che lo Spirito parli a queste Chiese o attraverso di esse. Si potrebbe parlare in questo caso di un’ermeneutica della fiducia. Un’ermeneutica impegnata nella ricerca dell’unità dovrebbe comportare l’utilizzo di un metodo ecumenico attraverso il quale i cristiani appartenenti a diverse culture, situazioni e confessioni possano incontrarsi gli uni gli

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altri nel rispetto, aprendosi costantemente a una metanoia che è autentica "trasformazione dello spirito" e del cuore”.5

Il documento prosegue ricordando alcune regole del dialogo ecumenico che ho già presentato e afferma: “L’ermeneutica al servizio dell’unità deve muovere dal presupposto che coloro che interpretano la tradizione cristiana in modi diversi sono animati dall’"intenzione di trasmettere la fede" [cioè che parlano in buona fede]. Il fatto che coloro che partecipano al dialogo

giungano ad apprezzarsi reciprocamente e a fidarsi della sincerità e delle buone intenzioni gli uni degli altri costituisce non solo una condizione, ma anche un fecondo prodotto del dialogo.

Questo significa che ciascuno cerca sinceramente di trasmettere ciò che Dio vuole comunicare attraverso la Chiesa. E’ anche importante trasmettere questo senso di reciproca fiducia nel momento in cui si fanno conoscere alle Chiese gli esiti del dialogo. Ciò vale soprattutto laddove un passato segnato da conflitti dolorosi richiede una guarigione della memoria.

Poiché la diversità può essere l’espressione della ricchezza dei doni dello Spirito Santo, le Chiese sono chiamate a prendere coscienza della possibilità di una complementarità durevole, vale a dire dei valori inerenti all’"alterità" degli altri, e anche del diritto ad essere diversi gli uni dagli altri, dal momento che queste differenze fanno parte dell’esplorazione del mistero divino e dell’unità voluta da Dio. Lette in questa prospettiva, le differenze possono

trasformarsi in un invito e in un punto di partenza per la comune ricerca della verità, in uno spirito di koinonia che implica un’apertura verso la metanoia, sotto la guida dello Spirito di Dio”.6

Il documento poi parla non solo di una ricerca comune della verità ma anche del nostro bisogno profondo dell’altro, della necessità di ascoltarci, quando afferma: “Per conseguire questo scopo, le Chiese sono chiamate a intensificare a tutti i livelli le loro consultazioni sulle grandi questioni legate alla fede e alla disciplina. Una Chiesa che non sia pronta ad

ascoltare le voci delle altre Chiese corre il rischio di perdere di vista la verità dello Spirito che in esse si manifesta”.7

Adesso a titolo di esempio voglio presentare un dialogo bilaterale, quello Luterano-Cattolico o più precisamente il suo ultimo documento intitolato “Dal Conflitto alla Comunione”, pubblicato due anni fa. Il documento vuole aiutare tutti i cristiani e non solo cattolici e luterani, anche se si rivolge soprattutto a loro, a

prepararsi alla celebrazione dei 500 anni della Riforma nel 2017.

Uno studente due giorni fa al Liceo delle Canossiane al termine del mio intervento mi ha posto questa domanda: “A che cosa dobbiamo rinunciare sia noi che le nostre Chiese sulla strada verso l’unità, nel dialogo ecumenico per avvicinarci, per arrivare al traguardo dell’unità?”

5 Un tesoro in vasi d'argilla 8

6 Un tesoro in vasi d’argilla 30

7 Un tesoro in vasi d’argilla 58

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Avrei potuto rispondergli con una bellissima citazione tratta proprio da questo documento: “Il dialogo ecumenico implica la rinuncia a schemi mentali che scaturiscono dalle differenze tra le confessioni e che le enfatizzano. Al contrario, nel dialogo i partner cercano di individuare in primo luogo ciò che hanno in comune e solo allora esaminano la rilevanza delle loro divergenze.

Queste differenze, tuttavia, non vengono trascurate o minimizzate, perché il dialogo ecumenico è la comune ricerca della verità della fede cristiana”.8

Quello che è prezioso in questo documento è che forse per la prima volta si trova qui la storia della Riforma raccontata congiuntamente. Fino a questo documento sia i luterani che i cattolici hanno narrato gli avvenimenti di quegli anni del XVI secolo in modo personale,

sottolineando solo certi aspetti, storcendo un po’ la storia allo scopo di porre in buona luce la propria comunità a scapito dell’altra. Adesso invece cattolici e luterani ci consegnano un comune racconto di quegli eventi.

“Dal Conflitto alla Comunione” è suddiviso in sei capitoli i cui titoli ci aiutano a capire i temi trattati:

I. Commemorare la Riforma in un’era ecumenica e globale

[Il documento trasmette la consapevolezza che si tratta della prima commemorazione ecumenica della Riforma].

II. Nuove prospettive su Martin Lutero e sulla Riforma

III. Una sintesi storica della Riforma luterana e della reazione cattolica

IV. Temi fondamentali della teologia di Martin Lutero alla luce dei dialoghi luterano-cattolici:

la giustificazione, l’eucaristia, il ministero e il rapporto tra Scrittura e tradizione V. Chiamati a una commemorazione comune

Il battesimo: il fondamento dell’unità e della commemorazione comune Gioia condivisa nel Vangelo

Motivi di rammarico e di dolore La preghiera per l’unità

Valutare il passato

Confessione cattolica di peccati contro l’unità Confessione luterana di peccati contro l’unità VI. Cinque imperativi ecumenici

Vi riporto ora i Cinque imperativi ecumenici:

Primo imperativo: cattolici e luterani dovrebbero sempre partire dalla prospettiva dell’unità e non dal punto di vista della divisione, al fine di rafforzare ciò che hanno in comune, anche se è più facile scorgere e sperimentare le differenze.

8 Dal Conflitto alla comunione 34

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Secondo imperativo: luterani e cattolici devono lasciarsi continuamente trasformare dall’incontro con l’altro e dalla reciproca testimonianza di fede.

Terzo imperativo: cattolici e luterani dovrebbero di nuovo impegnarsi a ricercare l’unità visibile, a elaborare e sviluppare insieme ciò che questo comporta come passi concreti, e a tendere costantemente verso questo obiettivo.

Quarto imperativo: luterani e cattolici dovrebbero riscoprire congiuntamente la potenza del Vangelo di Gesù Cristo per il nostro tempo.

Quinto imperativo: cattolici e luterani dovrebbero rendere insieme testimonianza della misericordia di Dio nell’annuncio del Vangelo e nel servizio al mondo. 9

Il dialogo teologico di cui ho parlato fin ad ora non è però l’unica forma di dialogo fra due o più comunità diverse. Nel contesto interreligioso si parla di quattro forme di dialogo, senza pretendere di stabilire alcun ordine di priorità tra di esse. Secondo me questa distinzione esiste anche nello sforzo ecumenico e ci può aiutare a capire meglio la complessità di tutto il

contesto ecumenico. Le quattro forme di dialogo sono:

“a) Il dialogo della vita, che si ha quando le persone si sforzano di vivere con lo spirito aperto e pronto a farsi prossimo, condividendo le loro gioie e le loro pene, i loro problemi e le loro preoccupazioni umane. In questo caso si tratta degli incontri quotidiani fra persone di comunità diverse.

b) Il dialogo dell’azione, chiamato anche il dialogo sociale, nel quale i cristiani e gli altri credenti collaborano a progetti comuni, per il bene comune e per interessi comuni.

c) Il dialogo dello scambio teologico, di cui abbiamo parlato fino ad ora, nel quale gli specialisti cercano di approfondire la propria comprensione delle loro rispettive eredità spirituali, e di apprezzare, ciascuno i valori spirituali dell’altro.

d) Il dialogo dell’esperienza religiosa, nel quale le persone, radicate nelle loro tradizioni religiose condividono le loro ricchezze spirituali, per esempio nel campo della preghiera e della contemplazione, della fede e dei modi di ricercare Dio o l’Assoluto”. 10

“Non bisognerebbe mai perdere di vista questa varietà di forme di dialogo. Se venisse ridotto a uno scambio teologico, il dialogo potrebbe essere considerato facilmente una sorta di ambito privilegiato, un dominio riservato agli specialisti. Al contrario, tutte le Chiese locali, tutti i loro membri […] sono chiamati al dialogo, anche se non tutti allo stesso modo.

Si può notare inoltre che le diverse forme di dialogo sono interconnesse tra loro. I contatti all’interno della vita quotidiana e l’impegno comune all’azione apriranno in modo naturale la porta alla collaborazione alla promozione dei valori umani e spirituali; i contatti e l’impegno comune possono anche portare al dialogo dell’esperienza religiosa. Gli scambi al livello di esperienza religiosa possono dare maggior vita alle discussioni teologiche, e quest’ultime, in cambio, possono illuminare l’esperienza ed incoraggiare i contatti più stretti.” 11

9 Dal conflitto alla comunione, 239-243

10 Il dialogo e l’annuncio, 42

11 Il dialogo e l’annuncio, 43

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Tutto questo per parlare dell’ultimo argomento a cui voglio accennare questa sera. In un certo modo tutte queste forme di dialogo sono presenti nell’organizzazione di cui io faccio parte, e che mi ha condotto anche qui a Brescia: il Foro Ecumenico delle Donne Cristiane Europee.

Già il nome “Foro” contiene in se l’idea del dialogo. Per me il Foro Ecumenico è proprio uno spazio per dialogare in tutte le forme possibili.

Parlando di foro a me viene in mente anche l’idea del mercato: il Foro è uno spazio in cui le donne non solo parlano insieme ma anche si scambiano doni, talenti e ricchezze spirituali e così si arricchiscono l’un l’altra nel reciproco incontro.

La fondatrice – la pastora riformata svizzera Ruth Epting – aveva la visione di un vicinato europeo riconciliato che promuove e rinforza la pace e aveva un grandissimo desiderio di rafforzare le donne e nutrire i loro talenti.

L’idea del Foro nacque nel 1977 in Svizzera a Glion sul Lago Ginevra, durante un incontro organizzato dal „Dipartimento per le donne nella chiesa e nella società” del Consiglio

Ecumenico delle Chiese. Durante il convegno divenne chiaro alle rappresentanti europee che mancava un coordinamento, anzi una comunicazione tra le donne cristiane in Europa. Nella

“Lettera aperta alle donne cristiane di Europa” le donne della commissione preparativa hanno fatto appello ad uno sforzo comune per trovare il modo di lavorare insieme.

Cinque anni dopo, nel 1982 nacque a Gwat, sul Lago di Thun in Svizzera, il Foro Ecumenico delle Donne Cristiane Europee, creando così una rete tra le donne cristiane e un ponte

attraverso l’Europa da nord a sud e dall’est all’ovest, per realizzare una cooperazione più forte tra donne e uomini nella Chiesa e nella società.

Nel 1990 durante l’Assemblea Generale a York in Inghilterra è stata approvata una decisione importante: da quel momento il presidio del Foro consisterà di tre co-presidenti, una per ognuna delle tre principali denominazioni cristiane: cattolica, ortodossa e protestante; le tre co-presidenti collaborano su un piano di parità.

Elisabeth Raiser, eletta in quell’assemblea come co-presidente protestante, ha scritto:

“L’assemblea generale di York ha eletto tre presidenti, in questo modo abbiamo deciso di scegliere una struttura di leadership fino ad ora insolita nelle Chiese. È una decisione ispirata dall’idea della responsabilità e del potere condiviso, che per anni è stata oggetto di una discussione vivace e animata tra le donne” (Le elezioni del presidio si svolgono ogni 4 anni).

Le donne riunite del Foro si erano rese conto che gli incontri personali rendono i contatti più profondi e in conseguenza è più facile lavorare insieme.

Per i primi anni il lavoro del Foro era affidato a specifiche commissioni create al suo interno:

• Giustizia e pace (superare la violenza, sicurezza sociale per le donne) – “non

dobbiamo solo invocare la giustizia, ma dobbiamo anche impegnarci per realizzarla”

• Ecologia e bioetica (Cernobyl, Scuola ecologica estiva)

• Teologia e spiritualità

Dopo il 1998 il Foro ha cambiato la sua organizzazione concentrandosi su progetti svolti all’interno di ogni singolo foro nazionale, su tematiche scelte all’interno di regioni formate dall’unione di più nazioni.

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Le partecipanti alle attività testimoniano che nel Foro si percepisce un profondo sentimento di solidarietà, si sente di vivere l’ecumenismo e di riceverne un sostegno spirituale. Il Foro ha svolto attività e convegni anche in Russia a San Pietroburgo ancora durante il periodo del comunismo nel 1983 e successivamente nel 2005. Al termine del Convegno ecumenico del 2005 le partecipanti hanno dichiarato: “Sono stati giorni intensi: abbiamo discusso, riflettuto, ascoltato storie personali e cercato un fondamento comune.” Nel messaggio comune finale si legge: “Siamo state in grado di ascoltarci e comprenderci come donne cristiane sullo sfondo di diversi testi biblici e delle esperienze pratiche delle nostre comunità e dei nostri paesi di origine. Speriamo di continuare questo tipo di apprendimento e scambio ecumenico in tutti i campi. È nostro desiderio che le Chiese ai più alti livelli siano consapevoli del contributo che le donne danno alla loro vita.”

Nicole Fischer, svizzera di Ginevra, la prima presidente del Foro, riteneva e sottolineava:

“non siamo un club, ma un foro” e nella sua relazione alla 2a assemblea generale ha chiarito che è necessario un grande lavoro per costruire una rete ecumenica europea. Inoltre ha sottolineato che soprattutto non possiamo evitare le domande difficili, dobbiamo assumerci il peso del passato e impegnarci per il rinnovamento della fede dalla prospettiva delle donne, come “collaboratrici di Dio” (1 Cor 9) dare una nuova speranza.

Oggi il Foro vuole essere una viva comunità cristiana di sorelle, capace di creare uno spazio sacro e sicuro, dove tutte le donne – al di là delle loro differenze – sono rafforzate per condividere la loro spiritualità e provare, o possiamo dire, vivere la loro fede.

Il Foro si sforza di diventare una voce delle donne cristiane riconosciuta nella Chiesa e nella vita pubblica in Europa.

Oggi il Foro è attivo in più di 30 paesi in Europa e ha costituito una rete di donne provenienti da tutte le denominazioni cristiane, lavora per aiutare le donne a trovare una comune identità europea e a impegnarsi nelle loro proprie comunità. Il Foro durante la sua storia di più di 30 anni ha dato alle donne l’opportunità di condividere le loro tradizioni e agire insieme per la giustizia e per la pace. Lo scopo principale del Foro è di preparare le donne ad affrontare le nuove sfide che l’Europa incontra in questo tempo e fornire loro gli strumenti per superare le divisioni e costruire comunità con il sostegno e l’incoraggiamento della famiglia ecumenica in Europa. Il Foro cerca infine di sviluppare le capacità della giovane generazione delle donne.

Voglio concludere con un pensiero che Evi Krobath, una viennese rappresentante austriaca del Foro, ha espresso nel 2003 a un nostro convegno: “Riconciliazione è un processo di guarigione delle vecchie ferite, e come tale ha bisogno di tempo. Forse comincerà con il desiderio di conoscersi l’un l’altro, di raccontarsi la propria storia, di comprendersi e imparare a rispettarsi a vicenda. Il lavoro di riconciliazione è faticoso e difficile. Distruggere i muri delle vecchie inimicizie – pietra dopo pietra – ricorda il lavoro di Sisifo, ma io penso, che le donne abbiano un talento particolare per non arrendersi.”

Bibliografia:

Ut Unum Sint - Lettera Enciclica del Sommo Pontefice Giovanni Paolo II sull'Impegno Ecumenico (1995), scaricabile da sito internet: http://w2.vatican.va/content/john-paul- ii/it/encyclicals/documents/hf_jp-ii_enc_25051995_ut-unum-sint.html

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Rules for Dialogue – Robert McAfee Brown (1965), in: The Ecumenical Movement: An Anthology of Key Texts and Voices, Michael Kinnamon, Brian E. Cope, WCC

Publications, Geneva, 2002, p. 131

(Robert McAfee Brown’s influential book, The Ecumenical Revolution, contains an expanded version of these “rules”. ● Robert McAfee Brown, “Rules for dialogue”, in Study Encounter, vol.1, no.3, 1965, pp. 133-134)

A Treasure in Earthen Vessels: An Instrument for an Ecumenical Reflection on Hermeneutics, Faith and Order Paper n. 182, November 1998. Stampa (30.8.1999).

Scaricabile da sito Internet:

http://www.oikoumene.org/en/resources/documents/commissions/faith-and-order/iv- interpretation-the-meaning-of-our-words-and-symbols/a-treasure-in-earthen-vessels . Traduzione Italiana: Un tesoro in vasi d'argilla, scaricabile dal sito internet:

http://www.dehoniane.it:9080/komodo/trunk/webapp/web/files/riviste/archivio/02/200003 117a.htm

From Conflict to Communion: Lutheran–Catholic Common Commemoration of the Reformation in 2017 - Report of the Lutheran–Roman Catholic Commission on Unity, Evangelische Verlangsanstalt, Leipzig/Bonifatius, 2013

Scaricabile da sito internet: https://www.lutheranworld.org/content/resource-conflict- communion-basis-lutheran-catholic-commemoration-reformation-2017

o http://www.vatican.va/roman_curia/pontifical_councils/chrstuni/lutheran-fed- docs/rc_pc_chrstuni_doc_2013_dal-conflitto-alla-comunione_en.html

Traduzione Italiana: Dal Conflitto alla Comunione Scaricabile da sito internet:

http://www.vatican.va/roman_curia/pontifical_councils/chrstuni/lutheran-fed- docs/rc_pc_chrstuni_doc_2013_dal-conflitto-alla-comunione_it.html

Dialogue and Proclamation: Reflections and Orientations on Interreligious Dialogue and the Proclamation of the Gospel of Jesus Christ - Pontifical Council For Inter- Religious Dialogue, and Congregation for the Evangelization of Peoples, 1991; Off-print of the Bulletin No. 77 (1991) of the P.C.I.D.

Scaricabile da sito internet:

http://www.vatican.va/roman_curia/pontifical_councils/interelg/documents/rc_pc_interelg _doc_19051991_dialogue-and-proclamatio_en.html

Traduzione Italiana: Il Dialogo e l’Annuncio

Scaricabile da sito internet: http://www.internetica.it/dialogo-annuncio.htm Ecumenical Forum of European Christian Women from 1982 to 2010 - Inge Schintlmeister, scaricabile da sito internet: http://efecw.net/Home/ecumenism-of- christian-women-in-europe.html

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