• Non ci sono risultati.

MICROCLIMA LUMINOSO, RINNOVAZIONE NATURALEE DISTRIBUZIONE SPAZIALE DI ABIESALBAMILL.NELL’ABETINA DI LAURENZANA, BASILICATA

N/A
N/A
Protected

Academic year: 2021

Condividi "MICROCLIMA LUMINOSO, RINNOVAZIONE NATURALEE DISTRIBUZIONE SPAZIALE DI ABIESALBAMILL.NELL’ABETINA DI LAURENZANA, BASILICATA"

Copied!
15
0
0

Testo completo

(1)

– I.F.M. n. 1 anno 2003

(*) Dipartimento di Produzione Vegetale, Università della Basilicata, Contrada Macchia Romana, 85100 Potenza.

MICROCLIMA LUMINOSO, RINNOVAZIONE NATURALE E DISTRIBUZIONE SPAZIALE DI ABIES ALBA MILL.

NELL’ABETINA DI LAURENZANA, BASILICATA

FDC 111.211 : 231 : 174.7 Abies alba : (450.77)

La composizione e la struttura di un bosco misto Quercus cerris-Abies alba, dell’o- rizzonte submontano, sono state caratterizzate in un area sperimentale di 100 ×50 m nel- l’Abetina di Laurenzana, in provincia di Potenza. Il microclima luminoso sotto copertu- ra è stato caratterizzato in termini di irradianza relativa e rapporto red/far red. Sulla rin- novazione naturale è stato misurato il cosiddetto light-factor, dato dal rapporto fra la lunghezza del getto apicale e quella dei getti del primo verticillo. L’autocorrelazione spa- ziale è stata impiegata per valutare i pattern di aggregazione delle piante. La relazione fra rapporto red/far e irradianza sotto copertura arborea è efficacemente descritta da una curva di tipo esponenziale. Entrambe le variabili mostrano una notevole variazione spa- ziale, in funzione della caratteristiche della copertura. È stato osservato un aumento del light factor con l’altezza delle piante di rinnovazione. I rapporti compositivi sono a favo- re dell’abete sia in termini di numero di piante sia di area basimetrica. La distribuzione delle piante in classi di diametro, diversa per le due specie, è rappresentativa di un soprassuolo in cui le chiome sono distribuite in modo continuo lungo il profilo. Gli auto- correlogrammi ottenuti dall’analisi di autocorrelazione spaziale sono compatibili con una comunità in cui il processo di rinnovazione è continuo nel tempo e che tende a struttu- rarsi per gruppi, costituiti da piante di età e dimensioni diverse. In siffatte condizioni gli interventi selvicolturali non possono ispirarsi a criteri di uniformità, ma devono tenere conto della variabilità spaziale con cui si organizzano i nuclei di rinnovazione in funzio- ne del microclima luminoso.

I

NTRODUZIONE

La rinnovazione naturale determina la dinamica compositiva e strut-

turale delle comunità forestali. In quelle non disturbate dall’uomo il

reclutamento dei semenzali avviene nelle interruzioni della copertura.

(2)

Queste interruzioni, di dimensioni variabili, sono originate dal crollo di uno o pochi alberi, più o meno prossimi al compimento del loro ciclo vitale, resi meccanicamente instabili da fattori biotici (insetti, funghi) e abiotici (vento, neve, etc.). Nelle foreste coltivate, le interruzioni della copertura vengono realizzate con i tagli di rinnovazione e possono essere sia localizzate sia distribuite in modo più o meno uniforme nello spazio.

In entrambi i casi, esse determinano livelli di luce adeguati per il recluta- mento di una nuova generazione di alberi. Le tecniche (selvi)colturali incentrate sulla rinnovazione naturale sono le più idonee per le foreste che svolgono funzioni multiple (C

HADWICK

e L

ARSON

, 1996; B

ORGHETTI

e G

IANNINI

, 2003).

I boschi dell’Italia meridionale sono stati fortemente alterati, nel corso degli ultimi due secoli, da diversi fattori: utilizzazioni su ampia scala e reite- rate a brevi intervalli di tempo, come è accaduto anche nell’ultimo dopo- guerra; pascolo non regolamentato; tagli di rinnovazione eseguiti con modalità incompatibili, soprattutto nel caso del faggio, con l’ecologia della specie e con le stazioni da esso occupate. A tal riguardo si pensi al cosiddet- to taglio ‘borbonico’, normato dalla legge forestale del 21 agosto 1826 del- l’ex Regno di Napoli (H

OFMANN

, 1956; C

IANCIO

et al., 1985; S

USMEL

2001).

In molti casi tutto ciò ha portato a una semplificazione della composizione specifica e della struttura del soprassuolo; ad esempio, in molti casi il quer- ceto mesofilo e la faggeta sono stati resi pressoché monofitici e a struttura coetaneiforme su ampia superficie.

La rarefazione dell’abete bianco nei querceti e faggeti della Basilicata è una diretta conseguenza delle attività antropiche. La ricorrenza di toponimi derivanti dalla parola abete (Apetina, Petina, ecc.), in luoghi ove la specie non è presente, è indice di una sua più ampia diffusione nel passato. Ove presente, l’a- bete bianco forma oggi nuclei puri di piccola estensione, oppure partecipa in maniera più o meno subordinata all’edificazione del popolamento arboreo.

Spesso la presenza dell’abete viene a rappresentare tasselli di comunità relativa- mente estese di cerro e di faggio. Il caso limite è quello di grosse piante isolate che svettano all’interno della faggeta, spesso in precario stato vegetativo; condi- zione già nota al G

AVIOLI

(1932) che, nella sua risalita agli altopiani del Pollino dal versante di Terranova, nell’agosto del 1929, osservava migliaia di abeti morti o in precario stato vegetativo. In generale, la rinnovazione naturale insuf- ficiente o aduggiata è una condizione comune a diversi consorzi a presenza di abete, in particolare di quelli edificati con il faggio (B

ORGHETTI

e G

IANNINI

, 1984; I

OVINO

e M

ENGUZZATO

, 1993; R

OVELLI

, 1995).

Nell’Abetina di Laurenzana, in provincia di Potenza, l’abete bianco è

mescolato in vario grado con le latifoglie degli orizzonti submontano e

montano e la rinnovazione presenta una significativa consistenza numerica e

(3)

un’interessante distribuzione nello spazio; ciò conferisce al caso interesse di studio per quanto concerne le modalità colturali che possono promuovere la rinnovazione dell’abete e regolare il grado di mescolanza del consorzio.

L’obbiettivo del presente lavoro è stato quello di caratterizzare, per que- sto consorzio, il microclima luminoso sotto copertura, in rapporto allo svilup- po della rinnovazione di abete, e di analizzare la struttura del popolamento arboreo mediante l’applicazione di tecniche di autocorrelazione spaziale.

M

ATERIALI E METODI

Area di studio

La ricerca è stata condotta nel bosco denominato ‘Abetina di Lauren- zana’ situato nell’omonimo comune in provincia di Potenza. Il territorio dell’Abetina, compreso nelle tavolette IGM 1:25.000, Fogli 200 III° NO e 200 III° SO (Lat.:15° 56’ 56” E; Long.: 40° 24’ 30”), si estende per circa 800 ha sulle pendici del Monte Tre Confini e del Tuppo delle Manche, tra 1100 e 1350 m s.l.m. All’interno di questo comprensorio l’abete bianco si rinviene sui versanti freschi esposti a est e nord-est e in zone di impluvio, negli orizzonti vegetazionali che spaziano dalle propaggini superiori della cerreta alla faggeta termofila. La rinnovazione naturale, soprattutto nel querceto, si presenta a tratti vigorosa.

Le caratteristiche climatiche dell’area di studio sono riferibili al tipo subumido e umido con precipitazioni medie annue fra 1000 e 1200 mm, distribuite in modo irregolare: massimi autunno-invernali e minimi estivi;

l’innevamento varia da 23 a 41 gg., rispettivamente a 900 e a 1200 m s.l.m.

di quota. La temperatura media annua è di circa 10 °C, il mese più freddo è gennaio, quello più caldo agosto; una stazione meteorologica installata nel 2000 all’interno del complesso boscato ha fatto registrare nel periodo gen- naio 2000-luglio 2001 ampie escursioni termiche con minime assolute in gennaio (-11.3 °C) e massime assolute in agosto (37.1 °C).

Il substrato geologico è rappresentato da scisti argillosi violacei, bruni o giallastri con intercalazioni di marne calcaree fogliettate e calcari marnosi grigi o verdini, di serie incerta (Carta geologica d’Italia, Foglio 199 qua- drante Sud-Est e Foglio 200 quadrante Sud-Ovest). Da questi substrati si sono evolute terre brune prive di carbonati e solo leggermente lisciviate (S

USMEL

, 1959).

L’abete assume maggiore consistenza nel bosco a dominanza di Quer-

cus cerris, con Fagus sylvatica subordinato e Carpinus betulus, Acer campe-

stre e Pyrus pyraster presenti in modo sporadico nel piano inferiore. Nello

strato arbustivo, a tratti molto denso, compaiono laurifille sempreverdi

(4)

come Ilex aquifolium e Daphne laureola, insieme a specie indicatrici di ambienti luminosi e aperti come Crataegus spp., Rosa spp., Rubus spp. e Prunus spinosa, probabile testimonianza di un bosco che in passato era infraperto. Dal punto di vista vegetazionale il consorzio in esame viene inquadrato nella sub-associazione Abieti-Fagetosum sylvaticae, variante mesofila del Physospermo verticillati-Quercetum cerridis, definita da A

ITA

et al. (1974) e confermata da D

I

P

IETRO

e F

ASCETTI

(2002).

Le caratteristiche stutturali del soprassuolo risentono in modo eviden- te dei modi passati di utilizzazione del bosco

1

. All’interno di questo territo- rio la presenza dell’abete bianco era più consistente in passato e interessava una zona più ampia, come documentato da diverse fonti di archivio

2

.

Attualmente non tutti i nuclei di abete, come ad esempio quello preso in esame, ricadono nella Riserva Naturale Regionale dell’Abetina di Laurenzana istituita nel 1988 (L.R. 42 del 22 maggio 1980) ed estesa su circa 330 ha.

Rilievi dendrometrici e strutturali

In un tratto di bosco misto cerro-abete con faggio subordinato, è stata definita una parcella permanente di 100 ×50 m, suddivisa successivamente in sub-parcelle di 10×10 m. La parcella permanente è localizzata su una pendice esposta a nord-est, in condizioni di buona umidità edafica; il soprassuolo forestale presenta una struttura articolata su più piani con nuclei di rinnovazione di abete insediati sotto copertura e in corrisponden- za di gap di chioma. All’interno delle sub-parcelle sono state compiute le seguenti misure: coordinate spaziali rispetto ai margini dell’area permanen- te di tutte le piante con altezza superiore a 0.5 m; diametro (a 1.3 m per le

1Nel passato l’abete bianco è stato utilizzato principalmente per ricavarne travi da destinare alla costruzione di case; il prelievo ha interessato preferenzialmente piante collocate nel piano intermedio e ciò ha determinato la modificazione da una struttura multiplana a una struttura coetaneiforme. Nel 1959 venne elaborato il ‘Piano economico dei beni silvo-pastorali’, redatto da SUSMEL(1959); gli indirizzi colturali pro- posti si prefiggevano di ricreare le condizioni favorevoli alla rinnovazione naturale e di ripristinare la struttu- ra disetanea, attraverso l’applicazione di tagli saltuari a gruppi, tagli a buche, tagli di sgombero di piante mature sovrastanti zone di rinnovazione affermata; tali indicazioni colturali sono state disattese.

2Un documento del 1841 (ARCH. DISTATO DIPOTENZA, INTENDENZA DIBASILICATA, ATTIDEMANIA-

LI, Cart. 626, Fasc. 568) riporta una disputa tra il Conte Antonio Maria Quarto del Vaglio e il Comune di Laurenzana per l’abbattimento da parte dell’ex- feudatario di 7600 abeti di ‘grosse dimensioni’ nel Bosco Lata, in località Molegnana; il documento contiene un’approfondita descrizione del territorio e offre impor- tanti indicazioni sull’estensione e sulle caratteristiche della foresta del tempo, sostituita attualmente da coltivi e pascoli. Un altro documento (ARCH. DISTATO DIPOTENZA, INTENDENZA DIBASILICATA, 1806-1860, Cart.

1349. Fasc. 148) del 1858 riporta la richiesta del sindaco di Laurenzana al governatore regionale ad autoriz- zare tagli in località Difesa Abetina, per far fronte alla necessità di materiale da utilizzare per la ricostruzione edilizia dopo il vasto e disastroso terremoto del 15 dicembre 1857; attualmente in località Difesa Abetina, che rappresenta il limite meridionale dell’Abetina, non si rileva la presenza dell’abete bianco.

(5)

piante adulte, alla base per le piante con altezza inferiore a 1.5 m) e altezza di tutte le piante. Sono state inoltre effettuate delle osservazioni sulla feno- logia delle specie presenti all’interno della cenosi.

Per quanto riguarda il piano di rinnovazione sono stati individuati tre nuclei di abete bianco, all’interno dei quali si è provveduto a misurare la lunghezza del getto apicale (F) e quella dei getti laterali (L) di ogni piantina, in modo da calcolare il cosiddetto light factor (F/L) (B

AGNARESI

et al., 1989), come rapporto fra la lunghezza della freccia e quella media dei getti laterali.

Microclima luminoso

Mediante uno spettroradiometro LI-1800 (Li-Cor Inc., Lincoln, NE, USA) è stato analizzato lo spettro della radiazione luminosa compresa tra 300 e 1100 nm, ad intervalli di 2 nm. La radiazione fotosinteticamente attiva (PPFD) è stata calcolata come integrale dei valori compresi tra 400 e 700 nm, e il rapporto red/far red (R/FR) come rapporto tra la radiazione luminosa a 661 nm (± 5 nm) e 731 nm (± 5 nm) (G

RACE

1983). Nella parcella permanente le misure sono state effettuate in corrispondenza dei nodi del reticolo, in con- dizioni di cielo sia sereno sia nuvoloso, tra le ore 8:00 e le ore 11:00 del matti- no. Per i nuclei di rinnovazione le misure sono state realizzate in corrispon- denza delle gemme apicali delle piantine, in tre momenti della giornata: metà mattino, intorno a mezzogiorno e primo pomeriggio. In ogni caso, sia prima sia dopo i cicli di misura, sono state effettuate misure di riferimento fuori copertura. I rilievi sono stati effettuati all’inizio della primavera e in estate.

Autocorrelazione spaziale

Sui dati georeferenziati di ciascuna pianta presente all’interno della parcella è stata eseguita l’analisi dell’autocorrelazione spaziale (ACS) secon- do Moran, utilizzando il software GS+ (Geostatistics for the Environmental Science, Gamma Design Software, Planwell, Michigan, USA, 1988). Il metodo dell’autocorrelazione spaziale permette di valutare l’esistenza di pattern nella distribuzione spaziale delle caratteristiche degli individui cam- pionati, pervenendo quindi ad un migliore apprezzamento della struttura della comunità. In particolare, l’indice di autocorrelazione di Moran I, che assume valori fra 0 e 1, è una misura dell’autocorrelazione di una variabile misurata in diverse posizioni di coordinate topografiche note. Si definisce nel modo seguente:

∑∑ ∑

= ( )

2

) (

i j i

z z h z

N

h

I

(6)

dove:

I(h) = indice di autocorrelazione per la classe di distanza h;

z

i

= valore della variabile al punto i;

z

j

= valore della variabile al punto i+h;

N(h) = numero delle osservazioni per la classe di distanza h.

L’indice I viene calcolato per tutte le possibili coppie di punti nel data set, assegnando ogni coppia a una determinata classe di distanza; la rappre- sentazione di I in funzione delle classi di distanza costituisce l’autocorrelo- gramma.

R

ISULTATI E DISCUSSIONE

Microclima luminoso e caratteristiche morfometriche della rinnovazione La variazione del rapporto red/far red (R/FR) in funzione dell’irra- dianza relativa e, quindi, del grado di copertura è riportata in Fig. 1. Si tratta di una relazione che può essere efficacemente descritta da una curva di decremento esponenziale, analogamente a quanto osservato da M

URAOKA

et al. (2001) e M

INOTTA

e P

INZAUTI

(1994). Tale relazione mette in evidenza un esteso plateau per valori di irradianza relativa superiori al 15%, nel quale il rapporto R/FR si stabilizza intorno a valori di 1.0-1.1. Al di sotto del 15%, piccole variazioni di irradianza relativa determinano un brusco decremento del rapporto R/FR che scende fino al valore minimo misurato di 0.2 (Fig. 1). Analoghi risultati sono stati ottenuti in boschi di conifere sulle Alpi, dove in situazioni di radura sono stati misurati valori R/FR prossimi o appena superiori a 1 (B

AGNARESI

et al., 1989; G

RASSI

e B

AGNARESI

, 2001).

Le misure di radiazione luminosa (PPFD) sottocopertura, effettuate in

diversi momenti del giorno e della stagione vegetativa, hanno messo in evi-

denza che la PPFD varia notevolmente da punto a punto del reticolo di

campionamento ma che, comunque, in ogni punto vengono raggiunti, in

alcuni momenti della giornata, livelli compatibili con valori elevati del rap-

porto R/FR. In effetti, le misure di R/FR effettuate sia nei punti del reticolo

sia in corrispondenza delle gemme apicali delle piantine appartenenti ai

nuclei di rinnovazione, hanno messo in evidenza differenze elevate, senza

però che queste differenze si mantengano nel tempo (dati non riportati). Di

conseguenza il light factor F/L, che notoriamente è influenzato dai valori

prevalenti di R/FR e PPFD che si determinano in condizioni di copertura

differenziata (B

AGNARESI

et al., 1989; F

RATELLO

et al., 1993), non mostra,

nel nostro studio, un pattern di variazione spaziale. La maggior parte delle

piantine con altezza superiore a 1 m presentano, nel nostro caso, valori del

(7)

rapporto F/L superiori a 1 (Fig. 2). Valori simili sono stati osservati su pian- tine di abete bianco di boschi alpini (B

AGNARESI

et al., 1989).

Il rapporto F/L varia invece in modo evidente con le dimensioni delle piantine a testimonianza di uno sviluppo caratterizzato da una progressiva intensificazione dei processi di dominanza apicale (Fig. 2). In uno studio sulla morfometria di novellame di abete rosso, B

AGNARESI

e B

ALDINI

(1992) osservano che il rapporto F/L aumenta con l’età delle piante, fino a valori superiori a 1.5; gli stessi autori notano come, a parità di condizioni di ferti- lità stazionale, l’aumento di questo rapporto dipenda principalmente da buone condizioni di PPFD. Quindi il novellame che cresce in buone condi- zioni di illuminazione tende a passare, con l’età, da una forma globosa a una forma conica.

Struttura del popolamento e pattern spaziali

L’area basimetrica (> 30 m

2

ha

-1

), l’altezza massima (> 30 m) e il dia- metro massimo delle piante (> 0.6 m) sono testimonianza di condizioni ambientali decisamente favorevoli allo sviluppo del consorzio abete-cerro (Tab.1). L’abete bianco prevale sul cerro sia in termini numerici sia di area basimetrica; in particolare, netta è la prevalenza dell’abete bianco nel piano di rinnovazione (Tab. 1). Nel complesso, sull’intera parcella, è stato calcola-

Figura 1 – Variazione del rapporto red/far red (R/FR) in funzione dell’irradianza relativa sotto copertura. L’irradianza relativa è stata calcolata come rapporto fra la PPFD misurata sotto copertura e all’esterno.

– Relationship between red/far red (R/FR) ratio and relative irradiance under the canopy.

Relative irradiance was calculated as the ratio between PPFD measured under the canopy and in the open.

(8)

to un indice di rinnovazione IR pari a 37 [IR = numero di piante m

-2

× altezza media in cm (M

AGINI

, 1967)]. Si tratta di un valore in linea con quanto osservato in altri boschi misti di abete bianco e cerro dell’Italia meridio- nale (B

ORGHETTI

e G

IANNINI

, 1984) e superiore a quello riscontrato da

Figura 2 – Variazione del rapporto fra la lunghezza del getto terminale e la lunghezza dei getti laterali (F/L, light factor) in funzione dell’altezza della rinnovazione di abete, in due diversi periodi.

– Variation of F/L ratio (light factor) as a function of silver fir plant height, in two different periods. F/L is the ratio between apical shoot length and average length of last whorl shoots.

(9)

P

ACI

e C

IAMPELLI

(1996) in un consorzio misto faggio-abete dell’Appen- nino settentrionale.

La distribuzione dei diametri appare bimodale sia per l’abete bianco sia, in modo ancor più evidente, per il cerro (Fig. 3). La classe di diametro più rappresentata è quella di 30 cm per l’abete bianco, quella di 50 cm per il cerro. Nel caso dell’abete bianco sono largamente rappresentate piante di piccole dimensioni (2.5 cm < d

1.3m

< 12.5 cm); se oltre alle piante di abete di piccole dimensioni, si considerano anche quelle dello strato di rinnovazione (h< 1.5 m), che ammontano a 1718 per ettaro (Tab. 1), si conclude che il processo di reclutamento dell’abete è attivamente alimentato da una discre- ta banca di semenzali, formata presumibilmente in modo continuo nel tempo. I semenzali sono presenti sia sotto la copertura delle chiome, in virtù della documentata capacità di acclimatazione all’ombra della specie (B

ERNETTI

, 1995; P

ACI

e C

IAMPELLI

, 1996; H

ÄTTENSCHWILER

, 2001; G

RASSI

e B

AGNARESI

, 2001), sia nelle discontinuità della copertura.

Nella Fig. 4 viene riportata la relazione diametro-altezza, sia per l’abe- te bianco sia per il cerro. In entrambi i casi è stato possibile ottenere buone interpolazioni (R

2

> 0.9) utilizzando modelli di regressione sigmoidali. Nel caso dell’abete bianco la relazione diametro-altezza viene riportata anche per piantine di piccole dimensioni (inserto nella Fig. 4). L’informazione che se ne ricava è quella di un soprassuolo edificato da piante con chiome disposte in modo continuo lungo il profilo verticale e con l’abete che, in tutte le classi di diametro, raggiunge altezze inferiori al cerro.

Alcuni esempi di risultati dell’analisi dell’autocorrelazione spaziale (ACS) sono riportati nella Fig. 5. Nella quasi totalità dei casi l’ACS ha messo in evidenza che l’indice I di Moran non varia in funzione della distanza (autocorrelogrammi ‘piatti’), confutando l’ipotesi di pattern di aggregazione spaziale delle piante sulla base delle singole variabili misurate (differenti specie, diametro e altezza dell’abete). Si tratta, invero, di auto-

Tabella 1 – Alcune caratteristiche del popolamento studiato.

– Some characteristics of the studied stand.

Abete bianco Cerro Altre specie*

Piante, ha-1 ** 2834 350 456

Piante con altezza < 1.5 m, ha-1 1718 52 132

Area basimetrica, m2ha-1 18.1 11.0 4.5

Diametro massimo, m 0.62 0.63

Altezza massima, m 29.5 33.0

* sporadici carpino bianco, acero campestre e pero selvatico

** tutte le piante con altezza > 0.5 m

(10)

correlogrammi compatibili con una comunità in cui il processo di rinnova- zione è continuo nel tempo e che tende a strutturarsi per gruppi costituiti da piante di età e dimensioni diverse.

Questi caratteri strutturali sembrano essere comuni ad altri popola- menti della fascia submontana, sia lucani sia campani (abetina del bosco Vaccarizzo di Carbone, abetina di Monte Motola di Teggiano). Alcuni tratti comuni a queste comunità con abete bianco sono: netta rarefazione dell’abete al progredire della presenza del faggio; densità disformi per presenza di radure in fase di progressiva chiusura, spesso interpretabili

Figura 3 – Distribuzione delle piante per classi diametriche (d > 0.05 m).

– Distribution of tree diameters (d > 0.05 m).

(11)

come segni di pregresse manipolazioni, ove sono ancora reperibili specie arboree in passato oggetto di coltivazione o pascolate (Pyrus pyraster, Pru- nus cocomilia, Corylus avellana).

C

ONSIDERAZIONI CONCLUSIVE

Le indagini svolte confermano che la comunità a composizione mista dell’Abetina di Laurenzana è caratterizzata da una struttura spazialmente

Figura 4 – Relazioni diametro-altezza, interpolate con modelli di tipo sigmoidale (R2> 0.9).

Nell’inserto del pannello in alto è riportata la relazione diametro-altezza per le piantine di abete bianco di piccole dimensioni.

– Relationships between diameter and height, fitted with sigmoidal models (R2> 0.9). In the inset the diameter-height relationship for silver fir regeneration is reported.

(12)

Figura 5 – Analisi dell’autocorrelazione spaziale. Dall’alto al basso, autocorrelogrammi di Moran per le seguenti variabili: differenti specie, diametro e altezza dell’abete bianco.

– Spatial autocorrelation analysis. From above: Moran’s I index for the following variables:

different species, diameter and height of silver fir.

molto variegata, con aspetti di notevole dinamicità per quanto riguarda la

rinnovazione naturale, in particolare dell’abete bianco. Per quanto concer-

ne il cerro, la presenza deficitaria nelle classi diametriche intermedie,

potrebbe testimoniare difficoltà nel reclutamento di questa specie in condi-

zioni di copertura colma.

(13)

Le condizioni luminose sottocopertura appaiono favorevoli alla rinno- vazione dell’abete, che manifesta uno sviluppo continuo e regolare nel tempo. L’attuale grado di copertura, pur elevato, appare compatibile con la conservazione di condizioni di microclima luminoso sottocopertura (rap- porto R/FR) che consentano uno sviluppo equilibrato delle piantine di abete. Fra l’altro, da osservazioni effettuate nel 1998 e 1999 la schiusura delle gemme di abete avviene alla fine della seconda decade del mese di aprile; nel cerro, invece, la schiusura ha luogo alla fine della prima decade del mese di maggio e l’espansione delle lamine fogliari si completa nei primi giorni di giugno. Pertanto la rinnovazione di abete sotto copertura di cerro fruisce di circa 30-40 gg di condizioni di luminosità non limitanti per l’ac- crescimento longitudinale.

Per quanto concerne gli interventi gestionali più idonei per il consor- zio misto cerro-abete, è evidente la necessità che questi non assumano carattere di uniformità, ma che tengano debito conto della variabilità strutturale, compositiva e di densità che caratterizza il bosco. Se si assume come criterio guida degli interventi selvicolturali la presenza-assenza della rinnovazione di abete e il suo stato di sviluppo, allora si renderanno necessari, a seconda dei casi, tagli che riducano la densità per incrementa- re l’irradianza relativa sotto copertura e quindi stimolare la crescita longi- tudinale dei semenzali, oppure tagli che provochino interruzioni di coper- tura di adeguate dimensioni (anche ottenibili con il taglio di una o poche piante di cerro, a seconda delle dimensioni della chioma); in queste chia- rie l’abete risulta in grado di edificare quei piccoli gruppi con caratteristi- co profilo a campana, sia perché già presente come prerinnovazione sia perché in queste discontinuità di copertura le condizioni di illuminazione sono favorevoli al suo insediamento e sviluppo.

Occorre infine sottolineare che il consorzio studiato può essere consi- derato un utile modello di riferimento nell’ambito di progetti riguardanti la rinaturalizzazione dei querceti mesofili monospecifici, ben rappresentati in Basilicata e, più in generale, nell’Italia meridionale.

R

INGRAZIAMENTI

Lavoro svolto nell’ambito del progetto POM Sisfor B-28 ‘Metodi

innovativi per la gestione dei sistemi forestali complessi dell’Italia meri-

dionale’. Il tecnico Antonio Lapolla ha coadiuvato le misurazioni di cam-

pagna. Si ringrazia l’ALSIA della Basilicata per la disponibilità dei dati

meteorologici.

(14)

SUMMARY

Light microclimate, natural regeneration and spatial pattern of Abies alba Mill.

in the ‘Abetina di Laurenzana’, Basilicata, Southern Italy

The composition and structure of a mixed Quercus cerris-Abies alba forest, growing in the submontane belt, was monitored in a 100 ×50 m experimental area in the ‘Abetina di Laurenzana’, Basilicata, Southern Italy. Light microclimate under the canopy was characterized in terms of relative irradiance and red/far red ratio. The so- called light factor (ratio between apical shoot length and length of first whorl lateral twigs) was measured on naturally recruited Abies alba plants. Spatial autocorrelation analysis was applied to evaluate aggregation patterns. An exponential relationship was observed between relative irradiance and red/far red ratio under the canopy. Both variables showed large spatial variation as a function of canopy characteristics. An increase of light factor was observed with plant height. Abies alba prevails in terms of number of plants and basal area. Diameter distribution, which was different between the two species, is typical of a forest stand in which crowns are continuously distribu- ted along the profile. Spatial autocorrelograms were mostly flat; they can be reconciled with a community structure where seedlings recruitment is a continuous process and groups of plants of different age and dimension tend to form. In such a condition silvi- cultural practices cannot be uniform in space but should carefully consider the spatial variation of natural regeneration, which is driven by below-canopy light microclimate.

BIBLIOGRAFIA

A

ITA

L., C

ORBETTA

F., O

RSINO

F. ,1974 – Osservazioni preliminari sulle faggete e sulle cerrete dell’Appennino lucano. Notiziario Fitosociologico 9, 15-26.

B

AGNARESI

U., B

ALDINI

E., 1992 – Influenza dei fattori ambientali sull’evoluzione della chioma in novellame di abete rosso (Picea abies CL.) Karst. Monti e Boschi XLIII (3), 49-55.

B

AGNARESI

U., B

ALDINI

E., R

OSSI

F., 1989 – Energia radiante, struttura ed accrescimento del novellame di abete bianco e di abete rosso in alcune formazioni forestali nelle Alpi Orientali. Annali Accademia Italiana Scienze Forestali XXXVIII, 81-108.

B

ERNETTI

G. (1995) – Selvicoltura speciale. UTET, Torino.

B

ORGHETTI

M., G

IANNINI

R., 1984 – Indagini sulla rinnovazione naturale nei boschi puri e misti di abete bianco dell’Appennino centro–meridionale. L’Italia Forestale e Montana XXIX (1), 161-184.

B

ORGHETTI

M., G

IANNINI

R., 2003 – Natural Regeneration in Woodland Management.

In EOLSS, Encyclopedia of Life Support Systems, in corso di pubblicazione.

C

HADWICK

D. O., L

ARSON

B.C., 1996 – Forest Stand Dynamics. John Wiley & Sons, 520 pp.

C

IANCIO

O., I

OVINO

F., M

ENGUZZATO

G., M

IRABELLA

A., 1985 – L’abete (Abies alba

Mill.) in Calabria: possibilità e limiti di diffusione e ridiffusione. Annali Istituto

Sperimentale Selvicoltura XVI, 6-249.

(15)

C

UTINI

A., M

ATTEUCCI

G., S

CARASCIA

M

UGNOZZA

G., 1998 – Estimation of leaf area index with the Li-Cor LAI 2000 in deciduous forests. Forest Ecology and Management 105, 55-65.

D

I

P

IETRO

R., F

ASCETTI

S., 2002 – Contribute to the knowledge of Abies alba Miller woodlands within the Lucanian Apennines. In corso di stampa su Fitosociologia.

F

RATELLO

G., M

INOTTA

G., P

INZAUTI

S., 1993 – Indagini sulla struttura e la rinnovazione di boschi di faggio (Fagus sylvatica L.) dell’appennino settentrionale.

Annali Accademia Italiana Scienze Forestali XLII, 215-226.

G

AVIOLI

O., 1932 – Contributo allo studio della Flora del M. Pollino. Archivio Botanico Biogeografico VIII, 46-64.

G

RACE

J., 1983 – Plant–atmosphere relationships. Chapman and Hall, London.

G

RASSI

G., B

AGNARESI

U., 2001 – Foliar morphological and physiological plasticity in Picea abies and Abies alba saplings along a natural light gradient. Tree Physiology 21, 959-967.

H

ÄTTENSCHWILER

S., 2001 – Tree seedling growth in natural deep shade: functional traits related to interspecific variation in response to elevate CO

2

. Oecologia 129, 31-42.

H

OFMANN

A., 1956 – L’utilizzazione delle faggete nel meridione. L’Italia Forestale e Montana XI (2), 69-90.

I

OVINO

F., M

ENGUZZATO

G., 1993 – L’abete bianco sull’Appennino lucano. Annali Accademia Italiana Scienze Forestali XLII, 185-214.

M

AGINI

E., 1967 – Ricerche sui fattori della rinnovazione naturale dell’abete bianco sull’Appennino. L’Italia Forestale e Montana XXII (6), 261-270.

M

INOTTA

G., P

INZAUTI

S., 1994 – Influenza della radiazione luminosa sulle prime fasi di sviluppo di semenzali di faggio (Fagus sylvatica L.). Monti e Boschi XLV (4), 44-52.

M

URAOKA

H., H

IROTA

H., M

ATSUMOTO

S., N

ISHIMURA

S., T

ANG

Y., K

OIZUMI

H., W

ASHITANI

I., 2001 – On the convertibility of different microsite light availability indices, relative illuminance and relative photon flux density. Functional Ecology 15, 798-803.

P

ACI

M., C

IAMPELLI

F., 1996 – Risposta della vegetazione all’apertura di gap nella Riserva Naturale Integrale di Sasso Fratino. Monti e Boschi XLVII (2), 50-58.

R

OVELLI

E., 1995 – La distribuzione dell’abete (Abies alba Mill.) sull’Appennino.

Monti e Boschi XLVI (6), 5-13.

S

USMEL

L., 1959 – Piano economico dei beni silvo-pastorali del Comune di Laurenzana (PZ). Decennio di validità 1959-1968. Dattiloscritto, Potenza.

S

USMEL

L., 2001 – Restauro naturaliforme della foresta montana appenninica.

Dattiloscritto, Codra Mediterrane a (Potenza), 79 pp.

Riferimenti

Documenti correlati

In questo lavoro si esamina un caso di studio di rinnovazione naturale di pino domestico, sviluppatosi in condizioni non pienamente favorevoli alla specie: si tratta di un

La protezione dalla brucatura, data dalla recinzione istituita nell’area due an- ni dopo l’impianto, ha prodotto una differenza significativa dello sviluppo delle altezze (in

dall’altra invece, le classi di Light factor 1-2 (- luce) sembrano favorire un maggiore risparmio idrico in termini assoluti. Per quanto concerne gli interventi atti a fa- vorire

i risultati di questi studi hanno costituito il punto di avvio della nostra analisi, tesa ad un modello logico in cui siano rappresentati gli effetti dei fattori

Le osservazioni relative all’indiscutibile differenza significativa nella densità di rinnovazione, da noi riportate, confermano l’inutilità, o peggio, la dannosità dello

Tabella 3/b – Costi unitari professionali relativi ad altre prestazioni proprie dell’intervento selvicolturale (valori medi e costo intermedio in €/ha) - Ceduo di castagno.

Le otto misure suggerite vanno dalla zonizzazione su base sovraregionale per la gestione della fauna selvatica all’adattamento dei piani di abbattimento can- tonali alle stesse

• el portar su la quota della tlU!Sa bisognerà procurare che non I\eemi l' afthumza delle merci sottoposte a più forti diritti, perehè allora si perderebbe ogni