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Disoccupazione con partita Iva aperta

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Disoccupazione con partita Iva aperta

written by Noemi Secci | 01/11/2018

Chi apre la partita Iva mantiene lo stato di disoccupazione e ha il diritto di beneficiare di sussidi, prestazioni agevolative, sociali e sanitarie?

Sei riuscito ad ottenere lo stato di disoccupazione, dopo aver perso l’impiego involontariamente ed aver presentato la Did, la dichiarazione d’immediata disponibilità al lavoro ed alle iniziative di politica attiva, al centro per l’impiego. Il centro per l’impiego ha anche già preparato e ti ha fatto firmare il patto di servizio, che contiene un programma personalizzato di formazione, riqualificazione e ricerca attiva di lavoro.

Nonostante tutto questo, però, non hai ancora trovato un impiego: stai dunque pensando di aprire la partita Iva e metterti in proprio. Temi, tuttavia, che aprire la partita Iva possa farti perdere lo stato di disoccupazione.

A questo proposito, devi sapere che non esiste un solo stato di disoccupazione, ma, a seguito del Jobs Act, esistono diversi status in cui si può trovare un

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disoccupato: lo stato di disoccupazione per i lavoratori privi d’impiego, lo stato di non occupazione e lo stato di disoccupazione parziale.

Ma qual è lo stato di disoccupazione con partita Iva aperta, ossia per chi svolge un’attività come lavoratore autonomo o libero professionista? Si ha ugualmente diritto all’indennità di disoccupazione Naspi o Dis-coll con la partita Iva aperta? E alle altre prestazioni dedicate ai disoccupati? Cerchiamo di fare chiarezza.

Che cosa succede se il disoccupato apre la partita Iva?

In base alle disposizioni del decreto attuativo del Jobs Act in materia di disoccupazione [1], se il disoccupato (già in possesso dello stato di disoccupazione) apre la partita Iva non sussistono problemi riguardo al mantenimento della condizione di non occupazione, purché non si superi il reddito annuo, derivante da lavoro autonomo, pari a 4.800 euro.

L’apertura della partita Iva, difatti, non contrasta con la permanenza dello stato di non occupazione, né, addirittura, col diritto a percepire l’indennità di disoccupazione Naspi. Contrasta, invece, col diritto a percepire l’indennità di disoccupazione per i collaboratori, cioè per i lavoratori parasubordinati, la Dis-coll. I collaboratori disoccupati, in pratica, per richiedere la Dis-coll devono chiudere la partita Iva.

L’ eventuale iscrizione presso un albo professionale, non è incompatibile con lo stato di disoccupazione o col diritto alla percezione di un’indennità di disoccupazione.

Un conto, però, è il possesso dello stato di non occupazione, o di disoccupazione parziale, un conto è lo stato di disoccupazione in qualità di lavoratore privo d’impiego: quest’ultimo status occorre per diverse agevolazioni all’assunzione e per le iniziative di politica attiva, ma non occorre per le agevolazioni sociali e sanitarie.

In base ai recenti chiarimenti del ministero del Lavoro [2], per ottenere lo stato di disoccupazione come lavoratore privo d’impiego occorre che la partita Iva, se aperta, non sia movimentata negli ultimi 12 mesi, precedenti la presentazione

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della Did.

Stato di disoccupazione e di non occupazione

Riguardo ai requisiti per il possesso dello stato di disoccupazione, il quadro normativo è diventato abbastanza confuso dopo che è intervenuta la cosiddetta riforma del Jobs Act del 2016 [3].

Cerchiamo dunque di fare il punto della situazione sulle possibilità di ottenere lo stato di disoccupazione con la partita Iva aperta:

lo stato di disoccupazione come soggetto privo d’impiego si può ottenere anche con la partita Iva aperta, ma questa non deve essere movimentata (quindi non devono esserci acquisti, fatturato, o altri movimenti in entrata e in uscita) almeno nei 12 mesi che precedono la Did, la dichiarazione d’immediata disponibilità;

ottenuto lo stato di disoccupazione come soggetto privo d’impiego, lo si può perdere se si svolge una qualsiasi attività di lavoro autonomo, parasubordinato o subordinato, a prescindere dal reddito prodotto;

interviene la sospensione dallo stato di disoccupazione solo se la nuova occupazione è un lavoro subordinato, che dura meno di 6 mesi;

lo stato di disoccupazione come soggetto privo d’impiego non va invece confuso con lo stato di non occupazione, o di disoccupazione parziale: la condizione di “non occupazione” è quella di coloro che non sono occupati in un’attività lavorativa in forma subordinata, parasubordinata o autonoma, oppure di coloro che, pur svolgendo tale attività, ne ricavino un reddito annuo inferiore ad 8mila euro, se dipendenti o parasubordinati, e ad 4.800 euro se lavoratori autonomi (in questo caso la condizione di non occupazione è anche detta disoccupazione parziale).

Naspi e Dis-coll con partita Iva aperta

Per quanto riguarda il diritto alle indennità di disoccupazione con partita Iva:

la Naspi, l’indennità di disoccupazione dei lavoratori dipendenti, può essere domandata anche se è presente un’attività di lavoro autonomo in

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corso di svolgimento al momento della presentazione della Did, la dichiarazione d’immediata disponibilità: l’importante è che il reddito derivante dal lavoro autonomo non superi i 4800 euro annui, anche nel caso in cui la partita Iva sia aperta precedentemente alla domanda di sussidio;

possiamo dunque affermare che per la Naspi è sufficiente lo stato di non occupazione, o di disoccupazione parziale;

per la Dis-coll, l’indennità di disoccupazione dei collaboratori, invece, è necessario aver chiuso la partita Iva al momento della domanda; la partita Iva si può riaprire in seguito, ma non vanno superati i 4800 euro annui di reddito derivante dall’attività autonoma.

Stato di disoccupazione, di non occupazione e partita Iva

Se si possiede già lo stato di disoccupazione in qualità di lavoratore privo d’impiego, perché si vuole partecipare alle iniziative di politica attiva del centro per l’impiego, bisogna tener presente che lo status non si mantiene in caso di apertura della partita Iva; si può successivamente ripristinare se la partita Iva non è movimentata per 12 mesi e viene nuovamente resa la Did al centro per l’impiego.

Se si vuole ottenere lo stato di disoccupazione in qualità di lavoratore privo d’impiego, e si possiede già una partita Iva aperta, è necessario che la partita Iva non sia movimentata per almeno 12 mesi.

Nell’ipotesi in cui occorra lo stato di non occupazione, o di disoccupazione parziale, necessario per la maggior parte delle agevolazioni e delle prestazioni, questo stato si mantiene anche con l’apertura di una partita Iva, purché non si superi il reddito annuo di 4800 euro.

È importante tener presente che per le prestazioni di politica attiva effettuate dal centro per l’impiego è necessario lo stato di disoccupazione, mentre per le prestazioni sociali, sanitarie e agevolative basta lo stato di non occupazione.

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Iniziative di politica attiva per i professionisti

A proposito della ricerca attiva di lavoro bisogna osservare, però, che il Jobs Act del lavoro autonomo [4] prevede l’istituzione, presso il centro per l’impiego, di un apposito sportello dedicato ai professionisti con partita Iva che cercano lavoro, e che prevede anche appositi sostegni per chi si mette in proprio.

Stato di disoccupazione e reddito di cittadinanza

Con l’imminente riforma dei centri per l’impiego il quadro potrebbe cambiare ancora: con tutta probabilità, saranno modificate le norme che prevedono la non decadenza dallo stato di non occupazione in caso di apertura di partita Iva, se il reddito è inferiore a 4800 euro, nella parte in cui “dimenticano” di prevedere anche la mancata decadenza dallo stato di disoccupazione (secondo la dottrina in materia, si tratta puramente di una svista nella formulazione della normativa, quindi chi apre la partita Iva non dovrebbe decadere né dallo stato di disoccupazione Nè dallo stato di non occupazione, o disoccupazione parziale).

In ogni caso, può ottenere il reddito di cittadinanza anche chi lavora e ha la partita Iva aperta, purché il reddito si attesti sotto la soglia di povertà, pari a 780 euro mensili per un single (ai fini del diritto al sussidio, rilevano anche gli altri redditi e il possesso d’immobili, oltre all’Isee del nucleo familiare).

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