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LA PIANIFICAZIONE ED IL CONTROLLO DI GESTIONE:

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Parte prima

LA PIANIFICAZIONE ED IL CONTROLLO DI

GESTIONE:

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Capitolo 1

1.1

L’azienda e l’ambiente in cui opera

Le ragioni che hanno condotto le aziende ad una maggior attenzione nei confronti della pianificazione e del controllo di gestione sono molteplici ed hanno assunto, in questi ultimi anni, un livello mai evidenziato prima.

Tra i principali fattori che hanno fatto rilevare un aumento di tale considerazione, sono da menzionare:

 il crescente orientamento alla massimizzazione risultati che sta caratterizzando il contesto economico e sociale in cui le aziende si trovano oggi ad operare e che necessita quindi di strumenti in grado di supportarlo;

 i profondi mutamenti che, nel corso degli anni, hanno modificato l’ambiente circostante alle stesse, con il quale devono continuamente intergire per il corretto e proficuo svolgimento della loro attività e che ha costretto le aziende a modificare la propria gestione sia dal punto di vista strategico che operativo.

Come inevitabile conseguenza, strumenti e processi quali i sistemi di pianificazione strategica, la redazione del budget, la verifica delle attività svolte, l’analisi delle performance conseguite, la creazione di report interni, vengono sempre più spesso considerati come dei validi supporti per il miglioramento delle dinamiche competitive di un qualsiasi ente economico.

Allo stesso tempo, tuttavia, è aumentata la consapevolezza che dalla pianificazione e dal controllo gestionale possono derivare anche forti tensioni interne, quali un eccessivo orientamento al breve periodo, l’attuazione di distorsioni comportamentali individuali non auspicabili, tutti elementi questi in grado di pregiudicare il raggiungimento degli obiettivi pianificati e, conseguentemente, di risultati positivi per l’azienda. Ciò è dovuto al fatto che la pianificazione e il controllo di gestione rappresentano un sistema ed una pratica organizzativa che possiede vari profili, di natura non esclusivamente economica,

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ma anche culturale, istituzionale e sociale, aspetti questi che ci fanno capire come essi vadano considerati in una prospettiva molto ampia, che comprende sicuramente aspetti tecnico contabili, ma che non si esaurisce totalmente in essi. Come precedentemente accennato, uno degli aspetti che hanno maggiormente influito sulla necessità di dotarsi di strumenti in grado di supportare in maniera adeguata la gestione aziendale, sotto ogni suo singolo aspetto, coincide con la profonda evoluzione che ha coinvolto lo scenario di riferimento degli enti economici e le profonde implicazioni che tutto ciò ha generato a livello di sistemi, processi e strumenti adottati dagli stessi.

Il management infatti, durante lo svolgimento della propria attività, si trova di fronte al seguente quadro ambientale (figura 1.1)1.

Tutto ciò che avviene nell’ambiente influisce direttamente o indirettamente sull’attività di gestione aziendale: dall’indirizzo politico e legislativo del governo nazionale e dei paesi del contesto geografico in cui l’azienda opera, alle vicissitudini connesse ai mercati di acquisto delle risorse e di sbocco dei prodotti e dei servizi, ai conflitti sociali, alle guerre, ai disastri naturali.

Gli aspetti ed i fenomeni appena citati, fortemente legati all’ambiente ed alle sue variazioni, possono definirsi fattori ambientali e sono difficilmente quantificabili a priori. E’ possibile prevedere il loro trend, ma non la dimensione ed il loro effetto sulle dinamiche gestionali. Sono elementi che sfuggono al

1 F. Aloi, A. Aloi, Il budget e il controllo di gestione per le PMI, Ipsoa, 2005, p.4, con adattamenti.

AZIENDA Fattori produttivi Fattori ambientali Sono sotto il dominio del management quindi predeterminabili e perciò controllabili

Sfuggono al dominio del management

perciò non controllabili ma soltanto prevedibili

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dominio ed al completo controllo del management aziendale, il quale, a seguito della loro manifestazione può fare ben poco per impedirne le conseguenze sulla gestione d’impresa, limitandosi esclusivamente a predisporre adeguate soluzioni e strumenti per ridurle efficacemente.

Meno problematica può risultare, invece, la definizione dei fenomeni e degli aspetti più strettamente legati al mercato ed alle sue dinamiche, quali ad esempio le strategie, le politiche e le “mosse” strategiche dei competitors, le innovazioni tecnologiche, fino a giungere alla valutazione, anche con metodi quantitativi, dell’orientamento della clientela e dei consumatori finali di beni e servizi.

In particolare, la prevedibilità delle “mosse” della concorrenza dipenderà dal livello di esperienza e di conoscenza del management dell’azienda e dalla sua capacità di instaurare e mantenere, nel corso del tempo, un efficiente ed efficace sistema di relazioni con tutti gli operatori ed i principali soggetti economici dell’ambiente e del settore in cui opera.

La valutazione dell’orientamento della clientela viene affidata alle tecniche di marketing, impiegate dalla omonima funzione aziendale, che si concretizza nella raccolta, nell’aggiornamento e nella elaborazione di dati relativi al mercato dei prodotti e che verranno successivamente forniti ai vari responsabili delle varie funzioni presenti in azienda, con l’obiettivo di favorire la determinazione degli obiettivi di vendita, lo sviluppo di nuovi prodotti o la modifica di quelli esistenti nel portafoglio prodotti e la definizione accurata delle politiche commerciali più idonee alla struttura del mercato individuato.

Dall’altra parte sono invece presenti i fenomeni e gli aspetti interni all’azienda, generati da tutte quelle risorse quali lavoro, capitale, materie prime e tecnologie utilizzate durante lo svolgimento della attività di gestione dell’azienda, definibili come fattori produttivi.

Tali risorse, a differenza dei fattori ambientali, possono essere espresse e definite tramite unità di misura quantitative, condizione questa che permette a tutti gli operatori aziendali di poter conoscere con un elevato grado di sicurezza, le quantità ed i volumi da impiegare nel corso della produzione, in funzione di quelli che sono i volumi produttivi definiti e desiderati.

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E’ possibile dunque affermare che tali aspetti rientrano sotto il totale dominio e controllo da parte del management che si trova, in questo caso, nella posizione per poterli governare tramite idonei sistemi organizzativi, di coordinamento e di controllo, che si concretizzano nei processi gestionali.

I fattori interni all’azienda ed in particolare i fattori produttivi sono, quindi, a differenza di quelli ambientali, predeterminabili e dunque controllabili.

I fenomeni di gestione, interni ed esterni, si fondono quindi nello svolgimento dell’attività di gestione d’impresa dando vita al processo decisionale dal quale dipendono le sorti future di una organizzazione, condizionando al tempo stesso, in misura significativa, i sistemi di pianificazione e controllo presenti al suo interno, rendendoli più o meno complessi a seconda del periodo storico di riferimento, del settore in cui l’azienda opera oppure della maggiore o minore dimensione aziendale. Infatti la capacità di controllo dei fenomeni, sia ambientali che interni, dipende da alcuni fattori quali le diverse capacità del management di cui un’azienda dispone o potrà in futuro disporre.

Le grandi aziende infatti hanno normalmente uomini e mezzi per studiare ed analizzare dettagliatamente i problemi legati alla complessità ambientale, alla pianificazione strategica ed operativa e sono, di conseguenza, avvantaggiate nell’affrontare i fenomeni relativi all’incertezza ed alla dinamicità ambientale. Al contrario, le aziende di medie-piccole dimensioni, non potendo avvalersi di pari risorse manageriali, sono spesso portate a condurre una gestione maggiormente esposta ai rischi derivanti dall’incertezza, potendo contare su piani di gestione con limitati livelli di complessità e quindi inferiori costi di implementazione, più adeguati alle modeste dimensioni, riuscendo tuttavia a sopperire a tali carenze grazie alla grande flessibilità ed alla maggiore snellezza della gestione derivante dalle dimensioni, che permettono un più rapido adattamento alle variazioni dello scenario di riferimento in cui l’azienda si trova ad operare.

L’impatto con l’ambiente-mercato, presenta una duplice serie di possibilità, tra di esse contrastanti: le opportunità e le avversità (o minacce). Di fronte ad una tale situazione, può essere possibile identificare alcune semplici regole di

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comportamento, che possono permettere alle organizzazioni di impostare ed implementare una gestione efficiente ed efficace.

Tali regole possono essere sintetizzate come segue:

1) cogliere le opportunità e cercare di contrastare le minacce;

Presupposto fondamentale di questo primo aspetto è l’esistenza di una prassi manageriale di analisi, elaborazione e valutazione dello scenario esterno all’azienda, che permetta di capire con ragionevole sicurezza che le opportunità esistono, che possono essere individuate, che corrispondono agli interessi dell’azienda e che esistono risorse tali da poterle trasformare in business.

2) valutare l’impatto ambientale derivante dai relativi cambiamenti e valutarne il possibile impatto sulla gestione d’impresa;

3) raccogliere tutte le analisi e le valutazioni effettuate in un documento che comprenda anche le idee sulle eventuali azioni da intraprendere.

Il tutto, alla fine, può essere formalizzato all’interno di un piano strategico che contiene le indicazioni e le linee guida da seguire per il raggiungimento degli obiettivi aziendali2.

Piano strategico e budget devono essere considerati come due strumenti complementari che rientrano nel concetto di pianificazione strategica globale delle aziende, ovvero quel processo che ha lo scopo di individuare e sfruttare le opportunità offerte dal mercato, valutare il posizionamento dell’organizzazione nel contesto ambientale di riferimento e procedere alla verifica dei punti di forza e di debolezza aziendali.

Con essa vengono fissati e quantificati quelli che sono gli obiettivi da raggiungere nel medio e lungo periodo e definite le politiche e le strategie per l’utilizzo delle risorse necessarie a tale scopo3.

La stesura del piano strategico, quindi, riduce il rischio dell’incertezza derivante dalle iniziative imprenditoriali intraprese a seguito di cambiamenti ambientali riscontrati nel contesto operativo, attuando un’analisi dei vantaggi derivanti dall’iniziativa, individuando la fascia di clientela più idonea, identificando i

2 F. Aloi, A. Aloi, Il budget e il controllo di gestione per le PMI, Ipsoa, 2005, p.6. 3

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concorrenti attuali e potenziali, indicando le politiche di marketing, definendo il fabbisogno di risorse finanziarie e le fonti di finanziamento per la sua realizzazione ed, infine, preventivando i costi e ricavi futuri.

Il quadro ambientale di riferimento delle aziende, dunque, è molto chiaro: in un ambiente altamente dinamico e discontinuo, dove la globalizzazione dei mercati è un fatto compiuto, dove lo sviluppo delle tecnologie e dei nuovo prodotti è inarrestabile, dove la competitività, già molto elevata, tenderà a crescere, il peso degli strumenti di controllo deve aumentare come pronta risposta agli stimoli ed ai mutamenti che avvengono esternamente alle imprese, così come deve diventare sempre maggiore la rilevanza degli strumenti e delle informazioni orientati a valutare le alternative future ed a preordinarne l’esecuzione (simulazioni economico-finanziarie), rispetto alla rilevanza di quelli fondati su ipotesi predeterminate.

In un tale macroscenario perciò, il rischio imprenditoriale tende ad aumentare ed il management deve confrontarsi sempre più spesso e più duramente con il problema dell’incertezza.

L’ inevitabile conseguenza pratica è che i sistemi di pianificazione e controllo gestionale, così come le risorse produttive in generale, devono essere considerati come un vero e proprio fabbisogno per le imprese4.

1.2

Pianificare, programmare e controllare: tre momenti dell’attività

direzionale

L’attività direzionale, spesso complessa nei contenuti, può essere considerata semplice da definire ed inquadrare. Essa è , infatti, un continuo ed incessante susseguirsi di decisioni e conseguenti azioni dalle quali dipendono, in maniera più o meno diretta, i risultati aziendali.

Dirigere significa perciò scegliere le migliori direttive da impartire in merito ai vari fattori ed elementi che caratterizzano la vita di un’azienda, quali ad esempio i fattori produttivi, materiali, immateriali e personali da impiegare, le varie

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modalità e combinazioni d’uso, il tutto relazionato agli obiettivi che si desidera raggiungere.

Tutto ciò, ovviamente, richiede anche un’attività di comando che permetta di trasmettere ai vari livelli organizzativi ed operativi in cui un’organizzazione si articola, tutte le linee guida stabilite a monte e necessarie per il raggiungimento dei fini aziendali. Sono, queste appena citate, due fra le fondamentali funzioni del processo direzionale, che trova la sua più naturale e logica conclusione, con l’attività di verifica di ciò che è stato effettivamente eseguito: la fase di controllo (figura 1.2)5.

Al management aziendale, organo cui spetta il continuo compito di impostare l’attività di direzione dell’azienda, resta da effettuare una scelta di fondamentale importanza: per decidere in merito alla attività di gestione d’impresa, si aspetta il verificarsi degli eventi rendendo dunque vincolate le successive decisioni, oppure si anticipa il verificarsi degli eventi, decidendo preventivamente cosa fare in futuro?

E’ possibile quindi individuare due differenti alternative di azione. Tuttavia, indicare quale delle due possa essere la soluzione da preferire risulta particolarmente difficile, poiché se si rivela senza alcun dubbio pericoloso non

5 A. Bubbio, Il budget, Principi e soluzioni tecnico strutturali per tipi d’impresa, Modelli e casi per affrontare la complessità gestionale, Il sole 24

ore, 1995, p.4.

Esecuzione di compiti in un’organizzazione

Attività di comando

Trasmissione delle direttive

Attività di decisione

Scelta delle direttive

Attività di controllo

Verifica dell’attuazione delle direttive

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decidere niente anticipatamente, altrettanto pericoloso è pensare di poter decidere tutto anticipatamente.

Non tutto, infatti, può essere deciso ex-ante. Pensare di non lasciare irrisolto alcun problema in sede di scelte riguardanti la corretta gestione aziendale, è un ipotesi non assolutamente in linea con la realtà e dunque non fattibile, poiché significherebbe porre in essere un’attività molto costosa, probabilmente spesso non bilanciata da adeguati benefici corrispondenti e, soprattutto, andrebbe a scontrarsi con la realtà degli imprevisti che caratterizza la vita e l’ambiente circostante alle aziende.

Tuttavia è necessario precisare che, in una logica di approccio alla gestione razionale e consapevole, ispirata dalla voglia e dal tentativo di essere i dominatori degli eventi, anziché succubi degli stessi, la possibilità di agire in anticipo è sempre la soluzione da preferire. Pertanto all’interrogativo proposto in precedenza, non è possibile dare un’unica risposta, poiché tutto dipende dal metodo e dal modo di lavorare e di impostare la gestione all’interno di una data azienda. Facendo una distinzione fra coloro che preferiscono impostare la loro attività di direzione e gestione con un orientamento al presente o al passato e coloro che, invece, sono particolarmente attenti al futuro ed alle implicazioni che può avere sui risultati aziendali, saranno coloro che tendono ad assumere un comportamento di tipo proattivo e non retroattivo, che andranno incontro agli avvenimenti e tenderanno ad anticipare, volutamente, le decisioni e le azioni6. In quest’ultimo caso, quindi, diventa un elemento fondamentale cercare di pianificare e programmare l’attività d’impresa e delle varie unità organizzative in cui essa trova una sua naturale articolazione.

Occorre però fare attenzione. Pianificare e programmare in maniera corretta e razionale l’attività di gestione di un’azienda, non sono attività che trovano una loro realizzazione in maniera naturale, ma richiedono uno sforzo. Quest’ultimo deve essere stimolato, indirizzato, coordinato e reso più agevole da un punto di vista realizzativo. Per muoversi in questa direzione, può essere quindi utile applicare dei sistemi formali di pianificazione e controllo direzionale. Questi

6 A. Bubbio, Il budget, Principi e soluzioni tecnico strutturali per tipi d’impresa, Modelli e casi per affrontare la complessità gestionale, Il sole 24 ore,

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sistemi, caratterizzati dal fatto di essere costituiti da un insieme di procedure, metodologie e strumenti informativi, hanno uno scopo: cercare di influire sul comportamento delle persone che operano ai vari livelli dell’azienda affinché queste assumano comportamenti in grado di facilitare e consentire il raggiungimento degli obiettivi e dei risultati desiderati7.

1.3

Generalità sulla pianificazione e programmazione della gestione

Se riflettiamo sui termini pianificazione e programmazione, ci potremmo chiedere se sia necessario distinguerli. In alcuni casi, la stessa letteratura economica li ha utilizzati come sinonimi; in altri, invece, ha proposto definizioni anche molto diverse tra di loro8.

E’probabilmente più corretto ritenere che queste due attività debbano essere considerate come distinte, anche se, nel corrente svolgimento dell’attività di gestione d’impresa, sono poste in stretta relazione fra di loro, relazione questa che permette alle rispettive peculiarità di completarsi vicendevolmente.

Sono così oggetto dell’attività di pianificazione le scelte riguardanti le alternative di azione con un orizzonte temporale di lungo periodo e attinenti alla dimensione maggiormente strategica della gestione, mentre sono oggetto di programmazione le scelte di gestione operativa, tipicamente inquadrata in un’ottica di breve periodo9.

Nell’attività di pianificazione si definiscono gli obiettivi generali di un’azienda, le politiche aziendali e si effettuano le scelte relative alla struttura di fondo dell’organizzazione, quali ad esempio le scelte circa le combinazioni prodotti/mercati/tecnologie, la capacità produttiva da impiegare, la valutazione di nuovi investimenti da effettuare10. Nell’attività di programmazione, invece, si definiscono gli obiettivi, come già accennato, inerenti la gestione operativa,

7 A. Bubbio, Il budget, Principi e soluzioni tecnico strutturali per tipi d’impresa, Modelli e casi per affrontare la complessità gestionale, Il sole 24 ore,

1995, p6-7.

8 A. Bubbio, Il budget, Principi e soluzioni tecnico strutturali per tipi d’impresa, Modelli e casi per affrontare la complessità gestionale, Il sole 24 ore,

1995, p8. Si veda inoltre: Onida P., Economia d’azienda, Utet, Torino, 1971

9 A. Bubbio, Il budget, Principi e soluzioni tecnico strutturali per tipi d’impresa, Modelli e casi per affrontare la complessità gestionale, Il sole 24 ore,

1995, p9.

10 A. Bubbio, Il budget, Principi e soluzioni tecnico strutturali per tipi d’impresa, Modelli e casi per affrontare la complessità gestionale, Il sole 24

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mantenendo però come vincolanti le scelte e le decisioni prese nella fase precedente. In sede di programmazione, perciò, l’attenzione del management è focalizzata su scelte relative a periodi temporali relativamente brevi ed attente al coordinato, efficiente ed efficace impiego delle risorse11.

Questa distinzione ha una grande utilità, poiché ci permette di capire come la gestione di un’azienda sia fortemente caratterizzata da due momenti, tra di loro strettamente interconnessi, ma non per questo motivo non utilmente distinguibili: il momento operativo ed il momento strategico.

Mentre il primo fa riferimento al coordinato impiego dei fattori produttivi, dati certi prodotti, certi mercati, certe tecnologie e certi rapporti che l’azienda ha con i molteplici interlocutori dell’ambiente esterno e con i vari stakeholders della stessa, il secondo riguarda il momento in cui si vanno a comporre le scelte relative a tutti i precedenti aspetti che il primo assume come dati12.

Nonostante siano riscontrabili molte diversità tra le due attività precedenti, quali ad esempio l’oggetto delle scelte e le informazioni su cui si basano, i modelli quantitativi utilizzabili, gli organi coinvolti nei vari processi decisori, simile, invece, è il tipo di attività mentale svolto nei due processi.

Quest’ultima consiste, infatti, nella definizione degli obiettivi da raggiungere e nell’andare a decidere ciò che deve essere fatto in un futuro più o meno lontano, in maniera tale che l’azienda, assunte certe previsioni e definiti i risultati desiderati, proceda costantemente nella direzione desiderata13.

Le considerazioni svolte fino a questo momento ci permettono di capire quanto queste due attività, preordinate rispetto allo svolgersi della gestione , siano espressione di una volontà di prefigurare degli obiettivi, delle linee guida per le attività gestionali. Esse si caratterizzano per una serie di decisioni anticipate, analizzate nelle loro reciproche relazioni e fra loro coordinate14. Con esse si

11 A. Bubbio, Il budget, Principi e soluzioni tecnico strutturali per tipi d’impresa, Modelli e casi per affrontare la complessità gestionale, Il sole 24

ore, 1995, p10

12 A. Bubbio, Il budget, Principi e soluzioni tecnico strutturali per tipi d’impresa, Modelli e casi per affrontare la complessità gestionale, Il sole 24

ore, 1995, p10

13 A. Bubbio, Il budget, Principi e soluzioni tecnico strutturali per tipi d’impresa, Modelli e casi per affrontare la complessità gestionale, Il sole 24

ore, 1995, p10

14 A. Bubbio, Il budget, Principi e soluzioni tecnico strutturali per tipi d’impresa, Modelli e casi per affrontare la complessità gestionale, Il sole 24

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decide anticipatamente quali azioni intraprendere per cercare di raggiungere gli obiettivi prefissati per il prossimo futuro.

Profondamente diverse risultano essere queste due attività rispetto a quella di previsione. Questa, infatti, ha l’obiettivo di andare a prospettare la probabile evoluzione nel tempo di alcuni fenomeni riguardanti l’ambiente esterno ed interno all’impresa, senza che sussistano delle decisioni da parte del management volte a dominare l’evolversi dei fenomeni stessi.

La previsione, quindi, può essere vista come una sorta di premessa alla pianificazione ed alla programmazione, ma è da esse distinta15.

Ci possono infatti essere piani e programmi anche senza precise ed approfondite previsioni, poiché se così non potesse essere, in un ambiente altamente turbolento e discontinuo, sarebbe impensabile implementare una attività di pianificazione e controllo, notevolmente utile invece, come accennato in precedenza, in un contesto simile.

Tuttavia tale affermazione non è completamente corretta, poiché in una situazione del genere è sicuramente più difficile svolgere queste attività, ma è importante farlo. Nei momenti di elevata turbolenza, infatti, è di basilare importanza guardare avanti, fissare degli obiettivi e dei risultati e definire delle idonee azioni per cercare di raggiungerli16. Si deve essere sempre pronti a rimettere in discussione tutto ciò che era stato pensato, deciso e pianificato, a seguito di imprevedibili evoluzioni dell’ambiente di riferimento. Ma questo non deve assolutamente fare sì che il management si astenga dall’assolvere a pieno le proprie funzioni e quindi dal pensare e dal preparare il futuro della propria azienda, basandosi su un preciso iter formato, quindi, da tre elementi: previsione, pianificazione e programmazione.

15 A. Bubbio, Il budget, Principi e soluzioni tecnico strutturali per tipi d’impresa, Modelli e casi per affrontare la complessità gestionale, Il sole 24

ore, 1995, p12.

16 A. Bubbio, Il budget, Principi e soluzioni tecnico strutturali per tipi d’impresa, Modelli e casi per affrontare la complessità gestionale, Il sole 24

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1.4

Il controllo come attività di apprendimento

L’attività di direzione e di gestione dell’azienda da parte del management, non si identifica e, soprattutto, non si esaurisce esclusivamente con le fasi di pianificazione e programmazione, ma si completa e trova la sua più naturale e logica conclusione anche con la fase di controllo (figura 1.3)17.

E’ merito di questo momento e, in particolar modo, attraverso il confronto tra risultati desiderati, esplicitati nei piani, nei programmi e nei budget, e i risultati effettivamente ottenuti a seguito dello svolgimento dell’attività di gestione d’impresa, che maturano utili occasioni di apprendimento e nascono nuovi stimoli orientati al cambiamento ed al miglioramento continuo delle prestazioni aziendali nel corso del tempo.

E’ infatti nella fase di controllo che si attivano processi di accumulo di esperienza, di crescita, che saranno tanto maggiori quanto più si individueranno,

17 A. Bubbio, Il budget, Principi e soluzioni tecnico strutturali per tipi d’impresa, Modelli e casi per affrontare la complessità gestionale, Il sole 24

ore, 1995, p.15.

Pianificazione (definizione degli obiettivi strategici e delle azioni per conseguirli)

Programmazione (definizione degli obiettivi della gestione e delle azioni per conseguirli)

Azione Controllo

(controllo dei risultati conseguiti rispetto a quanto pianificato e programmato)

Necessità di rivedere la:

Necessità di rivedere la:

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attraverso un’analisi approfondita, le cause di determinati risultati, più o meno in linea con gli obiettivi che erano stati prefissati18.

In linea teorica, quindi, potrebbe anche essere corretto affermare che quante più volte si percorrono le varie fasi appena evidenziate del ciclo pianificazione – programmazione – controllo, tanto più è possibile apprendere e, di conseguenza, migliorare la gestione aziendale.

Se non esiste alcun dubbio, dunque, sulla rilevanza di questa attività finale che completa e riattiva il processo direzionale, determinandone la circolarità, è invece possibile dire che il termine controllo può risultare, in alcuni casi, piuttosto ambiguo. Attorno al suo significato ed, in particolare, al suo utilizzo sono stati fatti nel corso del tempo usi svariati, che non hanno fatto mancare problemi relativi ad una sua chiara comprensione.

Tra i principali autori di letteratura economica che hanno cercato di fare luce su questo aspetto, merita sicuramente di essere menzionato R. N. Anthony, che con il proprio lavoro, risalente al 1965, proponeva un approccio in base al quale si distingueva: la pianificazione strategica, dal controllo direzionale e dal controllo operativo.

Per ognuna di queste attività venne data una precisa definizione che condizionò, per molti anni, l’intera letteratura economico-aziendale:

 << La pianificazione strategica è il processo attraverso il quale si decidono cambiamenti negli obiettivi di un’impresa, nelle risorse che debbono essere utilizzate nel perseguimento di questi obiettivi e nelle politiche che governano l’acquisizione e l’utilizzo di queste risorse >>19;  << Il controllo direzionale è il processo attraverso il quale si cerca di

assicurare che le risorse siano ottenute e utilizzate efficacemente ed efficientemente nel perseguimento degli obiettivi aziendali >>20; da questa definizione emerge una visione un po’ meccanicistica del processo, come se le persone non fossero coinvolte nel processo in esame; visione che è stata successivamente superata dallo stesso autore, che specifica: << è il

18 A. Bubbio, Il budget, Principi e soluzioni tecnico strutturali per tipi d’impresa, Modelli e casi per affrontare la complessità gestionale, Il sole 24

ore, 1995, p. 14.

19 R. N Anthony., Sistemi di pianificazione e controllo, Etas Libri, Milano, 1967, p.16 20 R. N Anthony., Sistemi di pianificazione e controllo, Etas Libri, Milano, 1967, p.18

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processo attraverso il quale i dirigenti influenzano gli altri membri di un’organizzazione al fine di rendere esecutive le strategie dell’impresa >>21

 << Il controllo operativo è il processo attraverso il quale si perseguono l’efficienza e l’efficacia nell’esecuzione dei compiti specifici >>22;

Questo è da considerarsi come uno schema preciso e razionale, finalizzato a proporre una separazione per attività che consente di semplificare la realtà aziendale, separando il momento strategico da quello operativo e facilitando la definizione degli organi che devono presidiare i processi e i tempi nei quali è opportuno che si svolgano23.

Tutte le considerazione svolte fino a questo momento, caratterizzate da una ampia generalità circa l’argomento oggetto di discussione nel presente elaborato, sono state utili per la creazione di una base informativa che sarà funzionale all’approfondimento dei temi inerenti la pianificazione ed il controllo gestionale trattati nei prossimi capitoli.

21 R. N. Anthony, Il controllo manageriale, Franco Angeli, Milano, 1990, p.10. 22 R. N Anthony., Sistemi di pianificazione e controllo, Etas Libri, Milano, 1967, p.19

23 A. Bubbio, Il budget, Principi e soluzioni tecnico strutturali per tipi d’impresa, Modelli e casi per affrontare la complessità gestionale, Il sole 24

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Capitolo 2

2.1

Il sistema di pianificazione e controllo di gestione

In termini molto generali possiamo affermare che la gestione consiste nell’insieme delle decisioni ed azioni poste in essere dal soggetto economico per creare ricchezza, per ottenere determinati risultati e soddisfare le aspettative di tutti gli stakeholders. Tale processo può essere definito come la vera e propria

pianificazione gestionale che permette di tracciare gli obiettivi dell’azienda, le

modalità per raggiungerli e stabilire linee guida per la corretta valutazione dei risultati.

Il medesimo processo è possibile, idealmente, percorrerlo secondo una modalità inversa rispetto alla precedente, ovvero considerando i risultati ottenuti, le relative azioni che li hanno determinati ed, infine, le decisioni dalle quali sono maturate. In questo modo non faremo altro che ottenere un processo di controllo della gestione e di quanto era stato preventivamente pianificato.

Pianificare dunque, significa compiere una determinazione consapevole del

corso delle azioni attraverso la definizione di target da raggiungere, a livello patrimoniale, economico e finanziario, e scegliere quelle che sono le modalità più consone per il loro raggiungimento. E’ quindi interpretabile come il disegno del futuro desiderato dell’azienda e delle modalità atte a determinarlo.

Nel corso del tempo, a seguito del continuo modificarsi dell’ambiente in cui operano le imprese, argomento questo già affrontato precedentemente, anche i sistemi di management delle stesse sono diventati sempre più esigenti ed attenti nei confronti della pianificazione che, allo stesso modo, è stata sottoposta ad una continua e costante evoluzione. Siamo passati, infatti, ad una situazione in cui all’aumentare della turbolenza ambientale, aumenta anche l’attività decisionale e la complessità dei sistemi di management, che può essere rappresentata dai seguenti casi:

 Sistemi di management per estrapolazione (Pianificazione estrapolativa): si prendono decisioni in base a ciò che è avvenuto nel passato, attuando

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una sorta di ribaltamento del passato verso il futuro e facendo previsioni su ciò che si ritiene possa accadere. L’azienda perciò subisce i mutamenti dell’ambiente e prenderà decisioni sulla base delle osservazioni effettuate;  Sistemi di management per anticipazione (Pianificazione attiva): si

ipotizzano delle prospettive di azione, cercando di stare al passo con l’ambiente e cercando di anticipare le sue evoluzioni continue, tramite la ricerca e l’introduzione di elementi di novità, intuito e creatività da parte del management.

 Sistemi di management per risposta (Pianificazione proattiva): è un sistema molto flessibile e rapido nell’adattarsi ai fenomeni ambientali mutevoli, in cui l’attività strategica deve essere fortemente attiva, affinché possa permettere all’azienda di modificare ed anticipare l’ambiente, tramite le proprie scelte e linee di azione24.

Oggi dunque, in un contesto operativo caratterizzato da un ambiente dinamico, complesso e non prevedibile, da una forte competizione, da una riduzione della domanda dei consumatori e da un ambiente socio-politico instabile, è corretto parlare di Strategic Management, un’attività il cui obiettivo primario consiste nella flessibilità strategica e nella valorizzazione delle varie fasi di implementazione e sviluppo delle analisi riguardanti tutto ciò che circonda l’azienda nello svolgimento della propria attività, al fine di orientare i piani derivanti dalla fase di pianificazione e, di conseguenza, la gestione verso il successo.

Controllare, invece, significa porre in essere una serie di attività che permettono

al management aziendale di rilevare quelli che sono i risultati e gli obiettivi raggiunti, confrontare gli obiettivi pianificati con ciò che effettivamente è stato ottenuto e, quindi, permettere di valutare se vi sono stati degli scostamenti più o meno rilevanti ed indagare, in ultima analisi, sulle possibili cause che li hanno generati.

Il significato che il controllo può assumere, tuttavia, non si esaurisce con gli aspetti appena citati, ma va oltre. Nell’accezione più ampia e tradizionale, infatti,

24 H. I. Ansoff, Organizzazione innovativa, Ipsoa, Milano, 1987. Si veda inoltre per un’analisi approfondita del concetto di strategia e di momento

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controllo significa anche avere la capacità di guidare ed orientare la gestione dell’azienda. In particolare il concetto di controllo di gestione, non può essere rilegato esclusivamente allo strumento del budget, argomento quest’ultimo che vedremo in seguito, ma è un’attività che deve permettere di influenzare i comportamenti degli individui che lavorano all’interno dell’organizzazione e, quindi, di evitare situazioni controproducenti e contrarie al raggiungimento dei fini ultimi dell’impresa.

“I controlli aziendali” comprendono, dunque, anche tutti quegli strumenti e quelle attività che il management impiega per assicurare che i comportamenti e le decisioni delle persone che operano all’interno dell’organizzazione siano coerenti con le strategie e le finalità dell’ente economico. L’insieme di tali meccanismi può essere denominato Sistema di Controllo Manageriale (SCM), all’interno del quale, un ruolo di particolare rilevanza viene ricoperto dal controllo di gestione, che è solo una parte di tale sistema e che fonda il proprio operato sulla misurazione delle performance e sulla responsabilizzazione su parametri-obiettivo, principalmente di natura economico-finanziaria25.

Tale sistema include al proprio interno tutta una serie di strumenti, processi ed iniziative in grado di supportare costantemente l’azienda nel perseguimento dei propri obiettivi. Secondo questa accezione ampia è possibile individuare delle tipologie di controllo che possono essere sviluppate all’interno di una organizzazione, quali ad esempio:

 Controllo strategico;  Controllo direzionale;  Controllo operativo; oppure:

 Controllo sulle persone;  Controllo sulle azioni;  Controllo sui risultati 26.

25 K. A. Merchant, A. Riccaboni, Il controllo di gestione, McGraw-Hill, Milano, 2001, p.7. 26 K. A. Merchant, A. Riccaboni, Il controllo di gestione, Mc Graw-Hill, Milano, 2001.

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Dopo aver illustrato brevemente e genericamente quelle che sono le interpretazioni e le teorie di alcuni autori che credo essere funzionali all’argomento trattato nel presente elaborato, ritengo che sia possibile affermare dunque, effettuata tale ultima classificazione, che il controllo di gestione inteso come strumento in grado di impostare in maniera corretta la “direzione di marcia” dell’azienda, possa essere fatto coincidere con la piena compenetrazione di due degli elementi appena citati e, tra breve, approfonditi: il controllo

direzionale ed il controllo sui risultati.

2.2 Il controllo sui risultati

Tale forma di controllo, che secondo molti osservatori ed operatori aziendali può essere definito come controllo di gestione, è da considerarsi un utile supporto per una gestione aziendale corretta e di successo, poiché permette di responsabilizzare gli individui che lavorano nell’organizzazione sugli esiti delle loro attività, contribuendo a creare un ambiente meritocratico in cui i riconoscimenti vengono assegnati ai dipendenti più dotati di talento e a quelli che si impegnano maggiormente27. Quest’ultimo aspetto, implica l’esistenza di un attento processo di valutazione dei risultati da parte del management che determinerà l’assegnazione o meno di premi ai soggetti che operano in azienda e che dovrà avvenire, non in maniera autoritaria, ma con assoluta discrezionalità. Si viene quindi a creare una profonda responsabilizzazione nei dipendenti che permette di far capire loro quelle che sono le aree di risultato importanti da raggiungere, motivandoli grazie all’erogazione di premi direttamente connesse al loro raggiungimento. Inoltre, in questo modo, è possibile andare anche ad influenzare quelle che sono le azioni poste in essere dai vari soggetti, spingendoli a preoccuparsi delle possibili conseguenze derivanti dal loro operato e quindi ad incoraggiarli a far crescere e maturare le proprie capacità e, di conseguenza, la propria posizione organizzativa. Proprio per tutti questi motivi,

(21)

l’implementazione di un sistema di controllo basato sui risultati può risultare particolarmente utile per il conseguimento degli obiettivi aziendali.

Come accade per tutti o quasi i meccanismi e gli strumenti di controllo, anche quello in esame può essere utilizzato nelle situazioni più diverse. Tuttavia risulterà particolarmente efficace solo ed esclusivamente quando le aree di risultato ritenute importanti, potranno essere influenzate dalle attività di quei soggetti le cui azioni possono essere controllate, quando, al tempo stesso, potranno essere sottoposte efficacemente a misurazioni dei risultati ed, infine, quando il tutto fonda le proprie basi su una fondamentale strumentazione di natura tecnico-contabile: la contabilità direzionale28.

Affinché possa essere implementato all’interno di una organizzazione, è necessario che vengano rispettate quattro fasi:

1) Definizione delle dimensioni di risultato ritenute desiderate: rappresenta una fase molto importante dell’intero processo di sviluppo del sistema dei controlli sui risultati, poiché la definizione degli obiettivi gestionali

28 K. A. Merchant, A. Riccaboni, Il controllo di gestione, McGraw-Hill, Milano, 2001, p.39.

Caso sulle aziende italiane( tratto da K. A. Merchant, A. Riccaboni, Il controllo di gestione, McGraw-Hill, Milano, 2001, p. 42 )

Anche nelle aziende italiane il collegamento fra retribuzione e risultati sta diventando sempre più diretto. Secondo il Rapporto annuale sull’andamento delle retribuzioni in Italia e in Europa, redatto dalla società di consulenza Mercer, nel nostro paese nel 1999 la parte variabile della retribuzione dei dipendenti di più alto livello era pari al 14% della remunerazione totale. Per i direttori di funzione tale quota risultava dell’11%, per i quadri dell’ 8% e per gli impiegati direttivi dell’5%. Si trattava di un’indagine su 136 imprese con fatturato da 25 a 500 milioni di euro e un numero di addetti da 50 a 5000….

Le più grandi imprese italiane, come, per esempio, Fiat, Unicredito, Eni, Enel, adottano ormai da molti anni meccanismi che collegano le retribuzioni ai risultati, oggi rilevabili anche in tantissime aziende di dimensioni più piccole. Nel corso degli anni Novanta società come la CSP International ( calze e collant, 130 milioni di euro di fatturato nel 1998 ), Costan refrigerazioni ( 170 milioni ), Sadi ( progettazione e realizzazione di controsoffitti, 40 milioni ), Also Enervit ( 25 milioni ), hanno introdotto premi basati sul merito che possono arrivare al 20-30% dello stipendio. Tali incentivi sono previsti non solo per i dirigenti, ma sono estesi, talvolta, anche ai quadri e, in qualche caso, agli impiegati e agli operai.

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dell’azienda e delle misurazioni più idonee da effettuare, che dovranno essere coerenti ed in linea con le finalità e le strategie precedentemente convenute, influenza il pensiero e le idee dei dipendenti su ciò che è ritenuto importante dai vertici aziendali.

2) Individuazione degli appropriati indicatori di performance: è possibile individuare due principali categorie. La prima considera gli indicatori di natura finanziaria, quali, per esempio, l’utile netto, l’utile per azione, il margine operativo, gli indici di redditività come il ROI (rendimento del capitale investito) o il ROE (rendimento dei mezzi propri). La seconda, invece, fa riferimento a indicatori di natura non finanziaria che prenderanno in considerazione misure riconducibili, ad esempio, all’efficienza (ore di lavoro per unità prodotte), alla qualità (numero medio di difetti per unità prodotte), alla gestione delle scorte (tasso di rotazione del magazzino), ai tempi di consegna.

3) Scelta degli obiettivi che i dipendenti devono sforzarsi di raggiungere: consiste nell’andare ad assegnare ai dipendenti degli obiettivi di performance individuali, condizione questa che permette di influenzare i comportamenti con una duplice finalità. In primo luogo si ottiene un miglioramento dell’operato e della motivazione dei dipendenti, che si trovano ad avere target espliciti da raggiungere. In secondo luogo , tali obiettivi individuali, permettono ai vari soggetti di capire quello che è stato il livello quali-quantitativo delle proprie prestazioni. Tale aspetto riveste una particolare rilevanza se consideriamo il meccanismo di feed-back spesso utilizzato nei meccanismi e sistemi di controllo. Infatti, i dipendenti di un’azienda, potranno trarre benefici da questo meccanismo soltanto a seguito del confronto tra le prestazioni conseguite e quelle desiderate e, preventivamente, assegnate loro.

4) Previsione di premi (o punizioni) al fine di incoraggiare (o scoraggiare) i comportamenti che porteranno agli esiti desiderati (o indesiderati) 29.

(23)

In aggiunta alle condizioni di efficacia viste in precedenza, è possibile considerare altre condizioni che devono essere soddisfatte affinché il sistema funzioni nel migliore dei modi. Tali condizioni prevedono che:

 il management sappia quali siano i risultati e gli obiettivi desiderati nelle aree sottoposte al loro controllo e si preoccupi di renderle note con chiarezza alle persone che vi operano;

 i soggetti le cui azioni ed attività sono controllate, siano capaci di avere una certa influenza sui risultati desiderati;

 il management sia nelle condizioni di misurare i risultati in maniera efficace30.

E’ possibile dunque affermare che il controllo, ed in particolare un sistema di controllo così architettato, può definirsi efficace quando il management, disponendo delle necessarie informazioni, può essere ragionevolmente certo che nelle attività aziendali non si verificheranno rilevanti e spiacevoli contrattempi. Inoltre esso sarà tanto più efficace, quanto più orientato al futuro e correlato agli obiettivi aziendali ed in grado di minimizzare i comportamenti disfunzionali.

2.3 Il controllo direzionale

Il controllo direzionale, già definito nelle precedenti pagine ricollegandoci agli studi effettuati da Anthony, è possibile considerarlo come un controllo-guida svolto dal management di una azienda verso gli obiettivi aziendali che fonda le proprie basi su un insieme di dati a carattere preventivo e consuntivo.

I primi fanno riferimento al complesso degli obiettivi di breve termine che derivano dalla parcellizzazione del quadro strategico di obiettivi di medio e lungo periodo individuati in sede di pianificazione. I secondi, invece, esprimono quelli che sono stati i risultati delle attività aziendali. Affinché possano dare un supporto tangibile ai manager, devono essere determinati in modo tale da consentire, tramite i più adeguati meccanismi e strumenti operativi di controllo, di effettuare le necessarie comparazioni tra ciò che è stato raggiunto e ciò che era

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stato definito come obiettivo auspicabile e permettere inoltre, in caso di difformità, di attuare le necessarie azioni correttive.

Per svolgere in maniera efficiente ed efficace il proprio compito, il controllo direzionale deve comporsi di una serie di elementi e componenti strutturali di riferimento, che dovranno essere necessariamente coerenti gli uni con gli altri e che possono essere così rappresentati (figura 2.1)31:

2.3.1 La struttura organizzativa

L’elemento cardine di tale sistema è rappresentato dalla struttura organizzativa

del controllo, che consiste nella definizione, in relazione alla realtà aziendale cui

si riferisce, dei ruoli e delle responsabilità coerentemente con le risorse (umane, tecniche e finanziarie) e gli obiettivi assunti come base del controllo, la cui caratteristica, che implicitamente contiene una funzione motivante, è quella di essere difficili da raggiungere ma raggiungibili.

Inoltre è necessario che il controllo possa essere reso noto e diffuso ai vari livelli ed alle varie unità organizzative cui un’azienda si articola, tramite l’assegnazione

31 L. Marchi, I sistemi informativi aziendali, Giuffrè, Milano, 1993, p. 200. Si veda inoltre: Brunetti G., Il controllo di gestione in condizioni

ambientali perturbate, Franco Angeli, Milano, 1992

Struttura organizzativa

Stile di controllo Processo di controllo

Struttura tecnico-contabile Sistema informativo-contabile Sistema di reporting Strumenti di elaborazione automatica

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di obiettivi di natura economico-finanziaria, il tutto coerentemente con il complesso di leve economiche utilizzabili per il controllo. In questo modo si riescono a raggiungere due scopi: in primo luogo, a seguito dell’assegnazione di obiettivi specifici alle singole unità organizzative, si attua un processo di responsabilizzazione dei soggetti coinvolti operanti in esse, poiché si creano loro uno o più obiettivi sui quali focalizzare i loro sforzi; in secondo luogo, grazie all’attribuzione di leve economiche, ovvero di strumenti che hanno la capacità di rafforzare l’attività svolta per raggiungere un obiettivo, è possibile dare indicazioni ai singoli soggetti, ad esempio sui possibili prezzi da applicare in sede di contrattazione o di vendita, aumentando il potenziale del loro operato.

2.3.2 Lo stile del controllo

Il secondo componente del controllo direzionale da considerare, fa riferimento allo stile del controllo che, collegato e coerente alla struttura organizzativa, può essere definito come uno strumento che permette di creare una profonda integrazione tra gli obiettivi individuali e gli obiettivi aziendali, tramite appropriati sistemi di incentivazione e motivazione del personale.

Cercare di rendere coincidenti e sovrapponibili gli obiettivi individuali con quelli del sistema aziendale, è possibile grazie all’applicazione di alcune tipologie di controllo organizzativo ed in particolare tramite il:

 Controllo amministrativo, da intendersi come un processo di controllo formale che si basa sull’adozione di regole comportamentali, procedure e report sulle attività;

 Controllo sociale, da intendersi come un processo di controllo sui gruppi informali all’interno dell’azienda (esempi possono essere i meeting o le conventions);

(26)

 Controllo individuale, da intendersi come un processo di motivazione individuale teso a soddisfare i bisogni del singolo individuo tramite il lavoro32.

Lo stile di controllo quindi, concepibile come un mix di questi tre elementi e ricollegandolo a quanto visto precedentemente con riferimento al controllo sui risultati, mette in risalto quelli che sono gli aspetti sociali, umani e, soprattutto, motivazionali del controllo, elementi questi ultimi che permettono di implementare un sistema di controllo atto ad armonizzare gli obiettivi individuali ed incanalare i relativi comportamenti verso il raggiungimento degli obiettivi aziendali.

2.3.3 Il processo di controllo

Il terzo componente del controllo direzionale, è rappresentato dal processo di

controllo, definibile come quella sequenza di attività che vanno dalla definizione

degli obiettivi, all’ottenimento di determinati risultati, alla analisi degli scostamenti risultati su obiettivi.

È un elemento che include, dunque, un insieme di meccanismi operativi di controllo riconducibili a due diverse tipologie: meccanismi di controllo di retro-azione o di feed-back e meccanismi di controllo ante-retro-azione o di feed-forward, ovvero sulla “direzione di marcia” intrapresa dall’azienda33.

Nel processo di controllo definito in precedenza, che coincide con il meccanismo di feed-back, analizzare gli scostamenti riveste una parte fondamentale del processo, poiché è utile per capire ed intervenire in termini correttivi sul processo di pianificazione e definizione degli obiettivi, perfezionandoli.

Tuttavia, affinché possa esprimere a pieno le proprie potenzialità ed essere utilmente impiegato per la corretta gestione d’azienda, gli obiettivi, invece di essere definiti in termini generali, devono essere definiti in termini più analitici. Il meccanismo di feed-back perciò, non deve essere collegato ad obiettivi

32 L. Marchi, I sistemi informativi aziendali, Giuffrè, Milano, 1993, p. 196. 33 L. Marchi, I sistemi informativi aziendali, Giuffrè, Milano, 1993, p. 196.

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annuali, ma ad obiettivi mensili, attuando una parcellizzazione degli obiettivi ed, al tempo stesso, una mensilizzazione del feed-back.

In questo modo, osservando gli eventuali scostamenti mensili, sarà possibile intervenire immediatamente, valutando quello che è l’andamento dei risultati parziali rispetto a quelli generali, il tutto nell’ottica del loro raggiungimento. Un meccanismo del tutto diverso, invece, è quello di feed-forward, nel quale non si ha un risultato finale (annuale o mensile) ma un risultato intermedio, che permette di stimare i risultati finali futuri consentendo quindi un intervento correttivo più tempestivo. È inquadrabile dunque come una sorta di modello predittivo, che consente di definire un risultato ultimo sulla base di uno intermedio, dando così la possibilità di modificare i comportamenti o ridefinire gli obiettivi prima della fine del periodo utilizzato ai fini del controllo direzionale.

Indipendentemente dal meccanismo di controllo attuato all’interno di un’azienda, il processo di controllo può essere svolto considerando le attività rappresentate nel seguente schema logico (figura 2.2)34:

34 L. Marchi, I sistemi informativi aziendali, Giuffrè, Milano, 1993, p. 198. Definizione degli obiettivi

Misurazione dei risultati

Modello predittivo

Confronto tra obiettivi e risultati

Analisi degli scostamenti

Azione correttiva: Ridefinizione e adeguamento degli obiettivi

e delle risorse.

Azione correttiva: Modifica nello svolgimento

delle operazioni e nella utilizzazione delle risorse. Nessuna

azione correttiva Attribuzione delle risorse

Svolgimento delle operazioni

(28)

2.3.4 La struttura tecnico-contabile

Infine, l’elemento centrale del sistema di controllo direzionale coincide con la

struttura tecnico-contabile, che è in grado di fornire dati quantitativo-monetari di

base per il controllo, anche grazie all’utilizzo degli strumenti di elaborazione automatica dei dati35.

Al suo interno, un ruolo fondamentale è rivestito dal sistema informativo-contabile, che fornisce quel complesso di informazioni riguardanti le operazioni aziendali ed i dati quantitativo-monetari che vanno ad alimentare il sistema di reporting ed il successivo processo di controllo. Le informazioni ed i dati presenti in esso, non si riferiscono esclusivamente al passato, ma anche al futuro, motivo per cui avremo:

 dati a preventivo, funzionali per la definizione degli obiettivi tramite il budget;

 dati a consuntivo, relativi alla rilevazione dei risultati tramite la contabilità generale e la contabilità analitica36.

Lo sviluppo del processo decisionale e di controllo, che stanno alla base dell’attività direzionale di un’azienda, richiedono una costante verifica a livello di sintesi ed a livello di analisi dell’andamento aziendale e dei relativi risultati, verifica che la contabilità generale e la contabilità analitica, rispettivamente, sono in grado di assicurare in maniera adeguata.

Tali rilevazioni, quindi, potranno trovare un loro adeguato completamento nel sistema del budget che, in termini quantitativo-monetari, esprime gli obiettivi del controllo direzionale.

35 L. Marchi, I sistemi informativi aziendali, Giuffrè, Milano, 1993, p. 198-199. 36 L. Marchi, I sistemi informativi aziendali, Giuffrè, Milano, 1993, p.201

(29)

Capitolo 3

3.1 Modello base di pianificazione e controllo gestionale

Alla luce delle considerazioni effettuate nei precedenti paragrafi e considerando l’argomento oggetto di questo lavoro, ci soffermeremo su due processi che, solitamente tenuti distinti, caratterizzano l’attività manageriale di un’azienda: la

pianificazione strategica ed il controllo di gestione.

Si tratta in realtà di due momenti riconducibili ad un medesimo processo, ovvero di direzione aziendale, che hanno la funzione di guidare l’azienda verso gli obiettivi definiti. Tuttavia, mentre è possibile ritenere il controllo di gestione come uno strumento di natura operativa (programmi e budget di breve periodo), la pianificazione strategica deve essere inquadrata come un’attività che valuta, nel complesso, il contesto in cui l’azienda opera, definendo degli obiettivi di medio-lungo periodo e valutando, non solo la coerenza tra gli obiettivi strategici e quelli operativi, ma verificando anche che le valutazioni su cui si basano le strategie, e le successive scelte imprenditoriali, mantengano la loro validità nel corso del tempo.(tabella 3.1)37.

Carattere Pianificazione strategica Controllo di gestione

Orizzonte temporale Lungo Breve

Scopi Esplicitare i risultati attesi Guidare verso tali risultati

Output del processo Politiche di gestione e relativi piani Programmi operativi entro

i confini delle politiche e dei piani

Soggetti coinvolti Top management e staff di Top management, middle

pianificazione management e staff

amministrativa

Tipo di attività mentale Creativo - analitico Gestionale - persuasivo

Tipo di processo Irregolare, poco formalizzabile con Regolare, formalizzabile con

largo uso di informazioni da fonti largo uso di informazioni

esterne da fonti interne

37 L. Brusa, L. Zamprogna, Pianificazione e controllo di gestione; Creazione del valore, cost accounting e reporting direzionale: tendenze evolutive;

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La pianificazione strategica è, in estrema sintesi, il processo con il quale si formulano e si valutano le strategie aziendali in vista del raggiungimento degli obiettivi di base della gestione e si redigono i piani operativi mediante i quali il disegno strategico viene reso concretamente realizzabile38. Non si limita, quindi, ad evidenziare esclusivamente quelle che sono le prospettive circa la redditività attesa, lo sviluppo dell’azienda o la sua competitività ma, affinché non sia una semplice elencazione di quelle che sono le aspettative dei vertici aziendali, essa deve mettere in luce anche quelle che si ritengono possano essere le azioni più idonee per il raggiungimento degli obiettivi desiderati, cercando di porre l’accento sulle politiche e sui progetti dai quali, i dati e le informazioni dei documenti previsionali, trarranno successivamente origine.

Il controllo di gestione (definibile, a questo punto, anche come controllo

direzionale) è, invece, il processo grazie al quale la direzione aziendale si

assicura che le risorse vengano acquisite ed impiegate in modo efficace ed efficiente in vista del raggiungimento degli obiettivi esplicitati in sede di pianificazione strategica, nei quali trova il suo fondamento39. Essendo un processo direzionale, riveste un’importanza fondamentale sia per i vertici aziendali sia per il management presente ai vari livelli in cui si articola l’azienda, in quanto, la mole di informazioni e dati generati dal sistema, forniscono un valido supporto per guidare la gestione aziendale nella corretta direzione.

Nonostante la presenza di differenze tra i due processi sia chiara, è possibile, e probabilmente più corretto, considerarli come due elementi in grado di compenetrarsi a vicenda. Infatti, considerando il controllo di gestione come l’insieme delle tecniche necessarie per assicurare l’efficienza e l’efficacia delle attività e delle risorse dell’impresa, sia in termini consuntivi che preventivi, sia a livello quantitativo che qualitativo, la pianificazione strategica, di conseguenza, è

38 L. Brusa, L. Zamprogna, Pianificazione e controllo di gestione; Creazione del valore, cost accounting e reporting direzionale: tendenze evolutive;

EtasLibri, Milano, 1991, p. 14.

39 L. Brusa, L. Zamprogna, Pianificazione e controllo di gestione; Creazione del valore, cost accounting e reporting direzionale: tendenze evolutive;

EtasLibri, Milano, 1991, p. 14. Le opere che hanno per oggetto il controllo di gestione sono numerose. È possibile consultare al riguardo: Brusa L., Dezzani F., Budget e controllo di gestione, Giuffrè, Milano, 1983; Brusa L., Sistemi manageriali di programmazione e controllo, Giuffrè, Milano, 2000; Bandettini A., Controllo di gestione: aspetti tecnico-contabili, Cedam, 1980; Bergamin Barbato M., Coda V., Programmazione e controllo in

un’ottica strategica, Utet, Torino, 1991; Agliati M., Management – Budget e controllo di gestione, Volume 5, Università Bocconi Editore, Milano, 2005

(31)

da considerarsi come una parte integrante e necessaria del controllo di gestione, pur necessitando per la loro realizzazione di differenti strumenti e sistemi di supporto.

La pianificazione ed il controllo dell’attività aziendale, quindi, sono due aspetti fondamentali per la crescita e la sopravvivenza di un’organizzazione. L’attività di direzione svolta dal management, ha il compito di orientare la gestione sia verso gli obiettivi strategici che verso gli obiettivi operativi. Di conseguenza, lo sviluppo di un efficiente ed efficace sistema di pianificazione e controllo, all’interno del quale dovrà essere necessariamente previsto, come abbiamo già avuto modo di constatare, un adeguato e coerente processo di programmazione, può essere considerato come un prezioso supporto per le decisioni dei vertici aziendali, finalizzate al successo dell’azienda.

3.2 La pianificazione strategica

A livello teorico, il concetto di strategia d’azienda può essere facilmente sintetizzato affermando che essa rappresenta l’efficiente ed efficace utilizzazione delle risorse aziendali, materiali, immateriali ed umane, al fine di raggiungere un determinato obiettivo.

A livello di attuazione pratica, un sistema di pianificazione della gestione ed in particolare, di pianificazione strategica della gestione, deve affrontare contemporaneamente le problematiche legate alla gestione dei fenomeni ambientali, interni ed esterni all’azienda, la cui analisi e valutazione dei possibili effetti, costituiscono la base su cui andare a definire le strategie da adottare in un orizzonte temporale di medio-lungo periodo.

Il momento di definizione delle strategie da perseguire crea, all’interno di un’azienda, tutta una serie di problemi derivanti dalla individuazione di alcune aree da tenere sotto stretto controllo ed osservazione. Queste sono le aree gestionali critiche, quali ad esempio la posizione sul mercato, la formazione del

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personale, oppure le relazioni sociali, dalla cui efficacia dipende gran parte del successo o dell’insuccesso dell’azienda40.

Tali aree gestionali critiche, possono derivare ed essere generate anche da altri elementi che, durante lo svolgimento dell’attività di gestione d’impresa, possono emergere dallo scenario, interno ed esterno, all’azienda: i fattori critici di

successo41. Vengono chiamate in questo modo tutte quelle variabili chiave di

numero limitato, di carattere economico-finanziario e non economico-finanziario, che permettono di capire dove focalizzare le proprie azioni, i propri sforzi e le proprie strategie, per acquisire un certo vantaggio competitivo nei confronti delle imprese concorrenti, costituendo ,quindi, le fondamenta per il successo di ogni azienda.

I fattori critici traggono la loro origine da alcune fonti, esterne ed interne, che possono essere utilizzate come “spunti di partenza” per la loro individuazione. Con riferimento alle fonti esterne, validi esempi possono essere:

 la struttura del settore (tecnologie usate, bisogni dei consumatori da soddisfare, posizionamento nel comparto, localizzazione geografica, ecc);  i fattori ambientali (orientamento dei consumatori, tendenze

socio-politiche, cambiamenti nelle regolamentazioni, ecc)42. Tra le fonti interne, invece, è possibile menzionare:

 le aree operative più rilevanti in cui un’azienda si articola;

 le caratteristiche dei dirigenti e del personale che opera in azienda;

 le aree operative più rilevanti con un elevato impatto sui risultati economici;

 i mutamenti nelle performance aziendali43.

L’individuazione di un’area gestionale critica che, come abbiamo visto, può avere due determinanti, la strategia prescelta ed i fattori critici di successo, consente, infine, di evidenziare quelli che sono i parametri-obiettivo da

40 F. Aloi, A. Aloi, Il budget e il controllo di gestione per le PMI, Ipsoa, 2005, p.15. 41 F. Aloi, A. Aloi, Il budget e il controllo di gestione per le PMI, Ipsoa, 2005, p.17. 42 Pozzoli S., Fattori critici di successo, Cedam, 1996, p 169-170

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raggiungere ed i necessari strumenti di controllo da adottare per le relative verifiche.

La determinazione della strategia da perseguire sulla base delle informazioni desunte dall’analisi dell’ ambiente, esterno ed interno all’azienda, condiziona l’assetto e la conformazione della gestione nei suoi vari aspetti organizzativi, economici e finanziari, decretandone il successo o l’insuccesso in termini di crescita e di sviluppo nel medio, ma soprattutto, lungo termine.

A tal proposito, e come vedremo tra breve, l’individuazione di un corretto iter di pianificazione strategica e la successiva costruzione di un piano a medio e lungo termine, hanno come obiettivo quello di delineare le reciproche relazioni, coerenti e compatibili, tra redditività, finanziamenti e competitività che, “alimentandosi” vicendevolmente, sono in grado di porre le basi per il futuro dell’organizzazione. Infatti, una buona redditività permette di attrarre i possessori di capitale di rischio, il che si traduce in una maggiore possibilità di poter usufruire di finanziamenti, ad esempio dal canale bancario, che permettono di impiegare un numero crescente di risorse in investimenti funzionali all’attività dell’impresa. Maggiori investimenti significano poter disporre di innovazioni, che a loro volta indicano maggiori capacità competitive che, in ultima analisi, sono fonte di una ulteriore crescita e sviluppo reddituale.

È possibile dunque affermare che negli ultimi anni, le motivazioni che hanno portato le aziende ad avvertire una crescente esigenza di adottare ed applicare strumenti per l’implementazione ed il controllo delle strategie, sono cresciute con un ritmo direttamente proporzionale alle mutate condizioni dell’ambiente in cui le imprese si trovano ad operare.

Come già accennato nel primo capitolo, elementi quali la competitività globale, la difficoltà nel reperire risorse finanziarie, la rapida obsolescenza dei prodotti e dei servizi, i continui cambiamenti nell’orientamento e nei gusti dei consumatori, contribuiscono a rendere molto difficile, per le aziende, riuscire a prendere decisioni in maniera tempestiva e razionale, ottimizzando oltretutto la capacità di creare valore tramite lo svolgimento della loro attività.

(34)

Il quadro di riferimento che si va delineando è, quindi, sempre più complesso e rispecchia una economia caratterizzata da una elevata instabilità che costringe i vertici aziendali a strutturare un processo di rilevazione continua delle informazioni provenienti dall’ambiente esterno, per valutarne i cambiamenti e, sulla base di essi, creare o mantenere un vantaggio competitivo.

La pianificazione strategica, perciò, favorisce il management nell’adattare l’attività di gestione d’impresa ai cambiamenti ambientali, tramite la definizione di programmi ed obiettivi in relazione alle risorse di cui potrà disporre. Infine, tale processo obbliga a dover compiere non solo una dettagliata analisi e riflessione sui potenziali eventi futuri, ma stimola la definizione di obiettivi di medio-lungo periodo che coincidano con delle vere e proprie sfide rispetto alla realtà in oggetto inserita in un determinato scenario.

3.2.1 Le fasi della pianificazione strategica

E’ necessario fare una premessa. L’analisi strategica, funzionale al processo di pianificazione strategica, può essere effettuata sia con riferimento al complesso aziendale che a livello di aree strategiche d’affari (ASA o SBU, strategic business unit), affinché si possano meglio focalizzare le strategie e l’analisi dei fattori critici di successo. Sicuramente articolare l’impresa in ASA permette di pianificare con un dettaglio maggiore gli obiettivi da raggiungere, adottando una differenziazione nelle strategie relativa al prodotto, al settore, al mercato relativi alla singola area d’affari.

Indipendentemente dalla scelta adottata, le fasi fondamentali per una efficace pianificazione strategica possono essere riassunte nel seguente modo:

1) l’analisi dell’ambiente: si è più volte ormai messo in evidenza quanto sia

importante monitorare l’evoluzione delle condizioni ambientali di vario tipo (economiche, politiche, tecnologiche, socio-culturali), al fine di configurare dei possibili scenari di riferimento ed adattare le strategie

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