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VALENTINO NOTARI. La storia di Sweet Pea

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Academic year: 2022

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VALENTINO NOTARI

La storia

di Sweet Pea

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VALENTINO NOTARI

COSPLAY GIRL ORIGINS

La storia di Sweet Pea

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2

1

#Uroboro

Mi accuccio tra gli scaffali di legno, le dita che scorrono uno dopo l’altro le decine di spillati dalla carta ormai consunta. Una lama di luce fende la penombra attraverso la trama di un cesto di fumetti semivuoto, creando una coreografia di particelle di polvere davanti ai miei occhi. Inspiro il profumo della carta plastificata e delle action figures: l’odore del mio rifugio incantato, lontano dalle preoccupazioni della vita reale.

«Fede, Fede!»

Sporgo il collo oltre la bassa libreria al centro, dove Barto sventola verso di me uno spesso volume brossurato con un vecchio Wolverine impegnato a proteggere Kitty Pryde tratteggiato sulla copertina.

«È quello che penso?»

«Giorni di un futuro passato, edizione speciale!»

«No, non ci credo!» strilla Lollo, voltandosi a guardarci. È vicino alla vetrina in un angolo, ricolma di gadget di anime e manga. «Finalmente, cazzo!»

Il nostro vociare eccitato riecheggia nella torrida immobilità della fumetteria deserta.

«Costa un botto» commenta mestamente Barto, aggiustandosi gli occhiali con un colpo del medio, mentre studia il profilo della cover con occhio clinico. «E ha il bordo rovinato, guarda.»

Lollo si rovista nella tasca dei pantaloncini di jeans, dove tintinna una manciata di monetine.

Barto sfoglia qualche pagina, pensieroso. «Forse non ne vale la pena.»

Roteo gli occhi, infastidita, e gli strappo l’albo dalle mani.

«Dà qua.»

«No, dai, Fede!»

Ma sono già diretta a passo marziale verso la cassa, dove una ragazza riccioluta mi sorride. «Solo questo?»

Tiro fuori il borsellino dallo zaino. «È uscita la ristampa del terzo numero dei Teen Titans?»

Mi risponde con un pigro: «Uh-uh».

Sbircio lo scomparto delle banconote, occupato da un solitario pezzo da venti euro. Oh, be’. «Posso pagare con il bancomat?»

Barto mi compare al fianco, tirandomi per il gomito. «Sul serio Fede, lascia stare.»

«Non rompere le palle» lo rimbecco, allungando i soldi alla commessa.

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Un istante dopo, usciamo tutti e tre nella calura soffocante dell’estate milanese. Dietro di noi, l’insegna gialla della Borsa del Fumetto riflette i raggi implacabili, che distorcono le linee di palazzi e marciapiedi sul fondo della via, come quando si fissa un miraggio o si guarda attraverso lo scudo deflettore di un’astronave.

Ci incamminiamo verso i giardini di Porta Venezia. Mi attacco al palo di un lampione con il braccio e saltello oltre una cassetta della frutta abbandonata a fianco di un tombino, lo zaino che mi ballonzola sulla schiena, alleggerito dal peso dei libri di scuola, abbandonati sulla mia disordinata scrivania a svariati isolati di distanza.

Lego insieme due lembi della T-shirt e lascio che il sole mi accarezzi la pancia scoperta, appena segnata dall’orlo degli shorts.

Libertà, cazzo!

Sorrido ai miei amici, che mi seguono con le teste chine sulle prime pagine di Giorni di un futuro passato, così assorbiti che potrebbero andare a sbattere da un momento all’altro contro una delle bici parcheggiate lungo la via. E infatti immancabilmente il bacino ossuto di Lollo cozza contro un manubrio, strappandogli un paio di imprecazioni. Mi piego in due dalle risate, poi inizio a correre per schivare l’inevitabile tentativo di calcione nel sedere. Ci inseguiamo fin dentro ai cancelli del parco, dove ci appoggiamo ansanti e sudati a una fontanella, facendo a turno a cacciare la testa sotto l’acqua gelata.

Siamo un po’ tipo Dave, Todd e Marty in Kick-Ass, o come Scott Pilgrim e i Sex Bob-omb: inseparabili, abbastanza sfigati, ma pronti a sfidare il mondo intero gli uni per gli altri.

Fino al momento in cui, come da copione, non arriva la Ramona Flowers di turno a sconvolgere gli equilibri ormonali del trio di nerd. La quale ha ovviamente il superpotere di arrivare nel momento perfetto per mettere in imbarazzo il protagonista.

«Ragazzi!»

Basta il suono della sua voce a far rizzare la peluria sulle mie braccia. Ci viene incontro con il braccio alzato, una busta nell’altra mano e un sorriso sulle labbra sottili che non promette niente di buono.

«Sapevo di trovarvi qui.»

Non dimenticherò mai il giorno in cui è entrata per la prima volta dalla porta della nostra classe, lo scorso aprile. È stata una scena degna di un teen drama americano, mancava solo la musica con camminata al rallenty.

«Oggi abbiamo una nuova alunna, ragazzi» ha esordito la Stilli, la nostra prof di latino, scorrendo il registro con la penna.

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«Cercate di farla sentire a suo agio, si è appena trasferita da Pesaro. Vieni, Jessica?»

Una mano pallida ha afferrato lo stipite, due larghi anelli argentati a fasciarle l’indice e il medio. Unghie corte ma curate, protette da uno strato di lucido smalto nero. Jess ha varcato la soglia a testa alta, i capelli biondi rasati a zero sul lato sinistro del cranio e lasciati ricadere in un lungo ciuffo dall’altra parte, gli occhi chiari allungati dall’eyeliner e il corpo esile esaltato dai jeans attillati e da un top scuro con il simbolo dell’uroboro, un pentacolo inscritto al centro di un serpente che si morde la coda, stampato in rosso sul petto.

È stato come trovarsi davanti la versione liceale di Natalie Dormer in Hunger Games.

Dietro di me, ho sentito Lollo e Barto ridacchiare.

Jess è venuta a sedersi proprio al banco di fianco al mio, seguita da una scia di profumo alla vaniglia. Tirando fuori l’astuccio, mi ha rivolto un breve sorriso, arricciando appena il naso adornato da un sottile piercing sulla narice destra.

«Secondo te le piace Fullmetal Alchemist?» ha mormorato Lollo alle mie spalle, passandosi una mano tra i riccioli.

Ho fatto in tempo a ribattere: «Ma figuriamoci!» prima che la Stilli mi riprendesse con il suo classico tono severo da: è- tempo-di-imparare-un’inutile-lingua-morta.

E invece, non solo è venuto fuori che in effetti l’uroboro sulla maglietta di Jess era dovuto alla sua passione per gli anime, ma che addirittura trascorre il tempo libero a travestirsi dai suoi personaggi preferiti!

Già, la nostra nuova compagna di classe è una cosplayer.

Mi ritrovo per un meraviglioso istante tra le sue braccia, prima che proceda oltre per riservare lo stesso trattamento a Barto e Lollo, i quali ricambiano con le guance arrossate. Li prenderei per il culo, se non avessi avuto esattamente la stessa reazione. Il che non mi impedisce comunque di guardarli storto, giusto per ricordare loro che Jess è off-limits e farebbero bene a stare attenti a dove mettono quelle manacce.

«Ho una proposta per voi.»

«Una proposta sconcia?» scherza Barto, guadagnandosi un pestone dalla sottoscritta.

Jess se la ridacchia e potrei giurare di aver visto i suoi occhi dardeggiare verso di me prima di rispondere: «Forse, chissà!».

Ecco, ci risiamo. Ogni volta che penso di lasciarla perdere, lei se ne esce con queste battute superambigue e tutti i dubbi che mi assillano da mesi tornano prepotentemente a galla. Da quando è arrivata non l’ho mai vista uscire con nessuno, ma...

Fanculo, perché la gente non parla chiaro? Dovremmo girare con delle belle etichette con scritto: G-A-Y sul petto, tipo

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cartellino da supermercato o da reception di un albergo. Certo, potrebbe essere un problema per la privacy, ma porca vacca cosa dovrei fare per sapere se alla mia crush piacciono le ragazze?

Sì, lo so che potrei chiederglielo!

Cazzo. Mi sono sempre considerata piuttosto intraprendente, come può confermare Samantha del campo estivo di simulazione

ONU. Ma con Jess è diverso, lei non è una tipa a caso che alla fine dell’estate non rivedrò mai più. Non posso rischiare di rovinare la nostra amicizia.

La osservo mentre agita il grosso sacchetto sotto i nostri nasi e riesco a scorgere il logo stampato in verde sulla plastica:

TESSUTI E SCAMPOLI.

«Venite con me al RiminiComix il prossimo weekend?»

Lo dice così, con quel mezzo ghigno e la sua busta piena di stoffe, il ciuffo laterale mosso da un’improvvisa folata che agita le fronde degli alberi, più simile al getto caldo di un asciugacapelli che a una brezza estiva.

«Aspetta, intendi in cosplay?» domanda Lollo, dando voce ai dubbi di tutti e tre.

«Ho già pensato a tutto!» esclama Jess, mostrandoci una pezza di tessuto nero accuratamente ripiegato. «Faremo i Teen Titans, è una vita che voglio portare Raven. Tu sarai Beast Boy, Barto può fare Robin e, Fede, la tua abbronzatura sarebbe perfetta per Starfire!»

Forse è il modo in cui sottolinea l’aggettivo perfetta, o magari la veloce carezza delle sue dita sulla spalla. Immagini meravigliose mi si avvicendano nella mente: noi quattro che camminiamo sul lungomare al tramonto, le parrucche agitate da una tiepida brezza, Jess che mi prende la mano mentre Lollo e Barto si danno di gomito alle nostre spalle...

«Sarebbe forte» concedo, abbassando gli occhi. «Ma anche ammesso che i miei mi lascino venire, del che sinceramente dubito, mancano cosa, cinque giorni?»

Il ghigno da saputella che le si dipinge in faccia mi fa contorcere l’intestino. «Per questo porteremo le versioni delle illustrazioni di Gabriel Picolo! Sono praticamente vestiti normali, a parte qualche dettaglio da aggiungere. E dai!»

È da quando la conosciamo che cerca di trascinarci a fare cosplay. L’abbiamo accompagnata al Festival del Fumetto di Novegro il mese scorso, lei vestita da Nana Osaki con tanto di chitarra e noi in “abiti civili”. Non che non mi piacerebbe provare, ma parliamoci chiaro: chi li sente i miei, se comincio anche a vestirmi da cartone animato? A malapena tollerano la mia ossessione per il gaming e la mia collezione di fumetti in continua espansione, ci mancherebbe solo questa.

Anche se...

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«Potresti fare come la sera della festa di WOW

Lollo deglutisce, poi fa: «Sarebbe un’idea».

«Non funzionerà mai» li smonto io.

Jess mi fissa imbronciata. «Perché, scusa? Non ti hanno mica sgamata.»

«Perché si trattava di una serata qui a Milano, non di scappare per un weekend intero a Rimini.»

Era stato parecchio snervante: con la scusa di un progetto di gruppo per biologia, avevo raccontato ai miei che mi sarei fermata da Barto fino a dopo cena, mentre in realtà eravamo montati in metropolitana per raggiungere il locale dove si teneva il party di lancio della nuova espansione di World of Warcraft.

Avevamo studiato alla perfezione cosa dire e avevamo passato l’intera serata sufficientemente vicini a una delle uscite, per poter correre fuori in tempo nel caso avessero telefonato.

Per fortuna, i miei non hanno chissà che rapporto con i genitori dei miei amici e quella sera erano impegnati in una serata di gala al consolato venezuelano. Ma sperare di mantenere intatto un castello di carte del genere per un intero fine settimana è ben altra cosa.

«E poi» aggiungo mestamente, «non mi sento a mio agio a mentire.»

Jess sbuffa, alzando le spalle.

Lollo annuisce. «Ti capisco.»

Lo guardo. «Ma se i tuoi ti lasciano fare tutto!»

«Sì, fin quando non parliamo di cosa studiare all’università.»

«Aspetta, stai dicendo che finalmente gli hai detto della Scuola del Fumetto?» esclamo. Sono mesi che sta cercando il momento giusto per confessare ai suoi che vorrebbe iscriversi lì dopo la maturità.

«Più o meno.»

«Che vuol dire più o meno?»

«L’altro giorno stavo per dirglielo» ribatte lui, piccato. «Ma poi papà si è messo a blaterare di come i giovani di oggi non conoscano il valore del lavoro e roba del genere. Insomma, non mi sembrava il caso.»

Stavolta è il mio turno di dire: «Ti capisco».

«Quindi non c’è nessuna possibilità?» insiste Jess. «Per Rimini, intendo.»

Scuoto il capo, a malincuore. «Posso provare a chiedere, ma la vedo black. Voi andate pure, però, se volete» aggiungo, rivolta ai ragazzi.

«Senza di te non ha senso» sottolinea Barto, dandosi il classico colpetto agli occhiali perché non gli scendano sulla

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punta del naso. «Se dobbiamo fare questa pagliacciata, dobbiamo farla insieme.»

Jess lo fulmina con gli occhi. «Guarda che è divertente.»

«Oh sì, divertentissimo! Quando sei una gnocca da paura, forse.»

«Piantala. Saresti un Robin fantastico.»

«Sarei un Robin che si è mangiato Batman» ribatte lui, stringendosi la pancia.

«Cretino.»

«Credimi, tu non vuoi vedermi in tutino di lycra.»

«Nella versione di Picolo, Robin ha una giacchetta di quelle da liceo americano e ti starebbe benissimo. Aiutami, Fede!»

«No, no, no, non mettetemi in mezzo!»

Chiacchierando e punzecchiandoci, passiamo dal chiosco dei gelati e ci svacchiamo all’ombra dell’immensa sequoia vicino al planetario con quattro maxi granite sgocciolanti. Lollo fa un sacco di rumore mentre risucchia ghiaccio e sciroppo dalla cannuccia, e io lascio svariare lo sguardo tra i cespugli al di là del vialetto di ghiaia, cercando di non pensare a quanto il mio ginocchio sia vicino quello di Jess, lasciato scoperto dalla minigonna di ecopelle.

Barto si gratta la nuca. «E comunque resterebbe il problema dei soldi.»

«Per quelli possiamo fare una colletta!» esclama lei, sistemando la granita in bilico su una radice. «Dai, almeno provate a chiedere! Che male può fare?»

«D’accordo» mi arrendo con un sorriso tirato, «ma non sperarci troppo. Quando provai a convincerli a mandarmi alla festa di WOW, i miei mi fecero una mezza scenata. Per questo alla fine ci siamo andati di nascosto.»

«A proposito, state scaricando la patch?» chiede, il bicchiere adagiato in grembo.

«Per chi mi hai presa?» ribatto, dandole una lieve spallata.

«Ho avviato il download prima di uscire.»

Barto si sporge per guardarci da oltre la testa di Lollo.

«Siete due cazzo di nerd.»

«Ha parlato quello che ieri ha fatto le tre di notte a sistemarsi l’equip!»

«Oh, un mago deve farsi trovare pronto!»

Lollo tira su un altro sorso di granita e, con gli angoli della bocca insozzati di verde da qualsiasi cosa mettano in quell’intruglio per farlo sembrare menta, ci fa: «Stasera proviamo i nuovi dungeon?».

«Ovvio! Perché, che altro hai da fare?» lo rimbecco.

«Io niente, sei tu quella che se ne sta chiusa sui compiti delle vacanze a metà luglio!»

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«Lascia stare, va’.»

Jess mi guarda di traverso, le labbra che indugiano per un attimo sulla cannuccia. «Che poi, i tuoi non dovevano partire?»

«Boh, pare che non partano più.»

«Cazzo.»

«Stanno aspettando la chiamata di non so che console di qualche isola dei Caraibi. Una roba così.»

«Sarà meglio per loro che stasera ti lascino giocare in pace, oppure è la volta che vengo sotto casa tua e pianto il bordello.»

«Addirittura!» esclamo, incapace di nascondere un sorriso.

Jess mi cinge le spalle con un braccio. «Nessuno può lasciarmi senza curatrice al primo giorno di patch!»

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