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3. DIFFICOLTA’ ED IMPORTANZA DI SCRIVERE IN L2

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Academic year: 2021

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3. DIFFICOLTA’ ED IMPORTANZA DI

SCRIVERE IN L2

I fenomeni migratori, intensificatisi in Europa negli ultimi sessanta anni e i cui fattori risultano essere molteplici, portano conseguenze non solo a livello di cambiamento della società ma anche in ambito culturale e letterario. Dietro alla parola migrazione ci sono diverse storie: c’è chi decide di lasciare il proprio paese alla volta europea per lavoro, chi a causa di guerre o povertà. Tutti coloro che prendono una decisione di questo tipo agiscono nella speranza di poter migliorare le proprie condizioni di vita. Con la globalizzazione le varie culture si intrecciano fra loro, non possono più ignorarsi perchè l’una entra automaticamente in contatto con l’altra; in questo modo si influenzano a vicenda. Il concetto di globalizzazione, infatti, porta con se l’idea di nazione e cultura (collegate rispettivamente a letteratura e formazione). L’intrecciarsi di culture porta a fraintendimenti verbali e non verbali e allo stesso tempo alla nascita di stereotipi, i quali costituiscono una vera e propria minaccia; essi si fondano sull’idea della inferiorità dello straniero e sulla convinzione della superiorità della propria cultura; tutto ciò fa sì che si costruisca una barriera tra l’immigrato e la società nella quale si trova a vivere.

John Berger nel suo saggio L’esilio paragona i movimenti migratori di oggi con gli spostamenti dei nomadi del passato. Egli, inoltre, afferma che al centro della Terra non ci sia un luogo geografico bensì un senso esistenziale; chi perde la propria patria perde il proprio spazio vitale, il senso della propria vita.

Um die existentielle Bedeutung dieser weltweiten Wanderungen zu verstehen, beschӓftigt sich Berger mit den

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Wandlungen des Begriffes foyer (Heimr in den skandinavischen Sprachen, komi in Griechischen) oder Heim/Heimat im Deutschen. Wenn dieser Begriff für patriarchalische Macht oder, in der Nuezeit, auch für nationale Zielsetzungen stehe, so habe es ursprünglich das Zentrum der Welt gemeint, und zwar nicht in einem geographischen, sondern in einem existentiellen Sinn. Heim sei der Ort, wo sich die vertikale und die horizontale Lebens-achse treffen, wobei die horizontale Achse für unsere Verbindungen zu den Mitmenschen stehe, wӓhrend die vertikale die Verankerung in der Welt der Toten, der Vorfahren, und den Bezug zur göttlichen Macht darstellt. Wer sein Heim verliert, so folgert Berger, verliert somit mehr und Wesentlicheres als seinen ursprünglichen Lebensraum. Er verliert seinen Lebensmittelpunkt den Sinn seines Lebens, die Verbindung zu den Ahnen und zu Gott1

1

WINTERSTEINER, W., Poetik der Verschiedenheit- Literatur, Bildung. Globalisierugn, Drava Verlag, Klagenfurt, 2006, p.38.

.

Berger sostiene anche che una volta lasciata alle spalle la propria patria e iniziato il processo di avvicinamento ad una nuova lingua e cultura è difficile tornare indietro e sentirsi di nuovo in armonia con quello che si era prima. L’identità muta e non può subire, in seguito, un processo reverso: si può andare solo avanti, mai indietro. Ogni persona che entra in contatto con una cultura diversa dalla propria deve cercare di compiere un processo di adattamento e per fare ciò deve mettere in discussione se stesso e la propria identità. Imparare, poi, a parlare ed esprimersi in una nuova lingua sembra essere un processo ancora più complicato. Avvicinandoci ad una nuova lingua compiamo una scoperta e ci apriamo al mondo degli altri iniziando a sentirci quasi lontani ed estranei a quella che era il nostro modo di esprimerci e comportarci.

Dieses Haus ist mein, aber mein ist es nicht. […]

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Meine Sprache, die einzige, die ich zu sprechen verstehe, ist die Sprache des anderen2

-

.

Lo stretto legame tra cultura e lingua viene messo in evidenza e spiegato nel testo Usare un’altra lingua- Guida alla pragmatica interculturaledi Camilla Bettoni. L’autrice afferma, infatti, che se la cultura rappresenta il modo di vivere di un popolo, la lingua ne fa sicuramente parte. Quello su cui si concentra la Bettoni, in particolar modo nei primi capitoli del testo, è il ruolo che assume una lingua L2 per una persona che deve impararla; nell’usare un’altra lingua che non sia la propria si deve riuscire ad abbandonare – che sia per sempre o per un determinato tempo- il mondo che si conosce per aprirsi ad uno completamente nuovo. Imparare una L2 per necessità o per semplice curiosità permette di entrare a piccoli passi nella nuova cultura. La Bettoni afferma che le cose che hanno in comune la lingua e la cultura sono principalmente tre:

non- natura

-

: poichè entrambe non fanno parte della nostra eredità biologica;

conoscenza

-

: poichè entrambe sono il prodotto dell’apprendimento;

comunicazione

2

MITTERER, N./ WINTERSTEINER, W., (a cura di), Und (k)ein Wort

Deutsch…,in Schriftenreihe Literatur-institut für Österreichkunde,

Österreiches Kompetenzzentrum für Deutschdidaktik, Studienverlag, Innsbruck, Wien/Bozen,2009, p.39.

: poichè entrambe sono considerate realtà mentali ovvero il prodotto di un’organizzazione mentale di più cose messe insieme (oggetti sentimenti e comportamenti per quanto riguarda la cultura; suoni parole e strutture per la lingua). In quanto realtà mentali, esse sono e producono inevitabilmente comunicazione.

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La lingua risulta, inoltre, uno strumento fondamentale rivelatore dell’identità di una persona; essa permette di svelare agli altri chi siamo in modo individuale e a quale gruppo apparteniamo.

Secondo quanto afferma la Bettoni nella sua opera usare una lingua che non sia quella di origine significa essere bilingui; l’autrice dice che da Weinreich in poi si considera una persona bilingue quando riesce ad usare alternativamente più di una lingua indipendentemente dal grado di competenza, la frequenza di uso e la distanza strutturale3

3

BETTONI, C., Usare un’altra lingua- Guida alla pragmatica interculturale, Editori Laterza, Roma-Bari, 2006, p.43.

. Nonostante ciò la Bettoni considera molto importanti altri fattori, primo fra tutti, le circostanze dell’apprendimento: la L2 può essere acquisita in ambiente L2 o in ambiente L1. Nel primo caso l’apprendimento viene accompagnato anche dall’acculturazione mentre nel secondo non si ha l’immersione nella cultura dell’altro. Inoltre coloro che imparano una seconda lingua direttamente nel luogo in cui essa viene parlata, lo fanno spontaneamente; nel caso in cui la si apprenda, invece, rimanendo nel proprio paese, nella propria comunità si studierà semplicemente la L2. Si parla nel primo caso di bilinguismo primario e nel secondo di bilinguismo secondario. Coloro che, per motivi diversi, si trasferiscono in un nuovo paese e si trovano a dover imparare una lingua che non è la propria devono affrontare anche il problema culturale. Come già affermato in precedenza, infatti, il concetto di lingua e quello di cultura sono strettamente collegati fra loro. Nel testo della Bettoni viene affermato che il contatto diretto con la nuova comunità (C2) cambi profondamente l’individuo e laddove

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la nuova cultura sia in conflitto con quella di origine, egli deve fare una scelta creando così una terza cultura che è data dalla mescolanza di alcuni aspetti dalla comunità di origine e altri di quella nuova e che viene denominata C3 oppure terzo spazio.

Quanto affermato finora mette in evidenza la grande difficoltà nell’apprendimento di una L2 e l’inserimento all’interno di una nuova comunità diversa del tutto o anche solo in parte da quella di origine.

Se tutto ciò risulta difficile per qualsiasi individuo che si confronta con una nuova cultura ed una nuova lingua, lo è ancora di più per coloro che decidono di percorrere la strada della scrittura utilizzando come mezzo di comunicazione non la propria madrelingua ma la L2. I testi letterari sono sicuramente di difficile comprensione ed elaborazione e quello degli scrittori è, per questo motivo, un arduo compito: non solo si trovano a produrre in una lingua che non è quella che hanno sempre parlato, ma devono cercare di utilizzare un linguaggio adeguato per ciò che stanno scrivendo e per quello che vogliono comunicare.

Nella maggior parte dei casi tutti questi autori fanno parte o vengono inseriti nel gruppo degli scrittori migranti ovvero quegli stranieri che decidono di usare la L2 per scrivere. Sono coloro che cercano e offrono una comprensione di sè attraverso una lingua e in un contesto culturale della realtà ospitante. Tutti quegli studiosi che si occupano di letteratura migrante sono discordi sul modo in cui poter individuare un canone ben preciso che classifichi gli autori e li inserisca in questo genere; vengono inclusi in esso anche gli scrittori di seconda generazione o chi è nato da un genitore straniero e uno del posto.Gli scrittori

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appartenenti al filone della letteratura migrante hanno una forte tendenza all’autobiografismo poichè la testimonianza autobiografica rappresenta il modo migliore per affrontare temi che raccontano l’esperienza migratoria con tutto ciò che si porta dietro: solitudine, difficoltà, senso di sradicamento, problema dell’integrazione e del razzismo. Raccontare di sè e della propria esperienza, diviene per questo tipo di autori una necessità e una buona terapia per superare il trauma della migrazione e lavorare sulla propria interiorità. Secondo quanto afferma Paola Ellero nell’introduzione al saggio Letteratura migrante in Italia le produzioni culturali degli stranieri costituiscono uno strumento per superare i confini che condizionano il modo di pensare degli individui e vivere il fenomeno migratorio e la presenza di immigrati nei propri paesi. Molto spesso i temi che vengono trattati dagli scrittori migranti sono le difficoltà ad inserirsi nella nuova comunità, il bisogno di comunicare la propria esistenza ed affermare il diritto di essere considerati uomini e donne con uno spirito, una cultura e una lingua diversa. Nell’introduzione al saggio sopra citato, la Ellero porta alcune testimonianze di scrittori migranti che affermano di scrivere per riordinare la propria vita e di non voler parlare solo di immigrazione, cosa che peraltro può ritorcersi loro contro. Ecco quanto afferma la scrittrice di origine brasiliana Christiana de Caldas Brito:

[...]scrivere ‘migrante’ significa riordinare, atrraverso la scrittura, una vita che sembrava dover scorrere fra le pareti domestiche della patria e che, invece, ha subito una devastazione e si è trasferita altrove. La letteratura della migrazione comincia qui: nel racconto scritto delle esperienze e delle emozioni presenti nell’atto del migrare e dello stabilirsi in

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un paese diverso. Significa dare un senso alla partenza e dare un senso all’arrivo [...]4

[...]Non mi piacciono le etichettature, perchè quando penso alla scrittura migrande io penso a una scrittura che parla di immigrazione, ma non vorrei limitarmi a questo. Credo che gli autori migranti- di prima, seconda, incerta generazione- che provengono da altre parti del mondo, non vogliano limitarsi a scrivere soltanto di immigrazione. Trovo che a volte parlare di migrazione possa diventare una gabbia [...]

.

Un’altra testimonianza è quella di Igiaba Scego:

5

No, lo scrittore immigrato non è un autoesibizionista compiaciuto che non sa parlare d’altro che di sè. Ma intende per ‘autonarrazione’ il riflesso di un’espressione interiore sempre aperta al dialogo e cioè al confronto sull’umana esperienza, una continua ricerca della verità[...]

.

Ed infine parla l’algerino Tahar Lamri affermando:

6

Ci sono anche autori che trovandosi di fronte ad una nuova lingua e cultura non se ne sentono padroni e per questo decidono di scrivere in una lingua che non sia nè L1 nè L2; altri rimangono legati alla propria lingua madre. Tutti quegli scrittori che, però, vogliono far sentire la propria voce, quelli che vogliono mandare un qualsiasi tipo di messaggio decidono di utilizzare la L2 come mezzo di comunicazione. Abbiamo finora parlato di letteratura della migrazione in cui però non sembrano rientrare tutti quegli scrittori che pur essendo stranieri e utilizzando la L2 decidono di non parlare della propria esperienza di migrazione ma di trattare temi del tutto diversi. Esiste, infatti, una grande differenza tra tutti quegli autori che utilizzano la propria esperienza di migrazione come perno della propria produzione letteraria e coloro che invece

.

4

ELLERO, P., Letteratura migrante in Italia, in Lingua Nostra e Oltre (rivista online), a cura di Ellero, P/ Bruno, A., Anno III- N 3/2010.

5 Ibidem. 6 Ibidem.

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decidono di lasciare da parte quest’ultima e mettersi al lavoro scrivendo di altro.

3.1 La grammatica universale di Noam Chomsky

Noam Chomsky nel suo libro “Le strutture della sintassi” (1957), afferma che ci possono essere dei principi universali che riguardano tutte le lingue. L’uomo possiede il linguaggio che non è una cosa stabile ma in continua evoluzione; esso infatti può sempre essere arricchito con nuove parole o strutture. Questo linguaggio viene elaborato attraverso una grammatica che secondo Chomsky dovrebbe essere universale e che non ha il compito di descrivere una lingua specifica ma quello di trovare delle regole e principi che possano valere per qualsiasi lingua. Si parte dall’analisi dell’apprendimento della lingua madre da parte dei bambini e ci si chiede se questo processo sia innato nell’essere umano. Da qui, poi, lo sviluppo della teoria di una grammatica universale applicabile a tutte le lingue e che possa spiegare, quindi, anche il processo di apprendimento di una L2 (e non solo della lingua madre da parte dei bambini). Anche la Flynn in “A parameter-Setting Model of L2 Acquisition”parla della teoria della grammatica universale appena descritta affermado che essa non da delle regole precise per l’acquisizione di una L2 ma se afferma che ci siano dei meccanismi innati nell’acquisizione di L1, dermina anche i principi di apprendimento di L2.

UG does not make explicit predictions about L2 acquisition, but if UG characterizes a language faculty biologically determined and necessary for the acquisition of an L1, the it seems quite reasonable to suppose that in some way UG also determines L2 acquisition. Assuming that the biological endowment for language does not change substantially over time, the principles and parameters that determine the content of linguistic

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experience acquired could also be argued to hold in the adult L2 acquisition process. On such principle, isolated within a thery of UG and argued to hold in L1 acquisition, is the head-initial/head-final parameter7

3.1.1 L’interlingua

.

La Flynn, inoltre, afferma che in alcuni aspetti, la teoria della grammatica universale può essere accostata a quella dell’analisi contrastiva in quanto l’apprendimento di L1 in alcuni casi ha a che vedere con quello della L2. Ma le due teorie hanno, in realtà, più punti di contrasto piuttosto che in comune. Come prima cosa viene evidenziato il fatto che secondo la teoria della grammatica universale l’apprendimento non è solo un processo di formazione di abitudini ma è guidato da principi innati che vengono riconosciuti sia all’acquisizione di L1 che di L2. In secondo luogo, l’apprendimento di L2 non è filtrato attraverso la L1.

Il concetto di interlingua si sviluppa a partire dall’esigenza di enfatizzare le possibili somiglianze tra l’acquisizione di L1 e L2 piuttosto che le differenze e sopratutto da quella di evidenziare gli errori che rendono il processo di apprendimento di una lingua paragonabile a quello di acquisizione infantile della lingua madre. Selinker nel 1972 elabora il concetto di interlingua definendola come una lingua a metà strada tra una L1 e una L2. Per lui essa è una lingua vera e propria, che segue delle regole e che nasce grazie a processi mentali ben precisi dell’apprendente. L’interlingua non è considerata una lingua stabile in quanto sempre esposta a processi di cambiamento. Ci sono vari stadi che riguardano l’interlingua infatti colui che si trova a dover imparare una

7

FLYNN, S., A parameter-Setting Model of L2 Acquisition- Experimental Studies in Anaphora, D. Reidel Publishing Company, Dordrecht, 1987, p. 54.

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nuova lingua attraversa varie fasi in cui riesce a comprendere o farsi commprendere nella lingua straniera più o meno bene. Si parla di sistema quando l’interlingua è ancora nella fase inziale ma viene comunque considerata una lingua a se stante e non una mescolanza tra L1 e L2; il sistema di interlingua si sviluppa passando per la fase dell’evoluzione in cui si formano le prime ipotesi e verifiche sul nuovo sistema linguistico; l’ultimo stadio dell’interlingua è quello della specificità in cui l’apprendente assume padronanza della seconda lingua. L’interlingua si sviluppa grazie alle conoscenze di base dell’apprendente (quindi la conoscenza di L1 e quanto sa della nuova lingua), gli input che riceve e la sua capacità linguistica.

3.2 Lingua come mezzo di integrazione

Nel working paper nr.7 rilasciato dalla Kommission für Migrations-und Integrationsforschung e dal titolo Sprache und Integration: Konzeptionelle Grundlagen und empirische Zusammenhӓnge si parla dei migranti presenti sul territorio austriaco e della loro difficoltà nell’integrazione della vita di tutti giorni e sotto ogni punto di vista: dal lavoro ai contesti sociali. Gli immigrati che vivono in Austria sono, come abbiamo già avuto modo di vedere, diversi fra loro sia perchè inseriti in contesti diversi sia perchè non provenienti dagli stessi luoghi. Uno dei modi in cui i migranti riescono ad inseririrsi all’interno della società è il lavoro ma il problema che viene presentato in questo working paper è quello della lingua. Essa, più che il lavoro o il contesto sociale in cui l’immigrato si trova, è un elemento centrale per l’integrazione. Le persone che, infatti, non conoscono la

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lingua non possono interagire con gli altri e poco conta che lavorino o abbiano a che fare con persone del posto. Prima di parlare della lingua, il working paper si sofferma sull’integrazione e distingue 4 fasi diverse di essa: la marginalità quando si ha l’inclusione all’interno del proprio gruppo etnico presente sul territorio straniero e si è integrati nella società di adozione; la segmentazione per cui si ha una integrazione nel gruppo etnico ma non nella società adottiva; l’assimilazione in cui si ha una inclusione nella società adottiva ma non nel gruppo etnico e la multipla inclusione che prevede una integrazione sia nella società di adozione sia nel proprio gruppo etnico. Nel caso della marginalità e della multipla inclusione, l’immigrato sarà biligue ovvero oltre a parlare la propria lingua madre, parlerà anche la lingua del paese di adozione. Nel caso dell’assimilazione e dell’esclusione invece l’immigrato sarà monolingue. Questi tipi di integrazione possono riferirsi a varie dimensioni:

- dimensione culturale: acquisto di conoscenze e abilità; - dimensione strutturale: inserimento in varie posizioni

(sistema scolastico o lavorativo);

- dimensione sociale: acquisizione di contatti o rapporti sociali;

- dimensione emotiva: identificazione totale.

La lingua, secondo quanto affermato all’interno del working paper, fa parte della dimensione culturale anche se si trova molto vicina a quella emotiva. Come già affermato, la lingua è un elemento fondamentale per l’integrazione dei migranti. Essa ricopre molte funzionalità ma sono tre quelle specifiche ed importanti per l’integrazione: la lingua è una risorsa preziosa, è un simbolo (che serve per definire le cose) ed è un mezzo di

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comunicazione. C’è un legame profondo sia tra la lingua e l’istruzione che tra essa e il mercato del lavoro. Il modo in cui una L2 viene appresa dai migranti dipende molto anche dagli influssi che ha: dalla famiglia, gruppo etnico.

3.3Il caso di Patrick Addai

Alla luce di quanto detto possiamo soffermarci sul caso di Patrick Addai. Egli è un autore di origine ghanese che vive in Austria e che usa il tedesco come lingua per le sue opere. Da quanto si può apprendere dalla sua biografia, l’autore arriva nel paese europeo non perchè costretto a scappare da una situazione di disagio nel proprio paese di origine quanto piuttosto per intraprendere gli studi universitari. Il fatto che la sua esperienza migratoria non derivi da motivi di necessità economica, può forse dipendere dal fatto che provenga dal Ghana, uno dei paesi più sviluppati dell’Africa. Marco Trovato, in un articolo pubblicato il 2 Novembre 2015 sulla rivista online “Africa” e dal titolo Il Ghana è un’altra Africa, afferma che l’economia di questo paese è in forte crescita così come lo è stata negli ultimi cinque anni grazie anche alle attività di export. Da qui gli europei importano cacao, legname, petrolio, pietre preziose, tonno, frutta tropicale e giovani promesse del calcio. Egli afferma che nella capitale Accra si respira aria di innovazione e non sembra di trovarsi in quel continente che tutti si immaginano come solo deserto e povertà.

Nella capitale Accra vedi fiumane di adolescenti che smanettano sui loro smartphone. Le palestre sono piene di gente che si muove al ritmo forsennato dalla musica highlife. Nei bar i giovani si assembrano attorno alle tv che trasmettono le partite della Premier League britannica.E alla sera gli studenti

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universitari si radunano in spazi comuni per condividere idee e progetti imprenditoriali da sviluppare assieme8

Patrick Addai arriva in Austria quando è gia un uomo avendo avuto modo di vivere a pieno la cultura, le tradizioni e usanze del proprio paese al quale risulta essere molto legato. La sua esperienza di migrazione sembra essere in parte diversa da quella di coloro che arrivano nei paesi stranieri spinti da guerre, fame o carestia. Egli nelle sue opere così come nelle sue interviste non parla mai della sua esperienza migratoria: nè del viaggio compiuto nè delle difficoltà trovare una volta arrivato in terra straniera. Quello che si può dedurre è che anche lui abbia riscontrato dei preconcetti e stereotipi da parte degli europei nei suoi confronti e del suo continente di origine una volta arrivato in Austria, in quanto ha dichiarato in più interviste che il suo progetto è quello di far conoscere al meglio il proprio paese di modo che possano cadere gli stereotipi che si hanno su di esso. La parte dell’Africa che viene messa in risalto nelle sue opere non è quella delle

.

Allo stesso tempo in questo articolo si afferma che c’è sempre una vasta parte della popolazione che vive in povertà e la gente continua a morire di malaria o Tbc. L’analfabetismo è ancora alto così come la disoccupazione. La corrente elettrica, dove c’è, non funziona bene. In pratica, tutti coloro che vivono lontani dalle città si trovano tagliati fuori dallo sviluppo e il divario tra città e non città risulta essere più ampio che altrove.

8

TROVATO, M., Il Ghana è un’altra Africa, in Africa- Missione e Cultura (rivista online), 2015, http://www.africarivista.it/il-ghana-e-unaltra-africa/85961/.

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città sviluppate del Ghana, ma quella povera ancora legata alle tradizioni del passato. La scelta di Patrick Addai di scrivere in L2 è necessaria poichè se scrivesse nella sua lingua di origine, l’obiettivo che ha perderebbe di significato; egli vuole che siano proprio gli austriaci i destinatari delle sue opere. Addai, inoltre, scegli di rivolgersi ai bambini e non ad un pubblico adulto. Egli scrive storie che parlano dell’Africa ma rivolgendosi ai più piccoli deve lavorare sulla L2 in modo ancora più raffinato rispetto a quegli autori che si limitano a raccontare la propria esperienza migratoria e si rivolgono ad un pubblico adulto. Addai deve utilizzare una L2 semplice e diretta con parole molto comuni e una sintassi non troppo elaborata. Questo potrebbe essere anche un vantaggio per un autore che scrive in una lingua che non è quella di origine poichè non ha bisogno di utilizzare una sintassi complicata ed inoltre non deve usare parole troppo difficili. Dal mondo in cui l’autore scrive si può dedurre che egli abbia padronanza della lingua tedesca (L2) e che quindi si trovi nell’ultima fase si interlingua ovvero quello della specificità. Si può affermare che Patrick Addai sia un autore che non appartiene al filone della letteratura migrante in quanto non usa come tema delle proprie opere la sua storia di migrazione; allo stesso tempo egli è un autore che scrive in L2 e che vuole parlare del proprio paese di origine. Per quanto affermato in precedenza egliha un bilinguismo primario e si può considerare integrato nella nuova comunità sia dal punto di vista linguistico sia da quello culturale.

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