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PROCURA GENERALE DELLA CORTE DI CASSAZIONE R.G /2018

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PROCURA GENERALE DELLA CORTE DI CASSAZIONE

R.G. 43353/2018

Il Sostituto Procuratore Generale sottoscritto,

Letti i ricorsi presentati nell’interesse di MELUZIO Antonio e dei terzi interessati, avverso il decreto della Corte d’Appello di Napoli, Sezione 3^ penale, in data 14-5-2018 (depositato il 27-6- 18);

Rilevato che con il decreto in oggetto la Corte d’Appello di Napoli rigettava gli appelli proposto avverso il decreto del Tribunale di Salerno in data 6-7 maggio 2002, ad eccezione dell’appello proposto nell’interesse di Lanzetta Gennaro e di Lanzetta Antonio;

Premesso che:

Col ricorso proposto nell’interesse di MELUZIO Antonio si lamenta la violazione di legge del decreto impugnato:

- nella parte in cui oblitera il cd. protocollo valutativo indicato dalla Corte di Cassazione nel primo giudizio di annullamento (Sent. n. 10219, 6^ sez. del 24-2-2011);

- nella parte relativa alla mancata effettuazione del giudizio di congruità “dei beni sub judice, rispetto alle possidenze lecite” (violazione degli artt. 24 del d.lgs. 156/2011 e 2 ter legge 575/1965);

- con riferimento al mancato rispetto del giudicato interno ovvero della preclusione processuale in merito alla perimetrazione cronologica della pericolosità qualificata;

- con riferimento al mancato rispetto del termine di decadenza di cui all’art. 27 comma 6 d.lgs.

159/2011;

- nella parte in cui, disattendendo le ragioni illustrate nel primo giudizio di annullamento, non effettua lo scorporo dei presunti accrescimenti illeciti e oblitera la restituzione dei beni riconosciuti di origine lecita;

-nella parte in cui trascura le doglianze difensive in ordine alla perimetrazione temporale della pericolosità qualificata del MELUZIO;

-nella parte in cui omette di considerare la situazione debitoria complessiva e i redditi leciti del proposto (da attività lavorativa e non) che avrebbero consentito di pervenire a un giudizio di proporzionalità tra il patrimonio netto confiscato e l’ammontare dei redditi leciti di cui ha beneficiato il proposto.

Col ricorso proposto nell’interesse del terzo MELUZIO Morgan si lamenta la violazione di legge del decreto impugnato:

- nella parte in cui oblitera il cd. protocollo valutativo indicato dalla Corte di Cassazione nel primo giudizio di annullamento (Sent. n. 10219, 6^ sez. del 24-2-2011);

(2)

- nella parte relativa alla mancata effettuazione del giudizio di congruità “dei beni sub judice, rispetto alle possidenze lecite” (violazione degli artt. 24 del d.lgs. 156/2011 e 2 ter legge 575/1965);

- con riferimento al mancato rispetto del giudicato interno ovvero della preclusione processuale in merito alla perimetrazione cronologica della pericolosità qualificata;

- con riferimento al mancato rispetto del termine di decadenza di cui all’art. 27 comma 6 d.lgs.

159/2011;

- nella parte in cui, disattendendo le ragioni illustrate nel primo giudizio di annullamento, non effettua lo scorporo dei presunti accrescimenti illeciti e oblitera la restituzione dei beni riconosciuti di origine lecita;

-nella parte in cui trascura le doglianze difensive in ordine alla perimetrazione temporale della pericolosità qualificata del proposto MELUZIO Antonio;

-nella parte in cui omette di considerare la situazione debitoria complessiva e i redditi leciti del proposto (da attività lavorativa e non) che avrebbero consentito di pervenire a un giudizio di proporzionalità tra il patrimonio netto confiscato e l’ammontare dei redditi leciti di cui ha beneficiato il proposto.

Col ricorso proposto nell’interesse del terzo MELUZIO Giada si lamenta genericamente la violazione di legge del decreto impugnato e la illogicità della motivazione del decreto impugnato non avendo la Corte territoriale dimostrato che i beni confiscati alla ricorrente siano stati acquistati con i proventi dell’attività delittuosa del padre.

Col ricorso proposto nell’interesse del terzo MELUZIO Giovanni si lamenta la violazione di legge del decreto impugnato:

- nella parte in cui conferma la confisca dei beni di MELUZIO Giovanni nonostante che avverso il decreto di restituzione emesso dalla Corte territoriale il P.G. non avesse proposto impugnazione;

-laddove non considera il reddito lecito proveniente dall’azienda agricola di cui il ricorrente è titolare nonché la ingente disponibilità finanziaria, di origine lecita, di cui MELUZIO Angelo ebbe la titolarità poi impiegata per l’acquisizione della società agricola.

Col ricorso proposto nell’interesse dei terzi MELUZIO Michela e DI BITETTO Nunzio si lamenta genericamente la violazione di legge e la illogicità della motivazione del decreto impugnato non avendo la Corte territoriale dimostrato che i beni confiscati ai ricorrenti fossero stati fittiziamente intestati ai ricorrenti e acquistati con i proventi dell’attività delittuosa del proposto MELUZIO Antonio. Al contrario, si ribadisce come i ricorrenti fossero titolari di ingenti disponibilità finanziarie, di origine lecita, derivanti dall’esproprio di un fondo in agro di Buccino, e come per l’acquisto di un immobile di proprietà della MEDIL i soci di questa società avessero fatto ricorso a un mutuo bancario.

Con successivo ricorso si insiste nel rappresentare come dalla consulenza tecnica del dott. Palermo sia emerso che la sottoscrizione delle quote della società Departures fosse avvenuta grazie alla disponibilità delle somme ricavate dall’espropriazione del terreno di Buccino (in realtà lo stralcio di consulenza allegato al ricorso afferma apoditticamente il contrario n.d.e.). Inoltre con il secondo motivo anche questi ricorrenti sottolineano la perdita di efficacia della confisca per il superamento del termine previsto dall’art. 27 comma 6 d.lgs. 159/2011.

Col ricorso proposto nell’interesse del terzo MELUZIO Dario si lamenta genericamente la violazione di legge e la illogicità della motivazione del decreto impugnato non avendo la Corte territoriale dimostrato che i beni confiscati (quote sociali della ITAM s.r.l.) al ricorrente fossero stati fittiziamente intestati al medesimo e acquistati con i proventi dell’attività delittuosa del padre, nonché proposto, MELUZIO Antonio. Al contrario, si ribadisce, apoditticamente, come l’acquisto

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delle quote confiscate da parte di MELUZIO Dario avvenne nel 1998, data nella quale il clan camorristico facente capo a Carmine Alfieri era già stato smantellato da tempo.

Col ricorso proposto nell’interesse del terzo PAPPALARDO Antonietta si lamenta genericamente la violazione di legge e la illogicità della motivazione del decreto impugnato non avendo la Corte territoriale dimostrato che i beni confiscati alla ricorrente (ovvero ai suoi genitori di cui la ricorrente era erede) fossero fittiziamente intestati alla medesima (ovvero ai genitori PAPPALARDO Pierino e PICCIARELLO Elvira) e acquistati con i proventi dell’attività delittuosa del marito, nonché proposto, MELUZIO Antonio. Al contrario, si ribadisce, apoditticamente, come i genitori della ricorrente fossero commercianti (gestori di un bar in quel di Battipaglia) e, quindi, percettori di una fonte di reddito più che sufficiente a giustificare l’acquisto dei beni confiscati; inoltre, la ricorrente sottolinea il fatto che il marito, prima dell’ipotetica affiliazione al clan Alfieri, fosse titolare di un importante patrimonio e percettore di ingenti redditi provenienti dalla sua attività imprenditoriale.

Col ricorso proposto nell’interesse del terzo CATAROZZO Anna si lamenta genericamente la violazione di legge del decreto impugnato non avendo la Corte territoriale tenuto conto del fatto che i due appartamenti confiscati alla ricorrente furono acquistati dalla medesima da soggetti diversi ed estranei al proposto i quali, a loro volta, si resero aggiudicatari degli immobili all’esito di una procedura esecutiva immobiliare; inoltre con riferimento agli altri beni immobili confiscati al padre CATAROZZO Giuseppe, di cui era erede, fa presente come la Corte territoriale abbia trascurato il dato che anche tali immobili non appartenevano al proposto MELUZIO Antonio posto che il dante causa di quest’ultimo – tale Telese Attilio - non era titolare del diritto di proprietà sui medesimi, ma unicamente di un diritto di credito (avendo stipulato unicamente un preliminare di compravendita successivamente risolto a causa dell’inadempimento dello stesso promissario acquirente che non diede seguito al concordato fallimentare come invece promesso); infine, la ricorrente lamenta il fatto che non sia stato dimostrato dalla Corte territoriale che i capitali impiegati da MELUZIO Antonio in tale operazione immobiliare fossero di provenienza delittuosa.

Col ricorso proposto nell’interesse del terzo SENATORE Matteo si lamenta la violazione di legge del decreto impugnato:

- nella parte in cui oblitera il cd. protocollo valutativo indicato dalla Corte di Cassazione nel primo giudizio di annullamento (Sent. n. 10219, 6^ sez. del 24-2-2011);

- con riferimento al mancato rispetto del termine di decadenza di cui all’art. 27 comma 6 d.lgs.

159/2011;

- nella parte in cui, disattendendo le ragioni illustrate nel primo giudizio di annullamento, non effettua lo scorporo dei presunti accrescimenti illeciti e oblitera la restituzione dei beni riconosciuti di origine lecita;

-nella parte in cui trascura che i fondi in questione furono acquistati da SENATORE dalla società Hotel Bristol e che la sentenza di condanna per bancarotta fraudolenta a carico del proposto (avente ad oggetto anche l’alienazione di questi terreni) è stata annullata dalla cassazione per difetto di motivazione; inoltre il ricorrente sottolinea come i fondi in parola fossero transitati nel patrimonio del proposto negli anni 1980/81, ossia in epoca anteriore al presunto perimetro di pericolosità qualificata del medesimo.

Col ricorso proposto nell’interesse del terzo TMT Italia s.r.l. si lamenta la violazione di legge del decreto impugnato:

- nella parte in cui oblitera di accertare che i beni confiscati a TMT Italia fossero nella disponibilità diretta o indiretta del proposto;

-nella parte in cui omette di confutare, con motivazione congrua e non meramente apparente, gli elementi sintomatici della titolarità effettiva dei beni confiscati (e non fittizia) in capo a T.M.T.

(puntuale pagamento del prezzo, gestione effettiva dei beni senza interferenze della famiglia

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MELUZZO, assenza di rapporti pregressi tra il gruppo TMT e il suo socio amministratore Angelo Mastrolia e i proposti);

Col ricorso proposto nell’interesse dei terzi CATAROZZO Antonella, CATAROZZO Giuseppe e CATAROZZO Maria si lamenta genericamente la violazione di legge del decreto impugnato non avendo la Corte territoriale tenuto conto del fatto che gli immobili confiscati non appartenevano al proposto MELUZIO Antonio atteso che il dante causa di quest’ultimo – tale Telese Attilio - non era titolare del diritto di proprietà sui beni confiscati ma unicamente di un diritto di credito (avendo stipulato unicamente un preliminare di compravendita successivamente risolto a causa dell’inadempimento dello stesso promissario acquirente che non diede seguito al concordato fallimentare come invece promesso).

Col ricorso proposto nell’interesse del terzo PROTA Rocco si lamenta genericamente la manifesta illogicità e la violazione di legge del decreto impugnato nella parte in cui trascura che i due appartamenti confiscati furono acquistati da PROTA (marito di una nipote del proposto) dalla società Departuresa s.p.a.; inoltre il ricorrente sottolinea come il PROTA fosse titolare di un reddito lecito derivante dalla sua attività lavorativa di autotrasportatore, il prezzo di acquisto fosse stato effettivamente corrisposto alla società venditrice (anche grazie all’accensione di un mutuo con una banca) e il PROTA non fosse al corrente dell’attività illecita del MELUZIO e neppure della volontà della società venditrice di sottrarre garanzie ai propri creditori; infine fa presente come la società Departures abbia iniziato la sua attività prima dell’insorgenza della pericolosità qualificata in capo al proposto, impiegando capitali di provenienza lecita.

I ricorsi sono fondati nei imiti di cui si dirà.

Siamo al terzo giudizio di legittimità.

Dopo il primo annullamento della Corte di cassazione, avverso il decreto del giudice di appello che confermava la confisca e la misura di prevenzione, il susseguente giudizio rescissorio dava luogo ad un completo ribaltamento della decisione e conseguente revoca della confisca.

La Corte partenopea perveniva a tale pronuncia dopo avere ritenuto non applicabile al procedimento in esame - ratione temporis - l’art. 2 bis l. 575/85 come risultante dalle modifiche di cui alle leggi 24-7-2008 n. 125 e 15 luglio 2009 n. 94.

La 2^ sezione della Corte di cassazione con la successiva sentenza 28096/15, accogliendo il ricorso del P.G. della Corte partenopea, riteneva invece applicabili le modifiche dell’art. 2 bis della legge 575/65, sul presupposto che le novelle del 2008 e del 2009 non avessero modificato la natura preventiva della confisca emessa nell’ambito del procedimento di prevenzione, confermando la validità della sua assimilazione alle misure di sicurezza con conseguente applicabilità, in caso di successioni di leggi nel tempo, dell’art. 200 c.p. (le misure di sicurezza sono regolate dalla legge in vigore al tempo della loro applicazione).

Da tale premessa i giudici di legittimità hanno fatto discendere due corollari:

a) La modifica dell’art. 2 bis legge 575/65, contenuta nella legge n. 94 del 2009, consente al giudice di irrogare le misure di prevenzione patrimoniali anche prescindendo dalla verifica della pericolosità attuale del proposto e si applica anche alle fattispecie realizzatesi prima dell’entrata in vigore della legge citata;

b) La riforma operata dalle leggi 24-7-2008 n. 125 e 15-7-2009 n. 94, consente l’applicazione disgiunta della confisca dalla misura di prevenzione personale.

La Corte di cassazione ha poi osservato come la Corte territoriale abbia errato nel limitare arbitrariamente la retroattività della nuova normativa alla data di emanazione del decreto di primo grado e, conseguentemente, ha annullato il provvedimento impugnato trasmettendo nuovamente gli atti alla Corte d’appello di Napoli per un nuovo esame sul punto.

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E’ interessante rilevare come, invece, altra sezione di questa Corte, nel secondo procedimento che ha visto coinvolti gli odierni proposti (avente ad oggetto la confisca di altri beni), abbia raggiunto la conclusione diametralmente opposta, affermando l’inapplicabilità delle citate modifiche normative nel caso in cui - come nel nostro caso - il decreto di confisca sia stato emesso (in primo grado) prima della loro entrata in vigore. Infatti, quest’ultima sentenza ha annullato senza rinvio il decreto della Corte territoriale che invece, in applicazione di quelle norme, aveva disposto la confisca dei beni (cfr. la sent. della 6^ Sez. n. 21491, udienza del 16-2-2015, dep. il 22-5-2015).

Ciò detto, è indubitabile che nel presente procedimento la 2^ sezione della Corte di cassazione, con la sentenza n. 28096/15, abbia annullato il decreto di revoca della confisca e di restituzione dei beni sul rilievo che l’art. 2 bis legge 575/65, come risultante dalle modifiche normative del 2008 e del 2009, sia applicabile anche ai decreti di confisca emessi, in primo grado, prima della loro entrata in vigore, sicché non può dispiegare alcun effetto, nel presente giudizio, la sentenza n. 21491/15 della 6^ Sezione, che, con rigorosa motivazione, afferma l’esatto contrario.

Venendo dunque al dettaglio delle censure mosse dai ricorrenti va preliminarmente affrontata la questione, sollevata da più ricorrenti, della perdita di efficacia della misura patrimoniale per essere interamente decorso il termine di un anno e sei mesi, di cui al 6° comma dell’art. 27 d.lgs.

159/2011, nel corso dell’ultimo giudizio di rinvio.

A tacere delle ragioni illustrate dai ricorrenti che, sul punto richiamano la sentenza della 6^ Sezione n. 2385 dep. 9-1-2018 (Rv. 272231), non può non replicarsi la palese infondatezza del motivo, non potendo trovare applicazione la norma richiamata trattandosi di confisca disposta nell’ambito di procedimento nel quale, alla data di entrata in vigore del d.lgs. n. 159/2011 era già stata formulata la proposta di applicazione della misura di prevenzione (art. 117 comma 1 d.lgs. 159/2011).

Con riferimento ai restanti motivi proposti si osserva quanto segue.

Circa i ricorsi proposti nell’interesse del proposto MELUZIO Antonio e dei terzi MELUZIO Morgan, MELUZIO Giovanni, MELUZIO Giada, MELUZIO Michela e DI BITETTO Nunzio, MELUZIO Dario, PAPPALARDO Antonietta, SENATORE Matteo, PROTA Rocco si osserva come, effettivamente, la Corte territoriale nel confermare il decreto di confisca emesso dal Tribunale di Salerno del 6-7- maggio 2002, abbia trascurato di perimetrare la pericolosità qualificata dei proposti con riferimento al dies ad quem.

Non può dimenticarsi infatti che il giudice di merito aveva rigettato la misura di prevenzione personale per difetto di attualità della pericolosità qualificata dei proposti.

Nondimeno, il provvedimento impugnato pur contenendo un riferimento al dies a quo (fissato intorno alla metà degli anni 80, periodo nel quale fu ritenuto che i MELUZIO fossero entrati nell’orbita del clan Alfieri), non fa alcun cenno al termine finale di tale pericolosità, ancorché si tratti di un parametro rilevante in ordine alla decisione in esame.

Inoltre, come non mancano di sottolineare i ricorrenti, la Corte territoriale nel motivare la propria decisione ha fatto ampio riferimento al decreto emesso dal Tribunale di Salerno senza tuttavia considerare le indicazioni fornite dalla 6^ sezione di questa Corte, in occasione del primo annullamento.

In particolare, la Corte partenopea nel motivare la sua decisione non pare aver considerato il cd.

protocollo valutativo espressamente indicato da questa Corte in occasione del primo giudizio di annullamento (cfr. la Sent. n. 10219, 6^ sez. del 24-2-2011).

Infatti, come lamentano i ricorrenti, il giudice del rinvio ha omesso di operare qualsiasi distinzione tra i beni frutto dell’attività delittuosa e i cespiti patrimoniali di cui i proposti erano pacificamente titolari (come risulta anche dalla motivazione del decreto impugnato), prima dell’insorgenza della pericolosità qualificata.

Inoltre, il decreto impugnato oblitera di considerare i redditi percepiti dai proposti prima dell’affiliazione al clan Alfieri, ovvero quelli prodotti dal patrimonio precedentemente posseduto,

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senza operare lo scorporo dei presunti accrescimenti illeciti con restituzione dei beni riconosciuti di origine lecita, come indicato da questa Corte nella prima sentenza di annullamento.

Lo stesso è a dirsi con riferimento ai beni confiscati acquisiti successivamente al venir meno della pericolosità qualificata del proposto senza l’impiego di proventi di origine illecita.

Pertanto, con riferimento a tali profili pare inevitabile un nuovo annullamento della decisione impugnata con rinvio degli atti ad altra Sezione della Corte d’appello di Napoli.

Con riferimento al ricorso proposto da CATAROZZO Anna effettivamente la Corte territoriale non ha motivato in ordine alla confisca di due appartamenti confiscati alla ricorrente e acquistati dalla medesima da soggetti diversi ed estranei al proposto i quali, a loro volta, si resero aggiudicatari dei medesimi nell’ambito di una procedura esecutiva immobiliare (sul punto la Corte territoriale non fa alcun cenno e non spiega minimamente le ragioni della intestazione fittizia di quei beni pervenuti alla CATAROZZO da soggetti diversi che li acquistarono nell’ambito procedura esecutiva immobiliare).

Invece, con riferimento ai restanti beni confiscati alla famiglia CATAROZZO, di cui ai ricorsi proposti dalla stessa CATAROZZO Anna quale erede di CATAROZZO Giuseppe e da CATAROZZO Antonella, CATAROZZO Giuseppe e CATAROZZO Maria pare difettare sia l’interesse sia la legittimazione a ricorrere dei prevenuti dal momento che, ove risultasse fondata la tesi sostenuta nel ricorso, i beni confiscati non potrebbero essere restituiti ai ricorrenti ma, al più, dovrebbero essere acquisiti dalle procedure concorsuali della rag. Giuseppe Catarozzo s.a.s. e della Alimentari Catarozzo s.a.s.

Infine, pare fondato pure il ricorso proposto nell’interesse del terzo TMT Italia s.r.l. attesa l’evidente carenza di motivazione in ordine alla natura fittizia dell’acquisto dei beni confiscati, intestati a tale società, a fronte della prova di elementi sintomatici della effettiva titolarità di tali beni in capo alla società ricorrente.

Visto l’ art. 611 c.p.p.,

P.Q.M.

Chiede che la Corte di Cassazione:

- dichiari l’inammissibilità dei ricorsi proposti da CATAROZZO Anna quale erede di CATAROZZO Giuseppe nonché da CATAROZZO Antonella, CATAROZZO Giuseppe e CATAROZZO Maria;

- annulli il decreto impugnato con restituzione degli atti ad altra Sezione della Corte d’Appello di Napoli per nuovo esame.

Roma, 9-1-2019

Il Sostituto Procuratore Generale Simone Perelli

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