• Non ci sono risultati.

CAPITOLO 2

N/A
N/A
Protected

Academic year: 2021

Condividi "CAPITOLO 2"

Copied!
17
0
0

Testo completo

(1)

CAPITOLO 2

REOLOGIA

2.1 La reologia e il comportamento viscoelastico

La reologia è la scienza che studia le relazioni sforzo-deformazione nei corpi, permettendo così di prevedere il comportamento di un materiale sotto determinate condizioni di utilizzo.

Rigorosamente, a livello teorico, tutti i materiali presentano una risposta di tipo viscoelastico alle sollecitazioni imposte. Nei polimeri, sopra la temperatura di

transizione vetrosa Tg, tale comportamento è dominante; i bitumi, specialmente quelli modificati sono assimilabili, in termini di proprietà reologiche, a polimeri di basso peso molecolare: sono viscoelastici (con carattere prevalentemente solido) a temperatura ambiente e viscosi (cioè a carattere prevalentemente liquido) ad alta temperatura. In questo capitolo sono illustrate le proprietà viscoelastiche dei materiali ed i metodi sperimentali con i quali tali proprietà possono essere determinate.

L’analisi della risposta meccanica conseguente all’applicazione di una qualsiasi forza identifica immediatamente l’esistenza di due sistemi meccanici fondamentali, il solido

elastico ed il fluido viscoso.

Un solido elastico ha una forma ben definita e l’applicazione di forze esterne lo porta ad una nuova forma di equilibrio. Il solido immagazzina tutta l’energia ottenuta dal lavoro compiuto dalle forze esterne; tale energia è disponibile alla rimozione della forza applicata e permette al solido di ritornare esattamente alla forma originaria.

Nel corpo soggetto a carico, non è identificabile uno scorrimento indefinito ma al contrario è chiara ed univoca la configurazione deformativa associata a quella precisa condizione di carico.

(2)

Al contrario, fluidi ideali subiscono deformazioni totalmente irreversibili: in altre

parole, tutta l’energia spesa per imporre la deformazione è dissipata sottoforma di calore e non può essere restituita annullando la deformazione stessa (comportamento

puramente viscoso). Il materiale sottoposto a un carico, lentamente o velocemente, scorre e conseguentemente non ammette un stato deformato definito ma al contrario è soggetto ad un moto deformativo, per la cui descrizione non è possibile prescindere dall’identificazione del ruolo del tempo.

La legge di Hooke e la legge di Newton descrivono rispettivamente il comportamento dei corpi elastici e dei fluidi viscosi, definendo le relazioni sforzodeformazione per i due casi. Legge di Hooke  G

 

 

 

          ne Deformazio / elastico Modulo Sforzo m m Pa G Pa

Nei corpi elastici lo sforzo è direttamente proporzionale alla deformazione subita dal materiale ed indipendente dalla velocità di deformazione. Il modulo di elasticità definisce la resistenza del solido alla deformazione ed è una proprietà che dipende dal materiale e dalla sua storia termica. La legge di Hooke è valida sia per sforzi normali che per sforzi tangenziali.

Legge di Newton:   

 

 

        elastico Modulo Sforzo s Pa Pa

(3)

Nei fluidi puramente viscosi lo sforzo è proporzionale alla velocità di deformazione ed indipendente dall’entità della deformazione stessa. La viscosità η definisce la resistenza di un fluido alla variazione irreversibile di posizione dei suoi elementi di volume. Per un liquido Newtoniano ideale la curva di flusso è una retta di pendenza

 

 tg  /

che passa per l’origine degli assi.

La similitudine analitica fra le due leggi è evidente. Ci sono due tipi importanti di deviazioni dal comportamento puramente Hookeano o Newtoniano:

1. La deformazione in un solido, o la velocità di deformazione in un liquido, possono non essere direttamente proporzionali allo sforzo applicato ma avere una dipendenza più complessa.

2. Lo sforzo può dipendere sia dalla deformazione sia dalla velocità di

deformazione, quindi tali anomalie riflettono un comportamento insiemeelastico e viscoso, e tale comportamento è chiamato viscoelastico.

Al primo caso appartengono i liquidi non Newtoniani, nei quali la viscosità non è costante, ma dipende dal gradiente della velocità di deformazione con una relazione del tipo τ =η(γ&) ⋅γ& ; per questi liquidi la curva di flusso non è una retta ma una curva il cui andamento dipende dalla relazione che lega la viscosità al gradiente della

deformazione. Un esempio di questo comportamento sono i fluidi dilatanti, nei quali la viscosità aumenta all’aumentare del gradiente, o i liquidi pseudoplastici, per i quali accade il contrario.

(4)

Nei solidi tali anomalie si presentano al superamento del limite elastico (fenomeni di snervamento, strizione, ecc.). Occorre sottolineare che l’entità dello scostamento dal comportamento Newtoniano o puramente elastico non è una proprietà intrinseca di un materiale, ma dipende dallo stato fisico-chimico in cui si trova; in particolare è

fortemente dipendente dalla temperatura.

Nel secondo caso la relazione più semplice che descrive il legame sforzo/deformazione è di tipo lineare:        E V G

Questa semplice equazione costitutiva rappresenta il comportamento viscoelastico

lineare ed implica che gli sforzi connessi a deformazione e velocità di deformazione

siano additivi.

Nella maggior parte dei materiali il comportamento lineare si ottiene con deformazioni o gradienti di deformazione infinitesimi; nel caso di deformazioni o velocità di

deformazione “finite” le relazioni sforzo-deformazione si presentano molto più complesse, in quanto il materiale esce dalla regione di viscoelasticità lineare.

Ovviamente non c’è un valore ben definito che pone il confine fra sollecitazione “infinitesima” e “finita”, ma dipende dal tipo di materiale e dallo stato fisicochimico in cui si trova. Se sono applicate deformazioni infinitesime la validità della legge di Hooke si estende infatti alla maggior parte dei solidi reali; parimenti i fluidi seguono la legge di Newton per velocità di deformazione infinitesime.

(5)

2.2 Modelli meccanici del comportamento viscoelastico

Per schematizzare il comportamento dei materiali dal punto di vista macroscopico si fa riferimento a due ideali modelli meccanici di comportamento: la molla e il pistone idraulico; la prima modella una risposta puramente elastica, il secondo un

comportamento puramente viscoso.

L’opportuna combinazione di questi due elementi da vita a modelli utili per la

comprensione delle relazioni sforzo deformazione dei materiali. I più noti sono quelli di Maxwell e di Voigt, ma proprio in virtù della loro semplicità costruttiva non sono adatti a modellizzare le risposte dei materiali reali.

Modello di Maxwell

Il modello di Maxwell è costituito da un elemento elastico ed un elemento viscoso in serie.

(6)

Applicando una tensione σ0 fra i punti A e B si ottiene una deformazione somma dei

contributi dei due elementi. A questo sistema è possibile applicare una deformazione istantanea, non può invece modellizzare una risposta elastica ritardata.

Modello di Voigt

Il modello di Voigt è costituito da un elemento elastico e uno viscoso in parallelo. Applicando una deformazione finita tra i punti A e B, la tensione si ripartisce fra i due elementi; non è possibile applicare una deformazione istantanea al sistema per la presenza dell’elemento viscoso.

Per lo stesso motivo è adeguato a rappresentare la risposta elastica ritardata. Se G è la rigidità della molla e  la viscosità del pistone, si definisce λ il tempo di rilassamento i

di un elemento di Maxwell; λ è una misura del tempo richiesto per il rilassamento della tensione. La stessa quantità, per un elemento di Voigt, è detta tempo di ritardo ed è una misura del tempo che occorre all’elemento elastico per tornare alla configurazione di equilibrio, ritardato dalla presenza dell’elemento viscoso in parallelo.

(7)

2.3 Creep

Le prove di creep sono condotte applicando uno stress costante al campione e

misurando l’andamento temporale della deformazione; tolto il carico si può valutare il

creep recovery, cioè il ritorno della deformazione nel tempo.

In figura è riportato il confronto della risposta a creep di un solido elastico e di un generico materiale viscoelastico lineare all’applicazione di due valori di carico

0

 e 2 . 0

Nel solido elastico la deformazione segue l’andamento del programma di carico, in proporzionalità esatta all’entità del carico applicato. Gli stessi carichi sono applicati ad un materiale viscoelastico lineare; in tal caso lo strain totale è la somma di tre contributi: ε1 ed ε2 sono rispettivamente la deformazione elastica istantanea e ritardata,

mentre ε3 è una deformazione residua non recuperabile, dovuta allo scorrimento

viscoso.

Si definisce in tal modo una grandezza J(t), detta “cedevolezza” o creep compliance, funzione del tempo e somma di più contributi:

 

 

3 2 1 J J J t J t    

Nei polimeri reticolati, se il carico è applicato per un tempo sufficientemente lungo, la deformazione raggiunge un valore limite Je (equilibrium compliance), e

(8)

non si presenta il termine J3, vale a dire che la deformazione è completamente

recuperata; i termini J1 e J2 rappresentano rispettivamente il termine unrelaxed, cioè la

risposta immediata elastica, ed il termine relaxed, il cui valore dipende dal tempo.

Altri materiali, quali i polimeri non reticolati, sotto carico costante raggiungono una condizione di flusso stazionario (steady-state flow) dove la deformazione è costante e definita da un unico parametro, la viscosità newtoniana  (steady-state viscosity). 0

In questo caso non si presenta il valore limite Je, ma si parla di steady-state compliance

0

e

J , ottenibile sottraendo il contributo viscoso al tempo t*.

La presenza di una equilibrium compliance permette di definire un materiale come un

solido viscoelastico, mentre nel secondo caso la presenza di scorrimento viscoso indica

che abbiamo a che fare con liquidi viscoelastici.

2.4 Stress Relaxation

La controparte delle prove a creep è costituita dagli esperimenti di stress relaxation. In questo caso è applicata sul materiale una deformazione costante istantanea e si misura il rilassamento della tensione; questo fenomeno è dovuto alla ridistribuzione delle

(9)

E’ importante rimarcare che quanto detto è valido esclusivamente nel campo delle piccole deformazioni.

2.5 Analisi dinamica in regime oscillatorio

Gli esperimenti di creep e stress relaxation sono metodi utili per misurare il comportamento a tempi lunghi di carico. I metodi dinamici in regime sinusoidale, permettono di estendere significativamente l’intervallo di caratterizzazione dei materiali, infatti le prove condotte ad una certa frequenza ω sono qualitativamente equivalenti ai risultati ottenuti ad un tempo di prova t =1/ω.

La procedura sperimentale prevede l’applicazione di una deformazione tangenziale (shear strain) oscillatoria con una data pulsazione ω e la misura simultanea dello sforzo di taglio (shear stress), o viceversa. Le prove sono condotte con l’ausilio di un reometro rotazionale.

Supponiamo che al campione in esame sia applicata una deformazione di ampiezza  e 0

andamento sinusoidale:

t

0 sin

La velocità d’applicazione della deformazione (strain rate) è definita come:

t

dt d       0 sin

Se il materiale in studio presenta un comportamento viscoelastico lineare, risponderà alla sollecitazione con uno (shear) stress anch’esso sinusoidale, sfasato di un angolo δ, rispetto alla deformazione applicata, il cui valore dipende dalle caratteristiche del materiale:

(10)

0sin t

 

t

 

 

t

 

0 cos sin 0 sin cos

t

G

t

G        0 'sin 0 '' cos Dove:

 

cos ' 0 0 G

 

sin ' ' 0 0 G

Le quantità G’ e G’’ sono definite rispettivamente storage modulus e loss modulus.

Le equazioni riportate mettono in evidenza che lo sforzo di taglio si può esprimere come la somma di un termine in fase con la deformazione ed un termine in quadratura (in fase quindi con la velocità di deformazione). Un solido elastico presenterà un angolo di fase nullo, mentre δ= π/2 caratterizza il comportamento viscoso; ovviamente se δ è prossimo a π/2 prevarrà il comportamento viscoso, mentre angoli vicini a 0° indicano caratteristiche elastiche prevalenti.

(11)

Le misure dinamiche forniscono infatti il valore del modulo complesso G*(ω), definito come il rapporto fra lo stress e la deformazione totali subiti dal materiale ad una data frequenza:

 

 

 

 

 

' ' ' * G i G G    

G' (ω) descrive la capacità del campione di immagazzinare energia elastica, mentre G' '

(ω) è connesso alla capacità di dissiparla; i due termini non rappresentano la

componente elastica e la componente viscosa del materiale ad una data frequenza, in quanto la maggior parte dei materiali presenta anche una risposta elastica ritardata, che dipende dal tempo, ma la deformazione conseguente è recuperabile.

In maniera analoga è definita una complex compliance:

 

 

 

 

 

' ' ' * J i J J    

dove J’ e J’’ (storage e loss compliance) hanno lo stesso significato di G’ e G’’. Si fa notare che J* e G* sono uno il reciproco dell’altro, ma non vale la stessa cosa per i termini reali e immaginari delle due funzioni.

Il rapporto fra l’energia persa e quella immagazzinata in ogni oscillazione, definito loss

tangent, fattore di perdita o damping, è dato dalla quantità:

 

 

 

 

 

' ' ' ' ' ' J J G G tg  

Il valore al quale G’(ω) e G’’(ω) si eguagliano, ossia quando tg

 

è uguale a uno, è definita frequenza di crossover ( ωc). Questo valore rappresenta il punto in cui si

(12)

Un’ altra quantità indice del comportamento di un materiale è la viscosità complessa, rapporto fra lo stress applicato e la strain rate; dalle relazioni nel campo dei numeri complessi si ottiene:

 

 

 

 

 

 

*   *  ' i '' i G

La parte reale η’, definita viscosità dinamica, è un termine atto a descrivere gli effetti dissipativi; è infatti il rapporto fra lo stress in fase con la strain rate e lo strain applicato. Per ω →0 , corrispondente a tempi di carico elevati, la viscosità dinamica tende a coincidere con la steady flow viscosity η0, definita nei paragrafi precedenti.

2.6 Principio di sovrapposizione tempo-temperatura

Le proprietà viscoelastiche, specialmente a temperature superiori a quella di transizione vetrosa del materiale, sono fortemente dipendenti dalla temperatura, ed anche in

presenza di un comportamento lineare occorre valutare le proprietà meccaniche alle diverse temperature.

Per alcuni materiali, definiti “termoreologicamente semplici”, è stata provata la validità del principio di sovrapposizione tempo-temperatura o metodo delle variabili ridotte; il principio afferma che la stessa variazione di una grandezza meccanica (G’, G’’, tan δ….. ) ottenuta ad una certa frequenza e variando la temperatura, si può ottenere variando la frequenza e tenendo fissa la temperatura.

(13)

 

T bG

 

T G' rt ' con    T T b r r t

allo stesso modo, prendendo una frequenza di riferimento ω si ottiene:

ϖ (Tr ) = aT ⋅ω(T)

doveϖ è definita frequenza ridotta.

In pratica, se G’(ω,T) è riscalato secondo le equazioni sopra riportate, i dati sperimentali cadono tutti sulla stessa curva (master curve) ottenuta alla temperatura di riferimento

Tr. Sperimentalmente la quantità aT (shift factor) è ottenuta dalla traslazione orizzontale

necessaria per sovrapporre i dati ottenuti a qualunque T sulla curva dei dati ottenuti a

Tr, mentre bT è legato allo shift verticale.

La validità del principio implica che gli shift factor siano gli stessi per tutte le proprietà viscoelastiche, quindi è sufficiente costruire la master curve con una delle funzioni per ottenere la curva di tutte le altre. Contemporaneamente alla costruzione della master curve, spesso si riporta in grafico l’andamento degli aT in scala logaritmica, in funzione della temperatura.

(14)

L’andamento con la temperatura dei fattori di shift è generalmente interpolata tramite due equazioni, la Williams-Landel-Ferry (WLF) e l’equazione di Arrhenius. Nel caso di materiali polimerici, la WLF generalmente fornisce un buon “fitting” dei fattori di shift in un intervallo di temperatura compreso fra la temperatura di transizione vetrosa Tg e Tg + 200K:

 

 

r r r C T T T T C T a T a             2 1 log

dove T [°C] è la T selezionata, Tr [°C] la T di riferimento, C1 e C2 sono costanti. La funzione di Arrhenius, generalmente impiegata sotto la temperatura di transizione vetrosa si esprime come: a è l’energia di attivazione, R la costante reale dei gas.

Il fattore bT dovrebbe essere correlato alla variazione di densità del materiale con la

temperatura; in realtà il termine ha scarsa validità teorica e in letteratura non sono impiegate equazioni che ne interpolano l’andamento, in quanto è influenzato anche dalla storia termica del materiale.

Le basi del metodo si fondano sulla teoria molecolare proposta da P.E. Rouse

(J.Chem.Phys..1953), illustrata attraverso lo studio del moto di una sistema costituito da masse collegate a catene flessibili polimeriche, nel quale le masse subiscono gli effetti delle forze viscose.

(15)

2.7 Viscometria

La valutazione delle proprietà viscoelastiche è uno dei due principali campi di studio della reologia; l’altro argomento di notevole interesse è la determinazione della viscosità del campione in esame, in condizioni di moto di scorrimento. In questa

condizione il fluido si può immaginare come un sistema omogeneo costituito da strati di spessore infinitesimo, paralleli e sovrapposti (flusso laminare): la viscosità può essere misurata in funzione della forza necessaria per mantenere una differenza di velocità tra due strati adiacenti. Il fluido è contenuto tra due piani paralleli a distanza h, di cui uno fisso e l'altro che scorre a velocità v. La misura della viscosità deve essere sempre effettuata a flusso laminare, con velocità tanto più limitata, quanto minore è la viscosità da determinare. Nel moto turbolento, oltre una certa velocità critica, si possono generare vortici che provocano uno sbalzo improvviso nella resistenza allo scorrimento.

La viscosità, è una funzione dipendente da cinque parametri:

• Struttura chimica • Temperatura • Pressione • Storia reologica

• Gradiente della velocità di scorrimento

La viscosità ha le dimensioni di una pressione per un tempo e l’unità di misura più usata nel sistema MKS Pascal·secondo [Pa·s], ma è tutt’ora molto impiegata anche il

centipoise [cP].

La natura chimica e la temperatura sono parametri che influenzano sempre e in maniera determinante il valore della viscosità.

La pressione è un parametro la cui influenza sui liquidi diventa determinante soltanto quando raggiunge valori molto elevati; per i gas ed i vapori la dipendenza è più marcata, ma le misure di viscometria non riguardano i gas e generalmente sono condotte a

(16)

La storia reologica, cioè le condizioni di sollecitazione al quale è stato sottoposto il campione prima della misura, è importante per alcuni fluidi quali le emulsioni o le sospensioni, la cui composizione può cambiare nel tempo.

Infine, prove condotte in condizioni isoterme possono essere influenzate dal gradiente

della velocità di scorrimento

 se il materiale presenta un comportamento

non-Newtoniano:

Fluido newtoniano: η = costante

Fluido non newtoniano: η = η(

 )

Per i fluidi non-Newtoniani la possibilità di valutare la viscosità del campione in esame dipende dalla cinematica del sistema di misura.

Secondo la distribuzione della cinematica possiamo avere:

• flusso viscometrico uniforme • flusso viscometrico non uniforme • flusso non viscometrico non uniforme

Se nel reometro si ha una cinematica uniforme, ossia

 è la stessa dappertutto, le

misure forniscono direttamente la viscosità al fissato valore di shear rate.

Se la cinematica non è uniforme si cerca di ottenere un flusso viscometrico, dove cioè la shear rate sia costante lungo la traiettoria della particella di fluido.

(17)

Nel primo caso si hanno traiettorie aperte e quindi il flusso non è mai a regime; la mancanza degli effetti centrifughi permette di raggiungere elevate shear rate; questi tipi di reometri (a capillare, magnetici, a caduta di sfera…) sono adatti, per esempio, a determinare la viscosità di fluidi che devono essere vaporizzati e quindi sottoposti ad elevatissimi gradienti di velocità.

Nel secondo caso si hanno invece traiettorie chiuse e quindi in teoria si possono sempre raggiungere condizioni stazionarie; per contro occorre fare attenzione agli effetti inerziali della rotazione, cioè le forze centrifughe, e agli effetti di bordo, che limitano necessariamente la valutazione della viscosità a basse shear rate (<100 1/s).

Riferimenti

Documenti correlati

[r]

Questa resistenza è dovuta ad una forma d’attrito interno, detta viscosità, fra strati adiacenti di fluido, che si oppone allo scorrimento dell’uno sull’altro.. Un fluido reale

Siete quindi invitati a cercare di risolvere gli esercizi, su questi argomenti, tratti dai TUTTI gli esami degli anni passati (oltre agli esercizi assegati, naturalmente)..

Un aumento del volume del sistema corrisponde ad un lavoro POSITIVO Un aumento del volume del sistema corrisponde ad un lavoro POSITIVO Una riduzione del volume del sistema

Sono state effettuate misure dirette della lunghezza e del tasso di produzione delle gocce per vari rapporti di flusso (il rapporto tra la portata della fase dispersa ustata

Sono formulati e discussi i competenti problemi non lineari di equilibrio di giunti, cosiddetti a doppia sovrapposizione bilanciati tra aderendi di FRP e quelli di giunti,

b) Il Processo è esotermico quindi un aumento della temperatura si oppone alla reazione, che si sposta verso sinistra (reagenti ).. (Principio di

1.2.1 Problematiche correlate ai test eseguiti a media velocità di deformazione su macchine idrauliche convenzionali .... 1.2.2 Effetti della propagazione delle onde di tensione