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Cari Amici,
voglio condividere con voi questa bellissima riflessione sul problema dell’aborto e delle sue conseguenze in tutta l’Umanitá! Con lo sviluppo dell’aborto legale e dell’aborto farmacologico (pillole e spirale), nella sola Italia ven- gono uccisi ogni anno circa 1 milione di feti o embrioni, pari a 2.700 bambini-nascituri uccisi ogni giorno. Negli anni Sessanta nascevano in media in Italia 953 mila bambini all’anno; l’anno scorso 2019, i nati da italiani, in Ita- lia, sono stati meno di 350 mila: un terzo. Se facciamo il conto di quanti italiani mancano dal 1969 ad oggi – cioè di quanti ne sarebbero nati in più se si fosse continuato come in quelli anni, il totale è di 19 milioni, di età com- presa tra 0 e 50 anni: uccisi dall’aborto chirurgico e farmacologico o non concepiti con la contraccezione. Non fa meraviglia che l’Italia sia diventato un ricovero per anziani a cielo aperto e costringa persone di 67 anni a lavora- re ancora per mancanza di giovani che contribuiscano alle pensioni con il loro lavoro. Ma queste cifre spavento- se, lasciano del tutto indifferente il mondo cattolico, il quale si dimostra persino infastidito e sdegnato verso chi osa sollevare il problema dell’aborto e della contraccezione e rompere così il bel clima di intesa con il mondo contemporaneo, governato dai seguaci di Satana. Insieme a questo vergognoso silenzio ci sono, al contrario, le urla dei gruppi e dei partiti abortisti, che non perdono occasione per promuovere l’educazione sessuale opposta a quella cristiana, per fare pubblicitá alla contraccezione, all’aborto chirurgico, all’aborto farmacologico, all’a- borto anche dopo il parto, legalizzato in alcuni Stati americani, alla fecondazione artificiale (che comporta la soppressione di 163 mila embrioni all’anno), all’eutanasia, al suicidio assistito, al divorzio lampo, alle ‘famiglie omosessuali’, all’educazione gender e via dicendo. Alla loro base c’é una visione materialista, relativista, nichili- sta dell’uomo, e nell’egoismo pratico di tutti. E’ poi del tutto probabile che, questa enorme operazione materia- listica, sia voluta e sostenuta anche da potenti gruppi segreti e anticattolici, principalmente dalla massoneria.
Certe frasi, completamente sbagliate, ormai, dominano il linguaggio di tutti. Si dice in giro: “difendiamo il diritto della donna ad una maternità libera e consapevole”; “la società si fonda sulla libertà di scelta dei cittadini”;
“lo Stato non può imporre alla donna di trascinare una gravidanza che non vuole”; “siamo già troppi in questo mondo”; “far nascere un figlio disabile significa condannarlo all’infelicità”; “la società democratica promulga leg- gi che tutelano la laicità dello Stato e la libertà di tutti i cittadini”; “la vita umana comincia quando c’è uno stato di coscienza e di autonomia”; “imporre di continuare una gravidanza è fascismo”; e via dicendo. Ecco le frasi piú comuni che si sentono dire, in nome dei cosiddetti “diritti” umani, che altri non sono che “vizi” umani.. E i cattolici che fanno? Certo non tutti condividono le frasi che abbiamo elencato sopra, ma molti di loro sono arri- vati a farsene delle altre frasi che sono addirittura peggiori delle prime. Essi dicono (sbagliando): “Dio non toglie all’uomo la libertà di compiere il male”; “la legge civile non può imporre la morale cristiana”; “ogni persona va rispettata nella sua libertà di scelta personale”; “la legge 194 (cioè la legge sull’aborto) è una legge fatta bene, che concede quello che è strettamente necessario per evitare il peggio, cioè l’aborto clandestino”; “ci sono pro- blemi più importanti dell’aborto”; “noi cattolici dobbiamo dare testimonianza con l’esempio e non con le prote- ste”; “dobbiamo occuparci della formazione religiosa e lasciare allo Stato le sue responsabilità sulla società”;
“non è questo il momento di intervenire sulle questioni morali, perché sono crollate tutte le certezze morali”; “il Regno di Dio non è di questo mondo”; “non dobbiamo allontanare la gente dalla religione con la nostra rigidità dottrinale”; “non è con i divieti che si converte il mondo”; “il Cristianesimo non è una morale ma una vita”;
“il Vangelo non parla di aborto, omosessualità, embrioni”; e via di seguito. Queste frasi non rispecchiano la mentalitá cristiana ma quella del mondo governato da Satana. Se è vero che, talvolta, bisogna tollerare un male minore per evitare un male maggiore, non è mai lecito, neppure per ragioni gravissime, fare il male, affinché ne venga il bene. Non si può in nessun modo accettare di uccidere un bambino per legge, per evitare che venga ucciso clandestinamente:
primo, perché è ignobile, mostruoso e demoniaco farlo; l’aborto clandestino è un omicidio e lo si deve impedire, non autorizzare; così come si deve impedire la violenza sulle donne e non legalizzar- la per evitare che avvenga illegalmente;
secondo, perché la legalizzazione dell’aborto non solo ha legalizzato gli omicidi clandestini, ma li ha moltiplicati a dismisura, come dimostrano le statistiche (dal 1978 in poi si è verificato in pochissimo tempo un crollo enorme delle nascite da 750 mila a 550 mila, senza più riprese: se la legge avesse solamente ‘sistemato’ gli aborti clandestini, la curva delle nascite sarebbe continuata come prima, a 750 mila all’anno; e invece la mattanza si è estesa spaventosamente, con grande soddisfazione dei promotori della legge). Ció puó bastare per difendere il diritto alla vita, sempre, di tutti, in ogni sta- dio del suo sviluppo. “Non distruggere la vita”, dice il 5° Comandamento. Il che è Parola di Dio. Non c’è bisogno di andare all’Universitá o di avere una laurea per capire quelle 4 parole di Dio, espresse nel 5° Comandamento. Quindi, mai abortire e mai consigliare di abortire! Senza parlare di enormi traffici economici che si fanno attorno a feti abortiti, principalmente nell’industria del “cosmetico” e nell’industria farmaceutica, con risultati zero e truffaldini!
Un caro saluto
Sono un chirurgo oncologo, nonché redattore dell’Enciclopedia Medica Italiana (U.T.E.T.). Voglio cor- reggere delle imprecisioni a proposito del Coronavirus.
*) Ad oggi il Covid 19 ha determinato 550.000 morti in tutto il mondo e non milioni. La definizione di pandemia a proposito del Coronavirus è errata. Infatti, il virus della semplice influenza è causa di un nu- mero di morti che va dai 350.000 ai 650.000 ogni anno, e non se ne parla e tanto meno si parla di pan- demia dell’influenza.
*) Inoltre, la patologia del Covid 19, attualmente non è devastante.
*) I numerosi casi trattati in fase iniziale in Lombardia nel marzo scorso hanno risentito di gravi incom- petenze terapeutiche e totale assenza di coordinazione col Ministero della Salute. Soggetti in chiara in- sufficienza respiratoria, anche indipendentemente dal Coronavirus, sono stati intubati o trattati come Coronavirus e sono morti. L’idrossiclorochina, un farmaco che all’inizio è stato completamente sconsi- gliato, si è rivelato un farmaco di prima scelta nei casi iniziali e in fase mediana di sviluppo del Coronavi- rus. Poi c’è l’azitromicina, un altro farmaco che ben si unisce a quello di idrossiclorochina per la preven- zione di sovrainfezioni batteriche polmonari.
*) Pazienti con sintomatologie che non c’entravano niente con l’infezione Covid-19 sono stati catalogati come Covid-19+ e hanno ingrossato il numero di casi improbabili, ridicoli e assolutamente falsi.
*) L’Organizzazione Mondiale della Salute (OMS) ha dichiarato solo a voce la pandemia: non esiste un documento scritto. La dichiarazione orale di “pandemia” è avvenuta poche ore prima del rilascio di ce- dole multimilionarie che i “bene informati” hanno riscosso, scommettendo sulla dichiarazione scritta di pandemia, a oggi inesistente.
*) Il siero iper-immune dei pazienti guariti è curativo ed é a basso costo.
*) Le terapie ci sono e sono state anche ben sperimentate.
*) Le autopsie (certamente condotte anche in Cina e i cui esiti non sono mai stati comunicati al mondo) hanno evidenziato la trombosi dei rami polmonari, responsabili dei decessi della maggior parte dei pa- zienti.
*) Gli anziani sono stati maggiormente colpiti a seguito dello shock post-vaccino della semplice influen- za, vaccino somministrato a oltre 159.000 soggetti.
*) Ammesso e assolutamente non concesso che i circa 35.000 morti registrati in Italia siano avvenuti a causa del Covid 19, la percentualitá di mortalità sulla popolazione totale italiana è dello 0,050 (Istituto Superiore di Sanitá). Il nulla più assoluto.
*) I cadaveri sono stati bruciati per nascondere le gravissime prove relative a incapacitá, azioni ed omis- sioni gravissime intraprese nel trattamento dei pazienti deceduti.
Sergio Resta
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Sergio Resta nasce a Roma il 13 Agosto 1957. Dopo l’acquisizione del diploma di maturità classi- ca si laurea a 23 anni in Medicina e Chirurgia (con lode). All’età di 28 anni è specialista in Chirurgia Generale (con lode) presso l’Università degli Studi di Roma “La Sapienza” e il Policlinco Universita- rio “Umberto I” di Roma. Scrittore di oltre 100 pubblicazioni scientifiche originali a stampa e re- dattore presso l’Enciclopedia Medica Italiana edita da U.T.E.T. per la sezione chirurgica, il Dott.
Sergio Resta svolge attività di libero professionista in Italia e all’estero. Ha anche l’Abilitazione na- zionale all’assistenza medica nelle emergenze sanitarie territoriali. È specializzato nella program- mazione neurolinguistica e nella programmazione psiconeuroendocrinoimmunologia, di cui dirige i corsi.
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Nell’Angelus di Domenica 4 Ottobre 2020, il Papa Francesco, nel presentare la sua enciclica
“Fratelli tutti”, ha detto molto chiaramente che “la fraternità umana e la cura del creato forma- no L’UNICA VIA verso lo sviluppo integrale…” Ma è proprio cosí? Cosa voleva dire il Papa? A dire la veritá, questa espressione, escludendo Gesú Cristo, è chiarissimamente fuori dalla grazia di Dio.
Non ha detto Gesú: “IO SONO LA VIA, LA VERITA’ E LA VITA; e che senza di me non potete fare nulla”? E allora come si puó realizzare uno “sviluppo integrale” escludendo Gesú Cristo? Tutti co- loro che vogliono un vero sviluppo integrale, sia personale quanto sociale, dell’uomo e del creato, devono percorrere l’unica “VIA” che hanno davanti per perseguirlo, e cioé il CRISTO SIGNORE- DIO; devono convertirsi a Lui e farsi battezzare; e poi seguirlo sulla Via Crucis. Questa è la veritá in cui tutti i cristiani dovrebbero essere confermati dal Papa.
La stessa “FRATERNITA'”, perduta a causa del PECCATO ORIGINALE, può essere riacquistata SOLO attraverso il Cristo; la cura del Creato è così una CONSEGUENZA alla nostra conversione al Cri- sto…. NON POSSIAMO ESSERE FRATELLI SENZA IL CRISTO, e non si è fratelli in Cristo senza il Batte- simo.
Quindi: “la fraternità e la cura del creato”… non sono affatto l’unica via verso lo sviluppo inte- grale: è un errore PASTORALE E DOTTRINALE; esse sono semmai UNA CONSEGUENZA del fatto che siamo convertiti al Cristo-Dio.
Oggi si parla molto di “fratellanza universale” di tutti gli esseri umani. Secondo questa espressio- ne, c’è un legame di fratellanza tra tutti i popoli, sul cui legame si fonderebbe anche la possibile realizzazione della pace fra i popoli. Così dice il primo articolo della Dichiarazione universale dei diritti umani, approvata dalle Nazioni Unite nel 1948: «Tutti gli esseri umani nascono liberi ed eguali in dignità e diritti. Essi sono dotati di ragione e di coscienza e devono agire gli uni verso gli altri, in spirito di fratellanza». Tale fratellanza universale è indipendente da ogni religione, da ogni popolo e da ogni altro tipo di diversità, come il colore della pelle, la cultura, lo stato sociale, le ca- pacità personali e via dicendo.
Questa visione, moralmente non è stata però sempre accettata. Nessuna grande civiltà antica da noi conosciuta, nei diversi continenti, sembra aver sviluppato una concezione simile su larga sca- la, almeno con la stessa intensità.
Nell’India, per esempio, ci sono sempre state le diverse caste: quindi gli esseri umani secondo la filosofia e la religione dell’India non sono tutti fratelli tra di loro. L’idea di fratellanza universale
come principio “sociale” da tutti condiviso, tanto da poter essere sottoscritto e proposto anche dall’ONU e ripetuto in modo scontato nei più vari contesti civili e politici, è relativamente recente, nella lunga storia dell’umanità. Il titolo di “fratelli”, sulla base della comune natura umana degli uomini, acquisita con la stessa nascita, inizia verso il 1700. Da allora in poi, si comincia a dire che si nasce “fratelli”. Nella Rivoluzione francese, poi, la “fraternità”, insieme alla libertà e all’ugua- glianza, diverrà la parola d’ordine dei rivoluzionari: tutti sono fratelli in quanto cittadini. Nel Risorgi- mento italiano l’inno di Mameli, in modo analogo, inizia proprio con l’appellativo “Fratelli d’Italia”, come a dire che tutti gli italiani, per il fatto di essere nati sul suolo patrio, sono fratelli fra di loro.
Se ci domandiamo da dove sia potuta nascere questa visione, indubbiamente nobile e alta, delle relazioni fra uomini di una stessa nazione, e allargata, poi, a tutto il genere umano, la risposta non è difficile. È nata dall’idea cristiana di “fraternità”. Dopo secoli di “società cristiana”, dove tutti erano battezzati appena nati, e dunque considerati “figli di Dio”, in quanto partecipi della vita del Figlio di Dio fatto uomo, in una società cristiana, dove tutti erano cristiani, nella quale tutti recitavano il Padre Nostro e tutti si professavano cristiani e membri della Chiesa, era ormai naturale da tempo considerare tutti i membri dello stato cristiano o del regno cristiano, come fratelli, perché figli di uno medesi- mo Padre, anche se appartenenti a ceti sociali spesso molto diversi e distanti fra loro. Nell’Europa dettagliatamente cristianizzata era evidente o comunque implicito pensare a chiunque altro co- me fratello. Quando la filosofia illuminista razionalista eliminó la fede in Gesù Cristo e nella Chie- sa, e creó una visione del mondo solo basata sulla ragione, eliminando il Dio cristiano, restò tutta- via il linguaggio e tutti si continuarono a chiamare “fratelli”. C’è però una differenza importantissi- ma tra la fraternità cristiana, di cui il Nuovo Testamento ci dà ampia testimonianza, e questo nuo- vo spirito filosofico di fratellanza universale. L’odierna espressione “fratellanza universale” si fon- da ormai sulla natura umana, o meglio sull’appartenenza al genere umano, in altre parole, si è fratelli perché già si nasce tali. La “fraternitá cristiana”, invece, pur affermando che ogni essere umano è immagine e somiglianza di Dio, e dunque dotato di pari dignità e valore, considera l’es- sere fratelli non come una condizione originaria, che appartiene per natura a ogni creatura uma- na, ma una condizione da acquisire. Infatti, la fraternità cristiana – che si realizza nella Chiesa – è composta da tutti coloro che, attraverso la fede in Gesù e il battesimo in acqua e Spirito Santo, sono diventati figli di Dio.
In altre parole, secondo il linguaggio cristiano, “fratelli” in senso vero e proprio lo si può essere solo se prima si rinasce attraverso il Battesimo, come figli di Dio, diventando capaci di chiamarlo Padre, come Gesù. E’ perciò importante comprendere che, secondo il linguaggio biblico del Nuo- vo Testamento, che è il linguaggio della fede cristiana, gli uomini non sono considerati figli di Dio, e dunque fratelli fra di loro, per nascita, ma per adozione, attraverso l’inserimento in Cristo attra- verso il Battesimo. Come scrive S. Paolo: «voi non avete ricevuto uno spirito da schiavi per ricade- re nella paura, ma avete ricevuto lo Spirito che rende figli adottivi, per mezzo del quale gridia- mo: Abbà! Padre!» (Rm 8,15). Lo stesso concetto viene così ribadito con altri termini: «Quando venne la pienezza del tempo, Dio mandò il suo Figlio, nato da donna, nato sotto la Legge, per ri- scattare quelli che erano sotto la Legge, perché ricevessimo l’adozione a figli» (Gal 4,4-5).
nome, i quali, non da sangue né da volere di carne né da volere di uomo, ma da Dio sono stati ge- nerati» (Gv 1,12-13). Dunque, figli di Dio non si nasce, ma lo si diventa credendo in Gesù e riceven- do i suoi sacramenti, per opera dello Spirito Santo. Perciò, il legame fraterno che nasce fra i cristia- ni dipende dal fatto che si é diventati figli nel Figlio di Dio, Gesú: è un divenire fratelli perché gene- rati dal Padre.
Non c’é nel Nuovo Testamento una concezione di Dio come “padre di tutti o di tutto”. Egli è sì il Dio di tutti, ma Padre, in senso proprio, è solo di coloro che egli rigenera per mezzo della fede in Cristo e del battesimo. «L’essere figlio (di Dio) non è dato per via naturale, ma si fonda sul Battesi- mo. Secondo Mt 5,43-45 i beni del Creatore sono per tutti gli uomini. Ma ciò non significa ancora che Dio sia loro Padre.
Lo stesso va detto del titolo, conseguente, di “fratelli”: essere “fratelli”, in senso proprio e reale, è soltanto di coloro che sono diventati prima figli in quanto uniti al Figlio Primogenito Gesù. Anche su questo punto il linguaggio del Nuovo Testamento è coerente: il termine fratello è riservato o agli Ebrei (in quanto figli di Abramo e appartenenti a Israele e all’alleanza) oppure, e soprattutto, ai battezzati, in quanto divenuti figli di Dio. Ecco alcuni dei molti esempi possibili:
«Pietro e Giovanni andarono dai loro fratelli e riferirono quanto avevano detto loro i capi dei sa- cerdoti e gli anziani» (At 4,23).
«Gli apostoli e i fratelli che stavano in Giudea vennero a sapere che anche i pagani avevano accol- to la parola di Dio» (At 11,1).
«Il giorno seguente si levò lo scirocco e così l’indomani arrivammo a Pozzuoli. Qui trovammo alcu- ni fratelli, i quali ci invitarono a restare con loro una settimana. Quindi arrivammo a Roma.
I fratelli di là, avendo avuto notizie di noi, ci vennero incontro fino al Foro di Appio e alle Tre Ta- verne. Paolo, al vederli, rese grazie a Dio e prese coraggio» (At 28,13-15).
I fratelli di cui si tratta – e ai quali sempre si indirizzano le lettere di S. Paolo, per esempio – sono sempre i cristiani. Quest’ultimi fra loro si consideravano e si chiamavano “fratelli”, in quanto rinati dal battesimo. Questa è la visione cristiana della “fraternità”. «Poiché dunque ne abbiamo l’occa- sione, operiamo il bene verso tutti, soprattutto verso i fratelli nella fede» (Gal 6,10).
La “fratellanza” universale, di cui parla la Dichiarazione universale dei diritti dell’uomo o a cui si fa spesso riferimento in iniziative umanitarie di diverso genere, è qualcosa di diverso. È derivata dalla visione cristiana, ma ha perso il senso della figliolanza divina, il senso.cioé, di un Padre comune, visto che si tratta di una definizione che vorrebbe accomunare tutti, credenti e non credenti, cri- stiani e non cristiani e tutti coloro che appartengono ad altre religioni. Tale fratellanza non ha una figura di un Padre comune a cui far riferimento. Ma se non si è figli, se non si ha in comune un qualche principio “paterno”, l’uso del termine “fratellanza” non indica una realtà, ma è un modo
di dire, nel senso che dobbiamo “comportarci come” fratelli, senza presuppore un ve-
ro “essere” fratelli. Il linguaggio della fratellanza universale è dunque nobile, come si è detto, ma anche debole, perché non ha un fondamento reale. Come si può realizzare una fraternità senza una Padre che la rende possibile?
A questo punto, qualcuno potrebbe dire: è allora non è esatto considerare fratelli tutti gli uomini?
Se per un cristiano i fratelli in senso proprio sono solo i fratelli in virtù del battesimo e della fede, gli altri che non sono credenti, cosa sono? Come potrá collaborare con gli altri? Su che base? Lo stesso si dica del termine “figli di Dio”, che il Nuovo Testamento riserva rigorosamente a chi crede in Gesù ed è stato battezzato. Non si cade in una specie di discriminazione? Su cosa fondare la col- laborazione reciproca fra gli esseri umani, l’impegno per la comprensione e la pace universale?
A queste domande si può rispondere come dice la Bibbia. E cioé, per noi cristiani, tutti gli uomini sono “il prossimo” da amare, come illustra e fa capire bene la parabola del Buon Samaritano (cf. Lc 10,29-37). Il comandamento dell’amore è universale, ed è richiesto verso tutti, indistintamente, persino verso i nemici (cf. Mt 5,44). Il prossimo da amare, perciò, è chiunque, qualunque creatura umana, meritevole di rispetto e dotata di dignità, proprio perché creata a immagine di Dio
e chiamata a ricevere la figliolanza divina, anche se ancora non l’ha ottenuta e anche se non la ri- ceverá mai. Su questa base la fraternità cristiana è aperta a tutti e invita tutti a entrarne a farne parte. L’attività missionaria è proprio orientata a trasformare gli uomini in figli di Dio e fratelli fra di loro: “andate in tutto il mondo e fate miei discepoli tutti i popoli, battezzandoli…”, dice Gesú..
Al tempo stesso, però, andrà ricordato che i veri “fratelli”, in senso reale e proprio, possono dirsi solo i battezzati che vivono i legami nuovi nella famiglia di Dio che è la Chiesa. Un giorno riferirono a Gesú che fuori c’erano sua madre e i suoi fratelli che lo cercavano: «Ecco, tua madre, i tuoi fratelli e le tue sorelle stanno fuori e ti cercano». E Gesú che rispose? Gesù rispose con una domanda che lascia sopre- si: «Chi è mia madre? E chi sono i miei fratelli?». E poi continua: «Chi fa la volontà del Padre mio, questi è per me fratello, sorella e madre». Si entra nella famiglia di Gesù e si diventa fratelli suoi, e fratelli reciproci, quando si accoglie Gesú, i suoi insegnamenti, ci si fa battezzare e si compie la volontà del Padre che Gesù rivela.
Noi cristiani di oggi dovremmo riscoprire la bellezza e l’originalità dell’essere fratelli tra di noi, comprende- re e vivere più concretamente la nostra fraternità, che è stata a noi donata dal Sangue di Cristo e dal soffio dello Spirito. Per non smarrire o annacquare questa originalità, che è un dono dello Spirito Santo, forse do- vremmo stare più attenti a non usare il
termine fratellanza universale a vanve- ra. Senza fare riferimento al battesimo o a Cristo; stare attenti a non dire che tutti gli uomini nascono già come figli di Dio. Ma dire che essi diventano col battesimo voluto da Gesú Cristo, battesimo fatto nel nome dl Padre, del Figlio e dello Spirito Santo e grazie al quale noi riceviamo la vita divina e sia- mo figli a Dio e Dio è Padre a noi.