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3 Applicazioni: equazioni a coefficienti costanti

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(1)

Alcune note sulle equazioni differenziali lineari G. Falqui

Premessa

Queste note contengono alcuni argomenti sulla teoria delle equazioni differen- ziale ordinarie discussi durante le lezioni dell’a/a 2005/2006 del Corso di Matem- atica II (e/o Complementi di Matematica). Esse integrano ma non sostituiscono (n´e, tantomeno, pretendono di farlo) dunque la lettura del capitolo 1 del testo Calcolo – Funzioni di pi`u variabili di J. Stewart (Apogeo, Milano, 2002).

Commenti e correzioni sono benvenuti ([email protected]).

1 (Brevissima) Introduzione

La teoria delle equazioni ordinarie nasce dalla osservazioni ”sperimentale” che leggi di variazione nel tempo di grandezze fisiche sono di solito espresse da equazioni che legano tali grandezze e le loro derivate rispetto al tempo ad altre funzioni (assegnate) del tempo.

Come esempio, consideriamo il problema di descrivere il moto di un punto materiale di massa m che si muove su una guida (pensiamo ad una rotaia) rettilinea e sia connesso tramite una molla di lunghezza a riposo nulla ad un punto P della guida.

Risolvere il problema che ci siamo posti consiste quindi nel determinare la funzione x = x(t) che al tempo t associa la posizione x(t) del punto materiale sulla rotaia. Ovviamente (si veda il corso di Fisica), pensiamo di avere fissato delle unit`a di misura per t e x, nonch´e una origine del tempo e della ascissa x (che possiamo fissare coincidente con il punto di attacco P).

Il secondo principio di Newton dice che, ad ogni istante, il prodotto della massa per l’accelerazione a del punto materiale `e uguale alla forza F agente su di esso, ovvero:

F = m a

In particolare, in questo caso, ci si pu`o limitare a considerare la componente lungo l’asse x di questa equazione vettoriale, ovvero Fx = max.

Dalla legge di Hooke si ha che la molla esercita sul punto materiale una forza (detta forza elastica, Fel) diretta verso il punto di attacco e in modulo proporzionale all’elongazione della molla. Dato che abbiamo considerato nulla la lunghezza a riposo della molla, sar`a

Fel= −k x, dove k `e la costante elastica della molla. (1.1) Supponendo che la rotaia non sia perfettamente liscia, sul punto materiale agisce anche una forza dovuta all’attrito tra esso e la rotaia. Sperimentalmente si vede

(2)

che tale forza `e bene espressa da

Fatt = −γ vx, (1.2)

dove γ `e una costante (che misura quanto la rotaia `e scabra), e vx `e la velocit`a lungo l’asse x del punto materiale. Dato che:

i) ax= dvx

dt , vx = dx

dt, e quindi ax = d2x

dt2, e ii) Fx = Fel+ Fat,

vediamo che a questo problema fisico possiamo associare l’equazione differenziale (ordinaria)

md2x

dt2 + γdx

dt + kx = 0. (1.3)

Infine se supponiamo che sul punto materiale in questione, agisca una anche forza esternaFext – fornita, ad esempio, da un motore – descrivibile matemati- camente da Fext= f (t), con f (t) una funzione assegnata, (ad esempio, per una forza periodica sar`a f (t) = A cos(ω t + φ0)), allora la equazione differenziale associata al sistema fisico `e:

md2x

dt2 + γdx

dt + kx = f (t). (1.4)

2 Formalizzazione

Una equazione differenziale ordinaria di ordine n con variabile indipendente t e variabile dipendente x, in forma normale, `e espressa da una relazione che lega la variabile indipendente t e la variabile dipendente x della forma

dnx

dtn − Φ(t, x, dx dt,d2x

dt2, · · · ,dn−1x

dtn−1) = 0, (2.1)

ovvero,

dnx

dtn = Φ(t, x,dx dt,d2x

dt2, · · · ,dn−1x dtn−1)

Quindi una equazione del secondo ordine sar`a data da una espressione del tipo d2x

dt2 − Φ(t, x,dx

dt) = 0. (2.2)

Per comodit`a di scrittura, spesso si preferisce utilizzare la notazione dxdt = x0,d2x

dt2 = x00 etc. etc.. Inoltre, spesso nei testi di matematica e negli eser- cizi si indica con y la variabile dipendente e con x quella indipendente. In ogni caso, la distinzione tra variabile dipendente e indipendente `e chiara (o dovrebbe esserlo) dal contesto. In queste note, sulla scorta dell’esempio fisico descritto

(3)

Definition 2.1 Una equazione differenziale (del secondo ordine) si dice lineare se, collettivamente, `e di grado al pi`u uno nella variabile dipendente e nelle sue derivate, ovvero se si scrive nella forma

d2x

dt2 + B(t)dx

dt + C(t)x + D(t) = 0, (2.3)

per date funzioni B(t), C(t), D(t) della variabile indipendente t. L’equazione lineare (2.3) si dice omogenea se non contiene il termine D(t).

Esempi.

1) L’equazione x00−¡

cos2t¢ x0

sinh(t2+ 1 t4+ 1) t2¢

x + log(|t + t2|) = 0

`e un’equazione lineare non omogenea del secondo ordine.

2) L’equazione

x00+ b x0+ c x = 0 (2.4)

dove b, c ∈ R sono numeri reali, `e una equazione lineare omogenea del sec- ondo ordine a coefficienti costanti. Si noti che l’equazione (1.3) introdotta nella Sezione 1 ha esattamente questa forma.

3) Le equazioni

x00+ (cos t)x0+ x2 = 0, e x00− x0x = 0

non sono lineari. Infatti, nella prima c’`e il termine x2. Nella seconda, c’`e il termine x0x che non `e lineare. Questo secondo esempio dovrebbe chiarire il significato della parola collettivamente nella definizione 2.1.

Consideriamo ora una equazione lineare omogenea del secondo ordine, cio´e un’equazione del tipo

d2x

dt2 + B(t)dx

dt + C(t)x = 0. (2.5)

La propriet`a fondamentale delle equazioni lineari omogenee `e espressa dalla seguente

Proposizione 2.2 Siano f1(t) ed f2(t) due soluzioni di (2.5). Allora, per ogni scelta di una coppia di costanti K1 e K2, la funzione

g(t) := K1f1(t) + K2f2(t) (2.6)

`e ancora una soluzione di (2.5).

(4)

Dimostrazione. Si basa sulle ben nota propriet`a (appunto detta di linearit`a) della derivata: la derivata di una somma di due funzioni `e la somma delle derivate degli addendi, e che la derivata del prodotto K f (t) di una costante K per una funzione f (t) `e data da K f0(t). Si noti che entrambe le propriet`a valgono anche per la derivata seconda (nonch´e, in generale, per la derivata n- esima).

Per dimostrare l’affermazione, sostituisco alla x nel membro di sinistra della (2.5) la funzione g(t) data dalla (2.6). Facendo uso delle propriet`a ricordate qui sopra ottengo:

d2g(t)

dt2 + B(t)dg(t)

dt + C(t)g(t) = d2

dt2

¡K1f1(t) + K2(t)¢

+ B(t)¡ d

dt(K1f1(t) + K2f2(t))¢

+ C(t)¡

K1f1(t) + K2f2(t)¢

= sviluppando le derivate =

= K1

d2f1(t) dt2 + K2

d2f2(t)

dt2 + B(t)¡ K1

df1(t) dt + K2

df2(t) dt

¢+ C(t)(K1f1(t) + K2f2(t))

= raccogliendo rispetto alle costanti =

= K1µ d2f1(t)

dt2 + B(t)df1(t)

dt + C(t)f1(t)

+ K2µ d2f2(t)

dt2 + B(t)df2(t)

dt + C(t)f2(t)

¶ . (2.7) A questo punto osservo che, dato che per ipotesi, f1(t) ed f2(t) sono soluzioni dell’equazione differenziale (2.5), i fattori racchiusi tra parentesi sono identica- mente nulli. Ci`o conclude la dimostrazione.

¤ Definition 2.3 L’integrale generale di una equazione differenziale1 di ordine due `e una famiglia di funzioni fK1,K2(t) dipendente da due parametri reali K1, K2, tale che ogni soluzione dell’equazione in questione si possa ottenere da essa, cio`e per una opportuna scelta dei parametri K1, K2.

La proposizione 2.2 suggerisce come trovare l’integrale generale di una equazione lineare omogenea (e, come vedremo tra breve, anche di una equazione non omo- genea) del tipo

d2x

dt2 + B(t)dx

dt + C(t)x = 0.

Infatti basta considerare due soluzioni non nulle e linearmente indipendenti f1(t) ed f2(t), e considerare la combinazione lineare:

fK1,K2(t) = K1f1(t) + K2(t), K1, K2 ∈ R. (2.8)

1Si richiede che il membro a destra della equazione differenziale in questione soddisfi una

(5)

La proposizione 2.2 assicura che fK1,K2(t) `e ancora soluzione dell’equazione.

Per costruzione, essa dipende da due parametri reali. Un teorema (la cui di- mostrazione esula dagli scopi del corso di Matematica II per Scienza dei Materi- ali e Scienze e Tecnologie Chimiche) assicura che ogni soluzione si pu`o ottenere tramite un’opportuna scelta dei parametri K1, K2.

La nozione di indipendenza lineare tra due funzioni (non identicamente nulle)

`e molto semplice, e si traduce nella richiesta che il rapporto f1(t)

f2(t) sia una fun- zione non costante di t. Ad esempio, cos 2t e 4 sin t sono linearmente indipen- denti. Parimenti, sinh(t) e t sinh(t) sono indipendenti (infatti f1(t)

f2(t) = 1 t).

Invece, sin(t) e 5 cos(t − π/2) non sono linearmente indipendenti, dato che cos(t − π/2) = sin(t) identicamente in t.

Vediamo ora come si possano trattare le equazioni differenziali non omo- genee. L’osservazione fondamentale `e la seguente. Consideriamo l’equazione (2.3),

d2x

dt2 + B(t)dx

dt + C(t)x + D(t) = 0,

e supponiamo che g1(t) e g2(t) siano due qualsiasi soluzioni di questa equazione.

Allora si verifica che la differenza γ(t) = g1(t) − g2(t) `e una soluzione della equazione (detta omogenea associata alla (2.3)),

d2x

dt2 + B(t)dx

dt + C(t)x = 0.

Infatti dato che g1(t) e g2(t) sono (per ipotesi!) soluzioni della non omogenea, dovranno valere sia

d2g1(t)

dt2 + B(t)dg1(t)

dt + C(t)g1(t) + D(t) = 0

che d2g2(t)

dt2 + B(t)dg2(t)

dt + C(t)g2(t) + D(t) = 0.

Sottraendo quest’ultima da quella appena pi`u sopra ottengo d2g1(t)

dt2 + B(t)dg1(t)

dt + C(t)g1(t) −µ d2g2(t)

dt2 + B(t)dg2(t)

dt + C(t)g2(t)

= 0, (ovvero il termine non omogeneo si cancella). Raccogliendo rispetto a B(t) e C(t) otteniamo

d2

dt2 (g1(t) − g2(t))

| {z }

=γ(t)

+B(t)(d

dt(g1(t) − g2(t))

| {z }

=γ(t)

) + C(t) (g1(t) − g2(t))

| {z }

=γ(t)

= 0

che prova l’affermazione.

(6)

Possiamo riformulare la propriet`a qui sopra nel seguente modo. Scrivendo γ(t) = g1(t) − g2(t) come

g1(t) = g2(t) + γ(t),

e ricordando che γ(t) `e una soluzione dell’omogenea associata alla (2.3) otteni- amo

Proposizione 2.4 L’integrale generale di una equazione lineare non omogenea del tipo

d2x

dt2 + B(t)dx

dt + C(t)x + D(t) = 0,

si trova sommando una sua soluzione particolare all’integrale generale dell’omogenea associata

d2x

dt2 + B(t)dx

dt + C(t)x = 0.

3 Applicazioni: equazioni a coefficienti costanti

Veniamo al caso di equazioni di forma simile a quella discussa nell’introduzione, ovvero equazioni del tipo

x00+ b x0+ c = g(t), (3.1)

dove b, c sono due parametri reali. Consideriamo dapprima il caso omogeneo, g(t) = 0.

All’equazione (3.1) associamo il suo polinomio caratteristico P (λ) nell’indeterminata λ, ottenuto sostituendo a dn

dtn la potenza λn, cio`e

x00+ b x0 + c = 0 7→ P (λ) := λ2+ bλ + c.

Proposizione 3.1 Siano λ1 e λ2 le radici del polinomio caratteristico λ2+bλ+

c, e sia ∆ = b2− 4c il suo discriminante. L’integrale generale FK1,K2(t) della (3.1) `e dato secondo i seguenti casi da:

1. Se ∆ > 0, ovvero P (λ) ha due radici reali distinte:

FK1,K2(t) = K1exp(λ1t) + K2exp(λ2t).

2. Se ∆ = 0, (ovvero λ1 = λ2 = −b2)):

FK1,K2(t) = K1exp(λ1t) + K2t exp(λ2t)

(Notiamo che questa formula vale anche nel caso in cui b = c = 0).

(7)

3. Se ∆ < 0, ovvero P (λ) ha due radici complesse coniugate

λ1,2 = −b 2 ± i

p|∆|

2 , allora

FK1,K2(t) = exp(−b 2t)

Ã

K1cos(

p|∆|

2 t) + K2sin(

p|∆|

2 t)

!

La dimostrazione di queste formule si basa sostanzialmente sulla propriet`a fon- damentale della funzione esponenziale rispetto alla derivata:

d

dtexp(λ t) = λ exp(λ t), ∀λ eventualmente complesso e della corrispondente formula per la derivata n-esima.

Sostituendo x(t) = exp(λ t) nella (3.1) otteniamo

λ2exp(λ t) + bλ exp(λ t) + c exp(λ t) = (λ2+ bλ + c) exp(λ t) = P (λ) exp(λ t).

Dunque se λ = λ1,2`e una radice di P (λ) l’equazione `e soddisfatta identicamente in t.

In particolare, nel caso 1) dove λ1 6= λ2, e ∆ > 0 le due funzioni reali cos`ı ottenute, f1(t) = exp(λ1t), f2(t) = exp(λ2t) sono indipendenti (il loro rapporto

`e exp(±√

∆ t), dunque una funzione non costante di t se ∆ > 0).

Nel caso 2), la procedura di sostituzione definisce una sola funzione (f1(t) :=

exp(−b2t)), dato che le radici sono coincidenti, λ1 = λ2 = −b2. Bisogna quindi verificare che anche la funzione

f2(t) := t exp(−b 2t)

`e una soluzione di (3.1). Si osserva peraltro che d

dtf2(t) = exp(−b 2t) − b

2f2(t) e

d2

dt2f2(t) = −b

2exp(−b

2t) − b 2(d

dtf2(t)) =

− b

2exp(−b 2t) − b

2(exp(−b 2t) − b

2f2(t)) = −b exp(−b

2t) + (b

2)2f2(t).

Sostituendo queste espressioni nella (3.1) si verifica la validit`a dell’affermazione.

Notiamo che f1(t) ed f2(t) sono indipendenti, dato che il loro rapporto e’

f2(t)/f1(t) = t.

(8)

L’ultimo caso `e lievemente pi`u sottile, e coinvolge alcune osservazioni sui numeri complessi.

Ricordiamo che un numero complesso z pu`o essere dato nella forma carte- siana

z = x + iy

dove i `e l’unit`a immaginaria (i2 = −1); in questo caso i due nuumeri reali x ed y si chiamano, rispettivamente, parte reale e parte immaginaria di z. Alterna- tivamente, se ne pu`o dare la forma cosiddetta polare,

z = ρ exp(iθ)

(ρ – che `e un numero reale non negativo – `e detto mudulo, θ – che `e un numero reale definito a meno di multipli di 2π – `e detto argomento.

Geometricamente le due presentazioni si interpretano cos`ı. I due numeri reali x, y sono le coordinate cartesiane di un punto z nel piano euclideo, riferite ad assi ortogonali.

Viceversa, il modulo di z `e la distanza del punto z dalll’origine O del riferi- mento cartesiano (o anche, ρ = |~z|), mentre θ `e l’angolo che il vettore ~z forma con l’asse x, misurato in senso antiorario.

Le formule che permettono di passare da una rappresentazione all’altra sono

x = ρ cos θ y = ρ sin θ





ρ =p

(x2 + y2) θ = arctany

x

Infine ricordiamo che dalla formula di Eulero per l’esponenziale,

exp iθ = cos θ + i sin θ, ∀θ reale (3.2) si deducono (sommando e sottraendo questa con quella analoga per exp −iθ, ovvero exp −iθ = cos θ − i sin θ, ∀ θ reale)

cos θ = 1

2(exp (iθ) + exp (−iθ)), sin θ = 1

2i(exp (iθ) − exp (−iθ)). (3.3) Vediamo ora come possiamo utilizzare queste osservazioni nella costruzione della soluzione generale di una equazione differenziale del secondo ordine a co- efficienti costanti del tipo

x00+ bx0 + cx = 0 con b2− 4c < 0. (3.4) Per comodit`a di scrittura, siano

λ = a − iω, λ+ = a + iω

(9)

le due radici del polinomio caratteristico λ2 + bλ + c associato alla equazione differenziale. Allora considero le due funzioni

f(t) := exp(λt) = exp(a t − iω t), f+(t) := exp(λ+t) = exp(a t + iω t).

In generale, queste due funzioni assumono valori complessi. Vogliamo per`o ottenere due funzioni indipendenti che assumano valori reali. Utilizziamo quindi le considerazioni relative alle formule di Eulero. Consideriamo, per esempio la funzione

g+(t) := 1

2(f+(t) + f(t)) = 1

2(exp(a t + iω t) + exp(a t − iω t)) Raccogliendo il fattore comune exp(a t) questa diventa

g+(t) = exp(a t)¡ 1

2(exp(iω t) + exp(−iω t)¢

Osserviamo che, dato che t `e reale, il prodotto ω t `e reale. Quindi posso applicare la formula di Eulero relativa al coseno (ovvero la prima delle (3.3)) arrivando a

g+(t) = exp(a t)¡

cos(ω t)¢

Dato che g+(t) `e una somma di due soluzioni della equazione (3.4) con coeffi- cienti costanti (±12), anche g+(t) `e una soluzione di (3.4);2 questa soluzione `e, manifestamente, reale per tutti i t reali.

Considerando la combinazione lineare g(t) := 1

2i(f+(t) − f(t)) = 1

2i(exp(a t + iω t) − exp(a t − iω t))

si ottiene una seconda soluzione reale di (3.4), che (utilizzando la seconda delle identit`a (3.3)) ha la forma esplicita:

g(t) = exp(a t)¡

sin(ω t)¢ .

Dato che il rapporto tra le due funzioni g(t)/g+(t) non `e costante (infatti `e tan(ω t), otteniamo

Proposizione 3.2 La soluzione reale generale della equazione x00+ bx0+ cx = 0 con b2− 4c < 0 `e data da

x(t) = exp(a t)¡

K1cos(ω t) + K2sin(ω t)¢

, (3.5)

dove K1, K2 sono due costanti arbitrarie, mentre a = −b2 e ω = 12p

|b2− 4c|

sono determinate dalla equazione in questione.

2Alternativamente, questa affermazione si pu`o verificare direttamente sostituendo nella equazione differenziale stessa.

(10)

Osservazioni.

1. Nel caso in cui b = 0 la soluzione generale `e

x(t) = K1cos(ω t) + K2sin(ω t) (3.6) 2. Sia nel caso (3.5) che in quello (3.6), `e talvolta conveniente parametrizzare la soluzione generale non tanto attraverso le K1, K2, ma attraverso le due nuove costanti A, φ0 definite da

A = q

K12 + K22, φ0 = arctan K2 K1

Nel caso generale (3.5) si ha,

x(t) = exp(a t)¡

A cos(ω t − φ0

. (3.7)

Nel caso particolare (3.6) in cui la equazione sia x00+ ω2x = 0, con ω ∈ R,

le nuove costanti A e φ0, attraverso le quali la soluzione generale si scrive come

x(t) = A cos(ω t − φ0), (3.8) sono spesso (e.g., in Fisica) chiamate, rispettivamente, ampiezza dell’oscillazione e fase iniziale dell’oscillazione. Inoltre, nel caso in cui b 6= 0 si parla di os- cillazioni smorzate o amplificate nel caso in cui sia, rispettivamente b > 0 o b < 0. Nella prima figura riportiamo il grafico di una funzione del tipo (3.7) con a = −0.1, A = 1, φ0 = π

6.

1

0 -0.5

5

-1 0.5

t 25 20

15 0 10

30

(11)

Nella seconda figura i grafici di funzioni oscillanti, con A = √

2 e fasi inziali rispettivamente π

2 e −π 6.

16 y

12 2

8 1

0 4

-1

-2 0

t

4 Alcuni casi notevoli di equazioni non omoge- nee a coefficienti costanti

Vogliamo qui discutere come risolvere (in alcuni casi specifici) equazioni non omogenee della forma

x00+ β x0+ γ x = g(t), (4.1)

con particolari scelte dei parametri costanti β, γ e della funzione g(t). Per quanto detto nella Proposizione 2.4 e nella Sezione 3 abbiamo bisogno di trovare un in- tegrale particolare della non omogenea. Per fare ci`o, ci baseremo sull’intuizione, cio`e cercheremo tali soluzioni la cui “forma” ci sar`a suggerita dal termine g(t).

Caso I: g(t) funzione polinomiale, γ 6= 0.

Sia g(t) = PN

i=0aiti un polinomio in t di grado N . `E naturale cercare una soluzione particolare ¯x(t) della (4.1) come un polinomio dello stesso grado della g(t), ovvero porre

x(t) = XN

i=0

biti.

Infatti, il membro a sinistra della (4.1), con la sostituzione X(t) = ¯x(t) definita qui sopra diventa anch’esso un polinomio di grado N in t.

(12)

In particolare, dato che

¯ x0(t) =

N −1X

i=0

(i + 1) bi+1ti, x¯00(t) =

N −2X

i=0

(i + 2)(i + 1) bi+2ti

esso diventer`a, raccogliendo rispetto alle potenze di t:

γ bNtN + (γ bN −1+ N bN)tN −1+

(γ bN −2+ β(N − 1) bN −1+ N (N − 1)bN)tN −2+ · · · · + (γ bi−2+ β(i − 1) bi−1+ i (i − 1)bi)ti−2) + · · · ·

+ (γ b0+ β b1+ 2b2).

(4.2)

Chiamiamo C(t) questo polinomio. Uguagliandolo con il membro destro abbi- amo una relazione tra polinomi dello stesso grado

C(t) = XN

i=0

aiti.

Il principio di identit`a dei polinomi dice che ¯x(t) = PN

i=0biti `e soluzione par- ticolare dell’equazione inomogenea se e solo se i coefficienti del polinomio C(t) sono uguali ai corrispondenti coefficienti del polinomio g(t) = PN

i=0aiti. Questo vuol dire che i coefficienti bi del polinomio ¯x(t) cercato dovranno soddisfare le equazioni





















γ bN = aN

γ bN −1+ β N bN = aN −1

γ bN −2+ β(N − 1) bN −1+ N (N − 1)bN = aN −2 ...

γ bi−2+ β(i − 1) bi−1+ i (i − 1)bi = ai−2 ...

γ b0+ β b1 + 2 b2 = a0

(4.3)

Questo sistema di N + 1 equazioni nelle N + 1 incognite b0, . . . , bN `e risolubile con metodi elementari (anche se un po’ tediosi). Infatti si osserva che:

1. la prima equazione d`a

bN = aN

γ . (4.4)

2. la seconda equazione d`a bN −1= γ1(aN −1− β N bN). Sostituendo il valore di bN dato da (4.4) si ottiene

bN −1 = 1µ

aN −1− β N aN

. (4.5)

(13)

3. La terza equazione d`a bN −2 = γ1(aN −2− (β(N − 1) bN −1+ N (N − 1)bN)).

Sostituendo i valori di bN e bN −1 ottenuti in (4.4) e (4.5) si ha

bN −2= 1 γ





aN −2− (β(N − 1) 1 γ

µ

aN −1− β N aN

γ

| {z }

=bN −1

+N (N − 1) aN

|{z}γ

bN



 .

(4.6) 4. Cos`ı via, ai passi successivi, abbiamo da considerare equazioni del sistema

(4.3) che danno

bi−2= 1

γ (ai−2− (β(i − 1) bi−1+ i (i − 1)bi))

ovvero esprimono il coefficiente bi−2in funzione di ai−2e dei due coefficienti precedenti bi−1 e bi. Ma questi ultimi sono stati determinati dai passi precedenti, e quindi, per semplice sostituzione, otteniamo anche bi−2 nei termini delle quantit`a note β, γ, ai.

Osserviamo che nell’argomento precedente, la condizione γ 6= 0 `e cruciale nella risoluzione del sistema. Non `e difficile intuire che, nel caso γ = 0, si possa arrivare a formulare e risovere il problema in modo analogo, considerando per`o un polinomio b(t) di grado superiore, ovvero N + 1.

Esempio. Consideriamo l’equazione

x00+ β x0+ γ x = t3− t2+ 3, (4.7) con β, γ 6= 0 assegnati. Questo `e un caso particolare della (4.1) con

g(t) = t3− t2+ 3, ovvero N = 3, a3 = 1, a2 = −1, a1 = 0, a0 = 3 Consideriamo il polinomio a coefficienti arbitrari

f (t) :=

X3 i=0

biti = b3t3+ b2t2+ b1t + b0

e sostituiamo x(t) = f (t) nel lato sinistro della (4.7). Dato che f0 = 3b3t2+ 2 b2t + b1, f00 = 6b3t + 2b2

abbiamo che questa operazione d`a il polinomio P (t) := 6b3t + 2b2

| {z }

f00

+β (3b3t2+ 2 b2t + b1

| {z }

f0

) + γ (b3t3+ b2t2+ b1t + b0

| {z }

f

= γb3t3+ (γ b2+ 3βb3) t2+ (γ b1+ 2βb2+ 6b3) t + (γb0+ βb1+ 2b2).

(4.8)

(14)

Affinch`e f (t) sia soluzione dell’equazione differenziale si deve avere l’identit`a polinomiale

P (t) = t3− t2+ 3,

Quindi i coefficienti dei termini dello stesso grado di P (t) e g(t) = t3 − t2 + 3 devono essere uguali, ovvero i coefficienti {bi} di f(t) devono soddisfare le

equazioni: 





γb3 = 1

γb2 + 3βb3 = −1 γb1 + 2βb2+ 6b3 = 0 γb0 + βb1+ 2b2 = 3

(4.9)

Dalla prima ho b3 = 1/γ. Sostituendo nella seconda, γb2+3β

γ = −1 ⇒ b2 = −1 γ

µ

1 + 3β γ

= −γ + 3 β γ2 . Sostituendo b3 = 1/γ e questo risultato nella terza delle (4.9) trovo

b1 = 2β γ + 3 β2− 3 γ

γ3 ,

ed infine, sostituendo i valori cos`ı trovati di b3, b2, b1 nella quarta delle (4.9) ottengo il valore

b0 = −6 β3+ 2 β2γ − 2 γ2− 12 β γ − 3 γ3

γ4 .

Quindi una soluzione particolare dell’equazione (4.7) `e x(t) = t3

γ−(γ + 3 β) t2

γ2 +2(β γ + 3 β2− 3 γ) t

γ3 −6 β3+ 2 β2γ − 2 γ2− 12 β γ − 3 γ3 γ4

Caso II: Termine forzante periodico.

Consideriamo l’equazione d2

dt2x (t) + ω2x (t) = b1sin (θ t) + b2cos (θ t) , (4.10) dove ω ∈ R, e b1, b2 sono due costanti reali assegnate. Sappiamo che la soluzione dell’omogenea associata, dtd22x (t) + ω2x (t) = 0 `e una combinazione lineare delle funzioni sin(ω t) e cos(ω t). Cerchiamo dunque una soluzione particolare della non omogenea, considerando il caso generico ω 6= ±θ.

L’Ansatz `e:

x (t) = A cos (θ t) + B sin (θ t) , (4.11) con A, B due costanti da determinarsi. Sostituendo nella (4.10) si ottiene, dopo alcuni semplici passaggi la relazione

(15)

Affinch´e (4.11) sia soluzione della equazione differenziale (4.10), il lato sinistro di questa relazione deve annullarsi identicamente in t. Quindi devono essere nulli i coefficienti delle due funzioni sin(θ t) e cos(θ t). Ovvero, le costanti A, B devono risolvere il sistema:

½ ω2B − b1− Bθ2 = 0

−Aθ2− b2+ ω2A = 0 (4.13)

La soluzione cercata `e data da (4.11) con la sostituzione

½

A = − b2

−ω2+ θ2, B = − b1

−ω2+ θ2

¾

, (4.14)

ovvero da

x(t) = − b2

θ2− ω2 cos (θ t) − b1

θ2− ω2 sin (θ t) . (4.15) Osserviamo che l’ipotesi ω 6= ±θ `e cruciale. Infatti, se ω = ±θ, il sistema (4.13) non ha significato. Nel caso in cui, e.g., θ = ω si procede nel seguente modo. Consideriamo, per semplicit`a, b1 = 0, b2 = b, ovvero consideriamo, in luogo della (4.10) la equazione

d2

dt2x (t) + ω2x (t) − b cos (ω t) = 0. (4.16) In questo caso si pone

{x (t) = tB sin (ω t)}

Sostituendo nella (4.16) si ottiene la equazione (2 ω B − b) cos (ω t) = 0.

Dunque, nel caso θ = ω una soluzione particolare della inomogena (4.16) `e data da

x(t) = b

2ωt sin(ω t). (4.17)

Dal punto di vista fisico i casi θ2 6= ω2 e θ = ±ω differiscono sostanzialmente. In altre parole, il comportamento delle soluzioni differisce qualitativamente. Per illustrare questo fenomeno, consideriamo ancora il caso in cui b1 = 0, b2 = b, ovvero consideriamo l’equazione

d2

dt2x (t) + ω2x (t) = b cos (θ t) , (4.18) e discutiamo l’andamento del suo integrale generale nei due casi. Dalla Sezione 3 sappiamo che la soluzione generale di questa equazione `e dato dalla sovrap- posizione dell’integrale generale dell’omogenea dtd22x (t) + ω2x (t) = con una soluzione particolare di (4.18). La soluzione generale dell’omogenea `e la funzione oscillante e limitata

A cos(ω t − φ0). (4.19)

(16)

Dunque, se θ2 6= ω2, per ottenere l’integrale generale della (4.18) si dovr`a sommare a tale funzione oscillante un’altra funzione oscillante di frequenza di- versa dalla (4.19) ed ampiezza fissata. Ovvero, nel nostro caso b1 = 0, b2 = b, l’integrale generale sar`a

x(t) = A cos(ω t − φ0) − b

θ2− ω2 cos (θ t)

Osserviamo che una funzione siffatta non `e, in generale, periodica, ma comunque

`e limitata; infatti, dalla disuguaglianza triangolare,

|x(t)|2 < A2+

µ b

θ2− ω2

2

.

Ad esempio, consideriamo il grafico, riportato qui sotto, di A = 1, ω = 1, φ0 =

−π/3, b = −1, θ = π/4, per t ∈ (−6π, 6π)(in blu la soluzione dell’omogenea, in verde la soluzione particolare della non omogenea, ed in rosso pi`u marcato la loro sovrapposizione) :

0 5

-2

-3 0 -10

t

15 10

2

-1 3

-5 1 -15

(17)

Al contrario, se (e.g.) θ = ω, la soluzione generale `e data dalla sovrap- posizione della soluzione (oscillante, limitata) della omogenea (4.19) con la soluzione non limitata della non omogenea data da (4.17); quindi la soluzione sar`a della forma

x(t) = A cos(ω t − φ0) + b

2ωt sin(ω t). (4.20)

Per t abbastanza grande, indipendentemente dai valori fissati di b ed ω e per qualunque valore di A e φ0, il termine domeninate sar`a il secondo, e dunque si avranno oscillazioni con ampiezza crescente all’infinito in t. In questa situazione si parla di risonanza , o termine forzante risonante. Nella figura seguente i grafici delle funzioni coinvolte con A = 1, φ0 = −π/6, ω = 1, b = 1/2, e t ∈ (0, 8π).

10 6

4 2

-2

5 15

0 0

t

20

-6 -4

25

(18)

5 Il metodo della ”variazione delle costanti ar- bitrarie” (per le equazioni lineari del primo ordine)

Questo metodo permette di trovare la soluzione generale di una equazione lineare non omogenea. In queste note ci limitiamo ad equazioni del primo ordine.

Si basa sulla osservazione, che, come nel caso delle equazioni di ordine due, (si veda la proposizione 2.4), la soluzione generale della equazione differenziale

x0+ a(t)x + b(t) = 0 (5.1)

si ottiene come somma dell’integrale generale della omogenea associata x0+ a(t)x = 0,

ed una soluzione particolare della non omogenea in questione, eq. (5.1).

Il problema di trovare l’integrale generale della omogenea

x0+ a(t)x = 0 (5.2)

si riconduce immediatamente al calcolo di un untegrale indefinito. Infatti questa soluzione generale `e data da

xC(t) = C exp − Z

a(t)dt. (5.3)

In quest’ultima espressione, C ∈ R `e una costante arbitraria, e R

a(t)dt denota l’integrale indefinito della funzione a(t). Per comodit`a di notazione, scriviamo A(t) =R

a(t)dt.

Notiamo che la funzione x1(t) = exp −A(t) `e una soluzione (particolare) dell’omogenea (5.2). Questa osservazione verr`a usata pi`u oltre.

Il metodo di variazione della costante arbitraria consiste nel cercare una soluzione di (5.1) della forma

x(t) = C(t) exp (−A(t))¯ ovvero C(t) exp (−

Z t

a(t0)dt0), (5.4) dove, ora, C(t) `e una funzione della variabile indipendente t (da qui il nome di variazione della costante arbitraria).

Sostituendo l’Ansatz (5.4) nell’equazione (5.1) otteniamo, dato che d

dtx(t) =¯ µ dC(t)

dt exp (−A(t))

− a(t)C(t) exp (−A(t)), la equazione

µ dC(t)

dt exp (−A(t))

− (a(t)C(t) exp (−A(t)))

| {z }

=dtd¯x(t)

+a(t) C(t) exp (−A(t)

| {z }

x(t)

+b(t) = 0.

(19)

Il secondo ed il terzo addendo si questa equazione si elidono, e quindi otteniamo dC(t)

dt exp (−A(t)) + b(t) = 0. (5.6)

Questa `e da considerarsi come una equazione (differenziale) nella variabile (dipen- dente) C(t). Peraltro `e della forma

C0(t) = f (t), con f (t) = −b(t) exp(A(t)), (5.7) e quindi si risolve calcolando l’integrale di f (t). Se chiamo F (t) questo integrale, alla fine si ottiene, sostituendo nella (5.4), che la funzione

x(t) = F (t) exp (−A(t))¯ (5.8)

`e la soluzione particolare cercata della non omogenea. Quindi la soluzione gen- erale si scrive

x(t) = xC(t) + ¯x(t) = (C + F (t)) exp (−A(t)). (5.9) Osservazione. Ovviamente la funzione F (t) `e definita a meno di una costante additiva K, essendo

F (t) = Z

f (t)dt.

Peraltro, questa ambiguit`a `e ininfluente ai fini del calcolo dell’integrale generale dell’equazione differenziale (5.1), come si evince dalla formula finale (5.9).

5.1 Esempio

Vediamo, passo dopo passo, come si trova l’integrale generale dell’equazione x0+ tan(t)x + sin(t) = 0. (5.10) Passo 1: risoluzione dell’omogenea associata.

L’omogenea associata all (5.10) `e

x0+ tan(t)x = 0, la cui soluzione generale `e

xC(t) = C cos(t). (5.11)

Passo 2: ”Vario” la costante arbitraria, ovvero sostituisco nella (5.10), la fun- zione

¯

x(t) = C(t) cos(t); (5.12)

In questo modo ottengo µ d

dtC (t)

cos (t) + sin (t) = 0, ovvero d

dtC (t) = −sin (t)

cos (t). (5.13)

(20)

Passo 3: Risolvo l’equazione differenziale qui sopra, ovvero calcolo l’integrale C(t) =

Z

−sin (t)

cos (t) = log | cos(t)|

dove, per semplicit`a, ho posto uguale a 0 la costante arbitraria di integrazione.

Passo 4: Sostituendo quest’ultimo risultato nella (5.12) trovo la soluzione par- ticolare della non omogenea come

x(t) = log | cos(t)| cos(t).¯ (5.14) Passo 5: Infine, sommando la (5.11) con la (5.14) trovo la soluzione del prob- lema posto, ovvero l’integrale generale della equazione non omogenea (5.10) come

x(t) = cos(t) (C + log | cos(t)|)

Riferimenti