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Contratti bancari e preconcordato - Judicium

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Academic year: 2022

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VALERIO TAVORMINA

Contratti bancari e preconcordato*

1.- Premessa su preconcordato e nuove disposizioni sui contratti in corso di esecuzione

L’introduzione del preconcordato, ossia della possibilità per l’imprenditore commerciale di bloccare ogni esecuzione in suo danno e di vanificare le ipoteche giudiziali iscritte nei 90 giorni precedenti (nuovo art. 168 l.f.) con un semplice ricorso (e pubblicazione nel registro delle imprese: art. 168.1) al Tribunale (corredato degli ultimi tre bilanci: nuovo art. 161.6), nel quale si preannunci soltanto l’intenzione di liberarsi dei debiti pagando qualcosa ai creditori che non riescano a coalizzarsi con- tro per almeno il 50% (nuovo art. 178.4), non presenta nulla di peculiare per i rapporti contrattuali (bancari o meno) pendenti, se non la maggiore incertezza (comune a tutte le posizioni creditorie) sugli sbocchi della procedura, data la (pressocché) generalizzata estensione al concordato della pos- sibilità di scioglimento dei contratti in corso di esecuzione (nuovo art. 169bis).

Voglio dire cioè che non importa se si tratta di preconcordato o di concordato: in entrambi i casi oc- correrà tener conto della nuova disciplina dei contratti pendenti. Il preconcordato rileva solo come possibilità di anticipare ancora di più (visto che basta di meno per aprirlo) la paralisi dei creditori e di trascinare perciò ancora di più (per un tempo addirittura indefinito, se non si oppone almeno il 50% dei creditori) l’attività dell’imprenditore insolvente. Il che è poi l’obiettivo prefissosi da quest’ultimo intervento di dirigismo economico, frutto, come tutti gli altri che lo hanno preceduto, della frode governativa che sfrutta la credulità delle masse secondo cui il mantenimento ad ogni co- sto (preferibilmente altrui) di un’attività produttiva è comunque un vantaggio, quando invece sottrae mezzi finanziari ad altre attività che producono a prezzi inferiori (Mises, 659 s.).

Ora, il nuovo art. 169bis consente al debitore, previa autorizzazione ed eventualmente previa auto- rizzata sospensione per 60 giorni prorogabili fino ad un massimo di 120, di sciogliersi dai contratti in corso di esecuzione (salve eccezioni che qui non rilevano: comma 4), contro indennizzo pari al risarcimento da inadempimento in moneta concordataria (ferme restando eventuali clausole com- promissorie).

La modifica pare confermare l’ininfluenza, tradizionalmente ritenuta, dell’ammissione a concordato sui rapporti giuridici preesistenti (Maffei Alberti, sub art. 167, IX) al cui adempimento, appunto, il debitore può sottrarsi solo nei limiti e con gli effetti previsti dalla nuova disposizione (non si appli- cano cioè gli artt. 72 ss. l.f.). Reciprocamente, fuori di dette ipotesi, la controparte dovrebbe conser- vare la posizione pregressa e dunque, nei contratti in corso di esecuzione, dovrebbe conservare i re- lativi diritti ed obblighi (salva la falcidia concordataria dei crediti già sorti) e tutti i connessi poteri a cominciare da quelli volti a salvaguardare il sinallagma contrattuale (risoluzione del contratto, ecce- zioni di inadempimento ecc.).

Né credo possa indurre a diversa conclusione un argumentum a contrariis che volesse desumersi dall’espressa statuizione della non risoluzione dei contratti in corso “per effetto dell’apertura della procedura” per i soli concordati con continuità aziendale (nuovo art. 186bis.3), volta chiaramente a ribadire il vincolo del contraente in bonis (attraverso la previsione di inefficacia di “eventuali patti contrari”) piuttosto che a sancire svincolo per ogni diversa ipotesi (oltretutto in contrasto con la commisurazione dell’indennità di scioglimento al danno che ne consegue al contraente in bonis, sia pure da soddisfarsi in moneta concordataria).

Come già statuito da Cass. civ., Sez. Unite, 22/05/1996, n. 47151 in un caso di amministrazione controllata, “di fronte alla legittima sospensione degli adempimenti da parte dell'impresa… in rela-

*(relazione al convegno su Crisi d’impresa e primi orientamenti dopo il Decreto Sviluppo – Milano, 29-30.11.2012)

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zione alle erogazioni pregresse, compete al somministrante il diritto di sospendere la continuazione delle erogazioni che dall'unità del contratto di durata deriverebbero, con l'attuazione delle forme di autotutela previste dagli artt. 1565 C.C., che non sono incompatibili con la disciplina dell'art. 168 L.F. (richiamata dall'art. 188), limitata alla preclusione dell'azione esecutiva, non già delle azioni volte all'accertamento della situazione vantata ed alla tutela extraconcorsuale della stessa”.

La limitazione della falcidia concordataria ai crediti pecuniari o da tradursi in denaro, già scaturiti dal contratto in corso di esecuzione al momento della presentazione del ricorso o della sua pubbli- cazione nel registro delle imprese (ci si è dimenticati come al solito di completare l’interpolazione apportata agli artt. 168.1 e 184.1)2, non impedisce perciò l’accoglimento di ogni altra domanda, come ad esempio quella di esecuzione in forma specifica ex art. 2932 c.c. proposta dal promissario acquirente ante ricorso che abbia già integralmente pagato il prezzo sempre prima del ricorso3 (sal- va l’improvvida estensione dell’art. 45 al concordato, osserva giustamente Fabiani, 16), per quanto invece permanga inefficace rispetto ai creditori lo spontaneo adempimento della stessa obbligazione di trasferimento senza la preventiva autorizzazione del giudice delegato ex (immutato) art. 1674; né impedisce reciprocamente al debitore concordatario di agire lui in esecuzione specifica del prelimi- nare stipulato ante ricorso, pur non avendo ancora pagato il prezzo che, in caso di accoglimento del- la domanda, resterà soggetto alla falcidia5: s’intende, però, per quanto non risulti se la questione fosse stata sollevata nell’ambito del giudizio che condusse alla decisione citata in nota, che, per il permanere di tutti i poteri inclusi nel rapporto contrattuale, la domanda di esecuzione in forma spe- cifica potrebbe essere rigettata in funzione di un’eccezione o di una riconvenzionale d’inadempimento, indipendentemente dal fatto che questo inadempimento sia preesistente al ricorso oppure dipendente dall’inopponibilità agli altri creditori, che ora scaturisce automaticamente dal ricorso (prima, invece, dal decreto di ammissione alla procedura), del soddisfacimento di ogni cre- dito anteriore in misura e tempi diversi da quelli indicati nel piano.

In effetti, la giurisprudenza ha parlato sempre e solo di perdurante possibilità di tutela del contraente in bonis contro l’inadempimento, senza distinguere fra le due ipotesi6 e senza distinguere neppure, come taluno ha sostenuto si dovrebbe (Patti, 265 s.), tra contratti ad esecuzione istantanea e ad ese- cuzione continuata o periodica, perché anche nei secondi il sinallagma funzionale non si pone e- sclusivamente fra prestazioni con eguale periodicità, come dimostrano ad esempio gli artt. 1564- 1565 in tema di somministrazione.

Ed inoltre la giurisprudenza ha sempre ammesso (anche prima che, per i concordati con continuità aziendale, lo regolasse il nuovo art. 182quinquies.4) che l’impedimento al soddisfacimento integrale dei crediti anteriori possa essere rimosso dall’autorizzazione del giudice delegato ex art. 167.2 pro- prio in funzione “d[e]ll'esigenza di superare l'autotutela del somministrante fondata sul disposto de-

1 In Fallimento, 1997, 30, con nota di NAPOLEONI.

2 Così, evocando la citata decisione delle Sezioni Unite, Cass. civ., Sez. I, 30/01/1997, n. 968, in Fallimento, 1997, 995 e Cass. civ., Sez. I, 18/05/2005, n. 10429.

3 Cass. civ., Sez. I, 01/03/2002, n. 3022, in Fallimento, 2002, 734, con nota di FABIANI. Contra ad esempio Trib. Fi- renze, 14/01/1998, in Gius, 1988, 1762.

4 Cass. civ., Sez. I, 18/02/1999, n. 1357, in Fallimento, 1999, 1018, in base alla considerazione che “in rapporto a cia- scuno degli atti indicati nella citata norma - la cui astratta pericolosità per la massa è insita nella previsione normativa - deve essere valutata l'attitudine ad alterare la situazione patrimoniale oggetto della proposta di concordato, attraverso una valutazione preventiva del giudice delegato, espressa nella concessione o nella negazione della predetta autorizza- zione”.

5 Cass. civ., Sez. I, 10/08/2007, n. 17637, in Fallimento, 2007, 1483.

6 Cfr. la già citata Cass. civ., Sez. Unite, n. 4715/1996, preceduta da Cass. civ., Sez. II, 05/11/1990, n. 10620, in Giust.

Civ., 1991, I, 895, con nota di LO CASCIO e seguita da Cass. civ., Sez. I, 27/08/1997, n. 8076, in Fallimento, 1998, 784.

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gli artt. 1460 e 1565 c.c.”7. Pertanto, il rispetto di detto impedimento, tuttora sussistente (Maffei Al- berti, sub art. 167, VII), viene qualificato come inadempimento, con una soluzione che credo si debba condividere, perché comunque l’obbligo del debitore concordatario di astenersi dal pagamen- to dei crediti anteriori, se non nella misura e nei tempi previsti dalla procedura, non concreta per de- finizione “l’impossibilità… non imputabile” necessaria per escludere l’inadempimento del debitore ex art. 1218 c.c.

D’altra parte, come già accennato, lo scioglimento dai (o la sospensione dei) rapporti in corso di e- secuzione è solo una possibilità concessa (previa autorizzazione) al debitore e quindi non può inci- dere sul suo inadempimento che fosse già prima intervenuto, se non altro con la presentazione del ricorso,8 e quindi su tutti i poteri che ne derivano alla controparte (salvo quello di farsi pagare i cre- diti pecuniari anteriori). A differenza cioè di quanto dispone l’art. 72 per la dichiarazione di falli- mento ed alla stessa stregua invece di quanto esplicitamente dispone l’art. 50.2 d.lgs. n. 270/1999, il solo deposito del ricorso per concordato, mentre può comportare di per sé inadempimento, non comporta mai sospensione degli effetti dei contratti in corso di esecuzione cui possa ricollegarsi una retroazione dello scioglimento che fosse successivamente autorizzato (sulle relative questioni nel fallimento Maffei Alberti, sub art. 72, IV).

Altra opzione interpretativa avrebbe voluto che una dichiarazione del debitore, da inserire nell’atto introduttivo della procedura, di non voler proseguire certi contratti determinasse inadempimento an- tecedente e quindi risarcimento in misura concordataria; e l’ autore la individua “alla radice del nuovo diritto positivo” (Fabiani, 17). Correlativamente però la controparte dovrebbe essere esonera- ta da ogni (ulteriore) adempimento.

Sono peraltro perplesso sulla correttezza della prospettazione, la quale in sostanza assegna alla parte inadempiente, in difetto di ogni disposizione che la autorizzi, il potere di privare di rilevanza giuri- dica la perpetuazione dell’inadempimento dopo la presentazione della domanda di concordato.

2.- Possibilità di proseguire i contratti di anticipi fatture o diritto della banca di negare l’anticipo di nuova carta commerciale

Credo sia piuttosto raro che le banche si vincolino ad erogare, sia pure entro un certo tetto, anticipi su fatture che presentino determinate caratteristiche, anziché riservarsi più o meno insindacabilmen- te di accettarle o meno e quindi di erogare o no. In quest’ultimo caso ci si troverebbe di fronte ad un contratto normativo che “non attribuisc[e] all'affidato un diritto soggettivo alla disponibilità o alla ricostituibilità della provvista, secondo il dettato degli artt. 1842 e 1843 c.c., ma soltanto una mera aspettativa, soggetta alla valutazione discrezionale della banca di accettare volta per volta il manda- to all'incasso, che potrebbe rifiutare senza essere ritenuta inadempiente, a differenza di quanto av- viene nell'apertura di credito ordinaria, che vede l'istituto in una posizione di soggezione, e, quindi, privo della possibilità di sottrarsi al diritto potestativo del cliente di richiedere la disponibilità e la ricostituzione della provvista”9.

Nel primo caso, cioè di assunzione di un vincolo della banca ad erogare, ci si trova invece certa- mente di fronte ad un contratto ad esecuzione periodica che, a seconda della soluzione preferita tra quelle cui si è accennato nel precedente § 1, deve continuare ad essere eseguito da entrambe le parti

7 Così la già citata Cass. civ., Sez. I, n. 8076/1997.

8 Così come la facoltà di scioglimento prevista dall’art. 50.1 d.lgs. n. 270/1999 non può incidere sulla scadenza del ter- mine per il riscatto dei beni concessi in leasing, già intervenuta dopo l’apertura dell’amministrazione straordinaria (Cass. civ., Sez. I, 23/02/2012, n. 2762).

9 Trib. Cassino, 25/02/2010, che cita testualmente Trib. Milano n. 5490/2008 ed attribuisce le stesse conseguenze ad un’eventuale qualifica del contratto come preliminare, che però comporterebbe almeno conseguenze risarcitorie per la banca (arg. ex art. 1822 c.c.).

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in ogni caso oppure soltanto se non sia ripudiato dal debitore nel ricorso introduttivo. Entro i limiti dell’affidamento, la banca non potrà allora negare l’anticipo di nuova carta commerciale, sempreché ovviamente questa risponda alle caratteristiche pattuite e salvi i poteri riconosciutile a salvaguardia del sinallagma contrattuale.

Tra questi poteri si possono trascurare, ai fini del caso in esame, quelli scaturenti da inadempimento del debitore che potrebbe aver determinato saturazione della linea di credito e quindi di per sé inesi- stenza di un obbligo della banca di erogare ulteriore credito. Se però nel contratto è previsto che, a scadenza della fattura, l’anticipazione debba comunque essere rimborsata, allora può essersi verifi- cato inadempimento anche nell’improbabile caso in cui il debitore presenti domanda di (pre)concordato senza avere saturato la linea di credito e la banca potrà rifiutare anche in tal caso l’anticipo di altre fatture ex art. 1460 e risolvere il contratto per inadempimento in uno qualsiasi dei modi previsti dalla legge o dal contratto.

Altro potere della banca che può venire in rilievo a salvaguardia del sinallagma funzionale è quello di subordinare l’anticipo di nuova carta commerciale alla prestazione di aggiuntive, idonee garanzie qualora il sopravvenuto peggioramento delle condizioni economiche della controparte (o la soprav- venuta conoscenza di tale peggioramento, secondo la giurisprudenza10 non condivisa da Sacco, 667 s. per il suo evidente discostarsi dalla lettera della legge) metta a serio rischio la restituzione di quanto si dovrebbe erogare (artt. 1461 e 1822 c.c.)11; con la precisazione (condivisa dalla giurispru- denza già menzionata) che comunque non la mancata prestazione di garanzie aggiuntive (che la legge prevede solo come onere per il contraente che desideri ottenere nuove prestazioni), ma soltan- to l’inadempimento delle obbligazioni già sorte può giustificare la risoluzione del contratto.

Naturalmente, per valutare la “notevole difficoltà della restituzione” ex art. 1822 c.c. si dovrà tenere conto delle vecchie e nuove disposizioni in tema di prededuzione (artt. 182quater e 182quinquies), con soluzioni che potranno variare da caso a caso.

3.- Possibilità della banca di trattenere pagamenti ricevuti da terzi a “copertura” indebita- mento

E’ chiaro che il problema non si pone per pagamenti effettuati da garanti ed obbligati in via di re- gresso (art. 184.1) oppure da terzi debitori ceduti o di crediti costituiti in pegno anche nelle forme semplificate (e con gli effetti) previsti dal d.lgs. n. 170/2004 sulle garanzie finanziarie, perché si tratta di atti in nessun modo incisi dalla presentazione del ricorso per concordato.

Per quanto concerne invece il mandato, eventualmente irrevocabile, all’incasso di crediti ed a for- tiori altre forme meno invasive di collateralizzazione del credito bancario (“canalizzazioni” di fattu- re e simili), si tratta di strumenti che, a differenza dei primi, non autorizzano il soddisfacimento del- la banca in via diretta (fino a concorrenza dei suoi crediti), ma in via indiretta ponendo le basi di una compensazione dei conseguenti debiti restitutori con quelli “garantiti”.

Il problema qui è rappresentato dal fatto che i creditori anteriori alla pubblicazione del ricorso nel registro delle imprese non possono essere soddisfatti che nei modi previsti dalla procedura (artt. 168 e 184), con applicazione dallo stesso giorno, fra l’altro, dell’art. 56 dettato in tema di fallimento, a sua volta in quell’ambito interpretato come richiedente la coanteriorità dei crediti contrapposti, o, per meglio dire, del loro “fatto genetico”, alla dichiarazione di fallimento. E la soluzione giurispru- denziale continua ad oscillare tra una sorta di derogabilità preventiva degli artt. 56 e 168 per effetto di pattuizioni di compensazione accedenti ai rapporti in questione, la cui ratio viene ravvisata nella

10 Cass. civ., Sez. II, 22/01/1999, n. 602; Cass. civ., Sez. III, 21/03/1983, n. 1990.

11 Del resto, lo stesso art. 73.1 l.f. ammette il venditore con riserva di proprietà a chiedere cauzione nel caso in cui il cu- ratore dell’acquirente subentri nel contratto, assumendo con ciò stesso l’obbligo di soddisfare in prededuzione il prezzo.

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loro prosecuzione in corso di concordato per il quale non opera la cristallizzazione dei crediti pro- pria del fallimento12; ed invece una rigorosa applicazione dello stesso art. 56 che, ravvisato il fatto genetico dell’obbligazione restitutoria della banca nell’avvenuto pagamento ad opera del terzo e quindi la sua posteriorità alla decorrenza degli effetti della procedura di concordato, nega la com- pensazione ed impone perciò alla banca la restituzione dei pagamenti ricevuti dai terzi13.

Ora, a me pare che la prima soluzione provi troppo perché dovrebbe negare quanto in generale si riconosce (cfr. supra, § 1) circa la compatibilità tra la prosecuzione di un qualsiasi rapporto e l’assoggettamento alle regole del concorso dei crediti già sorti nell’ambito di quello stesso rapporto.

La portata della seconda soluzione, invece, potrebbe essere messa in discussione se si considera che, per esempio, in caso di mandato all’incasso, non è vero che il “fatto genetico” del debito di re- stituzione della banca si esaurisce nel pagamento ricevuto dal terzo, ma certamente include detto mandato: infatti, ove il mandato fosse mancato, l’obbligo restitutorio della banca sarebbe stato su- bordinato ad altri presupposti oltre al semplice avvenuto incasso (quanto meno alla buona fede del solvens ex art. 1189); e dovrebbe essere sufficiente a fondare la coanteriorità del debito della banca il fatto che anche solo un frammento del fatto genetico (il rilascio del mandato all’incasso) si sia ve- rificato prima della pubblicazione del ricorso per (pre)concordato nel registro delle imprese.

Per percorrere comunque la prima soluzione, la giurisprudenza ha richiesto prova rigorosa del patto di compensazione, affermando che lo stesso non può desumersi “né dalle mere modalità tecniche seguite dalla banca per contabilizzare le relative operazioni, come nel caso di utilizzo di uno specia- le conto di servizio per gli anticipi, intestato alla società poi fallita, e sul quale far confluire poi an- che il bonifico dell'Amministrazione finanziaria destinato al cliente, che costituisce mera evidenza contabile interna alla banca circa i limiti dell'affidamento, né dal conferimento di un mero mandato per la riscossione”14; anche se la più recente decisione in materia ha poi valutato come incensurabile in fatto l’affermazione della corte del merito che il patto di compensazione può desumersi dalla stessa clausola “salvo buon fine”, in quanto espressiva della condizione (l’incasso) al verificarsi del- la quale il debitore è sgravato dell’obbligo di restituzione di quanto anticipatogli e perciò presuppo- nente un patto di compensazione15.

4.- Contratti di leasing: sorte e possibilità di scioglimento in caso di utilizzo del bene

Anche del leasing in corso di esecuzione l’utilizzatore-debitore concordatario può chiedere all’ufficio giudiziario la sospensione o direttamente l’autorizzazione allo scioglimento a norma del nuovo art. 169bis, con le limitazioni cui in generale si è accennato nel precedente § 1.

I quesiti specifici che si pongono qui investono due temi: anzitutto quello concernente le conse- guenze dell’esistenza di canoni impagati e poi quello degli effetti dell’eventuale scioglimento.

In ordine al primo tema, vale ancora quanto si è osservato in termini generali sulla salvaguardia del sinallagma contrattuale: poiché c’è inadempimento, nonostante non vi sia mezzo per ottenere coat- tivamente il pagamento dei canoni scaduti anteriormente all’avvio della procedura (art. 168.1), sarà lecita la pretesa del concedente di sospendere l’esecuzione del contratto riprendendo possesso del bene anche al fine d’impedirne al debitore l’ulteriore utilizzo o, più verosimilmente, per effetto di una risoluzione determinata avvalendosi di apposita clausola contrattuale o da chiedersi al giudice, in entrambi i casi con effetto preclusivo di un (tardivo) adempimento del debitore (art. 1453.3 c.c.).

12 Così da ultimo Cass. civ., Sez. I, 01/09/2011, n. 17999, in Fallimento, 2012, 739, che richiama Cass. civ., Sez. I, 07/03/1998, n. 2539, in Foro it., 1998, I, 1865 e Cass. civ., Sez. I, 23/03/2001, n. 4205.

13 Così invece Cass. civ., Sez. I, 07/05/2009, n. 10548, in Fallimento, 2010, 117; Trib. Roma, Sez. X, 21/04/2010, in Fallimento, 2010, 1300, con nota di CEDERLE.

14 Così Cass. civ., Sez. I, 15/04/2011, n. 8752, in Giust. civ., 2012, I, 778.

15 Cfr. la già citata Cass. civ., Sez. I, n. 17999/2011, al punto 2.1 della motivazione.

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In una situazione del genere non c’è spazio per una richiesta di sospensione o di scioglimento da parte del debitore, perché la retroattività del meccanismo risolutorio a partire dalle prestazioni ine- seguite ex uno latere (art. 1458.1) impedirebbe che quella richiesta possa esplicare effetto. E ciò an- che se la medesima fosse avanzata in funzione di una, magari contestuale, richiesta di autorizzazio- ne a pagare i canoni scaduti ex art. 182quinquies.4 perché opererebbero comunque le regole genera- li sull’inadempimento.

Il caso sarebbe ovviamente diverso se non ci fossero canoni anteriori scaduti oppure se fossero di ammontare inferiore alla soglia necessaria per determinare la risoluzione del contratto ovvero se la loro rilevanza fosse stata elisa da un atteggiamento di tolleranza del creditore. In questi casi possono certamente operare sospensione e scioglimento: ma con quali effetti? E veniamo allora al secondo tema.

Evidentemente non c’è piena equiparazione degli effetti dello scioglimento dal leasing nel fallimen- to e nel concordato dell’utilizzatore: l’art. 72quater, commi 2 e 3, prevede più o meno espressamen- te, oltre alla ritenzione di quanto riscosso prima dal concedente (con esenzione da revocatoria ex art. 67.3a), la restituzione a lui del bene e la destinazione del ricavato al soddisfacimento del credito residuo per il solo capitale16, con eccedenza alla procedura (comma 2), nonché (comma 3) il diritto del concedente ad insinuarsi al passivo “per la differenza tra il credito vantato alla data del fallimen- to e quanto ricavato dalla nuova allocazione del bene” (checché significhino i termini indefiniti di questa espressione: in proposito vedi tutto e il contrario di tutto in Maffei Alberti, sub art. 72quater, IV).

L’art. 169bis.2 prevede invece, per tutti i contratti da cui il debitore concordatario si sciolga, il dirit- to del contraente in bonis ad un indennizzo (da soddisfare “come credito anteriore al concordato”) equivalente al risarcimento del danno conseguente al mancato adempimento. E non solo: mentre non si può dubitare che il bene, di proprietà del concedente, debba essergli restituito, la mancata re- troazione dello scioglimento ad un momento anteriore a quello dell’autorizzata sospensione implica l’obbligo di pagamento immediato ed integrale dei canoni maturati dopo la produzione degli effetti del ricorso per (pre)concordato.

I profili di compatibilità della più dettagliata disciplina dettata per il fallimento con quella prevista per il concordato (entro i quali si potrebbe in ipotesi pensare ad un’applicazione analogica della prima al secondo caso) si riducono con ciò all’obbligo di utilizzazione del bene a riduzione dell’esposizione del concedente (che non può qui intendersi limitata al capitale, stante la specifica menzione nell’art. 169bis.2 del risarcimento del danno), nonché di versamento dell’improbabile17 surplus al debitore. E la soluzione affermativa per entrambi i punti sembra potersi dedurre, prima ancora che da una stessa ratio di minimizzazione della disparità di trattamento tra creditori, dall’unitaria configurazione del leasing delineata dall’art. 72quater.

Da questa nuova disposizione, che ora si contrappone al già preesistente (e sostanzialmente immuta- to) art. 73 in tema di vendita con riserva di proprietà, il leasing riemerge quale finanziamento18 (come già avrebbe dovuto essere indiscutibile: Tavormina, 535) con proprietà del cespite in funzio- ne di garanzia (funzione nel frattempo testualmente introdotta nel nostro ordinamento dalla norma- tiva di origine europea sui contratti di garanzia finanziaria: art. 6 d.lgs. n. 170/2004), che supera la dicotomia di origine giurisprudenziale fra leasing di godimento e leasing traslativo, differenziando quest’ultimo dalla vendita con riserva di proprietà (art. 73) (Maffei Alberti, sub art. 72quater, II).

16 Maturando dal fallimento in poi, secondo un’implausibile lettura restrittiva per la quale cfr. Trib. Milano, 24/04/2012, in www.ilcaso.it.

17 Naturalmente il grado di improbabilità si riduce quanto più elevato è il prezzo di riscatto.

18 Si ricordi fra l’altro che la veste di concedente può essere assunta ex art. 106 T.U.B. solo da società iscritte nell’albo degli intermediari finanziari.

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Detta dicotomia era stata elaborata per controbilanciare la disciplina contrattuale diffusa oltre un ventennio fa che, permettendo al concedente, in caso di inadempimento dell’utilizzatore, di rientrare in possesso del bene e di addebitare alla controparte, oltre ai canoni scaduti e non pagati, anche ca- pitale e interessi a scadere, gli consentiva, in caso di rilevante valore residuo del bene, di ottenere dalla patologia del contratto un’utilità maggiore che dal suo fisiologico proseguimento, con sbilan- ciamento del sinallagma contrattuale. Proprio il valore residuo del bene al momento del termine na- turale del contratto di leasing ha permesso alla giurisprudenza di distinguere tra sua funzione di go- dimento nel caso in cui la sua vita tecnologica corrisponda alla durata stessa del contratto, con esi- guità di valore economico a scadenza, e funzione di trasferimento della proprietà del bene nel caso in cui al termine del contratto il bene conservi un valore economico residuo di rilevante entità. La giurisprudenza di legittimità, ancorando la distinzione tra le due fattispecie all’individuazione della volontà contrattuale delle parti all’uno o all’altro scopo, ripristinò l’equilibrio perduto del sinallag- ma contrattuale applicando in via analogica l’art. 1526 c.c. al c.d. leasing traslativo e lasciando in- vece operare l’art. 1458 per il leasing di godimento.

Attualmente vengono invece adottate clausole contrattuali che prevedono in caso di risoluzione che il ricavato della vendita del bene stesso venga computato a decurtazione delle somme ancora dovute dall’utilizzatore, eliminando disequilibri tra le parti.

Si spiega quindi come mai qualche giudice di merito19 abbia applicato analogicamente l’art.

72quater ai contratti risolti ante fallimento evidenziando la necessità di coerenza sistematica: in ca- so contrario il fallimento, consentendo al concedente di trattenere i canoni percepiti – magari di va- lore superiore all’equo compenso – gli permetterebbe di ricevere maggior tutela in caso di sciogli- mento del contratto che in caso di risoluzione dello stesso. Ed anche se in questo secondo caso non si potrebbe né limitare l’imputazione del valore di collocazione del bene al solo capitale residuo (come si desume malamente dai commi 2 e 3 per il caso di fallimento), né escludere tutti i canoni impagati anche a scadere20, oltre al maggior danno eventuale, la tendenza non può che essere con- divisa.

Purtroppo bisognerà aspettare non poco per acquisire un affidabile orientamento della Cassazione, che reitera nel frattempo i suoi precedenti enunciati su accadimenti anteriori al 200621, visto che nemmeno ai tecnici che attualmente ci reggono è ancora venuto in mente di dotarci di più decenti strumenti per gettare un po’ di luce sul cammino (nella specie) degli imprenditori (dalla saisine pour avis francese, alle súmulas brasiliane).

5.- Possibilità e limiti alla prosecuzione dei contratti di factoring

Valgono per il factoring le stesse considerazioni di cui ai precedenti §§ 2 e 3, con la particolarità che viene qui in gioco come evento normale anche la vendita o il mandato (in rem propriam) all’incasso (dato che a queste due figure la giurisprudenza riconduce la maggior parte dei casi esa- minati) di crediti futuri. E ciò crea l’ulteriore problema dell’opponibilità della cessione o del man- dato all’incasso di questi crediti agli altri creditori concorsuali, sia per eventuali anticipazioni del loro prezzo effettuate dal factor prima dell’apertura della procedura, sia quale corollario della loro vendita sempre anteriore, ove il pagamento del prezzo (detratte le commissioni) sia differito alla lo- ro maturazione in ipotesi successiva a quella data.

19 Vedi tra le altre Trib. Udine, 02/02/2012, contraddetta però dallo stesso Trib. Udine 17/08/2012, che continua ad ap- plicare la nota distinzione tra leasing di godimento e leasing traslativo: tutte le decisioni sono reperibili in www.unijuris.it.

20 Ed infatti la citata Trib. Udine, 02/02/2012 aggiunge anche tali importi, compreso il corrispettivo per l’opzione di ac- quisto finale (il che pare eccessivo).

21 Cass. civ., sez. V, 09/11/2011, n. 23324.

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Una parte della giurisprudenza di legittimità, premesso che, sulla scia dell’art. 1472 c.c., il trasferi- mento del credito al cessionario non può comunque operare prima del suo insorgere, ne deduce che il fallimento del cedente rende inopponibile la cessione del credito non ancora sorto alla massa, no- nostante l’anteriorità di detta cessione22 (e, con risultato equivalente, col fallimento dovrebbe venir meno – salvo subentro del curatore – il mandato, benché irrevocabile, all’incasso ex art. 78.3, sic- ché il creditore-mandatario anteriore non può più incassare; ma Maffei Alberti, sub art. 78, IV, se- gnala l’opposto orientamento della giurisprudenza in relazione al mandato in rem propriam). Altre decisioni invece, ritenuto che l’art. 2914, n. 2 c.c. non esige ai fini dell’opponibilità della cessione al creditore pignorante ed a quelli intervenuti (e dunque anche al fallimento) che il credito sia già ve- nuto ad esistenza, l’ammettono anche per i crediti che sorgano dopo la dichiarazione di fallimento, purché almeno una parte del loro fatto costitutivo si sia verificato prima (escludendola solo per i crediti “eventuali”)23.

Tuttavia la legge speciale n. 52/1991 prevede che le banche e gli altri intermediari finanziari abilita- ti possano rendersi cessionari di crediti d’impresa anche “eventuali”, nel senso che potranno sorgere da contratti ancora da stipulare entro un termine massimo di 24 mesi purché sia indicato il nome del debitore ceduto (art. 3); che possano opporre al fallimento la cessione se ne abbiano pagato il corri- spettivo con atto di data certa (ovviamente anteriore al fallimento) – art. 5.1; aggiunge che “è fatta salva per il cessionario la facoltà di rendere la cessione opponibile ai terzi nei modi previsti dal co- dice civile” (art. 5.2).

Pare evidente che tali disposizioni siano applicabili a fortiori al concordato preventivo e dunque non dovrebbe esservi dubbio sul fatto che resti opponibile anche la cessione di detti crediti in caso di antecedente pagamento del corrispettivo. Può esser dubbio soltanto se ciò valga pure nel caso in cui il pagamento del corrispettivo sia posteriore all’apertura della procedura, ad esempio perché convenuto a scadenza fatture, dato che l’art. 5 prevede il solo caso del pagamento anteriore e che la salvezza dei modi ordinari di opponibilità della cessione (comma 2) non introduce diversa previsio- ne in proposito (danno per scontata la soluzione negativa se non c’è stato pagamento anteriore Al- pa-Zatti, sub art. 5 cit.)24.

In ogni caso, gli altri creditori concordatari non possono essere equiparati agli aventi causa o pigno- ranti (in via collettiva, nel fallimento) e quindi, ammessa la validità della cessione di crediti futuri ex art. 3 legge n. 52/1991 ed ipotizzatane la data certa, non può comunque esservi dubbio sulla sua perdurante idoneità (con o senza pagamento anteriore) a segregare i crediti in oggetto dal restante patrimonio del debitore concordatario.

Se invece il factor si rende solo mandatario (in rem propriam) all’incasso di detti crediti futuri su cui effettua anticipazioni subito o si impegna ad effettuarle a maturazione, allora prima del proble- ma dell’opponibilità della pattuizione agli altri creditori concordatari, si pone quello della determi- nabilità dell’oggetto del factoring e del mandato che ne costituisce parte integrante. Tuttavia, se non si sollevano dubbi sulla validità del contratto nel suo insieme (essendone a tal fine irrilevante la qualifica come preliminare o definitivo), quanto meno in applicazione analogica dell’art. 3 della legge n. 52/1991, non possono sollevarsene nemmeno sul mandato che ne costituisce parte integran-

22 Cass. civ., Sez. I, 31/08/2005, n. 17590, in Fallimento, 2006, 538, con nota di TRENTINI; Cass. civ., Sez. III, 17/01/2012, n. 551.

23 Cass. civ., Sez. I, 21/12/2005, n. 28300, in Contratti, 2006, 765; conf. Cass. civ. Sez. I, 14/04/2010, n. 8961.

24 Cass. civ., Sez. I, n. 8961/2010, cit., invece, per un credito futuro ricorre alla certezza della data del pagamento solo come “ulteriore argomentazione” per dimostrarne l’opponibilità della cessione al fallimento.

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te. Tanto più che la previsione codicistica del mandato generale (art. 1708.2 c.c.) orienta verso una nozione assai lata di determinabilità dell’oggetto del mandato (Luminoso, 405)25.

Per l’opponibilità, invece, non c’è che da rinviare a quanto si diceva nel precedente § 3, fatto sem- pre salvo ovviamente il potere di sospensione e scioglimento ex art. 169bis, il cui esercizio non po- trà tuttavia incidere sull’incasso dei crediti (anche se non ancora sorti nel momento da cui prende effetto lo scioglimento) a fronte dei quali siano già state erogate (prima o dopo l’apertura della pro- cedura) anticipazioni, ma soltanto sull’incasso degli altri.

6.- Trattamento degli interessi sui contratti bancari “pendenti” alla data del preconcordato Come ho già detto, la pubblicazione del ricorso per (pre)concordato nel registro delle imprese (così corretta, se si ritiene, la perdurante menzione nell’art. 169 della “presentazione della domanda”) rende applicabili gli artt. 55 ss. ai crediti anteriori, scaduti o meno (art. 55.2), che possono ben sca- turire anche da contratti ancora in corso di esecuzione (supra, § 1).

A detti crediti, quindi, così come a tutti quelli scaturenti da contratti in cui non sono previste ulterio- ri prestazioni da parte della banca (a partire dai mutui già erogati), si applicano le menzionate di- sposizioni, con gli adattamenti imposti dalla diversa articolazione delle due procedure (inesistenza nel concordato del deposito di un progetto di riparto ex art. 54.3, richiamato dall’art. 55.1; possibili- tà di inclusione in classe separata dei crediti infruttiferi; ecc.: cfr. Maffei Alberti, sub art. 169, II).

Ovviamente, il fatto che il corso degli interessi sui crediti chirografari sia “sospe[so]… agli effetti del concorso” (art. 55.1), che per il pagamento in sede concordataria debba essere detratto dai credi- ti infruttiferi l’interesse composto del 5% annuo (art. 57) ecc., non vuol dire che degli importi corri- spondenti non debba tenersi conto in sede di valutazione della legittimità dell’uso degli strumenti di salvaguardia del sinallagma contrattuale di cui si diceva nei precedenti §§ 1 e 2, giacché questi non soggiacciono – come si è visto – alle regole del concorso che disciplinano solo i crediti.

Bibliografia

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von Mises, Ludwig (1996[1949]), Human Action4, Fox & Wilkes

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Tavormina, Valerio (1990), Il leasing, la Cassazione e il gambero, in Banca, borsa, tit. credito, I

25 In tema di assicurazione per conto di chi spetta, Cass. civ., Sez. III, 02/03/2006, n. 4656 ammette mandato all’incasso da parte dell’assicurato di qualsiasi credito futuro ed eventuale (sia pure, in quel caso, evidentemente scaturente dal sin- golo contratto di assicurazione).

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