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Il trauma ed i suoi postumi neuro-psichiatrici nel soggetto anziano

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Academic year: 2022

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TAGETE N. 3 – 1998 1

Il trauma ed i suoi postumi neuro-psichiatrici nel soggetto anziano

Dr. Marco Gilli*

Alla vecchiaia si giunge attraverso le più varie intemperie della vita dopo avere affrontato, e magari non sempre ben superato, tante difficoltà e problemi con un logorio continuo e con tensioni e traumi psichici e fisici pressoché quotidiani. Per usare una parola oggi di moda si può dire che si invecchia superando una serie pressoché ininterrotta di stress.

Il termine “stress” è stato introdotto molti anni orsono da Selye che lo aveva definito il “sale”

della vita partendo dal presupposto che non può esservi vita senza traumi, siano essi fisici o psichici, senza novità, senza rischi o problemi che debbano essere affrontati e che costringano il nostro organismo e la nostra psiche a reagire e ad adattarsi continuamente a nuove situazioni realizzando in tal modo la ben nota “sindrome generale da adattamento”, punto di partenza di numerose ricerche e che tante ripercussioni ha avuto a livello biologico e medico.

Date queste premesse, due sono le domande che ci dobbiamo porre:

1. in quali condizioni si trova una persona anziana che per decenni è stata sottoposta a situazioni stressanti di ogni tipo che hanno certamente influito, non sempre in senso positivo, sul suo equilibrio psicofisico e sulla personalità nel suo complesso?

2. quali possono essere le conseguenze fisiche e/o psichiche di un evento stressante, quale può essere ad esempio un trauma, su un organismo anziano già provato da precedenti esperienze che hanno lasciato tracce, a volte non più riparabili, sui vari organi ed apparati ed in particolare sulla psiche?

Occorre considerare che già nell'anziano cosiddetto sano esistono, fisiologicamente, tutta una serie di alterazioni organiche, morfologiche e funzionali che sono al limite tra il normale ed il patologico e che lo predispongono quindi più facilmente all'esordio di numerose malattie. In tal senso basta pensare come una banale sindrome da raffreddamento può, nel giovane, risolversi in una semplice corizza mentre nell'anziano può portare ad una broncopolmonite oppure come un modesto trauma cranico nel giovane induce il più delle volte solo una temporanea, leggera cefalea mentre nell'anziano può, con relativa facilità, determinare la comparsa di un ematoma subdurale con conseguenze prognostiche che possono essere anche infauste.

Va anche ricordato inoltre che un trauma (cranico e non) può nell'anziano, non soltanto determinare con maggiore facilità la comparsa di numerose malattie “organiche” ma anche provocare una alterazione dello stato psichico già fisiologicamente più vulnerabile in seguito a tutta una serie di situazioni socio - economiche e psicologiche di comune riscontro nella età avanzata. Al giorno d'oggi infatti sfogliando un qualunque giornale o rivista, frequentemente è dato di leggere dell'anziano isolato, emarginato, abbandonato dai figli e dai nipoti, spesso costretto a vivere, magari con problemi economici, in una casa di riposo o in un ospedale suo malgrado. E' naturale dunque e facilmente comprensibile che in queste condizioni un trauma, anche di non grande entità, può rompere il fragile equilibrio psichico dell'anziano ed accentuarne le difficoltà di adattamento all'ambiente. Se infatti in un soggetto giovane un trauma determina come risposta una “sindrome da adattamento” per cui l'organismo in toto reagisce e si difende, nell'anziano questa reazione è ridotta o manca del tutto ed al posto dell'adattamento si verifica piuttosto una vera e propria “sindrome da disadattamento”. A questa situazione, a questa incapacità a reagire agli stress e dunque a

* Specialista in Neurologia - Consulente INAIL

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difendersene, contribuisce, unitamente allo scadimento fisiologico di tutto l'organismo, il deterioramento di quell'organo che è di fondamentale importanza per il mantenimento della omeostasi psicofisica in generale e cioè l'encefalo.

Affrontando il tema dei postumi neuropsichiatrici che possono succedere ad un trauma è indispensabile tener presente, senza dimenticare le discussioni tuttora in atto (Levin, 1990) in Letteratura sull'argomento, che qualsiasi trauma può costituire l'evento determinante.

In tal senso è opportuno ricordare che per quanto concerne i traumi cranici, aperti o chiusi che siano, essi possono essere distinti in due gruppi:

• traumi cranici “minori” se la perdita di coscienza è assente o non superiore comunque ai 10 - 15', se la valutazione clinica alla Glasgow Coma Scale al momento del ricovero porta ad un punteggio compreso tra i 13 ed i 15, se l'esame neurologico è negativo e se una tomografia assiale computerizzata ( TAC ), effettuata in epoca il più possibile vicina al trauma, risulta ugualmente negativa;

• traumi cranici “maggiori” in cui il coma è costante e prolungato, ove quasi sempre sono presenti segni chiari di lesione focale e dove sono evidenti alterazioni alle indagini neuroradiologiche.

Fatte queste necessarie premesse vediamo adesso più in particolare quali possono essere gli effetti neuropsichiatrici - primari e secondari - di un trauma su un soggetto anziano.

Prima di affrontare l' argomento nel dettaglio credo opportuno ricordare quali lesioni un trauma può provocare per interessamento di “quell’apparato” che nella persona anziana è già più facilmente compromesso specie a livello cerebrale: l'apparato vascolare.

Nel cervello dell'anziano i vasi arteriosi e venosi hanno pareti che vuoi per il semplice invecchiamento fisiologico vuoi per patologia concomitante (ad esempio una malattia aterosclerotica sia clinica che subclinica o una ipertensione arteriosa cronica per citarne due delle più comuni), hanno perduto quella elasticità loro propria e possono per lo stiramento, la trazione o la compressione che un trauma può determinare, andare facilmente incontro a situazioni di fissurazione e / o di vera e propria rottura con conseguente spandimento emorragico che, a seconda della sede ove si verifica, può dar luogo ad un ematoma epidurale acuto o subacuto oppure ad un ematoma subdurale acuto, subacuto o cronico, ad un ematoma intracerebrale, ad una emorragia subaracnoidea o, nel caso peggiore, ad una grande emorragia cerebrale. Sempre imputabili a lesione vascolare post cranio traumatica, ma meno frequenti dei quadri precedentemente descritti, ricordiamo anche l'aneurisma post cranio traumatico, la fistola carotido-cavernosa e l'idrocefalo.

Oltre alle lesioni conseguenti ad una compromissione vascolare, certamente più frequenti nell'anziano, non si debbono dimenticare quelle manifestazioni, presenti egualmente nell'anziano e nel giovane, che si verificano in seguito ad una lesione parenchimale diretta sia per trauma cranico aperto che chiuso.

Molte di queste lesioni, se non subito fatali, possono provocare esiti acuti, subacuti o cronici, sia di natura “paralitica” quali deficit motori, del linguaggio, del visus, della sensibilità, sia di natura

“irritativa” quali crisi comiziali.

Accanto a siffatta sintomatologia squisitamente neurologica, possono comparire disturbi psichici primari e secondari sempre comunque ad etiologia chiaramente organica. Trattasi di sintomi, presenti spesso anche nel giovane, ma certamente più frequenti nell'anziano per la probabile esistenza di una meiopragia di base. Mi riferisco ad un quadro clinico caratterizzato da anomalie psichiche e comportamentali di vario genere e gravità (si può arrivare sino alla demenza) noto come sindrome psicoorganica.

La sindrome psicoorganica costituisce, nel caso, l'espressione clinica di una atrofia cerebrale post contusiva, che, in particolare se interessa le regioni prefrontali, si manifesta con alterazioni psico comportamentali che possono variare dalla semplice riduzione di iniziativa verbo motoria sino alla abulia ed al mutismo acinetico. I pazienti presentano atteggiamenti e reazioni improprie rispetto alla

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tempi prolungati, incapacità a risolvere i problemi quotidiani anche più banali, difficoltà di apprendimento, disturbi della memoria, depressione del tono timico associata, di solito, a marcato stato ansioso.

Tra i disturbi post traumatici secondari, grande importanza riveste la nevrosi post traumatica, certamente meno grave dal lato prognostico delle manifestazioni cliniche in precedenza descritte ma sicuramente molto più frequente.

Si tratta, come è a tutti ben noto, di patologia clinicamente caratterizzata da disturbi molteplici quali cefalea, vertigini, insonnia, astenia psicofisica marcata, spesso impotenza sessuale, costantemente depressione ansiosa (solo per citare le manifestazioni più frequenti).

Dall'epoca della prima descrizione di Erichsen (1882), la nevrosi traumatica, che interessa secondo la letteratura (Friedman e Merrit, 1959; Frazee, 1986), soggetti giovani e meno giovani in ragione di circa il 50 % per cento dei traumatizzati cranici e, in misura minore, anche non cranici, è oggetto di grandi discussioni finalizzate a chiarire se si tratti di patologia prettamente psichiatrica come si sosteneva all'inizio o se invece vi sia, quanto meno nelle forme post cranio traumatiche, un substrato organico determinante. Attualmente la letteratura, almeno nelle forme post cranio traumatiche, si va orientando nell' accettare in larga percentuale una genesi prevalentemente o totalmente organica del fenomeno (Plum e Posner, 1980 Jenkins et al., 1986; Hassenlink et al., 1988). Ciò, grazie alle metodiche strumentali sempre più raffinate quali i Potenziali Evocati, la Risonanza Magnetica, le tecniche di mappaggio cerebrale e la Tomografia ad Emissione di Positroni (PET) che rivelano sempre più frequentemente anche nei traumi cranici minori chiare anche se minime anormalità funzionali pur rimanendo, specie nell'anziano, il dubbio sulle condizioni precedenti.

E' certa invece una etiologia psichiatrica in tutti quei casi di nevrosi insorta post trauma extracranico. In queste occasioni non è dunque tanto il trauma che determina l'insorgere di una nevrosi quanto l'emozione che lo ha accompagnato o la particolare situazione affettiva che ne è seguita e che insieme hanno agito con un meccanismo puramente suggestivo.

A considerar bene le cause della nevrosi traumatica, si deve dunque convenire che questa denominazione, ormai entrata nell'uso comune, non è del tutto esatta. Non vi è infatti alcuna proporzione tra la gravità del trauma e quella della sindrome che ne consegue. Traumi gravissimi possono essere sopportati senza conseguenze potendo per contro una nevrosi insorgere a seguito di traumi meccanicamente insignificanti o addirittura nulli.

Nessun elemento clinico essenziale differenzia le nevrosi post traumatiche dalle comuni nevrosi:

l’aggettivo traumatiche vale solo a qualificare quelle che si sviluppano a seguito od in occasione di un trauma (Evrard, 1954). Clinicamente se ne distinguono tre differenti forme:

Psiconevrosi da spavento

(la Schreckneurose di Kraepelin) o psiconevrosi emozionale acuta

Molto comune nel soggetto anziano, si presenta con un episodio acuto che segue quasi immediatamente un trauma, spesso di per se insignificante ma drammatico per le circostanze in cui si è verificato (ad esempio un investimento stradale o una precipitazione). Nella fase iniziale il soggetto presenta uno stato di confusione mentale, agitata o stuporosa, costantemente accompagnato da un marcato stato ansioso. Dopo qualche giorno la stato confusionale va dissipandosi permanendo invece per tempi maggiori l'astenia psico fisica, l'ansia e l'insonnia.

Dal lato etiopatogenetico sembra che più che lo spavento in se conti la preoccupazione di aver riportato un danno somatico. In tal senso è didattico il caso segnalato da Schuster di un operaio elettricista colpito da un cavo elettrico attraverso cui riteneva passasse una corrente mortale. A seguito di tale “incidente” il soggetto, fisicamente indenne dopo l'evento, sviluppò una grave psiconevrosi da spavento nonostante si fosse dimostrato che al momento del contatto nessuna corrente passava attraverso il cavo.

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Stato neurastenico

Si tratta di manifestazioni psichiche che si instaurano in modo graduale dopo il trauma (“periodo di meditazione” secondo Charcot) e che nell'anziano in particolare per una meiopragia preesistente, possono risultare assai invalidanti. Il soggetto lamenta costantemente un senso di marcata astenia psicofisica con estrema affaticabilità e conseguente impossibilità a qualunque tipo di attività fisica o mentale, turbe mnesiche, sfiducia nella guarigione, ansia, spiccata tristezza e pessimismo.

Stato psicastenico ed ossessivo

La comparsa post traumatica di una vera nevrosi ossessiva o fobica è evento del tutto eccezionale: quando questa si presenta, abitualmente dopo un trauma cranico grave, nella gran parte dei casi bisogna considerare l' incidente come un semplice evento scatenante. Il più spesso si osservano fobie ed ossessioni capaci di rivestire di una angoscia terrifica oggetti e circostanze più o meno direttamente legati al trauma. Le manifestazioni di gran lunga più frequenti sono l'agarofobia, l'acrofobia, l'astasia - abasia.

Altro elemento, particolarmente frequente nei soggetti anziani e che per certi aspetti avvicina la nevrosi traumatica ad una vera nevrosi isterica, è che in numerosi di questi pazienti l'evento traumatico e le sue conseguenze sono visti ed “usati” come situazioni atte ad indurre parenti ed amici a dedicare loro maggiori cure, attenzioni e forse anche compiangerli. Talora questo desiderio, questa autosuggestione morbosa induce i pazienti ad accrescere le proprie sofferenze ed addirittura a simularne di nuove.

Strettamente collegata a quanto appena detto, anche se con motivazioni molto più “materiali”, la

“sinistrosi o nevrosi da indennizzo”, assai frequente in tutte quelle patologie traumatiche ove può sussistere un contenzioso medico legale e che proprio in virtù della sua frequenza clinica ha fatto sì che se ne parli quasi come di una entità nosografica a se stante (Brissaud, 1908).

La sinistrosi, presente nel soggetto giovane ed in quello anziano, è una attitudine patologica del traumatizzato che rifiuta di riconoscere la sua guarigione perchè pensa in buona fede di non aver ottenuto a termini di legge una equa riparazione per il danno subito.

L'attitudine alla sinistrosi si può trovare isolata, spesso però essa si intrinseca con altre attitudini nevrotiche realizzando un fondo di rivendicazione, di frustrazione o di paranoia caratteriale di cui è difficile valutare il preciso significato patologico, specialmente quando tale attitudine rappresenta il solo sintomo “reale” che condiziona tutti i sintomi allegati.

Da ultimo ma non certo ultima come importanza e frequenza la comparsa di una reazione depressiva pura, la vera “sindrome da disadattamento” secondo quanto si legge sul DSM IV.

Si tratta di un evento che specie nel soggetto anziano è assai comune in conseguenza di un episodio traumatico. Il quadro depressivo, di tipo reattivo esistenziale, è generalmente indotto dalla constatazione che il traumatizzato effettua circa una perdita, immediata o in rapida prospettiva, della propria efficienza fisica e conseguentemente della propria autonomia vedendosi costretto per sempre nel letto di un Ospedale o di una Casa di Cura.

Va detto che queste sofferenze soggettive che hanno un esordio per lo più lento e graduale, sono spesso dai familiari sottovalutate o addirittura trascurate e dunque non trattate in nome di non meglio precisati “disturbi dell'età”.

E' fuori di dubbio che l'anziano, in particolare se depresso, è un soggetto “fastidioso”, che si lamenta di ogni cosa, che è egocentrico, disinteressato a tutto ciò che lo circonda, irritato magari nei confronti dei familiari che lo disturbano con affermazioni di ipocrita invidia per la sua condizione di tranquillità e di riposo.

A questo proposito, è bene ricordare che la forzata mancanza di occupazione non significa riposo e che una mente completamente vuota il più delle volte è una mente in pena.

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BIBLIOGRAFIA

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1990.

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