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Capitolo VI. Il lessico

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Capitolo VI. Il lessico

6.1 Premessa

Il glossario è composto dal lessico differenziale elicitato oralmente dagli informatori durante l’inchiesta sul campo. Esso include principalmente vocaboli e locuzioni giudeo-livornesi, ma anche forestierismi di varia provenienza, lessico onomastico e toponimi particolari, voci dialettali rare o desuete. Complessivamente, il glossario è costituito da 1012 entrate: 603 lemmi affiancati da 208 varianti lessicali più 201locuzioni idomatiche.

Qui di seguito sono illustrati i criteri di lemmatizzazione, la trattazione delle entrate, la struttura delle voci e altre informazioni lessicografiche.

6.1.2 Criteri di lemmatizzazione Sostantivi

I sostantivi sono portati a lemma nella forma abituale di citazione, cioé:

- Il singolare maschile per le forme nominali a distinzione di genere; - Il plurale, se il nome è attestato solo nella forma plurale.

Se un sostantivo ha la stessa forma per il maschile e il femminile sarà indicato con : «m. e f.»; se invece la forma è invariabile per il singolare e il plurale la dicitura utilizzata sarà: «sing. e pl.». I sostantivi che hanno la stessa forma sia per il genere che per il numero sono accompagnati dalla dicitura «inv.».

Se è attestata una forma flessa nel genere o nel numero secondo desinenze proprie di lingue diverse dall’italiano, essa compare in corsivo e tra parentesi tonde subito dopo le informazioni grammaticali.

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La forma di citazione degli aggettivi è di norma il maschile singolare; in pochi casi si è scelto di lemmatizzare la forma al femminile perché semanticamente connessa a un referente esclusivamente femminile. Ѐ indicato il duplice valore di aggettivo e sostantivo di un singolo lemma, anteponendo la categoria grammaticale che prevale nell’uso. Per le forme invariabili nel genere, nel numero o in entrambi valgono le stesse regole dei sostantivi.

Verbi

I verbi sono lemmatizzati nella forma dell’infinito; si segue la tradizionale suddivisione fra transitivi e intransitivi. I verbi sia transitivi sia intransitivi hanno in intestazione le due qualifiche grammaticali “v. intr. e tr.” o “v. tr. e intr.” a seconda dell’ordine delle accezioni.

I verbi qualificati come pronominali comprendono i verbi intransitivi propriamente pronominali, i transitivi che possono essere costruiti con un pronome riflessivo e i pronominali sia transitivi sia intransitivi. Di conseguenza le qualifiche sono “v. pronom. tr.”, “v. pronom. intr.” e “v. pronom. intr. e tr.”.

Alcuni casi di verbi pronominali senza sovrappiù semantico hanno un rinvio alla forma non pronominale corrispondente, quelli cioè il cui uso pronominale è chiaramente ricostruibile a partire dalla forma non pronominale. Sono invece definiti autonomamente i pronominali dotati di sovrappiù semantico rispetto alla forma non pronominale o del tutto privi di una forma non pronominale corrispondente.

Participi

Figurano come lemmi autonomi i participi che siano dotati di una valenza sostantivale o di un valore aggiunto semantico aggettivale, oppure i participi cristallizzati nell’uso.

Alterati

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Lessemi complessi

Sono stati lemmatizzati alcuni lessemi complessi; si tratta per lo più di polirematiche, sintagmi nominali o sostantivi sintagmatici indicati con le diciture «loc.», «loc. s.», «loc. agg.» (ad. es.: purim

sciuscià). In questi casi le informazioni grammaticali si riferiscono al sostantivo o all’aggettivo che

compone il lessema.

Esclamazioni

Sono stati inserite alcune esclamazioni, cioè lessemi che sono stati attestati nel corpus esclusivamente come tali; si distinguono dalle altre voci per essere seguite sempre dal punto esclamativo e sono segnalate dalla dicitura «escl.».

Struttura delle voci

Le entrate sono elencate secondo l'ordine alfabetico tradizionale dell’italiano; la lettera ebraica

‘àyin (indicata con il segno ʔ) è collocata dopo la lettera M. Quando presenti, alla fine della voce sono

elencate in ordine alfabetico le sottovoci delle locuzioni idiomatiche correlate al lemma. Tali sottovoci sono segnalate visivamente con rientro e carattere di dimensione inferiore e hanno la medesima struttura della voci principali.

Ogni definizione fornisce le seguenti informazioni in questa sequenza:

- lemma (in grassetto);

- numero di testimoni che hanno prodotto il vocabolo nella variante lemmatizzata (in

numeri arabi);

- trascrizione fonetica I.P.A. della variante lemmatizzata (tra parentesi quadre); - marche grammaticali;

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- nel caso dei prestiti, indicazione della lingua di provenienza1, etimo2 ed eventuali

osservazioni sulla struttura del lessico;

- significato o traduzione (tra apici); in caso di accezioni multiple, i vari significati,

segnalati con numeri romani maiuscoli evidenziati in grassetto;

- il contesto di occorrenza seguito, tra parentesi tonde, dal numero di parlanti che ne

testimoniano l’uso con il significato indicato;

- confronto con le attestazioni nelle fonti a stampa del giudeo-livornese (citazione

bibliografica abbreviata, vocabolo in corsivo se difforme dal lemma, significato o traduzione tra parentesi tonde e apici in caso di significato diverso del lemma o polisemia), nei dizionari e altre raccolte lessicografiche, separate da punto e virgola e anticipati dalla dicitura «Cfr.»;

- confronto con le attestazioni dello stesso lemma in altre parlate giudeo-italiane

raccolte in APRILE 2012 (denominazione della varietà giudeo-italiana in forma abbreviata3, vocabolo in corsivo se difforme dal lemma, significato o traduzione tra

parentesi tonde e apici in caso di significato diverso del lemma o polisemia) separate da virgola e anticipate dalla dicitura «Cfr. anche».

Il lemma ed il contesto sono riportati secondo il sistema notazionale di trascrizione descritto in §3.10. Se all’interno della voce, ad esempio nelle informazioni etimologiche o lessicologiche, è citata una parola o una locuzione idiomatica già lemmatizzata, essa è segnalata in grassetto.

Varianti allomorfe e casi di polisemia

1 Le abbreviazioni utilizzate per le informazioni grammaticali ed etimologiche sono sciolte in §5.2.

2L’etimo è riportato in corsivo e nell’alfabeto di origine nel caso delle lingue semitiche; è seguito, tra parentesi

tonde, dall’eventuale traslitterazione in corsivo e dal significato tra apici.

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Le varianti allomorfe sono state portate a lemma separatamente4. Sono seguite dalla

trascrizione I.P.A. e, se necessarie, dalle informazioni grammaticali e dalle osservazioni lessicologiche seguite dal rimando («vedi») alla forma lemmatizzata attestata dal maggior numero di testimoni oppure ritenuta più recente.

Un esempio di contesto di attestazione per ogni variante allomorfa è riportato all'interno della voce principale sotto l’accezione pertinente ed è separato dagli altri contesti dal segno "||".

In caso di polisemia, i singoli significati sono elencati all'interno della voce principale secondo un ordine decrescente (espresso in numeri romani e grassetto) che espone prima le accezioni attestate dal maggior numero di parlanti; per ogni significato è riportato un esempio di contesto di occorrenza, preceduto dall’indicazione (tra parentesi tonde e numeri arabi) del numero di informatori che attribuiscono tale accezione alla parola.

La translitterazione dell’ebraico

Il sistema di translitterazione utilizzato per gli etimi ebraici si basa sulla norma ISO 259-35

con lievi modifiche sul modello proposto in APRILE-LELLI 2004, 461-464 e ripreso in FRANCESCHINI 2012, 400-401. A seguire è riportato il sistema adottato per le consonanti e le vocali; gli accenti di parola non sono indicati.

Trascrizione delle consonanti ebraiche

4 Sono state considerate varianti allomorfe le forme che presentano almeno un fonema difforme dal lemma principale, con l’eccezione delle varianti che dipendono con certezza dai fenomeni di spirantizzazione consonantica del toscano o dai contesti fonosintattici.

5 Si tratta di un sistema convenzionale elaborato nel 1996 dall’International Organization for Standardization

(I.S.O.) che è stato creato per ovviare alla complessità della norma ISO 259 o “traslitterazione rigorosa” e creare uno standard destinato a facilitare l’elaborazione dell’informazione bibliografica.

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א : ’ (muta)

ב : b / v (bilabiale e labiodentale sonore)

ג : g (velare sonora)

ד : d (dentale sonora)

ה : h (fricativa glottidale)

ו : w (semiconsonante)

ז : z (fricativa alveolare sonora)

ח : ḥ (fricativa uvulare sorda)

ט : ṭ (dentale sorda enfatica)

י : y (semiconsonante)

כ : k (velare sorda)

ל : l (laterale alveolare)

מ : m (nasale bilabiale)

נ : n (nasale alveolare)

ם : s (fricativa alveolare sorda)

ע : ‘ (fricativa faringale sonora, occlusiva glottidale sorda faringalizzata, muta, nasale velare, nasale palatale)

פ : p / f (bilabiale e labiodentale sorde) l

צ : ṣ (affricata alveolare sorda)

ק : q (velare sorda)

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ש : ś (fricativa alveolare sorda)

שׂ’: š (fricativa palatoalveolare sorda)

ת : t (dentale sorda)

Trascrizione delle vocali ebraiche

In ebraico le vocali si distinguono in brevissime, brevi, medie e lunghe. Nel sistema di trascrizione adottato la durata vocalica non è indicata.

Il complesso sistema di punti e linee che nell’ebraico scritto distingue le vocali anche in base alla durata e al grado di apertura è stato ricondotto alla grafia di base dell’italiano senza distinzioni:

a, e, i, o, u. La šwa’ quiescente non è indicata da alcun segno.

6.2 Chiave delle abbreviazioni

accr.: accrescitivo

ad.: adattato6

aff.: affettivo

6 Con questa marca si identifica un prestito che, rispetto alla base etimologica, ha subito almeno uno di questi

fenomeni: profonda trasformazione a livello fonematico (sonorizzazioni, geminazioni, aferesi, epitesi ecc.), come in gażżerù; applicazione di affissi propri dell'italiano, come in żoìno; composizione (anche con un altro ebraismo, se prodottasi nell’areale dialettale); spostamento d'accento, come teìna. La caduta della consonante finale, la spirantizzazione di consonanti occlusive, lo scempiamento della sibilante palatale, il passaggio da nasale velare o bilabiale a nasale alveolare, il rafforzamento consonantico ed altri fenomeni secondari non sono stati considerati processi di adattamento, così come i mutamenti nel genere, nel numero, nella categoria grammaticale o nel significato, se privi di conseguenze fonomorfologiche (per. es.: canuccà e żonò).

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agg.: aggettivo, aggettivale alg.: algerino alt.: alterato ant.: antico ar.: arabo aram.: aramaico

avv.: avverbio, avverbiale

cong.: congiunzione

cons.: consonante, consonantico

der.: derivato, derivativo

dial.: dialettale

dim.: diminutivo

dim.: diminutivo

ebr.: ebraico

escl.: esclamazione, esclamativo

espr.: espressione f.: femminile fr.: francese g.-ales.: giudeo-alessandrino g.-anc.: giudeo-anconetano g.-ar.: giudeo-arabo

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g.-corf.: giudeo-corfiota g.-cun.: giudeo-cuneese g.-faen.: giudeo-faentino g.-fer.: giudeo-ferrarese g.-fior.: giudeo-fiorentino g.-it.: giudeo-italiano g.-liv.: giudeo-livornese g.-mant.: giudeo-mantovano g.-marc.: giudeo-marchigiano g.-mod.: giudeo-modenese g.-monc.: giudeo-moncalvese g.-piem.: giudeo-piemontese g.-pit.: giudeo-pitiglianese g.-port.: giudeo-portoghese g.-regg.: giudeo-reggiano g.-rom.: giudeo-romanesco g.-sp.: giudeo-spagnolo g.-tor.: giudeo-torinese g.-tries.: giudeo-triestino g.-ven.: giudeo-veneziano g.-ver.: giudeo-veronese

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g.-verc.: giudeo-vercellese

gerg.: gergale

g-lug.: giudeo-italiano di Lugo di Romagna

ib.: iberico (castigliano, portoghese, ladino)

imp.: imperativo

inc.: incomprensibile (nella trascrizione dei contesti, segmento di parlato incomprensibile)

ingl. : inglese

inn.: innovazione, innovativo (voce non attestata precedentemente7)

inter. : interiezione

intr. : intransitivo

inv. : invariabile

istr.: istriano

lat. : latino, latinismo

lett.: letteralmente

lib.: libico

liv. ven.: voce dialettale livornese del quartiere della Venezia Nuova8

7 Questa marca indica le voci che non sono mai state attestate in fonti a stampa composte prima del 2010, data di pubblicazione di ORFANO 2010; alcune attestazioni di parole o espressioni comparse in testi pubblicati posteriormente a questa data non dipendono dal repertorio lessicale dell’autore, ma sono state riprese dal glossario redatto contestualmente alla prima inchiesta dialettale descritta in §2.2.

8 Sotto questa formula figurano una serie di vocaboli caratterizzati da tratti fonetici, o tracce degli stessi, tipici

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liv.: livornese (voce dialettale livornese) loc.: locuzione lucch.: lucchese m.: maschile magr.: magrebino med.: medievale metr.: metrica mod.: moderno mus.: musicale p.: participio pass.: passato pers.: persiano pis.: pisano pl.: plurale port.: portoghese post.bibl.: post-biblico pr.: pronome

Nuova (si veda a proposito FRANCESCHINI 2008a, 171-196; ). Tali fenomeni, quasi del tutto scomparsi nella pronuncia

attuale, sono lo scambio tra /r/ e /l/ in posizione preconsonantica e postconsonantica, e la cosiddetta pronuncia con la "lisca", cioè come una specie di laterale fricativa sorda, di /s/ preconsonantica.

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prov.: provenzale

rifl.: riflessivo

s.: sostantivo, sostantivale

sing.: singolare

sp.: spagnolo

spec. : voce specializzata su particolari referenti giudeo-livornesi o giudeo-italiani

spreg.: spregiativo

top.: toponimo, toponimico

tosc.: toscano (voce dell’uso toscano, orale e scritto, del sec. XIX)

tr.: transitivo

tun.: tunisino

tur.: turco

v.: verbo, verbale

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6.3 Glossario

A

abbozzàre: 1, [abbotˈtsaːre], v. intr., tosc. dal marinaresco bozzare o abbozzare (‘legare tramite una bòzza, cioé una legatura provvisoria, le gòmene o le catene delle ancore’), ‘smettere di parlare’. GN1927: abòzza vól dire ee férmiti! pa e stoᵽ férmiti di parlare. Cfr. Guarducci, Risposta; FRANCESCHINI (Glossario) 2013 (‘astenersi dal mostrare risentimento, sopportare con rassegnazione’); FANFANI 1863 (‘Uno si mostrerà sdegnato di aver ricevuto villanìa, minaccerà volersene vendicare; e l’altro dirà: Andiamo, abbòzza’); FERRERO 1972 abbozza (‘lascia perdere, non parlare. Nei dialetti centromeridionali, abbozzare è sopportare tacendo’); FERRERO 1991 (‘abbozza, al figurato, sméttila, fèrmati’); GDLI (‘sopportare, tollerare con tacita e malcelata rassegnazione’) con secondo es. di Pirandello, Quaderni di Serafino Gubbio operatore, 1925: devo star zitto,

abbozzare, abbozzare; GRADIT (‘passare una bozza intorno a un cavo o a una catena tesi per

impedirne lo scorrimento’); VFC abbozzarla (‘smettere, usato soprattutto nelle esortazioni minacciose: abbozzala!’).

ablàre: 1, [aˈβlaːre], v. intr., inn. dal g.-sp. ablar (‘parlare’) ad. con desinenza it., ‘parlare’. PS1949: sì. ᵽeròo. ab̶ / DS: stai attènto, éh.. contròlla / PS1949: dičiamo.. pallare b̶e venìa da ablàre ᵽiù.. pjù cché ppac̶herare. / I: ablàre? si dičév̶a? / PS1949: sì. / I: àh! nélla vòstra famiglia uṡavat̶e /

PS1949: sì, ab̶lare, sì. / DS: e qquéllo è pproᵽo spagnòlo / PS1949: éeh e lo sò / DS: mà! sènti là! / MS1981: bòja. ablàre? / PS1949: ab̶lare. Cfr. WAGNER 1930: ablar.

aburjat̶a: 1, [abuˈrjaːθa], s. f. sing. dall’ebr. post-bibl. הרובח (havura, ‘compagnia, società’) ad. con suffisso it., ‘abbuffata’. ML1967: uèem aspètta l’artra vòrta hó détto.. bò c̶hé aburjat̶a d̶é! sa

proᵽo dé aa ó sanno l’abbuffat̶a sa si vó dé bbòna dé ma ém io la p la prèndo hóme abbuffat̶a, sa aburja bén si mangia bène. Cfr. Bedarida, Intermezzo: haburiate; BECCANI 1942: ĥaburįare; Bedarida, Ebrei: ḥaburiando; MARCHI 1993: ḥaburiare. Cfr. anche APRILE 2012: g.-piem. habürié (‘mangiare con ingordigia; ingozzarsi’), g.-tor. hhaburiè, khaburié, chaburi[é] (‘mangiare molto, ingordamente’), hhabürà (‘golosità’), g.-ven. haburìàr (‘mangiare molto, ingordamente’),

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ac̶alommìrzi: 1, [axalom'miːrʦi], v. pronom. intr., inn. dall’ ebr. םולח (ḥalom, ‘sogno; fantasia’), ad. con desinenza italiana e pronome riflessivo, ‘addormentarsi’. AS1939: l b̶imb̶o

s'ac̶alòmmia, sì ci si lèrte si v̶a ar cinéma. Cfr. Scarpettini, Naina; Cerrai, Modì: aḥalòmmio9. aclàre: 2, [aˈklaːre], vedi ac̶rare.

ac̶làre: 4 [aˈxlaːre], vedi ac̶rare.

ac̶léggio: 2, [ax'leːddʒo], s. m. sing. dall’ebr.ﬥכא (’akal, ‘mangiare’) ad. con suffisso italiano, ‘cibo’. MS1981: dé.. quésto è un ac̶léggio ja jafeóone || GP1934: èe, cibo ac̶réggio. Cfr. Bedarida,

Ebrei: aḥleggio (‘il «da mangiare», anche in senso dispregiativo’); MAYER MODENA 1978: ahleggio; MARCHI 1993: a(c)hléggio; WAGEMANS 2009: acleggio. Cfr. anche APRILE 2012: g.-rom. achlèccio ‘mangiata, scorpacciata', achléccio ‘cibo che si mandava agli uomini in bottega o ai fanciulli a scuola’.

ac̶raménto: 2, [axraˈme͂ːnto], s.m. sing., inn. dall’ebr.ﬥכא (’akal, ‘mangiare’) ad. con suffisso derivativo italiano e con rotacismo di [l], ‘cibo’. AS1939: ac̶ràre, ac̶raménto [ride] / I: à ac̶raménto

anche / AS1939: ac̶raménto / MB1965: sì. / AS1939 [ride] e d̶ičéano g̶uardiàmo n pò l’ ac̶raménto, còsa č’è! / MB1965: sì, ac̶raménto. Per cfr. vedi ac̶ràre, ac̶léggio.

ac̶ràre: 14, [aˈxraːre], v. tr., dall’ebr.ﬥכא (’akal, ‘mangiare’) ad. con desinenza italiana, e con rotacismo di [l], ‘mangiare’. MS1981: però preṡèmpio n casa mia, Sara, ché è ccristiana, viène fòri

a vvòrte: óoh! un z’è ac̶rat̶o staséra! ciè! || CC1949: sì, ac̶lare. hai ac̶lat̶o? sì, qquésto veniva uṡaat̶o

|| AD1945: si và a aclàre / EP1944: a ac̶ràre! cón la / AD1945: ac̶ràre / EP1944: ac̶ràre / AD1945:

aclàre, óme ti ᵽare a tté, tanto tutti i nómi portano a ccaṡa / EP1944: ac̶ràre vór dìi.. / AD1945: mangiare / EP1944: si va a mmangiare || ML1967: ahlàto / I: a cóme, quando lo uṡat̶e? / ML1967: dé! ho ahlàt̶o, ahlàt̶o c̶ascèr! dé! cchiaro, dé! hò mmangiat̶o buóno, hò mmangiato bène. Cfr.

Bedarida, Intermezzo: aklato; BECCANI 1942: aklare; MAYER MODENA 1978: aklare; Bedarida, Ebrei:

aḥlato, àḥla; MAYER MODENA 1978: ahlare; MARCHI 1993: ahlare10. Cfr. anche APRILE 2012: piem. aχlé, lachié, g-tor. ahhlè, mant. achlàr, mod. ahlar, g-ferr. ahl[ar], lug. ahl[ar],

9 Le fonti a stampa citate sono posteriori alla pubblicazione di ORFANO 2010 e dipendono dalla sua consultazione

per la scelta di questo verbo.

10 In Coen, Lettere, 60 è attestata anche la forma aglata, unico caso di sonorizzazione della velare in questo contesto.

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ven. ahlàr, fior. ahlare, rom. achlàre, achlà, pseudo rom. acholà; g-fior. (ora d’) achlare, g.-rom. achlà, aclà.

ac̶réggio: 1, [ax'reːddʒo], s. m. sing. dall’ebr.ﬥכא (’akal, ‘mangiare’) ad. con suffisso it. e con rotacismo di [l], vedi ac̶léggio.

paròle àc̶re: vedi s. v.

addabberàre: 1, [addaβe'raːre], v. intr. dall’ebr. רבד (dabber, ‘parla!’) ad. con prefisso e desinenza it., vedi dab̶eràre.

Adonài: 2, [adon'aːi], s. m. inv. dall’ebr. ינדא (’adonay, ‘Signore’). I. ‘Dio’ (1), NPS1922: dio s’è ddétto adonài, nó?; II. ‘l’Eterno’ (1), LGM1929: nvéče nó si fàa: adonài eloénu adonài ec̶ad̶. ascórta iṡraèle, l’et̶èrno è nnòstro ddio l’et̶érno è uno. Cfr. Della Torre, Sonetti (‘mio Signore, Dio

mio’); TOAFF Renzo 1990 (‘il Signore’); MARCHI 1993 (‘Iddio’). Cfr. anche APRILE 2012: g-tor., g.-mant., pseudo g.-mod. Adanai, g.-regg., g.-ven., g.-tries., g.-rom., ‘Dio’.

affarzèrio: 1, [affartˈtsɛːrjo], s. m. sing. (pl. affarzèri) liv. dalla loc. it. affar serio (‘questione complicata’) con nominalizzazione, ‘oggetto ingombrante’, GP1934: pièno di v̶éšti poᵽò d’affarzèri

osì!. Cfr. FANFANI 1863, (‘voce generica come Cosa; e usata a tutto pasto per Negozio, Faccenda, Impresa, Carica ec. [...] E dicesi pure Affari seri quando si vuole accennare, senza specificarle, a cose gravi’); MALAGOLI 1997 affàr (‘troncamento di affari nel contesto del discoso: Ènno affàr sèri Sono

affari seri, gravi’); GDLI affare (‘cosa, questione [...]; cosa difficile; oggetto) con es. di Panzini,

Viaggio di un povero letterato, 1920: affare serio anche questo della proprietà!. Cfr. anche Verga, Rosso Malpelo: poi quando vollero toglierlo di là fu un affar serio.

ag̶ad̶à: 5, [aɣa'ða], s. f. sing. dall’ebr.post-bibl. הדגה (haggada, narrazione; leggenda’). I. ‘preghiera che si recita durante la cena di Pesach’ (3), GP1934: l'ag̶ad̶à èe ᵽròᵽio, la, me l'ha fatto

venì a mménte t̶é! è una, una prighièra, che ssi diče méntre ssi mangia pé lla pasqua || AS1939: a mmé qquésto me lo dičev̶a la mi mamma, perché io npò dormi v̶o da [ride] ppiccina! Séi b̶ób̶a dell’aggadà! e qquést’ag̶ad̶à io, nón mi rihòrdo c̶òsa, è na ᵽaròla ebraiha, herò na ccòsa deriva nón nón me lo rihòrdo / MB1965: l’ag̶ad̶à di pèṡac̶ / AS1939: fórze l’aggadà, ssì. II. ‘legge orale’ (1),

GN1927: gadà es vòl dire è la légge.. la légge oraale. c’é tannàĉ̶. la légge scritta, cioé la bibbia. Cfr. Bedarida, Siclo: aggadà; Bedarida, Ebrei: aggadà (‘rituale della sera di Pasqua’); TOAFF Renzo 1990:

haggadà (‘racconto e per antonomasia racconto della liberazione dal giogo egiziano’), MARCHI 1993:

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(faccia dell’)Haggadah. Cfr. anche APRILE 2012: g.-piem. agadà, gadà con falsa discrezione dell’articolo (‘narrazione dell’uscita dall’Egitto che si usa raccontare durante la cerimonia pasquale’), g.-ferr. agadà, g-ven. agadà (‘libro riccamente illustrato che contiene la narrazione e gli insegnamenti concernenti l’uscita dall’Egitto’), g.-mant. agadà, g.-rom. aggadà (‘cena rituale del capretto’), g-pit.

aggadà, g-fior. aggadà, g-tor. aggadà.

faccia d’ag̶adà: 1, ['fatt͡ʃa d’aɣa'da], loc. f. sing., ‘faccia triste’, GN1927: perché e e fa gli ebrèi in generale sono tristi. pér via déll la stória, duemila anni di soprusi di.. é quindi quéllo ché fa la faccia d’ag̶adà è uno che si ricòrda déll déll.. déegli antenati bruciati vivi in spagna e cóṡì perché c’è i nùnez èr són stati bruciati vivi in spagna èh!. Cfr. NUNEZ 2013: faccia dell’Haggadah. Cfr. anche APRILE

2012: rom. faccia di aggadà, man. surà de l'agadà (‘brutta faccia; aspetto poco rassicurante’), g.-mod. surà dla gadà, surà della gadà (‘brutta faccia; aspetto poco rassicurante’), g.-tor. faccia da aggadà (‘faccia da bigotto, da ghetto’).

à sinài: 2, ['dolt͡ʃe di 'aː si'naːi], s. m. sing. dall’ebr. יניס רה (har Sinai, ‘monte Sinai’), vedi dolce di à sinài.

ag̶ad̶ìa: 3, [aɣa'ðiːa], s. f. sing. dall’aram. הידג דח (had gadya, ‘un capretto’, inizio di un popolare canto di Pesach) ad. con sistole sul modello del suffisso derivativo it. -ìa, ‘cosa noiosa’. MS1981: e ppò viène d̶a ag̶ad̶à / PS1949: ag̶ad̶à. / MS1981: [ride] e bbasta. pòi délla mi nònna / I:

sa voléva dire? / MS1981: ma io.. ag̶ad̶ìa óme c̶ome na òosaa, dée! d̶u du ᵽalle, nò?è na òsa lunga. chi ppòi hò scoᵽèrto he vviène da aggad̶à, no?da cchè [ride] òsa / DS: è una c̶òsa noiòosa; AS1939: mamma mia he ag̶ad̶ià! he c̶hìg̶hed̶o!. Cfr. BECCANI 1942: haǵadįá (‘tiritera, ripetizione’); Scarpettini, Naina: agadià. Cfr. anche APRILE 2012: g.-piem. hagadià (‘canto del capretto’, ‘discorso lungo e noioso’), g.-tor. hhagadià (‘chiasso’), g.-rom. chaggadià.

agadià:1, [aɣa'ðja], vedi ag̶ad̶ìa.

aggad̶à: 3, [ag'gaða], vedi ag̶ad̶à.

aggad̶óllo: 1, [agga'ðoːllo], vedi gad̶óllo.

aghéfe: 1, [a'geːfe], s. m. sing. dall’ebr. ןפגה (ha-gàfen, ‘la vite’, dalla preghiera di Sciabbàt bore peri ha-gàfen, ‘creatore del frutto della vite’), ‘vino’. LGM1929: anche l vino si dičev̶a aaghéefe, si diče aaghéfe r vino / I: ah! / che ssciùrio. si ssciuria r vino, è jafé. Cfr. APRILE 2012: g.-tries. [borè

perì] agafen (‘benedizione del vino’).

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ag̶óra: 1, [a'ɣoːra], avv., dal g.-sp. agora (‘ora’), ‘ora’. MS1981: ma ttipo, terminoloṡgie t̶iᵽoo, ag̶òra? nulla. pe ddì óra. / PS1949: ag̶óra maa ag̶óra d̶ée d̶è čè llo dičeano g̶uaṡi t̶ut̶t̶i i liv̶ornési gnoraanti / MS1981: ag̶óra? / PS1949: maa jo aljó / DS: [ride] e óra è ppatrimonio dell’umanit̶à /

PS1949: s’è venuuto ag̶óora? / MS191: quest’è pportog̶hése. Cfr. Duclou, Betulia: agòra; BECCANI 1942; Bedarida, Ebrei; MARCHI 1993. Cfr. anche WAGNER 1930, NEHAMA 1977.

ahlàre: 2, [aˈhlaːre], vedi ac̶rare.

ainàre: 1, [ai'naːre], vedi nainàre.

ajìn: 1, [a'jiːn], vedi ŋàjn.

àjn: 2, ['ajn], vedi ŋàjn.

ajnàra: 1, [ajˈnaːra], vedi gnagnarà.

ajòm: 1, [aˈjɔm], s. m. sing. dall’ebr. םויה (ha-yom, ‘il giorno’), ‘giorno’. EC: aj ajòm si dice

perché fa il giorno, nò?. Cfr. APRILE 2012: g.-tor. jom, iom, g.-ven. iòm, g.-rom. iom.

àla!: 1, [ˈaːla], escl. v., liv. ven. dal marinaresco alare (‘tirare a sé mediante una cima; trarre a secco un’imbarcazione’), a sua volta dal fr. haler (‘tirare’), ‘lasciar perdere’. ML1967: àala! via,

dài! capitoo? hóme ddì: lascia ᵽèrde!. Cfr. MALAGOLI 1997 (‘s. mar.[...] suvvia! Vpce esclamativa

di comando o di esortazione [...] A Liv. volg. ala!) con es. di Papanti: Ala sor Re, famo accosì!; GALLINARI – BARBERI SQUAROTTI 2003 alare (‘manovrare un cavo per tenderlo o per sollevare un peso [...] come comando: Ala! [...] Ala a terra!: comando che si dà per far portare in secco un’imbarcazione’). Cfr. anche NEHAMA 1977 (‘allons-y! en avant! dare-dare, faisons vite’).

alelùja!: 1, [alleˈlujaː], vedi allelùja!.

alià: 1, [aliˈa], s. f. sing., dall’ebr. הילע (aliyah, ‘salita’), nell’espr. fare alià, ‘emigrare in Israele’. GDT1949: n mmarzoo quarantačinque / I2: èh / GDT1949: ha ppréṡo ha v ha ričevuto unaa un’avisa ee e em è andato, er ha fatto alià.

(18)

Aliàs Iṡraelìt: 1, [aˈljɑ̃s izraeˈliːte], loc. f. sing., forma abbreviata dal fr. Alliance Israélite

Universelle (‘Alleanza Israelitica Universale’, organizzazione ebraica nata per combattere il

pregiudizio antiebraico e antisemita mediante la cultura). GN1927: e le prime scuòle, eh che venivano

dall’aliàs iṡraelìt, són state fondate da da morpùrgo, da giacomo morpùrgo e sulèma, giacomo sulèma.

allegrìa di purìm: 3, [alleg'riːa di pu'riːm], loc. f. sing. dal g.-sp. alegria de purim (ebr. פורים, purim, ‘festa delle sorti’). I. ‘gioia in famiglia’ (2), EC: góme si dice allegria di purìm, è peghé èh /

SA: èh! / EC: c’è ggiòia in caṡa, ècco / SA: ècco, cóme ssi dice? / EC: allegria di purìm! / SA: àh!

allegrìa di purìm. II. ‘gioia effimera, vittoria di Pirro’ (1), GB1951: è lu lo usàa sèpre óme ddire t tiᵽo vittòria di ᵽirro, čioè allegria he ddura pòho, cioè sì alle allegria di ᵽ allegria di ᵽurìm. cioè ccóme ddiree, sì! una c̶òṡa una c̶òṡa allegria, però du tanto dura ᵽòho. còm.. èèh.. quésto [inc.] mi rihòrdo che lo uṡava, ac̶he quést abba nzómma [inc.] di frec̶uènte. Cfr. APRILE 2012: g.-fior. (‘gioia di breve durata’), g.-rom. allegrezza di purìmme (‘gioia di breve durata’); g.-mant. gioia de Purim (‘gioia di breve durata’).

allelùja!: 1, [alleˈlujaː], escl., dall’ebr. היוללה (haleluya, ‘lodate Dio’), ‘alleluia!’, LGM1929: si c̶antavaa alelujàaha allelujàa.. le c̶anzóne e ppòi. Cfr. APRILE 2012: g.-mant. alleluià, g.-rom.

alleluià.

alzamìa: 1, [alʦaˈmiːa], dall’ar.

لاسلامية (al-samiya, ‘l’alto, il lodato, il sublime’), forma

contratta del titolo onorifico islamico al-ḥaḍra al-sāmiya (‘Sua Altezza Sublime’), riservato agli infedeli. AS1939: sì, ee n ebraic̶o si diče mażaltòv / I: e èra c̶omune / AS1939: alzamìa, però són

paròle ebraic̶he. Cfr. COHEN 1980 (‘an Islamic title applied to Chiristian and Jewish leaders in medieval Egypt.’); BOSWORTH 1972 (‘the use of as-sâmiya, the less exalted form of the adjective […] shows, however that a Christian dignitary was not to be placed on the same levele as that of the higher Muslim ones’)11; WEHR 1976 samῑy (‘high, elevated; exalted. lofty, sublime, august’).

anaveàre: 1, [anaveˈaːre], vedi ŋanaveare.

anì: 1, [aˈni], pr. pers. m. e f. dall’ebr. ינע (anì, ‘io’), ‘io’. GC1933: te ssèi żec̶hèl? nò! iio sóno

żec̶hèl [ride] / SA: ]ride] / GC1933: anì?Cfr. Bedarida, Ebrei: anì [aghéber] (‘io, uomo’).

(19)

anìno: 1, [a'niːno], vedi hanìno.

antùa: 1, [a͂nˈtuːa], s. f. sing. dal sardo logudurese antùa (‘affanno, mattana, batosta; travaglio’), ‘noia, rottura di scatole; disagio, tedio’. LP1958: éh se hà ll’antùua, ée nò! Cfr. GELATI 1992; MARCHETTI 2007; MALAGOLI 1997 (‘liv. […] malessere indefinibile, come nausea, mal di stomaco, o sim.’). Cfr. anche PAULIS 2002 s.v., PUDDU 2000 s. v..

aŋolàm: 2, [ãŋoˈlam], s. m. sing. dall’ebr. םלוע (‘olam, ‘mondo’), I. ‘mondo’ (3), SA: aspètta ché, ché čč’èra tutto l móondo. com’èra un’espressióne coṡì / GC1933: fórzee, sóno z sóno, zoné a ttutto l’ãŋolàm màa m. || SA: mi diči una còṡa, anche quando tu pe ṡémpjo, una paròla ché pénzo sia ebraiha nón lo sò cché tu uṡavi spésso, l’olàm, quando facévi tante frasi quando ṡi siamo conosciute anche cóll la cólla tua mamma, cos’è mmóndo, com’è llì la faccènda? II. ‘tutti i paesi

della diaspora dalla terra di Israele’ (1), GN1927: ah gó góla góla conósco ché vuól dire il paéṡe nòn

ebréo. la golà.. la golà qui le l’amèricaa è un paéṡe nón ebrèico oo l’italia è golà, la golà seòn ll l’eṡilio l o le la do ʝi ebrèi in paéṡi ché nón è pròprio nne nell’eṡilio. soltanto iṡraèle è la p il pṡe dèʝi ebrèi, quidi tutto l rèsto è la golà. Cfr. Bedarida, Banca: ‘olàm; Bedarida, Ebrei: ‘olàm (‘mondo’). Cfr. anche APRILE 2012: g.-piem.‘olam, ŋolàm, ŋùlàm (‘sede della vita terrena come complesso organizzato della vita sociale e, per contrapposizione, della vita ultraterrena’), g.-tor. [alter] ‘olam (‘altro mondo’), g-ales. molam (‘mondo’), [aotr’] olam (‘altro mondo’), g.-mod. ñolàm, gnolam (‘mondo’), g.-man. ‘olam, gnolam (‘sede della vita terrena come complesso organizzato della vita sociale e, per contrapposizione, della vita ultraterrena’), g.-fer. (‘sede della vita terrena come complesso organizzato della vita sociale e, per contrapposizione, della vita ultraterrena’), gnolam, g-lug. gnolàm (‘mondo’; ‘sede della vita terrena come complesso organizzato della vita sociale e, per contrapposizione, della vita ultraterrena’), g-ven. ‘olàm (‘mondo’; ‘mondo esterno al ghetto’), g.-fior.

‘olàm, olám (‘mondo’; ‘sede della vita terrena come complesso organizzato della vita sociale e, per

contrapposizione, della vita ultraterrena), g.-pit. ngolam (‘sede della vita terrena come complesso organizzato della vita sociale e, per contrapposizione, della vita ultraterrena’), g.-rom. (bon)

ngkolàmme (‘l’altro mondo’).

arèl: 1, [aˈrɛːl], s. m. sing. (pl.: arelìm), vedi ŋarèl.

argàre: 5, [arˈgaːre], v. tr. dall’ebr. גרה (harag ‘uccidere’) ad. con desinenza it. I.‘uccidere’ (3), AG: mamma, sènti una còṡa, quando nói siamo andati a caṡa dell’eliàna, che c’èra quel bambino

piccolino che camminava col pannolóne / EC: èh! / AG: e c’èera il cane che gli èra saltato sulla schièna, chéee i figli délla delela délla liliàna lo dicevano: čè l canìino che sta argàando l bambìino! čè l canìino che sta argàando l bambìino! còṡa vuòl dire? / EC: è il canino che sta mmangiando il

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bambino. / AG: nòo / EC: ammazzandolo /SA: nò a massacrando / AG: argàndo? argàndo? còṡa vuòl dire? allóra vuòl dire far male / EC: argàre vuòl dire ammazzare. /AG: aaloóra véro, avrò sbagliato io / I: però èra in sènzo, no! in sènzo met̶aforic̶o, lo dičèv̶a.. / EC: argàare vuòl dire ammazzare / I: huéstaa.. / SA: hà visto? /AG: èh! argàre. èh /I: èh / AG: argàre, argàndo [ride] / I:

[ride]. II. ‘picchiare’ (2), GP1934: lèrtit̶i, perché cc'è llo żżò cche tti vòle argàre. Cfr. Bedarida,

Banca (‘minacciare o picchiare urlandocon prepotenza’); Bedarida, Ebrei (‘picchiare’); Della Torre, Sonetti (‘uccidere’). Cfr. anche APRILE 2012: g.-ver. arga[r] (‘uccidere o picchiare’), g.-pit. (‘uccidere’), g.-rom. (‘uccidere’), pseudo g.-rom. achargà[re] (‘uccidere’), g.-piem. argà (‘ucciso’).

arṡgià: 1, [arˈʒja], s. m. sing. inn., gerg. dal fr. argent (‘soldi’) diffuso anche in area napoletana, veneta e a Gaeta, ‘soldi’. LGM1929: dé! avrà ccent’anni, dé / I: ma è ssempree lučido?

ciè /LGM1929: mz sìi! /I: è ṡvéglio? / LGM1929: spartisscìni l’arṡgià! / I: [ride] / LGM1929: è ssèmpre lučid̶o sì! è ffatto per qquésto! / I: [ride] spartìsce l’arṡgià? / LGM1929: è è è npò t̶irc̶hio, è è avaro / I: ah! spartìsce l’arṡgià. spartisci? / LGM1929: spartisce: prèndi l’arṡgiàa! gu gguarda lo żżò! ha nnainàt̶o, ɬtà attènto g̶anav̶éa! ŋanav̶éa: ᵽòrta via, un pacchétto di biscòtti, c̶aramèlle. e anav̶éa || LGM1929: stà ccón un òmo / I: ma nvèče ᵽer.. i sòldi, hóme ssi dičeva? / LGM1929: arṡgià, l’arṡgià. / I: ah! / LGM1929: èh. / I: lèi dičev̶a arṡgià, èh? per i sòrdi / LGM1929: èh a è: c’ha ll’arṡgià! c’hà c̶ cóme ddire č’ha ddimórti v̶aìni. / I: eh. sólo, qquésto èra l mòdo, la paròla c̶he uṡavat̶e / LGM1929: sì, la ᵽaròla èh / I: ma llo uṡavano li ebrèi c̶uésta paròla? / LGM1929: la uṡavano l’ebrèi, pòi lo sentivano anche, pecché ttanti c̶ristiaani sóno mmóglie cristiana e mmarit̶o ebrèo, e alóra sa npò di véllo e npò di v̶éll’artro, ha ccapit̶o? Cfr. ROCCO 1891.

arṡgià: 1, [arˈʒja͂], vedi arṡgià.

ascèm cabòd: 1, [aˈʃεːm kaˈbɔːd], loc. s. inn. dall’ebr. פשה (ha-šem, ‘il Nome’) e כבדו (kavod, ‘onore, gloria’) con inversione dei componenti sintagmatici della nozione biblica kavod ha-šem (‘Gloria di Dio’), sign. incerto. GN1927: ascèm cabòd zì, cabòd vuól dire: compìto, buongiòrno. jè

qualcun a me mi ho mandato gli ho dato le informazioni de quésto libro, me ha rispósto.. m’ha rispósto, eéh éh cabòd! / I: ah! / GN1927: compliménti.

ascèm: 3, [aˈʃεːm], s. m. sing. dall’ebr. פשה (ha-šem, ‘il Nome’), ‘il Nome’, usato per nominare Dio. MB1967: asscèm anche. [inc.] un mod̶o di d̶ire asscèm.. /I: asscèm. / MB1967: sì. / AS1939: il nóome? / MB1967: il nóme. /AS1939: il nome, sì. / I: ah! ècco al pósto di.. / MB1967: sì. / AS1939: sì! sì. Cfr. APRILE 2012: G-ven. asèm, g.-rom. ascèmme, ascèmme ascèmme ‘Il Signore Iddio’. Cfr. NEHAMA 1977 Ašem išmereu (‘Que Dieu l’ait en sa protection’).

(21)

ašchenazìta: 1, [aʃkenaˈd͡ziːta], s. m. e f., dall’ebr.mediev. יזנכשא (‘aškenazi, ‘aschenazita’), ‘aschenazita’. DB1969: quésto succedèva anchee preṡèmpio nél móndoo.. ašchenazìta, dóve

parlavano iddiš. Cfr. MARCHI 1993:askenuziti; GRADIT s.v.

aṡginculì!: [aʒinku'li], escl. dal g.-sp. della Turchia ajin kuli, forma contratta di ajos tengo en el kulo (‘agli ho nel culo’), scongiuro della tradizione magica ebraico-ottomana da pronunciarsi se si

ricevono lodi per sé o per i propri cari, ‘in senso generico: attenzione! Non fidarti!’. RL1921: pòoii,

quéelloom..ché di dičèvo ioo.. aṡginculì!. Cfr. NASSI 2002: ajos tengo en el kulo, ajin kuli (‘si alguno

esta alavando a una persona o a sus keridos’).

aṡgiuseclàvos!: [aʒjusek'laːvos], escl. dal g.-sp. della Turchia ajos i klavos (‘aglio e chiodi di garofano’), scongiuro della tradizione magica ebraico-ottomana, ‘in senso generico: attenzione! Non fidarti!’. RL1921: aṡgiuseclàvos, quéste sóno tutte paròle. Cfr. TEVAH DE RYBA 2007: ajos i klavos.

assciròne: 1, [aʃʃi'roːne], agg. m. sing. dall’ebr. רישע (‘asir, ‘ricco’) con caduta di /ʕ/ (‘ayin in ebr.) iniziale, ad. all’it. con il suffisso accr. –one, vedi nasscìr.

attaccàto: 2, [attakˈkaːto], a. m. sing., ‘osservante’. NPS1922: dičevano nzómma li li ebrèi proprio cu quélli attaccàti, mangiavan tutto cačèr. presèmpio, prosciutto niénte, salama niènte. Cfr.

APRILE 2012: attaccato de pétto. Cfr. GDLI (‘che si attiene strettamente, che bada con grande attenzioni’); GRADIT (‘dedito, molto interessato’); NEHAMA 1977 atakàrse (‘se laisser gagner par une obsession, une manie, une lubie’).

attartìre: 1, [attarˈtiːre], vedi tartìre.

avòn: 1, [aˈvɔ͂ːn], vedi ŋavò.

àżżima: 12, [adˈd͡ziːma], s. f. sing., ‘pane non lievitato’. BB1954: ma va bè lle famóse mazzòt, le àżżime. Cfr. Bedarida, Ebrei; Della Torre, Sonetti;DELLA TORRE 1990; TOAFF Renzo 1990; NUNEZ 2013.

àżżima àlta: 1, [adˈd͡ziːma ˈàːlta], loc. f. sing. , ‘azzima spessa’. PS1949: io preferiv̶o v̶élle àlte.

perché són du tiᵽi l’àżżime / I: ah! / PS1949: či son c̶uélle basse, friabili, tipo crèc̶her.. he són pói v̶élle he vvanno pér la maggiore / I: è só sì cuèlle che hò mmangiat̶o anch’io / ui a me mi piače v̶élle alte. mi ᵽiačeva v̶élle àrte. la mattina či mettev̶o tutto r burro, la mammelat̶a e ppòi le nzuppav̶o ne ccaffellatte! [ride]. Per cfr. si veda àżżima.

(22)

àżżima bassa: 1, [adˈd͡ziːma ˈbaːssa], loc. f. sing., ‘azzima fina’. PS1949: io preferiv̶o v̶élle àlte.

perché són du tiᵽi l’àżżime / I: ah! / PS1949: či son c̶uélle basse, friabili, tipo crèc̶her.. he són pói v̶élle he vvanno pér la maggiore / I: è só sì cuèlle che hò mmangiat̶o anch’io / ui a me mi piače v̶élle alte. mi ᵽiačeva v̶élle àrte. la mattina či mettev̶o tutto r burro, la mammelat̶a e ppòi le nzuppav̶o ne ccaffellatte! [ride]. Per cfr. si veda àżżima12.

zùppa d̶’ażżime: 3, vedi s. v.

ażżimèlla: 2, [add͡ziˈmεːlla], s. f. sing., ‘azzima’. PS1949: la mi nònna mariv̶a, e mi mandò a ccomprare ll’àżżime. e mi disse [ride] vai vai ar tèmpio e pijiami l’ażżimèlle. pec̶hé dičea l’ ażżimèlle.

[inc.] ar tèmpio mi pijano sèmpre pér ir culo! [ride] anche óra.. / DS: còoṡa? [ride] / PS1949: andài

al tèmpio dissi dé! són venut̶o a pprènde l’ażżimèlle pé lla mi nònna [ride] / DS: e allóra? / MS1981:

[ride] / PS1949: [inc.] si c̶hiamano àżżime / DS: aaah… Cfr. Duclou, Betulia: azzimello; Giacomelli,

Riflessioni; BECCANI 1942 aʒʒimęllo, aʒʒimęlla. Cfr. anche APRILE 2012: g.-rom. (le) azimelli,

azimelle, zimmella, rom. gerg. zimmèlli (‘piccole azzime’).

(23)

B

baŋad̶ésso: 3, [ba͂ŋaˈdeːsso], s. m. sing. (pl. baŋad̶éssi), forma maschile del g.-liv. baŋad̶éssa, a sua volta dall’ebr. לעב (ba‘al, ‘padrone, signore; marito’) ad. con suffisso nominale it.. I. ‘il tale’ , con banalizzazione semantica del significato originale sul modello dell’it. ‘signore’ (5), MB1965: e

qquì c’è scritto: nàina la b̶ag̶adéssa. / AS1939: èh. / MB1965: pòi si sn cóme ssi diče?/ AS1939: sì ssì sì! ŋaina, ŋaina vuól dire g̶uarda, sèmpre g̶uardare. la b̶aŋad̶éssa vól dire c̶uélla lì.. / I: àh, quélla lì vuól dire? / AS1939: quéllaa.. c̶he vièn viène, ècco: ŋaina la b̶aŋad̶éssa! hé.. nón mmi ᵽiàče, ècco c̶osì / I: ma cc’èra anche un un maschile? pér quésta ᵽaròla? / AS1939: baŋad̶ésso! sì. /I: cól signifihat̶o di? / AS1939: niènčte, una perzóna he nón.. / I: un ttizzio / AS1939: n tizzio, sì / I: un tàle

/ MB1965: un tale / AS1939: un tale he.. II. ‘padrone, titolare’ (4), PS1949: dalla mi nònna d̶aa u

nò, più cché at̶ro l baŋad̶ésso l’hò sentit̶o dì dajji altri. / MS1981: baŋgad̶ésso. / PS1949: baŋad̶éssa. baŋad̶éssa! v̶ad̶o v̶ia nzò.. la mi nònna e la mi mamma, diṡg̶éano: èh! ècco la b̶aŋad̶éssa! a pr la padróna. / DS: [ride] || GC1933: bàa ŋaléṡ, baŋ hh.. bàŋal, baŋaléssa, baŋaléssa. / I: e bbaŋgàl ééh /

GC1933: e bbàŋal, è ppadrone. /I: bbàŋgal è mmaschile. III. ‘bambino’ (1), LP1958: li fai pac̶aa!

nzò, alla żżoìna, nón lo fa ccosì c̶he li fai pac̶a, al bam alla bambina, alla b̶ag̶ad̶éssa. ha ppac̶a de d̶e d̶e d̶e de cani o ddel temporale, éh la paura: pac̶a. Cfr. WAGEMANS 2009 (‘fidanzato’); Scarpettini,

Naina: bangadessa (‘in senso figurato, padrona del cuore’); Cerrai, Modì: bangàl. Cfr. anche APRILE 2012: g.-rom. bàngkal, bàngkade (‘marito; padrone’), bangkalèssa (‘moglie; padrona’).

bàŋal: 2, [ˈba͂ŋal], s. m. sing. dall’ebr. לעב (ba‘al, ‘padrone, signore; marito’), vedi baŋad̶ésso.

baŋaléssa: 2, [ba͂ŋaˈleːssa], s. f. sing. di baŋal.

baŋavonòd: 2, [ba͂ŋavoˈnod], loc. avv. che compone le loc. g.-liv. baŋavonòd purtróppo e baŋavonòd a zzézzi, dall’ebr. תונועב (ba-‘awonot, ‘per i peccati’), ‘per i peccati’. GDT1949: èeĉ̶… cón i nòstri pecati io volévo fare éh una còṡa, mo nón mi è riuscita / I2: èh! ècco! banà e pé /

GDT1949: [inc.] allór vuòl dire / I2: péé ècco / GDT1949: baŋavonòd purtròppoo../ I2: e ppér i nòstri

peccati.. || GDT1949: baŋavonòd, nò? / I2: qqui cc’è una ɦàjn, nò? / GDT1949: bèn nà.. baŋavonòt, zì. baŋavonò, perché nón potévano pronunciare l’ajìn / I2: èh! / GDT1949: e dičevano ŋàjìn / I2: èh! èh èh../ maŋàriv, ŋavonòt… Cfr. Della Torre, Sonetti; BEDARIDA GABRIELE 1992; Bedarida, Ebrei:

ba’avonòth (‘purtroppo, disgraziatamente’); MARCHI 1993: ba’avonòth, ba’avanodènu.. Cfr. anche APRILE 2012: g.-lug. oy-bagnavonód, g.-ven., g.-fior., g.-pit. banganovod!, g.-rom. bangkavanòdde.

(24)

baŋavonòd a zzézzi!: 2, [ba͂ŋavoˈnod a ttsetˈtsi], loc. escl. inn. composta dall’ebr. תונועב

(ba-‘awonot, ‘per i peccati’) e zzézzi, forse dal cognome del commerciante ebreo livornese Menahèm Sezzi (o Sessi), responsabile di un clamoroso fallimento nel XVIII secolo, quindi con il significato di ‘accidenti a Menahem Sezzi’, significato incerto, AS1939: baŋanoo nòd a zzézzi! è qquésta c̶he iio / MB1965: a zzézzi. / I: lèi se lo rihorda, èh? / AS1939: nón zò see.. na c̶òsa c̶hee.. è di baṡgitto, oppure nò. Io hò ssentit̶a dire / I: e qquando si dičev̶a? / AS1939: la mì mamma v̶ia v̶ia, parlando, sèmpre hosì. io són paròle paròle c̶he ssentiv̶o, haᵽito? ma pperò nón ci davo.. le sentiv̶o, e ssaᵽev̶o c̶he é che lle dičev̶a, ècco hósì nón… Cfr. baŋavonòd e Bedarida, Ebrei: Menaḥèm Sezzi (Sessi) (‘commerciante ebr. liv., realmente vissuto nel sec. XVIII, il quale si ridusse a clamoroso fallimento per la propria notoria incapacità. Dura tutt’oggi il detto: «affari di Menahèm Sezzi», affari sballati’); DELLA TORRE 1990 Menahem Sezzi (‘fare gli affari di Menahem Sezzi: fare affari in pura perdita; espressione che è probabilmente legata alle vicende personali di un ebreo di origine romana (Sezze è nel Lazio), analoga al detto “dove non c’è il guadagno la rimessa è certa”). Cfr. anche APRILE 2012: g.-rom. bangkavonòd sói ‘sciaguratamente per loro’.

baŋavonòd purtróppo: 1, [ba͂ŋavoˈnod purtˈrɔːppo], loc. avv. inn. composta dall’ebr. בעונות

(ba-‘awonot, ‘per i peccati’) e dall’italiano purtroppo, ‘purtroppo, disgraziatamente’. GDT1949: baŋavonòd: i nòstri pecati. purtròppo: ledavonénu lé lé avéle letzaarénu ledavonénu, quindi baŋavonòd purtròppo è italiano ebraico mescolato e… Cfr. Della Torre, Sonetti e baŋavonòd.

badonàj!: 5, [badoˈnaːj], escl. dall’ebr. ינדא ב (ba-’adonay, ‘per il Signore, per Dio’), ‘perdio’. VDT1921: una vòlta c’è una barzelletta / I2: èh! / VDT1921: chée nón so chi èra, di famiglia èra

andat̶o a vvedére uno spettacolo, e allóra uno dic̶éva in quésto spettaholo: fra qquéste mura un delator si ascónde! / MM1917: scóonde! / VDT1921: òi òi! m’hanno sscoᵽèrto che sénza bigliet è scappat̶o via [ride] / GDT1949: nò! badonàj badonàj mi hanno scop… / VDT1921: un delator [ride] pér quéste mure un delatorr si ascónde / GDT1949: nò èh! lui ha scritto un sonétto / I2: èh, il sonétto, c’ha scritto anche un sonétto / GDT1949: il sonétto || AS1939: b̶addonàj! / MB1965: èh! / AS1939: vór dì ssèmpre r signóre, b̶addonàj! sì. / I: e ssi diče: baddonàj. / AS1939: mm… e nón zc̶i potrébbe dire sta paròla, ècco, però llo dičevano. Cfr. Duclou, Betulia; Bedarida, Ebrei: badanai; Guarducci, Risposta; BECCANI 1942 bađonaį; Della Torre, Sonetti; GELATI 1992: badanai; MARCHI 1993:

badanai.Cfr. anche APRILE 2012: man. badanai, reg. baadonai, pseudo mod. badanai, g.-fer., g.-ven., g.-tries., g.-pit., g.-rom. badanài, badenai, badenai, pseudo g.-rom. badanài, bbadanài, rom. gerg. badanai.

badonàj baruhù!: 1, [badoˈnaːj baruˈhu], loc. escl. inn. composta dall’ebr. ינדא ב (ba-’adonay

(25)

MB1965: badonàj? baruhù? / AS1939: èh, badonàj b̶aruhù. è un è unn eescl esclamazzióne… c̶he ddio santo bene ée e b̶ened̶étto. Cfr. badonàj e baruhù.

badonàj de’ hàzzi!: 3, [badoˈnaːj θe ˈhaːttsi], loc. escl. composta dall’ebr. ינדא ב (ba-’adonay

‘per il Signore, per Dio’) e dall’it. dei cazzi con apocope della vocale finale nella prep. e spirantizzazione della velare sorda /k/ secondo la pronuncia tosc., ‘cazzo di dio!’. PS1949: óoo mio un bimbétto che andav̶a ar tèmpio… / MS1981: badonàj de’ hazzi. [ride] / SS1974: [ride] / PS1949: hé abit èra.. èra in via / DS: [inc.] / I: cóme hài détto, mattéo? / MS1981: nulla. badonàj de’ hazzi. [ride] / SS1974: [ride] / PS1949: b̶ad̶onàj d̶e’ hàzzi / DS: ora se le nvènta! [ride] [inc.] / I: badonàj nón lo s nón lo usavat̶e? in famìjja? / DS: adonàj, ma badonàj..[ride] / PS1949: nò! / I: bad̶onàj nò, anzi èra èh.. / PS1949: zì.. / SS1974: invano, pòi!. Cfr. Duclou, Betulia: badonai de’ cazzi! e badonàj!.

bac̶alòm: 1, [baxaˈlɔ͂m], s. m. sing. dall'ebr. בהלום (ba-halom, ‘per sogno’) con perdita di valore grammaticale della prep. ebr., all'interno delle loc. g.-liv. nemmén per bac̶alòm, davàr da

bahalòn e baĉ̶alòm baĉ̶hézzi, 'sogno, sonno'. GC1933: bahalòm.. lo dicevamo nel zènzo: nemméno per bac̶alòm, vuòl dire nemméno per sógno || GDT1949: pòi èeh.. baĉ̶alòm baĉ̶hézzi / I2: èh /

GDT1949: il suo padre uṡava dire baĉ̶alòm baĉ̶hézzi / I2: èh! / GDT1949: ché di ché significa: èh!

mi racconti una stòria ma nón nón ci sarà mai lo, vé di véro nón s'è / I2: è pperché bà / GDT1949: baĉ̶alòm vól dire nél nél sónno / I2: nél sónno. / GDT1949: nél sónno, nél sónno / I2: e bac̶hézzi vuòl dire a mmetà / GDT1949: a metà. / I2: bac̶hézzi. èh èh! / GDT1949: ma la la spiegazióne nessuno lo sa còṡa / I2: m èh, bac̶alòm bac̶hézzi / GDT1949: baĉ̶alòm baĉ̶hézzi! còṡa significa...|| FU1959: éeeeh.. / I: preṡempio in un dialog̶o / FU1959: in un dialogo c̶uando si volévaa dire c̶hée sì è bèello! c̶uésto, è veramént̶e bèello! davàr da bahalòn, cóme ddire: è bbèllo una bèlla seg̶a, nzómma / I: èh /

I2: èh sì. Cfr. Bedarida, Siclo: bahalòm; Bedarida, Ebrei; MARCHI 1993. Cfr. anche APRILE 2012: g.-piem. bakalòm (‘neanche per sogno; non è vero niente'), g.-tor. bahhalom, bahalòm, g.-man., g.-ven.

bahalòn, g.-rom. bechalòmme, g.-mod. ba-halòm; g.-ven. bahalòn [polpéta] (‘non è vero niente, tutto

si riduce a nulla’).

baĉ̶alòm baĉ̶hézzi: 1, [baχaˈlɔ͂m baˈχeːttsi], loc. avv. composta da baĉ̶alòm e baĉ̶hézzi, significato incerto, vedi sopra.

baĉ̶alòm baĉ̶hézzi: vedi s.v.

davàr da bahalòn: 1, [da'var da bahaˈlɔ͂n], loc. avv. composta da davàr e bahalòn, ‘per nulla’, vedi bac̶alòm.

(26)

nemméno pér bac̶alòm: 1, [nemˈmeːno ˈpeːr baxaˈlɔ͂m], loc. avv. composta dall’ebr. בהלום

(ba-halom, 'per sogno'), ‘nemmeno per sogno’, vedi sopra.

(le) Baracche: 2, [ˈle baˈraːkke] top., dall'it. baracca. 1. due villaggi costituiti da baracche che ospitavano gli sfollati nel secondo dopoguerra all'interno della Fortezza Nuova di Livorno e tra via G. M. Terreni e in via E. Zola, MP1950: ché pprima stav̶o c̶ól mì babbo e la mì mamma, stavo

alle baracche in via maria t̶erréni, dóve è nnat̶a la mì ṡorèlla. pòi si tornà n corèa, či dièd̶ero la c̶àsa n corèa l comune (1). 2. mercato all'aperto dell'abbigliamento e dei tessuti situato in via Buontalenti

a Livorno e costituito da baracchine permanenti. LGM1929: ora è venuto fra ebrèi e ccrist̶iani hàr

sentit̶o? si va ppiù d'accòrdo / I: èh.. / LGM1929: un tèmpo. eb̶rrèeo! eb̶rreaccio! eb̶rèeo, v un cé l'av̶év̶ano, dičév̶ano ché èrano cattivi, tirrchi, nvéče, qquì, cc'è le baracche? si va dall'èb̶rrèi si risparmia, dičév̶an. e nvéče.. óra tutto d'accòrdo, fra ebrèi, g̶hra.. e mprima č'èra ᵽiù ccattiv̶èria, allòa č'è si ssta mmèglio.

baĉ̶alòm: 1, [baχaˈlɔ͂m], vedi bac̶alòm.

bac̶héa: 4, [baˈxeːa], s. f. sing. inn. dall'ebr. בכם (baka, 'piangere, piagnucolare') ad. con desinenza f. it., 'pianto'. EC: bàa c̶heàre / I: àh! piangére / EC: quésto è il vèrbo / I: e il pianto? / EC: eh eh.. bac̶héa / I: bac̶hèa. Cfr. bac̶heàre. Cfr. anche APRILE 2012: g.-tor. bahhiahhon, g.-tr. [gran]

bahaiahon (‘piagnisteo’).

bac̶heaménto: 2, [baxeaˈmeːnto], s. m. sing. inn. dall'ebr. הכב (baka, 'piangere, piagnucolare') ad. con suffisso deverbale it., 'pianto'. AS1939: bac̶héa, ècco. lo zzò bac̶héa! sì. bac̶heàre, pjànto. / MB1965: bac̶heaménto anche. / I: bac̶hiaménto? / MB1965: bac̶heaménto. / I: bac̶heaménto. / AS1939: bac̶heàre, sì. lo zzò bac̶héa! sì. / I: quindi per dire ᵽjànto?.. si dičév̶a bac̶hiaménto? / AS1939: bac̶héa, hò ppjànto / MB1965: o ssi bac̶héa oppureee g̶uarda, č'ha n pò di bac̶heaménto l

bimbo, sicché... / AS1939: mm. Per cfr. di veda bac̶heàre. Cfr. anche APRILE 2012: g.-tor.

bahhiahhon, g.-tries. [gran] bahaiahon (‘piagnisteo’).

bac̶heàre: 6, [baxeˈaːre], v. intr. dall'ebr. הכב (baka, 'piangere, piagnucolare') ad. con desinenza it., 'piangere'. LP1958: pjangere: bac̶heàre. èh. la zzoìna bac̶héa. / I: bac̶héa. / LP1958: sì. Cfr. Bedarida, Siclo: baheare; Bedarida, Ebrei; MAYER MODENA 1978: baheare; Della Torre, Sonetti:

baheare, bahear. MARCHI 1993: baheare, baḥeàre. Scarpettini, Naina: baheare13. Cfr. anche APRILE

(27)

2012: G.-piem. baxié ‘strepitare; piangere. lamentarsi’, baχé. g.-to. bahhiè, bahciè. bahié, g.-al.

bacaja, man. bachaiàr, mod. bahaya[r], bacaiàr, bacaièr, fer. baheia, ven. baheiàr,

g.-fior. baeiàre, g.-pit. baheià, g.-rom. bachiàre.

baĉ̶hézzi: 1, [baˈχeːttsi], vedi bac̶hézzi.

bac̶hézzi: 2, [baˈxeːattsi], s. m. sing., dall'ebr. יצחו (wa-ḥeṣi, 'e mezzo') a volte con perdita di valore grammaticale della cong. ebr., '[a] metà'. MB1965: lì mmi viène a mménte / AS1939: prèndere..

/ MB1965: prèndere: t̶ac̶héa e fare bac̶hézzi. / AS1939: e ffare a bac̶hézzi. v̶òl dire fare la met̶à / I: ah. / AS1939: mi b̶abo dičev̶a: g̶uarda! préndo c̶uésta c̶òsa, si fa bac̶hézzi, èh? a bac̶hézzi, v̶oléa dì: si fa a mmetà pér uno. ècco, è b̶ac̶hezzi. / MB1965: tac̶héa e fare bac̶hézzi. / AS1939: mm! || I2: bac̶hézzi, nò? / GDT1949: ah! baĉ̶hézzi làjla! fórze nel mèżżo déla déla déla nòtte. Cfr. Bedarida, Ebrei; MARCHI 1993. Cfr. anche APRILE 2012.

baddonàj!: 2, [badoˈnaːj], vedi badonàj!.

bag̶adésso: 3, [baɣaˈdeːsso], vedi baŋad̶ésso.

bagàsscia: 1, [baˈgaːʃʃa], s. f. sing. spreg. dal prov. ant. bagassa (‘serva, fanciulla’), ‘meretrice, donna volgare’. GN1927: bagàsscia! nói ab̶iamo, bagàsscia. / I: ho llètto. / GN1927: sì..

nón zò da dóve viéne.. lèi sa da dóve vién bagàsscia. Cfr. NUNEZ 2013.

bagìto: 2, [baˈdʒiːto], vedi baṡgìtto.

bagìtto: 1, [baˈdʒiːtto], vedi baṡgìtto.

bahalòn: 1, [bahaˈlɔ͂n], vedi bac̶alòm.

bajlàmme: 1, [bajˈlaːmme], s.. m. sing. dal tur. bayram ('festa'), ‘confusione, baldoria’. ML1967: i bbajlàmme. bajlàmme, dé! honfuṡióne, la baldòria, żai.. / I: e llo uṡavate bajlàmme in

famiglia? / ML1967: dé! ma ssi uṡa sèmpre, bajlàmme / I: lo uṡate ancóra / ML1967: un bajlàmme, dé. Cfr. Guarducci, Risposta: bayram; GELATI 1992 (‘gran confusione e rumore prodotti da molte

persone riunite. baldoria, gazzarra, pandemonio’); DELI s. v.; GDLI s. v., FRANCESCHINI (Glossario) 2013 bayram.

baLLiṡgia: 1, [baLˈLiːʒe], s. f. sing., liv. dall'it. valigia con pronuncia bilabiale di /v/, geminazione e velarizzazione della laterale, 'valigia'. I: nveče d̶i v̶aliṡgia ad eṡèmpio. / SP1959: c'è

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lle le baLLiṡgie con due èlle. / I: èh. / SP1959: é éeeh... sì sì, e gl gli èbrei homunque éeh ce l'hanno v̶esta òsa v̶ì, èh. quéste storpiat̶ure.. Cfr. GELATI 1992.

bànco: 6, [ˈba͂ŋko], s. m. sing., it. spec. I. ‘bancarella del mercato all'aperto’ (5), LGM1929: st'òmo è cci sta nzième stà ddiètro r bànco, II. ‘banco di deposito e di giro’ (1), GN1927: venditóri di panini, anche, quéllo toleravano. Senò eravamo òmi di bànco. e ppòi anche quando vendévano panini, eróno uómi di bànco. perché i contadini nón avev̶òn quattrìni per acce per comprare le mèrci o i panini, dunque bisognav̶a farli un préstito. e dunque, d'altronde anche p per quéllo ché èrano uṡurai n cèrto tèmpo perchè gli interèssi erano mólto alti, fino al trénta percénto. peĉ̶hé uun scontadino su diéci éeh rendéva i quatrìni. Cfr. Duclou, Betulia: [omo der] banco; Ascoli, Gli Ebrei;

Bedarida, Intermezzo; Bedarida, Ebrei (‘ufficio commerciale’); GELATI 1992 (‘locale nel quale viene esercitata una impresa commerciale’), MARCHI 1993 (‘ufficio commerciale’).

baŋavonò: 1, [ba͂ŋavoˈnoː], vedi bavonòd.

baŋavonòt: 1, [ba͂ŋavoˈnot], vedi bavonòd.

baŋgadésso: 2, [ba͂ŋgaˈdeːsso], vedi baŋadeːsso.

bàr minàn: 1, [ˈbar miˈna͂n ], loc. agg., dall'aram. ןנמ רב (bar minan, 'lungi da noi'), ‘in fin di vita, appena morto’. GDT1949: pòi c'è [ride] bàr minàn! bàr minàn c'è. / I2: èh. / GDT1949: bàr

minàn vól dire uno ché mm mèżżo mò guaṡi mòrto / I2: aah! / GDT1949: o mòrto o guaṡi. Cfr. Della

Torre, Sonetti; DELLA TORRE 1990. Cfr. anche APRILE 2012: g –piem. barbinian (‘guai; Dio ne guardi’), g.-tor. barbinan.

bàr miṡvà: 1, [ˈbar miˈzvaː], vedi bàr mizvà.

bàr mizvà: 4, [ˈbaːr miˈtsvaː], sost. m. sing. dall'aram. רב (bar, 'figlio') e l'ebr. הוצמ (miṣwa, 'comando, obbligo religioso; precetto'), ‘cerimonia per la maggiorità religiosa dei figli maschi’. AB1985: le p.. per fare barmizvà hò sseg̶uit̶o la scuòla, e hò ffattoo, quanto, un annétto? / BB1954:

èh sì. Cfr. Bedarida, Ebrei: barmisvà; Della Torre, Sonetti; MARCHI 1993 barmitzvà; NUNEZ 2011

Bar Mitzvà; NUNEZ 2013 Bar Mitzvà. Cfr. anche APRILE 2012: g.-piem.

barrocciàjo: 1, [barrotˈt͡ʃaːjo], s. m. sing., der. dell’it. barròccio ('Veicolo a due ruote per il trasporto di oggetti o persone'), 'rimessa di barrocci', PS1949: éehm..l lèei av̶èv̶a déi soòdi pec̶hé da

buòn eb̶rèa, s'èra fatta un gruzzolétto, andando a ffare èh.. ée complaronoo.. un barrocciàjo, uuna riméssa di barròcci e ccav̶aLLi. Cfr. GDLI s.v.

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barroccìno: 1, [barrotˈt͡ʃiːno], s. m. sing., ‘carretto a mano per il trasporto della roba’, MC1919: c'èra barroccìni pe ᵽᵽortà vvia le mèrci. òggi č'è, è ppièno di v̶ésta ròba v̶ì. ɦuando fačev̶o

io sessant'anni fa.. si fačéa òsa li pare, č'èra r carrétto pér ᵽᵽortà vvia la ròba. Cfr. GDLI v. barroccio.

barròccio: 1, [barˈrɔːtt͡ʃo], s. m. sing., ‘Veicolo a due ruote per il trasporto di oggetti o persone’, PS1949: éehm..l lèei av̶èv̶a déi soòdi pec̶hé da buòn eb̶rèa, s'èra fatta un gruzzolétto,

andando a ffare èh.. ée complàronoo.. un barrocciàjo, uuna riméssa di barròcci e ccav̶aLLi. Cfr.

GDLI s. v.

barùĉ̶ abbà: 1, [baˈruːχ abˈba], loc., dall’ebr. אבה ךורב (baruk ha-ba, ‘benedetto colui che viene’), ‘buongiorno’, SC1985: čé ṡgiu͂r là. i͂ alòr barùĉ̶ ascìm. éeeemm… éem… pór dir bó͂nṡgiu͂r

éeh barùĉ̶ abbà. pór dir bò͂nsuar éeh bèr bassà, pór dìreem bò͂nsuar óssi͂ éèm bò͂n, le lèiletòf. sé, pór diree salu͂t v̶uà, scialòm, s’è s’è s’è.. Cfr. BECCANI 1942 barukkaƀá (‘benvenuto’); MARCHI 1993 (‘benvenuto’). Cfr. anche APRILE 2012: g.-piem. baruχabà (‘benvenuto’), g.-tor. baruhh abbà (‘benvenuto’), g.-mon. baroucabà (‘benvenuto’), g.-reg. baruch abà (‘benvenuto’), pseudo g.-bol.

barucabà (‘benvenuto’), g.-ven. baruhabà (‘benvenuto’), pseudo g.-ver. baruchabà (‘benvenuto’),

g.-fior. baruhabbà (‘benvenuto’), g.-rom. baruchabbà, barucabbà (‘benvenuto’), rom. gerg.

baruccabà (‘benvenuto’); g.-tr. baruch aba (‘benvenuto’).

barùc̶ ascèm: 1, [baˈruːχ aˈʃεm], loc., dall’ebr. פשה ךורב (baruk ha-šem, ‘benedetto il Nome’), significato incerto, MM1917: c’abbiamo barùc̶ ascèm. || SC1985: čé ṡgiu͂r là. i͂ alòr barùĉ̶ ascìm.

éeeemm… éem… pór dir bó͂nṡgiu͂r éeh barùĉ̶ abbà. pór dir bò͂nsuar éeh bèr bassà, pór dìreem bò͂nsuar óssi͂ éèm bò͂n, le lèiletòf. sé, pór diree salu͂t v̶uà, scialòm, s’è s’è s’è.. Cfr. APRILE 2012: g.-ven. barùh a sèm (‘formula augurale o di ringraziamento a Dio’).

barùĉ̶ ascìm: 1, [baˈruːχ aˈʃim], vedi barùc̶ ascèm.

baṡgito: 2, [baˈʒiːto], vedi baṡgìtto.

baṡgittàt̶a: 1, [baʒiˈttaːθa], s. f. sing. inn. dal g.-liv. baṡgìtto con suffisso denominale con il valore di 'colpo di', 'frase, espressione in bagìtto', ML1967: e ddav̶ano i či čiddì mi sèmbra, v̶élli hé

ha fatto t̶e. e allòa hò ddétto: ma! io v̶a d̶o lì, tante v̶òrte c̶uarche baṡgi ittàta la sènto, pe ddire nò, sì vva bbé. e nvéče... la ᵽrèndi ᵽiù ffòri, ᵽit̶o? fòri ne sènti di d̶i ᵽiù, dičiamo. e allòra nzóma mi d̶isse v̶ésta fraase, ᵽò mi disse g̶uarda č'hò qquésto lib̶ro, v̶ésto vì, c̶uésto c̶uésto, pòi, a pparte če l'av̶év̶o,

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čioè caᵽit̶o, cercav̶o v̶arcòsa d̶i ᵽiù, nfatti pò mi són buttat̶o sul lad̶ìno, addirittura! sai l giud̶eo, giud̶èo spagnòlo. Per cfr. si veda baṡgìtto e sbaṡgittàre.

baṡgìttic̶o: 1, [baʒitˈtiːxo], agg. m. sing. inn. dal g.-liv. baṡgìtto con suffisso aggettivale di relazione, 'del bagìtto', MS1981: bobóne! PS1949: le dehlinazzióni e tte vvòi, però, bób̶o nón è

sscémo. s ciè dalla mia esperiènza baṡgittic̶a [ride] / I: èh / PS1949: pec̶hé, seóndo me, bób̶o èe /

MS1981: àc̶ra! àc̶ra! / PS1949: è qquéllo, sì. è la la ᵽerzóna he che nón òsa! / I: ah! / PS1949: ècco

c̶héee / MS1981: è r timido / PS1949: caᵽit̶o? l timid̶o, o l bób̶o èe... / I: hò ccaᵽit̶o. Per cfr. si veda baṡgìtto.

baṡgìtto: 4814, [baˈʒiːtto], s. e agg. m. sing. (pl. baṡgìtti) dallo sp. bajito con conservazione della pronunzia fricativa palatoalveolare della jota e geminazione di /t/, probabilmente dall’espr. andalusa cantar bajito (‘uscire da un posto senza farsi notare’) o da loc. sp. del tipo hablar bajito (‘parlare a voce bassa’), ma si veda anche lo sp. pueblo bajo (‘basso popolo’)15. I. ‘parlata, gergo

commerciale del popolo minuto ebraico della piazza del mercato di Livorno, diffuso anche tra i non ebrei’ (11), BB1954: nz.. e in ppiù, l’esperienza pròᵽio délla parlat̶aa.. è l livornése ebraic̶o, l

baṡgìtto, io l'hò assimilat̶a mólto e parlat̶a mólto nélla mia.. pòstinfanzia, né dičiassètte, dičiottanni, ventanni, perché hò mmólto frec̶uentat̶o il quartière dél mercat̶o, e ddòve èraa.. la livòrno ebraic̶a poᵽolare, è? ddóve anche io ric̶òrdo perféttamente c̶hé io avévo degli amiči nòn ebrèi, ché convivevano co nnói i il quotidiano, ché ppiù di nói parlavanoo.. questo linguaggio || LOO1921: nón m ᵽer me re ché èra uno sbaglio parlare l baṡgìto, nveče pòi hò ccapito, crescèndo, pòi ue ue mi sóno npformata ché.. nveče eèèr pér chi ll'ha parlato sèmpre è mportante. mólto. II. ‘dialetto, vernacolo

giudeo-livornese’ (8), EL1925: e il baṡgìtto è una l nón è una una lingua a ssé. è il livornése ebraic̶o

mescolat̶o || MDT1915: fačéva commèdie in vernac̶olo / I2: èh. / MDT1915: quésto vernac̶olo baṡgìtto / I2. èh! / MDT1915: ché..ché b ché io èro un ragazzino / I2: èh, certo. / MDT1915: però mi oo m'obbligavano ógni tanto a recitare anche lì, e io nón volévo. III. ‘linguaggio criptico e di

protezione diffuso tra gli ebrei livornesi per non farsi intendere dagli estranei’ (6), SS1974: l baṡgìtto

nón zi c̶anta [ride] / DS: [ride] ma i nón lo sò / SS1974: il baṡgìd̶o sèrve per parlà mmale di v̶éll'artri, mìa per cantà [ride] / I: [ride] / MS1981: č'è una hanzóne in baṡgìtto. IV. ‘lingua, idioma degli ebrei

14 In realtà sono 31 i testimoni che hanno dichiarato di conoscere da sempre questa parola; i restanti 17 hanno appreso il termine bagìtto e il suo significato solo di recente grazie alla diffusione di libri e iniziative di divulgazione.

15 Per un quadro più approfondito sulle ipotesi etimologiche e semantiche si rimanda a FRANCESCHINI 2008a, 38-40.

(31)

di origine iberica giunti a Livorno’ (6), GN1927: ma é u lèi ve dève pà dire ché l bagìto classico,

dirèi, éh? / I: sì. / GN1927: il fatto sémpre ché contiène paróle ebraiche, oh, e parole spagnòle! sopratuto, e pportoghéṡi, s ha un significato sull'oriṡgine della gènte che lo parlava. / I: cèrto, però ccuéste / GN1927: io quésti paròle di quésti déntri del popolino ch'è venuto dòpo, vorèi sapére se ci sóno paròle spagnole / I: ci sóno, alcune či sóno, sì / GN1927: fòrse l'han l'avono préṡe anche perché anche cristiani avévano paróle spagnòle a a livòrno, eh! atenziòne ché.. biṡògna s capire ché ché gl i nóon ebrèi di livòrno in generale quélli della venézia nuòva, lavoravano nelle dittee ché avévano sa sul fòsso.. c'éra la caṡa dei nùnes sul fósso || I: il baṡgìtto véro.. sec̶ondo lèi / GC1933: nón lo parla più nessuno / I: ma ccos'èra, sec̶ondo lèi? / GC1933: n l bagìtto è un linguaggio. è una lingua. véra e pròpria. però, ché è andata a dispèrderzi perché qquésti cóme sóno arrivati fra ddi lóro parlavano il bagìtto, quésti spagnòli. una pàrte arrivava dall'affrica, dalla spagna, parlavano quésto bagìtto, pói si è s dispèrzo quésta lingua, e è rimasto quést quésto.. imbastardiménto... ma nó͂n mm nón nón è l bagìtto, la debóra, mia nuòra me l'ha détto. V. ‘lingua, idioma degli ebrei livornesi’ (3),

MF1944: nò, si sapéva che èra la lingua. / I: èra la lingua. / MF1944: quindi il baṡgitto èra la nòstra

lingua. / I: èh. / MF1944: cóme l vernac̶olo livornése èra èra l nòstro.. mòdo di / I: sì. e llóro ne andavano fièri di quésta lingua? / MF1944: cèrto. mólto anche. / I: èh / MF1944: sì, sì, nòo nella piazza, ti ripèt̶o, èra la piazza ché c'avéva quéɬta grandee èu abitudine / I: quindi nón èrano.. éh sec̶ondo tée c'entrava l'istruzzione? cè, le perzóne méno istruite.. o ppiù ricche / MF1944: nòo, forze èra il commèrcio, i llav lavóro del commèrcio chée fačilitava una ghét cè ṡe si riunivano tra ddi lóro e qquindi avevano un linguaggio per difènderzi, anche. èra una un zènzo di protezzióne, di appartenènza. ché è mportante, no? / I: cèrto. sì, sì / MF1944: quindi èra proᵽio un mantenére un nuc̶leo, ééh lór prima conzidera c̶hé i matrimòni miɬti èran mal viɬti. VI. ‘proprio gergo familiare’

(3), I2: tu qquando l'hai sentit̶o [inc.] / FU1959: dóve ll'hò con.. óra, óra / I2: qqui, óra, èh / FU1959:

óra, quando mi són buttat̶o su internet, perché hò ddétto: ma allóra vól dire c̶hé nón lo parlo sólo j, ciè nón lo parlo sólo io, nón lo parlava sólo la mi famijja.. coṡi. ma nnó ll c̶hé ssi c̶hiamava baṡgìtto, m hò saᵽut̶o óra / I: ché vó nessuno dava un nóme a qquésta.. mòd̶o d̶i parlare / FU1959: mà s assolutamént̶e nò!. VII. ‘accento, cadenza tipica dei vecchi ebrei livornesi’ (2), EL1925: i vécchi liv̶ornési parlav̶ano n pò c̶ón una hadènzaaa ché ddičevano hé si c̶hiamav̶a baṡgìtto. maa.. n tròv̶a nessuno hé lloo.. parla. VIII. ‘ebreo livornese’ (1). DB1969 ée oppure anche preṡémpio mag̶arii se qualcunooo.. éh parla c̶ón un altra perzóna di discórzi mólto spečifiči rig̶uardant̶i hé nne sò, le fèste ebraic̶he, le tradizzióni ebraic̶he, dando pér scontat̶o éh cché qquést'altra perzónaaa conósce quéste c̶òse, caᵽit̶a d̶i diree: ma g̶uarda lui nón è g [inc.] nón è baṡgìtto c̶uésta perzóna cón cui parli, nél zénzo nón es essèndo di oriṡgine ebraic̶a, mag̶ari nón nón conósce t̶utte c̶uéste c̶òse ée mm quéste c̶ose c̶hé nne sò, ché pò rig̶uardare le fèste ebraic̶he, óo.. ècco v̶indi anche n quél zènzo lì. IX. ‘dialetto

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