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S. Maria Madre di Dio - anno B - 01/01/2021. Benedizione di Capodanno Commento alla I lettura - Libro dei Numeri, 6, 22-27

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S. Maria Madre di Dio - anno B - 01/01/2021

Benedizione di Capodanno – Commento alla I lettura - Libro dei Numeri, 6, 22-27 Trascrizione del video-commento del biblista p. Fernando Armellini non rivista dall’autore Il Signore parlò a Mosè e disse: «Parla ad Aronne e ai suoi figli dicendo: «Così benedirete gli Israeliti: direte loro:

“Ti benedica il Signore e ti custodisca.

Il Signore faccia risplendere per te il suo volto e ti faccia grazia.

Il Signore rivolga a te il suo volto e ti conceda pace”.

Così porranno il mio nome sugli Israeliti e io li benedirò.

Un buon anno a tutti, sorelle e fratelli. Ce ne siamo scambiati tanti di auguri questi giorni e cosa potevamo attenderci dalla parola di Dio del nuovo anno, se non che iniziasse con un augurio?

“Il Signore vi benedica e vi protegga.”

Sono le prime parole che ascoltiamo nel giorno di Capodanno e credo che non esista un augurio più bello. Io sarei ben felice se i miei fratelli di fede me lo rivolgessero in questo giorno: “Il Signore ti benedica.” Bello. Cosa significa benedire, benedizione, che sono termini che ricorrono

continuamente nella Bibbia fra Antico e Nuovo Testamento ben 617 volte?

Nella Bibbia si benedice continuamente. Cosa vuol dire questo verbo, benedire?

Basta aprire la Bibbia fin dall'inizio, perché “Il Creatore, dopo aver creato i pesci volatili”, dice il testo sacro, “li benedisse dicendo: siate fecondi, moltiplicatevi, riempite le acque del mare e voi volatili riempite il cielo, siate fecondi, moltiplicatevi.”

Ecco la benedizione: significa fecondità, vita. Questo è ciò che accade alla persona che è benedetta: ha la pienezza di fecondità e di vita.

Anche gli uomini subito dopo vengono benedetti allo stesso modo: “Siate fecondi, moltiplicatevi, riempite la terra e soggiogatela, abbiate il dominio su tutte le creature.” Anche Noè è benedetto allo stesso modo, dopo il diluvio lui e i figli: “Siate fecondi moltiplicatevi.”

Benedire, significa proprio questo: vita. Benedire significa volere la vita, amare la vita, augurare, desiderare che l'altro goda della pienezza della gioia e della vita.

Bello questo augurio: “Ti benedica il Signore”, cioè, ti riempia di vita e di gioia.

Sono tre i tipi di benedizione che noi conosciamo.

Il primo è più semplice, più immediato, è la benedizione che ci rivolgiamo reciprocamente e ognuno è chiamato benedire il fratello che gli sta accanto, cioè a desiderare per lui la felicità la vita.

In Israele la benedizione desiderata era quella che il padre impartiva ai figli prima della sua morte.

Era l'augurio di prosperità, di fecondità, di una famiglia unita, numerosa, e la Bibbia ne ricorda varie di queste benedizioni, quella di Isacco che benedice Giacobbe, poi benedice anche suo fratello gemello, Esaù, e poi Giacobbe, a sua volta, che benedice i suoi figli, che dovevano dare origine a ben 12 tribù le 12 tribù di Israele. Eccola la benedizione di Giacobbe.

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Cosa accade quando l'uomo benedice il fratello che gli sta accanto? Un uomo auspica amore per lui, auspica ogni bene e questo non si riduce a un vano auspicio a cui non segue poi alcun impegno pratico, come quando noi, incontrando una persona in questi giorni, abbiamo detto “Auguri di buon anno” e poi ognuno se n'è andato per la sua strada…no, chi benedice in senso biblico vuole la gioia della vita dell'altro e si dichiara disponibile a fare tutto quanto è nelle sue possibilità affinché questo desiderio di bene divenga realtà. Il contrario è maledire: in ebraico Arur.

Cosa accadeva quando uno veniva maledetto? Immaginate il popolo di Israele nel deserto e c'è qualcuno del popolo che ha commesso un qualche crimine, qualche reato; veniva maledetto.

Maledetto significava scacciato dal popolo, allontanato: tu vattene solo nel deserto, sei escluso dalla nostra comunità. Maledire significa privarlo della vita, dell'incontro dove ci si scambia amore:

“tu te ne vai da solo nel deserto”, era praticamente una condanna a morte lontano dalla comunità.

Allora, se la formula originaria della benedizione potrebbe essere formulata così: “io voglio che tu viva, sono contento che tu esista”, la formula della maledizione è “non voglio che tu viva, che tu esista, insomma, il mondo sarebbe molto più bello se tu non ci fossi”. Questa la maledizione, non è che lo vogliamo uccidere, ma se se lo porta via una malattia, non ci piangiamo più di tanto.

Il nome Cristiano può essere impiegato solo per benedire, mai per maledire, mai per escludere qualcuno dal nostro impegno, perché lui sia felice. Il Cristiano sta sempre dalla parte della vita e quindi della benedizione, anche per il nemico.

Ricordiamo le parole di Gesù: “Benedite coloro che vi maledicono”. Nella lettera ai Romani, al capitolo 14, Paolo: “Benedite coloro che vi perseguitano”. Benedite, non maledite: mai il Cristiano desidera un qualcosa che sia morte per il fratello.

Ecco, abbiamo tutti bisogno di sentirci benedetti dai fratelli. Saremmo tutti più felici se sapessimo che l'altro vuole la nostra vita e sarebbe bello sentire dal cristiano queste parole di benedizione, soprattutto quando gli costa pronunciarle, perché deve rivolgerle a chi forse sarebbe più propenso a maledire. E la benedizione è una terapia per i nostri rancori, per le nostre rabbie, le nostre chiusure al dialogo, le incomprensioni, la non accettazione delle diversità, dei limiti, dei difetti dell'altro. Sempre ogni uomo deve essere benedetto. Quando noi benediciamo, rendiamo sempre maggior coscienza di essere figli dell'unico Padre che è il Dio della vita.

Questa è la prima forma di benedizione, quelle che ci scambiamo da uomo a uomo. Il cristiano deve solo benedire, mettersi sempre nella disposizione di volere la vita del fratello.

C'è un'altra forma di benedizione che troviamo nella Bibbia, quella con la quale l'uomo benedice Dio. Se prima benediciamo il fratello che sta al nostro fianco, adesso alziamo lo sguardo per benedire Dio: che cosa significa benedire Dio? Certo, non possiamo certo augurare vita a Dio.

Benedire Dio significa riconoscere che è lui il Signore della vita, significa prendere coscienza che tutto ciò che è amore e che produce gioia viene da lui.

Ogni creatura ci è donata da lui ed è un dono per la vita che deve essere usato per la vita, mai per la morte. Quando noi benediciamo Dio prendiamo coscienza di questa realtà, le creature sono dono di Dio e vanno impiegate solo per la vita. Quando noi benediciamo Dio ci mettiamo in giusto rapporto con il Creato.

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In Israele prima di prendere ogni alimento bisognava - e bisogna ancora - pronunciare la

benedizione, cioè riconoscere che viene da Dio - “Benedetto sei tu Signore Dio dell'Universo” - che mi hai dato come alimento, una qualunque creatura, perché tutto è donato da Dio per la vita. Nel trattato delle benedizioni del Talmud, le famose Berakot, si dice che chiunque goda di qualcosa di questo mondo senza pronunciare la benedizione commette peccato di appropriazione. Se non benedice Dio vuol dire che lui considera come un qualcosa che gli appartenga ciò che invece è di Dio. Tutti gli aggettivi possessivi sono una menzogna. Tutto è di Dio ed è stato consegnato a noi affinché impieghiamo queste creature per la vita.

Si racconta di un rabbino che metteva da parte i suoi risparmi, perché ogni anno lui voleva

acquistare tutti i frutti che venivano prodotti, non per golosità, ma anche perché prima di gustare questi frutti doveva pronunciare la benedizione per il dono di Dio e alla fine dell'anno era felice perché aveva dato grazie a Dio per tutti i suoi doni.

Questa benedizione richiama a chi la pronuncia la verità che l'uomo non è padrone, tutto è di Dio, tutto deve essere usato secondo il suo disegno. I beni sono abbondanti e sono destinati a tutti i figli di Dio, perché abbiano vita.

Ecco l'importanza di pronunciare su ogni creatura di cui ci serviamo la benedizione, eviteremo di gestire il Creato, guidati dal nostro egoismo, dalla cupidigia, dalla bramosia dell'accumulo…no, più spesso, dovremo pronunciare questa benedizione per richiamare la verità sul Creato.

La terza forma, adesso, di benedizione. Abbiamo visto quella che rivolgiamo i fratelli, poi alziamo lo sguardo, la benedizione che rivolgiamo a Dio, e il loro significato, e adesso c'è una terza forma di benedizione: quella che scende da Dio. È quella del nostro brano:

“Il Signore parlò a Mosè e disse: “Parla ad Aronne e ai suoi figli dicendo: “Così benedirete gli Israeliti, direte loro: “Ti benedica il Signore e ti custodisca, il Signore faccia risplendere per te il suo volto e ti faccia grazia; il Signore rivolga a te il suo volto e ti conceda pace”. Così porranno il mio nome sugli Israeliti e io li benedirò””.

Vorrei fare anzitutto alcune osservazioni su questo testo per renderci conto di quanto sia sacro e con quanto rispetto e devozione debba essere proclamato. Anzitutto è una formula di benedizione che deve essere pronunciata solo dai sacerdoti, sono loro gli unici mediatori di queste parole che scendono da Dio, scendono dal cielo. Soltanto il Cohen, il sacerdote - è un discendente delle famiglie sacerdotali -, poteva benedire i presenti al termine del sacrificio nel tempio: lo vedete sullo sfondo come i sacerdoti, dopo il sacrificio, stendano le mani sul popolo e pronuncino proprio questa benedizione del Libro dei Numeri. Ancora oggi sono soltanto i Cohennim, i sacerdoti, a invocare la benedizione sui presenti al termine della liturgia nella Sinagoga, in giorno di sabato, e notate come devono essere aperte le dita delle mani dei sacerdoti.

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Non voglio entrare nel dettaglio del significato simbolico. Mi limito a dire che la posizione di quelle dita ha un significato che si riferisce a una parola ebraica, (ebraico: Coha), che significa “forza”, perché quelle mani devono comunicare questa forza di vita che è contenuta nelle parole

pronunciate dal Cohen.

Seconda osservazione: questa benedizione è introdotta da una disposizione data da Mosè ai sacerdoti: “Voi benedirete così, i figli di Israele, direte loro:…” e poi inizia la benedizione. Quel

“così” è stato interpretato in questo modo dai rabbini: questa benedizione non può essere pronunciata in altra lingua, deve essere pronunciata così per essere valida ed efficace cioè in ebraico.

È interessante perché solo questa lingua sacra può conservare il valore contenuto in questa benedizione. Ricordiamo al tempo di Gesù si parlava aramaico, però questa benedizione veniva pronunciata in ebraico.

Come notate, in questa benedizione c'è una triplice formula di benedizione che è espressa in crescendo, anche chi non conosce l'ebraico può verificare che la prima formula di benedizione è composta di tre parole, la seconda formula di cinque parole, la terza formula, è in crescendo, di sette parole.

Sono tre numeri molto importanti e sacri in Israele: numero tre, che è un simbolo di una

perfezione; il numero cinque, simbolo del popolo di Israele, e poi numero sette, proprio lì, quando si annuncia lo Shalom che è la pienezza di gioia di vita, non poteva che comparire il numero sette.

E poi la somma di tutte queste parole 3+5 +7 fa 15 e il numero 15 è il valore numerico del nome del Signore: “Ya”.

Ecco gli Ebrei hanno composto questa benedizione con questi accorgimenti proprio per richiamare quanto sia solenne questo testo, e quanto sia sacro. Lo vogliamo esaminare, perché oggi verrà annunciata questa benedizione all'inizio dell'anno, perché ci dovrà poi accompagnare per tutto l'anno e annunciata da tutti i sacerdoti, anche se non stenderanno le mani perché non sono Cohennim, quindi per rispetto dei sacerdoti di Israele. Ma questa benedizione verrà comunque letta.

“Il Signore ti benedica e ti protegga”

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Queste prime tre parole della benedizione hanno al centro un nome, il nome di Dio, ineffabile, che io ho sostituito, secondo l'uso ebraico, con Adonai.

Sarà ripetuto per tre volte il nome sacro di Dio in queste tre benedizioni e nella prima si chiede che il Signore benedica e protegga.

Benedire, lo abbiamo già detto, significa Che ti colmi di vita, che ti liberi, di custodisca da tutte le forme di morte, chiaro? Si riferisce anche alla vita biologica, che è molto importante, e quindi all'augurio che il Signore ti conceda anche la buona salute, che tu stia bene, che non ti manchi nulla di ciò che è necessario. Ma se c'è solo la vita biologica non è vita piena, non è vita umana autentica, non basta sopravvivere.

Ecco, questa benedizione più che la vita biologica, chiede al Signore una vita che abbia senso, cioè il Signore ti guidi con la sua luce in modo che il tuo vivere non sia un sopravvivere, che quest'anno possa dare il meglio di te stesso nella costruzione del disegno di Dio sul mondo; fuori da questo disegno del Creatore, infatti, la tua vita sarebbe priva di senso, sarebbe effimera, una vita biologica della quale non rimarrebbe traccia. Ti dia allora il Signore una buona salute, ma soprattutto una vita piena di senso, una vita che lascia traccia del suo passaggio in questo mondo, non sia un anno sprecato.

E ti protegga.

Il termine ebraico viene dal verbo Lishmor e non significa “ti tenga d’occhio”, nel senso di quel triangolo, di quell’occhio che scrutava tutti i nostri errori e poi diceva agli Angeli di prendere nota, perché poi ci sarebbe stata la resa dei conti. Non è questo il significato del Signore, che ti deve tenere d’occhio. È la missione del pastore, il pastore che vigila sul suo gregge, perché non corra pericoli di morte e questo è ciò che viene chiesto in questa prima benedizione: “Che il Signore ti protegga, ti custodisca come fa il pastore, che tu non ti lasci sedurre dalla voce di altri pastori, che potrebbero essere i tuoi istinti o le persone che ti vogliono portare fuori strada e ti potrebbero condurre a compiere delle malvagità, e allora tu non saresti felice. Il Signore quest'anno ti protegga, ti custodisca, ti tenga sempre d’occhio”.

Seconda formula della benedizione:

“Il Signore faccia brillare su di te il suo volto”.

Noi riconosciamo le persone da loro volto. È dal volto che noi conosciamo se una persona è amica o se un nemico, se è uno che vuole farci del bene o che ci vuole imbrogliare, se è lieto o se è in lutto, se è sereno, oppure si dibatte con dei problemi, se è angosciato, magari ha bisogno di una parola di consolazione di speranza, oppure può avere bisogno di un rimprovero.

Ecco, noi riconosciamo le persone da loro volto, oggi non vediamo più il volto delle persone. Se noi andiamo in metropolitana non vediamo più i volti, sono tutti ripiegati sullo smartphone e io non so, non posso comunicare con una persona che non conosco, che non vedo. Come si fa a dialogare con una persona della quale io non vedo il volto?

Ecco che cosa si chiede in questa seconda benedizione: “Il Signore faccia brillare il suo volto”.

“Faccia brillare il suo volto” vuol dire faccelo vedere e che sia un volto brillante, sorridente. È bello, vogliamo vedere Dio sorridere, ma quando chiediamo questo, cosa stiamo dicendo? Stiamo

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dicendo di far sì che la nostra vita, quando lui la contempla, possa essere motivo di gioia per lui che possa sorridere, compiacersi di noi suoi figli perché siamo belli, perché gli assomigliamo, perché chi ci incontra e parla di noi, dica delle cose di cui il Padre del Cielo sorride. Gesù ha sempre fatto sorridere il Padre. Ricordiamo le parole del Padre nel giorno del Battesimo al Giordano.

“Questo è il mio Figlio, del quale Io mi compiaccio” e allora sorride Dio quando noi gli assomigliamo.

“E ti conceda grazia”, in ebraico significa benevolenza gratuita, grazia.

Vuol dire: “Che ti renda prezioso, simpatico, attraente, perché sei colmo della bellezza di Dio”, quindi degno di attenzione, di affetto da parte di tutti, e chi fa sorridere il volto del Signore è una persona bella agli occhi degli uomini perché è una persona che ama.

La terza formula di benedizione:

“Il Signore sollevi il suo volto tu su di te”.

Torna il tema del sorriso, che è la premessa perché ci sia pace. Dove non si sorride non c'è pace e la domanda che noi vorremmo chiedere davvero al Signore: “Solleva il tuo volto, lo vogliamo vedere”. E proprio in questo tempo del Natale il Signore ha mostrato il suo volto, lo ha sollevato.

Abbiamo avuto modo di contemplarlo. Come avevamo immaginato noi il volto di Dio? Come ci è stato insegnato in una certa catechesi, era un volto corrucciato, severo, esigente, terribile con chi trasgrediva i suoi ordini e i suoi Comandamenti.

Nel Natale ha alzato il suo volto proprio per farcelo vedere, non è così il volto di Dio. È un volto che è amore e tenerezza e solo amore.

lo abbiamo contemplato ed era diverso da quello che ci hanno detto, ed è venuto nel mondo proprio per mostrarci il suo volto sorridente, il volto di un bambino che parla solo di tenerezza, di amore e anche di debolezza, un bambino che piange, se non lo carezzi, quello è il nostro Dio, quello è il volto del nostro Dio, cancelliamo tutti gli altri volti che sono blasfemi.

E l’ultima richiesta. Shalom è una parola che tutti conosciamo molto bene: “Ponga su di te la pace”.

Pace non è semplicemente assenza di tensioni, di guerre. Shalom ebraico è la pienezza di tutti i beni. Se Dio non sorride sulla nostra vita. Se la nostra vita non è inserita nel suo disegno di amore, noi saremo sedotti dalle nostre passioni, dal nostro egoismo e non avremo lo Shalom.

Soltanto se noi facciamo sorridere Dio con la nostra vita vivremo in un mondo di pace.

E al termine di questa riflessione su questa celebre, celeberrima benedizione del Libro dei Numeri, la voglio ripetere di seguito in ebraico per tutti voi. Io non stenderò le mani come fanno i

Cohennim, per rispetto, ma questa benedizione è per ogni uomo:

La benedizione in ebraico: clicca qui (il video è già posizionato al momento opportuno) Auguro a tutti un buon anno.

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