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CAPITOLO 2: ANALISI CONOSCITIVA

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Academic year: 2021

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CAPITOLO 2: ANALISI CONOSCITIVA

2.1 Normativa di riferimento

La Bonifica come settore d'attività risale ai primi del novecento. L'origine dell'Istituto Consortile ha carattere privatistico e volontario, i primi Consorzi sono nati per iniziativa privata al fine di gestire in comune e potenziare attività di interesse collettivo.

La prima norma che, sia pure in modo sommario, regolamentava l'istituto consortile, ignorato dal precedente codice Napoleonico e da quello Albertino, compare nel Codice Civile del 1865 art. 657 che stabilisce: “coloro che hanno interesse comune nella derivazione e

nell'uso dell'acqua o nella bonificazione o nel prosciugamento dei terreni, possono riunirsi in Consorzi, al fine di provvedere all'esercizio, alla conservazione e alla difesa dei loro diritti”..

Successivamente le Leggi speciali emanate in materia di bonifica delinearono meglio la figura del consorzio orientandosi verso la natura pubblicistica di questo ente in virtù dell'interesse pubblico che la bonifica realizza con il risanamento igienico delle terre paludose e con la trasformazione delle strutture agricole. Significativa in tale senso fu la Legge 25.6.1882 n°269, (Legge Baccarini), che rese possibile l'intervento dello Stato per l'esecuzione di bonifiche di prima categoria e cioè delle opere ed attività dirette ad un grande miglioramento igienico o agricolo del territorio.

E' solamente con il Testo Unico approvato con R.D. 13 Febbraio 1933 n.215, tale testo rappresenta ancora oggi la legge fondamentale in materia di opere e consorzi di bonifica.,che la materia viene sistematicamente ordinata e che la ''bonifica'', da sostantivo che individuava esclusivamente un sistema di opere per il risanamento di zone paludose e malsane, perviene ad una connotazione più ampia, comprendente anche, in via generale, il riassetto dei territori per qualunque causa dissestati, la difesa del territorio dalle acque e il miglioramento fondiario attraverso l'utilizzo ai fini irrigui delle opere idrauliche (art. 1 R.D. n. 215 del 1933).

In tale ampio quadro funzionale, pertanto, rientrano tra le opere di bonifica oltre a quelle relative al prosciugamento e al risanamento di laghi, stagni, paludi e terre paludose, anche le opere di rimboschimento e ricostituzione di boschi deteriorati di sistemazione idraulico

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18 agraria e di rinsaldamento delle pendici montane di correzione dei tronchi montani dei corsi d'acqua nonché le opere di difesa dalle acque di provvista e utilizzazione agricola di esse, e ancora, le opere stradali, edilizie o di altra natura che siano d'interesse comune del comprensorio o di una parte notevole di esso (art. 2 R.D. n. 215 del 1933 cit.).

Con l'avvento della Repubblica e l'entrata in vigore della Costituzione l'attività di bonifica diventa interesse pubblico di rilievo costituzionale (art. 44 Cost.).

Successivamente, con l'entrata in vigore del D.P.R. n. 11 del 1972 e, soprattutto, del D.P.R. n. 616 del 1977, viene data attuazione all'art. 117 della Costituzione, che prevedeva, tra l'altro, il passaggio delle funzioni in materia di agricoltura e foreste e, quindi anche del settore relativo alla bonifica, dall'Amministrazione Statale alle Regioni a statuto ordinario, con potestà normativa concorrente, da parte di questi ultimi Enti, ''in subiecta materia''.

Con la Legge 18.5.1989 n. 183, concernente la difesa del suolo, il risanamento delle acque e la fruizione e la gestione del patrimonio idrico, veniva stabilito che, oltre ad altri enti, anche i consorzi di bonifica ''...partecipano all'esercizio di funzioni regionali in materia di difesa del suolo nei modi e nelle forme stabilite dalle regioni singolarmente o d'intesa tra loro, nell'ambito delle competenze del sistema delle autonomie locali'' (v. artt. 1 e 35, 1° comma L. n. 183 del 1989).

Da ultimo, con la Legge 5.1.1994 n. 36 (legge quadro sulle risorse idriche) il legislatore statale, oltre ad avere precisato le attribuzioni dei consorzi di bonifica riguardo all'utilizzazione delle rete di canali ed impianti per uso irriguo, ha affidato a tali enti ulteriori attribuzioni in materia di utilizzo della suddetta rete ''per usi che comportino la restituzione delle acque e siano compatibili con le successive utilizzazioni, ivi compresi la produzione di energia elettrica e l'approvvigionamento di imprese produttive'' (v. art. 27, 1° comma). Nell'ambito della Regione Toscana, la materia é disciplinata dalle leggi regionali n. 34 del 1994 e sue successive modificazioni ed integrazioni (Legge Regionale 29.7.2003 n.38 e Legge Regionale 27.1.2004 n.3) che, ispirandosi al Testo Unico n. 215 del 1933 individuano l'attività di bonifica, come ''un mezzo permanente finalizzato allo sviluppo, alla tutela e alla valorizzazione delle produzioni agricole, alla difesa del suolo, alla regimazione delle acque e alla tutela dell'ambiente e delle sue risorse naturali'' (Art. 1 L.R. 34/94). Costituiscono attività di bonifica (Art. 2 L.R. 34/94) ''il complesso degli interventi finalizzati ad assicurare lo scolo

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19 delle acque, la sanità idrica del territorio e la regimazione dei corsi d'acqua naturali, a conservare ed incrementare le risorse idriche per usi agricoli in connessione con i piani di utilizzazione idropotabile ed industriale, nonché ad adeguare, completare e mantenere le opere di bonifica già realizzate. Costituiscono inoltre attività di bonifica, se finalizzate alla medesima, gli interventi volti ad assicurare la stabilità dei terreni declivi ed a realizzare infrastrutture civili''. La L.R. 38/2003, all'Art. 1 specifica, modificando l'Art. 8 della 34/94, che ''Ai fini della difesa del suolo i piani di bonifica sono riferiti alle attività di manutenzione e di gestione delle opere esistenti ed efficaci per l'equilibrio idrogeologico, idraulico costiero e ricomprendono tutte le opere definite e programmate dagli strumenti di bacino e dagli strumenti di governo del territorio in attuazione degli indirizzi di bacino''.

Sulla base del percorso storico normativo sopra delineato può ben dirsi che già la normativa statale fondamentale del 1933 conteneva un concetto di bonifica, non limitato esclusivamente al risanamento, ai fini sanitari, di zone malsane, ma al contrario, proteso ad identificare un'attività di recupero e di sviluppo produttivo, soprattutto ai fini agricoli, dei territori bonificati, non disgiunta da una secondaria attività finalizzata alla difesa e al generale riassetto del territorio mediante la realizzazione, la gestione e l'utilizzo delle opere idrauliche e di bonifica. In tal senso, le funzioni dei Consorzi di Bonifica comprendevano anche la difesa del territorio dalle acque e dai dissesti idrogeologici collegati alla bonifica. La necessità e il dovere di assolvere a tali funzioni, unitamente all'espansione dei centri urbani a scapito della campagna, spiegano le ragioni dell'assoggettamento a contributo consortile anche della proprietà urbana o comunque extra agricola, in funzione del vantaggio ricevuto da opere di bonifica ed idrauliche consortili che contribuiscono a preservare il territorio. L'attuale L.R. n. 34/94 con le sue successive modificazioni ed integrazioni, consolida tali posizioni, estendendo tra l'altro la Bonifica stessa su tutto il territorio regionale, suddiviso in Comprensori di Bonifica (Art. 5 L.R. 34/94).

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2.2 Inquadramento geografico

FIGURA 2.1 - INQUADRAMENTO GEOGRAFICO SU GOOGLE EARTH

L’area oggetto di studio è situata in località “la Mazzanta” a Vada, nel comune di Rosignano Marittimo in provincia di Livorno. Fa parte del comprensorio gestito dal consorzio di bonifica “Colline Livornesi” e comprende il bacino idrografico della zona delle acque basse della bonifica a sollevamento meccanico.

L’estensione del bacino è di 323 ha con un’acclività media dello 0,3%; è delimitato a nord dal Fosso Circolare, a est dal Fosso Circondariale, a sud dalla Via Vecchia del Tripesce e a ovest dalla costa.

La zona è servita da una rete composta da 16 canali, per una lunghezza totale di 11,79 Km, che convogliano le acque all’impianto idrovoro del Fosso del Molino.

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2.3 Evoluzione geomorfologica del territorio

Di seguito vengono descritte le formazioni presenti lungo la fascia costiera del territorio comprendente l’area oggetto di questo studio, dando una breve descrizione dell’evoluzione degli eventi che negli ultimi 6000 anni hanno contribuito a definirne l’assetto geomorfologico attuale.

A partire dall’ optimum climatico post-glaciale (circa 4000 anni a.C.), quando il livello del mare aveva raggiunto una posizione molto vicina all’attuale, è avvenuta la formazione delle lagune costiere, degli impaludamenti e la conseguente formazione dei depositi limo argillosi legati ad alluvionamenti fuori alveo del Fiume Fine a nord di Vada e del Cecina a Sud.

I paduli del Piano di Vada, che sono rimasti allo stato naturale sino all’attuazione delle grandi opere di prosciugamento iniziate a partire dalla seconda metà del 1700 e concluse negli anni ’30 (come descritto nel Capitolo 1), erano limitati verso mare dalle dune antiche presenti lungo il litorale ormai stabile dall’Età del Ferro (1000 anni a.C.). Queste sono formate da sabbie di color marrone scuro derivanti dalla demolizione dei depositi sabbiosi del Pleistocene superiore, affioranti estesamente nella pianura costiera.

I depositi litorali che affiorano in sponda sinistra del Fiume Fine, costituiti da sabbie grossolane e ciottoli appiattiti di battigia, rappresentano i resti della riva stabile dall’età del Ferro arcaico e del Bronzo.

Le spiagge attuali, a sud di Punta del Lillatro (Rosignano Solvay), sono principalmente costituite, perlomeno sino all’altezza della Punta del Tesorino, dalle sabbie bianche carbonatiche di origine industriale che, a partire dagli anni ’20, hanno alimentato e sostenuto la formazione delle “spiagge bianche” e del cordone dunale ben sviluppato tra la spiaggia vera e propria e le dune antiche retrostanti.

Il cordone dunale è ancora in formazione: esso si sta sviluppando tra la zona di spiaggia vera e propria e l’interno della costa per un’ampiezza media (al di fuori delle aree in cui l’erosione della costa lo ha intaccato o completamente smantellato) di circa 50-60 metri, con quota massima di +5 m sul livello medio mare tra Punta del Tesorino e Vada, e tra 30 ad un massimo di 80 m e quota massima di + 4 m a sud di Vada.

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2.4 Caratteristiche geologiche ed idrogeologiche

Nell’area della Mazzanta a Sud di Vada affiorano le seguenti formazioni: • Spiagge attuali e cordone dunale recente ed attuale

sono costituite da sabbie carbonatiche di origine industriale che, a partire dai primi anni '20, hanno alimentato il fondarsi delle "spiagge bianche" e di un cordone dunale ben sviluppato tra la spiaggia vera e propria e le antiche dune retrostanti.

Dune antiche

Queste, già stabili nell'età del Ferro, sono formate da sabbie di color marrone, derivanti dai depositi sabbiosi del Pleistocene superiore, e che costituiscono i fondali prospicienti la costa attuale. Si tratta di depositi mediamente permeabili,non consolidati con caratteristiche geotecniche mediocri .

Depositi limo argillosi legati alle lagune costiere e agli impaludamenti

Questi depositi cominciano a formarsi nell'Olocene medio (4.000 a C.) nell’ “optimum climatico postglaciale, quando ormai il livello del mare aveva raggiunto una posizione molto vicina all'attuale. Questo sollevamento del livello del mare è continuato con minor velocità nell'Olocene superiore fino ai giorni nostri. I paludi del piano di Vada si estendono al di sopra dei terreni olocenici prevalentemente limosi ed erano sbarrati verso mare dalle dune e dalle spiagge di un litorale praticamente stabile dall'età del Ferro.

Verso monte raggiungevano gli affioramenti dei depositi sedimentari del Pleistocene superiore. Venivano alimentati dalle piene del Fiume Fine a nord di Vada e dal Cecina a sud nell'area in esame, in corrispondenza dei periodi di piena, si avevano apporti anche dai bacini dei corsi d'acqua minori, Vallecorsa e Tripesce.

Dal punto di vista idrogeologico i limi fluvio-palustri sono caratterizzati da bassa permeabilità (10 – 8 ∙ 10-5 cm/s) mentre le sabbie di duna antiche e recenti, costituiti da sabbie più o meno grossolane sono caratterizzati da buona permeabilità.

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Durante prove penetrometriche effettuate nell’area in prossimità dell’impianto idrovoro, è stato possibile constatare che il livello statico della falda è pressoché coincidente con il pelo libero dell’acqua misurata nei fossi di bonifica a testimoniare la dipendenza di esso dai pompaggi che vengono effettuati.

Dal punto di vista litotecnico i limi sono da ritenersi terreni compressibili a bassa capacità portante dell'ordine di 0,5 kg/cm2. Le sabbie, non essendo addensate e consolidate, hanno scarsa capacità portante; i livelli più grossolani, in genere maggiormente addensati, possono invece considerarsi di capacità portante intorno a 1 kg/cm2.

Per meglio caratterizzare gli strati più superficiali del terreno si è fatto riferimento a prove penetrometriche effettuate nell’area, che hanno evidenziato la seguente stratigrafia:

0 – 40 cm Terreno di riporto di varia natura

40 – 200 cm Alternanza di limo e limo sabbioso, talora con sostanza algale al suo interno

200 – 430 cm Sabbie più o meno dense di color marrone brunastro 430 – 550 cm Limo con abbondante sostanza organica, con alghe e torbe

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2.5 Uso del suolo

In Figura 2.3 è riportata la carta dell’uso del suolo. In essa si può notare come il territorio sia caratterizzato prevalentemente da zone urbane e aree ad uso seminativo. Vi sono anche zone adibite al pascolo una piccola porzione è coperta da vegetazione palustre.

FIGURA 2.3 - CARTA DELL'USO DEL SUOLO

p p p p p p p p p p m p B aree urbane

C1 seminativo asciutto o irrigabile

M pascolo e pratopascolo L7 area aperta a vegetazione palustre L6 area aperta a vegetazione

erbacea arbustiva (> 15 anni) L1 bosco di alto fusto C2 seminativo abbandonato C3 area agricola urbanizzata

S corpo d'acqua D1 seminativo arborato misto E1 vigneto

G1 oliveto

L5 formazione arborea di argine o di ripa o di golena

DG seminativo arborato ad olivi

H vivaio o serra

P dune costiere o spiagge L2 bosco ceduo

T selvicoltura da legno F frutteto

LEGENDA USO DEL SUOLO:

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2.6 Condizione attuale canali

I canali principali che un tempo assumevano una forma trapezia oggi hanno una forma irregolare, come constatato durante il rilievo della rete svolto durante l’attività di tirocinio. Alcuni di essi, ormai ricoperti dalla vegetazione si confondono tra le colture.

Questo è dovuto alla natura stessa dei terreni che aumentano sia l’interrimento dei canali a causa dell’erosione delle sponde, sia il franamento delle stesse.

Inoltre è da sottolineare il fatto che spingendo le coltivazioni agricole fino alle sponde dei canali, può succedere spesso che i mezzi, a causa degli spazi limitati di manovra, scarichino involontariamente del materiale nei canali. Tale interrimento contribuisce ulteriormente alla riduzione dei volumi invasabili dalla rete durante le massime piene, con l’aumento del rischio di esondazione.

Per evitare che i collettori subiscano gravi danni sono previsti periodici interventi di manutenzione da parte del consorzio di bonifica “Colline Livornesi”. Tali interventi vengono effettuati soprattutto nei periodi in cui la vegetazione è particolarmente rigogliosa (primavera) e prima dei periodi in cui si possono verificare gli eventi più gravosi (inverno). La parte finale della rete, quella più prossima all’impianto idrovoro, ha dei tratti le cui sponde sono rivestite in legno (Figura 2.4). Questo intervento è stato reso necessario dall’eccessiva erosione che si aveva per l’elevata velocità e per la presenza di roditori che scavando buche indebolivano la stabilità delle stesse.

I canali sono spesso attraversati da ponticelli che ne permettono l’attraversamento; la zona che comprende il centro abitato in località “La Mazzanta” ha tratti di rete che sono tombati (Figura 2.5), questi permettono all’acqua di defluire in condotte che passano al di sotto dell’area urbana. Se il livello dell’acqua supera il punto più alto del tubo il funzionamento in questi tratti avviene in pressione.

In alcuni punti sono tuttora presenti opere, quali paratoie e ponti, appartenenti all’antica bonifica Lorenese (Figura 1.4).

La zona delle acque basse (a sollevamento meccanico) è divisa da quella delle acque alte (a scolo naturale) dal Fosso Circondariale (Figura 2.8), che delimita il confine est del bacino.

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FIGURA 2.4 - FOSSO DEL MOLINO

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FIGURA 2.6 - FOSSO DELLE BRONZINE

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FIGURA 2.8 - FOSSO CIRCONDARIALE

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2.7 Problematiche del bacino

L’attuale rete di bonifica presenta le seguenti problematiche:

• Sottodimensionamento di alcuni canali, causa della loro esondazione. • Ridotta capacità della vasca di aspirazione dell’impianto idrovoro. • Sottodimensionamento dell’impianto idrovoro.

2.8 Ipotesi progettuali

A seguito dello studio delle problematiche della zona, esposte nel precedente paragrafo, sono state formulate le seguenti ipotesi progettuali di sistemazione del bacino:

• studio dello stato attuale con verifica della rete.

• progettazione della nuova, adeguando l’esistente a portate con tempi di ritorno di 25 anni.

• verifica del rispetto del franco di piena e di esondazione (tr = 100 anni).

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2.9 Cartografia di riferimento

Per capire la conformazione sia altimetrica che organizzativa del territorio di bonifica in esame, sono state fondamentali le consultazioni di alcune cartografie.

In particolare è stato fatto riferimento a :

• Cartografia della Regione Toscana, scala 1:10000. • Cartografia della Regione Toscana, scala 1:2000.

• Elaborati grafici del Quadro conoscitivo del Regolamento Urbanistico del Comune di Rosignano Marittimo.

Riferimenti

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