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CAPITOLO 2

IL MONDO VEGETALE, UNA NUOVA

FONTE DI ISPIRAZIONE

2.1 Introduzione

Come illustrato nel precedente capitolo, il campo di interesse della robotica biomimetica tradizionalmente è limitato al regno animale. Il presente lavoro di Tesi si colloca all’interno di un progetto innovativo che trova nel mondo vegetale una nuova fonte di ispirazione, ancora inesplorata. In particolare, gli organismi vegetali oggetto del nostro studio sono le piante

superiori. Di seguito sono illustrate le principali caratteristiche e le affascinanti proprietà di

tali organismi, che hanno contribuito a catturare il nostro interesse.

2.2 Le piante superiori

Il termine “pianta” è un nome comune usato per indicare qualunque membro del regno vegetale, vale a dire circa 350.000 specie d’organismi autotrofi pluricellulari, tra cui muschi, felci, piante erbacee, arbustive e arboree, diffuse su tutta la superficie terrestre.

Le piante presentano morfologia, anatomia e complessità svariate, che vanno da quelle dei piccoli muschi non vascolari, a quelle delle sequoie giganti. Data l’enorme variabilità la

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 le piante sono organismi pluricellulari costituiti da cellule eucariote delimitate da una parete cellulare composta essenzialmente di cellulosa;

 la loro caratteristica principale è la capacità di compiere la fotosintesi clorofilliana, che è la particolare reazione chimica che viene realizzata all’interno di organelli cellulari chiamati cloroplasti e che permette di trasformare anidride carbonica e acqua in zuccheri e ossigeno, con l’aiuto del sole e della clorofilla;

 sono organismi autotrofi, cioè riescono a produrre il loro nutrimento direttamente da sostanze inerti (l'aria, l'acqua, il terreno).

In generale si indica con il temine piante superiori o piante vascolari o cormofite, le piante il cui corpo vegetativo (cormo) è costituito da tre tipi di organi:

 l’apparato radicale, il cui scopo è quello di ancorare la pianta al terreno, assorbire l’acqua e i sali minerali dal suolo;

 il fusto, che svolge una funzione di sostegno e di contenitore per i vasi in cui circola la linfa;

 le foglie, che costituiscono la parte aerea e effettuano la fotosintesi fornendo il nutrimento a tutta la pianta.

Una volta definiti quali sono gli organismi appartenenti al mondo vegetale oggetto del nostro interesse andiamo a descriverne le principali caratteristiche.

2.3 I tropismi

Le piante sono organismi sessili, cioè vivono fissate al substrato, non sono quindi dotate di un apparato di locomozione convenzionale che permetta loro di spostarsi alla ricerca dei nutrienti e delle condizioni ambientali favorevoli per la crescita e la sopravvivenza, come invece accade per gli animali [18].

Per compensare la loro natura sessile, le piante devono essere in grado di estrarre informazioni dall’ambiente circostante, cioè percepire determinate anisotropie ambientali (Figura 2.1), e rispondere ad esse dinamicamente, variando in modo opportuno l’orientamento della direzione di crescita dei propri organi (radici, steli, foglie, fiori): questa reazione è definita “tropismo”.

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Figura 2.1 I numerosi stimoli che le piante sono in grado di percepire.

I tropismi possono sembrare movimenti della pianta, ma corrispondono in realtà al risultato di una crescita ineguale dei due lati dell'organo, che provoca una curvatura in direzione, o nel verso contrario, della provenienza dello stimolo, e quindi la selezione di una direzione preferenziale di crescita [19]. Sono stati identificati diversi tipi di tropismo (Figura 2.2):

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 Fototropismo

Crescita direzionale degli organi della pianta come risposta ad uno stimolo luminoso: gli steli presentano un fototropismo positivo, cioè orientano la direzione di crescita verso lo stimolo; al contrario le radici mostrano un fototropismo negativo, in quanto la direzione di crescita è diretta in modo tale da allontanarsi dalla sorgente luminosa.

 Idrotropismo

Gli organi vegetali in crescita si orientano verso le zone di maggiore umidità alla ricerca di ambienti ricchi d’acqua, elemento essenziale per la sopravvivenza.

 Gravitropismo

Gli organi vegetali sono sensibili anche all’azione di forze esterne, tra cui la forza di gravità. Il gravitropismo (detto anche geotropismo) risulta di fondamentale importanza durante la germinazione del seme, quando il geotropismo positivo spinge la crescita della radichetta embrionale verso il basso, permettendo alla pianta di ancorarsi al suolo. Il fusticino invece si piega in direzione opposta rispetto a quella in cui agisce la forza di gravità e presenta, quindi, un geotropismo negativo (Figura 2.3).

Figura 2.3 Gravitropismo: A) Una plantula di mais è stata disposta orizzontalmente. B) Germoglio e

radice riassumono, tramite una curvatura gravitropica, la corretta direzione di crescita.

 Tigmotropismo

Il tigmotropismo invece è mediato da stimoli tattili o di contatto.

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Ciascun tropismo è finemente regolato da un sofisticato meccanismo tuttora in buona parte sconosciuto, costituito dall’azione coordinata di specifici recettori, ormoni e messaggeri chimici, che permettono la percezione simultanea dei numerosi stimoli ambientali e l’elaborazione di un’appropriata risposta di crescita.

Il tropismo, che caratterizza tutti gli organi delle piante superiori, riveste un ruolo estremamente importante in relazione alla crescita dell’apparato radicale, in quanto lo sviluppo di un sistema radicale adeguato è di importanza fondamentale per la sopravvivenza dell’organismo.

2.4 L’apparato radicale

L’apparato radicale è costituito dall’insieme della radice primaria e di tutte le sue ramificazioni. Si definisce radice primaria o principale la prima radice che si sviluppa dalla radichetta embrionale. Dalla radice principale si sviluppano poi ramificazioni laterali, o radici

secondarie, che s’irradiano in tutte le direzioni assicurando così alla pianta l’esplorazione

capillare del suolo.

Il ruolo delle radici secondarie è quello di aumentare la massa dell’apparato radicale accrescendo la capacità d’ancoraggio e quella d’assorbimento, conferendo alla pianta la possibilità di esplorare meglio, in lungo, largo e a profondità maggiore, il terreno.

Il numero e la disposizione delle radici secondarie che si originano e protrudono dal corpo della radice principale è alquanto variabile e fortemente influenzato da fattori interni, quali stimoli ormonali, e da fattori ambientali esterni alla radice, quali ad esempio la consistenza del suolo, la presenza di acqua e di nutrienti, etc. (Figura 2.4).

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Figura 2.4 Apparati radicali di varie specie di piante.

In particolare a guidare la crescita di tutto l’apparato in base alle informazioni estratte dall’ambiente circostante sono gli apici radicali, cioè le punte estreme delle radici.

È sorprendente come un organo così piccolo e apparentemente insignificante come l’apice radicale rivesta invece un ruolo fondamentale per la crescita e la sopravvivenza dell’intero organismo.

Persino Charles Darwin era sempre stato affascinato dalle caratteristiche dell’apice radicale; nelle ultime pagine del capitolo finale del famoso libro The power of movement in

plants (1880) scrive: “Non è un’esagerazione dire che la punta delle radici, avendo il potere di

dirigere i movimenti delle parti adiacenti, agisce come il cervello di un animale inferiore. Il cervello essendo situato nella parte anteriore del corpo riceve impressioni dagli organi di senso e dirige i diversi movimenti della radice” [20]. Nella sua autobiografia (1888) inoltre sostiene di “sentire uno speciale piacere nel mostrare quanti e come mirabilmente ben adattati siano i movimenti posseduti dall’apice della radice”.

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Quello che impressionava maggiormente Darwin era l’abilità delle radici nel:

 percepire contemporaneamente molteplici stimoli ambientali;  essere in grado di prendere una decisione;

 muoversi in funzione di questa.

Darwin espose le radici a numerosi stimoli quali fra gli altri la gravità, la luce, l’umidità, il tocco e si accorse che due o più stimoli applicati contemporaneamente potevano essere distinti dagli apici radicali e che la risposta a questi stimoli era tale da presupporre che la radice fosse in grado di distinguere fra i diversi stimoli e giudicare quale fosse più importante ai fini della sopravvivenza dell’intera pianta. Solo recentemente si sono ottenute prove sperimentali che confermano queste intuizioni di Darwin. Nei successivi paragrafi sono riportate le conoscenze provenienti dal mondo della botanica sulla struttura, i meccanismi di crescita e le funzioni di questo affascinante organo.

2.5 Morfologia ed anatomia dell’apice radicale

La radice si delinea come un organo assai complesso sul piano funzionale e con una struttura architettonica interna elaborata. Tradizionalmente nella parte terminale di una radice in crescita sono individuate cinque zone (Figura 2.5):

 cuffia radicale (o caliptra);

 zona di accrescimento per divisione cellulare (zona meristematica);  zona di distensione e differenziazione;

 zona pilifera;

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Figura 2.5 Struttura della parte terminale di una radice in crescita.

Inoltre grazie a recenti studi basati su osservazioni citologiche è stato possibile individuare un’ulteriore zona tra la zona meristematica e la zona di distensione, definita zona di

transizione; la citoarchitettura delle cellule presenti in questa zona infatti ha una morfologia

unica rispetto alle cellule delle zone confinanti (Figura 2.6) [21].

Figura 2.6 La zona di transizione, centro di comando dell’apice radicale, è posizionata tra la zona

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Con il termine “apice radicale” ci si riferisce quindi in particolare alla zona costituita dall’insieme della zona meristematica, della zona di transizione e della zona di distensione. Andiamo ora a vedere quali sono gli aspetti di maggiore interesse relativi alle tre zone.

2.5.1 La zona meristematica

La presenza della zona meristematica nell’apice radicale è una delle caratteristiche distintive dei vegetali superiori, definiti “strutture aperte”, cioè strutture a crescita indefinita, grazie all’esistenza e all’attività di regioni più o meno estese che mantengono carattere meristematico per tutta la vita dell’organismo. I tessuti meristematici, detti anche meristemi, sono formati da cellule che mantenendo la loro capacità di divisione, portano ad una crescita indefinita dell'individuo in lunghezza.

La zona meristematica è definita anche zona di “accrescimento per divisione” (Figura 2.7) ed occupa una regione ampia 1-2 mm.

Figura 2.7 Raffigurazione schematica delle due modalità attraverso le quali si accrescono le cellule

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La crescita della radice avviene quindi in punta, nella zona meristematica e nella zona di distensione, grazie a un meccanismo di divisione e successivo allungamento cellulare.

In questo modo, man mano che la radice si estende nel terreno addentrandosi in profondità, le parti più vecchie rimangono ancorate al suolo in posizione statica, formando la struttura primaria di supporto, mentre soltanto la piccola zona relativa all’apice continua ad essere “spinta” in avanti attraverso il terreno.

2.5.2 La zona di transizione

Le cellule appartenenti a questa zona non devono svolgere alcun compito di divisione cellulare o d’allungamento ma concentrano la loro attività esclusivamente sulla percezione e sul processing dei segnali ambientali. È stato dimostrato che la zona di transizione è in grado di percepire più di 10 fra parametri chimici e fisici dell’ambiente circostante, tra cui l’umidità, la luce, le vibrazioni, etc., e che non esiste un’unica separata risposta per ognuno di questi segnali, ma piuttosto una soluzione che nasce dall’integrazione di tutti questi parametri percepiti contemporaneamente ed integrati con le informazioni riguardanti lo stato interno della pianta [21], [22]. Nella zona di transizione è stato quindi identificato quindi un vero e proprio “centro di comando” che guida l’apparato radicale durante l’esplorazione del suolo, a confermare quasi un secolo e mezzo dopo le intuizioni di Charles Darwin.

Molti degli aspetti che riguardano la morfologia e il funzionamento della zona di transizione sono ancora sconosciuti; ad esempio sebbene la capacità di percepire gli stimoli ambientali sia stata ormai accertata, c’è ancora molto da scoprire sulla natura, il funzionamento e la distribuzione dei numerosi sensori presenti, così come sulle modalità d’elaborazione dei segnali e della relativa risposta di crescita.

2.5.3 La zona di distensione e differenziazione

La zona di distensione e differenziazione corrisponde alla zona in cui la radice mostra la vera crescita in lunghezza: in questa zona le divisioni cellulari cessano e le cellule effettuano l’accrescimento per distensione (Figura 2.7), assumendo i caratteri strutturali tipici delle cellule adulte. La zona di distensione è situata a circa 10 mm dalla zona meristematica.

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Nei vegetali l’abbandono dello stato meristematico e l’inizio della differenziazione comporta sempre l’accrescimento per distensione che modifica profondamente dimensioni, forma e struttura delle cellule. Le dimensioni, prima di tutto: se una cellula meristematica ha un diametro di 15-20µm una cellula adulta è grande almeno 150-200µm; il grosso dell’aumento di volume è dovuto al rigonfiamento del vacuolo (organulo tipico delle cellule vegetali), causato dal massiccio ingresso di acqua nella cellula stessa.

L’assunzione e la perdita d’acqua da parte della cellula avvengono per osmosi [23]; al ruolo dell’osmosi nella crescita radicale è interamente dedicato il paragrafo successivo, in quanto questa è una delle caratteristiche più importanti a cui ci ispiriamo per la nostra applicazione.

2.6 La crescita radicale e il ruolo dell’osmosi

Nonostante la sua struttura apparentemente delicata ed esile durante la crescita l’apice radicale è in grado di esercitare pressioni elevate sul terreno circostante, che gli permettono di penetrare anche in terreni molto compatti o addirittura rocciosi; questo è possibile grazie a un processo che coinvolge fenomeni di assorbimento dell’acqua da parte delle radici, per osmosi e imbibizione, e una crescita per divisione cellulare [23].

Le cellule delle radici sono dotate di una pressione osmotica interna, definita pressione di

turgore, che costituisce la forza di attuazione che permette l’allungamento e quindi la crescita

della radice stessa, conferendole la forza necessaria per vincere la resistenza esterna del suolo. Prima di andare a descrivere nel dettaglio come avviene la crescita cellulare all’interno della zona di distensione dell’apice radicale è necessario fornire alcune informazioni sulla struttura di una cellula vegetale. In particolare le cellule vegetali presentano due peculiarità:

 la presenza della parete cellulare, che racchiude il protoplasto (termine con cui si indica l’unità di protoplasma della cellula, che consiste di citoplasma e nucleo) e che

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I vacuoli insieme alla parete cellulare, svolgono una funzione di primaria importanza durante l’allungamento cellulare.

Un’altra caratteristica importante delle cellule vegetali è che solitamente si trovano in

ambiente ipotonico: questo significa che la soluzione contenuta all’interno della cellula, il citoplasma, per la presenza di metaboliti, sali inorganici, e macromolecole, risulta più concentrata rispetto all’ambiente acquoso in cui la cellula è immersa.

La membrana cellulare, o plasmalemma, che delimita la cellula, ha una posizione di interfaccia tra il citoplasma e l’ambiente esterno: svolge quindi l’importante funzione di filtro

selettivo, che lascia passare alcune sostanze piuttosto che altre. La parete cellulare risulta

invece altamente permeabile sia all’acqua che ai soluti a basso peso molecolare. Il plasmalemma è quindi la barriera primaria che controlla gli scambi cellulari con l’ambiente esterno e risulta altamente permeabile all’acqua e selettivamente o lentamente permeabile ai soluti.

In un ambiente ipotonico, la differenza di concentrazione tra le due soluzioni a cavallo della membrana plasmatica determina l’insorgenza di un flusso osmotico diretto verso l’interno della cellula. In generale il flusso osmotico consiste in un movimento netto di acqua attraverso una membrana semipermeabile, che separa due soluzioni a diversa concentrazione, quindi a diverso potenziale osmotico: il potenziale osmotico di una soluzione è considerato sempre negativo e il suo valore assoluto è maggiore al crescere della concentrazione dei soluti. Il valore tipico del potenziale osmotico all’interno di una cellula vegetale situata nella zona di distensione dell’apice radicale, la cui crescita non è ostacolata da alcuna resistenza esterna, oscilla tra -0.6 e -1 MPa.

Poiché l’acqua si sposta verso regioni dove il potenziale osmotico è più negativo, nelle cellule vegetali l’acqua tende a spostarsi verso l’interno della cellula, dove la concentrazione dei soluti è tipicamente più grande di un valore compreso tra 0,5 e 1M rispetto all’ambiente esterno [24]. L’assunzione osmotica di acqua sotto la spinta della differenza di potenziale osmotico causa quindi il rigonfiamento della cellula; in particolare l’acqua va a riempire il vacuolo che rigonfiandosi costituisce la maggior parte del volume cellulare. Questo processo è accompagnato dalla generazione di una pressione idrostatica interna, o pressione di turgore (PT), che nelle cellule vegetali viene controbilanciata dalla presenza della parete: quando la reazione elastica della parete controbilancia esattamente la tendenza dell’acqua ad entrare non si ha più un movimento netto di acqua e la cellula risulta turgida.

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Per avere crescita cellulare inoltre la parete deve deformarsi irreversibilmente in modo plastico; se la pressione di turgore, esercitata dal vacuolo in maniera uniforme sulla parete cellulare, porta ad una deformazione plastica irreversibile della parete stessa allora avviene la distensione cellulare, e la pressione di turgore PT rappresenta quindi la forza motrice per la

crescita (Figura 2.8).

Figura 2.8 Fenomeni che regolano la crescita per distensione di una cellula vegetale.

La crescita per distensione richiede continuamente che:

 il potenziale osmotico della cellula venga mantenuto elevato in valore assoluto grazie all’ingresso e/o generazione di nuovi soluti, in quanto l’ingresso di acqua

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Durante la crescita per allungamento quindi la pressione di crescita (σ) è costituita da una componente dovuta alla pressione di turgore (PT) a cui si oppone la pressione esercitata della parete (W) ed eventualmente una resistenza esterna (R) esercitata dal suolo [25]:

R W PT

σ = − −

È possibile fare le seguenti considerazioni:

 in una radice la cui crescita non è ostacolata dalla resistenza esterna del suolo (R=0) e l’allungamento cellulare continua fino a che non si raggiunge uno stato di equilibrio caratterizzato da PT=W e σ=0;

 per una radice completamente ostacolata e che non può allungarsi σ raggiunge un valore massimo σMAX;

 in generale la pressione di turgore rappresenta la “forza guida” per l’accrescimento delle cellule vegetali, che consente di vincere la resistenza esterna del suolo e permette alla radice di allungarsi (Figura 2.9).

Figura 2.9 Rappresentazione schematica delle pressioni in gioco durante la crescita per distensione di

una radice nel sottosuolo.

Fatte queste considerazioni, la crescita cellulare nella zona di distensione dell’apice radicale può essere vista come un fenomeno meccano-idraulico e di conseguenza può essere descritta tramite un opportuno set di equazioni.

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Innanzitutto l’aumento di volume cellulare può essere messo in relazione al fenomeno di trasporto di acqua attraverso il plasmalemma, guidato dalla differenza di potenziale idrico (∆Ψ) tra il protoplasto e l’ambiente extracellulare:

∆Ψ ⋅ = L

dt dV

Dove con L è indicata la conducibilità idraulica della membrana cellulare.

La differenza di potenziale idrico ∆Ψ che guida la crescita cellulare è costituita da un termine ∆ΨO, che dipende dalla differenza di concentrazione tra il citoplasma e l’ambiente

extracellulare, e dal potenziale di parete ΨP:

O P −∆Ψ Ψ

= ∆Ψ

L’aumento di volume può essere descritto come una deformazione plastica della parete cellulare: ) ( ) ( Y PT W Y dt dV − − ⋅ φ = − σ ⋅ φ = Dove:

 Y valore di soglia che la pressione di crescita σ deve superare per indurre sulla parete cellulare una deformazione plastica irreversibile;

 Φ coefficiente di estensibilità che esprime le proprietà elastiche della parete nella direzione di crescita.

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L’equazione di Lockhart deve essere modificata nel caso in cui si voglia tener conto della resistenza esterna esercitata dal suolo R, che si oppone alla crescita della radice [27]:

) ( ) ( Y R PT W Y R dt dV − − − ⋅ = − − ⋅ =φ σ φ ) ( PT W Y R L L dt dV − − − + ∆Ψ + ⋅ =

φ

φ

Il terreno in cui la radice deve penetrare durante la crescita può essere paragonato ad un complesso labirinto tridimensionale di pori interconnessi, all’interno dei quali la radice deve allungarsi. Nel caso in cui i canali naturalmente presenti nel terreno abbiano un diametro inferiore al diametro della radice stessa la crescita risulta ostacolata e le cellule della zona di distensione dell’apice radicale devono esercitare sul terreno circostante una pressione tale da vincerne la resistenza (R) e poter continuare ad allungarsi. La pressione esercitata dalla radice sul terreno quindi deve essere sufficientemente elevata per deformare il suolo e formare una cavità grande come il suo diametro nominale. La resistenza del suolo, che dipende dalla sua compattezza e aridità, influenza la velocità di crescita cellulare: se aumenta la resistenza, diminuisce di conseguenza il rate di crescita. Le radici quindi crescono cercando di sfruttare le fessure già presenti nel suolo che consentono di incontrare una resistenza minima.

Una volta illustrate le affascinanti caratteristiche delle radici delle piante superiori andiamo ora ad evidenziare come, da un punto di vista biorobotico, queste possano essere un interessante fonte di ispirazione.

2.7 Dall’apice radicale al sistema robotico

La capacità delle radici di una pianta superiore di penetrare il suolo, percepire i numerosi stimoli ambientali provenienti dal terreno circostante (umidità, presenza di sali minerali e altri nutrienti, luce, ecc), elaborarli e modificare di conseguenza la propria crescita in direzione di un terreno favorevole per la sopravvivenza è paragonabile ad una vera e propria azione di

monitoraggio ambientale, che permette alla pianta di sviluppare l’apparato radicale non in

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Il controllo della direzionalità della crescita oltre a garantire la sopravvivenza dell’organismo permette anche di minimizzare e ottimizzare la spesa energetica necessaria per lo sviluppo dell’apparato radicale: una pianta è in grado di percepire ed evitare selettivamente le zone del sottosuolo ostili e svantaggiose per la crescita prima di addentrarsi in esse inutilmente, evitando così di sprecare energia e indirizzando la crescita nella direzione più favorevole, secondo un principio di “risparmio energetico”.

Queste caratteristiche quindi sono la fonte d’ispirazione per la realizzazione dell’innovativa classe di robot bioispirati, definiti “plantoidi”, che secondo un principio analogo penetrino e esplorino territori sconosciuti muovendosi alla ricerca di specifici target. Il robot, come le radici di una pianta, una volta penetrato nel sottosuolo dovrà essere in grado di estrarre informazioni dall’ambiente e scegliere la direzione di movimento, muovendosi in modo autonomo e “intelligente”.

Il vantaggio rispetto all’utilizzo di una semplice trivella risulta evidente: tradizionalmente una trivella è utilizzata per perforare il terreno ed estrarre campioni del sottosuolo da analizzare poi in un secondo momento; la perforazione avviene quindi in punti scelti dall’operatore in modo arbitrario e le informazioni sulla composizione e le caratteristiche chimico-fisiche del sottosuolo sono ottenute a posteriori, una volta che il terreno è già stato trivellato in modo più o meno casuale. Il plantoide invece consentirà di esplorare il terreno secondo un criterio inverso: la penetrazione del sottosuolo non avverrà più “alla cieca”, ma sarà guidata in tempo reale dalle informazioni estratte dall’ambiente sotterraneo ed elaborate

in situ e sarà il robot stesso a scegliere la direzione più opportuna.

Quanto illustrato nei precedenti paragrafi inoltre permette di capire come; da un punto di vista ingegneristico, l’apice radicale possa rappresentare un esempio biologico di un sofisticato sistema biomeccatronico:

 ciascun apice è naturalmente dotato di sensori e trasduttori embedded, quindi di un sistema di acquisizione e trasmissione dei segnali, nonché di un’unità di processing e di controllo, che risiedono nella zona di transizione;

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Ciascun componente del sistema robotico ad esso ispirato (struttura e meccanismi, attuatori, sensori, elettronica di processo e di controllo, sorgente di energia) dovrà quindi essere progettato a partire dalle caratteristiche evidenziate, secondo i principi di progettazione della robotica bioispirata. Nel Capitolo 8 è riportata una descrizione dettagliata dell’architettura dell’apice robotico.

In particolare nel presente lavoro di Tesi sarà trattato l’aspetto dell’attuazione, con lo scopo di realizzare un innovativo attuatore che, in analogia con quanto avviene per le radici delle piante superiori, sia in grado sfruttare il fenomeno dell’osmosi ed impiegarlo per generare un’attuazione meccanica.

Figura

Figura 2.1 I numerosi stimoli che le piante sono in grado di percepire.
Figura 2.3 Gravitropismo: A) Una plantula di mais è stata disposta orizzontalmente. B) Germoglio e
Figura 2.4 Apparati radicali di varie specie di piante.
Figura 2.5 Struttura della parte terminale di una radice in crescita.
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