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CAPITOLO IV I TENTAVI DI RIFORMA COME RISPOSTA MANCATA ALLE ASPETTATIVE DI RIORDINO ORGANICO DELLA MAGISTRATURA ONORARIA

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CAPITOLO IV

I TENTAVI DI RIFORMA COME RISPOSTA MANCATA ALLE ASPETTATIVE DI RIORDINO ORGANICO DELLA

MAGISTRATURA ONORARIA

SOMMARIO: 1. Premessa. – 2. I lavori della Commissione Acone. – 3. Un punto di svolta fondamentale: la proroga dell’incarico operata dal decreto n.354/2003. – 4. I giudici ausiliari d’appello. – 5. Alla ricerca delle garanzie per il giudice di pace. – 5.1 Una necessaria revisione dello status della giustizia laica. – 5.2 Sulle indennità. – 5.3. La partecipazione della magistratura onoraria all’autogoverno. – 6. Verso la legge delega n.57 del 2016. – 7. Precari (fuori) legge?

1. Premessa

In questo capitolo affronteremo quelle che sono le ombre che si proiettano sulla magistratura onoraria fin dai tempi dell’istituzione del giudice di pace e che ancora di più si sono “allungate” dopo la c.d. Legge Carotti del 1998 che ha unificato la giurisdizione di primo grado. Interrogativi sulla corretta utilizzazione di questi giudici e tentativi di risposta da parte del legislatore che cercò, inutilmente vedremo – almeno fino all’attuale legge delega approvata nell’aprile 2016 –, di illuminare queste zone buie con interventi normativi più o meno incisivi.

2. I lavori della Commissione Acone

La commissione Acone, che prende il nome dal suo presidente il professore Modestino Acone, venne costituita con decreto del Ministro della Giustizia Fassino nel corso della XIII legislatura e il suo mandato venne confermato dalla successiva legislatura nella persona del ministro Castelli nel 20011 con il compito specifico di “approntare una revisione

1 La commissione chiuse i lavori nel 2002 presentando uno schema di disegno di legge

intitolato “Disciplina organica della magistratura onoraria” contenente una serie di opzioni alternative;

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organica e complessiva della magistratura onoraria, provvedendo in primo luogo, all’elaborazione di un articolato che definisca compiutamente ruolo, status e disciplina dei magistrati onorari con particolare riguardo alla figura del giudice di pace, e in secondo luogo all’esame dei profili processuali della competenza in campo civile e penale della magistratura onoraria”. Nonostante la commissione giunse comunque a risultati positivi dimostrando come effettivamente fosse possibile realizzare un riordino della disciplina onoraria i suoi lavori non ebbero alcun seguito politico e non si riuscì a pervenire ad un progetto unitario2. Vennero presentati in quella sede due testi normativi alternativi: nel primo si prevedeva un ruolo unico per il magistrato onorario fondato sulla base della figura del giudice di pace e suddiviso in tre fasce costituite da i giudici di pace, i giudici onorari di tribunali e i dai vice procuratori onorari, infine dai giudici onorari aggregati; nel secondo invece si stabiliva la sopravvivenza dei soli giudici di pace e vice procuratori onorari.

L’aspetto più emergenziale che risultava chiaramente ad uno sguardo anche distratto all’organizzazione della magistratura onoraria di inizio del nuovo millennio era il perdurare in carica, oltre il termine previsto dalle singole normative, dei Giudici Onorari di Tribunale, dei Vice Procuratori Onorari e dei Giudici Onorari Aggregati; figure che erano state pensate solo come temporanee ed utili allo smaltimento dell’arretrato attuale ma che invece si erano trasformate in stabili presenze indispensabili per garantire il funzionamento degli uffici giudiziari. Questo assetto non era assolutamente compatibile con i principi costituzionali.

I giudici onorari di tribunale, così come rilevato anche dai lavori della commissione Acone, erano una vera e propria “anomalia del sistema” che rendeva indispensabile una riforma anche e soprattutto per evitare

2 P. P. SABATELLI, Il lato oscuro della magistratura: spunti per una (improbabile)

riforma organica dei giudici onorari, in F. DAL CANTO – R. ROMBOLI (a cura di)

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che il cittadino avesse problemi a distinguere, nel suo accesso alla giustizia, tra un giudice professionale e un giudice non professionale a causa della mancanza di elementi differenziazione ormai non più obiettivamente percepibili. Risulta ad oggi sempre più complicato distinguere i caratteri propri della magistratura onoraria da quelli dei giudici togati poiché i tratti distintivi che potevano emergere dal dettato costituzionale, ossia la nomina per titoli e la temporaneità della funzione sono progressivamente venuti meno. In particolare si denunciava la violazione del principio di uguaglianza dei cittadini davanti alla legge; e questo era applicabile anche ai vice procuratori onorari in quanto l’art.112 Costituzione prevede che l’obbligo di esercitare l’azione penale deve essere in capo al giudice togato evitando che sia lasciato alla discrezionalità del soggetto pubblico la scelta sull’attivazione o meno del processo e rispecchiando quindi in qualche modo un principio di uguaglianza in senso sostanziale; è possibile derogare a questa previsione affidandone il compito al vice procuratore onorario solo e soltanto sulla base di criteri obiettivi, predeterminati e chiaramente percepibili dall’esterno.

Da una parte quindi questi soggetti non sono in conformità con la Costituzione perché questa loro stabilizzazione ha tolto ogni accenno all’aggettivo “onorario” così come inteso dai padri costituenti, dall’altra però, ed è in questo senso che si creò una situazione di vero e proprio

empasse, la realtà degli uffici giudiziari non era pronta a rinunciare

all’apporto dato da questi soggetti. Il problema di fondo era proprio questo e la commissione non riuscì a trovarvi soluzione; risultava estremamente difficile cercare di conciliare il principio di uguaglianza dei cittadini davanti alla legge con l’esistenza di una funzione giurisdizionale onoraria esercitata per supplenza del giudice professionale. La proposta della commissione che non incontrò condivisioni fu quella di, nell’ottica che non fosse più possibile tollerare la permanenza di questi soggetti ben sapendo la loro fragile tenuta

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costituzionale e che non fosse più sostenibile la logica di emergenza continua di quegli anni, trasformare tutti i giudici onorari di tribunale in giudici di pace per la durata residua del loro mandato.3

Dobbiamo aggiungere inoltre che oltre alla mancanza del requisito fondamentale della temporaneità e di conseguenza dell’onorarietà, visti precedentemente, a queste personalità non erano nemmeno riservate le garanzie minime per l’esercizio di qualunque funzione giurisdizionale; stiamo parlando delle famose garanzie di indipendenza ed autonomia. Questo era lo scopo (fallito) della commissione Acone: quello di risolvere gli inconvenienti ostativi alla realizzazione delle garanzie di autonomia, indipendenza e imparzialità. Tra le altre propose in tal senso derivanti dalla commissione per recuperare una posizione di indipendenza troviamo la volontà di istaurare un regime più pregnante di incompatibilità, una più precisa definizione delle procedure di ammissione e di svolimento del tirocinio, le riconferme subordinate ad una valutazione dell’operato del giudice e la fissazione di un divieto di rinnovi “all’infinito”.

3. Un punto di svolta fondamentale: la proroga dell’incarico operata dal decreto n.354/2003

Con il decreto legge n.354/20034 si opera una proroga dell’incarico dei giudici onorari di tribunale e dei vice procuratori onorari prossimo alla scadenza, allungando il periodo dai cinque anni previsti nella legge Carotti del 1998 a sette anni. In occasione dell’approvazione di tale decreto il Senato con un ordine del giorno nel quale si denuncia

3 Cfr. la proposta del Coordinamento nazionale dei Magistrati onorari d’Italia che in

seno alla commissione Acone stessa propose invece il mantenimento dei giudici onorari di tribunale e dei viceprocuratori onorari come assistenti dei giudici dell’ufficio del tribunale ordinario; un’opportunità di riutilizzazione delle professionalità di questi soggetti quindi come preposti alla funzione conciliativa al tempo infruttuosamente affidata ai giudici di pace;

4 Recante “Disposizioni urgenti per il funzionamento dei tribunali delle acque, nonché

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l’assenza di un qualunque intervento volto a proporre una risistemazione organica della materia, invitava il Governo a prorogare il mandato dei giudici onorari in scadenza di un ulteriore quadriennio in attesa della riforma della magistratura onoraria; ritenuta, in attesa della riforma organica della magistratura onoraria, la straordinaria necessità ed urgenza di assicurare la proroga dell'esercizio delle funzioni da parte dei giudici onorari di tribunale e dei vice procuratori onorari, di imminente scadenza.

Ecco che questo impegno volto alla proroga piuttosto che alla riorganizzazione prevista inizialmente entro il 2003 mostra di discordarsi completamente dal voler valorizzare una magistratura onoraria ben selezionata e soggetta ad attente valutazioni e voler piuttosto preferire una logica di utilizzo a “tappabuchi” della giustizia onoraria.

4. I giudici ausiliari d’appello

Dopo altri tentativi di riforma falliti5, ci sembra significativo nella nostra

analisi soffermarci a guardare un intervento effettuato in materia dal governo Letta nel 2013, quindi piuttosto recentemente. Ancora una volta si sposa quella prassi dell’utilizzo dei magistrati onorari in una veste di meri strumenti per smaltire il contenzioso in mano ai giudici togati, discostandosi ulteriormente dal modello “forte” più volte descritto sotteso alla disposizione costituzionale di cui all’art.106 II comma. Con il c.d. decreto "del fare"6 (Dl 69/2013) convertito nella legge 98/2013 è

5 Nel 2011 ci fu una grande proposta di riforma effettuata dal governo Berlusconi con

la quale si voleva modificare l’art.106 della costituzione ed eliminare l’inciso “per tutte le funzioni attribuite ai giudici singoli”. Questa proposta non ebbe alcun seguito poiché si sarebbe creata una figura di giudice onorario senza più limiti, che poteva fare tutto esattamente come il giudice professionale; non risolvendo la situazione ma anzi, complicandola ulteriormente.

6 Si legga il decreto legge 21 giugno 2013, n. 69, “Disposizioni urgenti per il rilancio

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stata prevista l'istituzione di questa nuova figura di magistrati onorari al fine di supportare le Corti di appello ormai gravate da un carico di ruolo per gli arretrati divenuto insostenibile. Il giudice ausiliario è nominato per la durata di 5 anni, prorogabili per altro periodo di pari durata, e cessa dall'incarico al compimento del 78esimo anno di età oltre che nelle ipotesi di decadenza, dimissioni, revoca e mancata conferma annuale o quando sussiste una incompatibilità. Al giudice ausiliario - che acquisisce lo stato giuridico di magistrato onorario - si applica la disciplina delle incompatibilità e delle ineleggibilità prevista per i magistrati ordinari inoltre come incompatibilità particolare si prevede che egli non possa svolgere le funzioni presso la Corte di appello nel cui Distretto ha sede il Consiglio dell'Ordine cui risulta iscritto al momento della nomina o nei 5 anni precedenti. Per i compensi è disposto che ai giudici ausiliari verrà attribuita un'indennità onnicomprensiva, da corrispondere ogni 3 mesi, di 200 euro per ogni provvedimento che definisce il processo, anche in parte o nei confronti di alcune delle parti. Vi è tuttavia un limite in base al quale detta indennità annua complessiva non potrà superare, in ogni caso, la somma di 20.000 euro.

5. Alla ricerca delle garanzie per il giudice di pace

Nelle diverse proposte di riforma della magistratura onoraria la disciplina del giudice di pace è sempre il punto di riferimento dal quale partire e sviluppare eventuali modifiche o adattamenti. Ciononostante, anche con riferimento ai giudici di pace, occorre sottolineare come con riferimento alla loro figura ci sia sottesa un’ambiguità teleologica7 ossia

da una parte una rinuncia a vedersi configurato quel “modello forte” che vedeva collocato il giudice onorario in una prospettiva sociale di avvicinamento del popolo alla giustizia, dall’altra una mancata realizzazione del “modello debole” che lo vedeva come mero deflatore

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del contenzioso del giudice togato dovuta al fatto che a tale soggetto vengono affidati tutta una serie di poteri che rafforzano la sua posizione autonoma rispetto al magistrato professionale, come ad esempio la possibilità di decidere secondo equità, di procedere alla conciliazione della lite e di procedere con un rito semplificato in materia civile e penale.

Il giudice di pace quindi si è sempre più andato a configurare come un giudice sub-professionale8 piuttosto che come un magistrato onorario; un giudice identico in tutto e per tutto al magistrato professionale ma con una competenza limitata alle materie ritenute “meno importanti” attinenti a beni giuridici “minori”.

Come interventi minatori della garanzia dell’indipendenza possiamo rammentare con la previsione dell’incompatibilità con la professione forense solo a livello circondariale e quindi facilmente aggirabile e la continua opera di indifferenziata riconferma di questi soggetti nel ruolo operata dal Governo a discapito della valutazione di un adeguata preparazione professionale che di anno in anno potrebbe risultare mancante.

Adottando il punto di vista di Pietro Paolo Sabatelli notiamo come il dibattito sul giudice di pace sia stato nel corso del tempo spostato dal cercare di inquadrare la figura nell’ordinamento giudiziario al cercare di delineare le garanzie ad esso attribuite. Ed è proprio sul “campo” delle garanzie ancora da “conquistare” che da sempre i movimenti associazionisti dei magistrati onorari “danno battaglia” al legislatore. Si tratta allora di andare a recuperare quel concetto di onorarietà sotteso alla definizione costituzionale e riportare in vigore quel modello di magistrato onorario che lo eleva dalla posizione di mero aiutante deflatore del giudice professionale.

Possiamo identificare tre linee guida nella nostra analisi circa le necessità sentite ed espresse dalla magistratura onoraria.

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5.1 Una necessaria revisione dello status della giustizia laica

Prima di tutto viene richiesta una disciplina unitaria per tutte le figure di magistrato onorario. Con uno statuto dei giudici non professionali si vorrebbe dare una disciplina omogenea, applicabile in modo uguale a tutti i soggetti, circa l’accesso, la durata in carica, la responsabilità disciplinare, la formazione.

Una prima augurata soluzione dovrebbe rispondere al problema di garantire un’adeguata preparazione prima e durante l’incarico. Il livello di professionalità richiesto al momento al magistrato onorario è molto alto e necessita quindi di un’attenta valutazione sia iniziale che perdurante tutto il periodo di svolgimento dell’incarico. Ecco che per quanto riguarda la valutazione da compiersi sul livello di professionalità posseduto dal soggetto volenteroso ad accedere alla magistratura onoraria vediamo che la legge n.468 del 1999 ha istituito una sorta di corso-concorso, abbattendo il classico confine con la magistratura togata circa le modalità di accesso. Una volta presentate le domande al consiglio giudiziario è previsto che il Consiglio giudiziario integrato dai rappresentanti dell’avvocatura del distretto formuli le proposte di ammissione al tirocinio e sulla base di queste il CSM deliberi l’ammissione al tirocinio di un numero di aspiranti. Difficile allora distinguerlo dal concorso per la selezione dei giudici togati. Oltre a ciò, una valutazione della professionalità del soggetto, come dicevamo, deve sussistere anche nel mentre si stia svolgendo l’incarico onorario. Per questo si vogliono prevedere corsi di aggiornamento e formazione, spesso da potersi svolgere anche nell’ambito del tirocinio, e ci si auspica che questi vengano resi più univoci possibili nei loro criteri sottraendoli alla discrezionalità ad oggi eccessiva che ha il Consiglio giudiziario nel redigere le graduatorie degli idonei. Tutto questo a garanzia di imparzialità ed indipendenza. La commissione Acone, così come la

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circolare del CSM del gennaio 2001, prevede come dovere di ufficio il provvedere ad una formazione continua attraverso corsi teorico-pratici organizzati dai consigli giudiziari; la mancata partecipazione potrebbe essere sanzionata. Quello che è chiaro è che non si può più prescindere dal fatto che anche il magistrato onorario debba possedere al momento della nomina una preparazione tecnica adeguata.

Per quanto riguarda la durata temporale dell’incarico vediamo che ciò che garantisce in assoluto l’indipendenza del giudice evitando che le eventuali prospettive di conferma possano influenzarne l’operato è la non rinnovabilità del mandato; allo stesso tempo però non dobbiamo neanche affidarci al porre in essere mandati troppo brevi andando a vanificare tutto l’impegno e gli investimenti nel formare un soggetto competente. La commissione Acone propose un mandato breve di quattro anni rinnovabile una sola volta secondo la proposta normativa che riteneva di adottare un’unica figura di magistrato onorario modellata sul giudice di pace, nella proposta alternativa di prevedere diverse fasce di appartenenza del magistrato ogni fascia aveva la sua diversa durata. Circa il regime delle incompatibilità anche l’avvocato Alberto Marchesi, presidente dell’ordine degli avvocati di Pisa, sottolinea9 come anche da

parte dell’avvocatura ci siano state numerose richieste di chiarimenti circa il regime delle incompatibilità perché se da una funzione onoraria si passa ad un servizio permanente ed effettivo il regime di incompatibilità assume importanza e deve essere legittimato. Sempre per ricordare la commissione Acone, essa propose due soluzioni tra loro antitetiche: la prima proponeva un’incompatibilità assoluta nella proposta di istituire un’unica figura di giudice onorario, la seconda invece prevedeva un’incompatibilità assoluta per i magistrati onorari “di prima fascia” lasciando alle altre fasce un’incompatibilità solo distrettuale. Al di là delle riflessioni svolte dalla suddetta commissione

9 Intervento di Marchesi al Polo Carmignani di Pisa, il 21 aprile 2016 in occasione di

un incontro dal titolo “Verso una disciplina della magistratura onoraria: un confronto sul progetto di legge delega”;

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è condiviso dalla dottrina maggioritaria come un’incompatibilità assoluta garantirebbe la piena autonomia della categoria.

5.2 Sulle indennità

Per affrontare il delicato tema della retribuzione, guardiamo al documento conclusivo della commissione studio sulla magistratura onoraria istituita nel 2009 dal ministro Brunetta dove nel paragrafo “Lo stato delle cose” troviamo esplicitato al punto 4), riferito a come distinguere il compenso di un impiegato pubblico da quello di un magistrato onorario, che la retribuzione del giudice non professionale non è inerente al rapporto sinallagmatico costituito tra le parti ma ha carattere meramente indennitario; in senso lato vengono solamente ristorati gli oneri sostenuti.

È presente al momento un sistema di cottimo incentivante ma le indennità spettanti ai magistrati onorari continuano a risultare insufficienti se rapportate al carico di lavoro di alcuni uffici. Se infatti un magistrato risulta impegnato a tempo pieno, per almeno otto ore giornaliere, è evidente che non possa svolgere alcuna altra professione e che pertanto qualsiasi compenso che non sia una vera e propria retribuzione, come un qualsiasi funzionario pubblico, risulta essere solo simbolico e quindi fortemente discriminatorio.

Paola Bellone afferma convintamente che “non basta chiamarla indennità anziché retribuzione per negare che, di fatto, i giudici onorari sono pubblicamente impiegati”. Oltretutto ai fini Irpef, nello stabilire il trattamento tributario di queste indennità giornaliere, l’Agenzia delle Entrare definisce il loro reddito a quello da lavoro dipendente e definisce tale indennità “compenso”.

Ciò che viene auspicato dai magistrati onorari, in particolare dai Giudici onorari di pace e dai vice procuratori onorari, è che vengano prese al più

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presto misure di adattamento dei compensi con quelli dei magistrati professionali.

5.3 La partecipazione della magistratura onoraria all’autogoverno

Infine trattiamo del tema dell’autogoverno della magistratura onoraria, da tempo nota molto dolente, poiché non avendo ne diritto di elettorato attivo ne diritto di elettorato passivo nel Consiglio Superiore della Magistratura in sostanza possiamo affermare che nei loro confronti non esista proprio alcuna forma di autogoverno ma siano invece eterogovernati. Ci si potrebbe sul punto quasi domandare se i magistrati onorari siano effettivamente da intendersi come magistrati ordinari10 oppure come speciali; la risposta è che essi siano ordinari in quanto previsti dall’ordinamento giudiziario ma la convinzione con cui viene data non è molta in quanto non sono oggettivamente inquadrati in modo stabile nell’ordinamento stesso. Sempre per riportare i lavori della commissione Acone, tre erano le strade prospettate per permettere ai giudici di pace di partecipare all’autogoverno e una sola di queste fu quella poi che apparì, almeno inizialmente, di più facile realizzazione (anche se di fatto niente di quello proposto dalla commissione in questione venne attuato).

La prima ipotesi vedeva il realizzarsi di una adesione direttamente all’interno del C.S.M. cosa che venne sempre ostacolata dalla Corte costituzionale che interpretando dava una lettura della disposizione dell’art.104 IV comma della carta, soprattutto guardando all’inciso “da tutti i magistrati ordinari appartenenti alle varie categorie”, nel senso di non potersi considerare come “ordinari” i giudici di pace perché non riconducibili allo svolgimento di funzioni giudiziarie in modo professionale ed esclusivo e quindi non ammettibili tra l’elettorato;

10 Sul punto intervento di Francesco Dal Canto I al Polo Carmignani di Pisa, il 21 aprile

2016 in occasione di un incontro dal titolo “Verso una disciplina della magistratura onoraria: un confronto sul progetto di legge delega”;

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stessa cosa afferma la Corte di Cassazione11 che con ordinanza respinse il ricorso di un avvocato di Monza contro il provvedimento con il quale l'ufficio elettorale centrale per il Csm ha escluso la sua candidatura nel collegio unico nazionale. Nonostante quindi la necessità che la componente onoraria della magistratura trovi adeguata rappresentanza in seno al C.S.M. riscontri il favore della maggioranza della dottrina, la corte costituzionale con le sue letture interpretative e la corte di cassazione con numerose pronunce sembrerebbero dare ragione all’opinione di quanti hanno sostenuto che l’appartenenza all’ordine giudiziario dei magistrati onorari attenga solo al profilo funzionale e non a quello strutturale

La seconda via che si potrebbe percorrere era quella indicata dal progetto di legge presentato dall’on. Pecorella, presidente della commissione giustizia della Camera, in data 18 marzo 2002 proponente la costituzione dei Consigli regionali per i giudici di pace12. Ma vediamo come imboccare questo percorso sia per certi versi anche pericoloso in quanto da una parte si verrebbe a creare un sistema di autogoverno parallelo ed autonomo rispetto all’autogoverno della magistratura togata e dall’altra più che una forma di autogoverno si realizzerebbe una forma di “governo” locale dei magistrati onorari, essendo la loro partecipazione minoritaria rispetto ad altre componenti politiche.

11 C. Cass., Sent. N.8191, 6 giugno 2002, “la posizione ordinamentale conferita ai

giudici di pace dalla legge istitutiva (legge 374/91) è caratterizzata dalla investitura onoraria, dalla temporaneità dell'incarico, dall'esercizio non esclusivo della funzione, compatibile, pur con talune limitazioni, con lo svolgimento di attività professionali e con la stessa professione forense, sicché una siffatta posizione ordinamentale, non dissimile da quella degli esperti che compongono le sezioni specializzate e degli stessi giudici popolari della corte d'assise, non corrisponde a quella dei "magistrati ordinari" che, esercitando professionalmente e in via esclusiva la funzione giurisdizionale sul fondamento di un rapporto di pubblico impiego a tempo indeterminato (che li inserisce strutturalmente nell'apparato organizzativo dello Stato, a differenza degli onorari solo funzionalmente inseriti), hanno - essi solo - titolo per esprimere la rappresentanza istituzionale dell'ordine giudiziario nell'organo di autogoverno, a confronto con la diversa qualificazione professionale della componente - di investitura politica - eletta dal Parlamento (…)”, http://www.eius.it/giurisprudenza/2002/2,02,050,0.asp ;

12 Organi periferici composti dai rappresentanti dei giudici di pace, della classe forense

e delle autonomie locali ai quali verrebbero trasferite le tutte le competenze relative a tali soggetti attualmente attribuite al CSM e ai Consigli giudiziari;

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Ecco allora che la terza proposta fu quella ritenuta più realizzabile e anche la più “fruttuosa”13 per gli stessi giudici di pace: una maggiore

partecipazione dei magistrati onorari al Consiglio giudiziario. La loro presenza era al tempo insufficiente, mentre adesso vedremo che con l’istituzione della sezione autonoma per la magistratura onoraria presso il Consiglio giudiziario si è fatto un passo avanti sulla via dell’autogoverno anche dei giudici non professionali.

La partecipazione all’autogoverno anche locale risulta quindi un indispensabile completamento dello status del giudice onorario.14

6. Verso la legge delega n.57 del 2016

Dall’analisi svolta finora e dai tratti caratteristici delle figure di magistrato onorario più volte rammentati nel corso dell’elaborato possiamo allora fare il punto della situazione su quelli che sono le questioni oggetto di denunce dagli stessi magistrati non professionali che si aspettano su questi punti un cambiamento, un miglioramento, un adeguamento.

Un cambiamento rispetto alla situazione attuale che possiamo già anticipare troveranno soddisfatto dall’entrata in vigore della legge n.57 del 29 aprile 2016, un miglioramento che per adesso è solo “su carta” ma che successivamente, in attesa dei decreti di attuazione della legge delega potrebbe di fatto avvenire, un adeguamento delle garanzie a quello dei giudici professionali.

Che fare della magistratura onoraria?15 Si domandava Andrea Proto Pisani poco più di un anno fa. Ed egli rispondeva a questa domanda, avendo davanti il disegno di legge delega n.1378 del 2015 che poi

13 Ancora una volta citiamo l’interessante analisi di P.P. SABATELLI, Il lato oscuro della

magistratura: spunti, cit., p. 250 ss;

14 P. P. SABATELLI, La magistratura onoraria tra evoluzione prospettive di riforma, in

AA.VV. Ordinamento giudiziario e forense, a cura di Panizza, Pizzorusso, Romboli, p.118 e ss;

15 A. PROTO PISANI, Che fare della magistratura onoraria?, in Questione giustizia

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diventerà legge il 28 aprile 2016, proponendo tre linee da percorrere: la prima intendeva creare una magistratura onoraria costituita dai giudici di pace (competenti solo per materia e non per valore) e dai vice procuratori onorari (competenti per materie specificatamente individuabili), la seconda vedeva la creazione di un vero ufficio “del giudice”16 e non “per il processo”- come invece poi è stato chiamato –

costituito da laureati in giurisprudenza che accedono a seguito di uno specifico concorso che fa sì che essi risultino sotto vero e proprio rapporto di lavoro a tempo indeterminato, infine la terza vede come obiettivo quello di realizzare una deflazione effettiva delle controversi di primo grado disponendo tentativi obbligatori di conciliazione davanti ai collegi costituiti da un terzo tendenzialmente imparziale e dai due difensori delle parti.

Il vero problema, prosegue Proto Pisani, consiste però nel numero elevatissimo di magistrati onorari “precari” prorogati. Anche per questa questione egli offre le soluzioni: considerare come titolo preferenziale per essere assunti nell’ufficio del giudice l’aver svolto funzioni di giudice di pace, giudice onorario di tribunale o di vice procuratore onorario; creazione di ruoli ad esaurimento fino al raggiungimento dell’età di sessanta ovvero sessantacinque anni.

7. Precari (fuori) legge17?

I magistrati onorari vengono definiti da Paola Bellone, vice procuratore onorario a Torino, come “le persone che impediscono il naufragio del sistema giustizia” e ancora come “silenziosi, e spesso trascurati protagonisti del pianeta giustizia”.

16 Con i compiti ad oggi individuati per l’ufficio per il processo: coadiuvare il giudice

nelle ricerche di legislazione, dottrina e giurisprudenza ovvero redazione di minute dei provvedimenti;

17 P. BELLONE, Precari (fuori) legge –ogni giorno in tribunale –, Round Robin Edit.,

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I magistrati onorari però sono ormai considerati i “precari della giustizia”18, quando giustizia e precariato sono due termini tra loro più

che dissonanti. Spesso hanno un numero di tutele inferiore rispetto a quelle che, con il loro lavoro, garantiscono ai cittadini. Esercitano una funzione giudiziaria in forza di un incarico a tempo determinato, soggetto a periodico rinnovo, ma proprio per questa loro mancata assunzione in via definitiva dall’amministrazione della giustizia godono di una remunerazione oggettivamente modesta e di un sistema di garanzie deteriore rispetto a quello dei giudici professionali. Da anni in Italia quindi il rimedio concreto alla oggettiva insufficienza del sistema giustizia a far fronte a carchi processuali insostenibili è l’utilizzo di giudici “onorari”. Ma se il modello di giustizia onoraria, previsto sopra ogni fonte dalla costituzione all’art.106 II comma rispettasse quella che poi è la prassi si consolida in ogni società non ci sarebbero dissonanze. Il fatto che ad oggi circa il 70% dei procedimenti penali innanzi al giudice monocratico veda la partecipazione di un vice procuratore onorario come pubblico ministero ovvero che addirittura il 100% dei procedimenti di esecuzione mobiliare siano di competenza dei giudici onorari è significativo del fatto che la prassi si è distaccata profondamente dal modello. Il magistrato onorario è sempre di più, nei fatti, un magistrato professionale discostandosi invece dallo schema costituzionale di magistrato impegnato temporaneamente.

Soprattutto con riguardo ai vice procuratori onorari, scriver Paola Bellone nel suo libro, essi sono “i più atipici dei lavoratori atipici” La loro funzione è ormai decisiva e portante, perché allora il loro ruolo è ancora relegato a quello di meri ausiliari ed accessori del giudice professionale?

Qualsiasi riforma della magistratura onoraria deve muoversi secondo una logica di due tempi, sostiene Claudio Viazzi19, presidente del

18 R. SANLORENZO, Precari fuori legge, in Questione Giustizia online, 5.04.2013; 19 C. VIAZZI, Tre questioni per la magistratura onoraria, in Questione Giustizia online,

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tribunale di Genova: prima si deve prevedere una normativa transitoria che risolva l’odierna patologia creatasi dovuta soprattutto alle continue proroghe di soggetti non più idonei a rimanere nell’incarico, poi si può improntare una più generale riforma

Vediamo allora nel capitolo successivo, finalmente, come si è mosso il legislatore delegante nella legge che nell’aprile 2016 ha effettuato il tanto atteso riordino della magistratura onoraria.

Teniamo comunque ben presente come tutti i tentativi di ridefinizione e di riforma della magistratura onoraria devono necessariamente partire dal presupposto che la finalità da perseguire sia quella di realizzare una piena efficienza del sistema giustizia.

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