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I. L'Artista e le Opere video fino a “Aca Nada” e ritorno

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I. L'Artista e le Opere video fino a “Aca Nada” e

ritorno

I.1. Biografia

Fig. 1 Autoscatto di Gianni Toti

“Roma, 24 giugno 1924…Gianni Toti, poetronico, arriva sul “pianetorottolo” Terra…

“veramente siamo piccoli e mortali e possiamo solo avere coscienza della finitezza e della mortalità…e in questo modo poeticamente superare la finitezza, oppure non superarla affatto, ma accettare la notte eterna, perfetta…la notte perfetta…”…e ancora:

“il caosmo è qui, infinito e senza morte trionferà l’aldiqua e non l’aldilà

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aldiqua della morte l’universo o tutti gli universi infiniti

che nelle nostre così piccole vite non hanno mai parlato del silenzio

È tutto qui, il riso universale

To be or not to be – isn’t the question È ora che comincia la domanda…”.1

“Ecco ciò che sono: una lista di libri, di film, di video poemi, di ricerche e di sperimentazioni. Ah, si, un’altra piccola cosa della bioTotigrafia: ero partigiano della nostra resistenza, volontario della libertà, ‘pericoloso dinamitardo’ (…) La mia ambizione è sempre stata quella di essere dinamitardo e pericoloso, sia per le creazioni, che per l’immaginazione creatrice”.2

Gianni Toti nasce a Roma, in Via della Scrofa n. 39, il 24 giugno 1924 da Francesco Toti, impiegato di banca che, come il figlio, ama scrivere versi nel chiuso della sua stanza, e da Alida, per la quale il piccolo Gianni nutre un affetto assoluto. Unico maschio di tre figli frequenta a Roma il liceo classico Ennio Quirino Visconti ed entra presto a fa parte di quella generazione che, formatasi sotto il fascismo, svilupperà la più grande forma di dissidenza e di resistenza. Attento studioso, fin dagli anni del liceo, de Il Capitale di Karl Marx, s’iscrive, ben presto, al partito comunista.

1 Gianni Toti, in Sandra Lischi, “Gli OttantaToti, Piccolissimo viaggio a ritroso negli

ottanta(mila) universi del ‘poetronico’ Gianni Toti”, catalogo Invideo 2004. Stati Liquidi, a cura di Simonetta Cargioli e Sandra Lischi, Revolver, Roma 2004, pp. 27-29.

2 Gianni Toti, in Marco Maria Gazzano (a cura di), “Il tempo del senso”, in Rétrospective,

XVII VideoArtFestival, Locarno 1997. Ripubblicato in Marco Maria Gazzano (a cura di), Il “cinema” dalla fotografia al computer, Quattroventi, Urbino 1999, pp. 311-326. Il saggio è, ora, proposto in versione inedita accresciuta in Gianni Toti o della Poetronica, a cura di Sandra Lischi e Silvia Moretti, Pisa, Edizioni ETS, 2012, pp. 178-195.

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“Roma, anni Trenta… il fascino delle bancarelle cariche di libri usati….un lusso per una famiglia certo non agiata…i compiti di scuola sbrigati in fretta per poi dedicarsi voracemente alla lettura… “Mio nonno era un uomo formidabile, alto, con enormi baffi…era farmacista di Albano, nel Lazio, un uomo molto piacevole, e soprattutto un latinista. Aveva una cultura incredibile, parlava correntemente il latino, il greco…mi ha trasmesso il vizio delle lingue morte, le sole ad essere vive oggi.”.3

Al termine del liceo s’iscrive alla facoltà di giurisprudenza, dove segue con passione anche le lezioni di lettere e di letteratura russa. Attivo durante periodo bellico; partecipa alla Resistenza romana tra i gappisti,4con il grado di tenente del corpo volontari della libertà, il suo nome di battaglia è Vania, mentre nei suoi documenti falsi risponde al nome di Renato Capitani. Durante uno scontro a fuoco, organizzato il 21 gennaio 1944, anniversario del partito fascista, Gianni è ferito a una gamba, e fatto prigioniero dai tedeschi riesce ad evitare la deportazione, seppure costretto alla prigionia in un letto di ospedale e a otto interventi chirurgici.

Subito dopo la guerra inizia a scrivere come giornalista-cronista alla redazione milanese de “l’Unità”.

3 Gianni Toti, Ibidem.

4Formati dal comando generale delle Brigate Garibaldi alla fine del settembre 1943,

i GAP, Gruppi d'Azione Patriottica, erano piccoli gruppi di partigiani che nacquero su iniziativa del Partito Comunista Italiano, sulla base dell'esperienza della Resistenza francese.

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Partecipa nel 1948, tra le fila del partito comunista, a un incontro mondiale della gioventù in Ungheria, dove incontra Marinka Dallos, la giovane donna che diverrà sua moglie.

“Roma, Milano, Budapest…anni Quaranta. A vent’anni avevo

terminato gli studi universitari in Diritto…facevo parte di un gruppo di giovani antifascisti e comunisti e il mio nome di battaglia era Vania…eravamo coinvolti in ogni tipo di azioni pericolose, soprattutto nel centro di Roma…quei partigiani erano formidabili, coraggiosi…Più tardi, dopo la guerra, a interessarmi era la vita delle persone, capire cos’era la vita…Ho lavorato per il quotidiano L’Unità. Scrivevo su tutto, anche di economia…A 25 anni ho avuto l’occasione di dirigere un giornale del sindacato e un giornale siciliano in cui attaccavo la mafia….A 26 anni ho incontrato una donna, Marinka Dallos, ungherese; ci siamo spostati perché potesse seguirmi in Italia…diventerà pittrice e continuerà a dipingere per tutta la vita…mi ha eroicamente sopportato per quarantadue anni. Un cancro me l’ha portata via, portando via anche la mia vita (sono un mal-sopravvissuto)…”.5 Dopo gli anni milanesi e un periodo in Sicilia come direttore de “La Voce della Sicilia”, Gianni Toti rientra a Roma. Continuando, poi, a dirigere il settimanale “Il lavoro”, organo di stampa della CGIL, nel decennio che va dagli anni ’50 agli anni ’60 viene inviato in America Latina ed in estremo Oriente.

“Anni Cinquanta…Quando sento fare la storia dell’Italia

post-bellica verifico che ci sono dei luoghi comuni incredibili, come l’egemonia della cultura comunista in Italia. Da una parte era

5Gianni Toti, Ibidem.

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vero…tutti gli intellettuali erano di sinistra, o se erano di destra non si qualificavano. Però nello stesso tempo non era tutto così, perché io ed altri per esempio (effettivamente una minoranza) eravamo contrari a tutta l’esaltazione, la retorica neorealista del cinema. E con un rifiuto, addirittura, e una uscita di campo, facevamo altre cose. Consideravamo queste le cose dei piccoli-borghesi italiani che volevano fare cinema di un certo tipo…tutta la cinematografia italiana celebrata dal mondo era in realtà retriva nei confronti del grande cinema del passato, del grande cinema di poesia…erano posizioni reazionarie…noi eravamo

comunisti ma eravamo contrari alla cinematografia

arretrata…Invece per il cinema verista, naturalista, Ėjzenštejn e tutti gli altri non esistevano …”.6

Nello stesso periodo, all’inizio sotto pseudonimo, poi con il suo vero nome, inizia a fare poesia e a collaborare a diverse riviste letterarie e culturali. Sono gli anni del fermento letterario e del superamento della tradizione realista e borghese, durante i quali Toti dialoga e intrattiene rapporti con due dei movimenti più rilevanti del periodo: il Gruppo 637 ed il Gruppo 70,8avendo,

6Gianni Toti, Ibidem.

7 Il Gruppo 63, definito di neoavanguardia per differenziarlo dalle avanguardie storiche

del Novecento, è un movimento letterario che si costituì a Palermo nell'ottobre del 1963 grazie all’impegno di alcuni giovani intellettuali fortemente critici nei confronti delle opere letterarie ancora legate a modelli tradizionali tipici degli anni cinquanta. Il gruppo si richiamava alle idee del marxismo e alla teoria dello strutturalismo e senza darsi delle regole definite (il gruppo non ebbe mai un suo manifesto), diede origine a opere di assoluta libertà contenutistica, senza una precisa trama, talvolta improntate all'impegno sociale militante, ma che in ogni caso contestavano e respingevano i moduli tipici del romanzo neorealista e della poesia tradizionale, perseguendo una ricerca sperimentale di forme linguistiche e contenuti. Ignorato dal grosso pubblico, il gruppo suscitò interesse negli ambienti critico-letterari anche per le polemiche che destò criticando fortemente autori all'epoca già "consacrati" dalla fama quali Carlo Cassola, Giorgio Bassani e Vasco Pratolini, ironicamente definiti "Liale", con riferimento a Liala, autrice di romanzi rosa.

8 Il Gruppo 70 nasce nel 1963 a Firenze, preceduto da due importanti convegni al Forte di

Belvedere, “Arte e Comunicazione” e “Arte e tecnologia”, che ne anticipano le linee direttive, e raggruppa musicisti, poeti ed artisti d’avanguardia nel nome di una nuova forma espressiva che prende il nome di poesia visiva: ne sono i fondatori Eugenio Miccini, che ha

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comunque, quale fondamento del proprio credo poetico la non appartenenza ad alcun gruppo.9

Nel 1961 pubblica il suo primo libro Il tempo libero: un saggio sulla lotta culturale all’interno della classe operaia, per una concezione nuova e diversa del rapporto fra lavoro e tempo libero. Il libro riceve numerosi consensi ed è tradotto in varie lingue.

“Parigi, Hanoi, Cuba, Pesaro…anni Sessanta. Il libro di Gianni Toti intitolato Il Tempo libero (Editori Riuniti, 1961) sarà tradotto in varie lingue; seguono libri di poesia, pièces teatrali e, nel 1970, un romanzo, L’altra fame. Ma bisognerà citare almeno la diffusione de il Kim Van Kieu, “poema nazionale riportato dal Vietnam durante le stragi, a rischio totale…” a Pesaro, con Miccichè, con Pasolini, con Christian Metz Toti discute di semiologia del cinema e di cinema della poesia…A Parigi, i

ciné-tracts nel 1968/69, “cinegiornaliberi” con Zavattini…: il fatto è

che i cinegiornali cinematografici restarono legati ai vecchi linguaggi cinematografici e non esperirono quegli altri linguaggi…

Le amicizie … Neruda, Cortázar, Lilj Brik, Che Guevara (…) artisti e poeti di tutto il mondo…”.10

alle spalle studi filosofici e teologici (sua l'invenzione del termine "poesia visiva"), Giuseppe Chiari e Lamberto Pignotti, semiologo e teorico della pubblicità, mentre nel campo più specificatamente letterario i nomi principali sono quelli di Anceschi, Battisti, Bortolotto, Gillo Dorfles, Umberto Eco, Scalia, Roman Vlad. Lo spirito del gruppo è marcatamente interdisciplinare, volto a potenziare il linguaggio artistico attraverso il sinergismo di diversi codici espressivi per raggiungere la stessa immediatezza ed efficacia comunicativa della lingua parlata e della moderna pubblicità. La poesia visiva sperimenta la possibilità di instaurare rapporti tra la cultura e la comunicazione di massa attraverso una sintesi, in forma di collage, fra parola ed immagine, fra scrittura e pittura, che acquisiscono così nuovi significati simbolici, codificando un nuovo sistema complesso ed eterogeneo, sia logico-verbale che iconico

9 Gianni Toti, Gruppi e anti-gruppo, in <<Quartiere>>, n. 25-26, anno VIII, 31 dicembre

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Seguono, poi, vari libri di poesia e pièces teatrali. Nel 1962 con la raccolta di poesie Sai che c’è di nuovo approda al primo premio letterario “prove-Rapallo”.

Oltre alle opere poetiche, come La coscienza infelice (’66),

L’uomo scritto (’66), Penultime dall’aldiqua (69), Tre ucronie

(’70), Chiamiamola poetanoia (’74), Per il proletariato o della

poesificazione (’77), Il poesimista (’78), Compoetibilmente infungibile (’79), Il legittimo figlio di Jacob (’84), Strani attrattori (’86), Cosmogoni dal desertroni (’90), La bellezza dell’enigma (’92), si dedica anche alla prosa scrivendo romanzi

tra cui L’altra fame (’70) ed Il Padrone assoluto (’77).

Le sue poesie si distinguono per un’ironia sociologica di fondo che si unisce ad una formazione politica ben definita ed a una vocazione planetaria alimentata dalla vita di “inviato”, mentre la sua letteratura è caratterizzata da uno scardinamento logico sintattico, che peraltro contraddistingue tutta la sua sperimentazione artistica e che lo porterà alla necessità di ricercare nuove forme espressive e sensoriali.11

da L’uomo scritto, Sciascia, Caltanissetta –Roma 1965

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raccóntati, pàrlati,

sei tutta una favola, non diventare notizia resta mito, reiventati

10 Sandra Lischi,“Gli OttantaToti, Piccolissimo viaggio a ritroso negli ottanta(mila)

universi del ‘poetronico’ Gianni Toti”, catalogo Invideo 2004. Stati Liquidi, a cura di Simonetta Cargioli e Sandra Lischi, Revolver, Roma 2004, pp. 27-29.

11 Sull’attività di Toti poeta, “Toti: una contropoetica del paradosso”, di Mario Lunetta, in

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poi leggiti, scriviti, annotati, sempre: che tu non dica poi

che non sei mai esistito. … (DI TAGLIO)

avrebbe voluto usare parole come coltelli, e frasi e proposizioni come ferri roventi

per recidere cauterizzare il mondo come si conviene e riusciva soltanto a usare coltelli come parole, tagliandosi tutto dentro (le frasi fanno molto male a chi le pronuncia

non bisognerebbe mai infilare il coltello fra le labbra…)… (TERZA NATURA)

immàginati albero

prova almeno, vedrai, vale la pena: i piedi si sprofondano nel bosco le dita si contorcono in radici

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e si allacciano alla terra

sotto traccia nell’erba nervi e vene un sistema di comunicazioni

totale con il mondo

senti il flusso del tuo sangue nuovissimo scrosciante dall’alta nuca aerea leggera

fino alla tenerezza penetrante

nel sottobosco dento l’umida ombra della radice

ora tu sei connesso con un moto più vasto sei nell’orbita del pianeta ora viaggi nello spazio aprendo verdi braccia remiganti. … hai provato

ora immaginati uomo. …

da Per il paroletariato o della poesicipazione, Umbria, Perugia 1977

49

l’opinione può aiutare – dice – il saggio ma secondo la mia opinione

non ci vuole quest’opinione

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41 juruminga adoiribirìbi guan-guà pa namorà pa namorà gnan-gna gnan-guà

e se ti chiedi che lingua è questa

ti taglio la lingua la getto dalla finestra

RAZIOIDEA

e ti sei messo addosso la ragione

stai proprio impazzendo ragionevolmente ontologo ogni giorno muore un popolo statistico

non sapevi che è aumentata la morte? lo scopo della vita sembra tutto qui la produzione di morto pensiero cresce verticale i cimiteri

stalattiscono monimenti allegri

più pensativa sensibilmente sovrasensibile dovrebbe essere la terra celebrata ma

è solo ideologia la morte non altro è se non parola che tace

(11)

La produzione teatrale inizia nel 1965 con Poesia e no e prosegue con Teatro da pagina (’66), Teatro in cinque minuti (’67), Esserlo e disesserlo (’68), Il racconteatro in

commassmedia (’83), La penultima caccia allo snualo (’85) e Racconti da palpebra (’90).

Nel 1967 fonda con Domenico Javarone la rivista “Carte

Segrete” divenendone direttore.

“Anni settanta….Giornalista e inviato speciale…Toti viaggia in tutto il mondo, traduce, pubblica, scrive, fotografa, continua a intrecciare rapporti di amicizia con poeti e scrittori…intanto, dal 1967 dirige la rivista “Carte Segrete”, che diventa il centro vitale di testi sommersi e salvati…

E i film in pellicola, preludio all’incontro con il video nel decennio successivo…e di Shaùl e dei sicari sulle vie di

Damasco…” un non-film’ di un ‘poligrafo’, scrittore di tutte le

scritture..” leggiamo su una recensione su “Cinema Nuovo” (sett.-ott. 1974). Un ‘non film’ ricco di effetti di linguaggio, coi titoli di testa piazzati a metà, e con accelerazioni, inversioni di

movimento…”.12

Ed è proprio alla fine degli anni ’60 che il poeta-scrittore-giornalista Toti è travolto da una nuova “passione” che diviene presto luogo d’ispirazione e ricerca: il cinema.

“Il cinema Gianni Toti non lo aveva solo amato, commentato, studiato, utilizzato nei video. A un certo punto lo aveva anche fatto, sia come attore (per Faccini, gli Straub, Gutiérrez Alea e

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altri), sia come soggettista e sceneggiatore di molti testi che sono rimasti allo studio di progetto, sia con due film realizzati…..”.13 Cito due film di cui il Nostro è stato sceneggiatore e soggettista:

Dal Nord al Sud per il Vietnam di Franco Taviani, 1968, e Quanto è bello lu murire acciso di Ennio Lorenzini, 1975.

“Il cinema, già incalzava e assediava la parola inglobandola e così il Toti scrisse e diresse il lungometraggio a colori…E di

Shaùl e dei sicari sulle vie di Damasco (Italnoleggio 1973) cui

seguirono Alice nel paese delle cartaviglie…”.14La prima opera, incentrata sulla teologia e il marxismo, rivela l’utopia comunista dell’autore, e la seconda, mediometraggio datato 1980, è una riscrittura per pellicola della storia di Alice nel paese delle

meraviglie di Lewis Carroll. Quattro anni più tardi, Toti

pubblica, per le edizioni di <<Carte Segrete>>, lo Snark, componimento in strofe di Carroll, che divenendo nella traduzione italiana di Milli Graffi Lo Snualo, da origine anche al testo di uno spettacolo teatrale intitolato Aillof in lingua rovescia

– caccia allo snualo.15

“(…) Il film (E di Shaùl e dei sicari sulle vie di Damasco), senza mai peccare di dogmatismo, solleva numerosi temi, filosofici e morali, religiosi e politici, letterari e cinematografici: ha il limite di scegliere la strada di un linguaggio intellettualistico ed ermetico, di comprensione non sempre facile, interessato più

13 Sandra Lischi, “Fra cinema e poetronica (e oltre): le scritture di Gianni Toti”, in

Catalogo 43esimaMostra Internazionale del Nuovo Cinema, Fondazione Pesaro Nuovo Cinema, Roma 2007, pag. 94-98. Il testo è ora riproposto in Sandra Lischi e Silvia Moretti (a cura di), Gianni Toti o della Poetronica, Pisa, Edizioni ETS, 2012, pag. 171.

14 Alla ‘voce’ Gianni Toti, in Autodizionario degli scrittori italiani, a cura di Felice

Piemontese, Leonardo, Milano 1990, 439 p.

15 Silvia Moretti, “Alice nel paese delle cartaviglie”, in Sandra Lischi e Silvia Moretti (a

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all’astrazione che ai valori drammatici della rappresentazione (…)”.16

Dagli anni ’80 il cineasta Toti si avvicina, quale infaticabile sperimentatore, ai nuovi linguaggi elettronici. Nascono, così, le sue prime produzioni video-artistiche e con esse la definizione che l’artista dà di se: poetronico (poeta-elettronico). I temi sono quelli della ricerca incessante sulla parola, del suo scardinamento logico-sintattico, ma ad animarlo sono anche l’impulso umanitario e planetario, rivoluzionario e polemico.

L’autore inizia la sua carriera di videoartista con le opere Per una

videopoesia e Tre videopoemetti, rispettivamente del 1980 e del

1981, segue, quindi, la breve stagione della “Ricerca e sperimentazione programmi della RAI” durante la quale realizza la Trilogia Majakovskiana: Incatenata alla pellicola,

ValeriaScopìa e Cuor di tèlema (1982 e 1983). VideoPoemi,17

questi ultimi, nei quali vecchie immagini cinematografiche si accompagnano alla nuova tecnologia elettronica e dove pochi fotogrammi, come nel caso del film, ormai quasi del tutto perso,

Incatenata alla pellicola (1918) di Nikandr Turkin con

Majakovskji e Lilj Brik, vengono rielaborati elettronicamente. La sperimentazione elettronica continua, poi, con i sei video dedicati a “L’immaginario scientifico” per la Cité des sciences et de l’industrie di Parigi.

Nel 1988 è la volta del VideoPoemaOpera SqueeZangeZaùm sul poeta futurista, “futuriano”, Velimir Chlèbnikov, opera che fa

16 Anon., <<Il Secolo XIX>>, 05/07/1975, in Dizionario del cinema italiano: dal 1970 al

1979 (4 v), Roma, Gremese Editore, 1991, pag. 271.

17 “...meglio definite VideoPoemOpere, data la sintesi di linguaggi musicali, immaginativi e

poetici che le caratterizzano: opere d’arte totali.”, da Gianni Toti o della poetronica, cit., pag. 18.

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rivivere, attraverso un emozionante collage di memorie storiche e cinematografiche, le utopie dell’epoca delle avanguardie e della rivoluzione russa e del “linguaggio transmentale”.

Nel 1990 Toti realizza un video per l’Università di Pisa,

Terminale Intelligenza, in cui “il profilo di un antico Ateneo

diviene occasione per meditare sul pensiero umano, lo studio, l’intreccio delle discipline”.

L’edizione del Festival di Locarno del 1991 è stata, invece, per l’artista l’occasione per presentare Veritazione, un ritratto della manifestazione e del microcosmo videoartistico.

“Trieste, Parigi, Torino, Locarno…anni Ottanta… Toti ha terminato tra Trieste e Parigi, la serie di videopoemi dedicati alla scienza e lavora al centro RAI di Torino a Sqeezangezaùm, ispirato al linguaggio transmentale di Chlèbnikov, alle utopie del Novecento, ai sogni della avanguardie di tutto il mondo, alle rivoluzioni del linguaggi, alla memoria. Il videopoema è presentato alla mostra del cinema di Venezia . “un futurista attuale” lo definisce L’Humanité del 21 giugno 1990. E nel 1990 esce il suo Terminale Intelligenza, con l’Università di Pisa, sul fascino del sapere e sui rischi di mercificazione della ricerca, della conoscenza e dell’arte. La breve esperienza della “ricerca e sperimentazione programmi” della RAI, di cui Toti è stato un protagonista, si chiude e chiude quindi alla possibilità di promuovere i linguaggi innovativi specificamente elettronici. A Locarno, al Festival Internazionale di VideoArt, diretto da Rinaldo Bianda, promuove instancabilmente le arti elettroniche con Nam June Paik e Woody e Steina Vasulka …”.18

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Del 1992 è il video Tenez Tennis; opera di meditazione sulla danza, in omaggio alla tennista Suzanne Lenglen, è stata realizzata per i novecento anni dell’Università di Bologna.

Planetopolis, del 1994, è forse la sua opera più imponente (126’).

Realizzata in collaborazione con Sandra Lischi, diviene il momento di analisi e riflessione sulle moderne megalopoli, luoghi di povertà e miseria, di alienazione e paura; “ Video-Poema-Opera-Saggio sull’incubo della metropoli planetaria e sul sogno di abitare poeticamente il mondo (Hölderlin)19.

Planetopolis è costruita nell’intreccio dialettico di immagini e

musiche, testi, immagini delle sinfonie urbane cinematografiche, disegni architetti delle rivoluzioni, ‘teatri elettronici’. (…)

Planetopolis è un giganTesto che si interroga e ci interroga con il

linguaggio dell’arte elettronica sui destini dell’umanità. Un’umanità ancora immersa nella sua preistoria, un pianeta in cui i cittadini sembrano unificati solo dalla legge del mercato. Ma dai sogni architettonici, come dalle musiche incrociate per via e dalle frasi dei poeti, potrà nascere una Planetopolis abitabile? Sinfonia del tempo (dalla nascita dell’universo, da ‘prima del tempo’) e dello spazio, Planetopolis parla una lingua fatta di dieci lingue e suona una musica fatta da circa cinquanta brani (dei più diversi e lontani compositori) elaborati, citati, echeggiati o deformati come le immagini”.20

L’analisi che fa l’artista è cruda e spietata ed è rivolta in particolar modo alla degradazione sociale in cui versa il Sud-America. Da una parte domina la disperazione per la fine del

19 Johann Christian Friedrich Hölderlin (Lauffen am Neckar, 20 marzo 1770 – Tubinga, 7

giugno 1843) fu un poeta tedesco, considerato tra i più grandi della letteratura mondiale.

20 Sandra Lischi, catalogo Invideo 95, a cura di Sandra Lischi e Felice Pesoli, Charta,

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sogno socialista che avrebbe dovuto riscattare l’umanità dalla sua “preistoria”, dall’altra emerge la paura dell’inizio del nuovo millennio in cui l’ascesa del capitalismo sembra ormai aver sconfitto ogni ideologia.

Dello stesso anno è il poemetto OrigInédite, che rappresenta il primo incontro dell’artista con il nuovo linguaggio elettronico dalle immagini di sintesi. L’autore mette a confronto la cultura umanistica con quella scientifica (e in particolare l’informatica), tuttavia l’universo binario dell’elaboratore è freddo rispetto alla sensualità contenuta in un quadro.

Nel 1997 l’artista prosegue la sua ricerca nel campo dei nuovi linguaggi elettronici con il VideoPoema epico Tupac Amauta. Primo canto di una trilogia sugli olocausti, che vedrà il proprio compimento nel 2002 con il video La morte del trionfo della fine, il VideoPoema, sui cinquecento anni di colonizzazione dell’America Latina, si ispira alla figura di Tupac Amaru, re inca trucidato nel 1572 dai conquistadores, e a Tupac Amaru II che nel 1870 guidò una rivolta degli indios-peruviani contro gli spagnoli. L’opera prosegue la sua analisi fino a José Carlos Mariàtegui (1894-1930), saggista e leader politico peruviano. Le immagini degli atroci sistemi di supplizio, dei genocidi, delle guerriglie e delle guerre di ieri e di oggi, sono ricreate e rielaborate dando origine a “murales” poetici-politici in movimento.

“Questa è ancora storia delle grandi lotte universali contro i genocidi, gli olocausti che già prima di quelli atroci del nostro secolo, hanno distrutto con le ‘camere a fuoco’, precorrendo le ‘camere a gas’, decine di milioni di indios”.

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Con la Production Réalisation Indépendants Montrèal (PRIM) realizza nel 1998 il video, completamente girato in computer graphics, Aca’ Nada (qui niente), allegoria sulla colonizzazione del Canada il cui titolo prende spunto dall’espressione usata dai cartografi navigatori spagnoli quando giunsero nel territorio compreso tra Terranova ed il futuro fiume San Lorenzo (odierno Canada).

Del 1999 è il secondo canto della trilogia sugli olocausti

Gramasciategui ou les poesimistes, video, appunto, sull’olocausto della conquista, sulle false scoperte, sull’avidità di potere e sulle violenze perpetratesi per secoli contro i popoli, delle “prime nazioni”. Questo VideoPoema mescola i nomi di Gramsci e Mariátegui per una riflessione poetico-filosofica sul pessimismo (o poesimismo). Il silenzio, qui, è quasi disperato, le immagini sono rarefatte e il pessimismo oscura come un’ombra negativa qualsiasi forma di utopia. “Gramsciategui (…) abbandona gli affreschi in movimento, le dolci musiche, le canzoni di lotta e fa il vuoto: il vuoto dell’urlo silenzioso e spaventoso di Munch, di un grido inascoltato. Il vuoto: la vacuità degli ‘uomini di buona volontà', la patetica inerzia di qualunque discorso progressista”.21

“Hérimoncourt, Francia, anni Novanta…..In questo piccolo

paesino della France-Comté, un gruppo di case e un supermercato ha preso vita l’attività del CICV, Centre international del Création Vidéo, spazio di residenze per videoartisti da tutto il mondo. Toti è uno dei suoi animatori e

21Sandra Lischi, Visioni elettroniche. L’oltre del cinema e l’arte del video, Roma, Scuola

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frequentatori più assidui e appassionati, più impegnati e “militanti”; ha realizzato qui Planetopolis, vi realizzerà la trilogia degli olocausti planetari con i videopoemi Tupac-Amauta

Premier chant; Gramsciategui ou les poésimistes-Deuxième cri; La fine della morte del Trionfo. Qui Toti comincia a “chiudere” i

propri videopoemi facendoli riavvolgere velocemente su se stessi: un ripercorrere a ritroso l’intera opera, risalendo alle origini del discorso, consentendo al lettore di rivedere il lavoro in una sintesi che lo altera e insieme ne rende possibile una strana ri-percezione. L’autore ripercorre, in questo modo, i propri processi creativi per ritornare all’inizio, al sé.

Ma oggi è uno speciale giorno di festa; nella dolce luce del pomeriggio autunnale, il 25 ottobre 1996 si inaugura ufficialmente un edificio con la targa “Espace Gianni Toti”; un luogo per mostre, incontri, istallazioni ed immagini…..”.22

La morte del trionfo della fine, ultimo video della produzione

totiana, e ultimo tassello della trilogia sugli olocausti inaugurata da Toti nel 1997, è stato, invece, prodotto nel 2002 a Hérimoncourt. Il possente affresco sugli olocausti planetari che caratterizza la trilogia si apre, con quest’opera, a una riflessione su e contro le ideologie mortifere, capovolgendo, sin dal titolo, il concetto alla base del Ciclo degli affreschi pisani sul Trionfo

della Morte, da cui il video prende spunto, e finendo per cantare

la sconfitta della morte e le gioie della vita sulla terra.

Dagli anni 2000 Gianni Toti ha vissuto stabilmente nella città che gli ha dato i natali e ha continuato, nonostante la “veneranda” età

22 Sandra Lischi, “Gli OttantaToti”, cit., pp. 27-29.

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a lavorare. Ha diretto la collana “I Taschinabili” (Farenheit 451, Roma) per la quale ha curato, tra l’altro, la traduzione de La

leggenda di cinelandia, versione tradotta e commentata del film Incatenata alla pellicola da cui l’artista ha tratto il suo

VideoPoema omonimo. Del 2003 è il racconto; I meno lunghi o

più corti racconti del futuremoto e del 2006 il racconto Inenarraviglie, infine, l’ultima raccolta di poesie, I penultimi madrigali, dedicati alla seconda moglie Pia, è del 2004.

<<Roma, 24 giugno 2004. Gianni Toti, poeta, scrittore di

romanzi e saggi, pièces teatrali, film e canzoni , regista, videartista, giornalista, viaggiatore… compie ottant’anni. Da sempre scrive di essere nato “un ventimiliardennio fa…” non tanto (o non solo) una civetteria; piuttosto un riconoscersi nato da sempre dal caos primordiale, “dal vuoto (o) nulla, dalle fluttuazioni quantistiche…”, quel caos rappresentato in alcune sue opere video, dai poemetti sull’immaginario scientifico al prologo di Planetopolis. “ha ottant’anni esatti Toti, ma non ha affatto smarrito la vocazione socratica al dialogo, alla discussione, si potrebbe anzi dire che tutto quanto il suo percorso d’autore testimonia una ricerca della parola dialogica, polifonica, ‘critica’ in quanto di continuo inappagata e rilanciata…”, scrive Massimo Raffaelli nel paginone de il manifesto dedicato a Toti (“Doppio sguardo sul futurremoto”, 25 luglio 2004).

Lavora, scrive, prepara nuovi “taschinabili” per la collana di Fahrenheit, lo rattrista la notizia della chiusura del Centro Video

di Montbéliard-Hérimoncourt, pensa a un nuovo

videopoema>>.23

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Nell’ottobre 2006, a Cagliari, in occasione dell’undicesima edizione della mostra internazionale InSideVideo - I° Forum

Internazionale sulla Sperimentazione Audiovisiva Mostra Internazionale Immagine d' Autore Gianni Toti è premiato con

un Premio alla Carriera.

Muore a Roma l’8 gennaio 2007.

Il 15 maggio 2009, a due anni dalla scomparsa del poetronico, l’Associazione culturale La casa totiana apre le porte della casa di Toti, a Roma in via Ofanto, n. 18. In questo luogo Pia Abelli, la moglie di Gianni, ha ricostruito la biblioteca, la videoteca e l’archivio di Toti con l’aiuto di compagni, studiosi, artisti italiani e stranieri che hanno fondato l’omonima associazione culturale.

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I. 2. Le VideOpere – Descrizione ed interpretazioni teoriche e critiche

Le sperimentazioni video totiane sino alla metà degli anni ’80, come ben ci illustra anche Barenghi,24si sono svolte alla Rai, all’interno del Centro Ricerca e sperimentazione programmi. La videopoesia, prima, i videopoemetti, in seguito, erano, infatti, destinati alla programmazione in forma di intervalli di pochi minuti, mentre la trilogia majakovskijana doveva essere trasmessa, secondo le intenzioni di Toti, come una vera e propria creazione video, capace di offrire nuovi stimoli estetici e percettivi, all’insegna di una visione da parte del pubblico attiva e partecipativa.

La Rai, tuttavia, sin dall’inizio considerò le opere di ricerca, tra cui quelle totiane, dei “gioielli” da esibire alle manifestazioni internazionali, in ambito teatrale ed universitario, non adatte alla messa in onda, in quanto non garanti di un riscontro da parte del telespettatore medio.

Nel 1987, dopo la parentesi dei sette video realizzati fuori dalla Rai per la mostra parigina L’immaginario scientifico del 1986, Toti ha intenzione di proseguire la propria esperienza di ricerca televisiva presso la Rai, nonostante la mancata messa in onda delle sue opere e la diffidenza espressa nei confronti del suo linguaggio sperimentale, con un nuovo progetto dal titolo

24 Anna Barenghi ha svolto la sua tesi di laurea specialistica sull’attività del Servizio

programmi sperimentali e del Settore ricerca e sperimentazione programmi della Rai (Università di Pisa, 2006). Un estratto del suo lavoro è stato pubblicato nel 2007 nella rivista <<Bianco e Nero>>: A.,, La struttura di sperimentazione RAI, dal 1968 al 1987, in <<Bianco e Nero>>, n. 01-02, gennaio-agosto 2007, pp. 169-179.

L’analisi del periodo dell’artista presso il Centro Ricerca RAI e la descrizione delle opere prendono spunto dal predetto testo, riproposto, con il titolo “Un (di)sperimentale alla Rai”, in Sandra Lischi e Silvia Moretti (a cura di), Gianni Toti o della Poetronica, cit., pp. 144-155.

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SqueeZangeZaúm. Un riassetto aziendale porta, tuttavia, alla

chiusura del Centro Ricerca e Sperimentazione a favore di un’Unità operativa per i nuovi servizi: di fatto le ricerche sui linguaggi televisivi passarono in secondo piano rispetto alla nuova sperimentazione tecnica sull’alta definizione, sulla trasmissione satellitare e via cavo.

L’autore, tuttavia, dopo vari alterchi con la Rai, che gli chiedeva di sospendere il progetto per dedicarsi a produzioni più “normali”, riesce a realizzare la sua nuova opera nel 1988 con la produzione di RaiTre, Istituto Luce-Italnoleggio e Unità operativa per i nuovi servizi.

Di questo primo periodo, Amaducci, famoso videoartista italiano e docente universitario, offre, nel suo libro Banda

Anomala,25panoramica sulla videoarte a livello internazionale con particolare riferimento a quella monocanale italiana e ai suoi artisti, un’analisi approfondita, rilevando come il rapporto di Toti con il Centro Ricerche della Rai Torinese abbia segnato la sua carriera. L’artista è, infatti, stato l’unico italiano a essere riuscito a produrre video molto complessi e soprattutto sperimentali, accedendo a strutture istituzionali che l’hanno messo in contatto con una tecnologia moderna e con tecnici esperti, riuscendo, in tal modo, a rimanere in linea con l’azione sperimentale degli anni Ottanta, che coinvolse autori di fama internazionale come Steina e Woody Vasulka. Anche se, come rileva lo stesso autore, il Toti di questo periodo, forse a causa di una non sentita corrispondenza con i propri montatoti, figure da cui dovrà sempre dipendere per realizzare le proprie opere, sembra “un direttore d’orchestra che

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chiede ai suoi musicisti di suonare tutti insieme le cose più strane”.26

Testimonianza personale di Toti sul lavoro sperimentale compiuto in questi anni è ricavabile, invece, dall’articolo I

Mixerabili,27uscito sulla rivista <<Cinema 60>> e riproposto da Lischi e Moretti in Gianni Toti o della poetronica. In questo testo l’autore offre una riflessione teorica attenta e illuminante sul linguaggio elettronico del periodo: “(…)Le strutture lineari e sequenziali dei linguaggi moderni sembrano ormai inadeguate alle infinidimensionalità degli eventi, alle correlazioni spazio-visuali dell’immaginatica e dell’interazione delle <<grafíe>> (logo-cine-tele…). Solide sono le consolide, le conso(l)les, i nuovi tavoli combinatori, tutti scritti con le tavole delle leggi della comunicazione umana”.28 E ancora: “ (…) La pantéchne può vivere proprio nella combinazione infinita delle immagini verbali, sonore, rumorali, musicali, visuali, scritturarie, orali, recitate, cantate; sempre di immagini si tratta, di plurilinguaggi, di interlinguaggi, pansemíe, panglossíe, pancinigmíe…Il cinema non ha realizzato la promessa della sintesi totale di tutte le arti (…) L’elettronica permette invece lo stesso tipo di velocità immaginativa della scrittura: e anche della pittura se sullo spazio pittorico potessero vedersi nel tempo – e non soltanto nello spazio concluso e finale - tutte le fasi della fattura”.29 Concetto

26 Alessandro Amaducci, “Gianni Toti. Il gigantismo dell’immagine elettronica”, in A.

Amaducci, Banda Anomala, cit, pag. 60.

27 Gianni Toti, “I Mixerabili”, in <<Cinema 60>>, 1981, n. 139, pp. 10-14. n.d.c.. Il testo è

ora riproposto, in versione ridotta (sono stati, infatti, selezionati, secondo le finalità del volume, 11 dei 16 paragrafi iniziali, e precisamente quelli che vanno dal 6 al 16) in Sandra Lischi e Silvia Moretti (a cura di), Gianni Toti o della Poetronica, cit., pp. 156-165.

28 Gianni Toti, Ivi, pag. 157. 29 Gianni Toti, Ivi, pag. 160.

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quest’ultimo su cui il videoartista ha elaborato – tra il 1989 e il 1990 - la teoria della profondità di tempo.

Infine, anche Marco Mario Gazzano, uno dei più importanti studiosi dell’opera di Gianni Toti, in Kinēma, dal film alle arti

elettroniche, andata e ritorno;30diario lucido e appassionato della storia delle cinematografie31nazionali e internazionali e delle ricerche teoriche e critiche che su di esse si sono avvicendate nel Novecento, consegna un panorama italiano della videoarte che non solo conferma quanto asserito da Amaducci, ma che pone l’accento sulla scarsa considerazione che, a tutti i livelli, ancora oggi, la società in generale, e la politica in particolare hanno della videoarte, e del comparto artistico-culturale tutto. Comparto che, secondo molti studiosi e critici, potrebbe fungere da traino anche per la rinascita dell’economia nazionale.32

E sempre di questo periodo Amaducci dice: <<La poesia che si fa immagine e suono è il cardine della poetica di Toti che definisce ‘VidePoemOpere’ i lavori realizzati presso il centro ricerche Rai. Il video aggiunge movimento al testo, ma soprattutto permette all’impaginazione grafica quella capacità di stratificazione delle immagini e degli immaginari tanto necessarie per trasformare la parola parlata o scritta in flusso audiovisivo, vivo, magmatico, mutevole. La manipolazione, tema cardine di tutte le avanguardie (verrebbe da dire la trasformazione del metallo in oro) è

30 Gazzano Marco Maria, Kinēma, dal film alle arti elettroniche, andata e ritorno, Roma,

edizioni Exorma, 2012,2013, 568 p..

31 cinematografia : derivazione dalle parole greche κίνεµατος = movimento + γραφία =

scrittura. “ (…)E perciò anche per l’esperienza storica della <<videoarte>> e delle nuove arti elettroniche se il cinema esteso – la nozione estesa di cinema - ha recuperato al <<Cinema>> l’originario significato – rivoluzionario - <<di scrittura per immagini in movimento>: un significato e un pensiero racchiusi nella radice etimologica del suo stesso nome (…)”, in Marco Mario Gazzano, Ivi, pag. 289.

32 Per un approfondimento del rapporto tra videoarte, comunicazione e politica, “Ma

davvero la politica è tanto sorda?”, appendice che raccoglie interventi ufficiali sulle arti elettroniche e sulla comunicazione, Marco Maria Gazzano, Ivi, pp..451-506.

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un’operazione fondamentale e l’energia elettronica dell’immagine video permette all’artista di forgiare la luce dei pixel in composizioni svariate e complesse. Comporre immagini significa scrivere con la luce e le forme, in una continua vertigine dei testi sui testi, in una confusione babelica (la luce e il caos sono due temi cardine della produzione totiana) che sa di enciclopedia impazzita da un lato, e da un altro di esplosione del senso, intrattenibile, incontenibile nel dilagare continuo di nuovi sensi e stimoli sovrapposti…>>.33

Dopo SqueeZangeZaúm Toti non produrrà più con il Centro di Sperimentazione Rai, ora Unità operativa per i nuovi servizi, le sue successive opere vengono, infatti, prodotte in luoghi e per committenze diverse. Il suo linguaggio video è comunque contraddistinto, in ogni luogo e tempo, da moderne metafore, allegorie visive e sonore che si avvalgono delle svariate potenzialità dell’immagine elettronica, e che, rielaborando il suo sapere personale e l’insieme delle tradizioni pittoriche, teatrali, scientifiche, cinematografiche e musicali esistenti, rendono concreto il sogno di un’arte totale. I pensieri sono formati da e per immagini e suoni, e danno origine a costruzioni (video) che lo spettatore, oltre a guardare, deve cercare di capire e rielaborare per avere una nuova chiave di lettura dell’universo, “l’universo

totiano”.

La poesia elettronica, “poetronica” al modo di Toti, come arte totale: un nuovo linguaggio per nuovi pensieri, nuove parole, nuove metafore linguistiche e visive, nuovi significati e

33 Alessandro Amaducci, “Gianni Toti. Il gigantismo dell’immagine elettronica”, cit., pp.

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significanti, un nuovo linguaggio per un modo di pensare non comune, e per un modo diverso di vedere il pianeta.34

A proposito del periodo successivo alla realizzazione di

SqueeZangeZaúm, Marc Mercier, nella monografia sull’artista,

edita nel 1992 in Francia dal CICV di Montbéliard-Belfort, dice: “Dall’esperienza ‘primitiva’ in cui il giovane Gianni Toti scopriva sul banco di scuola il linguaggio della materia prima (penna, inchiostro, carta) all’immaginario tecnico scientifico dei suoi lavori più recenti, Toti pone implicitamente la questione dell’Origine del gesto artistico, del Desiderio primo. Desiderio che si colloca forse nello scarto del linguaggio dell’uomo e della macchina (la Materia), in quello stare in mezzo fra corpo e virtualità, mimesi e frattale; dall’altro lato di uno specchio in cui si è formato il doppio di un mondo che forse non esiste, o non esiste più…”.35

Da qui le riflessioni, agli inizi degli anni Novanta dopo la caduta del muro di Berlino, sul pianeta avviato alla cementificazione urbana e di pensiero, su un cosmo prigioniero dello scorrere frenetico del tempo, su un pianeta tutto uguale in cui le utopie sono andate ormai scemando: quello di Planetopolis . “ (…) un’opera ancora tutto dominata dallo stile vorticistico, enciclopedico, eccessivo che lo ha contraddistinto fino ad allora.”;36 asserisce Amaducci.

E circa la poetica totiana, che in questi anni è ormai ben definita, Gazzano, nel saggio Arte e Scienza. Il cinema, le parole e le

34 Sulla poetica in Gianni Toti, “Il Tempo del senso”, di Marco Maria Gazzano, in Sandra

Lischi e Silvia Moretti, (a cura di), Gianni Toti o della poetronica, cit., pp. 178-195.

35 Marc Mercier, “Totilogia-frammenti”, in Sandra Lischi, “Gli OttantaToti”, cit., pag. 29. 36 Alessandro Amaducci, “Gianni Toti.Il gigantismo dell’immagine elettronica”, cit., pag.

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tecnologie,37spiega perfettamente come le innumerevoli proposte linguistico-concettuali di Toti, presenti nel suo percorso videoartistico sin dagli esordi, siano esempi, alla stregua della

quidditas e delle epifanie di Joice,38di una pratica interpretativa capace di farsi creatrice di concetti teorici o di modelli culturali nascosti dietro l’utilità di parole apparentemente solo “tecniche”. Capacità che è stata ed è caratteristica solo di alcuni poeti e filosofi e il cui capostipite, nel campo cinematografico, è il regista e teorico sovietico Ėjzenštejn. In merito, poi, alla questione inerente alla “tecnica” e al significato di tale termine Gazzano offre, nello stesso saggio, la teorizzazione che Heidegger ne fece già nel 1953: <<Questa prospettiva ci inquieta. È necessario; bisogna che ci inquieti il più a lungo possibile e in modo così pressante da farci prendere una buona volta sul serio l’elementare domanda su che cosa significhi in fin dei conti il nome “tecnica”. La parola viene dal greco. Technicon indica ciò che appartiene alla téchne. Circa il significato di questo ultimo termine dobbiamo badare a due cose. Anzitutto, téchne non è solo il nome del fare artigianale e della capacità relativa, ma anche dell’arte superiore e delle belle arti. La téchne appartiene alla pro-duzione, alla poiésis; è qualcosa di poietico. Il secondo punto da considerare circa la parola téchne si accompagna alla parola épistéme. Entrambe sono parole che indicano il conoscere in senso ampio. Significano il “saperne di qualcosa”,

37 Marco Maria Gazzano, “Arte e Scienza. Il cinema, le parole e le tecnologie”, inedito.

Parzialmente anticipato in M.M. Gazzano, “Dispense online” (Università degli Studi Roma Tre/Dipartimento Comunicazione e spettacolo), a.a. 2012-2013, www.dicospe.uniroma3.it, e ora proposto in M.M. Gazzano, Kinēma, dal film alle arti elettroniche, andata e ritorno, cit.,pp. 50-75.

38 Cfr. Giacomo De Benedetti, Il Romanzo del Novecento (1961-1966), Garzanti, Milano,

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l’“intendersene”. Il conoscere dà apertura.>>.39 Poiché il conoscere è aprente, esso è un “disvelamento” e poiché dis-velamento “non nascondimento” è alethéia – verità -, Heidegger desume da Platone e Aristotele, come ricorda l’autore, una relazione diretta tra “tecnica” e “verità”. E di conseguenza: <<L’elemento decisivo della téchne non sta perciò nel fare e nel maneggiare, nella messa in opera dei mezzi, ma nel disvelamento menzionato. In quanto tale, non intesa come fabbricazione, la

téchne è un produrre. […] Una volta si chiamava téchne anche la

produzione del vero e del bello. […] Poiché l’essenza della tecnica non è nulla di tecnico, bisogna che la meditazione essenziale sulla tecnica e il confronto decisivo con essa avvengano in un ambito che da un lato è affine all’essenza della tecnica e, dall’altro, né è tuttavia fondamentalmente distinto. Tale ambito è l’arte. S’intende solo quando la meditazione dell’artista, dal canto suo, non si chiude davanti alla costellazione della verità, davanti alla quale noi poniamo la nostra domanda>>.40 Ed è quindi per tale motivo che Toti non può essere considerato un semplice inventore di parole: ma un vero e proprio artista, un

technìte; un facitore di parole, e di conseguenza un poietés che

opera una vera e propria dislocazione del senso e della sensatezza: dei significati nascosti dietro l’apparenza di ciascuna

parola; come si evince anche dall’altro saggio

fondamentale41dello stesso autore su Toti. Saggio dove, tra l’altro, Gazzano rileva come Toti inneschi attraverso le sue opere

39 Martin Heidegger, “La questione della tecnica (1953)”, in M. Heidegger, Saggi e

discorsi, a cura di Gianni Vattimo, Mursia, Milano 1976, pp. 5- 27.

40 Marco Maria Gazzano, “Arte e Scienza. Il cinema, le parole e le tecnologie”, Kinēma,

dal film alle arti elettroniche, andata e ritorno, cit., pp. 65-66.

41 Marco Maria Gazzano, “Il tempo del senso”, in Sandra Lischi e Silvia Moretti, (a cura

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video, e quindi attraverso la parola poetica-tecnologica, esperienze dell’inconscio che lo spettatore rivive di volta in volta in modo originale.

E infine gli anni Novanta e i primi anni del 2000, anni che lo vedono impegnato, in collaborazione con il Centre de Recherche

Pierre Schaeffer, Montbéliard-Belfort,42alla realizzazione di una trilogia imperniata sull’America Latina e sulla sua conquista, sullo sterminio planetario di popoli nell’età moderna, e sui pessimismi e le disperazioni di un pensiero, che deve rigenerarsi partendo dalle immagini del passato, e ricreare le immagini del presente in modo nuovo, aperto alla difficoltà, al bisogno di verità non retoriche: Tupac Amauta, Gramsciategui ou les

poesimistes e La fine della morte del trionfo. In questo periodo

realizzerà anche Acá Nada.

Del periodo francese, Amaducci, nel testo in precedenza citato,43parla come di un periodo fecondo, durante il quale Toti, avendo la possibilità di risiedere presso il Centre de Recherche

Pierre Schaeffer e di collaborare proficuamente con il montatore

ufficiale dello stesso, Patrick Zanoli, raggiunge la maturità stilistica e il giusto controllo sulle possibilità manipolatorie delle macchine.

42 Centre de Recherche Pierre Schaeffer, Montbéliard-Belfort (CICV), Francia– nato alla

fine degli anni ’80 e chiuso nei primi anni del 2000, il Centro e Ricerca Pierre Schaeffer aveva sede nel paesino di Hérimoncort (Franche-Comtè), in un piccolo castello donato al comune dalla famiglia Peugeot. “…Il Centro si stava distinguendo a livello mondiale come un luogo unico, e straordinario, di produzione di video d’arte e di ricerca, accogliendo artisti in residenza, fornendo studi e assistenza per la post produzione video, appoggiando progetti…” Sandra Lischi, Un video al castello – Diario di incontri e di lavoro, Nistri Lischi, Pisa 2002, pag. 10.

43 Alessandro Amaducci, “Gianni Toti. Il gigantismo dell’immagine elettronica”, cit., pp.

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Ed è proprio in questi anni, come ho anticipato in precedenza, che il videoartista ha elaborato la teoria della profondità di

tempo, di cui Gazzano dà conto nel saggio Il tempo del senso.44

Dove, attraverso il resoconto che Gazzano fa delle conversazioni avute con Toti in quegli anni, emerge chiara l’idea del videoartista che i mezzi tecnologici, consentendo non solo di riprodurre e quindi di riconoscere l’immagine, ma anche di produrla e di conoscerla, siano l’unica tecnica che offra la possibilità all’artista, nella sua funzione di poietés, di creare e di osservare le immagini durante la loro realizzazione. L’artista grazie all’elettronica, può finalmente pensare a un’immagine e vederla materializzarsi sul monitor quasi nello stesso momento. Processo, secondo Toti, che nessun’altra “tecnica” di produzione delle immagini consente – dalle arti plastiche alla fotografia, al film, al video – fuorché la musica, poiché anch’essa riesce ad avvicinare velocemente il momento del pensiero a quello della sua ‘messa in immagine’.

Teoria, quella della profondità di tempo, per cui nello scontro tra cervello/sensibilità dell’artista e potenzialità del computer sarebbe possibile <<estrarre immagini del tempo veloce del processo mentale>>,45di conseguenza <<fissare il tempo>>,46cogliere la <<profondità di tempo>>47 all’interno di una sequenza elettronica che è <<quasi mentale>>.48

Importante, altresì, per capire a fondo le istanze di Toti, videopoeta ormai maturo, già addentratosi nel campo della

44 Marco Maria Gazzano, Kinēma, dal film alle arti elettroniche, andata e ritorno, cit., pag.

192-193.

45 Gianni Toti nel testo. 46 Idem.

47 Idem. 48 Idem.

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computer-graphics e più in generale del digitale, è il testo Per la variabilità schermica e la parità di visione,49anch’esso riproposto da Lischi e Moretti in Gianni Toti o della poetronica, nel quale l’artista inizia a rivendicare per la videoarte le stesse condizioni del cinema: la sala buia e il grande schermo. “…E poi? E poi avanti con l’utopopsía eisensteniana! Che almeno i grandi tecnici aiutino nella riproposizione della variabilità schermica, nella sperimentazione emotivo pensatoria della pansensorialità antropica, nelle sale e in tutti gli altri spazi possibili: dagli anfiteatri agli stadi ai planetari, agli omnimax, elle géodes …per meglio e più vedere e pensare. <<Bisogna far presto se si vuole

ancora vedere qualcosa>>, ammoniva Cézanne all’inizio del

secolo…E io ripeto il suo allarme ogni volta che posso…”.50 E per confermare, infine, la concezione poetica di Toti, proficuamente descritta e trattata dagli autori sino a qui citati, fondamentale è la “videointervista” nel videoritratto che Sandra Lischi ha realizzato di/e con Gianni Toti nel 1997

(Plane-Toti-Notes, Civc, Francia, 1997, 37’), nella quale l’artista, partendo

dall’assioma che poesia e scienza (allegorie e algoritmi), nella prospettiva di una “scrittura” intesa come interpretazione e non solo descrizione, non sono separabili, ma funzioni una dell’altra come il “significato” e il “significante” nel concetto di segno per Ferdinand de Saussure, arriva ad asserire come la poesia, a volte, sia ancora più precisa della scienza.51 Ricorda Toti: <<Pedro

49 Gianni Toti, “Per la variabilità schermica e la parità di visione”, in Sandra Lischi (a cura

di), catalogo Invideo ’97. Le forme dello sguardo, Charta, Milano 1997, pag. 55-56. Il testo è ora riproposto in Sandra Lischi e Silvia Moretti (a cura di), Gianni Toti o della Poetronica, cit., pag. 166-168.

50 Gianni Toti, Ivi., pag. 168.

51Marco Maria Gazzano, “Letteratronica: la ‘scrittura’ oggi tra poesia, movimento e

numeri”, inedito. Anticipato in Tiziana Colusso e Marco Palladini (a cura di), Atti online della Giornata di studio “Letteratronica. Riviste, editoria e scrittura nella rete globale”, Bibilioteca Vallicelliana, Roma, marzo 2011, pp. 23-26; cfr., www.retidedalus.it,

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Salinas52scrisse un verso bellissimo all’inizio di una poesia che dice: “Poesía, dame el nombre exacto del las cosas”. Questo verso mi ha estremamente colpito: perché la parola “esattezza” è talmente contraria all’idea che, in fondo, tutti si fanno della poesia…la poesia, in fondo, è qualcosa di un po’ confuso, di un po’ schiumoso , di un po’ spumeggiante, un qualcosa che non è “esatto” come i numeri, l’aritmetica, la matematica, l’algebra e così via. E invece, effettivamente, mi sono reso conto che è solo la poesia che dà il nome esatto delle cose; gli altri sono nomi funzionali, sono nomi che observono, nel senso della servitù (…). Il nome esatto delle cose è il nome che la poesia dà all’Universo: e quei nomi prima di essere pronunciati, nessuno li ha mai sentiti. Se uno dice: “L’Azur! L’Azur! L’Azur!...” non sta mica dicendo “azzurro , azzurro, azzurro…”: sta dicendo un’altra cosa: sta ponendo il problema dell’azzurrità>>.53

www.formafluens.it.. Ora proposto in M.M. Gazzano, Kinēma, dal film alle arti elettroniche, andata e ritorno, cit., pp. 88-94.

52 Pedro Salinas y Serrano (Madrid, 1891 – Boston 1951) è stato un poeta spagnolo

appartenente alla generazione del 1927; una costellazione di autori della letteratura spagnola che si fece conoscere nel panorama culturale spagnolo intorno all'anno 1927.

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I.2.1. Per una videopoesia

Concertesto e improvvideazione per mixer, memoria di quadro E oscillo – spettro- vector – scopio

Con il supporto di registrazioni effettuate nel marzo 1980 al Centro di Produzione Rai di Milano, Toti realizza la sua prima opera video. Si tratta essenzialmente di prove in cui sono esplorate le possibilità del mezzo elettronico: elaborazioni di scritte e forme geometriche, trattamenti cromatici,

split-screen,54feedback, memorie di quadro, ed in cui anche le

casualità, i disturbi e gli imprevisti sono valorizzati in senso artistico. In questo video sono impiegati in modo creativo, generando immagini che sembrano saette, spettri, onde e visioni radar, gli strumenti utilizzati normalmente per controllare i valori del segnale: oscilloscopio55 e vettorscopio56. L’autore dichiara che si tratta di una sperimentazione televisiva e attinge al repertorio tecnico delle produzioni TV, riprende le scritte che scorrono in sovraimpressione alludendo ai propri rapporti conflittuali con l’azienda RAI. La voce over,57spesso dello stesso autore, descrive gli effetti sperimentati mentre titoli e didascalie evidenziano gli strumenti utilizzati ed il carattere non finito dell’opera. Si tratta di una riflessione, visiva e sonora sul

54 Lo split screen, tradotto letteralmente schermo diviso, consiste nel frazionare

lo schermo in diverse inquadrature

55 L'oscilloscopio è uno strumento di misura elettronico che consente di visualizzare, su

un grafico bidimensionale, l'andamento temporale dei segnali elettrici e di misurare abbastanza semplicemente tensioni, correnti, potenze ed energie elettriche. L'asse orizzontale del grafico solitamente rappresenta il tempo, rendendo l'oscilloscopio adatto ad analizzare grandezze periodiche. L'asse verticale rappresenta la tensione.

56 Un vettorscopio è un tipo particolare di oscilloscopio utilizzato in applicazioni

audiovisive. Mentre l'oscilloscopio rappresenta la forma d'onda di un segnale rispetto allo spazio e al tempo, un vettorscopio rappresenta un tracciato polare di due segnali, mostrando la correlazione tra di essi.

57 Voce fuori campo: è la voce che non proviene direttamente da una persona che stiamo

guardando sullo schermo ma dall’esterno. Può essere la voce di un personaggio non inquadrato (tipo il narratore) o di un personaggio inquadrato (i suoi pensieri ad esempio).

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concetto e sulla parola “Poesia”, che forse << lontano-vista, o televideata>>, diviene <<dopoesia>>: videopoesia, poesia elettronica. Toti, a differenza dei colleghi contemporanei, che giravano in pellicola e si limitavano a trasporre per la Tv poesie esistenti, cercava di fare poesia con il mezzo video, sfruttando le potenzialità creative dell’elettronica. Nel video le parole e le forme si muovono, si moltiplicano, cambiano colore, fluttuano in sintonia con la musica e molti sono i riferimenti, come ci dice Barenghi, all’opera poetica come “pagina” nella dimensione visiva: le parole illeggibili di Lautgedicht58 di Man Ray, la copertina del suo romanzo Il Padrone assoluto, e quella della

Poesia da masticare di Lamberto Pignotti, alcune Pagine dei Canti di Giacomo Leopardi appaiono dietro gli effetti visivi

creati con l’oscilloscopio ed il vettorscopio, mentre la copertina con il ritratto del poeta subisce, a causa delle barre colore59, una metamorfosi alla Warhol.

Appare il disegno di una pipa e di fronte ad esso una scritta evidenzia che <<Questa non è una poesia ma una videopipoesia; la scritta <<io tu>> diviene <<io tv>> e, rivolgendo una <<Videopreghiera>> al <<Video Patre Onnipotente>>, Toti esprime la propria fede nell’onnipotenza poetica del mezzo elettronico. Il video è caratterizzato anche da una sperimentazione sonora che come annuncia la voce over si ottiene intervenendo sull’ordine dei suoni e sui rapporti intervallari. A tal proposito l’autore sulla rivista <<Carte Segrete>>, di cui è direttore, ha modo di informare il suo

58 Lautgedicht ovvero “speechpoem”, “poesia vocale”, sinonimo di poesia sonora.

59 Il segnale delle barre colore è utilizzato nella produzione televisiva come riferimento e

test di ogni apparato che genera, elabora o trasmette segnali. Osservato strumentalmente, è un utile mezzo di diagnostica.

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pubblico che non ha potuto elaborare come avrebbe voluto la colonna sonora dell’opera a causa degli scarsi mezzi e tempi che la RAI metteva a disposizione della sperimentazione artistica. 60 Durata: 50’

Autore: Gianni Toti Anno: 1980

Autore: Gianni Toti

Montaggio: Alfonso Lodato

Missaggio: Claudio Cavilotti, Enrico Funicola, Dante Mauri, Carlo Pirani, Camillo Quattrini, Paolo Tavernini

Scenografia: Giuseppe Sabino

Produzione: Rai, Ricerca e sperimentazione programmi, coordinatore tecnico; Alfredo Costa

60 La descrizione del video prende spunto da Anna Barenghi, “Un (di)sperimentale alla

Rai”, in Sandra Lischi e Silvia Moretti (a cura di), Gianni Toti o della Poetronica, cit., pag. 150.

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I.2.2. Tre videopoemetti: Voyelles, Videolettura di videopoesia su poetarcheografia, Nebulosa testuale

1 Voyelles

Il video è una “videalizzazione” del sonetto di Arthur Rimbaud: voyelles

A noir, E blanc, I rouge, U vert, O bleu : voyelles,

Je dirai quelque jour vos naissances latentes : A, noir corset velu des mouches éclatantes Qui bombinent61 autour des puanteurs cruelles,

Golfes d'ombre ; E, candeur des vapeurs et des tentes, Lances des glaciers fiers, rois blancs, frissons d'ombelles;62 I, pourpres, sang craché, rire des lèvres belles

Dans la colère ou les ivresses pénitentes ; U, cycles, vibrements divins des mers virides,63 Paix des pâtis semés d'animaux, paix des rides Que l'alchimie imprime aux grands fronts studieux; O, suprême Clairon plein des strideurs64 étranges, Silence traversés des Mondes et des Anges:

- O l'Oméga, rayon violet de Ses Yeux !

61 Bombinent è un termine inventato da Rimbaud sulla base del verbo latino bombino (forse

perché ne amava il suono o forse anche per ragioni di metrica). Sta per bourdonnement=ronzio, brusio. Ovviamente lui usa il sostantivo come verbo e lo coniuga alla terza persona plurale, riferendolo alle mosche.

62 Ombelles è un termine botanico e si riferisce ai petali dei fiori, in particolare alle

infiorescenze. Il termine evoca fiori bianchi.

63 Dal latino viridis: verdi

(37)

(1871)

Traduzione

A nera, E bianca, I rossa, U verde, O blu: vocali, dirò un giorno le vostre nascite nascoste:

A, nera, corsetto peloso delle mosche scintillanti che ronzano attorno puzze crudeli,

golfi di ombre; E, biancori di vapori e di tende

Lance di ghiacciai fieri, re bianchi, brividi di infiorescenze; I porpore, sangue sputato, riso di belle labbra

Nella collera o nelle ubriacature penitenti; U, cicli, vibrazioni divine di mari verdi,

pace dei pascoli disseminati di animali, pace delle rughe che l’alchimia stampa sulle grandi fronti studiose; O, suprema tromba piena di stridori strani,

silenzi attraversati dai Mondi e dagli Angeli: - O l’Omega, raggio viola dei Suoi occhi!

La voce fuori campo dell’autore, sottoposta ad alterazioni sonore, recita il sonetto più volte, mentre le cinque vocali, generate elettronicamente, sono sformate, smontate e sfogliate per una possibile riflessione sulla convenzionalità della scrittura.65

65La descrizione del video prende spunto da Anna Barenghi, “Un (di)sperimentale alla

Rai”, in Sandra Lischi e Silvia Moretti (a cura di), Gianni Toti o della Poetronica, cit., pag. 150.

(38)

Videolettura di videopoesia su poetarcheografia

L’artista mostra le pagine della sua raccolta di Poesie

Compoetibilmente infungibile che, come recita fuori campo,

<<vanno a fuoco, si affuocano, si affiocano>>. I versi si polverizzano e appaiono illeggibili sulle pagine sfogliate a ritroso al ritmo della musica.66

Nebulosa testuale per videagoghi poesimizzatori

Il video si ispira al caligramma67di Mallarmé Un colpo di dadi

non abolirà mai il caso, del 1914.

Il poema, costruito attorno ad una frase centrale che ne forma la struttura, “Un colpo di dadi non abolirà mai il caso”, si svolge attraverso frasi secondarie, in esse si sviluppano i simboli e le metafore che illustrano il presupposto filosofico di una casualità totale che presiede i destini dell’uomo, indipendentemente dall’azione, che resta comunque indifferente.

Il minimo atto, il minimo pensiero mettono in gioco il caso e lasciano incunearsi l’incertezza. Tutto è indifferente, nulla sarà avvenuto, anche se resta l’apparizione magica nel cielo notturno di una costellazione, che riproduce il numero del colpo di dadi in dimensioni cosmiche.

66 Idem.

67 calligramma o carme figurato è un tipo di componimento poetico fatto per essere

guardato e contemplato oltre che per essere letto (poesia visuale). Nei calligrammi, il poeta disegna un oggetto relazionato al tema principale della poesia. Talvolta però il disegno che scaturisce dalle poesie visuali scritte non ha nessuna relazione con il tema dell'opera.

(39)

La disposizione del testo è su due pagine e l’impostazione grafica assume particolare importanza per il poeta. La disposizione a gradini delle parole allude alla discontinuità dell’esistenza, mentre lo scorrimento dei versi da una pagina all’altra ne indica la fluidità, che il lettore deve cercare di abbracciare con un solo sguardo.68

Traduzione

IL CASO Cade

la piuma

ritmica attesa del disastro a inabissarsi nelle spume originarie donde già s’innalzò il suo delirio sino a una vetta colpita dalla neutralità identica dell’abisso

ECCETTO nell’altitudine FORSE

così lontano che un punto si

fonde con l’al di là lungi dall’interesse a lui proprio in generale

secondo una data obliquità per una

data pendenza

Figura

Fig. 1 Autoscatto di Gianni Toti
Fig. 2 – Ritratto di Gianni Toti di Pierre Bongiovanni
Fig. 3 – Immagine del video
Fig. 4 –  Immagine del video  Fig. 5 – Immagine del video
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