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Studi OPERA I e OPERA II nella sclerosi multipla recidivante (SMR) OPERA I e OPERA II sono studi di fase III, randomizzati, in doppio cieco,

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Academic year: 2021

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Studi OPERA I e OPERA II nella sclerosi multipla recidivante (SMR)

OPERA I e OPERA II sono studi di fase III, randomizzati, in doppio cieco, double-dummy, multicentrici, condotti su scala mondiale per valutare l'efficacia e la sicurezza di ocrelizumab (600 mg somministrati per infusione endovenosa ogni sei mesi) rispetto a interferone beta-1a (44 mcg somministrati per via sottocutanea tre volte alla settimana) in 1.656 pazienti con forme recidivanti di sclerosi multipla. In questi studi la sclerosi multipla recidivante è stata definita come SM recidivante-remittente e SM secondariamente progressiva con ricadute.

Negli studi sulla SMR, una percentuale analoga di pazienti nel gruppo ocrelizumab ha manifestato eventi avversi gravi e infezioni gravi rispetto ai pazienti nel gruppo interferone beta-1a ad alte dosi.

Lo studio ORATORIO nella sclerosi multipla primariamente progressiva

ORATORIO è uno studio di fase III, randomizzato, in doppio cieco, multicentrico, condotto su scala mondiale per valutare l'efficacia e la sicurezza di ocrelizumab (600 mg somministrati per infusione endovenosa ogni sei mesi, con due infusioni da 300 mg a due settimane di distanza l’una dall’altra) rispetto a placebo in 732 pazienti con sclerosi multipla primariamente progressiva (SMPP). Nello studio ORATORIO, il periodo di trattamento in cieco è continuato sino a che tutti i pazienti non avevano ricevuto il trattamento con ocrelizumab o placebo per almeno 120 settimane, e un numero predefinito di eventi di progressione della disabilità confermata (CDP – Confimed Disability Progression) era stato raggiunto in tutto lo studio. Nello studio sulla SMPP, una percentuale analoga di pazienti nel gruppo ocrelizumab ha manifestato eventi avversi ed eventi avversi gravi rispetto ai pazienti nel gruppo placebo.

Risultati delle sperimentazioni registrative di fase III su ocrelizumab

Di seguito si riporta una sintesi dei dati a supporto di tale approvazione, ricavati dagli studi OPERA I, OPERA II e ORATORIO.

I principali dati ottenuti nei pazienti affetti da SMR trattati con ocrelizumab hanno evidenziato:

Una riduzione relativa del tasso annualizzato di ricadute (ARR) pari al 46% e al 47% rispetto a interferone beta-1a nell’arco del periodo di due anni rispettivamente negli studi OPERA I e OPERA II (p <

0,0001 e p < 0,0001).

Una riduzione relativa del rischio di progressione della disabilità confermata (CDP) a 12 settimane pari al 40% rispetto a interferone beta-1a in un’analisi aggregata degli studi OPERA I e OPERA II, secondo la Expanded Disability Status Scale (EDSS) (p = 0,0006).

Una riduzione relativa del numero totale di lesioni in T1 captanti gadolinio pari al 94% e al 95% rispetto a interferone beta-1a rispettivamente negli studi OPERA I e OPERA II (p < 0,0001 e p < 0,0001).

Una riduzione relativa del numero totale di lesioni in T2 nuove e/o aumentate di volume pari al 77% e all’83% rispetto a interferone beta-1a rispettivamente negli studi OPERA I e OPERA II (p < 0,0001 e p <

0,0001).

Un aumento relativo della percentuale di pazienti con nessuna evidenza di attività di malattia (NEDA - No Evidence of Disease Activity ) pari al 64% e all’89% rispetto a interferone beta-1a rispettivamente negli studi OPERA I e OPERA II (p < 0,0001 e p < 0,0001).

I principali dati ottenuti nelle persone affette da SMPP trattati con ocrelizumab hanno evidenziato:

Una riduzione relativa del rischio di CDP a 12 settimane pari al 24% rispetto al placebo, secondo la scala

EDSS (p = 0,0321).

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Una riduzione relativa del rischio di CDP a 24 settimane pari al 25% rispetto al placebo, secondo la scala EDSS (p = 0,0365).

Una riduzione relativa del tasso di progressione della compromissione della deambulazione, misurata mediante il test del cammino Timed 25-Foot Walk,pari al 29,4% rispetto al placebo nell’arco di 120 settimane (p = 0,0404).

Una riduzione del volume delle lesioni cerebrali iperintense in T2 pari al 3,4%, contro un aumento volumetrico del 7,4% nei pazienti trattati con il placebo nell’arco di 120 settimane (p < 0,0001).

Gli effetti indesiderati più comuni associati a ocrelizumab in tutti gli studi di fase III sono state le reazioni

all’infusione e le infezioni della vie respiratorie superiori, perlopiù di intensità da lieve a moderata.

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