• Non ci sono risultati.

CAPITOLO 13 – MONTAGGIO DEL PONTE

N/A
N/A
Protected

Academic year: 2021

Condividi "CAPITOLO 13 – MONTAGGIO DEL PONTE"

Copied!
13
0
0

Testo completo

(1)

CAPITOLO 13 – MONTAGGIO DEL PONTE

13.1 – Analisi delle possibili soluzioni e scelta della metodologia costruttiva

La messa in opera di un ponte in generale è un’operazione complessa che richiede uno studio scrupoloso delle diverse fasi di assemblaggio e varo, atte a disporre il ponte stesso nella sua configurazione di esercizio. Le modalità costruttive ed i mezzi impiegati influenzano spesso la statica della struttura una volta terminata la costruzione, per cui è necessario fin da subito avere una visione completa del problema. Di fatto, lo schema di calcolo utilizzato nelle analisi non è che il risultato finale di un’evoluzione di schemi statici successivi, dovuti alle tecniche di montaggio, che possono lasciare al loro termine tracce sulla struttura. In pratica, si hanno stati di sollecitazione iniziali non prettamente appartenenti allo schema statico finale del ponte, che non possono essere quantificati sulla base dello schema finale, ma che richiedo altresì l’esame della sua evoluzione fino alla configurazione definitiva.

Quindi, se si vuole che, una volta terminata la costruzione, il ponte si comporti effettivamente secondo lo schema statico finale, utilizzato per la sua analisi e progettazione, è necessario eseguire opportune scelte di montaggio. In pratica occorre impiegare un procedimento costruttivo al termine del quale non siano presenti sulla struttura sollecitazioni residue, se non debitamente considerate in fase di progetto.

In conclusione la scelta della tecnica di montaggio da adottare dipende da molteplici fattori, tra i quali quelli di maggiore importanza sono senz’altro la tipologia del ponte, i materiali impiegati per la sua costruzione, i fattori naturali ed ambientali e i termini temporali ed economici della costruzione.

Ad esempio, nei ponti ad arco con elevata rigidezza flessionale è possibile operare un montaggio dei conci d’impalcato seguendo tecniche affini a quelle proprie dei ponti sospesi; diverso è invece il caso, come quello in esame, di un sistema combinato arco – trave tipo Langer (ponte ad arco a spinta eliminata con travata irrigidente) in cui l’esigua rigidezza flessionale dell’arco nei confronti di quella dell’impalcato non permette di procedere al montaggio del ponte “appendendo” i conci d’impalcato all’arco stesso, che sarebbe incapace a resistere alle azioni flettenti indotte.

A fronte di tutto ciò, saranno considerate varie tecniche di montaggio, che possono essere adoperate per i ponti in sistema combinato arco – trave, comprese alcune non usuali, tra le quali sarà sviluppata quella ritenuta più consona per il ponte in esame.

(2)

PRIMA IPOTESI DI MONTAGGIO

È definita la metodologia di montaggio “classica” per i ponti di questo tipo, qualora l’impalcato si trovi ad una quota modesta rispetto al fondo dell’alveo. Essa prevede l’adozione di pile temporanee in alveo sulle quali viene montata inizialmente la trave d’impalcato. Una volta terminata la travata si dispone su di essa, in corrispondenza delle pile sottostanti, una seconda stilata di pile che funge da supporto per il montaggio dell’arco o degli archi nel caso di soluzioni ad archi gemelli. Conclusa la costruzione dell’impalcato e dell’arco, si dispone la pendinatura, si rimuovono le pile provvisorie di supporto all’arco, si completa la via sul ponte e si procede alla tesatura della cortina di sospensione, in modo che tutti i carichi permanenti (strutturali e non strutturali) siano riportati all’arco e che la trave d’impalcato assuma una condizione rettilinea o con una certa monta iniziale, comportandosi come una trave continua su appoggi intermedi, rappresentati dai punti di attacco dei pendini, tesa dalla spinta dell’arco.

Fig. 13.1 – Tecnica di montaggio classica di un ponte ad arco con pile provvisorie.

Questa tecnica presenta diversi vantaggi: è semplice e sicura, consolidata dall’elevato numero di volte in cui è stata utilizzata e perfettamente conosciuta da tutte le imprese di montaggio fin nei minimi particolari; l’onere di calcolo relativo alle fasi costruttive è limitato (basterà controllare che ciascun concio dell’impalcato o dell’arco, considerato come doppiamente appoggiato, non sia soggetto a nessun fenomeno di crisi sotto l’azione del peso proprio e dei sovraccarichi dovuti alla costruzione); il montaggio non influisce sullo schema statico finale del ponte (quando l’arco entra in funzione è già collegato all’impalcato – catena che assorbe la spinta ed evita che questa vada a scaricarsi sulle spalle) ed il suo costo è contenuto.

D’altra parte, la soluzione classica presenta alcuni punti deboli: innanzi tutto è necessario utilizzare strutture provvisorie che impegnano l’alveo per tutto il tempo necessario alla costruzione, inoltre, le operazioni di assemblaggio dei conci, mediante saldatura o bullonatura, devono essere eseguite in quota e quindi in condizioni difficoltose.

(3)

I conci, pre-assemblati a piè d’opera, possono essere forniti dal basso oppure movimentati sulle parti d’impalcato già montate; nel primo caso non si hanno mezzi in transito sull’impalcato e quindi si può utilizzare un minor numero di pile provvisorie, mentre nel secondo caso le pile provvisorie devono essere in numero maggiore, dovendo sostenere i mezzi che operano al di sopra. Tra tutti questi aspetti, quello che senz’altro è maggiormente proibitivo è l’impegno dell’alveo per un tempo elevato. Ciò rende la costruzione vulnerabile alle piene fino al suo completamento, specialmente quando l’opera debba essere realizzata su corsi di natura torrentizia, come il fiume Magra, caratterizzati da elevate portate di piena in corrispondenza di eventi pluviometrici di durata temporale modesta, che possono quindi verificarsi in qualsiasi momento, senza che vi sia la possibilità di intervenire celermente a difesa delle parti dell’opera già poste in atto.

SECONDA IPOTESI DI MONTAGGIO

Potremmo allora pensare ad una soluzione che preveda un impegno parziale dell’alveo, solo in prossimità delle spalle, disponendo solo due pile provvisorie sulle quali sono dapprima montate le sezioni laterali dell’impalcato e degli archi ed in seguito viene montata la macro-sezione centrale degli archi in una sola volta, impiegando gru con portate molto elevate. Dopodiché si collegano i pendini e i restanti conci dell’impalcato si “appendono” agli archi già montati.

In questo caso, è opportuno notare che fin quando la trave d’impalcato non è completata, la spinta dell’arco deve essere assorbita dall’esterno, mediante vincoli temporanei che impegnano le spalle in direzione longitudinale. Di tali azioni è necessario tenerne di conto in maniera debita durante la progettazione, perché solamente al termine della travata il ponte si comporterà effettivamente come un arco a spinta eliminata.

(4)

TERZA IPOTESI DI MONTAGGIO

Infine, nel caso in cui si temano piene importanti durante le fasi di montaggio, è opportuno considerare possibilità che non impegnino di fatto l’alveo o lo facciano per un periodo di tempo molto limitato. Da qui deriva il secondo metodo considerato che prevede una costruzione a sbalzo, sostenendo l’impalcato e gli archi a partire dalla imposte mediante degli stralli temporanei facenti capo a torri provvisorie disposte sulle rive. In questa maniera l’alveo non è impegnato da nessuna struttura provvisoria ma la reazione inclinata degli stralli genera compressioni nella trave d’impalcato molto pericolose nei confronti della stabilità; inoltre, gli stralli di riva necessitano di appositi ancoraggi in grado di incassare il peso di metà ponte. Tutto ciò rende questa soluzione molto più costosa rispetto a quella considerata in precedenza.

Fig. 13.2 – Tecnica di montaggio a sbalzo con stralli e antenne provvisorie.

In conclusione, tale tecnica, notevolmente dispendiosa da punto di vista del calcolo poiché deve essere opportunamente calibrata la tensione negli stralli nelle varie fasi, è utilizzata spesso quando l’alveo non è accessibile oppure quando la distanza tra l’implacato e il fondo valle è tale da non permettere l’utilizzo di appoggi provvisori intermedi.

Ognuna delle tre tecniche di montaggio analizzate presenta, quindi, caratteristiche e problematiche peculiari che ne limitano il campo di applicazione. In fase di progettazione, attraverso l’utilizzo di modelli di comportamento parziali e carichi d’esercizio variabili, è necessario verificare che le situazioni transitorie possano essere accettate dalla struttura parziale, verificando che queste generino sollecitazioni compatibili con le resistenze, senza che ciò comporti oneri di calcolo e tempi di analisi troppo elevati.

Per superare i limiti delle metodologie di montaggio viste fin qui, prenderemo in considerazione una quarta tecnica di montaggio che non è propria dei ponti ad arco ma è spesso utilizzata per quelli a travata, ossia il varo di punta.

(5)

In pratica si vuole che:

- Le attrezzature di sostegno provvisorie non impegnino l’alveo o lo impegnino solo per un periodo di tempo molto limitato, visto il carattere torrentizio del fiume Megra;

- L’assemblaggio del ponte possa essere eseguito in condizioni ottimali a piè d’opera senza dover operare in quota;

- Si possano utilizzare per il montaggio attrezzature leggere con costi di gestione contenuti; - La metodologia di montaggio non influisca sullo schema statico finale del ponte;

- Si abbia un onere di calcolo limitato per l’analisi delle fasi costruttive; - Il montaggio sia il più semplice e sicuro possibile;

- L’intera operazione di montaggio abbia costi ragionevoli.

METODOLOGIA DI MONTAGGIO UTILIZZATA

Come già anticipato, l’ultima tecnica analizzata prevede la messa in opera del ponte mediante l’esecuzione di un varo di punta.

In questo modo, il ponte è completamente assemblato a piè d’opera, procedendo poi al posizionamento definitivo mediante spinta longitudinale su appositi appoggi scorrevoli. Questo metodo di procedere comporta che il ponte subisca una continua variazione dello schema statico e quindi delle sollecitazioni che lo impegnano; per di più, per il superamento delle luci tra le pile provvisorie, si fa affidamento solo sulla sua rigidezza e resistenza flessionale. Ora, il sistema combinato arco – trave funziona bene fin quando si può sfruttare l’effetto dell’arco o degli archi, grazie al sistema di sospensione, ma se si opera con un varo di punta la collaborazione viene meno, poiché i punti degli archi e della trave si avvicinano scaricando di fatto i pendini e rendendo inefficace la connessione. Ciò comporta che si potrà fare affidamento solo sulla rigidezza flessionale della trave d’impalcato e degli archi; però, la prima è molto flessibile ed i secondi hanno una rigidezza flessionale molto piccola se non trascurabile, con la conseguenza che risulterà difficoltoso operare il varo longitudinale. Inoltre, la trave d’impalcato è pensata e progettata per assorbire essenzialmente carichi flessionali positivi, mentre nel caso del varo di punta è sollecitata a carichi flessionali, e le parti di testa del ponte sono le più pesanti, a causa della presenza delle travi di testata, per cui il quadro si complica notevolmente rendendo a prima vita proibitiva la scelta di questo tipo di montaggio. Per arginare queste problematiche è possibile rendere temporaneamente reticolare la struttura, attraverso l’utilizzo di diagonali e montanti interposti tra ciascun arco e il corrispondente cassone – catena, e utilizzare nella parte anteriore del ponte un avambecco, o naso di varo, collegato al sistema reticolare, che consente il raggiungimento delle pile provvisorie in alveo, riducendo sensibilmente l’impegno statico delle membrature del ponte.

(6)

Fig. 13.4 – Tecnica di montaggio a spinta con avambecco e sistema reticolare.

In conclusione, quindi, è stato deciso di utilizzare proprio tale tecnica per il montaggio del ponte. In pratica, l’avambecco sarà una struttura reticolare tridimensionale, disposta sulla parte frontale del ponte, con le membrature portanti poste in posizione laterale, in corrispondenza dei cassoni – catena, e collegate da irrigidimenti reticolari a passo costante, atti a garantirne sia la stabilità globale sia quella locale; invece, la struttura reticolare interna (montanti e diagonali) sarà formata da elementi singoli a sezione cava incernierati alle estremità.

Per quanto riguarda il modello di calcolo utilizzato per lo studio delle diverse fasi costruttive, esso è lo stesso di quello usato per lo studio statico, sismico e dell’instabilità con l’unica differenza che, per considerare la possibile inefficacia del sistema di connessione durante il montaggio, i pendini sono stati modellati come elementi cable e non come elementi frame ed è stata eseguita un’analisi non lineare della struttura, come richiesto dal programma di calcolo quando si utilizzino elementi di questo tipo.

13.2 – Descrizione dettagliata delle fasi di montaggio

Dopo aver determinato la metodologia di montaggio è possibile passare ad una descrizione più approfondita delle diverse fasi.

Tutte le successive analisi sono state svolte considerando agenti solo i carichi permanenti strutturali, amplificati del coefficiente di sicurezza γG1 = 1,35 come previsto dalle NTC08 nella

tabella 5.1.V per i ponti stradali agli stati limite ultimi strutturali STR. Inoltre, non è stata considerata agente l’azione del vento.

FASE 1 – PREPARAZIONE DEL SITO

In questa fase iniziale si realizzano parzialmente le spalle in riva destra e sinistra, fino alla quota di stacco con la paraghiaia. Anche i rilavati stradali sono costruiti parzialmente su entrambe le rive e su quella destra viene realizzato un corridoio di spinta, sul quale vengono approntati gli appositi binari e il cantiere di assiemaggio a piè d’opera.

(7)

FASE 2 – ASSEMBLAGGIO DEL PONTE A PIE’ D’OPERA

Preparato il cantiere, s’inizia con l’assemblaggio del ponte, le cui sezioni vengono fornite mediante sollevamento operando dal piede del rilevato, con una gru cingolata leggera. Si realizza prima la trave d’impalcato, disponendola sui carrelli di varo e sui sostegni fissi, dopodiché si montano gli archi su pile provvisorie e si dispone la pendinatura per collegarli all’impalcato.

Mentre si procede con l’assiemaggio del ponte, si inizia la costruzione delle pile provvisorie in alveo, operando in modo tale da far coincidere il termine del montaggio del ponte con la conclusione delle operazioni in alveo.

Fig. 13.6 – Fase 2 – Assemblaggio del ponte a piè d’opera.

FASE 3 – PREPARAZIONE AL VARO

Realizzato a piè d’opera l’avambecco, esso viene montato sulla parte frontale del ponte e viene realizzata la struttura reticolare interna (diagonali e montanti). Per quanto riguarda la disposizione dei sostegni, sono previsti rulli di scorrimento fissi in testa ed in posizione intermedia mentre i carrelli mobili si trovano in coda al ponte.

Inoltre, viene effettuata una prima tesatura della cortina di sospensione per “mettere in forza” le aste del sistema reticolare.

Fig. 13.7 – Fase 3 – Preparazione al varo.

FASE 4 – VARO ATTRAVERSO LA PRIMA CAMPATA FINO ALLA PRIMA COPPIA DI PILE PROVVISORIE

Conclusa la preparazione al varo, è possibile procedere alla spinta longitudinale del ponte attraverso la prima campata fino al raggiungimento della prima coppia di pile provvisorie. In tale situazione, l’abbassamento elastico dell’avambecco in punta (freccia) è pari a circa 100 cm.

(8)

Durante la fase di attraversamento della prima campata, l’avambecco e la parte frontale del ponte sono a sbalzo dalla spalla destra.

Questa è la condizione più critica per le membrature principali del ponte quali archi, cassoni – catena e traversi. È quindi necessario evitare qualsiasi fenomeno di crisi.

Analizziamo per primo uno dei due cassoni – catena (vista la simmetria della struttura, essi sono ugualmente sollecitati), le cui sollecitazioni massime sono riportate nella tabella successiva e si verificano in corrispondenza della sezione sull’ultimo appoggio di sinistra (vedi figura 13.8)

Mx (KNm) My (KNm) Mt (KNm) Tx (KN) Ty (KN) N (KN)

-5779,7 -162,1 15,0 221,1 2413,1 -748,6

Tab. 13.1 – Sollecitazioni agenti in corrispondenza della sezione critica del cassone - catena.

OSSERVAZIONI: E’ importante notare come il momento flettente prevalente che agisce sul cassone (Mx) abbia segno opposto a quello che agisce sullo stesso elemento in fase di esercizio e

quindi provochi tensioni normali di compressione in zone che sono pensate essenzialmente per lavorare a trazione. Ciò potrebbe comportare problemi d’instabilità in fase di varo che devono essere scongiurati. È stata quindi eseguita una verifica a stabilità dei vari elementi costituenti il cassone – catena con le sollecitazioni sopra elencate e considerando gli irrigidimenti presenti, seguendo quanto indicato dalla norma CNR 10011 (utilizzata anche per le corrispondenti verifiche in fase di esercizio). Tale verifica è risultata essere soddisfatta ma per brevità di trattazione non di riportano di seguito i relativi calcoli.

Per quanto riguarda la verifica di resistenza, essa è stata condotta in campo elastico, secondo quando indicato dalle NTC08 al par. 4.2.4.1.2, così come per le verifiche statiche, ottenendo che la massima tensione ideale agente sulla sezione maggiormente sollecitata del cassone – catena è pari a 140 N/mm2, minore della resistenza allo snervamento di progetto fyd = 338,1 N/mm

2

, per cui la verifica è soddisfatta.

Passiamo ora ad analizzare lo stato di sollecitazione dei traversi e delle travi di testata. Il modello di analisi mostra che in entrambi questi elementi non si hanno inversioni nel segno delle sollecitazioni, come avviene per i cassoni – catena, e che il loro valore è molto inferiore rispetto a quello in fase di esercizio. Quindi le corrispondenti verifiche di resistenza e d’instabilità si ritengono automaticamente soddisfatte.

Infine, dobbiamo controllare lo stato di sollecitazione degli archi. La sezioni maggiormente sollecitate sono quelle in corrispondenza del montante immediatamente a destra dell’ultimo appoggio di sinistra.

(9)

Mx (KNm) My (KNm) Mt (KNm) Tx (KN) Ty (KN) N (KN)

-754,7 -955,7 2,5 -62,4 -150,7 1402,0

Tab. 13.2 - Sollecitazioni agenti in corrispondenza della sezione critica dell’arco.

Operando una verifica di resistenza analoga a quella dei cassoni – catena laterali otteniamo che la tensione ideale massima nella sezione maggiormente sollecitata di uno dei due archi è pari a 51,4 N/mm2, molto minore della resistenza allo snervamento di progetto fyd = 338,1 N/mm

2

, per cui la verifica è soddisfatta. Sarebbe necessario eseguire anche una verifica di stabilità come è stato fatto in fase di esercizio, ma visto che durante le fasi di varo gli archi non evidenziano problemi di resistenza (la tensione ideale massima è assai minore di quella limite di progetto) e che è presente una trazione contenuta (in fase di esercizio si arriva a compressioni dell’ordine di 14000 KN, quindi circa 10 volte maggiori in valore assoluto), si ritiene possano essere esclusi fenomeni d’instabilità locali e globali.

Fig. 13.8 – Fase 4 – Varo attraverso la prima campata.

FASE 5 – SOLLEVAMENTO DELL’AVAMBECCO E RECUPERO DELL’INFLESSIONE ELASTICA

La freccia elastica della testa del ponte deve essere completamente recuperata mediante il sollevamento della punta dell’avambecco di circa 10 cm, attraverso l’utilizzo di appositi martinetti idraulici posti in sommità delle pile provvisorie. A questo punto il ponte risulta essere vincolato su quattro appoggi.

Il sollevamento della punta dell’avambecco comporta una diminuzione delle sollecitazioni, e quindi delle tensioni, nelle membrature del ponte.

(10)

FASE 6 – SUPERAMENTO COMPLETO DELLA PRIMA CAMPATA

Una volta sollevata la punta dell’avambecco si spinge ulteriormente in avanti il ponte, fin quando la parte anteriore di esso arriva sulla prima pila provvisoria. In questa posizione le sollecitazioni sulla struttura del ponte sono contenute e quindi non sussistono problemi di resistenza o d’instabilità. È importante notare che durante l’avanzamento dell’avambecco muta sia la reazione sulla pila al di sotto di esso, sia il suo punto di applicazione sui correnti inferiori. Ciò comporta una continua variazione delle sollecitazioni nelle varie membrature dell’avambecco, rendendo di difficile individuazione la condizione più pericolosa.

Fig. 13.10 – Fase 6 – Superamento completo della prima campata.

FASE 7 – ABBASSAMENTO E RIMOZIONE DEI RULLI DI SCORRIMENTO INTERMEDI Eseguito il varo completo attraverso la prima campata, si procede all’abbassamento ed alla rimozione dei rulli di scorrimento intermedi, posti sul rilevato in riva destra. Questa operazione consente di mantenere sempre di compressione le reazioni sui carrelli di coda, evitando che essi siano soggetti a carichi negativi con il conseguente sollevamento.

Fig. 13.11 – Fase 7 – Abbassamento e rimozione dei rulli intermedi.

FASE 8 – VARO ATTRAVERSO LA SECONDA CAMPATA FINO ALLA SECONDA COPPIA DI PILE INTERMEDIE

Si procede con una seconda fase di spinta per il superamento della campata tra le pile provvisorie, fino al raggiungimento di quella più vicina alla riva sinistra. Durante questo movimento il ponte è vincolato in coda ai carrelli mobili e appoggiato sui rulli di varo sulla spalla destra e sulla prima pila. La situazione più critica per il ponte in questa fase si ha immediatamente prima che l’avambecco raggiunga la seconda pila provvisoria. Le sollecitazioni nelle membrature principali dell’opera sono del tutto analoghe a quelle della fase 4 e quindi si rimanda ad essa per la loro

(11)

trattazione. Lo spostamento verticale della punta dell’avambecco è, come nella fase 4, pari a circa 10 cm. Di fatto, durante questa fase, il ponte si comporta in maniera perfettamente analoga a quanto già analizzato.

Fig. 13.12 – Fase 8 – Varo attraverso la seconda campata.

FASE 9 – SOLLEVAMENTO DELL’AVAMBECCO E RECUPERO DELL’INFLESSIONE ELASTICA

Come nella fase 5 si procede al recupero della freccia elastica della testa del ponte pari a circa 10 cm, attraverso l’uso di martinetti idraulici posti sulla testa della seconda pila provvisoria.

Fig. 13.13 – Fase 9 – Sollevamento dell’avambecco per recuperare la freccia elastica.

FASE 10 – SUPERAMENTO COMPLETO DELLA SECONDA CAMPATA

Questa fase è del tutto analoga alla fase 6, anche in termini di sollecitazioni a cui è soggetto l’avambecco durante l’avanzamento.

Fig. 13.14 – Fase 10 – Superamento completo della seconda campata.

FASE 11 – ABBASSAMENTO E RIMOZIONE DEI RULLI DI SCORRIMENTO SULLA SPALLA DESTRA

Si abbassano i rulli di scorrimento posti sulla spalla destra e si elimina così il vincolo alla traslazione verticale da essi rappresentato. Come nella fase 7, questo espediente serve per evitare che i carrelli mobili di coda siano soggetti a reazioni verticali dirette verso il basso nelle fasi terminali del varo.

(12)

Fig. 13.15 – Fase 11 – Abbassamento e rimozione dei rulli di scorrimento sulla spalla destra.

FASE 12 – VARO ATTRAVERSO LA TERZA CAMPATA FINO ALLA SPALLA SINISTRA Terza ed ultima fase di spinta che consente di superare la terza campata, facendo raggiungere all’avambecco i rulli di scorrimento fissi posti sulla spalla sinistra. La situazione tensionale delle membrature principali del ponte è la stessa delle fasi 4 ed 8.

Fig. 13.16 – Fase 12 – Varo attraverso la terza campata.

FASE 13 – SOLLEVAMENTO DELL’AVAMBECCO E RECUPERO DELL’INFLESSIONE ELASTICA

In analogia alle fasi 5 e 9, si procede al recupero della freccia elastica della testa del ponte pari a circa 10 cm, attraverso l’uso di martinetti idraulici posti sulla spalla in riva sinistra.

Fig. 13.17 – Fase 13 – Sollevamento dell’avambecco per recuperare la freccia elastica.

FASE 14 – VARO COMPLETO DEL PONTE

Si termina la fase di spinta portando il ponte nella sua posizione definitiva.

(13)

FASE 15 – COMPLETAMENTO DEL PONTE

Terminata la fase di varo, si procede allo smontaggio dell’avambecco e della struttura reticolare interna. Successivamente sarà effettuata la posa in opera della pavimentazione stradale, dei marciapiedi, delle barriere di sicurezza e dei parapetti. Esternamente al ponte dovranno essere completate le spalle ed i rilevati e dovrà essere realizzata la pavimentazione stradale in sede naturale. Dopodiché saranno istallati i dispositivi di vincolo definitivi e sarà eseguita la tesatura finale della cortina di sospensione sotto tutti i carichi permanenti strutturali e non strutturali, portando il ponte nella sua configurazione definitiva. Rimosse le pile provvisorie, demolite le loro fondazioni e sistemato l’alveo, sarà possibile effettuare le prove di collaudo.

Fig. 13.18 – Fase 15 – Completamento del ponte.

FASE 16 – APERTURA DEL PONTE AL TRAFFICO VEICOLARE

Portate a termine le prove di collaudo, sarà possibile procedere all’apertura del ponte al traffico veicolare.

Riferimenti

Documenti correlati

Durante la prima ora il ragazzo si addormenta, e al risveglio riferisce la comparsa di cefalea; lo rivalutiamo e l’esame neurologico si ricon- ferma nella norma; notiamo però

L’indagine evidenzia una formazione compatibile con voluminosa cisti aracnoidea in sede temporale polare sinistra (5 x 3,5 x 3,5 cm) che disloca il lobo

Nel forte sospetto di stroke cerebrale è stata eseguita subito una TC cerebrale con mezzo di contrasto che mostrava due lesioni ipodense di tipo vascolare ischemico a carico

Il vento in direzione trasversale y induce sul ponte effetti torcenti che debbono essere valutati separatamente in condizioni di ponte carico o ponte scarico,

E’ un malessere psico fisico complesso che coinvolge fisicamente quasi tutti i sistemi fisici del corpo: digestivo (nausea, vomito,dissenteria), scheletrico (postura) ,

Platinum based CRT remain the standard in locally advanced disease also in good prognosis pts. RT+CET is an alternative option in platinum

Il ponte per raggiungere i ragazzi, grazie alla sua disponibilità ad aiutarci ad entrare in relazione con loro nel modo giusto, a tradurre dall'italiano al malgascio per le attività,

Si pensi per tutti a quello in cui La Pira, muovendo dalla necessità di superare l’impostazione del liberalismo individualistico del secolo precedente, propose una formula