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PROCURA GENERALE DELLA REPUBBLICA Presso la Corte Suprema di Cassazione REQUISITORIA DEL PROCURATORE GENERALE

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PROCURA GENERALE DELLA REPUBBLICA Presso la Corte Suprema di Cassazione

PG: De Masellis R.G. 6484/2018

Requisitoria ex art. 614 c.p.p.

UDIENZA PUBBLICA 12 Ottobre 2018

BOSSETTI MASSIMO GIUSEPPE OMICIDIOYARA GAMBIRASIO

Udienza del I sezione Penale 12 ottobre 2018

REQUISITORIA DEL PROCURATORE GENERALE

Con sentenza del 17 luglio 2017, depositata il 13 ottobre 2017, la Corte di assise di appello di Brescia ha confermato la decisione di primo grado confermando la condanna di Bossetti Massimo Giuseppe alla pena dell’ergastolo perché riconosciuto colpevole dell’omicidio di Yara Gambirasio, di anni tredici, colpita al capo ( nuca, mandibola, e zigomo sinistro) con pugni o corpi contundenti e in diverse regioni del corpo ( collo, torace, polsi, dorso, gamba destra) con uno strumento da taglio e uno da punta e taglio, abbandonata agonizzante in un campo isolato1, commesso in Brambate di Sopra e Chignolo d’Isola il 26 novembre 2010.

La Corte di assise di appello ha confermato l’assoluzione dell’imputato dal delitto di calunnia di cui al capo B) in danno di Maggioni Massimo.2

La scomparsa di Yara Gambirasio dati oggettivi

1 Con le aggravanti di aver adoperato sevizie, di avere agito con crudeltà, di avere approfittato di circostanze di tempo( in ore serali/notturne), di luogo ( in un campo isolato) e di persona ( un uomo adulto contro una adolescente di tredici anni) tali da ostacolare la pubblica e la privata difesa.

2 B) del reato di cui all'art. 368 c.p., perché, interrogato dal Pubblico Ministero sull'omicidio commesso in pregiudizio di Yara Gambirasio, incolpava Maggioni massimo del reato medesimo, sapendolo innocente, dichiarando che questi, per motivi connessi a reciproche incomprensioni lavorative e peraltro spinto da una attrazione verso ragazze e bambine in età scolare, avrebbe commesso il predetto omicidio per poi contaminare il cadavere con il materiale genetico appartenente a BOSSETTI Massimo Giuseppe, procurandoselo nel cantiere ove entrambi lavoravano, in modo da attribuire a costui la responsabilità del delitto, In Bergamo 1'8 luglio 2014.

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2 26 novembre 2010

17.30 la vittima si reca in palestra;

18.25 sms Dolci con risposta di Yara alla 18.44 e successiva risposta della Dolci alle 18.49.53 di cui non è stato possibile accertare l’avvenuta visualizzazione;

18.40 Daniela Rossi e Fabrizio Francese confermano uscita dalla palestra (più precisamente tra 18.40 e 18.45); l’istruttrice Silvia Brena e altri testi la vedono in palestra;

18.55 ultimo aggancio alla rete mobile, cella Brembate di Sopra via Ruggeri;

19.55 il telefono risulterà definitivamente spento.

26 febbraio 2011

Ilario Scotti rinviene il corpo presso il campo di Chignolo D’Isola.

Perché il corpo non è stato spostato?:

a) presenza di fusti di rovo di Hepilobium hirsutum;

b) presenza di Sorghum halepense [flora tutta compatibile con il campo];

c) rinvenimento della stessa in più zone: caviglia e mano dx e unghie;

d) nel terreno impronta del corpo;

e) sugli indumenti rinvenimento di flora compatibile con il campo;

f) dai germogli di Epilobium si stimava periodo minimo di 25-30 giorni di permanenza del cadavere;

g) compatibilità del terriccio delle scarpe (I CCTT del PM non escludono che Yara abbia camminato sul terreno di Chignolo, in virtù del fatto che il terriccio prelevato dalle scarpe era incastrato nel disegno della suola. La Ct della difesa, Ranalletta, evidenzia che le stringhe delle scarpe, parzialmente slacciate, non sarebbero altrettanto sporche di terriccio).

h) rilievi medico-legali.

Inoltre:

i) è verosimile in base alla descrizione dello Scotti che il corpo non sia stato visto prima: presenza di vegetazione alta;

- priva di pregnanza l’immagine della difesa da Google Maps, che non appare esplicativa.

La conservazione del DNA nucleare per un periodo così lungo che contrasterebbe con la permanenza nel campo.

Dati oggettivi:

- la temperatura molto fredda favorisce la conservazione;

- presenza di vestiario;

- va opportunamente considerata la zona in cui si rinviene il DNA;

- in ambienti esterni assume rilievo la composizione chimica del terreno, acido-basico, può influenzare questi processi [di converso, favoriscono la degradazione: le alte temperature, i raggi UV….ed infatti lo studio della Difesa si riferisce all’Australia….];

- dal 2007 in uso reagenti con enzimi che hanno aumentano notevolmente la sensibilità dei kit utilizzati per le analisi, sequenziatori con sensibilità quattro volte superiori [slide Previderè];

- i CT osservano che si era in presenza di un’ottima qualità degli elettroferogrammi dei campioni 31-G20 e 31-G1 Est, perfettamente leggibili ed interpretabili;

- se il materiale rinvenuto era qualitativamente abbondante e di buona qualità [utile per l’effettuazione di svariate analisi così da condurre a identificazione del padre e della madre]

significa, ovviamente, che non era degradato;

- Gill non conosce il caso, lo dichiara lui stesso [l’intervento è al Rotary];

- l’esperimento giudiziale sarebbe fattibile?

Premessa

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Un omicidio efferato nei confronti di un’inerme ragazzina di 13 anni, un’indagine complessa, durata circa quattro anni, con l’utilizzo di tecniche investigative di livello elevatissimo, senza precedenti, che ha richiamato l’attenzione internazionale e di tanto va dato atto. E giusta evidenza va data alla circostanza che se in questo processo si è discusso e ancora oggi si discute di DNA mitocondriale lo si deve al corretto operato dei RIS. Sono stati i Ris ad evidenziare, in una indagine scientifica in cui i risultati sul DNA nucleare di Ignoto erano 1 chiari, evidenti, ridondanti, che il dato mitocondriale presentava una particolarità. Quella componente non è stata scartata, avrebbe potuto esserlo, come evidenziato da Casari (“… io non l’avrei presa in considerazione era una componente non un DNA…”), ma anche di questa componente si è dato correttamente atto e ciò offre le necessarie garanzie di competenza, professionalità e rigore scientifico.

IL RICORSO DEL PG

Al Bossetti è stato contestato il reato di calunnia perché con affermazioni rese nel corso dell'interrogatorio effettuato in data 8 Luglio 2014 davanti al Pubblico Ministero aveva falsamente accusato Maggioni Massimo dell’omicidio di Yara, che egli sapeva essere innocente, per motivi connessi a reciproche incomprensioni lavorative, spinto da una attrazione verso bambine e ragazze in età scolare, e aveva contaminato il cadavere con il materiale genetico del Bossetti per far ricadere la colpa su di lui.

MOTIVO UNICO

Inosservanza o erronea applicazione art. 368 c.p.

Si censura la sentenza della Corte AA che ha confermato l’assoluzione di Bossetti dal delitto di calunnia in danno Maggioni riproponendo le argomentazioni oggetto del ricorso in appello del PM.

Si sottolinea in particolare che la mancata iscrizione di Maggioni nel registro degli indagati non rilevi ai fini della configurabilità del delitto, dal momento che, a seguito delle dichiarazioni di Bossetti, furono svolte indagini ed approfondimenti sulla posizione e sulla personalità del Maggioni, sul suo alibi, sulle frequentazioni, sulle sue presenze in cantiere, sui rapporti con il socio Mazzoleni Osvaldo, cognato di Bossetti, sull’astio nutrito per il Bossetti, sulla sua predilezione per le ragazzine e furono svolte intercettazioni, telefoniche ed ambientali, coinvolgenti il Maggioni e la sua famiglia, el’acquisizione di campioni per l’estrazione del profilo DNA. ( cfr. dich Col. Lorusso, comandante dei ROS dei CC di Brescia- ud. 23/9/2015). Il PM aveva svolto indagini, non potendosi escludere l’ipotesi di concorso, in ossequio all’obbligo di cui all’art. 358 c.p.p.

Il PG, nel proporre appello, aveva richiamato il principio di offensività, ed evidenziato come nel caso di specie fosse ravvisabile in concreto l’offensività della condotta, ricordando il riferimento del Bossetti a circostanze di fatto plausibili in cui Maggioni aveva avuto la concreta possibilità di entrare in contatto con il suo sangue e i suoi capelli, riferendo di circostanziati episodi di sanguinamento avvenuti sul luogo di lavoro e in presenza del Maggioni proprio “ in quel periodo lì, prima scomparisse la ragazza, arrivando a tracciare un puntuale profilo della personalità del Maggioni “ E’

furbo, lui ha sempre detto che un lavoro va fatto bene o non si fa per niente”.

La Corte AA ha condiviso la valutazione effettuata dai giudici di primo grado ed ha escluso la configurabilità dell'elemento materiale del delitto di calunnia dal momento che l'accusa consisteva in circostanze assurde, inverosimili o grottesche, tali da non poter ragionevolmente adombrare - perché in contrasto con i più elementari principi della logica e ciel buon senso - la concreta ipotizzabilità del fatto.

Conclusioni

Le argomentazioni del PG sulla lesione del bene giuridico tutelato dalla norma incriminatrice di cui all’art. 368 c.p., appaiono corrette sia con riguardo all’interesse pubblico all’amministrazione della giustizia al riparo da indebiti sviamenti, sia a quello privato del soggetto falsamente accusato che ha subito penetranti attività investigative. Ciò non lascia spazio alla esclusione della

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offensività della condotta La valutazione della astratta idoneità della incolpazione non va effettuata ex post come avvenuto in entrambe le sentenze di merito. La prova dell'elemento soggettivo, si evince, dalle concrete circostanze dell'azione omicidiaria attribuita al Maggioni che evidenziano la cosciente volontà del Bossetti di muovere un'accusa mendace, nell'ambito di una piena rappresentazione del fatto attribuito alla persona incolpata ( Cass. N. 448 del 2003 Rv. 223321, N.

31446 del 2004 Rv. 229271, N. 32801 del 2012 Rv. 253270; N. 10289 del 2014 Rv. 259336).

Al riguardo, si sottolinea, infatti, che Bossetti non si è limitato a sostenere che Maggioni, lavorando con lui, avrebbe potuto avere attrezzi o altro materiale contenenti tracce biologiche a lui riconducibili, che potevano aver contaminato il cadavere, come aveva fatto nei precedenti interrogatori, sostenendo di aver subito più furti di materiale di cantiere, ma ha accusato Maggioni di aver recuperato uno straccio o un guanto intriso del suo sangue e un filo del suo cappello e di aver commesso l'omicidio proprio allo scopo di far accusare lui, posizionando ad arte le prove raccolte in precedenza. Alla domanda di un P.M incredulo che chiedeva: "Lui avrebbe ucciso la ragazzina e messo su il suo sangue per vendicarsi di lei?", Bossetti rispondeva "Come sospetto mio si, nei miei confronti[ ... ] E' furbo, lui ha sempre detto che un lavoro va fatto bene, va fatto bene o non si fa per niente". Vanno richiamate le indagini effettivamente espletate dal P.M.al riguardo, sulle quali ha riferito il col. Lo Russo e l’irrilevanza, ai fini della configurabilità del reato di calunnia - che è di pericolo - dell'inizio di un procedimento penale a carico del calunniato, occorrendo che la falsa incolpazione contenga in sé elementi necessari e sufficienti per l'esercizio dell'azione penale nei confronti di una persona univocamente e agevolmente individuabile.

Bossetti affida la sua difesa all’ipotesi contaminazione del corpo, affermazioni che fanno il paio con la teoria della possibile creazione di un DNA artificiale, quello di Bossetti, per trovare un colpevole a tutti i costi.

In tema di rapporto tra diritto di difesa e accuse calunniose, l'imputato, nel corso del procedimento instaurato a suo carico, può negare, anche mentendo, la verità delle dichiarazioni a lui sfavorevoli, ma commette il reato di calunnia quando non si limita a ribadire la insussistenza delle accuse a lui addebitate, ma assume ulteriori iniziative dirette a coinvolgere l'accusatore - di cui pure conosce l'innocenza - nella incolpazione specifica, circostanziata e determinata di un fatto concreto.(

Sez. 2, Sentenza n. 14761 del 19/12/2017 Ud. (dep. 30/03/2018 ) Rv. 272755)

La Corte di Cassazione ha ritenuto sussistente il reato di calunnia quando l'imputato, travalicando il rigoroso rapporto funzionale tra la sua condotta e la confutazione dell'imputazione, non si limiti a ribadire la insussistenza delle accuse a suo carico, ma assuma ulteriori iniziative dirette a coinvolgere altri, di cui conosce l'innocenza, nella incolpazione, specifica e circostanziata, di un fatto concreto e da ciò derivi la possibilità di inizio di un'indagine penale da parte dell'autorità (Nella specie, l'indagato, sospettato per il reato di omicidio, aveva affermato, in un interrogatorio reso al P.M., di avere restituito, la sera prima dell'uccisione, a persona che sapeva innocente, il possesso di un automobile che recava tracce di un conflitto a fuoco, formulando indirettamente, in tal modo, a suo carico, la falsa accusa di omicidio. La Cassazione, ha riformato la sentenza dei giudici di merito, che avevano ritenuto le dichiarazioni non esorbitanti dal diritto di difesa, affermando, invece, la sussistenza del reato di calunnia) Sez. 6, Sentenza n. 5574 del 19/03/1998 Ud. (dep. 13/05/1998 ) L’orientamento della suprema Corte in materia è consolidato e conforme. Si richiama Cassazione (Sez. 2, Sentenza n. 14761 del 19/12/2017 Ud. (dep. 30/03/2018 ) Rv. 272755) in tema di rapporto tra diritto di difesa e accuse calunniose, secondo cui l'imputato, nel corso del procedimento instaurato a suo carico, può negare, anche mentendo, la verità delle dichiarazioni a lui sfavorevoli, ma commette il reato di calunnia quando non si limita a ribadire la insussistenza delle accuse a lui addebitate, ma assume ulteriori iniziative dirette a coinvolgere l'accusatore - di cui pure conosce l'innocenza - nella incolpazione specifica, circostanziata e determinata di un fatto concreto.

Il ricorso del PG è meritevole di accoglimento.

Il ricorso della difesa

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La difesa articola il ricorso in 20 motivi, a cui vanno aggiunti il diciannove bis e ulteriori due motivi ad integrazione del quarto e del diciottesimo.

Il ricorso della difesa, per come strutturato, propone una censura del provvedimento impugnato affidata a due gruppi di motivi, il primo gruppo ( motivi 1-6) attiene alla impugnazione delle ordinanza predibattimentali e dibattimentali. Il secondo gruppo alla prova scientifica e al mancato espletamento della perizia.

Primo gruppo Motivo I -pag12-

1) Violazione dell’art. 606 comma1 lett. b) per intervenuta violazione degli artt. 125 comma 3 e 605 c.p.p., in particolare dell’art. 360 c.p.p., degli artt.178 e 191 c.p.p., in relazione all’ordinanza reiettiva del 17/7/2015, confermata con sentenza di secondo grado, con la quale si è pervenuta a rigettare l’eccezione di nullità/ inutilizzabilità dei risultati delle indagini eseguite dal RIS di Parma sui campioni di materiale genetico prelevati dal cadavere di Yara Gambirasio e compendiati nella relazione RIS del 10 dicembre 2012.

Motivo II -pag.40-

2) Violazione dell’art. 606 comma 1 lett.e) c.p.p. per travisamento della prova in relazione all’utilizzabilità della relazione RIS del 10.12.2012 e all’inserimento della stessa nel fascicolo del dibattimento.

Motivo III -pag.50-

3) Violazione dell’art. 606 comma 1 lett.e) c.p.p. per travisamento della prova nonché violazione dell’art. 111 comma 4 Cost. e dell’art. 431 c.p.p., in relazione all’utilizzabilità della relazione RIS del 10.12.2012.

Motivo IV -pag. 59-

Motivo agg.to II -pag.42-

4) Violazione dell’art. 606 comma1 lett. b) per violazione dell’art. 233 c.1 bis c.p.p., nonché violazione del diritto di difesa, in relazione al diniego di autorizzazione all’esame dei reperti. Evidente violazione dell’art. 6 comma 1 e 3 lett. b) della Convenzione Europea dei diritti dell’uomo.

Motivo V -pag. 74-

5) Violazione dell’art. 606 comma1 lett. b) per violazione del combinato disposto degli artt. 224 bis e 359 bis c.p.p. in relazione al prelievo effettuato in data 15.06.2014 di campioni di saliva all’imputato dal boccaglio dell’etilometro e di tutti gli atti conseguenti. Ulteriore vizio di mancanza, contraddittorietà, e manifesta illogicità della motivazione sul punto.

Motivo VI -pag. 91-

Violazione dell’art. 606 comma1 lett. b) per violazione dell’art. 415 comma 3 c.p.p. in relazione all’inutilizzabilità di tutti gli atti compiuti dopo la scadenza del termine di sei mesi dall’iscrizione della notizia di reato nel Registro Mod. 44 a seguito di mancata proroga. Ulteriore vizio di mancanza, contraddittorietà e manigesta illogicità della motivazione sul punto.

Secondo gruppo

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Il secondo gruppo dal settimo motivo in poi attiene alla valutazione della prova ed in particolare al tema centrale della prova scientifica, alla valutazione degli altri indizi in violazione del disposto dell’art. 192 c.p.p., all’omessa valutazione di elementi di prova.

Motivo VII - pag. 108 -

7) Violazione ex Art. 606 c. 1 lett. b) per violazione dell'art. 192 c.2 c.p.p. in relazione all'inosservanza delle linee guida europee ed internazionali nel perfezionamento delle analisi genetiche. Art. 606 c. 1 lett. e) c.p.p. per mancanza, contraddittorietà e illogicità della motivazione. Art. 606 c. 1 lett. e) c.p.p.

per travisamento della prova sulla questione "kit scaduti"

Motivo VIII - pag. 140 -

8) Violazione ex Art. 606 c. 1 lett. b) per violazione dell'art. 192 c. 2 c.p.p. in relazione all'inosservanza delle linee guida europee ed internazionali nel perfezionamento delle analisi genetiche, con particolare riferimento all'omesso espletamento dei controlli positivi e negativi. Art.

606 c. 1 lett. e) c.p.p. per mancanza, contraddittorietà e illogicità della motivazione. Art. 606 c. 1 lett.

e) c.p.p. per travisamento della prova sulla questione "controlli positivi e negativi"

Motivo IX -pag. 154 -

9)Violazione ex Art. 606 c. 1 lett. b) per violazione dell'art. 192 c.p.p. in relazione all'inosservanza delle linee guida europee ed internazionali nel perfezionamento delle analisi genetiche, con particolare riferimento all'omessa "ripetizione delle corse". Art. 606 c. 1 lett. e) c.p.p. per mancanza, contraddittorietà e illogicità della motivazione. Art. 606 c. 1 lett. e) c.p.p. per travisamento della prova sulla questione "ripetizione delle corse".

Motivo X -pag.158-

10) Violazione ex Art. 606 c. 1 lett. e) c.p.p. per mancanza, contraddittorietà e illogicità della motivazione in relazione alla questione "DNA nucleare". Art. 606 c. 1 lett. e) c.p.p. per travisamento della prova sulla medesima questione "DNA nucleare".

Motivo XI - pag. 177-

11) Violazione ex Art. 606 c. 1 lett. e) c.p.p. per mancanza, contraddittorietà e illogicità della motivazione in relazione alla questione concernente il "livello di diluizione del volume dell'estratto utilizzato". Art. 606 c. 1 lett. e) c.p.p. per travisamento della prova sulla medesima questione concernente il "livello di diluizione del volume dell'estratto utilizzato".

Motivo XII - pag. 183 -

12)Violazione ex Art. 606 c. 1 lett. e) c.p.p. per mancanza, contraddittorietà e illogicità della motivazione in relazione alla questione "catena di custodia". Art. 606 c. 1 lett. e) c.p.p. per travisamento della prova sulla medesima questione concernente "catena di custodia"

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7 Motivo XIII

- pag. 186 -

13) Violazione ex Art. 606 c. 1 lett. e) c.p.p. per travisamento della prova sulla medesima questione concernente "gli esiti delle analisi del campione originario 31-2"

Motivo XIV - pag. 188 -

14) Violazione ex Art. 606 c. 1 lett. e) c.p.p. per travisamento della prova sulla medesima questione concernente "concernente "le centoquattro tra ripetizioni e amplificazioni delle componenti alleliche riconducibili ad Ignoto 1 ".

Motivo XV - pag. 201 -

15) Violazione ex Art. 606 c. 1 lett. e) c.p.p. per mancanza/contraddittorietà e illogicità della motivazione in relazione alla questione concernente i "raw data". Art. 606 c. 1 lett. e) c.p.p. per travisamento della prova sulla medesima questione concernente i "raw data".

Motivo XVI - pag. 383 -

16) Violazione ex Art. 606 c. 1 lett. e) c.p.p. per mancanza/ contraddittorietà e illogicità della motivazione in relazione alla questione "dna mitocondriale". Art. 606 c. 1 lett. e) c.p.p. per travisamento della prova sulla questione "dna mitocondriale".

Motivo XVII - pag. 422 -

17) Violazione ex Art. 606 c. 1 lett. e) c.p.p. per mancanza/contraddittorietà e illogicità della motivazione in relazione alla questione "eteroplasmia/'. Art. 606 c. 1 lett. e) c.p.p. per travisamento della prova sulla questione "eteroplasmia".

Motivo XVIII - pag. 438 -

Motivo aggiunto III - Pag.58-

18) Violazione ex art. 606 c.1 lett. e) c.p.p. - vizio di motivazione per mancanza, illogicità e manifesta contraddittorietà in punto di rinnovazione del dibattimento disponendo perizia genetica.

Evidente violazione dell’art. 6 comma 1 e 3 lett. b) della Convenzione Europea dei diritti dell’uomo.

Motivo XIX - pag. 472 -

19) Violazione ex art. 606 c.1 lett. b), c) per erronea applicazione della legge penale ed inosservanza delle norme processuali a pena di inutilizzabilità in ordine alla sussistenza di un quadro indiziario grave, preciso e concordante: totale inosservanza delle norme a disciplina della valutazione della prova; violazione ex art. 606 c.1 lett. e) c.p.p. per illogicità, contraddittorietà e talvolta non aderenza

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al vero (travisamento) della motivazione a sostegno del quadro indiziario; motivazione solo apparente e comunque incapace di cogliere nel segno; assenza di presupposti.

Motivo aggiunto XIX bis - pag. 31 -

19 bis) Violazione ex art. 606 c.1 lett. e) c.p.p. per violazione art. 218 c.p.p.- vizio di motivazione per omessa motivazione sulla mancata ammissione dell’esperimento giudiziale.. Art.606 comma 1 lett.

e) per manifesta illogicità della motivazione afferente la permanenza del corpo della vittima sul campo di Chignolo.

Motivo XX - pag. 595 -

20) Violazione ex Art. 606 c. 1 lett. b) e c) c.p.p. in relazione all'art.533 c.p.p. per erronea applicazione della legge penale in ordine al mancato superamento de/limite del ragionevole dubbio, mancanza di motivazione.

PREMESSA

La doppia conforme

Le motivazioni di entrambe le sentenze costituiscono un corpo argomentativo uniforme e privo di lacune, in entrambi i gradi di merito è stato analizzato il significato complessivo del quadro probatorio, sono stati presi in esame i rilievi e le deduzioni della difesa, ponendo in evidenza, tutti gli elementi che hanno portato ad affermare la colpevolezza di Massimo Giuseppe Bossetti. Quali sono gli elementi su cui si basa l’affermazione di responsabilità lo affermano ben due sentenze. La condanna è dotata di efficacia dimostrativa rafforzata.

Occorre allora verificare se esistono nel processo elementi dotati di analoga capacità dimostrativa tali da supportare l’affermazione dell’innocenza dell’imputato in termini di certezza o quantomeno di ragionevole dubbio.

La prospettiva ermeneutica della Corte.

-premessa metodologica-

Il ricorso investe la struttura razionale della decisione, del suo apparato argomentativo, esteso a tutti gli elementi offerti dal processo. La corte è chiamata a verificarne la logica, la coerenza, la completezza, l’esatta lettura e valutazione delle evidenze di prova scientifica.

Un risultato di prova fondato sull'applicazione di leggi, metodi o tecniche di natura scientifica potrà dirsi certo una volta che il giudicante abbia verificato l'affidabilità di quella legge, della metodica applicata, delle possibilità di errore ed abbia dato ragione della valenza ed attendibilità del risultato conseguito.

Non appartiene al giudice di legittimità un autonomo potere di valutazione degli elementi di prova né il potere di sostituire i propri apprezzamenti in materia a quelli del giudice di merito o di adottare regole d'esperienza diverse da quelle adottate da detto giudice. E’ preclusa alla Corte la rilettura degli elementi di fatto posti a fondamento della decisione e l'autonoma adozione di nuovi e diversi parametri di ricostruzione e valutazione dei fatti (tra le varie, cfr. vedasi sez. 3, n. 12110/2009 n.

12110 e n. 23528/2006). Compito della Corte è unicamente quello di controllare la coerenza strutturale della decisione, la oggettiva tenuta sotto il profilo logico argomentativo del ragionamento probatorio che consente di passare dall'elemento di prova al risultato di prova rientra nella competenza del giudice di merito, il quale deve, ovviamente, fornirne congrua motivazione e che, in tema di prova indiziaria, deve procedere ad un duplice vaglio giustificativo: un primo vaglio attinente

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alla c.d. "giustificazione esterna", attraverso la quale il giudice deve saggiare la validità della regola d'esperienza ovvero della legge scientifica o logica utilizzata, ed un secondo vaglio concernente la c.d. "giustificazione interna", mediante la quale occorre dimostrare, in concreto, la validità del risultato conseguito mediante l'applicazione della "regola-ponte".

Il vizio di motivazione

Il sindacato demandato alla Corte sulle ragioni giustificative della decisione ha dunque, per esplicita scelta legislativa, un orizzonte necessariamente circoscritto. ( in tal senso Cass. Sez.I n.18246/15 in questo processo)

Il difetto di motivazione

L’approfondimento del tema di prova scientifica e degli altri indizi si colloca ad un livello elevatissimo. La Corte ha chiarito che in sede di legittimità non è censurabile una sentenza per il suo silenzio su una specifica deduzione prospettata col gravame quando la stessa è disattesa dalla motivazione della sentenza complessivamente considerata. Pertanto, ove il provvedimento indichi con adeguatezza e logicità quali circostanze ed emergenze processuali si sono rese determinanti per la formazione del convincimento del giudice, sì da consentire l'individuazione dell'iter logico- giuridico seguito per addivenire alla statuizione adottata, non vi è luogo per la prospettabilità del denunciato vizio di preterizione.

L’illogicità

La sentenza deve essere logica "rispetto a sé stessa", cioè rispetto agli atti processuali citati. (Cass.

21644/2013). La Cassazione ha affermato che l'illogicità della motivazione, per essere apprezzabile come vizio denunciabile, deve essere evidente, cioè di spessore tale da risultare percepibile ictu oculi, dovendo il sindacato di legittimità al riguardo essere limitato a rilievi di macroscopica evidenza, restando ininfluenti le minime incongruenze e considerandosi disattese le deduzioni difensive che, anche se non espressamente confutate, siano logicamente incompatibili con la decisione adottata, purché siano spiegate in modo logico e adeguato le ragioni del convincimento (sez. 3, n. 35397 del 20.6.2007; Sez. Unite n. 24 del 24.11.1999, Spina, rv. 214794).

Il travisamento

Nel giudizio di legittimità, l'accertamento tecnico, trasfuso in una consulenza o nella perizia, può essere oggetto di esame critico da parte del giudice di legittimità nei limiti del cd travisamento della prova, che sussiste nel caso di assunzione di una prova inesistente o quando il risultato probatorio sia diverso da quello reale in termini di "evidente incontestabilità". Il vizio del travisamento della prova ha spazio e consistenza, nel giudizio di legittimità, nei confini lasciati liberi dall'esclusione della rivalutazione in fatto, e ciò - all'evidenza - vale anche per l'accertamento tecnico scientifico, oggetto di consulenza o di perizia, ove esso, come detto, sia immune da rilevabili vizi logici. Trattasi di principio che trova corretta espressione in consolidate massime della Corte, tra cui, ex multis, v., chiarissima, Cass. Pen. Sez. 5^, n. 39048 in data 25.09.2007, Rv. 238215, Casavola.3

3 "Mentre non è consentito dedurre il travisamento del fatto, stante la preclusione per il giudice di legittimità di sovrapporre la propria valutazione delle risultanze processuali a quella compiuta nei precedenti gradi del merito, è invece consentito dedurre il vizio del travisamento della prova che ricorre nel caso in cui il giudice del merito abbia fondato il proprio convincimento su una prova che non esiste o su un risultato di prova incontestabilmente diverso da quello reale". Esclusa, dunque, la cruda rivalutazione del fatto, l'accertamento peritale può essere oggetto di esame critico da parte del giudice di legittimità solo ove il denunciato vizio si traduca in assunzione di prova in realtà inesistente, ovvero di risultato probatorio che sia diverso da quello reale in termini di "evidente incontestabilità". Tanto esclude, dunque, deduzioni che si propongano come diversamente interpretative delle risultanze oggetto di esame, ovvero prospettino - senza sufficiente corredo scientifico di oggettiva valenza – letture meramente soggettive dei dati di prova scientifica assunte come preferibili, senza neanche il supporto di contrapposte consulenze di parte”.

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10 In conclusione

Le osservazioni della difesa sono, direi fisiologicamente, contrappositive, occorre verificare se le stesse oltre a contrapporsi siano in grado di contrastare e di sovrapporsi ex se, all’evidenza della prova scientifica fornita dagli esperti, dai consulenti dell’accusa pubblica e privata, illustrata e ragionata in dibattimento nel contraddittorio delle parti.

Parte Prima PRIMO MOTIVO -pag.12-

Violazione degli artt. 606 comma I lett.b) c.p.p., 125 comma 3, 605 comma1, 360 c.p.p. e 178 e 191 c.p.p., in relazione all’ordinanza del 7/7/2015 di rigetto della eccezione di nullità/inutilizzabilità dei risultati delle indagini eseguite dal RIS di Parma - relazione RIS 10/12/2012 - sui campioni di materiale genetico prelevati dal cadavere.

Il motivo è inammissibile, in quanto meramente reiterativo di una domanda già esaminata in sede di legittimità e si limita a riproporre identiche questioni in assenza di nuovi elementi. Sussiste preclusione processuale. La questione è stata, infatti, esaminata dal riesame e da Cass in sede cautelare ( Cass. Sez.I n.18246/2015), e disattesa in primo e in secondo grado in aderenza alla giurisprudenza di legittimità.

Il repertamento delle tracce biologiche va distinto dalla fase successiva di accertamento tecnico vero e proprio, dall’analisi di laboratorio volta all’estrazione, quantificazione, amplificazione e sequenziamento del DNA, ossia all’estrapolazione del profilo genetico riconducibile al “proprietario”

della traccia. Appare opportuno richiamare il quadro normativo di riferimento, alla luce dell’interpretazione offerta dalla Suprema Corte, con giurisprudenza, fino ad oggi, assolutamente costante. L'art. 359 c.p.p. riconosce al rappresentante della pubblica accusa la facoltà di nominare ed avvalersi di consulenti tecnici laddove intenda procedere ad “accertamenti, rilievi segnaletici, descrittivi o fotografici e ad ogni altra operazione tecnica per la quale sono necessarie specifiche competenze”, mentre l'art. 360 c.p.p., pur operando un rinvio al precedente art. 359, menziona solamente gli “accertamenti” e non anche i rilievi, imponendo al p.m. di osservare una procedura garantita allorquando “gli accertamenti previsti dall'art. 359 riguardano persone, cose, o luoghi il cui stato è soggetto a modificazione” e siano dunque irripetibili.

La procedura garantita ex art. 360 c.p.p. è dovuta solo per il compimento degli accertamenti tecnici (irripetibili), non anche per l'esecuzione di rilievi, che appunto non sono richiamati dalla norma in commento. La elaborazione giurisprudenziale ha individuato le caratteristiche differenziali delle due nozioni, accertamenti e rilievi: così oggi con il termine “rilievi” si indica un'attività di mera osservazione, individuazione ed acquisizione di dati materiali, mentre gli “accertamenti” comportano un'opera di studio critico, di elaborazione valutativa, ovvero di giudizio di quegli stessi dati (in tal senso, ex ceteris, Cass. n. 11866/2000, D'Anna), ovvero valutazioni critiche su basi tecnico- scientifiche (Cass. n. 38087/2009).

In applicazione di tali principi, pare non dubitabile che il prelievo di un campione biologico in ipotesi presente su oggetti contenenti residui organici (es. su una tazzina di caffè, su un mozzicone di sigaretta o all'interno di un passamontagna) sia riconducibile alla categoria dei rilievi. L’orientamento della giurisprudenza sul punto è consolidato e risalente. La Cassazione già nel 2007 con Sez. 1, Sentenza n.

14852 del 31/01/2007 Ud. (dep. 13/04/2007 ) aveva statuito che “ in tema di indagini preliminari, la nozione di accertamento tecnico concerne non l'attività di raccolta o di prelievo dei dati pertinenti

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al reato, che si esaurisce nei semplici rilievi, bensì il loro studio e la loro valutazione critica.” Tutto ciò che è semplice ‘acquisizione’ di elementi probatori – anche nei casi in cui si tratti di acquisizione tecnicamente ‘delicata’, come tale esperibile da parte solo del personale di p.g o da ausiliari ex art 348 c.p.p., qualificati - può avvenire al di fuori dalle forme - e dai limiti - stabiliti dalla disciplina dell’art.360 c.p.p.., anche nei casi in cui il ‘prelievo’ o la documentazione della acquisizione siano intrinsecamente irripetibili”.

La Corte Cost. con sentenza n. 239/2017 ha dichiarato l’infondatezza delle questioni di legittimità costituzionale dell’art. 360 c.p.p., sollevate dalla Corte d’assise d’appello di Roma in relazione agli artt. 111 e 24 Cost., nella parte in cui “non prevede che le garanzie difensive previste da detta norma riguardino anche le attività di individuazione e prelievo di reperti utili per la ricerca del DNA”. Si afferma in motivazione, proprio con riferimento al prelievo di tracce biologiche, la differenza tra rilievo e accertamento, fatta eccezione per i casi in cui il rilievo richieda l’applicazione di particolari competenze, i casi in cui l’attività di acquisizione dei reperti si sovrappone con quella di individuazione ed analisi delle tracce biologiche. La Corte Costituzionale, nel dichiarare infondate le questioni postele, ha ribadito il consolidato orientamento della Suprema Corte in punto di distinzione tra accertamenti tecnici e rilievi: “la Corte di Cassazione in modo costante distingue il «rilievo», che comprende la raccolta o il prelievo dei dati pertinenti al reato, dall’«accertamento tecnico», che riguarda, invece, il loro studio e la loro valutazione critica”. Ha quindi proseguito rilevando: “il solo fatto che [l’attività irripetibile svolta] concerna rilievi o prelevamenti di reperti «utili per la ricerca del DNA» non modifica la natura dell’atto di indagine e non ne giustifica di per sé la sottoposizione a un regime complesso come quello previsto dall’art. 360 cod. proc. pen. […] Ad esempio, il prelievo di capelli o di peli rinvenuti in posti sotto l’aspetto probatorio significativi non si differenzia dal prelevamento di altri reperti e non ci sarebbe ragione di effettuarlo con le forme previste dall’art.

360 cod. proc. pen., come dovrebbe avvenire se si accogliesse la richiesta del giudice rimettente, diretta a rendere applicabile tale disposizione a tutte ‘le attività di individuazione e prelievo di reperti utili per la ricerca del DNA”. Non è revocabile in dubbio che, se la disciplina garantita di cui all’art.

360 c.p.p. si deve applicare solo agli accertamenti tecnici e non anche ai rilievi, la particolare tipologia del rilievo da eseguirsi – concernente nel caso di specie il prelievo di materiale biologico per l’estrapolazione del DNA – non può di per sé comportare che lo stesso assurga ad accertamento tecnico con conseguente sussumibilità nel fuoco del 360 c.p.p. La Corte ha poi formulato un’ulteriore osservazione, tesa a superare l’obiezione relativa alla presunta maggiore complessità di siffatti rilievi, derivante dalla necessità di rispettare “sofisticati” protocolli cautelari: “…l’esistenza – alla quale ha fatto riferimento il giudice rimettente – di protocolli per la ricerca e il prelievo di tracce di materiale biologico può, da un lato, rendere routinaria l’operazione e, dall’altro lato, consentirne il controllo attraverso l’esame critico della prescritta documentazione. E non è privo di rilevanza che nel dibattimento l’imputato abbia la possibilità di verificare e contestare la correttezza dell’operazione anche attraverso l’esame del personale che l’ha eseguita, oltre che dei consulenti tecnici e dell’eventuale perito nominato dal giudice”.

Quanto poi a quei rilievi/ prelievi che, come altre operazioni di repertazione, “richiedano, in casi particolari, valutazioni e scelte circa il procedimento da adottare, oltre che non comuni competenze e abilità tecniche per eseguirlo, e in questo caso, ma solo in questo, può ritenersi che quell’atto di indagine costituisca a sua volta oggetto di un accertamento tecnico, prodromico rispetto all’altro da eseguire poi sul reperto prelevato”. la Corte, per suffragare l’assunto, ha poi citato espressamente una precedente sentenza della Cassazione: “Infatti, come ha rilevato la Corte di cassazione, possono verificarsi situazioni in cui per la repertazione del campione biologico necessario agli accertamenti peritali si debba ricorrere a tecniche particolari e «in tal caso anche l’attività di prelievo assurge alla dignità di operazione tecnica non eseguibile senza il ricorso a competenze specialistiche e dovrà essere compiuta nel rispetto dello statuto che il codice prevede per la acquisizione della prova scientifica”» (Cass., sez. seconda, 27 novembre 2014, n. 2476)”.

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12 Gli accertamenti per la identificazione del DNA La nullità

Anche sul punto sussiste preclusione processuale. La Cassazione, pronunciandosi in sede cautelare, è stata chiarissima. ( cfr. Corte AA f.167)

Le successive analisi per identificare il profilo del DNA costituiscono accertamento potenzialmente irripetibile, effettuato nel fascicolo mod 44 con avviso alle p.p.o.o., e pertanto correttamente inserito nel fascicolo del dibattimento ed utilizzabile, come ritenuto in sede di merito. Al momento dei rilievi (26 febbraio 2011) e delle successive analisi l’unico indagato era Fikri, iscritto in separato procedimento, (due procedimenti paralleli iscritti uno a mod. 44 e l’altro a mod.21), era pertanto l’unico a potersi dolere del mancato avviso. Bossetti sarebbe stato identificato oltre tre anni dopo a seguito del prelievo di un campione acquisito mediante alcooltest effettuato il 15/6/2014. Nessun pregiudizio poteva derivare, in ogni caso, a Bossetti dal mancato avviso a Fikri Mohamed, che peraltro accettava l’esito degli esami autoptici e genetici. La difesa evidenzia che la censura non attiene al mancato avviso a Bossetti, quanto ad un vizio insanabile che inficia la procedura. La questione non è scindibile e infondato risulta il richiamo all’ordinanza del GIP che nel procedimento a carico del Fikri aveva rilevato una nullità di ordine generale ex art. 180 atteso il mancato avviso al Fikri degli accertamenti irripetibili effettuati, rilevabile d’ufficio, nullità peraltro sanata ex art. 183 c.p.p. avendo la parte dichiarato di accettare gli esiti della CT medico legale e degli accertamenti tecnico biologici.

La migrazione della nullità, dal procedimento noto a quello contro “ignoti”, che secondo l’assunto difensivo renderebbe illegale la prova assunta è ipotesi destituita di fondamento.

La riserva di incidente probatorio di cui all’art. 360 c.p.p. comma 4 è riferita alla persona sottoposta alle indagini. All’atto degli accertamenti si procedeva a carico di ignoti, non rileva quanto accaduto in altro procedimento, dove peraltro la nullità di ordine generale risulta sanata ai sensi dell’art. 183 c.p.p..

La nullità derivante dall'omesso avviso all'imputato di accertamenti irripetibili rientra nella categoria delle nullità così dette a regime intermedio. Pur trattandosi di una nullità di ordine generale ricadente nella previsione di cui alla lettera c) dell'art.178 cod.proc.pen., come indicato dal GIP nel diverso procedimento, attinente all'intervento dell'imputato (o del suo difensore), la stessa, tuttavia, non rientra tra quelle assolute, insanabili e rilevabili anche di ufficio in ogni stato e grado, di cui al successivo articolo 179 c.p.p., considerato che la mancanza dell'avviso dell'inizio degli accertamenti è cosa diversa dalla violazione del principio del contraddittorio ed è in linea con l’altro principio parimenti di rango costituzionale della ragionevole durata dei processi. (Sez. 3, Sentenza n.

5207 del 15/03/2000 Ud. (dep. 04/05/2000 ). Ed ancora Cass (Sez. 5, Sentenza n. 11086 del 15/12/2014 Ud. (dep. 16/03/2015 ) Rv. 262816) secondo cui l’omissione dell'avviso all'indagato di accertamenti tecnici irripetibili integra un'ipotesi di nullità di ordine generale a regime intermedio, che è sanata con l'acquisizione concordata della relazione di consulenza. Ciò è quanto avvenuto nel caso di specie con l’accettazione degli esiti delle consulenze da parte del Fikri.

Pacifico è l’orientamento della Suprema Corte secondo cui il prelievo di tracce biologiche su un oggetto rinvenuto nel luogo del commesso reato e le successive analisi dei polimorfismi del DNA, per l'individuazione del profilo genetico al fine di eventuali confronti, sono utilizzabili quando l'indagine preliminare si svolga contro ignoti e non sia stato possibile osservare le garanzie di partecipazione difensiva previste per gli accertamenti tecnici irripetibili compiuti dal P.M.. (Sez. 2, Sentenza n. 45929 del 24/11/2011 Cc. (dep. 09/12/2011 ) Rv. 251373 , Sez. 2, Sentenza n. 37708 del 24/09/2008 Cc. (dep. 03/10/2008 ).

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13 La motivazione per relationem

Destituite di fondamento le doglianze sulla violazione dei canoni della motivazione per relationem.

In tema di ricorso per cassazione, quando ci si trova, come nella specie, dinanzi ad una "doppia conforme" e cioè ad una doppia conforme decisione (di condanna), le sentenze di primo e di secondo grado vanno apprezzate nel loro complesso, onde valutarne la conformità al diritto ed alla logica, sì da poterne saggiare la tenuta in sede di legittimità. Nel caso di specie le motivazioni dei due gradi si integrano perfettamente a vicenda, la motivazione del primo giudice è autosufficiente rispetto alle censure che sono state mosse con i motivi di gravame, risolvendosi questi ultimi nella mera riproposizione di questioni già esaurientemente valutate e decise, senza che venga richiesto un concreto vaglio critico sulla ratio decidendi della sentenza impugnata. In tal senso Cass.Sez. 3, Sentenza n. 27416 del 01/04/2014 Ud. (dep. 24/06/2014 ) Rv. 259666 ). Nel caso in esame il primo giudice ha preso precisa posizione sulle deduzioni difensive e le ha superate, la parte con l’appello le ha riproposte, puramente e semplicemente, al giudice di secondo grado. La Corte d’assise d’appello ha ripercorso le argomentazione della Corte di primo grado, e prima ancora del Riesame e della Cassazione ed ha escluso correttamente profili di nullità

SECONDO MOTIVO -pag.39-

2)Violazione artt. 606/e (travisamento) sulla utilizzabilità della relazione RIS del 10/12/2012, sull’inserimento della stessa nel fascicolo dibattimentale.

Il motivo è inammissibile. Sussiste preclusione processuale. La Corte AA, richiama in nota 7 quanto affermato in sede di cautelare di legittimità con riferimento:” all’irripetibilità derivata”, - distruzione o grave deterioramento dei campioni utilizzati-, riscontrabile nel caso in esame sulla scorta della documentazione richiamata dalla difesa del Bossetti a pag 3 del ricorso.

La sopravvenuta impossibilità, per fatti o circostanze imprevedibili, della ripetizione di atti assunti dalla polizia giudiziaria, nel corso delle indagini preliminari, deve essere liberamente apprezzata dal giudice di merito, la cui valutazione, se adeguatamente e logicamente motivata, non è sindacabile in sede di giudizio di legittimità.

(cfr. Cass.Sez. 4, Sentenza n. 842 del 08/11/2007 Ud. (dep. 10/01/2008 ) richiamata in Cass 34531/2016 relativa allo smarrimento dei reperti).

La Corte AA - ff.169-171- evidenzia l’esaurimento non prevedibile del materiale genetico alla luce della necessità di dare un nome ad Ignoto 1, di cui era noto il padre, ma non la madre, attraverso la tipizzazione del DNA mitocondriale di circa 500 donne. La stessa difesa nei motivi di appello a pag 55 aveva evidenziato:” come detto studio sul DNA mitocondriale abbia comportato l’utilizzo nella loro interezza “dei campioni” relativi alla tracce migliori per qualità e quantità attribuite ad Ignoto 1. Si veda il sotto riportato stralcio della relazione Lago ( pag 5)” riportando l’immagine della nota in cui si dà atto che i campioni elencati erano stati utilizzati nella loro interezza e non esistevano campioni o frazioni di campioni in restituzione.

Nulla ha eccepito la difesa con riferimento all’inserimento della relazione medico legale relativa all’

esame autoptico nel fascicolo per il dibattimento ex art. 431 c.p.p., lett. c) e sulla conseguente piena utilizzabilità.

La disponibilità di ulteriori campioni

Nel rinviare a quanto si dirà con riferimento alla “ necessità della perizia” occorre sottolineare che le attività irripetibili svolte nell’immediatezza al fine di acquisire le tracce necessarie all’individuazione

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del colpevole, al pari dell’autopsia, non erano differibili in relazione all'oggettiva necessità di immediata esecuzione ricorrendo impossibilità assoluta di effettuarle, con identiche prospettive di risultato, in un momento successivo in quanto effettuate su materiali biologici deperibili nel breve periodo.

(cfr. Cass. Sez. 5, Sentenza n. 43413 del 24/09/2013).

Le necessità investigative determinate dalle difficoltà incontrate nella identificazione dell’imputato, la storia è nota e ricostruita in sentenza, hanno determinato l’esaurimento dei campioni. Difficoltà legato allo sviluppo delle indagini e per la peculiarità della vicenda oggettivamente imprevedibili.

Quanto alla censura relativa alla informazione inesistente valorizzata in motivazione con riferimento alla disponibilità di campioni per ulteriori accertamenti si estrapola nel motivo in esame un segmento delle dichiarazioni rese da Casari che sul punto ha dichiarato - come riportato in ricorso (udienza del 20/11/2015, f.111, all.to 6) -: “Avendo preso in carico tutti i DNA, che abbiamo ancora in San Raffaele, quindi ovviamente questi sono a disposizione, li abbiamo ancora tutti, non abbiamo finito nessuna aliquota. Quindi tutto quello che noi abbiamo usato negli stessi tubi c’è ancora materiale per ulteriori indagini volendo. Ne abbiamo conferito una piccola aliquota al professor Piccinini per le sue indagini, e al professor Previderè che ha amplificato il DNA mitocondriale specificamente. Dopo il suo sequenziamento, mediante il metodo Sanger, che è il metodo di analisi più standard, mi ha passato parte del suo amplificato per riconfermarlo con le metodiche di NGS, Next...”, precisando nel prosieguo: P.M. - Quindi l’estrazione e l’amplificazione è stata fatta da Previderè? CONSULENTE CASARI - Esattamente. P.M. - E le ha passato l’amplificato per le sue analisi. CONSULENTE CASARI - Esattamente, ed, inoltre, (f.116) su domanda della difesa“Ho ricevuto, come dicevo prima, l’amplificato dal professor Previderè di queste regioni variabili mitocondriali. Non ha mai ricevuto tracce” e da Giardina una serie cospicua di files ed ancora” Il sequenziatore, quando viene prodotta la sequenza, esce con una serie di picchi, di solito colorati. Parlo di sequenziatori di prima generazione. Quelli con cui sono stati sequenziati i genomi mitocondriali di tutte le varie donne raccolte. Io non ho guardato quelle, ma ho ricevuto già una specie di dato pre-analizzato, che sarebbe un foglio di calcolo Excel in cui vengono riportate tutte le mutazioni rispetto al DNA di referenza”

E ancora -f.118 -f.120 -

AVV. CAMPORINI - Lei la traccia 31.G20 l’ha analizzata?

CONSULENTE CASARI - No.

AVV. CAMPORINI - Ma c’era una ragione? L’ha chiesta e non è stato possibile?

CONSULENTE CASARI - Certamente l’ho chiesta. È la traccia, se vuole, più preziosa.

CONSULENTE CASARI - Perché la gran parte era quasi maschile pura. Però quando mi sono stati consegnati i DNA quella era finita. È stata consumata...

AVV. CAMPORINI - Ho capito. Quindi vuole dire che in quel momento i campioni non le sono stati dati perché non c’erano?

CONSULENTE CASARI - Esatto. Però non confonda campioni con tracce; sono due cose diverse..

TERZO MOTIVO - pag. 49 e ss-

3) Violazione dell’art. 606 comma 1 lett.e) c.p.p. per travisamento della prova nonché violazione dell’art. 111 comma 4 Cost. e dell’art. 431 c.p.p., in relazione all’utilizzabilità della relazione RIS del 10.12.2012. e all’inserimento della stessa nel fascicolo del dibattimento.

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Il richiamo a Cass. n.11886/2002 non è pertinente poiché afferente ad ipotesi di esame sin dall’inizio non ripetibile4

Va richiamato quanto affermato in sede cautelare di legittimità circa i profili di irripetibilità della fase dell’estrazione della traccia anche se nel caso in esame occorre considerare che la complessità dell’indagine e le oggettive difficoltà nell’identificazione di Ignoto 1, (circa tre anni di indagini), con analisi genetiche a tappeto su un campione di popolazione hanno determinato l’esaurimento degli amplificati.

Nella citata sentenza della Corte Costituzionale n.239/2017, al fine di superare profili di irripetibilità dell’attività di prelievo, si sottolinea ” E non è privo di rilevanza che nel dibattimento l’imputato abbia la possibilità di verificare e contestare la correttezza dell’operazione anche attraverso l’esame del personale che l’ha eseguita, oltre che dei consulenti tecnici e dell’eventuale perito nominato dal giudice”.

L’avvenuto esame in dibattimento di tutti i consulenti rende del tutto superflue le doglianze relative all’inserimento della relazione dei RIS nel fascicolo per il dibattimento attesa la pacifica utilizzabilità della relazione di consulenza.

In questo processo tutti gli accertamenti indifferibili, sin dal primo intervento della PG e del medico legale sul Campo di Chignolo d’Isola, sono stati puntualmente documentati e sottoposti in dibattimento al vaglio critico delle parti.

QUARTO MOTIVO -pag. 58-

4) violazione degli artt. 606 lett. B) e 233/1bis c.p.p. violazione del diritto di difesa in relazione al diniego di autorizzazione all’esame dei reperti. Impedito alla difesa di verificarne anche solo l’esistenza. La difesa assume che ai sensi del 233/1 bis può farne richiesta in ogni momento, anche per ritrovare altre tracce dal momento che il DNA non è databile, il 233 non richiede rilevanza e comunque va stabilita ai sensi del 190 c.p.p. Il motivo è stato integrato con il secondo motivo aggiunto in relazione alla evidente violazione dell’art. 6 comma 1 e 3 lett. b) della CEDU.

Il motivo è inammissibile perchè generico, non si precisa a quali reperti si faccia riferimento e quali le finalità della richiesta. Si parla di non meglio precisate indagini finalizzate a verificare l’effettiva bontà delle risultanze medico legali e genetiche, a trovare ulteriori tracce, una richiesta a carattere esclusivamente esplorativo. Ciò riceve conferma dal testo dello stesso ricorso dove, ( pag 68), si riporta l’estratto del verbale di udienza dell’11/12/2015 inerente alla richiesta dei “ reperti”. Al Presidente della Corte A che chiede cosa si intenda per reperti la difesa risponde testualmente:” ad esempio gli abiti, i campioni e i reperti, in base all’art. 233 comma 1 bis perché ancora non c’è stata perizia”. La richiesta non è mai stata finalizzata ad uno specifico accertamento, ma ad una non meglio precisata perizia.

Il numero dei reperti

4Sez. 1, Sentenza n. 11886 del 14/02/2002 Ud. (dep. 23/03/2002 ) Rv. 221126 - Accertamento sul D.N.A. eseguito dalla polizia giudiziaria - Esame sin dall'inizio non ripetibile - Distruzione degli elementi di comparazione - Utilizzabilità ai fini della decisione ex art. 512 cod. proc. pen. - Esclusione - Fondamento. L'accertamento tecnico sul DNA eseguito dalla polizia giudiziaria nel corso delle indagini preliminari, ai sensi dell'art. 348 cod. proc.

pen., non può essere utilizzato per la decisione a norma dell'art. 512 cod. proc. pen., qualora l'analisi comporti una modificazione irreversibile delle cose oggetto di analisi (nella specie mozziconi di sigaretta) e manchi il requisito della irripetibilità determinata da fatti e circostanze imprevedibili, non potendosi considerare fatto imprevedibile di natura oggettiva il rifiuto dell'imputato a sottoporsi a prelievo ematico, dal momento che tale condotta rientra tra i diritti della persona costituzionalmente protetti. (Nell'occasione la Corte ha incidentalmente affermato che l'accertamento, per essere acquisito al fascicolo del dibattimento, avrebbe dovuto essere eseguito sulla base delle disposizioni di cui agli artt. 360 cod.proc.pen. e 117 disp. att.) ("Fattispecie successiva alla pubblicazione della sentenza della Corte Costituzionale n. 238 del 1996.)

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Si precisa nella sentenza di primo grado che complessivamente sugli indumenti e sugli oggetti, rinvenuti nella tasca del giubbotto, sono stati effettuati 294 prelievi, venti campioni autoptici, 150 prelievi tra fibre e formazioni pilifere, prelevate dal terriccio sotto il cadavere e sotto le scarpe . La Corte A.A. ( ff. 183 ss) ha rigettato l’impugnazione:

- della ordinanza Corte A. Bergamo dell’ 11/12/2015 perché la richiesta di visionare i reperti, formulata per la prima volta all’udienza dell’11/12/2015, era intempestiva e generica e afferiva all’esame dei dati grezzi diversi da quelli già acquisiti all’udienza del 26 ottobre 2015. Veniva ritenuta irrilevante non attenendo ai temi della tempistica e delle modalità di esecuzione delle analisi genetiche sui campioni dai quali era stato estrapolato il profilo di ignoto 1 su cui la difesa si era riservato il controesame dei consulenti del PM;

- dell’ordinanza della Corte A del 22/4/2016 con cui è stata rigettata analoga richiesta riproposta dalla difesa all’udienza del 4/3/2016 perché intempestiva essendosi ormai esaurito il dibattimento e, in particolare, l’esame e il controesame dei CCTT della difesa cui la richiesta sarebbe stata propedeutica.

La Corte evidenzia come mai in precedenza sia stata avanzata richiesta di esaminare i reperti per conto dei CCTT Ranelletti, Gino e Capra. Ciò trova riscontro nella sentenza di primo grado, da cui si evince ( f. 3) che le richieste della difesa sono state tutte accolte, tranne questa, totalmente generica e tale rimasta anche dopo l’invito a fornire precise indicazioni rivolta dalla Corte alla difesa.

I reperti sono stati tutti filmati e fotografati, ed è stato approfondito il tema dell’esame dei reperti.

In motivazione la Corte AA precisa che la difesa ha avuto accesso a tutti i dati grezzi delle analisi genetiche indicati come essenziali per la ct della difesa (che aveva individuato quelli utili) come da richiesta istruttoria formulata in data 11/9/2015, accolta dalla Corte A, al pari era stata accolta la successiva richiesta di differimento del controesame dei CCTT della difesa per consentire un approfondito esame dei dati grezzi. La nuova richiesta di analisi dei reperti, come esplicitata dalla difesa, preludeva a possibile richiesta di perizia e nulla aveva a che vedere con l’esame dei reperti, mai chiesto in precedenza e soprattutto già disatteso dalla Corte A perché non decisivo.

Quanto affermato nel provvedimento impugnato trova esatta corrispondenza nella sentenza di primo grado ( f.67).

Nella sentenza di primo grado si richiamano i verbali ed i filmati. Nessuna richiesta riferita ad uno specifico reperto risulta formulata dai CCTT della difesa, né risulta depositata alcuna nota dei CCTT da cui si evinca la necessità di visionare o di accedere al reperto x ai fini dell’espletamento di un determinato accertamento, richiesta dei CCTT necessaria ( cfr. in tal senso Cass. n.21186/2013). La difesa, peraltro, a f. 70 dei motivi ammette, in relazione all’interpretazione dell’art. 233 comma 1 bis c.p.p., il carattere meramente esplorativo della richiesta affermando:” come non solo l’esame non sia condizionato all’elaborazione della consulenza, ma la portata della norma di certo non imponeva che l’esame fosse vincolato ai consulenti medico-legali e genetici già presenti..” ( non risultano altre nomine).

L’art. 233 comma 1 bis c.p.p., come affermato in sede di merito, fa riferimento alla consulenza fuori dalla perizia, l’intempestività della richiesta, formulata dopo l’espletamento e l’esame dei cctt della difesa non è contestata dalla stessa difesa, né confuta la difesa l’affermazione della Corte secondo cui mai era stato richiesto per conto dei loro consulenti - Ranelletta, Gino e Capra - l’esame dei reperti.

La norma fa riferimento ad una facoltà del giudice. Ne consegue che incensurabile in Cassazione il diniego motivato. Ciò in aderenza alla giurisprudenza di legittimità secondo cui: “ Il provvedimento, emesso ai sensi dell'art. 233 comma primo bis cod.proc.pen., con il quale il giudice rigetti la richiesta dell'imputato di autorizzare il proprio consulente tecnico ad esaminare il corpo del reato non è impugnabile ( cfr. Cass n.17349/2013).

Sulla violazione del contraddittorio ci si soffermerà in un successivo passaggio, evidenziando sin da ora come non solo non risulti configurabile alcuna violazione del contraddittorio in relazione al carattere esplorativo e all’approfondimento effettuato dalla corte sul tema, ma come una decisione in tal senso sia assolutamente in linea con il già richiamato principio costituzionale della ragionevole durata del processo.

(17)

17 QUINTO MOTIVO

- pag. 72-

5) Violazione dell’art. 606 comma1 lett. b) per violazione del combinato disposto degli artt. 224 bis e 359 bis c.p.p. in relazione al prelievo effettuato in data 15.06.2014 di campioni di saliva all’imputato dal boccaglio dell’etilometro e di tutti gli atti conseguenti. Ulteriore vizio di mancanza, contraddittorietà, e manifesta illogicità della motivazione sul punto.

Si assume l’invalidità del campione salivare estratto dall’etilometro e l’invalidità derivata del consenso al prelievo di ulteriori campioni salivari espresso dopo il fermo da Bossetti.

Il motivo è inammissibile, costituisce mera riproposizione di censura puntualmente confutata dalla Corte ed è manifestamente infondato perché all’atto del fermo sono stati effettuati ulteriori due prelievi salivari con il consenso di Bossetti.

La Corte AA condivide le argomentazioni del primo giudice che ha ritenuto inconferenti le doglianze, la difesa non ha chiarito se l’avviso di farsi assistere da un difensore sia stato dato o meno a Bossetti all’atto di effettuare l’alcooltest, ma ciò riguarda l’accertamento relativo alla guida in stato di ebrezza ( non risulta prodotto il relativo verbale). L’utilizzo dell’etilometro per prelevare tracce di saliva non comporta alcun avviso poiché non ha carattere invasivo, né coattivo.

Prescindendo dalla nuova formulazione dell’art. 224 bis c.p.p. e dell’art. 359 bis c.p.p., che consentono l’esecuzione coattiva del prelievo se l’accertamento risulta assolutamente indispensabile per la prova dei fatti, va richiamata la giurisprudenza consolidata della Corte che considera certamente utilizzabili, con riferimento alle indagini di iniziativa della polizia giudiziaria tese alla ricostruzione del fatto storico e all’individuazione del colpevole, sia gli oggetti lasciati dalla persona dopo averli utilizzati sia quelli acquisiti all’insaputa dello stesso senza ricorrere al prelievo coattivo.

La Suprema Corte - in una fattispecie del primo tipo - ha affermato che il prelievo di saliva, avvenuto all'insaputa dell'imputato, mediante l'apprensione di un bicchierino di caffè offerto dalla polizia giudiziaria, può essere effettuato ai sensi dell'art. 348 cod. proc. pen. - e dunque senza ricorrere ad un provvedimento di perquisizione e sequestro - in quanto l'attività non determina alcuna incidenza sulla sfera della libertà personale dell'interessato, riguardando materiale biologico fisicamente separato dalla persona (Sez. 1, n. 1028 del 02/11/2005, Esposito e altro, Rv. 233132 e Cass.

Sez. 2, Sentenza n. 51086 del 07/10/2016 conf.).

Quanto ai prelievi non coattivi effettuati all’insaputa, come nel caso in esame, va richiamata Cass.Sez. 1, Sentenza n. 48907 del 20/11/2013 Cc. (dep. 05/12/2013 ) Rv. 258269 secondo cui:” In tema di raccolta di materiale biologico, non è necessario ricorrere alla procedura prevista dall'art.

224 bis cod. proc. pen. se il campione biologico sia stato acquisito in altro modo, con le necessarie garanzie sulla provenienza dello stesso e senza alcun intervento coattivo sulla persona.”

SESTO MOTIVO -pag. 91-

6)Violazione dell’art. 606 comma1 lett. b) per violazione dell’art. 415 comma 3 c.p.p. in relazione all’inutilizzabilità di tutti gli atti compiuti dopo la scadenza del termine di sei mesi dall’iscrizione della notizia di reato nel Registro Mod. 44 a seguito di mancata proroga.

Ulteriore vizio di mancanza, contraddittorietà e manifesta illogicità della motivazione sul punto.

Il motivo è inammissibile, ripropone una censura già risolta dalla Corte AA in aderenza al dettato normativo ed alla giurisprudenza di legittimità.

In sentenza - ff.164-165- si evidenzia che il termine è stato prorogato sino al 25 febbraio 2013, termine massimo comprensivo della duplice sospensione feriale, ( motivazione conforme dei due giudici).

(18)

18

La previsione normativa di inutilizzabilità degli atti di indagine compiuti oltre il termine di durata, ed in assenza di proroga, non trova applicazione nei procedimenti contro ignoti.

(cfr.Cass.Sez. 6, Sentenza n. 20064 del 25/03/2014 Cc. e Cass.Sez. 2, Sentenza n. 48104 del 13/11/

2008 - La previsione normativa di inutilizzabilità degli atti di indagine compiuti oltre il termine di durata, ed in assenza di proroga, non trova applicazione nei procedimenti contro ignoti-).

La difesa cita la sentenza della cassazione a Sezioni Unite del 28/03/2006 n. 13040. La pronuncia non riguarda esattamente la questione sollevata. Il caso sottoposto all'attenzione delle Sezioni Unite aveva per oggetto il ricorso del P.M. avverso il provvedimento del G.I.P. che non autorizzava la proroga delle indagini a carico di ignoti "sine die", ma fissava un termine di sei mesi che secondo il Procuratore ricorrente era abnorme. Nella sentenza delle SSUU non si affronta la questione dell'applicabilità della sanzione processuale (inutilizzabilità) prevista dall'art. 407 c.p.p., comma 3, nel caso in cui il P.M. abbia svolto atti di indagine dopo la scadenza del termine prorogato o meno.

Dalla sentenza delle Sezioni Unite sopra citata emerge, invero, che la sanzione processuale di inutilizzabilità prevista dall'art. 407 c.p.p., comma 3, - non è applicabile ai procedimenti a carico di ignoti. Le Sezioni Unite - a seguito di un attento esame dei lavori parlamentari e delle pronunzie della Corte Costituzionale sul punto - hanno affermato che l'assoggettamento delle indagini a limiti cronologici, nel contesto di uno stretto e penetrante controllo da parte del giudice, risulta evidentemente funzionale all'efficace contrasto di un'eventuale inerzia del P.M., al fine dell'effettivo rispetto del canone di obbligatorietà dell'azione penale. La esplicitata finalità di contrastare un'eventuale inerzia del P.M. esclude di per sé l’inutilizzabilità di atti di investigazione effettuati dopo la scadenza del termine che però, consentendo l'identificazione degli autori del reato, realizzino proprio lo scopo voluto dal Legislatore e cioè la tutela effettiva dell'obbligatorietà dell'azione penale.

D'altra parte la negligenza (sempre sanzionabile disciplinarmente) del P.M. che alla scadenza del temine non chieda nè l'archiviazione ne' la proroga del termine, non viola alcun diritto essenziale tale da portare alla inutilizzabilità, proprio perché manca un soggetto indagato, portatore di uno specifico interesse alla sollecita chiusura dell'attività d'indagine.

Nè si può obiettare che adottando tale indirizzo si vanificherebbe la riforma dell'art. 415 c.p.p.. La ratio del controllo del GIP, introdotto nell’art. 415 comma 3, è quella di garantire l’obbligatorietà dell’azione penale, non quella di evitare la dilatazione dei termini delle indagini, non essendovi indagato .

MOTIVI Parte II

La prova scientifica e il giudizio di legittimità

Lo scenario del processo è dominato dal sapere scientifico. Il giudice di legittimità è chiamato oggi a misurarsi con tale sapere e con la sua validità, a verificare se le Corti di merito nei due gradi di giudizio lo abbiano correttamente governato e ancor più correttamente coniugato con i principi e le regole che presidiano l’accertamento della responsabilità penale.

Non si può privare il giudice dell’apporto della scienza e dei suoi risultati al fine di “approssimarsi a quella nozione di verità (relativa), che costituisce il presupposto necessario per l’emissione di decisioni avvertite come giuste dal corpo sociale”. Il solo criterio da adottare per valutare se una certa disciplina possa reputarsi scientifica, e quindi affidabile, è quello della sua controllabilità o falsificabilità empirica”. Il controllo del giudice, non può limitarsi alla sola circostanza se l’esperto sia stato più o meno diligente, ma investe anche e soprattutto la tesi prospettata, se risulti convincente e fondata. A tal fine si impone un’attenta verifica delle “garanzie di competenza e imparzialità” che offre l’esperto . E ciò per allontanare dal cammino verso

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