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“I Kwara’ae di Honiara: migrazione e buona vita alle Isole Salomone” di Rodolfo Maggio. Milano: Meltemi, 2019

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“I Kwara’ae di Honiara: Migrazione e Buona Vita alle Isole Salomone”, di Rodolfo Maggio. Milano:

Meltemi, 2019 .

Giuseppe Licari (recensione)

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www.narrareigruppi.it – Etnografia dell’interazione quotidiana. Prospettive cliniche e sociali, vol. 14, n° 1, luglio 2019

Narrare i gruppi

Etnografia dell’interazione quotidiana

Prospettive cliniche e sociali, vol. 14, n° 1, luglio 2019

ISSN: 2281-8960 Rivista semestrale pubblicata on-line dal 2006 - website: www.narrareigruppi.it

Titolo completo dell’articolo

“I Kwara’ae di Honiara: Migrazione e Buona Vita alle Isole Salomone”, di Ro- dolfo Maggio. Milano: Meltemi, 2019.

Autore Ente di appartenenza

Giuseppe Licari

Centro Studi e Ricerche Koisema, Cremona Pagine 121-123 Pubblicato on-line il 15 luglio 2019 Cita così l’articolo

Licari G. (2019). “I Kwara’ae di Honiara: Migrazione e Buona Vita alle Isole Salomone”, di Rodolfo Maggio. Mi- lano: Meltemi, 2019, (recensione). In Narrare i Gruppi, vol. 14, n° 1, luglio 2019, pp. 121-123 - website:

www.narrareigruppi.it

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recensione

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recensione

“I Kwara’ae di Honiara: Migrazione e Buona Vita alle Isole Salomone” di Rodolfo Maggio, 2019. Milano: Meltemi, pp.315, Euro 22,00.

I Kwara’ae di Honiara racconta la storia di un gruppo di migranti prove- nienti dall’isola di Malaita, nell’arcipelago delle Isole Salomone. Insediatisi nel villaggio peri-urbano noto come Gilbert Camp, essi cercano di migliorare le proprie condizioni di vita attraverso sfide quotidiane con la nuova realtà. Tali sfide si intrecciano in un crescendo di tensioni man mano che procediamo nel- la lettura del libro. Si comincia con una tensione tra il villaggio e lo Stato, per poi passare alla tensione tra le priorità delle singole famiglie e quelle della co- munità nel suo insieme; si procede quindi alle tensioni tra i membri di una stes- sa famiglia fino a giungere al capitolo in cui è un singolo individuo a dover ne- goziare con se stesso il significato di “buona vita”.

Nella struttura di questo libro è chiaramente riconoscibile l’organizzazione del ragionamento avanzato dal suo autore. Maggio ha scelto di studiare che cosa fosse una “buona vita” tra i Kwara’ae di Honiara attraverso la teoria del valore di David Graeber. Se è vero che il valore è potenziale che si concretizza nell’azione sociale, allora il significato di “bene” e di ciò che è “buono” va cer- cato all’interno di specifiche situazioni sociali in cui gli individui agiscono.

Situazioni di questo tipo le troviamo nei capitoli centrali del libro: un incontro- scontro tra gli ufficiali del ministero della terra e il popolo di Gilbert Camp, un rituale di scambio di doni uguali, un caso di stregoneria affrontato negli uffici di una stazione di polizia, e una strategia di risparmio operata da una famiglia pentecostale malgrado i conflitti, interiori ed esteriori, legati all’accumulazione del denaro.

Attraverso l’analisi di ciascuna di queste situazioni, Maggio ha proceduto alla

critica della stessa teoria del valore di Graeber. In seguito, ha invitato lo stesso

Graeber a valutare tale critica e gli ha offerto la possibilità di rispondere nella

Prefazione. Graeber ha raccolto l’invito e quel che ne è risultato è stato un

franco e rispettoso scambio di vedute tra due studiosi: il primo ancora giovane

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ma promettente, il secondo ormai internazionalmente riconosciuto come uno dei più importanti antropologi viventi, nonché sostenitore di idee controverse all’interno di alcuni dei più recenti dibattiti di rilievo internazionale. Alla base di alcune delle sue posizioni più forti e innovative, c’è proprio la teoria del valore come azione sociale, ed è per questo che il libro può facilmente essere letto in relazione a questi dibattiti.

Di particolare interesse per questa rivista risultano i collegamenti con il dibatti- to sulla migrazione e sulla “buona vita”. Negli ultimi anni, complice un ripen- samento generale di alcune delle principali categorie sociali come classe, potere, e identità, la ricerca del significato di “buona vita” ha appassionato un numero sempre crescente di studiosi, anche studiosi delle migrazioni. Questo libro può quindi essere particolarmente interessante per loro, in quanto mostra con gran- de efficacia il processo che porta i migranti a negoziare il significato di “buona vita” all’interno di un contesto culturalmente altro. E può esserlo anche e so- prattutto per gli studenti, in quanto permette di approcciare il dibattito sulla migrazione dalla prospettiva di un gruppo di migranti dell’Oceano Pacifico, un’angolatura nuova, dalla quale è possibile approfondire il tema della migra- zione senza essere forzatamente trascinati nell’acceso, e troppo spesso stru- mentale, dibattito nostrano.

A rendere questo libro un buon prodotto per gli studenti, oltre che una struttu- ra ben delineata, è anche lo stile accattivante, sebbene a tratti un po’ informale.

D’altra parte, se è con Graeber che Maggio si è interfacciato da un punto di vi-

sta teorico e metodologico, è facile che di questi egli abbia ricevuto anche

un’influenza in termini stilistici. Tuttavia, non sono pochi i riferimenti,

all’interno del libro, a quella che Maggio ha battezzato The Anthropology of Stor-

ytelling and the Storytelling of Anthropology, una riflessione sulle capacità

dell’antropologia di influenzare i dibattiti contemporanei attraverso il potere

della narrazione. Anche per questa enfasi sul narrare, confidiamo che i lettori di

questa rivista troveranno ne I Kwara’ae di Honiara una lettura arricchente, se non

addirittura, come ha scritto lo stesso Graeber, “un bellissimo libro”.

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