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Il pesce fossile donato al Papa Clemente XI

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Academic year: 2022

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IL PESCE FOSSILE DONATO A PAPA CLEMENTE XI Riccardo Manni

Dipartimento di Scienze della Terra, Università degli Studi di Roma “La Sapienza”, P.le A. Moro 5, I-00185 Roma, Italy

riccardo.manni@uniroma1.it

RIASSUNTO - Grazie ad una ricerca di tipo storico-archivistico, un pesce fossile, che fu citato nel catalogo del

“Museum Kircherianum” dal Bonanni nel 1709, è stato individuato tra il materiale privo di cartellino, conservato nel Museo di Paleontologia dell’Università di Roma “La Sapienza”. Tale reperto riveste una notevole importanza storica in quanto, ai primi del settecento, fu donato dalla famiglia dei baroni von Twickel a Papa Clemente XI.

PAROLE CHIAVE: Clemente XI, Museo Kircheriano, Museo di paleontologia di Roma, Istieus grandis.

ABSTRACT - A fossil fish, stored in the Palaeontological Museum of “La Sapienza” University of Rome and pertaining to the ancient “Museum Kircherianum”, has been after a long historical-archivistical research, as a gift received from Pope Clemente XI. Such a gift was given in the first years of 18thcentury by the family of the von Twickel baron.

KEY WORDS: Clemente XI, Kircher Museum, Rome Palaeontological Museum,Istieus grandis.

Geologica Romana41 (2008), 87-93

INTRODUZIONE

Il 19 luglio del 1943 gli Alleati bombardarono lo Sca- lo ferroviario di Roma San Lorenzo. Quattro squadre di bombardieri (Bomb Groups) decollarono, tra le sette e le otto del mattino, da quattro distinte basi in Algeria. Il pri- mo “Bomb Group” raggiunse Roma alle 11:08, l’ultimo alle 11:43. In totale 150 bombardieri scaricarono sullo scalo di San Lorenzo ben 1775 bombe. Gli ordini opera- tivi richiedevano “la massima precisione nel bombarda- re” e non dovevano “essere sganciate bombe se il punta- tore non si trova sulla traiettoria dell’obiettivo” (Maz- zanti, 2006). L’intento era di colpire solo bersagli milita- ri e salvaguardare così il Vaticano, monumenti, ospedali,

etc. Tuttavia il bombardamento non fu preciso, come è ben evidenziato dal rapporto stilato dal “97° Bomb Group”: “Bombs were not confined to target area but did not extend more than 500 yds to W. nor more than 300 yds to N. of that area. Target was generally enlarged”

(Mazzanti, 2006). Ed è proprio a causa dell’allargamen- to dell’area di bersaglio che alcune bombe colpirono la città Universitaria della Sapienza (Fig. 1). Una di queste centrò l’ala orientale dell’edificio che ospita il Museo di Paleontologia (Fabiani & Maxia, 1953). La sala est del Museo fu sventrata, gli arredi distrutti così come molti

Fig. 1 - I danni subiti dall’edificio ospitante il Museo.

- The damages suffer from the Geological palace. Fig. 2 - I danni subiti dal Museo di Paleontologia.a - The damages suffer from the Palaeontological Museum.

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fossili lì esposti e depositati (Fig. 2). Anche i saloni atti- gui, a causa dell’onda d’urto, subirono seri danni: i vetri degli armadi espositivi esplosero, diversi fossili furono danneggiati e sparpagliati e, soprattutto, numerosi cartel- lini descrittivi che accompagnavano i reperti furono bru- ciati. Subito fu intrapreso il difficilissimo lavoro di recu- pero e riordino di tutto il materiale danneggiato. Purtrop- po in molti casi il danno è stato irreversibile non essen- do stato più possibile collegare il fossile con il rispettivo cartellino. Tale lavoro, proprio perché richiede molto tempo, non è ancora terminato. È durante questa opera di recupero che è stato trovato, in un cassetto dedicato ai pesci non catalogati, un cartellino particolare scritto in corsivo su pergamena, con il testo in latino (Fig. 3). Lo stato di conservazione non è buono e le parole non sem- pre sono leggibili.

ANALISI DEL CARTELLINO

Nei musei paleontologici ciascun fossile è accompa- gnato da un cartellino in cui sono riportate tutte le infor- mazioni relative a quel reperto: nome identificativo del fossile (genere e specie), località di rinvenimento, età della roccia e, ma non necessariamente, altri dati come il numero degli esemplari presenti, i dati bibliografici, il nome del raccoglitore, etc.

Quindi quella pergamena, anche se scritta in latino,

poteva fornire utili dati per identificare il fossile accom- pagnante.

Descrizione

Si tratta di un cartellino di pergamena rettangolare di centimetri 8,6 per 15,6. Lo stato di conservazione non è buono. La polvere lo ha sporcato alterando la colorazio- ne naturale. Leggero è l’imbrunimento per acidità del- l’inchiostro. Vi sono buchi e crepe dovute alla secchezza della pergamena. Sono evidenti fori (pochi) e trasmigra- zioni recto-verso dovute all’acidità dell’inchiostro (Fig.

4). I danni maggiori tuttavia sono in corrispondenza di tre probabili piegature trasversali che ha subito la perga- mena: ciò ha determinato il deterioramento dello strato più superficiale della pergamena con conseguente perdi- ta dello scritto. Alcune parti del bordo forse sono state danneggiate da insetti lucifughi, come Lepisma saccha- rinaLinneo, 1758, comunemente noto come pesciolino d’argento.

Il testo

Il testo è stato scritto a mano, in latino e in corsivo.

L’inchiostro è alquanto sbiadito, da beige a marrone chiaro, raramente grigio. La maggior parte delle parole sono quasi illeggibili da una parte proprio per lo schiari- mento dell’inchiostro e dall’altra per la presenza di bu- chi o abrasioni della carta pergamena (Fig. 5).

Per cercare di recuperare la leggibilità delle parole, il cartellino è stato analizzato attentamente utilizzando lu- ce radente e un microscopio ottico, dotato di prisma. Da questa analisi è risultato che il testo è stato scritto proba- bilmente con un pennino. Infatti, là dove l’inchiostro è sbiadito, si nota un leggero solco creato, con ogni proba- bilità, dall’abrasione di una punta sulla carta pergamena.

Grazie a questo leggero solco siamo riusciti a decifrare così alcune lettere o intere parole. Altre volte invece, le lettere non sono visibili perché la pellicola più superfi- ciale della carta pergamena non è presente. In questo ca- so, fondamentale è stato l’intuito e la conoscenza del la-

Fig. 3 - Cartellino originale del Museo Kircheriano in pergamena (x 0,5).

- Original vellum paper label of the Kircher Museum (x 0,5).

Fig. 4 - Sul retro del cartellino sono ben evidenti i fenomeni di trasmi- grazione recto-verso.

- The back side of the label in which are well evident the infiltration recto-verso.

Fig. 5 - In questo ingrandimento sono ben evidenti i segni di degrado della pergamena e dell’inchiostro.

- In this enlargement is well evident the decay of the vellum paper and the ink.

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Geologica Romana41 (2008), 87-93 89

IL PESCE FOSSILE DONATO A PAPA CLEMENET XI

tino. Dopo un lungo lavoro di analisi siamo riusciti a ri- comporre integralmente il testo in latino (Fig. 6):

Lapis Cyprini piscis formam referens inventus in sub.

terranea saxifodina Montis Baumberg in proprietate Baronum de Twickel Diocesis Monasteriensis in Westpha.

lia anno 1706 sub felicissimo regimine Sanctisimi Do.

mini Nostri CLEMENTIS XI Pontificis Optimi Maximi cui similis magnitudine vis ullus umquam post hominum memoriam est visus quare uni et soli Orbis to.

tius Capiti et Monarchae tributarie debitus.~.~.~.~.

La cui traduzione è: “pietra che mostra la forma di un pesce ciprinide trovata negli scavi sotterranei dei Monti Baumberg, nella proprietà dei baroni Twickel, della dio- cesi Monasteriense in Westphalia, nell’anno 1706 sotto il felicissimo regno del nostro Santissimo Signore CLE- MENTE XI, ottimo Pontefice Massimo, alla cui gran- dezza nessun altra pietra, a memoria d’uomo, è stata vi- sta simile a questa; perciò un obbligo fiscale (è) dovuto all’unico e al solo Padrone e Monarca di tutto il mondo”.

Il senso del testo è ben chiaro: si tratta di un cartellino che accompagnava il fossile di un pesce rinvenuto nel 1706, in una cava nei Monti Baumberg, nella giurisdi- zione diocesiana di Münster (= Monasteriensis), in Ger- mania, di proprietà dei Baroni von Twickel, e che fu do- nato successivamente a Papa Clemente XI.

INDIVIDUAZIONE DEL REPERTO L’individuazione del pesce che doveva accompagnare il cartellino è stata problematica. Purtroppo non c’erano indizi precisi. I pesci fossili conservati in Museo e privi di cartellino per i problemi già esposti, sono numerosi e nessuno, ad una prima analisi, poteva essere abbinato al- la pergamena.

Il nostro punto di partenza è stata una semplice rifles- sione: al Papa si dona solo un oggetto bello. Quindi tut- ti i reperti piccoli, frammentati e brutti sono stati scarta- ti, riducendo notevolmente il numero di reperti da ana- lizzare. Tra i pezzi più belli e grandi la scelta cadde su di un esemplare (anch’esso privo di cartellino accompa- gnante) molto bello e scenico perché incluso entro una pietra calcarea rossastra. Il pesce forse era stato indivi- duato.

Tuttavia, continuando il riordino dei pesci è stato rin- venuto un ulteriore cartellino (Fig. 7) che ci ha permes-

so di individuare il reperto. Infatti nel cartellino in que- stione, riferibile al Museo di Geologia della Regia Uni- versità di Roma (a quel tempo non esistendo la cattedra di paleontologia, i fossili rientravano nelle “cose” geolo- giche) sono riportati i seguenti dati: Museo Kirch.; im- pronta di pesce; nelle arenarie cretacee di Baumberge (Westphalia). Considerando che frequentemente, all’e- poca, i cartellini del materiale in esposizione venivano in qualche modo rinnovati, copiandoli, si è ricongiunto questo secondo cartellino al primo. Quindi, ai dati noti si aggiungeva qualche dato nuovo: il tipo di fossile (im- pronta di pesce), la località di rinvenimento (Baumberg, nella regione tedesca della Westphalia), l’età (Cretaci- co), il tipo di roccia (arenaria) e la collezione originale d’appartenenza (Museo Kircheriano). Ciascun dato è stato quindi analizzato con attenzione:

- il dato “impronta di pesce” ci ha leggermente sviato.

La nostra ricerca è stata indirizzata alla individuazione di un’impronta vera e propria. La ricerca non ha portato però ad alcun risultato: nelle collezioni del Museo non vi sono impronte di pesce. A questo punto è stata conside- rata l’ipotesi di un uso “allargato” del termine impronta.

Pertanto è stata compiuta una nuova ricerca consideran- do anche i resti scheletrici.

- il dato “Baumberg (Westphalia)” ci ha permesso di localizzare il luogo di provenienza del reperto. Infatti Baumberg è il nome di una piccola catena di colline, ad una decina di chilometri da Münster, in Westphalia, no- ta per l’importante attività estrattiva da cave di calcare- niti e arenarie di età cretacica. Questo dato è stato di fon- damentale importanza per la nostra ricerca, perché ha permesso di eliminare un gran numero di reperti e di analizzare solo quei pochi pesci fossilizzati in arenaria o calcarenite presenti in Museo.

- il dato “Museo Kircheriano” indica che il reperto ap- parteneva al Museo Kircheriano, antico museo romano dei Gesuiti istituito nella seconda metà del seicento.

Con questi nuovi dati a disposizione, ci si rese subito conto che la roccia inglobante il pesce individuato (cal-

Fig. 6 - Il cartellino originale dopo un accurato restauro elettronico.

- The original label after an accurate electronic restoration.

Fig. 7 - Cartellino originale del Museo di Geologia della Regia Uni- versità di Roma (x 0,75).

- Original label of the Museum of Geology of the Royal University of Rome (x 0,75).

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care), non corrispondeva a quella indicata dal cartellino (arenaria). Pertanto si rese necessaria una nuova ricerca.

Tra tutto il materiale così selezionato, fu individuata una calcarenite (Fig. 8) caratterizzata tra le altre cose dall’a- vere i lati scalpellati. È questo un particolare importante in quanto la lavorazione a scalpello è una tecnica, oramai abbandonata, che era in uso una volta, quando non c’e- rano macchine di taglio e di lavorazione.

A questo punto era necessario classificare il nuovo in- diziato per avere la certezza che si trattasse di un pesce del Cretacico. Pertanto sono state inviate foto del pesce ad uno specialista (prof. Tintori) che classificò questo re- perto come Istieus grandis Agassiz 1833-44, un pesce fossile del Campaniano (e quindi del Cretacico) che si rinviene in Westphalia (Germania).

A questo punto i dati in nostro possesso (tipo della roccia, età del pesce, regione di rinvenimento, tipo di la- vorazione della roccia) ci hanno permesso di ritenere che l’esemplare individuato era proprio quello donato a Papa Clemente XI.

CONSIDERAZIONI

Questo reperto, per l’anno di rinvenimento (1706), può a buon ragione essere considerato il fossile più antico oggi conservato nel Museo di Paleontologia dell’Univer- sità di Roma “La Sapienza”. Quindi museologicamente parlando, è un recupero molto importante.

Tuttavia, per poter fare altre considerazioni significati- ve, è necessario sapere chi era Papa Clemente XI, i Ba- roni von Twickel e che cosa era il Museo Kircheriano.

Giovanni Francesco Albani l’8 dicembre 1700, all’età di 51 anni, venne eletto Papa col nome di Clemente XI.

Nacque ad Urbino il 23 luglio del 1649 da una nobile fa- miglia di origine albanese. Dopo aver svolto buona par- te degli studi a Roma, si laureò in Giurisprudenza ad Ur- bino 1668. Nel 1690 fu nominato Cardinale. Dopo circa vent’anni di papato, morì a Roma il 19 marzo del 1721

Durante il suo pontificato dovette gestire da una parte, con grande difficoltà, la crisi politica legata alla guerra di successione spagnola (1701-1714), a seguito della morte di Carlo II, e dall’altra, i ripetuti rischi di scisma a causa del giansenismo.

I Baroni von Twickel abitavano a Havixbeck, in West- falia, località non molto distante da Münster. Erano i proprietari dei monti Baumberg e probabilmente anche delle sue cave. Seguendo una tradizione comune a mol-

te famiglie nobiliari, avevano ottimi rapporti con il clero.

Infatti, tre figli del barone Christoph Bernhard von Twic- kel [Jobst Matthias (1681-1729), Johann Wilhelm (1682- 1757) e Ernst Friedrich (1683-1734)] erano stati ordina- ti sacerdoti.

Il Museo Kircheriano è uno dei primi Musei “scienti- fici” sorti in Europa. Fu Padre Athanasius Kircher (1602- 1680), della Compagnia di Gesù, persona molto dotta e poliedrica che spaziava con disinvoltura dalla medicina all’astronomia, a istituirlo nei locali del Collegio Roma- no (De Sepibus, 1678) nel 1651. La fama di questo Mu- seo crebbe in Europa a tal punto da diventare un vero centro d’attrazione: nessun erudito del tempo quando passava a Roma mancava di visitarlo e di incontrare l’a- bate Kircher. Dopo la morte di Kircher, il Museo cadde in abbandono, tuttavia sopravvisse fino al 1870, quando fu definitivamente smantellato dal governo italiano. In- fatti tra il 1874-75 tutte le collezioni appartenenti al Mu- seo Kircheriano furono smistate in diversi musei presen- ti a Roma: quella geo-paleontologica confluì nel Museo di Geologia della Regia Università di Roma. Infine, nel 1928, a seguito della costituzione del Museo di Paleon- tologia (in quell’anno fu infatti istituita la cattedra di Pa- leontologia), la collezione paleontologica fu annessa al neonato Museo paleontologico, ove è tuttora conservata (Manni, 2007).

A questo punto ci possiamo porre le seguenti doman- de: chi fu a regalare questo reperto al Papa e per quale motivo? Inoltre per quale motivo venne depositato nel Museo Kircheriano e perché oggi è conservato nel Mu- seo di Paleontologia dell’Università di Roma “La Sa- pienza”?

Considerazioni sulla donazione

Per rispondere alle prime due domande bisogna soffer- mare la nostra attenzione su Ernst Friedrich von Twickel.

Egli, proprio grazie a Papa Clemente XI, ebbe la preben- da al Duomo di Hildesheim (Keinemann,1967); in quel- lo stesso Duomo (16 luglio 1708) prestò giuramento e successivamente (17 dicembre 1708) entrò nel capitolo di quel duomo.

In questo contesto si può ipotizzare che probabilmen- te sia stato proprio Ernst Friedrich o al più suo padre, il barone Christoph Bernhard von Twickel, a donare il pe- sce in oggetto, forse per ringraziare il Pontefice del favo- re ricevuto.

Per quanto riguarda la terza domanda, è probabile che sia stato lo stesso Papa Clemente XI a regalare tale re- perto naturalistico al Museo Kircheriano. Questa ipotesi è anche suffragata dal fatto che il futuro Papa, a undici anni (nel 1660), fu iscritto al Collegio Romano, proprio dove era ubicato il Museo Kircheriano; sembra quindi verosimile che il Pontefice conoscesse molto bene que- sto museo e che probabilmente conoscesse anche l’aba- te Kircher.

Il reperto in questione è citato nel catalogo del “Mu- saeum Kircherianum”(Bonanni, 1709) a pag. 202: “Hu- jusmodi pisces plures recensentur in Musaeo non solum

Fig. 8 - Calcarenite con “impronta” di Istieus grandis (MPUR ve.

5008) (x 0,25).

- Calcarenite with “print” of Istieus grandis (MPUR ve. 5008) (x 0,25).

(5)

ex monte Libano allati, sed etiam ex Monte Vestaphaliae in ditione Baroneum Tuichel dicto Boumbergh ubi effo- diuntur.” (“... nel Museo sono recensiti diversi pesci non solo portati dal Libano, ma anche dal Monte Baumberg, in Westphalia, di proprietà del Barone Twickel, dove fu- rono scavati”). Di conseguenza il Museo Kircheriano de- ve esserne venuto in possesso probabilmente tra il 1706 (anno del rinvenimento) e il 1708 (anno in cui Ernst Frie- drich von Twickel entrò nel capitolo del Duomo di Hil- desheim) o nello stesso 1709 (anno di stampa del Cata- logo del Museo).

Il cartellino

Per quanto riguarda il cartellino in pergamena, si può ragionevolmente ipotizzare che sia con ogni probabilità il cartellino originale del Museo Kircheriano poiché lo scritto, pur magnificando e lodando la persona del Papa, tuttavia riporta dati che sono inusuali per un cartellino ac- compagnante un dono.

Inoltre è interessante constatare, da un punto di vista puramente museologico, la modernità di questo cartelli- no. Oltre a dati storici che oggi non sempre sono riporta- ti (in questo caso il nome del proprietario, la diocesi di appartenenza e il nome del Papa), su di esso sono ripor- tati di fatto tutte le informazioni necessarie per inquadra- re perfettamente il reperto: il tipo di fossile, il tipo litolo- gico e il luogo di rinvenimento. Sorprendente è anche il fatto che il pesce sia stato “classificato”, anche se in mo- do molto generico. Quindi dall’analisi del cartellino si può intuire che il Museo Kircheriano, almeno come era stato strutturato da padre Filippo Bonanni (curatore del museo dal 1698 e a cui si deve il riordino e il recupero di tutto il materiale che era rimasto dopo la morte di Kir- cher), erudiva il visitatore. Di conseguenza il concetto espositivo tipico delle “WunderKammern”, basato sul fatto che un oggetto doveva solo destare meraviglia, cam- bia: l’oggetto deve fornire anche un’informazione didat- tica educativa. È questo un passaggio fondamentale che si verifica in Europa durante tutto il settecento, probabil- mente a causa dello spirito illuministico che si stava ve- locemente diffondendo. Numerose collezioni di “meravi-

glie” si trasformano così in Musei. È in questo periodo che traggono origine quelli che oggi sono due tra i più importanti musei del mondo: British Museum di Londra e Muséum National d’Histoire Naturelle di Parigi.

Il reperto

Il pesce fossile in questione, è lungo circa 28 cm. Lo stato di conservazione non è ottimale. Mancano diverse ossa e alcune sono evidenti solo come impronta. Proba- bilmente per consolidare e/o incollare alla roccia le ossa presenti, il reperto è stato trattato con un qualche conso- lidante. Come detto il fossile in questione è stato classi- ficato come Istieus grandis Agassiz 1833-44, un pesce fossile del Campaniano che si rinviene in Westphalia (Germania).

Il genere Istieus è caratterizzato da altre due specie, una delle quali si rinviene proprio nei Monti Baumberg: I.

macrocephalusAgassiz 1833-44.

I. grandise I. macrocephalus si differenziano per il nu- mero di vertebre: la prima specie è caratterizzata da 87- 92 vertebre, la seconda da non più di 75 (Forey, 1973).

Altre differenze riguardano per esempio il numero dei raggi della pinna dorsale che purtroppo nel nostro esem- plare non è ben visibile. Tuttavia la presenza di oltre 85 vertebre, fa ritenere che questo esemplare sia I. grandis.

CONCLUSIONI

Dopo un lungo lavoro di ricerca durato alcuni anni, si può affermare che il recupero di questo reperto storico è andato a buon fine. Lavori di questo tipo sono molto im- portanti perché permettono il recupero di oggetti e/o da- ti spesso caduti nel dimenticatoio (Manni, 2007), eviden- ziando, tra le altre cose, che nei musei universitari spes- so sono conservati reperti preziosi non solo da un punto di vista scientifico, ma anche storico.

RINGRAZIAMENTI - Si ringraziano i proff. Tintori, per la classificazione del reperto e Nicosia, per i consigli e le discus- sioni avute durante il lavoro di individuazione del reperto.

IL PESCE FOSSILE DONATO A PAPA CLEMENET XI Geologica Romana41 (2008), 87-93 91

Bonanni F. (1709) - Musaeum kircherianum, sive Musaeum a P. Athanasio Kirchero in collegio romano Societatis Jesu iam pridem incoeptum, nuper restitu- tum, auctum, descriptum et iconibus illustratum a P.

Philippo Bonanni. G. Plachi, Rome.

De Sepibus G. (1678) - Romani Collegii Societatis Jesu Musaeum Celeberrimum. Amstelodami, ex officina Janssonio-Waesbergiana, 1678.

Fabiani R. & Maxia C. (1953) - L’istituto e i Musei di geologia e paleontologia. Università degli Studi di Roma, Istituto di Geologia e Paleontologia, n.9, 3-51.

Forey P.L. (1973) - A revision of the elopiform fishes, fos- sil and recent. Bulletin of the British Museum (N.H.),

Geology, suppl. 10, 1-222.

Keinemann F. (1967) - Das Domkapitel zu Münster im 18. Jahrhundert, Geschichtliche Arbeiten zur westfäli- schen Landesforschung: 247.

Manni R. (2007) - L’alce d’Irlanda dell’ex Museo Kircheriano. Geologica Romana, 40, 21-24.

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Accettato per la stampa: Ottobre 2008 RIFERIMENTI BIBLIOGRAFICI

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