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Academic year: 2021

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Testo completo

(1)

G It Diabetol Metab 2012;32:35-36 35

Diabete di tipo 2, omeostasi glucidica e fibrillazione atriale:

rischio aterogeno in uno studio di comunità

Heart 2012;98:133-8. doi:

10.1136/heartjnl-2011-300503 Huxley RR

1

, Alonso A

1

, Lopez FL

1

, Filion KB

1

, Agarwal SK

2

,

Loehr LR

2

, Soliman EZ

3

, Pankow JS

1

, Selvin E

4

1

Division of Epidemiology and Community Health, University of Minnesota, Minneapolis, MN;

2

University of North Carolina at Chapel Hill, Chapel Hill, NC USA;

3

Epidemiological Cardiology Research Center (EPICARE), Department of Epidemiology and Prevention, Wake Forest University School of Medicine, Winston Salem, NC;

4

Department of Epidemiology, Johns Hopkins Bloomberg School of Public Health and the Welch Center for Prevention and Clinical Research, Baltimore, MD

Obiettivo. Studiare la relazione tra fibrillazione atriale (FA) e diabete mellito di tipo 2, in quanto la letteratura fornisce risultati controversi, spesso gravati da limiti metodo- logici.

Disegno dello studio. Prospettico, di coorte.

Metodi. È stato valutato il rischio aterosclerotico, raccogliendo dettagliatamente i dati della storia clinica di 13.025 partecipanti allo studio. All’arruolamento (1990-92) i soggetti sono stati divisi in categorie in base ai criteri proposti nel 2010 dall’American Diabetes Association e pertanto sono stati definiti come non diabetici, prediabetici, diabetici.

Principali misure di esito. L’analisi dei dati di incidenza della fibrillazione atriale è stata completata nel corso del 2007. L’associazione tra diabete di tipo 2 e indicatori dell’omeostasi glucidica con l’incidenza di FA è stata stimata mediante modello pro- porzionale di rischio di Cox, dopo aggiustamento per fattori confondenti.

Risultati. Il diabete di tipo 2 era significativamente associato con un incremento del rischio di FA (HR 1,35, intervallo di confidenza [IC] al 95%: 1,14-1,60) aggiustato per fattori confondenti. Non vi erano dati a favore di un incremento del rischio di FA in soggetti con prediabete o con diabete non diagnosticato, rispetto a soggetti non dia- betici. È stata osservata un’associazione positiva e lineare tra HbA

1c

e rischio di FA in soggetti con e senza diabete: 1,13 (1,07-1,20) e 1,05 (0,96-1,15) per ogni incre - mento dell’1%, rispettivamente. Non era invece presente alcuna correlazione tra gli- cemia o insulinemia a digiuno e FA (p > 0,05) nei soggetti non diabetici, mentre vi era un’associazione significativa con la glicemia a digiuno nei soggetti diabetici (p = 0,0002). I risultati erano simili nei bianchi e negli afro-americani.

Conclusioni. La presenza di diabete mellito, il livello di HbA

1c

e il controllo glicemico scadente sono fattori indipendenti associati a incremento del rischio di FA. I mecca- nismi alla base di questa relazione non sono ancora noti e necessitano di ulteriori studi.

Dalla Letteratura

Associazione tra livelli di HbA

1c

, complicanze vascolari e mortalità in diabetici di tipo 2:

evidenza di una soglia glicemica

Diabetologia 2011 Dec 21.

[Epub ahead of print]

Zoungas S, Chalmers J, Ninomiya T, Li Q, Cooper ME, Colagiuri S, Fulcher G, de Galan BE, Harrap S, Hamet P, Heller S, Macmahon S, Marre M, Poulter N, Travert F, Patel A, Neal B, Woodward M; per l’ADVANCE Collaborative Group The George Institute for Global Health, Sydney, NSW, Australia [email protected]

Obiettivi. Dal momento che non vi è accordo in letteratura sui target glicemici più appropriati da raggiungere nel diabete di tipo 2, abbiamo studiato in questi pazienti la relazione esistente tra HbA

1c

, rischio di complicanze vascolari e di morte.

Metodi. Nell’ambito dello studio action in diabetes and vascular disease: preterax and diamicron modified release controlled evaluation (ADVANCE), sono stati rando- mizzati per trattamento glicemico intensivo o trattamento standard 11.140 pazienti diabetici di tipo 2. L’esposizione glicemica è stata definita come media dei valori di HabA

1c

durante il periodo di follow-up e prima della registrazione del primo evento. Il rischio di eventi aggiustato per ciascun decile di HbA

1c

è stato descritto con il model- lo di Cox. Le possibili differenze dell’associazione tra HbA

1c

e rischio per differenti livelli di HbA

1c

è stato esplorato mediante un modello lineare.

Risultati. Nel corso del follow-up è stata osservata una relazione non lineare tra valo- ri medi di HbA

1c

e rischio di eventi macrovascolari, microvascolari e di morte.

Nell’ambito del range di HbA

1c

studiato (5,5-10,5%) vi era evidenza di “valori soglia”

per cui, al di sotto del 7% per gli eventi macrovascolari/morte o del 6,5% per eventi microvascolari, non vi era significativa variazione del rischio (> 0,8 per tutti). Al di sopra di questi livelli di soglia, il rischio cresceva in modo significativo: ogni incremen- to del valore di HbA

1c

dell’1% era associato a un incremento del rischio di eventi macrovascolari del 38%, di eventi microvascolari del 40% e di morte del 38%

(p < 0,001 per tutti).

Conclusioni. Nei pazienti diabetici di tipo 2, livelli di HbA

1c

contenuti entro il valore

soglia del 7% si associano a un più basso rischio di eventi macrovascolari e di morte,

mentre valori entro la soglia del 6,5% si associano a un più basso rischio di eventi

microvascolari. Non vi sono evidenze né per affermare che valori ancora più bassi di

HbA

1c

riducano ulteriormente il rischio né che siano dannosi.

(2)

Dalla Letteratura 36

Il valore di HbA

1c

a tre mesi dalla diagnosi è predittore di mortalità in pazienti diabetici di tipo 2 neodiagnosticati Diabet Med 2011;28:1520-4.

doi: 10.1111/j.1464- 5491.2011.03443.x Kerr D, Partridge H, Knott J, Thomas PW

Bournemouth Diabetes and Endocrine Centre and Centre of Postgraduate Medical Research and Education, Bournemouth University, UK

Scopo. Determinare il tasso di mortalità a 5 anni dalla diagnosi di diabete di tipo 2 in una numerosa coorte di soggetti con diagnosi recente di diabete mellito di tipo 2, visi- tati a poche settimane dalla diagnosi nell’ambito di un singolo programma di educa- zione di comunità.

Metodi. Abbiamo rivisto retrospettivamente i dati di tutti i diabetici di tipo 2 afferiti al nostro servizio in un arco di 5 anni, dal 1999 al 2003 e abbiamo definito, mediante l’analisi della regressione, i fattori che contribuiscono in modo significativo a determi- nare il tasso di mortalità proiettata fino alla fine del 2007.

Risultati. Su un totale di 3781 nuovi accessi di cui sono stati valutati i dati, vi è stato all’incirca un raddoppio di pazienti nell’arco di 5 anni (546 nel 1999 e 997 nel 2003).

Sebbene il numero di pazienti diabetici sia aumentato, il tasso di mortalità entro 5 anni dalla diagnosi si è ridotto dall’11% nel 1999 al 9% nel 2003 (p < 0,005). L’età alla dia- gnosi era il più potente predittore di mortalità (p < 0,001), ma anche il valore di HbA

1c

a tre mesi dalla diagnosi (p < 0,001), la pressione sistolica (p < 0,001) e diastolica (p = 0,05), lo stato di fumatore (p < 0,001), il sesso (p = 0,05) erano predittori signi- ficativi.

Conclusioni. La nostra analisi retrospettiva fornisce ulteriore evidenza del fatto che

la frequenza di accesso di soggetti diabetici di tipo 2 è in rapida crescita e che il tasso

di mortalità si va riducendo, verosimilmente per fattori molteplici. In aggiunta ai valo-

ri pressori, al fumo e al sesso, il valore di HbA

1c

raggiunto nei primi tre mesi dal

momento della diagnosi è un ulteriore indicatore della futura mortalità. Sembra per-

tanto appropriato un intervento precoce e intensivo negli individui diabetici di tipo 2

neodiagnosticati.

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