DELL’ OSPIZIO
APOSTOLICO
E DEI
NUOVI LAVORI ED ABBELLIMENTI
IVIULTIMAMENTEFATTI ESEGUIREDASUA ECC. REV.
MONSIG.
ANTONIO TOSTI
PRESIDENTE DEL PIOLEOGO
ED ORA CARDINALE
AMPLISSIMO DI S. R. C.E PRO-TESORIERE
m
sr*s*
E SUA R. C. A.
ROMA
TIPOGRAFIA SALVIUCCI 1830
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2016
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AL CHIARISS* E NOBIL UOMO
SIG.
COMMENDATORE LUIGI BIONDI
MARCH.DI BADINO
PRESIDENTEDELLA PONTIF. ACCAD. ROMANA
DI ARCHEOLOGIA
JN^on comandato da niuno, nè per
avi- dità diverun
lucro,ma per
seguireun
im- pulsodell’animo mio,
più volte sorpreso ecommosso
allacontemplazione
del venerabile Ospizio di s.Michele
, io posimano
( già è alcuntempo
trascorso ) a vergarqueste
carte,che rammentano brevemente
la storia dellafondazione
di tale instituto, e la pietà de’Pontefici.Nè senza
esser tassato d’ingiu-sto, io avrei quindi potuto tacere i migliora-
menti
ordinativi dalla sapienza e carità del- l’illustreReggitore
delPio Luogo
(da
tutti lodata a cielo emeritamente
): della cui ap- plauditissima opera,che ha per
titolo.,ha
ori-gine e i progressi dell’Ospizio Apostolico di
s.
Michele,
iomi
sonoprecipuamente
aju- tato nellacomposizione
di questotenue mio
lavoro.
Amico
poi,come
so eli’ Ella è, a tutteprove
della beneficenza,non che
caldis-simo promotore
della gloria di questa caris-sima
patria nostra, ionon doveva
starmolto
indubbio ed
in consulta di intitolarlo a lei.Solo trattenevano alcun
poco
il timore di comparirleun impronto
e temerariouomo,
offerendole a sua insaputaun dono
,die non
poteva promettermi
fosse per essere accetto e scusato,come
quelloche
partivada
chi èsenza
grido dinome. Ben
è vero,che
lapubblica voce
efama
dellasomma
cortesia egrandezza
dell’animo
suo,mi
rassicuravada
così fatto timore,ma non
dimeno non
cessava diparermi, com’è, non
picciolo l’ar- dire mio.In
ognimodo ammiratore
delle mol- tissime sue virtù io sono e saròsempre
Di Roma
il 15Maggio
del 1839.Dev. Umiliss. Servo
FrancescoGasparoni Architetto.
i\llorchè ne’primi fedeli lo spirito di cristia-
na carità
moveva
spontaneo l’animo loro all’eser- cizio di sì bella virtù, gli ospedali per gl’infer-mi
e projetti, gli ospizj per gli orfani ed invali- di, e tante altre case di ricovero furono inutili.Ma quando
lasomma
de’privati soccorsi, piùnon
aggiungeva ai bisogni de’ poverelli di Cristo,fu al- lora che le paterne sollecitudini de’sommi
pon-tefici si fecero in
mezzo
ad attutare (pietosime-
dici) con ogui maniera di conforti la miseria di que’ loro figliuoli , che languivano in afflizione di mali.
Ond’
è che le istorie ne accennano, tra gli altri,un
s.Simmaco
papa, che, nel 498, aveva già costrutto ed apertoun
asilo nel luogo stesso ove oggi sorge l’archiospédale di santo spirito in Sassia. Il quale di poi(
come
di tutte le cosemondane
suole accadere) venutomeno
apoco a poco, fra le vicende di que’tempi vorticosi, fu riedificato da Innocenzo III nel 1198, per acco- gliervi gl’infermi e gli esposti, e quindi,come ognun può
sapere, ricostruitoa quella forma, che anche di presente ammirasi, per cura solerte del2
pontefice Sisto
IV
nel 1471, con discrete archi- tetture di Baccio Pintelli,primo
restauratore di quest’arte e scienzaseverainRoma.
Di maniera che si fa manifesto incontrastabilmente, che la eterna Città, sì in questacome
in ogni altraope- ra generosa, presentò all’incuba
e barbaraEu-
ropa i primi modelli degl'istituti di pubblica carità, in virtù di quella morale evangelica, che innalzando gli egri figliuolid’Adamo
alla dignità loro rese sacra la sventura.Ma
già il secolo de-cimo
sestonon
era lontano, e la divina imper- scrutabil Provvidenza infiammava il cuore diuno
dei più animosi pontefici, vo’dire del gran Si- stoV,
e pocoprima
diun
GiovatiLeonardo
Ceruso (chiamato da s. Camillo de Lellis il pre- dicatore mutolo,ma
conosciutocomunemente
col
sopranome
di letterato) per piantare gli ele-menti di un’opera di carità trascendente esenza esempiofra le civili nazioni, che è l’Ospizio
Apo-
stolico di s. Michele: quegli facendo innalzare con la direzionedi
Domenico Fontana
(architetto taluna voltaminuto,
se non pure strano nella gravità delle masse) una casa di ricovero vicin ponte Sisto, peraccomodarvi appartatamente la se- nile indigenza diamendue
i sessi: questi racco- gliendo fanciulli abbandonati e marciti nell’ozio per ministrar loro colpane
e il lavoro, salutariammaestramenti
di religione, e la patria ralle- grare di utili cittadini. Imitava a’tempi d’Inno- cenzoX
la benemerita opera del Letteratoun
monsignor Tommaso
Odescalchi, efondava in sul-3® 3 ©5s-
canto di s. Michele a ripa, incoraggiato dal Car- dinal Benedetto Odescalchi suo zio, che fu poi papa Innocenzo
XI
,una
fabbrica ove educarealla pietà, e alle arti
meccaniche
i suoibene
amati alunni, che indi vimenava
nel 1686.La
qual fabbrica (che è quella che circoscrive ilcosì detto cortile o palestra in quadro de’ giovinetti,
e di cuine è ignoto l’architettore) fornita,
com’è
delle officine necessarie all’uso, di
un
oratorio, degli ufficj amministrativi, dell’abitazion de’mae-
stri, de’dormitorj ed altre molte e tutte libere comodità,
ben
ricorda all’erudito visitatore chela interroghi, quanto innanzi, e piùperfetti,fos- sero appo di noi conceputi i
moderni
conserva- torj delle arti emestieri, chenelle contrade fuoi’i d’Italia oggidì levan sì alto il grido. In questo mezzo, era chiamato al governodella navicella di Pietro, ilmassimo
benefattore del modesto ospi- zio dell’Odescalchi, il
duodecimo
Innocenzo, e prontamenteimmaginava,
nel concetto de’suoi santi pensieri, il sublime disegno diformarneun
ospizio generale per quattro distinte comunità o famiglie,di fanciulli cioèedi vecchiardi, sì maschi
come
femmine.Con
che il sapiente pontefice, vo- leva prevenire persempre
la causa della mise-ria, dell’ozio, e del
mal
costume, che sono pur troppo origine e fonte di tante incontinenze e sceleraggini privatee pubbliche. Perciò stessode- cretavane l’erezione con sua magnifica bolla, de- stinando infrattanto il Laterano palagio (altra opera diDomenico Fontana
) per le fanciulle.
4
@s=>Riuniva all’edificio Odescalchi i putti del Ceru-
so. Perpetuava il generale stabilimento colla do- tazione di molte fabbriche fruttifere, e preci-
puamente
col palagio Ludovisi,cominciato suidi- segni del fervido Bernino, e poscia aggrandito e riformato per suocomandamento
a quella superba curia che da lui si appella innocenziana, sulle idee di Carlo Fontana,primo
tra i discepoli di quell’artefice veramente straordinario.Ma
quan- do, questosommo
gerarca della cristianarepub- blica, si preparava all’edificazione del vastissimo fabbricato, che riunire doveva sottoun
sol tetto le quattro famiglie di sopramemorate,
egli ce- deva al destinocomune,
e quella carità che in terra fecelo ministro di cotanto bene, ancellapremurosa
e fedele arrecava ne’cieli il beato suo spirito a ricevere il guiderdone colassii serbatoa’ giusti.
A
lui però succedevaimmediate
l’un-decimo
Clemente,non men
sollecito zelatore de’miseri e delpulito viver civile. In fatto e’ripren- deva senza indugj, e quasi direi faceva suo, con eguale sapienza ed amore, la grand’opera
imma-
ginata dall’ antecessore di lui, ordinando all’ar- chitetto Carlo Fontana, poc’ anzi nominato, di murare, nel lato occidentaledell’edificio Odescal- chi,un ben
inteso carcere correzionale pe’ giova- netti delinquenti di minore età, affinchècome
ibuoni nell’aderente ospiziovenivano educati alla virtù e alle arti, ivi peropposto correggessersi i
rei con severi sì,
ma
paterniammonimenti. Che
se ciò è
un modo
di educazioneutilissimo, e de-s
&&
gno della x’omana civiltà, dico che è pure
una
bellissima gloria italiana,un
grazioso nostro con- forto, il sapere chefummo
poi imitati anche in questa sorta difilantropici stabilimenti dall’Ame-
rica, dalla Svizzera, e dall’Inghilterra, le cui ce- lebri prigioni di penitenza, in sostanza,
non
sonoaltro,fuorché
una
copia in grandedelcorrezionaledementino,
dove appai- chiaro aprima
giunta,ilmassimo
dei vantaggi del sì decantatosistema pa- nottico diBentham. E
nel verole sessantaquattro stanzette di cui s’informa, dispostecome
sono a tre zone ne’lati maggiori diun’ampia
ed elevata sala rettangolare, raggiante in croce di lumi vi- vissimi,non
chefornita, a capo di detti latimag-
giori, dì quattro chiocciole, che intromettono
ad
otto ballatoi di comunicazione
ad
ogni uscio e finestrella delle cellette, elle si presentanoma-
ravigliosamente tutte ad
un
tratto all’occhio di chi tener deve in soggezione gl’incarcerati.Ma
posciachè
non
istampiamo le migliaja di gazzette ciarliere nel sesto delle coltri, enon
facciamo caso del nostro frumento,come
cosa fra noida
gx-an
tempo
usuale e comuxie, que’ d’oltx-emonti e d’ oltremari
levano i gx-andi schiamazzi, e vimetton non
solosopra il loro,ma
se ne spaccianben
anco per tx-ovatox-i, dimenticandosi che sehanno
frumento, se l’ebber dall’Italia e massi-me
daRoma.
Nella qualeseguitandoClemente XI
a mettex-e iix effetto il
magnanimo
coxxcepimento di papa Innocenzo, prolungava(
dopo
la costru- zione del correzionale)l’edificioOdescalchi verso6
oriente di uti gran corpodi fabbrica quadrilungo e sfogato di
un
cavedio circondato didue
ordini di loggie ad archi con mezzadi inframmessi, inun
certo cotal fare, proprio di quel tempo, che noidiremmo
di riquadri o compartimenti di fa- sce, sui disegni dello stesso Carlo Fontana, cheal carattere conveniente della sua
mole,
seppe unirvi,ben
collocate, tutte le comodità richieste all’uso dei veechiarelli di Sisto, che il Pontefice voleva ordinarvi, siccome fece.E
soprattutto poi in fondo di quel cortile arcuato, è pregevole la chiesa ideata dalFontana
con gran senno a croce greca,traperchèèlaforma miglioreperlechiese,e perchè dovevadipiù murarla perservigiodi quat- trocomunità, destinandoaciascuna diesseun
tron- co della croce, e collocando il maggior altarenel belmezzo
dell’augusto tempio, sacro alss. Salva- tore, alla VerginMadre
, all’Arcangiolo Micheleed
al taumaturgo d’ Assisi;ma come
poi rima- nessemozza
delsuo capo, ossia a foggia diT, non
ci è
ben
noto. Certo èd’altronde, che la erezione di cotalidue
appendici di fabbrica alla pia casa dell’Odescalchi(
quantunque
per le vastità loro dispendiose e di lunga e penosa esecuzione)non
isgomentarono punto l’animodel beneficentissimo Clemente, che anzi, qualeansioso pellegrino, che più studia il passo allorché vede torreggiare da lungi il miraeoi dell'arte in Faticano, egli vie più incuoravasi di compiresuoivoti,onde
lasciare alladilettasuaRoma,
quell’insigne istituto dipon-tificale carità
, a noi trasmesso col venerabile no-
7
me
di Ospizio Apostolico di s. Michele. Laonde, parallelamente al correzionale suaccennato, fa- ceva seguitare altra ragguardevole prosecuzionedi edificio, ne’ cui pianisuperiori stabiliva la pri-
ma
scuola degli arazzi, e lostudiodellebelle arti,saviamente avvisandosi che senza l’ajulo di esse, le arti meccaniche sono
sempre una
cosa assai povera e rozza, che è quanto dire fuor d’ogni gentilezza sociale.E
se eglinon
veniva poco di poi amancare,
è da credere risolutamente, che avrebbe solo il vanto di avere per intero dato corpo al generosopensamento
di Innocenzo.Con
cui fatto cittadino di paradiso, la fabbricazione del generale ospizio si rallentò per l’intervallo di
due benché
brevissimi pontificati.Ma
rimesse le sante chiavi nellemani
diun
novello Clemente, che fu ilduodecimo
di questonome,
si vid’ellanon
guari dopo, tornare in vigore di vita.Impe-
rocché chiamato egli a sé l’architettoFerdinando Fuga
di grannome
a’que’ giorni nell’arte(comec- ché rottoad
ogni fantasticaggine Borrominesca)
commettevagli di chiudere l’ampio edifìcio dalla
banda
di verso occidenteemezzodì conun
braccio traverso, nel quale, quelsommo
pontefice, dipar- tendosi però alcun poco dalle idee di Innocen- zoXII
e diClemente XI,
vi volle (sebbene in- dipendentemente dall’ospizio)consegnate le don-
ne
ree dimal
costume, altronon
essendo quella fabbrica, fuorché una seconda casa di penitenzamurata
in piantacon
ordinazione quasi simile a quella che giàvedemmo
de’giovanetti traviati.8 Sicché
, giunte le cose a questo stato, altro
non mancava
a finimento dell’apostolico asilo, senon
di unirvi
un
conservatorio per le zitelle, che an- cora abitavano il Laterano: e questa gloria ci’a serbata a PioVI,
e l’opera adun
cotal Niccolò Forti, artefice per isventura di gran lunga infe- riore agli altri tutti di sopra nominati. In fatto,per la imperizia di lui, ella ha
muri
obbli- qui, ambientinon bene
disposti, e che è più, poca solidità: si eleva nel lato opposto al carcere muliebre.E
qui, perchèognuno
possa megliocomprendere
l’ampiezza di sì famoso ospizio, di questo granmonumento
di carità, che la sola Cristiana Religione poteva consigliare, intrapren- dere e compire, aconsolazione de’miseri, a ral- legramento de’buoni, a confusione de’tristi, sti-
miamo
ora trascriverne le sue misure, che sonole seguenti
Lunghezza
media, palmi romani 1503.(me-
tri
334
).Larghezza
media
, pai.rom. 360.(met. 80).Perimetro, ossia girodella fabbrica, pai. rom.
3825. ( met. 850), che è dimensione maggiore di
mezzo
miglio.Area media
dellamedesima, pai. quad. 540,000.met. quad. 26,720), ossiacirca
un
rubbio e mez- zo di terreno.L’edificio, partito in cinque grandi corpi di fabbrica, si di\ide fino al cornicione in quattro piaui, con
un
quinto, a mo’ di attico finestrato, sopra ilmedesimo.
L’altezza maggiore è di pai-«3® 9
mi
112 (met. 25), e fino al solo cornicione di pai. 94( met. 21 )In cotal
modo
discorsabrevemente
la storia dell’edificazione di sì celebrato ospizio, e di esso descrittine insieme i particolari più interessanti, ci faremo ora, clic già è tempo, aragionare de- gli opportuni restauri edabbellimenti fattivi pra- ticare in questi ultimi anni, daun
illustre Prela- to, che nell’amore de’poverelli, e di questa di- letta patria nostra,
ha
molti simili, pochissimi eguali: parlo di monsignoreAntonio
Tosti ora cardinale amplissimo di S. R. G. , VisitatoreApo-
stolico dell’ospizio, e Pro-Tesoriere della Santi- tà di Nostro Signore, e sua R. G.
A. E
per co- minciar subito dico, che èdasapere innanzi trat- to,siccomepesandoall’animo pietoso di lui la con- tinuae molesta incomodità che arrecava a quelle quattro grandi famiglielamancanza
dell’acqua nei piani superiori dell’edificio, deliberò ch’ella fosse- vi condotta,ondecessasseunavoltaquellaperpetua briga dello scendere le scale, per attingerla alle fonti cheivisono,ne’cortili epiani terreni,ingran copia. Il perchè, sui disegni e coll’assistenza dell’esimio professore Luigi Potetti, cattedratico della insignepontificiaaccademia dis.Luca, edirettore della Basilica Ostiense, feceapplicare
ad un
poz- zo, sotterra trentacinque palmi, nella sovraindi- cata palestra de’giovanetti, un’elaboratamacchina
idraulica ad alzarne le acque di
un
cencinquanta palmi, affinchè, pe’luoghianche i più elevati del-io
lafabbrica,sgorgassero con impeto in
marmorei
ba- cini.Nè
è(sialodeal vero)questamacchina
delle usualichesi veggion perRoma,
che anziè diversis- sima molto nel suo mirabile artificio; poiché, spe- cialmente, laddove quelle peralzare una picciola quantità di acque neconsumano un volume
forseun
otto o dieci volte maggiore, questa invece dell’ingegnere-architetto Poletti, posta in movi-mento
dall’acqua paola già servita agli usi del lanificio dell’ospizio,non
disperdene di sorta al- cuna,ma
alzane una porzione tutta nuova, che èuna
maraviglia a vedere,anche
dal lato del la-vorio, eseguito diligentemente da Hopfgarten e Jollage, meccanici e metallurgici bravi.
Ma
semancava
ne’piani superiori di quell’ospitale cittàun
tanto beneficio, v’era pure colà dimezzo
all’immensa sua ampiezzauno
sconcio di cuinon
dovevasi,nè
potevasi oggimai più a lungopatir- ne l’esistenza.E
questo importava di alquanti destri impropriamente ragunati,non
si sa in qual tempo, fra quattro altissimemura
di fron- te l’ingresso allo studio delle belle arti: destri iquali avevan poi in processo di tempo, talmen- te guasta la fabbrica in quel lato , da temer- sene
non
lontano e fors’anco gravissimodanno,
se la provvidenza del Tosti avesse tardatoa sra- dicare quelfracidume. Egli ordinò
dunque
incon- tanente si togliessero dimezzo,
esi appartassero in luogo convenevole e sfogatonon
solo,ma
che di più fosse quella parte di edificio, di cosi sto-stomachevol cosa ch’eli’era cangiata, dal chiaris-
«*5® 11 @6»
siino Poletti
, in
un
oecus. Il quales’informa in figura diun
quadro, ed è coperto in volto a ca- tino, o cupola, posante sopra quattro robuste ar- cate, che impostano sui loro piedritti.La
cupola è delineata di lacunari romboidali, o,come
di- cono alcuni, a canestra, ornati di svariati roso- ni ed altri lavori d’intagli; mentre i sottarchi dei quattro fornici glihanno
incompartimen-
ti di semplici riquadri, che imitano quelli bel- lissimi degl'ingressi imperiali sull’asse minore dell’antiteatro Flavio, e dei quali ancora appa- riscono debolissimetraccie. Piove dall’alto la luce aXYoecus, e la proporzion sua
sembra
appuntino l’armonica, che è quellastessa del Pantheon.Ma
certa cosa ella è in ogni
modo,
chein tantasem- plicità di forma, e severità di linee, e di modi- nature,non può
desiderareun
migliore effetto, o riguardi l’opera in se stessa, o all’uso a cui è destinata, che è di servire di vestibolo alle scuole del disegno e degli arazzi, anzi di centro a quat- tro vastissimi locali. Quindi agli angoli di que- sto oecus, o sala, si posero sopra quattrocippi dimarmo
caristio le protomi dei quattro principi delle arti, Raffaele, Michelangelo,Bramante
e Marcantonio, scolpite in pietra di Carrara dagli alunni dell’ospizio; il che aggiungemaggior
de- coro a quelle architetture,edannuncia più chia-
ramente
che per di là si entra nel ginnasio dellebuone
arti.E come
appena fu spedita lamura-
zione àe\Voecus,
rivolse il benefico e zelante pre- lato le sue cure allachiesa, la quale, giusta che
~»3 12
è detto a suo luogo, crasi rimasa deformaraente troncata del quarto braccio, difettando in oltre di
una
stabilecantorìa per le sacre funzioni, che quegli alunni studenti di musica eseguiscono per istituto,non
chediun
prospettochesotto l’atrio, o portico, de’vecchi di Sisto, si presentasse subito per dignità e carattere agli sguardi del fedele.Perchè
dimandato sulla cosa, di pareree disegni lo stesso professore Poletti, questi speditamente
nè
lo confortò da par suo,esi posemano
all’ope-ra.
Ma
per procedere regolarmente nella narra- zione mia, discorreròprima
del prospetto, quin- di della cantorìa, poi del proseguimento della nave
mancante
al tempio. Colla perspicacia delmio
lettore, iodebbo dunque
notare, circa al pro- spetto, che le anguste misure in altezza diun ambulacro non
si prestano(come non
si preste- ranno mai) alla formazione diuna
facciata riso- luta peruna
chiesa.E
dico perciò, che altrospe- dientenon
rimaneva all’architetto, salvo che di- stinguere gl’ingressi di essa con analoga decora- zione, dalle molte porte dell’atrio, più qualche richiamo 0 legamento inframmesso, che sapesse dimonumentale
sacro: e questo fece il Poletti, ebene
gli tornò. In effetto que’due
vani d’ingres- so rivestiti, incambio
degli usuali stipiti, didue
ante corintie inmarmo
bigio venato, coi loro cor- nicioni e frontespizj simili, sormontali dal segno augusto di nostra redenzione, e quel conotafio onorario (dedicato aClemente XI)
che v’è di mezzo,non
lascianoin forse l’osservatore del san-to destino di quella ragguardevol parte di edifi- cio-
La
base dell’ordine è l’attica, ed il suo ca- pitello èuna
composizione di tre foglie di acan- to, volute e fiore, sull’andare de’bramanteschi,
giacché così s’ha pureachiamare una cotal fog- gia di capitelli
,
comunque non
sieno affatto un’invenzione dell’Asdrualdino,
ma
sibbene degli antichi nostri. Poi la sua trabeazione, costa del- farchitrave a due liste, del fregio con scritta, e della cornice intagliata di mensole ed echini,
quali sono ripetuti
anche
attorno altimpano
di esse porte, escluse le mensole
come
desiderava Vitruvio.Ed
in quanto al cenotafio è da dire , che s’informa diun
nicchio rotondo orlato , a piè del quale sporgeuna
protiride a sostenei-eilbusto di papa
Clemente
, condotto sulmarmo
in pi’oporzioni assai maggiori del vero, consua la-pide sotto.
Nò
questo è tutto, posciacchè indi a poca distanza fan corteggio ad esso nicchio
due
pai'astate piantate sur una speciedisotto grado , o fascia modinata
, retta da
un
ricco oi'namento in fogliami e viticchi di acanto ed acqua, curva- to a guisa di due sime, l’una opposta all’altra, con bellissima grazia.Le
pai-astate, rabescate a candeliei-a
, alzano un’elegante cornicetta ax-chi- travata messa di uovoli, e sopra di essa, nell’in- dentro a
piombo
di dette parastate , trionfa, inmezzo
diun
ricco finimento con antefisse, l’ar-me
del pontefice, col corredo delle chiavi e del triregno.E
sì questo cenotafio,come
le dettedue
porte, campiscono dentro a tre de’contrarchi di
•=3
©
14quell’ atrio grandioso, nel centro delsuolato mi- nore, tra mezzodì edoccidente, con dignità
non
minore a quella che rincontri nell’interno della chiesa stessa. Nella quale, senza più, intromet- tendoci è da sapere che le sei colonne doriche, che tutte aun
filosi presentausubito all’occhio,non
che i quattro pilastri che volgon dalle ban- de, sorreggono appunto ed insiemecompongono,
col sovraimposto davanzale, la cantorìa di cui è cenno alquanto righe indietro.
E
lasciando stareche questa cantorìa,
non rompe
la unità del vaso della chiesa,ma
che anzi con essa s’immedesi-ma
sì che ne forma come, il suo antitempio, io vo’piuttosto rilevare quanto meritino di essere attentamente considerate le particolarità dellaba- se, capitello, e sopraornato dell’ordine suo, da chiama
conoscerecome
puossi ingentilire lasim- metrìa dorica, senza alterarne la sustanza, o vo-
gliam dire le proporzioni, già fermate per la co- lonna , a teste otto
, e per il cornicione ad
un
quarto di essa colonna.La
base eli’èdunque
,
dirò così
, una fusione dell’attica
, della dorica del Colosseo, e dell’irnbasamento dell’arco di Tito: imperocché sopra il plinto ha una sima, o gola diritta distesa a giacere
, quindi il trochi-
lo, o lascozia, poiil bastone, o toro, oltre gli usuali listellini, chesogliono separare
un membro
dall’al- tro. 11 capitello è differente dall’ordinario e co-mune
in questo, che cioè invece dell’ovolo, ha
un’ onda, e invece degli anuli, una lista cerchia- ta di
un
astragalo , o tondino. Ilsopraornato hal’epistilio, o lo architrave,
doppiamente
listato;il fregio, o zoforo, senza triglifi; e la cornice
il dentello in sua lunghezza seguito ,
ad
allonta- nare ogni espressione jonica: espressione ezian- dio schivata negl’intercolunnj del peristilio, che sono di maniera eustila.E
di fatti quello dimez- zo misura tre diametri, e gli altri due e
mez-
zo ,avendo
lecolonne palmidue
e tredodicesi-mi
di grossezza.Or
qui sotto a cosiffatta canto- rìa , o antitempio, laqueato di sette grandi lacu- nari riquadrati in piano, volgiamo di grazia,
gli sguardi alla quarta nave , che ivi di fronte
si è aggiunta,
comunque,
esattamente parlando,non
si potrebbe già dir tale, atteso che
non
ha lunghezza pali all’altre, che tiran sessanta pal-
mi
, e questa è soli venticinque.Ma neauche
tribuna,
ma neanche
abside vorrolla io chiama- re , perchè ha finimento di linea retta, e
non
di linea curva.
E
ciò nell’intendimento di secon- dare ( per quel che sipoteva)non
solo laprima
idea del Fontana, che disegnò,come
è detto a suo luogo , la chiesa a croce greca,
ma anche
perchè le circostanze localinon
facevan luogo, nèalla descrizione di un’abside, nè alla protrazio- ne per intero di detta quarta nave , che saria stato
l’adempimento
dei voticomuni.
Per verità, nelprimo
caso, e molto più poi nel secondo ,
era giuoco forza penetrare nel reclusorio delle zitelle, messo dal Forti già ricordato, a contat- to del tempio; guastare
un
lato di quel gran cor- tile a tre ordini di logge; erigerneun
dinuovo
«*§>) i6 Ce-
simile, perservai’e lecorrispondenze simmetriche
ed
euritmiche; impicciolire l’area di detto cor- tile, stroppiandone la bellaforma quadrata ; in- tricare le passate de’ locali; sconcertare insom-ma
tutto P ordine di quella parte di edificio.Perchè,
ognuno
che abbia fior d’intelletto,non può non
vedere di qualeenorme
spesa sarebbe stato per riuscire ciò, equanto conforme il bia- simo.Ma
tornando al Forti, io
non
credo però che e’distruggesse 1’utile ed elegante concetto delFontana
per malizia , che anzi io sono d’av- viso peccasse più presto per innocenza artistica, che per qualsivoglia altro motivo.E
vaglia il ve- ro, se eglicommosso
da bassa invidia e da su- perbia, avesse voluto far niun conto diun
tanto maestro di quel suo tempo,non
avi’ebbe dovu- to, nè potuto poinon
ubbidire a quell’ intimo naturai senso, che ci
ammonisce
senza posa a celare le azioni nostremen
belle : vo’dire avreb-be
abbattuto le muraglie del quarto braccio del- la chiesa, che ivi trovò già incominciate ederet- te fino all’imposta del vólto perun
venticinque palmi in lunghezza, e che egli invece conservò,condannando
lo spazio circoscritto dalle medesi-me,
aluoghi oscuri ed angusti coretti. Il cheac- cresce a lui colpa di non avere neanche saputo, da questo lato, avvantaggiare di alcuna bella co- modità il congiunto conservatorio delle giovanot- te (nel quale si dovette quindi ricavare una pic- ciola chiesa per loro uso)
nè tampoco
di avere servito allabramata
separazione dellequattro co-17
^
munita riunite in
un
sol tempio col porre dimez- zo , siccome è visto,
un
ostacolo insuperabile al- la completa e perfetta ultimazione della più sa- cra e veneranda parte del generaleospizio: enon
di
meno
fu costui lodato.Che ?...
Forsesarò io detto turbatore della pace degli estinti ? Questonon
permettano i cieli !Ma come non
accusareil Forti dello strazio fatto dell’ingegnoso conce- pimento del
Fontana ?... Dopo morte hanno
lor termine , o artefici, le bugie e le adulazioni de’ salmeggiatori o fanatici
, o compri ; sorgono alfine i severi sindacatori delle opere vostre
, e
guai
,
guai a voi e ad elle
, se si
usurperanno impunemente
ilnome
eilluogodelle eccellenti!...Del rimanente l’architettore Poletti,
quand’ebbe
fatto rovinare quegli interchiusi bugigattoli, girò, sul
prolungamento
dellemuragliegià incomincia- te dal Fontana,un
vólto inmezza
botte incon- tinuazione degli altri, che coprono le tre navi della fabbi’ica, e decorò la parete di faccia al ri-guardante di quattro colonne corintie, elevatedal
pavimento
sopra il ciglio diun ben
misuratoste- reobate, a sostenere, oltre il loro intavolamcnto,un
maestoso frontespizio. Nell’mtei’colunnio che tiene il centro di quest’edicola ,che
così ci pia- ce chiamare tale ordinazione , s’informaun
nic- chio semicircolare, dove, sur una specie di sup-pedaneo
, o piedistilo troncato, posa assai
bene
la statua colossale in gesso del Salvatore alta pal-
mi
sedici.Ha nudo
il petto , e i panni che la vestononon
sono crudi, e
non
sono senon
in~m
io <«<-dosso alla figura
bene
accomodati. Sostiene col- la sinistrauna
palla siinbol delmondo
, emuo-
ve ad effettuosa venerazione colla destra alzata in atto di benedire. Essa èun dono
fatto all’ ospi- cio dal chiarissimo scultoreAdamo
Tadolini, e sarà quanto prima (mercè
lo zelo di Monsigno- reche si accende ognora più a prò del Pio Luo- go) portata nelmarmo
, già pronto, in misura peròminore
del modello di due palmi, accioc- ché ella torni meglio proporzionata all’edicola. Il di cui stereobate, se pocanzi dissi essere
ben
mi- surato, ora,aggiungo,chevolliintenderenon
tanto per quella invenzione stessa, quanto per la sua località, atteso che io lo ho trovato superare fuor dell'uso
comune,
il terzo delle sovraimposte colon- ne.Ma
l’uscir delle regole alcuna volta, purché ciò sia fatto con fondamento di sana ragione,non
è
sempre
in arte quel grave peccato che creda-no
i pedanti. In effetto, se il Potetti si fosse qui lasciato legare da quelle, certa cosa è, cheun
bel tratto del da piè delle colonne,sarebbe spa- rito, nè la statua del Redentore credo che sarch-
ile riuscita netta, per cagione del
maggior
altare che s’erge nelmezzo
del tempio su di un’alta gradinata.Non
pertanto io ringrazieròsempre
quegli architetti, le cui fabbriche io vedròmu-
rate
con
tutte le regole,ma non
ringrazierò già le regole quand’elle gli costringono a fare loro edificj che mostrano male. Poteva il Poletti met- tere in proporzione esatta del sottoposto imbasa-mento
le colonne dell’edicola? dico di no: e per-19 fes-
che? perchè conseguentementealzandoleavrebbe dovuto interrompere colla loro trabeazionela ri-
correnza della principal linea, del tempio, cioè a dire del suo cornicione, linea, che, senza of-
fendere il
buon
senso,non può
farsi a saltima
sibbene adun
solo livello. Cosicché tanto è più lodevole l’operato di lui,in quanto, clic con fino artificio e’seppe poi ingannare la preponderante altezza dellostereobateper viadell’abbassamento della sua cimasa sormontata dauno
scardilo, e col sotto elevameuto dello zoccolo della sua ba- se. Col quale espediente esso torna inbuona
ar-monia
coll’opera tutta, e il da piè delle colon- ne, e la statua restanoscoperte malgrado dell’al- tare maggiore, che è loro dinanzi, innon
pod»distanza. Perciò le ragioni delle grandi
membra-
ture dell’edicola
hanno
dovuto essere, siccome sono, le seguenti.Imbasamento
efrontespizio,un
terzo delle colonne compresa la trabeazione, che è
un
(plinto circa di esse colonne, grosse palmidue
edonde
dieci, alte diametri nove e mezzo, e, sporgenti dal vivo delmuro,
tre quarti del loro diametro. Dettoimbasamento
poi col suo sca millo è alto diametri quattro, il cornicione due, ed il frontespizio tre e mezzo.La
nicchia supe- ra i due quadri, ed è larga pocomen
di quat- tro diametri. Gl’intercolunnj laterali sono diame-tri due: quello di
mezzo
sei, e tutto ilcompo-
nimento si eleva palmi cinquantacinque, sopra una linea di palmi quarantuno.Nè
quihanno
già loro termine le ordinazioni date da
mon-
signore Tosti al suo architettore.
Che
anzi sol- lecito eglisempre
di aggiungere al vasto edi- ficio ogni maniera di decoro, purché dall’utilenon
siscompagni, fecegli quindi condurre, sopra laportache dàadito alla scala maggiore edal gran cortile, o palestra de’giovanettiun monumento marmoreo
diamore
e di riconoscenzaall’immor- tale GregorioXVI
felicemente regnante, per aver voluto del suo raccolti e soccorsi nelle of- ficine dell’Ospizio i lanajuoli sprovveduti di la- voro. II perchè, lamemoria,
reca nelmezzo
diun
riccoornamento
in quadrilungo, con sua ci- maccia ediscrizione, l’immagine dell’Augusto So- vrano e Padre: la quale è, nel vero, sì fatta al naturale e parlante, dal Tadoliui,che
la criti- ca, pens’io, non troverebbe di che emendarla, se giànon
fosse sottilizzando, che allora ogni opera, per quanto eccellente ella sia, lasciapur
troppo travedere,che d'uomo, enon
d’angiolo fu lamano
chelaformò.Da
ultimo dov’erauno
spazioscoper- to emen
che decente, appo il detto gran cortile, fecegli ordinareun
locale in portici a piloni ed archi con fontana ed altre comodità.Ma
io vo’per altro
immaginando
efacendovoti, che questa cotale opera venga tramutata (nè forse è lontanoil giorno) in riscontro al cortile delle zitelle, che è sul canto opposto: e la pianta dell’ospizio ri- ceverà per tal forma la desiderata unità di di- stribuzione simmetrica
ed
euritmica.A
cui, se nella palestra de’ giovanetti, si uniformerà quel braccio di bassa fabbrica alle adjacenti, lo sta-
bilimento sarà al tutto perfetto, essendo già, pel- le cure generose eindefesse del sopra lodato Car- dinale, venuto in tanta riputazione, dacché i
giovanetti,che vi siallevanoin svariati studj
,
con
onorevolisaggi in ognianno, tanto nelleartimec- caniche, quanto nelle nobili arti,
promettono
ac- crescere il patrimonio delle nostre glorie.FIN E.
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