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La via europea per il risarcimento del danno alla persona:

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La via europea per il risarcimento del danno alla persona:

La risoluzione 75-7 del comitato dei ministri del consiglio d’Europa

Dr. Marco Bona*

Quando in Italia il danno biologico filtrava a stento attraverso gli isolati spiragli aperti dalla giurisprudenza di merito1 e la dicotomia danni patrimoniali/danni non patrimoniali costituiva per le corti un limite decisamente arduo da superare, il Comitato dei Ministri del Consiglio d’Europa adottava il 14 marzo del 1975 la Résolution (75) 7 relative à la réparation des dommages en cas de lésions corporelles et de décès 2.

In tale documento il Consiglio d’Europa metteva a disposizione dei vari Stati membri una sua proposta, concreta e pragmatica, per la pianificazione a livello europeo del risarcimento del danno alla persona, indicando i vari tipi di pregiudizi risarcibili ed i principi-guida per la loro liquidazione.

La Risoluzione si poneva, quindi, come punto di partenza per l’avvicinamento degli schemi risarcitori presenti nei singoli ordinamenti nazionali, che, allora come oggi, differivano profondamente tra loro3.

Essa, tuttavia, non riscosse tra gli operatori giuridici di allora quell’interesse, che meritava, rimanendo così, salve rare occasioni4, chiusa per lungo tempo in un vero e proprio dimenticatoio.

Gli anni trascorsi non hanno comunque privato il contributo del Consiglio d’Europa del suo valore: la Risoluzione può infatti offrire notevoli spunti per analizzare i risultati raggiunti nei singoli Stati membri relativamente al danno alla salute e per vagliare le prospettive in questo campo di un’eventuale armonizzazione; al contempo può costituire un ulteriore punto di riferimento per meglio argomentare il risarcimento di quei pregiudizi alla persona, che incontrano ancora delle difficoltà.

La stessa Corte di Cassazione, in Generali Ass., Vitellano e Avis Autonolleggio c. Filippini, ha recentemente affermato la “valenza interpretativa” dei principi contenuti nella Risoluzione5.

* Facoltà di Giurisprudenza di Torino

1 Trib. Genova, 25 maggio 1974, in Giur. it., 1975, I, 2, 54 ss., con nota di BESSONE e ROPPO.

2 CONSEIL DE L’EUROPE, Réparation des dommages en cas de lésions corporelles et de décès, Ed. Conseil de l’Europe, Strasbourg, 1975. Il testo originale in francese è reperibile in LAMBERT-FAIVRE, Droit du dommage corporel, Dalloz, Paris, 3° ed., 1996;LE ROY, L’évaluation du préjudice corporel, Litec, Paris, 1996; Per una sua recente traduzione in italiano si rinvia a PETTI, Il risarcimento del danno biologico, Torino, 1997.

3 Per una panoramica dei vari sistemi europei si rinvia ai seguenti scritti: MOLINARI, Il risarcimento dei danni fisici da incidenti stradali in Europa e nei paesi extra-europei, Padova, 1998;WARREN NEOCLEOUS, Personal Injury - Practice and Procedure in Europe, Cavendish, London, 1997; PROCIDA MIRABELLI DI LAURO, La riparazione dei danni alla persona, Napoli, 1993;DESSERTINE, L’évaluation du préjudice corporel dans les pays de la C.E.E., Litec, Paris, 1990; AA.VV., Compensation for Personal Injury in Sweden and other Countries, Juristförlaget, Stockholm, 1988;

4 Il riferimento è soprattutto ai Colloqui di Parigi del 1988, il cui resoconto è pubblicato in DESSERTINE, L’évaluation du préjudice corporel dans les pays de la C.E.E., cit.. Si trovano inoltre degli accenni alla Risoluzione nell’interessante lavoro svolto in Inghilterra dalla Pearson Commission: ROYAL COMMISSION ON

CIVIL LIABILITY AND COMPENSATION FOR PERSONAL INJURY, Report, HMSO, London, 1978.

5 Cass., Sez. III, 11 aprile 1997, n. 3170, in MONATERI-BONA, Il danno alla persona, Padova, 1998, 474 ss.

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La Risoluzione 75-7

La Risoluzione risulta articolata in tre parti:

1. La prima parte contiene 19 principi relativi al risarcimento dei danni derivanti da lesioni personali e da morte (“Principes concernant la réparation des dommages en cas de lésions corporelles et de déces”);

2. La seconda indica le ragioni e gli scopi, che hanno spinto il Comitato dei Ministri a redigere la risoluzione in esame, nonché la spiegazione dell’impostazione seguita (“Exposé des motifs”);

3. La terza parte consiste in un sintetico commento ai principi individuati nella prima sezione (“Commentaires”).

1) Ragioni e scopi della Risoluzione.

Nell’Exposé des motifs il Consiglio d’Europa ricorda che il suo ruolo istituzionale è quello di contribuire alla realizzazione di un’unione più stretta e pregante tra gli Stati membri e che questo scopo può essere raggiunto principalmente tramite due vie diverse: o l’unificazione (unification) o l’armonizzazione (harmonisation) delle regole giuridiche.

Il Consiglio evidenzia altresì che per unificare o armonizzare tra loro le norme dei diversi sistemi è importante procedere con l’unificazione delle differenti nozioni giuridiche, cui si richiamano i singoli Stati membri.

Nel campo della responsabilità civile6 il Consiglio ritiene che una delle necessità primarie è senz’altro quella di avvicinare tra loro le differenti nozioni di danno materiale (“dommage matériel”) e di danno morale (“dommage moral”) presenti nei vari ordinamenti nazionali, notando che proprio nel settore delle lesioni personali si verificano le differenze più rilevanti tra Stato e Stato, sia in relazione ai criteri ed alle modalità di ristoro dei danni collegati a siffatte lesioni, sia proprio in relazione alla linea di demarcazione usata dai vari sistemi giuridici europei per distinguere tra danni materiali e danni morali: “au point de vue de la pratique, il aurait été surtout souhaitable de pouvoir unifier ou harmoniser ... les concepts de

«dommage matériel» et «dommage moral»”.

La finalità del Consiglio è dunque di canalizzare l’operato delle corti, gli apporti della dottrina e gli interventi legislativi nella direzione dei principi stabiliti nella Risoluzione: “ces faisceaux d’influence rapprocheront ainsi progressivement les droits des États membres afin de les rendre prêts à toute unification plus poussée”.

Il Consiglio, a fronte della non vincolatività della Risoluzione per gli Stati membri, rivolge il suo invito ad avviare siffatto processo di armonizzazione soprattutto alle corti e alla dottrina, rilevando che del resto nel campo del danno alla salute sono proprio la giurisprudenza ed i contributi scientifici a giocare un ruolo fondamentale e preponderante7.

2) L’impostazione seguita dal Consiglio d’Europa.

Per quanto inerisce il metodo seguito nella Risoluzione, nell’Exposé des motifs viene rilevato che sarebbe errato e privo di effetti nella pratica il tentativo di un’armonizzazione condotta sulla base della distinzione in danni materiali e in danni morali, in quanto le corti

6 Per un quadro generale degli interventi del Consiglio d’Europa nel settore della responsabilità civile si veda CANEPA, La valutazione del danno alla persona in responsabilità civile nel quadro di sviluppo della medicina legale presso il Consiglio d’Europa, in AA.VV., Le piccole invalidità permanenti in responsabilità civile:

valutazione medico-legale e costo economico, a cura di INTRONA e RODRIGUEZ, Milano, 1994.

7 Esempio emblematico del ruolo della giurisprudenza e della dottrina nel risarcimento del danno alla persona è la stessa evoluzione del danno biologico in Italia.

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degli Stati membri finirebbero con l’interpretare tale dicotomia alla luce delle rispettive nozioni e classificazioni.

Il Consiglio imposta, dunque, il documento in esame non sulla base di particolari classificazioni, ma direttamente sui singoli tipi di pregiudizi, a prescindere dal loro carattere materiale o morale: “la meilleure voie pour atteindre une lus grande unité en matière de responsabilité civile extra-contractuelle pour lésions corporelles et décès était de proposer des principes pour l’indemnisation de différentes espèces de préjudices, sans tenir compte de leur caractère de préjudice, matériel ou moral”.

2) Il Sistema risarcitorio previsto nella Risoluzione.

Il Consiglio d’Europa individua tre principi generali (“dispositions générales”), che dovrebbero caratterizzare lo schema risarcitorio del danno alla persona.

1. Principio del risarcimento integrale (I principio)

Tenuto conto delle regole della responsabilità, per le quali il Consiglio rinvia ai singoli ordinamenti, la persona, che abbia subito un pregiudizio (“préjudice”), ha diritto alla riparazione di esso, in modo tale da essere posta in una situazione la più vicina possibile a quella in cui si sarebbe trovata se l’evento lesivo (“fait dommageable”) non si fosse verificato8.

Il Consiglio ha ritenuto opportuno precisare che siffatto principio, fondato sull’“idée de la réparation intégrale” (la c.d. “restitutio in integrum”), non esclude la possibilità, prevista in determinati ordinamenti, che il risarcimento possa altresì tenere conto delle circostanze peculiari del caso concreto e, in particolare, che la somma risarcita possa anche essere proporzionata in considerazione della gravità del fatto lesivo o dell’estensione del rischio (“l’étendue du risque”).

Viene altresì puntualizzato nella Risoluzione che per “fait dommageable” si deve intendere qualsiasi fatto dal quale derivi una lesione personale, a prescindere che il fatto stesso dia luogo ad una responsabilità oggettiva o ad una responsabilità fondata sulla colpa o sul dolo.

2) Principio della attualizzazione del danno (II principio)

La somma attribuita alla vittima in ristoro del pregiudizio subito deve essere calcolata secondo il valore del danno al giorno della decisione9.

Viene, infatti, fatto notare che spesso la vittima viene risarcita molto tempo dopo che il danno si è verificato e, quindi, sarebbe contraria ad equità ed al primo principio la mancata considerazione dei fatti intervenuti nell’intervallo tra l’evento lesivo e il momento in cui interviene la decisione del giudice.

3) Principio della liquidazione analitica per voci di danno (III principio)

Nei limiti del possibile, la decisione, con cui si liquidano i danni subiti dalla vittima, deve specificare il dettaglio dei risarcimenti corrisposti per le varie voci di pregiudizi risarciti10.

In base a tale disposizione generale, la sentenza deve pertanto contenere un’indicazione analitica dei vari danni risarciti e per ciascuno dei pregiudizi liquidati le somme allocate.

8 “Compte tenu des règles concernant la responsabilité, la personne qui a subi un préjudice a droit à la réparation de celui-ci, en ces séns qu’elle doit être replacée dans une situation aussi proche que possible de cellequi aurait été la sienne si le fait dommageable ne s’était pas produit”.

9 “L’indemnité réparant le préjudice est calculée selon la valeur du dommage au jour du jugement”.

10 “Dans le mesure du possible, le jugement doit mentionner le détail des indemnités accordées au titre des différents chefs de préjudice subis par la victime”.

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L’attuazione di tale principio, secondo il Consiglio, renderebbe le decisioni dei giudici più esplicite; permetterebbe agli operatori giuridici (giudici, avvocati, compagnie di assicurazione) di prevedere, tramite il punto di riferimento costituito dai precedenti giudiziari, quale potrà essere, in ciascun caso concreto, la somma verosimilmente liquidabile; infine, favorirebbe le trattative con le compagnie di assicurazione, evitando così spese e processi inutili.

Il Consiglio ha inoltre precisato che l’attuazione di siffatto principio è strumentale allo scopo della Risoluzione stessa, in quanto l’avvicinamento dei vari sistemi risulterebbe facilitato dalla disponibilità di un quadro più particolareggiato dei vari tipi di pregiudizi risarciti nei vari sistemi e delle somme allocate per i singoli danni.

La valorizzazione del precedente giudiziario costituisce, dunque, per il Consiglio non solo uno dei cardini fondamentali del sistema risarcitorio proposto, ma anche lo strumento principale attraverso cui sviluppare il processo di armonizzazione o unificazione dei singoli ordinamenti nazionali.

Individuati questi tre principi generali, la Risoluzione scende poi nel merito dei singoli pregiudizi distinguendo tra il risarcimento nei casi, in cui la vittima principale sopravvive all’incidente, ed il risarcimento nelle ipotesi, in cui la vittima diretta muore in conseguenza dell’evento lesivo.

a) Risarcimento nei casi di lesioni personali (“Réparation en cas de lésions corporelles”).

a.1) Spese risarcibili (IV principio).

Generalmente le vittime si trovano, in conseguenza dell’evento lesivo, a sostenere delle spese e/o a dovere mettere in bilancio di effettuarne in futuro11.

Il IV principio della Risoluzione dispone che la vittima ha diritto al rimborso delle spese (“frais”), che o sono state occasionate dal fatto dannoso o sono connesse all’eventuale incremento dei bisogni provati dal soggetto leso (“accroissement des besoins”).

Per quanto inerisce il primo tipo, il Consiglio ricorda che tali spese sono in particolare quelle sostenute per il ristabilimento della salute (“rétablissement de la santé”) e che esse sono di vario genere: spese mediche e farmaceutiche, spese di trasporto e spese di ricovero ospedaliero, spese per l’assistenza di terzi, spese di convalescenza e spese di rieducazione.

Nella Risoluzione si precisa che siffatta elencazione non è esaustiva e che spetta in realtà alle corti il compito di individuare, caso per caso, le altre spese risarcibili.

Ad esempio potranno essere risarcite le spese, che i vari membri della famiglia della vittima si trovano a sostenere per recarsi in visita dal parente infortunato, a condizione che esse rientrino comunque nell’ottica di un ristabilimento della salute della vittima.

Per quanto inerisce il secondo tipo di spese e cioè quelle giustificate dall’accrescimento dei bisogni della persona lesa, viene operato un riferimento alle ipotesi in cui il soggetto abbia visto incrementato il suo bisogno di essere assistito da terzi oppure si trovi nella necessità di fare fronte all’accresciuta difficicoltà negli spostamenti oppure sia costretto a dovere adottare particolari precauzioni connesse allo svolgimento della sua vita quotidiana.

Sono ritenute risarcibili anche le spese future.

E’ interessante, infine, notare che il Consiglio decide di non prendere posizione sulla questione se il risarcimento delle spese debba tenere conto della condizione sociale della vittima.

11 Per un interessante studio sulle spese che vittime di lesioni personali si trovano ad affrontare dopo essere state risarcite si rinvia ad una recente ricerca della Law Commission inglese: LAW COMMISSION, Personal Injury Compensation: How Much is Enough? - A study of the compensation experiences of victims of personal injury, HMSO, London, 1994 (n. 225).

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a.2) Perdita o riduzione della capacità di svolgere attività domestiche (V principio).

Il soggetto12, che, in conseguenza dell’evento lesivo, non possa più svolgere le attività domestiche (“travaux ménagers”) cui era dedito, ha diritto ad essere risarcito per le spese che deve sostenere per essere rimpiazzato, anche quando non si faccia poi sostituire effettivamente da un’altra persona nello svolgimento delle stesse attività13. Tale diritto appartiene personalmente alla vittima.

E’ importante rilevare che il Consiglio, entrando nel merito della questione se tale pregiudizio sia risarcibile solo quando la vittima provi di avere effettivamente sostenuto delle spese per fare fronte all’impossibilità di svolgere le consuete attività domestiche, opta per la soluzione più favorevole alla vittima: la persona lesa ha diritto al suddetto risarcimento, a prescindere che sia effettivamente rimpiazzata da un sostituto.

La tesi del Consiglio poggia essenzialmente sull’osservazione che la vittima, a prescindere dal fatto che sia stata rimpiazzata o meno nello svolgimento delle attività domestiche, subisce comunque un danno e siffatto pregiudizio non può che essere valutato sulla base del parametro costituito dalle spese necessarie per mantenere il ménage allo stesso livello, in cui si trovava precedentemente all’incidente14.

Il Consiglio fornisce una sua soluzione anche sulla questione se il soggetto avente diritto al risarcimento in esame sia la sola vittima diretta del fatto lesivo oppure siano titolari di tale diritto anche le vittime indirette (marito, figli o altri membri della famiglia): per mere ragioni di semplicità ed al fine di non moltiplicare il numero di aventi diritto al risarcirmento per lo stesso fatto dannoso, il Consiglio opta per la tesi, in base alla quale è la sola vittima diretta a poter agire per il ristoro di siffatto danno.

Si noti infine che il Consiglio non prende posizione sulla natura giuridica di siffatto pregiudizio, che non sempre negli ordinamenti nazionali viene collocato tra i danni patrimoniali o materiali.

In Italia, ad esempio, la risposta sulla natura del danno alla casalinga non sempre è univoca15, venendo tale pregiudizio talvolta ricondotto al danno patrimoniale16, talatra nell’ambito del danno biologico17.

a.3) Il mancato guadagno (principi VI, VII, VIII e IX).

Anche nello schema risarcitorio previsto dalla Risoluzione, come in tutti gli ordinamenti europei, è previsto il risarcimento del danno da mancato guadagno (“gain manqué”), sia per quanto attiene al lucro cessante precedente il giudizio, sia per quanto riguarda i guadagni futuri18.

1) Mancato guadagno anteriore al giudizio.

In questo caso il danno viene valutato sulla base degli introiti effettivamente persi.

2) Mancati guadagni futuri.

12 Si noti che il Consiglio si riferisce soprattutto all’ipotesi della casalinga.

13 “Le fait pour la victime de ne plus pouvoir effectuer dans son foyer le travail qu’elle y accomplissait avant le fait dommageable, constitue un préjudice ouvrant droit à réparation, même lorsque la victime n’est pas remplacé pour ce travail par une autre personne. Ce droit à réparation appartient personnellement à la victime”.

14 “En effect, que la victime soit remplacée ou non, elle subit un dommage qui doit être évalué au montant des frais qu’elle aurait engagés pour que son ménage soit tenu de la même façon qu’avant le fait dommageable”.

15 Cfr. VIOLANTE, In tema di danno patrimoniale ad una casalinga, in Danno e responsabilità, 1998, 231 ss.

16 Cass., Sez. III, 6 novemebre 1997, n. 10923, in Danno e responsabilità, 1998, 230, con nota di VIOLANTE.

17 Cass., 19 marzo 1993, n. 3260, in Resp. civ. e prev., 1993, 268, con nota di COMANDÈ.

18 “L’évaluation du gain manqué doit être faite aussi bien pour le période antérieure au jugement que pour le futur”.

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Per il periodo posteriore al giudizio la valutazione di tale danno deve essere effettuata facendo ricorso agli elementi conosciuti ed a quelli prevedibili, in particolare al grado di incapacità, al tipo di attività svolta dalla vittima, alle sue entrate successive all’incidente messe a confronto con i guadagni che avrebbe dovuto percepire se il fatto dannoso non si fosse verificato, infine alla durata probabile delle sua attività lavorativa e alle sue aspettative di vita.

Risarcimento del mancato guadagno.

Il principio VII stabilisce che il risarcimento del mancato guadagno può essere effettuato sia tramite l’allocazione di una rendita (“rente”) sia mediante la liquidazione di una somma (“capital”), secondo i criteri determinati dai singoli ordinamenti.

1) L’allocazione della rendita.

Per ovviare all’eventuale svalutazione della rendita la Risoluzione suggerisce che tale sistema risarcitorio preveda, per il caso di deprezzamento del denaro (“dépréciations monétaires”), misure tali da assicurare che il valore dei versamenti corrisponda sempre nel tempo al danno subito.

Il principio VIII statuisce inoltre che, allorquando il mancato guadagno sia risarcito tramite l’allocazione di una rendita, i versamenti possano, successivamente al giudizio, essere aumentati o diminuiti in seguito al peggioramento o al miglioramento della capacità lavorativa del soggetto leso, oppure in considerazione di un mutamento del valore monetario o dei livelli dei salari o dei prezzi.

2) Il risarcimento tramite attribuzione di una somma capitale.

Accanto al sistema della rendita, la vittima può essere risarcita per il mancato guadagno, con una somma di denaro corrisposta in un’unica tranche.

Al principio IX la Risoluzione indica come regola generale l’impossibilità, in caso si risarcisca la vittima con una somma di denaro e non con una rendita, di apportare in seguito modifiche a tale somma.

E’ opportuno tuttavia notare che per il documento in esame è possibile aumentare il capitale risarcito a tale titolo, qualora la vittima subisca, in conseguenza di un aggravamento del suo stato psico-fisico, un nuovo pregiudizio, di cui non si sia tenuto conto nella valutazione iniziale del danno19.

In merito a questo principio il Consiglio riporta l’esempio della vittima, che ha subito in un primo tempo delle fratture e successivamente, a causa del medesimo incidente, perde la vista, con ulteriore menomazione della sua capacità di guadagno.

In un caso siffatto la vittima può dunque aspirare ad ottenere una somma supplementare (“indemnité supplémentaire”) in risarcimento del nuovo pregiudizio, esattamente come se si trattasse di un nuovo incidente.

Per il caso contrario, in cui le condizioni della vittima migliorino successivamente al risarcimento, la Risoluzione ritiene opportuno che la vittima non sia tenuta a rimborsare, anche solo parzialmente, quanto già percepito.

3) Sistema risarcitorio misto.

Il Consiglio ha precisato che le previsioni sopra riportate non escludono l’effettuazione del risarcimento mediante la combinazione dei due sistemi.

19 “Lorsque le gain manqué a été réparé par l’attribution d’un capital, une augmentation postérieure n’est admise que s’il apparaît un préjudice nouveau, néd’une aggravation de l’état de santé de la victime, et dont il n’avait pas pu être tenu compte lors de l’évaluation initiale du dommage”.

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Il Consiglio ha altresì tenuto a rilevare di non nutrire una preferenza particolare per l’uno o l’altro sistema, notando che, se per un verso la rendita si presta più facilmente ad adeguamenti successivi, il risarcimento tramite somma capitale permette al soggetto leso di intraprendere nuove attività economiche.

a.4) Deterioramento della capacità lavorativa senza perdita di guadagni (principio X).

Accanto alle ipotesi sopra esaminate, può accadere che la vittima non subisca alcuna perdita di guadagno, ma debba accrescere i propri sforzi per mantenere i risultati della sua attività produttiva agli stessi livelli precedenti all’incidente: siffatto pregiudizio trova tutela nella Risoluzione20.

Tale danno, come ricorda lo stesso Consiglio, può aversi, oltre che nell’ipotesi del lavoratore infortunato, anche nel caso la vittima sia una casalinga oppure uno studente, che, sebbene sotto il peso delle lesioni subite, riesce a proseguire gli studi.

E’ importante rilevare che il Consiglio si limita a sostenere la necessità di tale risarcimento, senza tuttavia indicare la natura del pregiudizio in esame.

Al riguardo viene infatti notato nella Risoluzione che siffatto pregiudizio viene risarcito negli Stati membri, ma in modi differenti tra loro: in taluni sistemi come danno patrimoniale, in altri come perdita di capacità, in altri ancora come sofferenza psichica o fisica derivante da un accresciuto impegno nello svolgimento delle attività svolte prima dell’incidente.

a.5) Pregiudizio estetico, dolori fisici e sofferenze psichiche (principi XI e XII).

Non vi è ombra di dubbio che proprio in relazione a siffatti pregiudizi si registrano le differenze più evidenti tra i vari Stati membri.

A questo dato bisogna aggiungere che nessun sistema ha ancora raggiunto soluzioni definitive e pienamente soddisfacenti per il risarcimento di siffatti danni21.

La Risoluzione, al principio XI, pone, senza lasciarsi trasportare dai problemi classificatori presenti nei singoli ordinamenti nazionali, un punto fermo, statuendo che il pregiudizio estetico (“préjudice esthétique”), i dolori fisici (“douleurs physiques”) e le sofferenze psichiche (“souffrances psychiques”) devono essere risarciti.

1) Il danno estetico.

Per quanto inerisce il danno estetico la Risoluzione dichiara espressamente di non volere entrare nel merito della sua natura giuridica, ma si limita a sostenerne la risarcibilità.

E’ interessante notare che il Consiglio d’Europa, malgrado si dichiari contrario a qualsiasi classificazione o presa di posizione sulla natura di tale danno, di fatto sembra configurare il danno estetico come figura autonoma di danno, risarcibile a prescindere da qualsivoglia perdita o riduzione di reddito, e da tenersi distinta dai dolori fisici e dalle sofferenze fisiche.

Negli ordinamenti europei siffatta figura non sempre trova invece una collocazione del tutto autonoma.

In Italia, fatte salve le eventuali conseguenze sulla capacità produttiva di reddito (si pensi ad una modella o ad un’attrice), il danno estetico rientra ormai pacificamente nel danno biologico22, conservando tuttavia in questa veste, come ricordato in dottrina e in

20 “Le fait pour la victime de devoir fournir des efforts accrus afin d’obtenir dans son travail le même résultat constitue un préjudice ouvrant droit à réparation”.

21 Si pensi ad esempio al nostro diritto: la categoria del danno biologico è ancora in attesa di risposte relativamente a numerose questioni, tra le quali la distinzione tra danno psichico e danno morale, la risarcibilità al di fuori della matrice medico-legale e la stessa natura giuridica.

22 Cfr. da ultimo Cass., Sez. III, 8 maggio 1998, n. 4677, ined.

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giurisprudenza, la dignità di “componente autonoma”, la quale può rilevare in sede di liquidazione del danno biologico andando ad aumentare la somma risarcita per tale titolo23. 2) Dolori fisici e sofferenze psichiche.

La Risoluzione distingue nettamente tra il dolore fisico e le sofferenze psichiche.

In questo secondo tipo di pregiudizi vengono ricondotti i diversi disturbi e dispiaceri (“troubles et désagréments”) che danno origine a malattie oppure a stati di insonnia o a sentimenti di inferiorità o ad una diminuzione dei piaceri della vita (“diminution des plaisirs de la vie”) causata dall’impossibilità di dedicarsi a determinate attività di svago (“activités d’agrément”).

Altro pregiudizio, che viene fatto rientrare nella categoria delle sofferenze psichiche e in questa forma deve essere risarcito, è il c.d. “nervous shock”, che nel nostro sistema, soprattutto in presenza di mircro-lesioni, non sempre trova adeguata tutela24.

E’ bene precisare che la distinzione utilizzata dal Consiglio d’Europa tra dolori fisici e sofferenze psichiche non può essere ricondotta ad alcuna delle categorie esistenti negli Stati membri.

In particolare la categoria delle sofferenze psichiche non sembra combaciare né con i nostrani danno biologico di natura psichica (o danno psichico) e danno morale, né con lo schmerzensgeld tedesco, né con il pain and suffering inglese, né con il dommage moral francese.

Se si leggesse la distinzione in esame alla luce delle classificazioni italiane, si potrebbe agevolmente notare come siffatta categoria contenga pregiudizi, che nel nostro sistema vengono in parte ricompresi nel danno morale (tutti i danni psichici, che non configurano una patologia grave e duratura nel tempo, ma sono soli transeunti), in parte nel danno biologico di natura psichica (i turbamenti emotivi, che degenerano in vere e proprie patologie o alterazioni della psiche)25.

3) La valutazione dei dolori fisici e delle sofferenze psichiche.

Due sono i principi che la Risoluzione individua per la quantificazione dei dolori fisici e delle sofferenze psichiche (principio XII):

23 Sul punto la Suprema Corte, in Boffardi c. INAIL e altri, ha ribadito di recente che “allorché si dice che il danno estetico è una componente del danno biologico, questa affermazione ha come conseguenza che di detta componente si tenga conto nel liquidare il danno biologico”, procedendo pertanto a “personalizzare” il valore a punto, Cass., Sez. III, 8 maggio 1998, n. 4677, cit.

24 “Un choc nerveux subi à la suite d’un événement devra éventuellement être dédommagé au titre de souffrances psychiques”. Il termine “nervous shock” non risulta più usato dagli esperti medico-legali, essendo le diverse patologie ascrivibili a questa voce ormai distinte dal punto di vista scientifico. Il termine è oggi adoperato dai giuristi, soprattutto quelli inglesi, perchè, raggruppando una serie di patologie diverse, torna comodo nella pratica per descrivere tutto un insieme di conseguenze inorganiche, che si sono verificate per effetto della partecipazione della vittima all’evento traumatizzante. Tali conseguenze sono attualmente identificate nel campo medico con l’espressione post-traumatic stress disorder (PTSD). Per un’analisi del post- traumatic stress disorder si rinvia a O’BRIEN, The validity of the Diagnosis of Post Traumatic Stress Disorder [1994] Journal of Personal Injury Litigation, 257 ss.

25 Tale distinzione tra danno morale e danno psichico emerge nel leading case della Corte Costituzionale Sgrilli c. Colzi (Corte Cost., 27 ottobre 1994, n. 372, in in Foro it., 1994, I, 3297). Deve essere tuttavia rilevato che le linee di demarcazione tra danno biologico di natura psichica e danno morale delineate nella menzionata sentenza possono essere soggette a critica. Infatti, sia il criterio del tempo (danno transeunte/danno morale, danno permanente/danno psichico) e sia il criterio dell’intensità (danno lieve/danno morale, danno grave/danno psichico) non sembrano corretti né giuridicamente (semmai siffatti criteri servirebbero a distinguere tra le ipotesi di danno psichico temporaneo ed i casi di danno psichico permanente), né dal punto di vista medico-legale. Su tali problematiche si rinvia a AA.VV., Le nuove frontiere del danno risarcibile, a cura di CANNAVÒ, Pisa, 1995.

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- siffatti pregiudizi devono essere risarciti in funzione della loro intensità e della loro durata26;

- la quantificazione deve effettuarsi senza avere riguardo per la situazione patrimoniale della vittima (la c.d. “fortune de la victime”) 27.

In relazione al secondo principio il Consiglio d’Europa rileva che è l’equità ad esigere che una stessa sofferenza sia risarcita con la stessa somma a prescindere dalle condizioni economiche della vittima.

La Risoluzione specifica poi di non volere prendere posizione sulla questione se altri elementi, oltre la durata e l’intensità, debbano essere presi in considerazione del pretium doloris.

In particolare non si dichiara né a favore né contraria alla possibilità che elementi, quali la situazione economica del responsabile o la gravità del fatto lesivo, possano influire sulla quantificazione.

d) La valutazione del danno estetico.

Sulla valutazione del danno estetico la Risoluzione tace del tutto, ma, per quanto sopra osservato sulla sua autonomia, sembra che anche siffatto danno debba fare i conti con i due principi relativi alla quantificazione dei dolori fisici e delle sofferenze psichiche.

e) Barémes.

Sull’ipotesi di realizzare delle tabelle uniche a livello europeo per la quantificazione dei pregiudizi in esame, il Consiglio rileva che ostano a tale operazione la diversità tra i vari sistemi valutativi presenti nei singoli Stati membri e contemporaneamente l’influenza considerevole in questa materia delle condizioni economiche e sociali presenti in ciascuno Stato.

E’ tuttavia interessante notare che la Risoluzione non esclude in toto che un domani si possa giungere ad una valutazione uniforme in Europa di siffatti pregiudizi, suggerendo come via da percorrere per la realizzazione dei barèmes di procedere alla raccolta e allo studio dei precedenti giudiziari dei vari Stati membri28.

Non dovrebbe comunque stupire che la realizzazione di tabelle indicative a livello europeo costituisca uno degli scogli più alti per l’armonizzazione del risarcimento del danno alla persona: basti infatti pensare che all’interno degli stessi Stati si registrano differenze anche notevoli tra le varie corti di merito.

Anche in Italia, come noto, si riscontrano realtà ben diverse da una Regione all’altra29 ed il problema relativo alla disparità dei parametri di liquidazione pare ancora lungi dall’essere risolto, sebbene non siano mancate autorevoli proposte per una soluzione30.

a.6) Trasmissibilità iure successionis dei danni da lesioni personali (commento al principio XII).

26 “Les douleurs physiques et les souffrances psychiques sont indemnisées en fonction de leur intensité et de leur durée”.

27 “Le calcul de l’indemnité doit s’effectuer sans égard à l’état de la fortune de la victime”.

28 Sulla funzione dei precedenti nell’ottica della Risoluzione si rinvia a quanto osservato supra in commento al principio III.

29 Cfr. Danno biologico: le nuove tabelle dei Tribunali, Guida al Diritto, Aprile 1998; MOLINARI, Il risarcimento del danno alla persona negli incidenti stradali, Padova, 1998.

30 Cfr. GRUPPO DI RICERCA C.N.R. SUL DANNO ALLA PERSONA, Rapporto sullo Stato della Giurisprudenza in Tema di Danno alla Salute, coordinato e diretto da BARGAGNA e BUSNELLI, Padova, 1996. Per un commento a tale lavoro: COMANDÈ, Dalla ricerca alla prassi operativa nella liquidazione del danno alla salute, in Danno e responsabilità, 1997, 9 ss.

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La Risoluzione, a fronte delle notevoli differenze tra i vari ordinamenti, dichiara espressamente di non volere prendere posizione in merito al problema della trasmissibilità del diritto al risarcimento dei danni da lesioni personali subiti dal de cuius quando era in vita.

Da un punto di vista comparatistico si può, tuttavia, osservare, seppure con una certa approssimazione, che oggi i principali sistemi europei, al di là delle declamazioni, applicano ormai il modello, per cui le sofferenze ed i dolori patiti nell’arco di tempo tra l’evento lesivo e la morte sono risarcibili iure hereditario a condizione che tale lasso di tempo sia apprezzabile e, dunque, la morte non sia stata immediata o quasi istantanea31.

Tale orientamento, sebbene criticato da parte della dottrina e da alcune corti di merito32, è stato ribadito ancora di recente in Italia dalla Cassazione nelle sentenze Puglisi c. Sanremo società in L.C.A.33, Durante c. RAS Soc.34 e Monaco ed altri c. La Nationale Assicurazioni35.

a.7) Risarcimento del danno ai congiunti della vittima rimasta in vita (principio XIII).

In base al principio XIII il padre, la madre ed i congiunti (“conjoint”) della vittima, i quali si trovino a patire sofferenze psichiche (“souffrances psychiques”), in conseguenza dello stato di menomazione fisica e/o psichica del proprio caro, non possono essere risarciti per tale pregiudizio, se non in presenza di sofferenze di carattere eccezionale.

Al di fuori di questi soggetti, nessuna altra persona può ottenere siffatto risarcimento.

Per quanto inerisce l’Italia si ricorda che si è partiti da una posizione tendenzialmente contraria al risarcimento dei danni morali ai congiunti della vittima rimasta in vita36: il diritto a siffatto risarcimento è stato, infatti, riconosciuto solo in presenza di gravissime menomazioni psicofisiche della vittima principale (ad esempio stato vegetativo o, comunque, invalidità permanente superiore al 90%37).

Solo in tempi recentissimi la Cassazione, in Pinna c. Pelucchi, ha modificato tale restrittivo indirizzo, sancendo definitivamente la risarcibilità dei danni morali ai congiunti del leso rimasto in vita38.

Questo nuovo precedente, tanto auspicato dalla dottrina39, apre senz’altro nuovi orizzonti, collocando l’Italia in una posizione certamente più aperta rispetto a quella che emerge nella Risoluzione e in altri Stati europei.

Proprio a fronte della pronuncia della Cassazione, non dovrebbero più sussistere dubbi circa la risarcibilità del danno psichico patito dai conviventi del leso, con l’avvertenza che, secondo l’insegnamento della Corte Costituzionale in Sgrilli c. Colzi40, deve comunque essere provata la sussistenza di una vera e propria patologia.

Si rileva infine che in Italia, accanto al danno biologico ed al danno morale, è stato configurato un terzo tipo di danno, il c.d. “danno esistenziale”41, che, grazie anche alla

31 Osservazioni comparatistiche in questo senso si trovano in CASO, La Cassazione, la macchina del tempo e la risarcibilità «iure hereditario» del danno (biologico) da lesioni mortali, in Foro it., 1995, I, 1853. Inolltre:

PROCIDA MIRABELLI DI LAURO, La riparazione dei danni alla persona, Napoli, 1993, 192 ss.

32 In particolare Trib. Massa Carrara, 16 dicembre 1997, n. 670, in Arch. Giur. Circ. Strad., 1998, 165.

33 Cass., Sez. III, 25 febbraio 1997, n. 1704, in Guida al Diritto, 1997, n. 10, 50 ss.

34 Cass., Sez. III, 24 aprile 1997, n. 3592, ined.

35 Cass, Sez. III, 26 aprile 1997, n. 9470, in Danno e Responsabilità, 1998, 46.

36 Ad esempio Cass., 16 dicembre 1988, n. 6854, in Giur. it., 1989, I, 1, 962.

37 Cass. pen., 2 novembre 1983, n. 9113, in DPA, 1984, 697.

38 Cass., Sez. III, 23 aprile 1998, n. 4186, in Danno e Responsabilità, 1998, 686 ss. La domanda di risarcimento dei danni morali era stata proposta dai genitori di un giovane, che aveva perso l’uso di un occhio e, anche per gravi lesioni neurologiche ed estetiche, non era più in grado di svolgere alcuna attività lavorativa.

39 Cfr. MONATERI-BONA, Il danno alla persona, Padova, 1998, 377 ss.

40 Corte Cost., 27 ottobre 1994, n. 372, in Foro it., 1994, I, 3297.

41 Sul danno esistenziale: Trib. Verona, 26 febbraio 1996, in Foro it., 1996, I, 3529; Trib. Torino, 12 luglio 1995, in Resp. Civ. Prev., 1996, 282; Pret. L’Aquila, 10 maggio 1991, in Foro it.1993, I, 317. ZIVIZ, Il danno non patrimoniale, 376 ss., in La responsabilità civile, a cura di Cendon, Vol. VII, Torino, 1998.

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menzionata decisione, ben potrebbe essere utilizzato in questo contesto. Tale categoria, secondo i suoi sostenitori, sarebbe infatti più idonea, rispetto alle figure risarcitorie tradizionali, a garantire il risarcimento delle modificazioni negative delle modalità attraverso le quali i soggetti esplicano la propria personalità, a partire dai rapporti sentimentali ed affettivi.

b) Risarcimento in caso di morte della vittima (“Réparation en cas décès”).

b.1) Spese occasionate dalla morte (principio XIV).

Le spese occasionate dalla morte della vittima, tra cui soprattutto quelle funerarie, devono essere risarcite42.

Il principio XIV pone l’accento sulle spese funerarie, ma queste non esauriscono il novero delle spese risarcibili: la Risoluzione, infatti, afferma la risarcibilità delle spese per la constatazione del decesso, per il trasporto della salma e per la sepoltura, e rinvia, più in generale, a quanto stabilito per il risarcimento dei danni materiali da lesioni corporali.

Sulle spese accessorie (ad esempio l’acquisto della tomba), viene richiamato il criterio fondato sulla ragionevolezza delle spese, la cui applicazione deve comunque tenere conto delle circostanze del caso e dello status sociale della vittima.

b.2) Pregiudizio patrimoniale risarcibile iure proprio (principi XV, XVI, XVII e XVIII).

In base al principio XV il decesso della vittima principale determina il diritto iure proprio al risarcimento del pregiudizio patrimoniale (“préjudice patrimonial”) in capo ai seguenti soggetti:

1) le persone, verso le quali la vittima principale aveva o avrebbe avuto l’obbligo di fornire gli alimenti (“obligation alimentaire légale”);

2) le persone, di cui la vittima principale aveva o avrebbe assunto il mantenimento (“entretien”), in tutto o in parte, senza esservi tenuta per legge. Tra questi soggetti rientra ad esempio il convivente more uxorio.

Il principio XVI afferma che il risarcimento di siffatto danno può avvenire sia tramite l’allocazione di una rendita (“rente”) sia per mezzo della liquidazione di una somma (“capital”).

La Risoluzione prevede che la rendita possa essere revisionata, ogniqualvolta le circostanze iniziali subiscano una modificazione, ma lascia agli ordinamenti nazionali l’indicazione delle condizioni e dei criteri da applicarsi per siffatta revisione (principio XVII).

Quando la vittima di rimbalzo sia invece risarcita con una somma di denaro, non si può procedere ad alcuna revisione (principio XVIII).

In forza di quest’ultimo principio la vedova, che convoli dunque a nuove nozze, non potrà vedersi costretta a restituire quanto percepito.

b.3) Sofferenze psichiche risarcibili iure proprio (principio XIX).

La Risoluzione riconosce infine in capo ai genitori, ai congiunti, al fidanzato (fiancé) ed ai figli della vittima principale il diritto al risarcimento delle sofferenze psichiche (“souffrances

42 “Les frais occasionnés par le décès de la victime, et notamment les frais funéraires, doivent être remboursés”.

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psychiques”)43 subite in seguito alla morte di quest’ultima, sempre che tali soggetti abbiano avuto al momento del decesso della vittima uno stretto legame affettivo con la stessa.

Per quanto inerisce i danni risarcibili in Italia a tale titolo si ricorda che i conviventi possono agire iure proprio per il risarcimento dei danni morali, del danno biologico (generalmente di tipo psichico) e del danno esistenziale.

In relazione a quest’ultima categoria, della quale si è accennato sopra, si deve tuttavia tenere presente che essa è ancora in elaborazione, sia a livello giurisprudenziale, sia in dottrina.

• La circolazione in Europa ed in Italia del modello risarcitorio della Risoluzione 75-7.

La Risoluzione, come si è notato in fase introduttiva, è stata pressochè ignorata nella maggior parte degli Stati europei, fatta eccezione per la Francia, ove, soprattutto in tempi più recenti, le pubblicazioni in materia riportano generalmente in appendice tale documento44, e per l’Inghilterrra, in cui un certo, seppur limitato, interessse per siffatto documento è stato manifestato in occasione della ricerca condotta negli anni ‘70 dalla Pearson Commission sul risarcimento del danno alla persona45, lavoro quest’ultimo che nel diritto inglese ha portato a significativi interventi legislativi nel settore in questione (si ricorda, ad esempio, all’Administration of Justice Act 1982) ed a mutamenti di indirizzo sia nella giurisprudenza e sia, più in generale, nella pratica quotidiana dei personal injury lawyers.

Un richiamo senz’altro più interessante e articolato alla Risoluzione è costituito dai Colloqui di Parigi del 1988, cui presero parte una serie di illustri comparatisti europei46.

In occasione di siffatti colloqui, partendo proprio dal contributo del Consiglio d’Europa, si tentò di muovere un passo in avanti nella costruzione di un sistema risarcitorio unico a livello europeo.

Dalle raccomandazioni approvate dai partecipanti al termine delle sessioni di lavoro emergono in particolare i seguenti suggerimenti per un’eventuale tentativo di armonizzazione:

1. è necessario tenere chiaramente distinte le conseguenze economiche delle lesioni personali (“conséquences économiques”) dalle conseguenze puramente umane (“conséquences purement humaines”);

2. le conseguenze non economiche del danno alla persona (“dommage corporel”) devono essere specificate in dettaglio nel rapporto medico-legale e devono dare luogo, in funzione della loro gravità (da stabilirsi in base ai ricontri medico-legali), ad un risarcimento globale e forfettario (“indemnisation globale et forfaitaire”);

3. la sofferenza causata dalla perdita di una persona cara deve essere risarcita sulla base di una tabella;

4. le conseguenze economiche del danno alla persona, nei limiti del possibile, devono essere oggetto di una riparazione integrale (“indemnisation intégrale”);

5. le conseguenze (economiche e non) devono essere apprezzate in concreto avendo riguardo delle singole circostanze di ogni caso;

6. nei casi di macrolesioni il risarcimento, in linea di principio, deve essere corrisposto tramite versamenti periodici indicizzati e revisionabili, nonché reversibili agli aventi diritto;

7. la vittima deve ricevere quanto prima possibile un’indennità, almeno a titolo di provvisionale;

43 Sui pregiudizi, che rientrano in siffatta categoria, si rinvia a quanto già osservato supra al punto a.5.

44 Cfr. LAMBERT-FAIVRE, Droit du dommage corporel, Dalloz, Paris, 3° ed., 1996;LE ROY, L’évaluation du préjudice corporel, Litec, Paris, 1996.

45 ROYAL COMMISSION ON CIVIL LIABILITY AND COMPENSATION FOR PERSONAL INJURY, op. cit..

46 Il resconto dei colloqui parigini si trova in DESSERTINE, L’évaluation du préjudice corporel dans les pays de la C.E.E., cit.

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8. le autorità pubbliche ed i debitori del risarcimento non sono semplicemente tenuti a indennizzare la vittima, ma devono anche assicurare alla vittima, nel minor tempo possibile, le cure necessarie e i sostegni tecnici, che permettano alla vittima stessa di ristabilirsi a livello psico-fisico e di riprendere la propria attività lavorativa;

9. è auspicabile che un testo legislativo o regolamentare precisi quali sono le indennità sociali o collettive (“indemnités de source sociale ou collective”) che possono cumularsi con le somme risarcite in base alle norme della responsabilità civile (la c.d.

“indemnisation de droit commun”); tale testo deve inoltre precisare, per le indennità che non possono essere cumulabili, l’ambito entro cui i terzi pagatori (“tiers payeurs”) possono rivalersi sul debitore delle somme da risarcirsi in base al diritto comune47;

10. il diritto al risarcimento deve essere deciso secondo la legge del luogo dell’incidente, mentre il quantum delle somme liquidate in base alla legge dello Stato, in cui la vittima vive abitualmente;

11. è necessario che gli Stati membri, ed in particolare le professioni e associazioni impegnate nel campo del danno alla persona, rivolgano la loro attenzione ai principi delineati nella Risoluzione 7-75.

In Italia solo in tempi molto recenti si è iniziato a ricordare in dottrina l’esistenza della Risoluzione 48.

Il richiamo italiano alla Risoluzione più autorevole e significativo è comunque quello operato dalla Cassazione nella decisione General Ass. e altri c. Filippini49, in cui viene affermata la “valenza interpretativa” dei principi contenuti in siffatto documento.

In relazione a questa sentenza, si ricorda che la Suprema Corte era chiamata a decidere sulla possibilità di valutare il danno biologico con il criterio dell’equità pura: in particolare era stato dedotto nel ricorso incidentale proposto dal danneggiato l’error iuris (per la violazione degli artt. 1226, 2043, 2056 e 32 Cost.) ed il vizio della motivazione data dai giudici di merito sul punto relativo alla liquidazione del danno biologico, operata secondo il criterio dell’equità pura, senza l’indicazione di parametri oggettivi e senza adottare alcun correttivo in relazione all’età ed al quoziente di invalidità.

La Cassazione, oltre affermare la necessità di fare riferimento nella liquidazione del danno biologico a due principi costituzionali fondamentali (il principio della parità di trattamento ed il principio della personalizzazione del danno in relazione al ‘valore uomo’, principio quest’ultimo tratto dalla formula art. 2 + art. 32 Cost.), ha criticato il ricorso al criterio equitativo puro nella liquidazione del danno biologico anche alla luce dei principi indicati nella Risoluzione, osservando che “questi principi trovano una sostanziale applicazione nel

47 Tale raccomandazione prende in considerazione il problema dei rapporti intercorrenti tra il sistema risarcitorio, che si attua attraverso le regole della responsabilità civile (il c.d. “tort system”), ed i sistemi previdenziali e assicurativi, che gli Stati predispongono per sostenere ed aiutare i consociati rimasti vittime di determinati eventi lesivi (“social security system”). I rapporti tra questi due sistemi di “personal injury compensation” sono regolati in modi diversi nei vari ordinamenti europei. In Inghilterra, ad esempio, gli interventi del legislatore in tema di deduzione delle indennità sociali (“clawback of state benefits”) sono numerosi, frequenti e particolareggiati: si ricordano in particolare il Social Security Administration Act 1992 ed il Social Security Act 1998. In Italia la problematica si è fatta sentire soprattutto nel campo degli infortuni sul lavoro e, dunque, in relazione all’ambito delle azioni di regresso e di surroga esercitabili dall’INAIL: il legislatore italiano non è tuttavia intevenuto sul tema, lasciando, anche in questo caso, ai giudici il compito di risolvere le molteplici questioni aperte. Per uno studio di diritto comparato sul fattore “welfare state” nel risarcimento del danno alla persona si rinvia a AA.VV., Compensation for Personal Injury in Sweden and other countries, cit.

48 Hanno richiamato la Risoluzione i seguenti autori: PROCIDA MIRABELLI DI LAURO, La riparazione dei danni alla persona, cit.;CANEPA, La valutazione del danno alla persona in responsabilità civile nel quadro di sviluppo della medicina legale presso il Consiglio d’Europa, in Le piccole invalidità permanenti, a cura di Introna e Rodriguez, Milano, 1994, 305; BUSNELLI e PATTI, Danno e responsabilità civile, Torino, 1997, 44 ss.;

BUSNELLI, Il danno alla salute ad una svolta: legge sì? legge no? quale legge?, in Danno e responsabilità, cit.

49 Cass., Sez. III, 11 aprile 1997, n. 3170, cit. Si noti che estensore della sentenza è il Dott. Petti, il quale è stato del resto il primo a pubblicare in Italia una traduzione della Risolzuione, PETTI, op. cit.

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sistema della responsabilità civile risarcitoria italiana per il danno biologico” e che “la valenza interpretativa di questi principi comuni dev’essere condivisa dalla dottrina e dalla giurisprudenza italiana”.

• La Risoluzione 7/75 e le prospettive per una armonizzazione a livello europeo del risarcimento del danno alla persona.

La Risoluzione 7/75, esaminati i suoi obiettivi e le sue caratteristiche, non può ovviamente che stimolare delle riflessioni sulla prospettiva di una via europea per il risarcimento del danno alla persona.

Il continuo processo di integrazione europea in generale e, per quanto attiene il settore in esame, gli interventi del legislatore europeo in tema di assicurazioni, sicurezza sul lavoro e responsabilità civile lasciano senza dubbio presumere per il futuro una crescente esigenza di giungere ad un avvicinamento tra i vari Stati membri in punto di danni alla persona risarcibili50.

Per quanto inerisce poi la via da seguirsi in concreto per l’armonizzazione del risarcimento del danno alla salute, la Risoluzione può senz’altro costituire un valido punto di partenza, data anche la sua caratteristica di andare oltre le costruzioni dogmatiche dei singoli ordinamenti.

La Risoluzione non costituisce tuttavia l’unico modello, cui ispirarsi per un’eventuale armonizzazione a livello europeo.

Oltre le varie soluzioni elaborate all’interno dei singoli ordinamenti nazionali, si può fare riferimento ad altri due documenti europei, che hanno preso in considerazione il risarcimento del danno alla persona: la Direttiva CEE n. 374/85 sui prodotti difettosi ed il Progetto di Direttiva sulla responsabilità da servizi.

In siffatti documenti il legislatore comunitario, forse ignorando il contributo offerto dal Consiglio d’Europa, propone impostazioni alternative al modello seguito nella Risoluzione.

Nella direttiva sulla responsabilità da prodotto difettoso l’art. 9 distingue tra danno causato da lesioni personali o da morte e danno morale, mentre nel progetto di direttiva sulla responsabilità da servizi si pone la dicotomia tra danno alla salute e danni materiali finanziari.

Diversamente dalla Risoluzione, nei documenti appena menzionati lo schema risarcitorio si fonda non sui singoli pregiudizi, ma su vere e proprie categorie, il cui riempimento è di fatto affidato ai singoli ordinamenti.

In sintesi, il legislatore europeo si troverà a compiere una scelta di fondo: o seguire la via della Risoluzione, individuando i singoli pregiudizi risarcibili, oppure elaborare proprie distinzioni e categorie, con o senza rinvii agli ordinamenti nazionali51.

E’ altresì chiaro, che per la costruzione di uno schema risarcitorio europeo non sarà sufficiente procedere all’individuazione dei pregiudizi risarcibili o delle categorie risarcitorie, ma sarà altresì opportuno fare i conti anche con i sistemi assicurativi e previdenziali, con le modalità di accesso alla giustizia per le vittime di lesioni personali ed il grado di specializzazione offerto dalla professione forense, con il tipo di processo da applicarsi nel campo del danno alla persona, con i parametri medico-legali cui fare riferimento, con i criteri cui ancorare la quantificazione dei danni e, last but not least, con le stesse regole della responsabilità civile.

50 In dottrina è stato recentemente osservato che “il danno alla salute è sempre meno un istituto confinato negli angusti limiti del diritto ‘municipale’, e sempre più una prospettiva europea”, cosicché “non sarebbe da meravigliarsi se tale prospettiva dovesse consolidarsi, in futuro, in una direttiva volta ad armonizzare i modelli e le tecniche di risarcimento”, BUSNELLI, Il danno alla salute ad una svolta: legge sì? legge no? quale legge?, in Danno e Responsabilità, 1998, 305 ss.

51 Sulle possibili scelte, che il legislatore europeo potrebbe eventualmente compiere in relazione al danno alla persona, si rinvia a MARKESINIS, General theory of unlawful acts, 293-294, ed a TUNC, Traffic Accident Compensation, 331, in AA.VV., Towards a European Civil Code, Martinus Nijhoff Publishers, Dordrecht, 1994.

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In relazione a quest’ultimo punto andrà, tra i molteplici aspetti, chiarito se la responsabilità civile debba assolvere nel settore del danno alla persona alla sola funzione risarcitoria oppure anche a funzioni di deterrenza e di punizione.

Come si evince, dunque, il processo di armonizzazione del risarcimento del danno alla persona si presenta decisamente complesso e, attualmente, lungi dall’essere attuabile in tempi brevi.

La prospettiva di evoluzioni a più ampio raggio e di migliorare il nostro sistema in una dimensione non solo nazionale è comunque affascinante e, nell’ottica di operatori giuridici sganciati dai limiti dogmatici delle classificazioni nostrane e interessati alla giustizia sostanziale del sistema, senz’altro meritevole di interesse e supporto.

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