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LA CAUSALITÀ MATERIALE IN MEDICINA LEGALE Prof. Mauro Barni∗

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TAGETE n. 1 Marzo 2004 Anno X

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LA CAUSALITÀ MATERIALE IN MEDICINA LEGALE Prof. Mauro Barni

Il tema della causalità materiale in Medicina legale è stata oggetto nell’ultimo ventennio di un confronto serrato con la ricerca e con la conoscenza scientifica, svincolato così in determinante misura dalla elegante artificiosità di formule, spesso persuasive ma per loro natura statiche e convenzionali, al fine di armonizzare nuove esigenze giuridiche con nuove potestà scientifiche.

Questo viraggio, che anela alla unicità e alla centralità nel metodo scientifico, è stato autorevolmente proposto da tempo ai medici legali da un insigne giurista1 particolarmente sensibile alla esemplare urgenza di riferimenti oggettivi nella ricerca delle cause in ambito biologico (già autorevolmente tracciata)2 e pertanto prodigo di suggerimenti ai cultori della medicina forense ed ansioso di un adeguamento del nostro diritto e dei suoi strumenti operativi alle prospettive ed alle garanzie di verità e di equità ormai non più assicurate da schemi operativi realizzati per un altro tempo e per un’altra società, meno permeabile al pensiero filosofico e alla penetranza scientifica.

D’altronde, la sperimentata resistenza dei consueti modelli valutativi alle opportunità offerte dal progresso scientifico alla riflessione etica ha ispirato una più solida valutazione e un più severo impegno dialettico in ordine alle cause materiali degli eventi di rilievo giuridico, sottraendoli alla pretesa induttiva o alla mera ricerca della adeguatezza3 confidata alla autorevolezza dell’interprete.

In breve si doveva e si deve tener conto del fatto che non v’è ormai di coerente con la scienza e di utile per la giustizia che il ricorso alle leggi scientifiche da cui trarre, come vuole Vassalli4, il significato metagiuridico e il destino processuale di prove processulamente certe che solo la evidenza scientifica è capace di supportare, come la deontologia medica non poteva, pur senza dimenticare il solenne giuramento ippocratico, rimanere solo nomologica, così la classica criteriologia m.l. in tema di causalità non poteva integralmente sopravivere, in quanto corrispondente ad un grado di civiltà biomedica precedente all’attuale, fermo restando il pregio anche didattico dei suoi postulati. Lo stesso Cazzaniga, auspicava del resto una maggiore oggettività attraverso la ricerca e la applicazione di una criteriologia non rozza per il suo tempo,

Professore di Medicina Legale, Università di Siena.

1 Stella F., Le incomprensioni tra scienza giuridica e scienza medico legale: un pericolo da scongiurare , Riv. it. Med.

leg. 1979, 1:7-16.

2 Cazzaniga A., Criteriologia medico forense, Soc. Ed. Pavese, 1960.

3 Stella F., Giustizia e modernità: la protezione dell’innocente e la tutela delle vittime , Giuffrè, Milano, 2003.

4 Vassalli G., loc.cit., nota 10.

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2 proponendo strumenti e moduli di maggiore duttilità e di più realistica incisività (ivi compreso quello della probabilità) ai fini di un giudizio che non poteva restar soggettivo ancorché quanto si voglia autorevole.

Una felice stagione di convegni m.l. dei primi anni ’90 (e precisamente; 1990: Macerata;

1991: Pavia)5, ha poi arricchito la consapevolezza m.l. di ulteriori contributi profusi dalla scienza giuridica, propedeutica alla ridefinizione di un capitolo fondamentale per la medicina legale e le scienze medico-forensi, con reazioni generalmente positive. A tale processo ho ripetutamente dato un personale contributo6, anche nell’ancor recente Convegno di Pavia del 26-27 settembre 2002, dedicato al ricordo di Antonio Fornari.7

Eppure, si ha ancora la sensazione che, in qualche misura la pratica peritale sia tuttora in preda ad un perdurante gap anche rispetto ad altri sistemi giudiziari tanto da far dire che:

“l’applicazione della criteriologia medico-legale per l’accertamento del nesso causale è ben dura a cedere nonostante la critica che essa può comportare per lo stesso caso e per ogni singolo medico, una serie di analisi sui differenti momenti della condotta medica, rendendo così estremamente complessa l’indagine peritale … per cui si impongono quelle logiche probabilistiche, che – specie nella medicina legale della responsabilità medica, sia essa commissiva ovvero, a maggior ragione, omissiva – compongono un criterio di massima importanza”. Ed è proprio ai fini della ricerca della verità che la medicina legale non è talvolta in grado di garantire un fondamento scientifico se non utilizzando a pieno “tale criterio che tuttavia può essere anch’esso particolarmente rischioso se non viene applicato con il massimo rigore metodologico”.

In effetti, se opportunamente sopravvive il significato pratico della criteriologia, in ambito di lesività meccanica e nel quadro tipico della traumatologia forense, ove può raggiungersi la certezza di causa senza grossi problemi, salvo quelli indotti da concausalità preesistenti, da cofattori lesivi, da sequele irregolari, altre più complesse indagini (come quelle, ad esempio, in tema di tossicologia industriale, di ecotossicologia, di intossicazioni voluttuarie, di effetti collaterali ed avversi dei farmaci, di nocumenti biologici da energie radianti ed elettromagnetiche, relative a causalità

5 Di tali convegni restano di sommo interesse gli atti: - Il medico legale nel processo penale: il rapporto causale in medicina legale (a cura di F. Celi) Il lavoro editoriale Università, Macerata, 1992.- La causalità tra diritto e medicina, Edimes, Pavia, 1992.

6 Barni M.: Il rapporto di causalità materiale in medicina legale, Giuffré, Milano 1995, cui fanno seguito dell’A.: Il giudizio medico legale della condotta sanitaria omissiva , Riv. It. Med. Leg. 1994; 16: 13-20; Dalla valorizzazione scientifica alla valorizzazione giurisprudenziale del nesso causale , ibidem, 1995; 17: 1021-1025

7 La mia relazione è pubblicata in Riv. it. Med. leg. , 2003 25:1-20: La causalità nella consulenza m.l.: dalla

adeguatezza alla certezza al di là del ragionevole dubbio . Cfr. anche la pregevole puntualizzazione di Norelli G.A. e Fineschi V.: Il medico legale e la valutazione dei temi e dei problemi della modernità: spunti dottrinari per una metodologia operativa condivisa, in Riv. it. Med. leg, 2003, 25, 263-278.

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3 iatrogene, a motivo della possibile plurifattorialità del danno, talvolta estraneo alla lesività di interesse giudiziario, risultano del tutto ribelli all’empirismo criteriologico ed anche a fortori ad affermazioni di certezze peritali. E ciò vale soprattutto per le indagini relative al danno prodotto da errore professionale del medico, stante la frequente aspecificità dell’evento la cui natura biologica e la cui estrinsecazione clinica non mutano in ragione del fattore (d’interesse giuridico o non) che l’abbia determinate, richiedendo pertanto una analisi scientifica ed epidemiologico-statistica (sempre scientifica, quindi) della causalità. Solo per certe condizioni “protette” in regimi assicurativo-sociali o assistenziali è ammesso il ricorso a soluzioni presuntive (malattie professionali tabellate, ad es.). Ed infatti nelle materie nelle quali la erosione da parte della giurisprudenza dei paradigmi causali appare più evidente, si ricorre ancora ad una ricostruzione della causalità ancorata a fattori di tipo altamente e vagamente prognostico-possibilistico, se non addirittura induttivo, limitato quindi alla rilevazione del rischio o all’aumento del rischio connesso alla gestione diagnostico-terapeutica della fattispecie ovvero alla mostruosità dell’evento (res ipsa loquitur). Ma, a parte certe condizioni particolari, l’indurre la responsabilità causale dalla attitudine potenzialmente causale di un dato fattore o dalla irregolarità di un risultato implica un salto dialettico non solo arbitrario ma anche lesivo della necessarietà scientifica, condizione che urge e che non è dato superare se non quando confligga con lo statuto morale dell’uomo. Anche lo strumento statistico e il dato epidemiologico8 vanno per vero maneggiati con esperta cautela in quanto trattasi di indicatori scientifici insieme successivi e delicatissimi al fine di offrire reale peso nella rilevazione del nesso causale, nel cui plurimo contesto devesi decidere se l’azione o l’omissione fu condizione necessaria al verificarsi dell’evento non tanto per la sua idoneità quanto per la sua dimostrata afferenza. Alla certezza che l’evento (in caso di comportamento omissivo) non si sarebbe verificato grazie all’effetto impediente di un diverso comportamento correttamente attivo (commissivo) va comunque assimilata quella probabilità confinante con la certezza che può e deve ragionevolmente raggiungersi, posto che ragionevolmente significa razionalmente, scientificamente.

Così va inteso a mio avviso, da parte del medico legale, il criterio nomologico-deduttivo da offrire alla decisiva valutazione del Giudice.

Occorre in definitiva proseguire anche nell’ambito della medicina legale nel rinnovamento del metodo d’indagine tecnica di cui lo snodo fondamentale è rappresentato dalla distinzione tra verità causale e prova del rapporto causale.

8 Vineis P. L’interpretazione causale degli studi epidemiologici, in Atti Convegno di Pavia, cit. nota n. 8

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4 L’accertamento è dunque assolutamente complesso, non può valicare i limiti validati della scienza e deve, offrire parametri, strumenti, in pratica leggi scientifiche, utili ma non decisivi ai fini dell’accreditamento giudiziale della causa dell’evento. L’attribuzione potrà non essere certa assolutamente, ma lo sarà giuridicamente se confortata da dati convergenti - sufficienti, scientificamente validi – e, solo come tali, autorevoli. Ed è questo il compito del consulente.

In ambito, ad es., di accertamento della responsabilità medica occorre un procedimento cui sono necessari tre ordini di documenti di sostegno (costituenti leggi scientifiche di copertura):

- linee-guida che esprimano un convincente e auspicabilmente generale indirizzo sulla essenzialità di un momento causale;

- documentazioni scientifiche sul grado di efficacia del fattore in questione;

- quadri di riferimento sull’usuale decorso degli eventi clinici regolarmente diagnosticati e trattati, anche in termini di sopravvivenza secondo una traslazione concettuale della criteriologia prognostica.

Per chi aderisce ad una medicina legale della prova scientifica, la documentazione scientificamente accreditata “rappresenta” l’essenziale sostegno del giudizio m.l. e deve essere utilizzata per non lasciare il giudice facile preda delle convinzioni soggettive dei periti, pur sperimentati che siano. In altri termini l’inevitabile ragionamento probabilistico richiede una raccolta di informazioni scientificamente validate per poter consentire una determinata associazione processuale.

Il punto finale resta quello della probabilità ; ma è inutile ricorrere ancora una volta il drammatico “giuoco” delle percentuali, cui giurisprudenza anche autorevole aveva talora indulto, sperando così di blindare il giudizio, senza tener conto del fatto che anche il valore della prova scientifica non è mai assoluto in considerazione della incertezza della scienza. Ciò che conta è la forza causale del momento attivo od omissivo che abbia il conforto della legittimità scientifica, che si accrediti pertanto come fattore deterministico non meramente idoneo ma concretamente essenziale (conditio sine qua non), essendo ritenute ormai tutte cariche di iniquità e tutte contrarie al binomio giustizia-modernità teorie come:

- la uguaglianza dei dati quanto a valenza causativa;

- la ricerca della verità assoluta;

- la suggestione dell’aumento del rischio;

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5 - la irregolarità (anche etica) dell’evento.

Si tratta in effetti di teorie, filosofie, presunzioni che, giova ripeterlo, nulla hanno a che fare con la ricerca scientifica della connessione causale e, di conseguenza, con la consulenza m.l. ad essa ispirata. S’impone invece una penetranza reciproca tra scienza, morale e diritto che ha ben più ampio, universale respiro, e lo ha soprattutto quando entrino in relazione o addirittura in contrasto valori e diritti connessi al dispiegarsi della vita dell’uomo, quando, in altri termini, preminente oggetto di speculazione è la condizione biologica che ne è tipica e non rinunciabile espressione.

Il compito del medico legale è dunque quello di fornire al Giudice un alto grado di credibilità a conferma dell’ipotesi formulata nello specifico fatto. È invece compito del Giudice trarne una convinzione prossima alla certezza. In questo senso è indubbio come coefficienti medio- bassi di probabilità per tipi di evento rivelati dalla legge statistica (ed ancor più da generalizzazioni empiriche proprie del senso comune o da rilevazioni epidemiologiche), impongano verifiche attente e puntuali sia della fondatezza scientifica che della specifica applicabilità nella fattispecie completa. Ma nulla esclude che anch’essi possano essere utilizzati per il riconoscimento giudiziale del necessario nesso di condizionamento. Viceversa, livelli elevati di probabilità statistica o schemi interpretativi dedotti da leggi di carattere universale, pur configurando un rapporto di successione tra eventi rilevato con regolarità o in numero percentualmente alto di casi, pretendono sempre che il Giudice ne accerti il valore eziologico effettivo, insieme con la carenza nel caso concreto di spiegazioni diverse, controllandone quindi l’attendibilità in riferimento al singolo evento e all’evidenza disponibile.

In definitiva, con il termine alta o elevata credibilità razionale o dell’accertamento giudiziale, non si pretende fare riferimento al parametro indicante una mera relazione quantitativa entro generi di eventi ripetibili ed inerente come tale alla struttura interna del rapporto di causalità, bensì ai profili inferenziali della verifica probatoria di quel nesso rispetto all’evidenza disponibile ed alle circostanze del caso concreto, non essendo consentito dedurre automaticamente dal coefficiente di probabilità statistica espresso dalla legge la conferma dell’ipotesi sull’esistenza del rapporto di causalità.

La moderna dottrina che ha approfondito la teoria della prova dei fatti giuridici ha infatti precisato che, mentre la probabilità statistica attiene ala verifica empirica circa la misura della frequenza relativa alla successione degli eventi (strumento utile e talora decisivo si fini

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6 dell’indagine causale), la probabilità logica connota l’incedere induttivo del ragionamento probatorio per stabilire il grado di conferma dell’ipotesi formulata in ordine allo specifico fatto da provare. Su questo punto, le Sezioni Unite della Cassazione penale9 hanno ritenuto, con particolare riguardo ai decorsi causali ipotetici, complessi o alternativi, come rimanga compito ineludibile del diritto e della potestà giudiziale stabilire se la postulata connessione nomologica (base per il libero convincimento del giudice non esaustiva di per sé stessa, ai fini della verifica esplicativa del fenomeno) debba considerarsi razionalmente credibile, così da attingere quel risultato di certezza processuale che, all’esito del ragionamento probatorio, sia in grado di giustificare la logica conclusione caratterizzata da un alto grado di credibilità razionale, quindi di certezza processuale.

Per contro, l’insufficienza, la contraddittorietà e l’incertezza probatoria (e quindi il plausibile e ragionevole dubbio) non possono non comportare l’esito assolutorio stabilito dall’art.

530, comma 2 c.p.p., secondo il principio dell’in dubio pro reo.

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In ordine al problema dell’accertamento del rapporto di causalità, con particolare riguardo alla categoria dei reati omissivi impropri ed allo specifico settore dell’attività medico-chirurgica, la Corte ha enunciato i seguenti principi di diritto.

• Il nesso causale può essere ravvisato quando, alla stregua del giudizio controfattuale condotto sulla base di una generalizzata regola di esperienza o di una legge scientifica – universale o statistica – , si accerti che, ipotizzandosi come realizzata dal medico la condotta doverosa impeditivi dell’evento, questo non si sarebbe verificato, ovvero si sarebbe verificato ma in epoca significativamente posteriore o con minore intensità lesiva.

• Non è consentito dedurre automaticamente dal coefficiente di probabilità espresso dalla legge statistica la conferma, o meno, dell’ipotesi accusatoria sull’esistenza del nesso causale, poiché il giudice deve verificarne la validità nel caso concreto, sulla base delle circostanze del fatto e dell’evidenza disponibile, così che, all’esito del

9 Cass. pen. a sezioni unite, 11 settembre 2002, n. 30328.

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7 ragionamento probatorio che abbia altresì escluso l’interferenza di fattori alternativi, risulti giustificata e processualmente certa la conclusione che la condotta omissiva del medico è stata condizione necessaria dell’evento lesivo con alto o elevato grado di credibilità razionale o probabilità logica.

• L’insufficienza, la contraddittorietà e l’incertezza del riscontro probatorio sulla ricostruzione del nesso causale, quindi il ragionevole dubbio, in base all’evidenza disponibile, sulla reale efficacia condizionante della condotta omissiva del medico rispetto ad altri fattori interagenti nella produzione dell’evento lesivo, comportano la neutralizzazione dell’ipotesi prospettata dall’accusa e l’esito assolutorio del giudizio.

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Per tornare all’ambito più strettamente medico-legale, e in particolare al problema della causalità in ambito di responsabilità medica, giova ricordare l’elaborato della Corte Suprema10 degli USA in re Daubert (1993), che

«partendo dalla premessa secondo cui nella scienza non ci sono certezze e che in realtà, gli scienziati non affermano di cercare ciò che è immutabilmente vero, perché si dedicano alla ricerca di nuove teorie provvisorie per spiegare, nel modo migliore possibile, i fenomeni, e che la validità scientifica per uno scopo non è necessariamente valida per altri scopi correlati al primo enuncia, i seguenti principi:

- per essere qualificata come conoscenza scientifica, un’inferenza o una asserzione deve essere acquisita con metodo scientifico (…): sicché la circostanza che la testimonianza di un esperto sia attinente alla conoscenza scientifica determina un principio di affidabilità probatoria;

10 Ampiamente riportata da Stella: cfr nota 3.

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8 - di norma, una domanda chiave cui rispondere quando si intende stabilire se una teoria o una

tecnica sia una conoscenza scientificamente affidabile è se essa possa essere (e sia stata) testata. La corrente metodologia scientifica si basa sulla formulazione di ipotesi e sul controllo delle stesse, per vedere se possano essere falsificate; ed effettivamente questa metodologia è ciò che distingue la scienza dalle altre discipline della ricerca umana

- l’accettazione generale per avere un peso nell’indagine ed una valutazione di affidabilità consente, anche se non richiede, l’esplicita identificazione di una comunità scientifica rilevante e una espressa definizione di un particolare grado di accettazione all’interno di quella comunità;

- l’accettazione diffusa può essere un fattore importante per stabilire l’ammissibilità di una particolare prova, mentre una tecnica che è stata in grado di ottenere solo un supporto minimo nella comunità (…) potrebbe complessivamente essere vista con scetticismo;

- nel caso di una particolare tecnica scientifica, le Corti debbono considerare il tasso noto o potenziale di errore (…) provvedere all’applicazione costante di standard di controllo dell’efficacia della tecnica;

- le conclusioni scientifiche sono soggette a continua revisione (…). E va riconosciuto al giudice il ruolo di custode”: le prove addotte dagli esperti possono essere importanti, ma anche del tutto fuorvianti, a causa delle difficoltà di valutarle. In considerazione di questo rischio (…) il giudice esercita un controllo molto maggiore sugli esperti che non sui normali testimoni».

Sottolineando la portata di questa Sentenza, che negli Stati Uniti costituisce ormai una pietra miliare per lo sviluppo della giurisprudenza sulla causalità, se ne auspica dunque una realistica adozione anche nella nostra realtà medico-legale almeno per quanto concerne i principi in essa contenuti.

È doveroso ricordare che anche alcuni criteri medico-legali sono citati dalla Cassazione (in sezioni unite) e ritenuti utili e utilizzabili solo se provvisti delle «cadenze tipiche delle più aggiornate criteriologie medico-legali»: il che sta a significare che il medico legale può (deve) presentare (render palesi) le scansioni, i passaggi della propria argomentazione così come fa il clinico allorché deve formulare una diagnosi prima differenziale e poi definitiva. La sentenza fa riferimento ad esempio al

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9 a) criterio della attendibilità scientifica discendente positivamente dal confronto

con le leggi e i principi della scienza;

b) criterio della regolarità causale confortato dalla coerenza patogenetica e della validazione epidemiologica;

c) criterio della irrilevanza (non incidenza) di causalità diverse, fondato sulle evidenze disponibili e asseverato dall’esperimento controfattuale, tenendo conto del tasso noto o potenziale di errore. A ben guardare lo schema adottato in re Daudert sta ormai pervadendo il dettato della nostra giurisprudenza.

L’auspicio di una nuova criteriologia implica tuttavia uno studio attento, avvalorato dall’apporto concreto di molteplici esperienze, per cui dando volentieri atto di un avvicinamento sensibile tra le diverse posizioni medico-legali, non mi rimane che riproporre un intervento della società scientifica, nei modi, nei tempi e con l’autorevolezza propria di una consensus conference, da me molto auspicata.

Concludendo, è ben vero che il tema ed il suo svolgimento sin qui enunciati valgono prevalentemente nell’ambito penalistico, che ancora si attiene allo schema codicistico della certezza processuale (artt. 40,41 c.p.); ma è altrettanto vero che va rispettata analoga procedura in ambito civilistico per quanto riguarda la consulenza del medico legale. Anche in materia civile, la valutazione del nesso è compito esclusivo del Giudice il quale dispone, comunque, e particolarmente in regime di contrattualità, di uno spazio decisionale molto più ampio, dovendo solo stabilire se il nesso stesso è più probabile che non, e potendo considerare processualmente probatorie anche teorie, leggi, calcoli, ipotesi provviste di una affidabilità minore e non del tutto immuni da qualche ragionevole dubbio.

Il Giudice ancora peritus peritorum? Lo sarà sempre in quanto domiinus del processo, ma non certo della edificazione scientifica della prova, di cui in ambito biologico, il medico legale continuerà pur sempre a rappresentare l’insostituibile interprete, nel segno di un protagonismo peraltro tale solo se sostenuto da qualità scientifiche ed etiche.

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