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Frodi Iva, dalla Ue una campagna di contrasto a tutto tondo (2)

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Articolo pubblicato su FiscoOggi (http://fiscooggi.it)

Analisi e commenti

Frodi Iva, dalla Ue una campagna di contrasto a tutto tondo (2)

28 Novembre 2008

Allo studio una strategia basata sulla cooperazione e su una metodologia di lavoro multidisciplinare

Sul versante delle modifiche strutturali l'attività è stata pianificata su un orizzonte temporale più ampio, anche in ragione del consenso politico richiesto. Sulla base della riunione dell'Ecofin del giugno 2007, sono state prospettate due diverse alternative: da un lato, la generalizzazione del sistema del reverse charge quale strumento di assolvimento dell'imposta; dall'altro, l'imposizione di un'aliquota unica comunitaria nel Paese di cessione della merce. Queste due diverse prospettive sono state poi riprese nella Com (2008)109, che ha evidenziato rischi e benefici di tali cambiamenti.

La generalizzazione del sistema di inversione contabile

A parere della Commissione, l'introduzione di una procedura di inversione contabile generalizzata potrebbe ridurre sensibilmente la frode carosello intracomunitaria, nonché altre forme di frode connesse con le detrazioni. Tuttavia, esiste il timore che si moltiplichino nuove forme di frode. Per combattere le nuove forme di frode, in particolare i consumi non soggetti a tassazione e l'uso improprio della partita Iva, sarebbe necessario adottare misure di accompagnamento che complicherebbero il sistema e creerebbero nuovi oneri a carico delle imprese e delle amministrazioni finanziarie. In primo luogo, sarebbe indispensabile applicare una soglia per limitare il rischio dei consumi finali non soggetti a tassazione. Tale soglia potrebbe determinare gravi complicazioni, in quanto richiederebbe distinzioni che attualmente non vengono fatte e che

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non corrispondono a specifiche realtà commerciali.

Il ruolo delle Amministrazioni finanziarie

In secondo luogo, basandosi il sistema sulla distinzione tra soggetti passivi che possono effettuare acquisti nell'ambito del sistema di inversione contabile e tutti gli altri soggetti, nuove responsabilità si profilano in capo ai soggetti passivi che devono procedere all'individuazione del corretto trattamento fiscale. In quest'ottica, le amministrazioni finanziarie dovrebbero elaborare e proporre gli strumenti necessari per consentire agli operatori economici di operare sulla base della certezza del diritto. In via presuntiva, la quasi totalità dei soggetti passivi potrebbe trovarsi ad applicare i due sistemi in parallelo, con ovvie complicazioni. Inoltre, non va tralasciato che il sistema è geneticamente volto a vedere incrementare il numero di domande di rimborso delle eccedenze a credito IVA da parte dei soggetti passivi che non sarebbero più in grado di detrarre l'imposta a monte sui piccoli acquisti, poiché le loro operazioni a valle non verrebbero tassate in applicazione del sistema del reverse charge.

La posizione della Commissione europea

Come evidenziato dalla Commissione, questo aspetto è destinato ad avere un effetto diretto sull'organizzazione dei controlli delle eccedenze a credito, imponendo agli Stati membri di destinare una parte consistente delle risorse umane disponibili alla verifica delle domande di rimborso, onde assicurare il mantenimento del livello attuale di controllo. Per le Amministrazioni finanziarie il costo è direttamente influenzato dalle misure di controllo messe in atto. Infatti, con un generalizzato sistema di inversione contabile l'Iva sarebbe pagata in misura maggioritaria dai fornitori finali della catena, che in molti Paesi hanno piccole dimensioni e che possono essere meno affidabili delle poche grandi imprese che pagano un'ampia parte dell'Iva. L'individuazione e il controllo dei soggetti passivi costituisce un elemento chiave nel  nuovo sistema con l'esigenza di dirottare sull'intera platea di soggetti passivi sforzi e risorse supplementari. Del resto, la limitazione del controllo ai soli soggetti che pagano l'Iva rischierebbe di incentivare il dirottamento di beni e servizi verso l'economia sommersa. Da una analisi d'insieme emerge che un rigoroso sistema di controllo è indispensabile per proteggere gli Stati membri dagli effetti negativi che il sistema di inversione contabile potenzialmente potrebbe creare. Chiaramente, è necessario che il processo di potenziamento dell'azione di controllo sia condotto in una di cooperazione amministrativa. Allo stato attuale esistono pochi elementi che indicano una riallocazione dei disegni frodatori in altri Stati membri a fronte dell'introduzione di specifiche misure antifrode.

Tuttavia, visto che in passato le misure antifrode adottate erano prettamente settoriali, si teme che l'inversione contabile possa generare conseguenze diverse, ad oggi non chiaramente

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prevedibili.

Coerenza con il vigente sistema Iva

La Commissione ritiene che la introduzione su base facoltativa della procedura di inversione contabile generalizzata possa provocare ripercussioni considerevoli sulla coerenza e sull'armonizzazione del sistema Iva nell'Unione europea e sulle sue prospettive di sviluppo.

Attualmente lo sviluppo della normativa in materia di Iva avviene in un quadro comunitario.

Mantenere in vita due sistemi Iva completamente diversi pone nuove e complesse problematiche in sede di esame ed elaborazione della normativa. In particolare il lancio di un sistema completamente diverso parallelo a quello tradizionale stravolgerebbe l'indirizzo strategico fino a oggi seguito in materia di Iva e che si propone di semplificare il funzionamento dell'imposta, riducendo gli oneri e gli obblighi a carico delle imprese e garantendo la certezza del diritto. Inoltre, il mantenimento di un sistema squilibrato comprometterebbe seriamente la futura armonizzazione dell'Iva, dato che l'interesse degli Stati membri a introdurre miglioramenti varierebbe in funzione del sistema applicato. Ne consegue che l'applicazione facoltativa dell'inversione contabile potrebbe compromettere la procedura di armonizzazione.

La tassazione delle operazioni intracomunitarie nello Stato membro di partenza

Sin dal 1987 la Commissione ha sostenuto che il principio della tassazione all'origine costituisce l'unico mezzo per la creazione di un vero mercato interno. La proposta del 1987, seguita da quella formulata nel 1995, aveva quale base l'armonizzazione delle aliquote Iva o almeno una loro convergenza per evitare distorsioni della concorrenza. A causa delle difficoltà riscontrate nel convergere verso un'armonizzazione delle aliquote, in sede di ideazione del sistema di tassazione delle operazioni intracomunitarie la Commissione ha creato un sistema che non presenta grandi difficoltà applicative. Sulla scia della sperimentazione del sistema transitorio intracomunitario, la nuova proposta di tassazione delle operazioni intracomunitarie è incardinata sull'applicazione delle aliquote nazionali esistenti, sostituendo all'esenzione delle operazioni intracomunitarie l'applicazione di un'aliquota del 15%. Di conseguenza se lo Stato membro di arrivo delle merci applica un'aliquota superiore al 15 per cento, l'Iva aggiuntiva spetterà a quest'ultimo; invece, se lo Stato membro di arrivo delle merci applica un'aliquota inferiore al 15% lo Stato membro dell'acquirente accorderà un credito al soggetto passivo che effettua l'acquisto intracomunitario.

Analogamente, lo Stato membro di arrivo potrà riscuotere l'Iva che deriva da un'eventuale limitazione applicabile al diritto dell'acquirente alla detrazione dell'Iva a monte. In tal modo, si eviteranno le distorsioni di concorrenza derivanti dalla divergenza tra le aliquote Iva nazionali. 

Dall'analisi della Commissione emerge che la tassazione delle operazioni intracomunitarie

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potrebbe costituire una soluzione adeguata per debellare le frodi carosello intracomunitarie, anche se si ritiene possa comunque esserci margine per la creazione di altre forme di frode. Inoltre, occorre valutare anche l'impatto di tale misura sulla concorrenza: da un lato, si ritiene che la differenza tra un'aliquota comune del 15 per cento e le aliquote applicate da ciascun Stato membro non abbia un'incidenza significativa; dall'altro, sussistono preoccupazioni in merito all'impatto della misura sul flusso di cassa. Come precisato nella COM (2008) 109, poiché le operazioni comunitarie equivalgono a 2.400 miliardi di euro all'anno, l'importo di IVA che dovrebbe essere finanziato dalle imprese ammonterebbe a 360 miliardi di euro, con potenziali diversi effetti sul flusso di cassa difficili da quantificare perché dipendenti da variabili quali la relazione tra imprese fornitrici e imprese acquirenti, la relazione intercorrente tra soggetti passivi e rispettive amministrazioni finanziarie. Da un punto di vista generale, la tassazione delle operazioni intracomunitarie è prospetticamente destinata a incidere in misura vieppiù notevole sulle PMI, normalmente già in posizione di svantaggio nel mercato interno per l'accesso ai finanziamenti.

Il sistema di compensazione

Dal punto di vista degli Stati membri, l'aspetto più delicato da esaminare è costituito dalle modalità di funzionamento del sistema di compensazione. Diversamente dalla posizione adottata nel 1996, la Commissione ritiene preferibile l'adozione di una compensazione microeconomica bilaterale che coinvolgerebbe tutti gli Stati membri in funzione del relativo saldo commerciale.

Secondo le statistiche della bilancia commerciale complessiva, 16 Stati membri sarebbero

"ricevitori netti", mentre gli altri 11 Stati sarebbero "debitori netti". Per i primi l'importo totale dell'eccedenza degli acquisti in rapporto alle forniture è stato dell'ordine di 200 miliardi di euro nel 2006. Nell'ipotesi in cui venisse applicata un'aliquota Iva del 15%, questi Stati membri dovrebbero ricevere dagli altri Stati entrate fiscali pari a 30 miliardi di euro. Tale considerazione è giustificata dal fatto che, per la maggioranza degli Stati membri, il valore delle operazioni intracomunitarie in percentuale varia tra il 10% e il 20% delle operazioni totali, per cui gli Stati membri potrebbero, in ogni caso, contare sull'80-90% del totale della rispettiva Iva dovuta dai loro soggetti passivi. In questa fase embrionale, la Commissione non ha analizzato i complessi dettagli di funzionamento del sistema di compensazione. Ad ogni modo, è chiaro che, per evitare disavanzi di bilancio, occorrerebbe che tra gli Stati membri venisse effettuato il pagamento subito dopo il mese di riferimento e che la liquidazione del "saldo" avvenisse ad intervalli di 6 e 12 mesi.

Il sistema di clearance

Il sistema di clearance punta i riflettori anche sulle responsabilità tra Stati membri. Infatti, uno Stato membro sarebbe sempre obbligato a versare l'Iva indicata nella dichiarazione ricapitolativa

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fornitura non abbia pagato l'imposta. Compito dello Stato membro dell'acquirente resta quello di eseguire il controllo sui suoi soggetti passivi secondo le normali procedure volte ad accertare che non sia stato detratto un importo superiore al dovuto sulle operazioni intracomunitarie. In altre parole, l'adozione di questi principi è volta ad incoraggiare gli Stati membri a potenziare le attività di riscossione e di controllo dell'imposta sul valore aggiunto. Tuttavia, qualora permangano differenze non giustificabili è stata avanzata la proposta di distribuire equamente la perdita tra gli Stati membri coinvolti, al fine di favorire l'adozione di controlli più adeguati in un'ottica cooperativa. Un ruolo chiave giocano i costi addizionali per i contribuenti, che la Commissione ha ritenuto poter individuare nella presentazione di una dichiarazione mensile per fornitore ed acquirente. Il costo generato da tale obbligo è riconducibile al costo una tantum tipicamente imputabile all'evoluzione normativa, che però risulta essere poco significativo nel lungo periodo.

Invece, estremamente complicato è approntare una stima esatta dei costi a carico delle amministrazioni finanziarie.

di

Eleonora Mennella

URL: https://www.fiscooggi.it/rubrica/analisi-e-commenti/articolo/frodi-iva-dalla-ue-campagna-contrasto-tutto-tondo- 2

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