3.4 Discussioni
Questo studio prospettico ha permesso di valutare, seppur con una casistica limitata, l’applicazione clinica del sistema Canine Unicompartimental Elbow (Arthrex©) nel trattamento della sindrome del compartimento mediale del gomito canino.
In totale quattro soggetti (e cinque gomiti) sono stati inclusi nello studio:
uno dei pazienti è stato sottoposto ad intervento CUE bilaterale eseguito in due sedute chirurgiche diverse.
L’età media dei nostri animali era di 5 anni (con un range tra i 3 anni ed i 9 anni) mentre il peso medio era di 34,75 Kg (con un range tra i 20 Kg ed i 60 Kg). Non vi è stata una prevalenza numerica di razza.
Come definito dai criteri di inclusione ogni cane presentava dei segni clinici attribuibili alla sindrome del compartimento mediale identificati basandosi sull’esame ortopedico dell’arto interessato, sui segni radiografici e sulla perdita di cartilagine articolare dal processo coronoideo mediale dell’ulna e dalla porzione mediale del condilo omerale mediale identificata direttamente in sede chirurgica. Tutti i gomiti interessati dallo studio erano stati considerati allo “stadio finale”
di artrosi. Nessun paziente aveva ricevuto trattamenti conservativi di
alcuna natura prima di essere sottoposto all’intervento CUE, mentre un
singolo caso era stato sottoposto in giovane età ad un trattamento
chirurgico (coronoidectomia subtotale) per risolvere la zoppia, prima di
ricorrere all’intervento CUE come soluzione finale.
Per quanto riguarda l’approccio chirurgico quattro casi su cinque hanno ricevuto l’approccio mediale tramite osteotomia dell’epicondilo mediale mentre un caso ha ricevuto l’approccio caudale tramite osteotomia parziale del tubercolo olecranico; in entrambi gli approcci non abbiamo riscontrato complicazioni. In quattro gomiti sono state impiantate le protesi di dimensioni medie mentre in un singolo caso sono state utilizzate quelle di grandi dimensioni.
I nostri follow-up hanno avuto una durata variabile, dai 2 fino ai 17 mesi.
Non ci sono state complicazioni maggiori o minori in nessun intervento CUE, né nei due mesi di follow-up obbligatorio né successivamente.
Clinicamente e radiologicamente non abbiamo mai riscontrato segni di allentamento o ceduta degli impianti, così come non ne abbiamo mai evidenziato usura che poteva ipoteticamente verificarsi per il carico ripetuto dell’arto o a causa dello sfregamento con i frammenti ossei residui.
Abbiamo classificato i recuperi a seguito della chirurgia come assolutamente accettabili, se non completi, in ogni caso. Nessun paziente ha presentato un risultato inaccettabile.
L’unico paziente “in attività”, Malik, da cui era stato sospeso per la patologia in atto, è tornato a lavorare con ottimi risultati; gli altri pazienti che conducono una vita casalinga hanno migliorato il loro benessere con la scomparsa del discomfort ed adesso sono in grado di condurre una vita normale senza dolore.
Il grado di zoppia in tutti i pazienti è diminuito fino ad arrivare al grado
minimo, la funzionalità è stata assolutamente ristabilita, garantendo il
carico totale in ogni arto operato nonostante la permanenza di lievi alterazioni nel movimento (Tab 3.2).
Il ROM articolare è aumentato in quasi tutti i pazienti con incrementi più o meno significativi a seconda del soggetto.
I risultati che abbiamo ottenuto, per quanto su scala ridotta, sono in sintonia con quelli pubblicati nell’unico articolo del 2015 associato alla procedura CUE. Tale studio ha raccolto 103 casi provenienti da 15 centri di referenza sparsi fra USA ed Europa, in cui ogni centro ha operato in media cinque soggetti. Nello studio i pazienti presentavano un’età media di 5 anni, un peso medio di 33 Kg e la razza più rappresentata era quella dei Labrador Retrievers (42 casi). Al secondo posto vi erano i Golden Retrievers (29 casi) ed al terzo i pastori tedeschi (11 casi). Il 96,1% dei
Grado zoppia pre-chirurgia Grado zoppia post-chirurgia