Un’agguerrita pattuglia di giovani (e meno giovani) pianiste italiane sta dando la scalata ai vertici internazionali del mondo della tastiera. Era dai tempi di Maria Tipo, la grande solista napoletana che il prossimo 23 dicembre compirà 90 anni, che di nuove protagoniste assolute del pianoforte sembrava non si parlasse più, forse anche a causa del travolgente successo di due solisti
fuoriclasse che gettarono un’involontaria ombra sulle pur brave colleghe dei trascorsi decenni.
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Il genio dell’“intrattabile” Benedetti Michelangeli, prima, e del “gentile” Maurizio Pollini, in un secondo tempo, sembrava non lasciare troppo spazio ad altri nomi di gran rilievo. Ma in questi ultimi decenni, la rivoluzione italiana al femminile si è imposta grazie alle forti qualità melodiche ed interpretative di almeno quattro pianiste. Per ora nulla di paragonabile, ovviamente, a Martha Argerich (l’argentina naturalizzata svizzera che in un concorso giovanile superò lo stesso Pollini) o anche alla tuttora bellissima Hélène Grimaud, ma i successi di Alessandra Ammara (moglie
fiorentina del pianista Roberto Prosseda, sensibile interprete di Mendelssohn) e di Maria Perrotta, calabrese residente a Parigi e poi (e soprattutto) della padovana Leonora Armellini e della
salentina Beatrice Rana, hanno riportato l’Italia pianistica agli onori delle grandi sale da concerto e delle entusiastiche cronache della stampa specializzata.
Pur volendo evitare antipatiche classifiche, Beatrice Rana, in particolare, sembra aver distanziato le altre colleghe, entrando ormai di diritto nell’empireo mondiale dei virtuosi della tastiera. Dopo il secondo posto al concorso Van Cliburn di Fort Worth (Texas) dove suonò musiche di Muzio
Clementi e Robert Schumann, la prodigieuse leccese (per mutuare un aggettivo usato da un giornale francese) ha collezionato premi e successi, incidendo numerosi dischi che spaziano dagli
Studi di Chopin alle Variazioni Goldberg di Bach e dal difficilissimo concerto n.1 di Piotr Ilic Ciaikovskij (eseguito anche presso il leggendario Concertgebouw di Amsterdam) all’altrettanto arduo concerto di Prokofieff e alle ballate di Scriabin.
Gli studi di Chopin, dei quali è felicissima interprete anche Leonora Armellini, sono complesse elaborazioni melodiche sulla base di un “concetto” iniziale di “grammatica” musicale, veri esercizi di tecnica pianistica trasformati ed impreziositi da variazioni degli arpeggi e ovviamente dal tocco
e dal colore del o della pianista. Chopin, dunque, “il musicista della magia timbrica e insieme della sostanza musicale straordinaria”, come disse Pollini in un suo scritto. Figlia di musicisti, e sorella della violoncellista Ludovica Rana, Beatrice si accostò al pianoforte di casa in tenera età
diplomandosi poi giovanissima. Seguirono lunghi anni di scuola di perfezionamento a Napoli poi a Roma e a Milano e quindi in Austria e in Germania. Oggi, a 29 anni, Beatrice Rana ha un
repertorio invidiabile in particolare centrato sulla rilettura dei russi e di Ravel e Debussy oltre, ovviamente, a Chopin e Schumann. Ascoltandola, sia nelle Variazioni Goldberg di Bach che nell’opera per piano solo di Schumann, si ha la netta percezione di un impeto appena trattenuto, di un voler ‘andar oltre’ per scoprire quanto quella musica ancora nasconda.
Maria Perrotta
Al riguardo, nel 2019, il critico musicale del New York Times scrisse “Beatrice Rana has ferocious technique but is distinguished by her musical intelligence”. Analogo impeto, lo si avverte
nell’interpretazione degli Studi di Chopin eseguiti da Leonora Armellini, 29 anni, che si avvicinò allo strumento a soli tre anni, diplomandosi poi a dodici e piazzandosi al quinto posto, a 18 anni, al Premio Chopin, a Varsavia, unanimemente considerato il più importante concorso del mondo.
Maurizio Pollini lo vinse nel 1960, a 18 anni di età, provocando l’entusiasmo del presidente della giuria Arthur Rubinstein che, rivolto ai suoi colleghi, disse: “Questo giovane italiano ci supera tutti quanti”. Ammara, come Perrotta un po’ meno giovane di Rana e Armellini, è dotata di una
formidabile tecnica che le consente di affrontare le pagine più difficili di Chopin e Liszt, ma la sua arte si manifesta soprattutto nell’esecuzione dei preludi di Debussy e di altri ‘simbolisti’ francesi.
Alessandra Ammara
Formatasi con Maria Tipo e, a Vienna, col grande Paul Badura-Skoda, Alessandra Ammara è una sensibile interprete di Mendelssohn di cui ha inciso il concerto per due pianoforti eseguito assieme al marito Roberto Prosseda. Ha poi inciso alcuni CD dedicati a Schumann e a Ravel. Ha tenuto concerti alla Philarmonie di Berlino e al Musikverein di Vienna ed è stata presente al festival di Salisburgo. E, last but not least, Maria Perrotta, cosentina ormai residente a Parigi assieme al marito (il baritono Lucio Prete) dove ha tra l’altro conseguito il Diploma Superiore di musica da camera all’Ecole Normale de Musique. Lucida interprete di Bach ha ottenuto nel 2004 il terzo premio al Concorso internazionale J. S. Bach di Saarbruecken. Al riguardo la Deutsche
Allgemeine Zeitung scrisse allora:
Il pianoforte di Maria Perrotta ha un suono chiaro come vetro, una strutturazione sempre udibile ed una esposizione stimolante della frase il che ha reso la sua interpretazione una interpretazione ideale.