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CAP. 6. “La Sterpaia”: esempio di azienda agro-zootecnica a indirizzo biologico

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Academic year: 2021

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CAP. 6. “La Sterpaia”: esempio di azienda

agro-zootecnica a indirizzo biologico.

L’azienda agricola “La Sterpaia” sorge nel Parco di Migliarino-San Rossore-Massaciuccoli. Quest’ultimo si estende in una vasta area di circa 23114 ettari (Cavalli, 1990) distribuita nella zona occidentale della provincia di Pisa. In virtù delle caratteristiche stesse del territorio che favoriscono soprattutto le attività legate al settore agro-forestale, è possibile trovarvi numerose aziende: infatti sono ben 9356 gli ettari adibiti ad attività agricola (64% cerealicolo- foraggiero, 23% zootecnico, 66% orticolo, 35% florovivaistico ed 1% frutticolo).

All’interno dei confini del Parco, la Tenuta di San Rossore si configura come la realtà di maggiore interesse: infatti, oltre ad essere patrimonio della comunità per il suo valore naturalistico, culturale e sociale (attività di educazione ambientale), al suo interno ritroviamo un’importante realtà produttiva agro-zootecnica ad indirizzo biologico che sorge e si sviluppa soprattutto nella zona denominata della “Sterpaia”. E’ in quest’area che nei primi del ‘900 nacque una struttura ricavata dalle grandi stalle delle vecchie scuderie reali, con attrezzature funzionali e all’avanguardia, dalla sala di mungitura, ai sistemi automatizzati di razionamento alimentare dei capi. Tale struttura fu dotata di un gruppo considerevole di bovine di razza Frisona selezionate e di alta genealogia a forte attitudine lattifera.

In seguito, a causa della sovrapproduzione a livello comunitario, dell’applicazione delle quote-latte e della crescente concorrenza del prodotto tedesco e centroeuropeo, l’azienda fu colpita da una grave crisi di mercato, che ormai si può dire avesse coinvolto l’intero Paese. Oltre alla sfavorevole congiuntura economica vi erano poi anche problematiche di organizzazione interna: le rigidità contrattuali del personale dipendente rendevano difficile una normale gestione. La proposta di una contrazione dei costi aziendali mediante la riduzione della forza lavoro, come avveniva nel settore privato, risultava improponibile come risoluzione del problema. Pertanto l’azienda decise di abbandonare l’allevamento di bovini da

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latte e attuare una riconversione, tenendo sempre conto delle peculiarità della Tenuta.

Gli elementi da utilizzare erano gli ampi spazi fruibili ed il clima favorevole, considerando il limite dato da una ridotta disponibilità di manodopera. Tale situazione indicava come alternativa alla riconversione dell’azienda quella dell’allevamento brado o semi-brado, secondo la linea vacca- vitello, così da rendere possibile lo sfruttamento delle estese aree di pascolo nell’arco di tutto l’anno, evitando così la stabulazione fissa che sarebbe risultata complessa dal punto di vista gestionale ed organizzativo, nonché come carico di lavoro, espresso dal rapporto ore-uomo/capo (Calzolari, 1990).

Nella scelta dei soggetti da impiegare in questo tipo di allevamento si tenne conto di alcune caratteristiche morfo-funzionali e “caratteriali”. Si optò quindi per l’adozione della Pezzata Rossa, basandosi sulla sua indole particolarmente tranquilla e sulla sua peculiare attitudine a svolgere il ruolo di ottima balia per i vitelli. In seguito venne introdotta la razza Limousine che fu scelta per la sua robustezza e le elevate rese al macello. Inoltre fu utilizzata per ottenere vitelli meticci, al fine di sfruttare il “valore ibrido”, cioè le migliori caratteristiche di vivacità, salute, produttività che generalmente presentano gli incroci di prima generazione rispetto ad ognuna delle razze progenitrici allevate in purezza. Da ultima venne inserita la razza Pisana soprattutto nella prospettiva di salvaguardarne il patrimonio genetico e quindi scongiurare il rischio dell’estinzione (Calzolari, 1990).

Il tipo di allevamento scelto determina un impatto limitato sull’ambiente, poiché l’alimentazione degli animali risulta basata su terreni pascolativi con scarse integrazioni a base di foraggi coltivati e con esiguo apporto chimico; non si ha una concentrazione di deiezioni liquide e solide e si evitano i conseguenti problemi di stoccaggio e di smaltimento (Calzolari, 1990).

Viste le premesse cui sopraggiungeva questa azienda si decise allora di orientare l’attività agro-zootecnica verso la produzione biologica e, trascorso il periodo necessario alla conversione, si giunse alla qualifica di Azienda Biologica certificata dall’A.I.A.B. nel giugno del 1999.

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In definitiva il settore agro-zootecnico nella Tenuta di San Rossore rappresenta un elemento di fondamentale importanza per lo sviluppo dell’attività agricola condotta secondo il metodo biologico sia a livello locale che regionale, non solo come realtà produttiva ma come vero e proprio polo sperimentale dimostrativo e conservativo. In quest’ottica si è sviluppato all’interno della Tenuta un “Centro permanente per lo sviluppo dell’agricoltura biologica” (Centro “Bio”) che è divenuto lo strumento per poter sperimentare, divulgare e promuovere i sistemi, i metodi e le produzioni del sistema biologico. Tale centro si configura come una sorta di laboratorio interdisciplinare dove diviene possibile monitorare i vari aspetti - agronomici, economici e ambientali - connessi con lo svolgimento dell’attività agro-zootecnica del parco.

Volendo attuare uno studio più settoriale e incentrando l’attenzione sul comparto zootecnico, questo contesto si configura quindi come ambiente ideale in cui condurre ricerche relative allo stato sanitario dell’allevamento. Quest’ultimo dovrà essere valutato mettendo in evidenza le problematiche che più frequentemente ricorrono in un allevamento biologico, come le malattie parassitarie, individuando i fattori che possono influenzarne l’andamento e l’incidenza a livello produttivo e sul grado di benessere degli animali.

Nel corso degli anni e col susseguirsi dei vari consigli amministrativi, il management dell’allevamento ha subito diversi cambiamenti. Infatti venne abbandonata la pratica dell’ingrasso dei vitelli e, come alternativa alla crescita fino alla maturità commerciale, fu prevista in azienda la vendita a terzi ad un’età di 6-8 mesi. Tale gestione è stata mantenuta fino al 2001, anno in cui si comprese che le potenzialità economiche legate all’allevamento biologico erano sfruttate solo marginalmente. La scelta di vendere esclusivamente vitelli da ristallo comportava solo costi per l’azienda, infatti gli animali venivano ceduti nel momento in cui, passando dall’alimentazione lattea a quella basata su prodotti di provenienza aziendale, cominciavano a realizzare un valore di trasformazione positivo. Quindi si decise che per ottenere un’adeguata produzione lorda vendibile, fosse necessario far concludere in azienda l’intero ciclo produttivo e che pertanto fosse ripristinata anche la fase dell’ingrasso (Bonari et al., 2003).

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Nell’ambito degli interventi da attuare vi era poi l’esigenza di recuperare, almeno parzialmente, il letame prodotto dagli animali nel rispetto di uno dei punti fondamentali del Regolamento CE 1804/99, che pone particolare attenzione al riciclo degli apporti organici derivanti dalle deiezioni zootecniche. Le mandrie sono state quindi trasferite dalla zona del Serchio all’area dell’Arno e si è verificato il passaggio da una forma di allevamento brado ad quello semi-brado che ha interessato il gruppo delle vacche nutrici, mentre per i vitelloni all’ingrasso sono state allestite delle apposite strutture, cioè dei box riparati da tettoie con annessi paddock che permettono il recupero del letame.

Sempre secondo l’intento di incrementare le rese produttive, nel 2003 è stato introdotto un nucleo di 14 manze di razza Chianina, al fine di immettere nell’allevamento una razza da carne italiana pregiata in grado di valorizzare la produzione della carne biologica, con indubbi vantaggi anche in ambito commerciale. Nel triennio successivo la consistenza numerica della razza è stata incrementata in modo tale che ad oggi il gruppo delle Chianine ha totalmente sostituito quello delle Pezzate Rosse.

La sostituzione della Pezzata Rossa con la Chianina si configura come una scelta appropriata sia per una questione di immagine, in quanto la razza scelta presenta legami storici con il territorio, sia perché tale linea di condotta risponde alle normative del Regolamento relativo alle produzioni biologiche animali, che privilegiano l’impiego di razze autoctone, ben adattate o adattabili alle condizioni ambientali (Brugiapaglia, 2003).

6.1. Tecniche di allevamento

Le tecniche di allevamento differiscono in base alla fase di sviluppo degli animali e a quella riproduttiva. Per quanto riguarda la gestione dell’attività riproduttiva, nell’azienda si ricorre esclusivamente alla fecondazione naturale non controllata: l’inseminazione viene infatti affidata a cinque tori, tre Limousine, un Pisano ed un Chianino. I tori Limousine vengono lasciati permanentemente nei gruppi delle fattrici e viene consentita quindi la monta per tutto l’anno: da ciò deriva che si hanno nascite distribuite nell’arco dell’intero anno con dei picchi in tardo inverno e inizio di primavera. Il toro Pisano e quello Chianino sono invece tenuti in appositi

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box ed introdotti al momento ritenuto opportuno allo scopo di programmare i parti nel momento più favorevole dal punto di vista meteorologico, quindi nei mesi primaverili. Esistono, così, tre gruppi di monta allevati in purezza ripartiti nelle tre razze d’appartenenza, le Limousine, la Mucca Pisana e la Chianina. Durante la fase dell’accoppiamento gli animali sono al pascolo e l’alimentazione viene integrata con la somministrazione di foraggi e mangimi che dall’Ottobre 2003 sono somministrati come razione unifeed (Secchiari e Pistoia, 2003).

I vitelli nascono al pascolo e restano con le madri fino allo svezzamento che avviene intorno ai sette mesi di vita. In questa fase di allattamento e svezzamento l’alimentazione dei vitelli, oltre che dal latte materno, è composta da un mangime preparato in azienda a base di farine di mais, orzo, favino.

Raggiunta l’età dello svezzamento gli animali destinati alla macellazione iniziano la fase dell’ingrasso e sono allevati al pascolo; essi però ricevono anche una razione unifeed costituita da silomais, fieno e da farine somministrate mediante mangiatoie apposite poste al pascolo. Generalmente questi animali vengono raggruppati in branchi appartenenti ad un unico sesso e possono essere lasciati al pascolo o già condotti nei box.

I capi di circa 15 mesi vengono poi messi in stalla dove rimangono fino al momento della macellazione; qui avviene la fase finale dell’ingrasso, ovvero il finissaggio. Gli animali ricevono la solita razione di unifeed ma sono posti in ricoveri di tipo “aperto”: tali strutture presentano una corsia di foraggiamento centrale e box multipli a lettiera permanente con paddock esterni (Secchiari e Pistoia, 2003). I box citati sono costruiti con un’intelaiatura di acciaio zincato con fondo in calcestruzzo di cemento rialzato dal piano di campagna di circa trenta centimetri; hanno inoltre una tettoia spiovente e totalmente aperta sui lati e presentano una fossetta per la raccolta delle deiezioni alla fine di ciascuna delle due corsie. Secondo la normativa vigente la superficie di queste strutture deve essere tale da riservare un’area minima di 9 mq per ogni bovino all’ingrasso: nella presente azienda pertanto si sono resi necessari dei lavori di rifacimento per adeguarsi alle disposizioni di legge.

Pur intervenendo nelle varie fasi dell’allevamento con integrazioni alimentari, controlli e monitoraggi volti a verificare e mantenere un buon stato sanitario e di

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benessere animale, tale azienda pone le sue basi sia pratiche che ideologiche, sullo sfruttamento della più consistente risorsa di cui la Tenuta dispone, ovvero delle ampie distese di prato-pascolo e quindi di un sistema di allevamento semi-brado.

6.2. Gestione agronomica

I pascoli sono suddivisi in nove unità della superficie di circa 9 ettari ciascuna; tali aree sono delimitate da recinzioni fisse allestite con pali di legno, reti di ferro e filo spinato. Osservando il manto erboso dei terreni pascolativi si evidenzia il problema delle piante infestanti non pabulari, tra cui ricordiamo il Cirsium arvense e la Datura stramonium, la cui elevata diffusione e vigoria riduce fortemente la superficie adibita a pascolo. La notevole prevalenza delle essenze non foraggiere può essere ricondotta ad errori nella gestione agronomica: infatti la mancata attuazione di periodici sfalci, la lontana epoca di semina (oltre 10 anni) e la scarsa rotazione dei pascoli hanno determinato un eccessivo ed irrazionale sfruttamento del pabulum erboso. Conseguentemente a ciò le essenze foraggiere meno competitive, come l’erba medica, sono state sostituite da specie più rustiche e resistenti, spesso non pabulari e che quindi non costituiscono una fonte alimentare adatta per gli animali. La mancata cura dei pascoli ha provocato addirittura problemi di ristagno invernale, in modo tale da renderlo inutilizzabile per alcuni mesi all’anno; tale situazione evidenzia quindi un deficit a livello di management agro-zootecnico.

6.3. Alimentazione dei bovini

L’alimentazione si basa fondamentalmente sul pascolo; tuttavia, viste le scarse cure cui esso è sottoposto e le carenti potenzialità nutritive del pabulum erboso, risultano necessarie alcune integrazioni alimentari. In base alle varie categorie d’animali viene somministrata una razione diversa (Tab.n.18, 19 e 20), tuttavia resta costante la composizione del concentrato che è : 22 % favino, 42 % mais, 36 % orzo.

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Peso (Kg) Concentrato (Kg/d) Silomais (Kg/d) Fieno (Kg/d) 300 2,5 1,5 Ad libitum 400 3 3 Ad libitum 500 4 2,5 Ad libitum 600 5 3 Ad libitum

Tabella n.19. Razione somministrata a manze e vitelli al pascolo Peso (Kg) Concentrato (Kg/d) Silomais (Kg/d) Fieno (Kg/d) 300-400 2 1,5-2 Ad libitum

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Tabella n.20. Razione somministrata a tori e vacche al pascolo Stagione Silomais

(Kg/d)

Fieno (Kg/d)

Periodo invernale 4-5 Ad libitum Periodo

primaverile 0 Ad libitum

La tabella n.21 fornisce la composizione dettagliata della razione somministrata in base alle categorie fisiologiche degli animali.

Tabella n.21. Composizione della razione somministrata (Gatta, 2003) Alimenti (Kg/d) Vitelli 300 kg Vitelli 400 Kg Vitelli 500 Kg Vitelli 600 Kg Manze da rimonta Vacche Insilato di Mais 7 8 9 10 6 4,5 Fieno polifita 2 3 3,5 4 3 3 Fieno medica 1 - - - 1 3 Orzo 1,2 1,5 1,7 2 1,6 -Mais 1,2 1,5 1,7 2 1,6 -Favino 0,6 0,7 0,8 1 0,8 -CaCO3 0,02 0,02 0,04 0,04 0,02 --MgO 0,015 0,015 0,03 0,03 0,015 -NaCl 0,015 0,02 0,03 0,03 0,02

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-Tabella n.22. Composizione chimica (% s.s.) e valore nutritivo di alcuni alimenti

utilizzati (Gatta, 2003)

Tenori analitici Fieno Piagge Fieno Medica Fieno

Polifita Mangime Sostanza secca (s.s.) 89,36 92,47 93,45 91,11 Proteine grezze 10,04 13,15 6,02 13,05 Lipidi grezzi 1,42 1,18 1,12 2,92 Cellulosa grezza 31,58 41,10 37,63 3,69 Estrattivi in azotati 47,84 37,62 47,90 77,17 Ceneri grezze 9,12 6,95 7,33 3,17 NDF 67,97 66,77 72,60 15,40 ADF 39,28 48,86 45,26 6,74 Cellulosa 27,40 39,37 37,53 5,46 Emicellulose 28,69 17,91 27,34 8,66 Lignina 9,85 9,06 5,82 0,21 UFL/kg s.s. 0,62 0,52 0,56 1,17 UFC/Kg s.s. 0,53 0,41 0,46 1,23

6.4. Stato sanitario degli animali

Per quanto concerne lo stato di salute delle mandrie in base all’anamnesi remota raccolta si evidenziano problemi di ectoparassitosi da mallofagi e, soprattutto, di endoparassitosi. Per tale motivo in passato soprattutto per il controllo delle strongilosi gastrointestinali si era fatto uso di farmaci di sintesi quali l’Ivomec® e il Taktick® (Perrucci et al. 2003), in particolare erano previsti due trattamenti strategici uno (Primavera) o due (Primavera e Autunno) volte all’anno. Dal 2001 al 2003 non è stato effettuato alcun trattamento antiparassitario a scopo profilattico, mentre alcuni animali sono stati sottoposti a trattamento con un farmaco attivo contro Fasciola epatica (Hapadex®). Nei mesi di maggio, luglio e novembre 2002 e marzo 2003 a tutti gli animali dell’azienda sono stati somministrati rimedi omeopatici.

In base alle informazioni fornite dal veterinario di azienda, la mandria ha avuto diversi problemi a livello della sfera riproduttiva quali aborti, ritenzioni placentari, metriti e mastiti. Sono stati inoltre riportati casi di patologie di tipo traumatico a carico della colonna vertebrale, zoppie e patologie dell’unghia. Riguardo

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all’incidenza di forme acute di minor gravità, sono da segnalare una limitata diffusione di cheratocongiuntivite infettiva sostenuta da Moraxella bovis ed alcuni casi di carcinoma squamoso.

Alcuni soggetti alla visita clinica hanno mostrato un cattivo stato di nutrizione, pelo opaco e arruffato, con visibili segni di patologie cutanee: aree alopeciche, prurito, cute ispessita. E’ stata quindi eseguita un’analisi del raschiato cutaneo in cui si è messo in evidenza la presenza di mallofagi, pertanto si è ricorsi all’uso di zolfo in polvere per via cutanea da maggio 2002 a maggio 2003. Inoltre tali problemi sarebbero già comparsi in passato e trattati con Taktik® con risultati discreti.

La problematica più evidente, tuttavia, rimane il riscontro di forme diarroiche la cui frequenza e gravità tende a variare nel corso delle stagioni, tali manifestazioni sono imputabili alla diffusione all’interno dell’allevamento di malattie parassitarie. Studi precedenti (Perrucci et al., 2003; Ciardi et al., 2004) condotti presso l’allevamento biologico “la Sterpaia” hanno evidenziato un quadro di poliparassitismo con maggior prevalenza della coccidiosi (Eimeria sp.) e della strongilosi gastrointestinale. Dal punto di vista della variazione stagionale (Tab. n.23) il periodo primaverile e autunnale sono risultati quelli con maggior prevalenza e intensità di coccidi e strongili gastroenterici. Gli ascaridi e Strongyloides papillosus hanno avuto prevalenza massima in Primavera e Moniezia sp. in autunno, mentre per Fasciola epatica e Dicrocoelium dendriticum è stato l’inverno il periodo di massima prevalenza (Perrucci et al., 2003). Per quanto riguarda le diverse classi di età considerate la prevalenza di coccidi, strongili gastroenterici, ascaridi, S. papillosus e Paramphistomidi è risultata più elevata nei soggetti giovani, mentre quella dei distomi epatici è risultata maggiore negli animali adulti (Perrucci et al., 2003).

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Tabella n.23. Prevalenza (%) delle endoparassitosi riscontrate nell’allevamento

bovino nel periodo compreso tra Maggio 2002 e Maggio 2003 (Perrucci et al., 2003). Periodo campionament o Eimeri a Sp.. SGE Neoascari s vitulorum Moniezi a Sp. Fasciola hepatic a Dicrocoeliu m dendriticum Paramphi-stomidi Maggio 2002 91,66 100 9,09 9,09 12,5 30 0 Luglio 2002 61,11 61,11 0 23,33 8,33 40 6,66 Ottobre 2002 83,3 96,66 0 23,33 8,33 40 6,66 Gennaio 2003 53,3 53,33 0 6,66 71,43 40,44 0 Marzo 2003 64,28 100 0 7,15 50 75 0 Maggio 2003 53,41 82,05 5,13 5,13 42,85 28,57 12,82

In base alla razza d’appartenenza(Tab. n. 24) è stata notata una prevalenza maggiore dei coccidi nella Limousine (72%) e minore nella Pisana (56,3%). Gli strongili gastrointestinali, invece, non hanno presentato differenze sostanziali di percentuale nelle varie razze (da 87,5 a 92,5%). Ascaridi, Moniezia sp. e S. papillosus sembrano interessare solo le Limousine (Perrucci et al., 2003). Il riscontro di F.hepatica è stato maggiore nei bovini di razza Pisana, seguiti dai Limousine, mentre la situazione inversa è stata evidenziata per il D. Dendriticum per cui la prevalenza è risultata maggiore per i soggetti di razza Limousine (66,7%) seguiti da quelli di razza Pisana (40%). Tutti i campioni analizzati hanno dato inoltre risultato negativo per Dyctiocaulus viviparus.

Tabella n. 24. Prevalenza (%) media delle endoparassitosi riscontrate nelle

diverse razze presenti nell’allevamento bovino.

Razza Eimeria sp. SGE

Neoascari s vitulorum Moniezi a sp. Fasciola hepatic a Dicrocoeliu m dendriticum Paramphi-stomidi Limousin e (L) 72 91,6 6 11,1 11,1 66,7 16,7 Pisana (P) 56,3 87,5 0 0 100 40 20 Pezzata Rossa (PR) 54,5 90,1 0 0 0 1/1 1/1

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Incroci

L ×PR 85 92,5 2,5 22,5 12,5 28,6 30

E’ necessario ricordare in questa sede che la mancanza di dati relativi alla razza Chianina è dovuta alla sua assenza in allevamento durante lo svolgimento degli studi suddetti, infatti è stata introdotta solo successivamente, andando a sostituire i capi di Pezzata Rossa e gli incroci Limousine × Pezzata Rossa.

6.5. Razze e parchi

L’impulso dato dalle tendenze economiche degli ultimi decenni ha determinato lo sviluppo di aziende fortemente orientate alla massimizzazione delle produzioni e all’incentivazione di un modello di allevamento prettamente intensivo. La crescente richiesta di elevate produzioni ha contribuito alla diffusione di aziende sempre più specializzate, la cui attività risulta fondata sull’impiego di razze cosmopolite, appositamente selezionate per ottimizzare le rese produttive, acquistando un chiaro predominio numerico. Con l’affermarsi di questo modello, le razze locali, caratterizzate da attitudini produttive più diversificate, si sono profondamente ridimensionate e la loro riduzione in molti casi è risultata particolarmente grave. Nasce quindi l’esigenza di delineare un quadro di azioni volte alla salvaguardia di un patrimonio zootecnico che rappresenti una ricchezza sia per la diversità genetica delle razze, sia per le tradizioni a cui tali realtà produttive sono legate. Tra gli interpreti degli interventi a favore dell’allevamento delle razze autoctone assumono un ruolo importante gli Enti Parco (Fortina, 2001). Per quanto riguarda l’allevamento nei parchi, la Legge 349/91 non definisce una linea guida per tale attività, ma da essa si può evincere la volontà del Legislatore a incentivare una zootecnia in grado di svilupparsi secondo tecniche tradizionali o innovative, ma sempre rispettose e compatibili con la conservazione delle risorse naturali. La maggior parte delle razze allevate o presenti nei parchi italiani appartiene a tipi genetici a discreta o ampia diffusione nazionale. Ma è la presenza di razze autoctone a limitata diffusione che può costituire un particolare motivo di interesse per un’area protetta. Accanto agli obbiettivi di conservazione del germoplasma animale, un parco può e deve incentivare la permanenza di tali razze

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sul proprio territorio, nel tentativo di realizzare un modello di zootecnia compatibile con gli obbiettivi di tutela dell’ambiente e di fornire un reddito agli allevatori mediante la produzione e commercializzazione di prodotti tipici e locali, in grado cioè di valorizzare le microeconomie locali (Fortina, 2001).

6.6. Le razze bovine del Parco di San Rossore

6.6.1

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Razza Pisana

Origine. La “Mucca” Pisana deriva dall’incrocio della razza Bruna Alpina con popolazioni locali e in seguito con soggetti di razza Chianina, Olandese e Durham. La zona d’origine della Pisana corrisponde al comprensorio di S. Rossore, S. Giuliano Terme, Pontasserchio e Migliarino Pisano, mentre dalla metà del XVIII secolo si è diffusa fino a Fucecchio, S. Miniato e Capannoli (APA Pisa, 2006). La consistenza del patrimonio zootecnico di questa razza ha subito un importante depauperamento, infatti dai 20000 capi di inizio secolo, siamo scesi alle 60 unità degli anni ‘80. Pertanto la razza Pisana è stata inserita dalla FAO nell’elenco delle 14 razze bovine italiane a rischio di estinzione (Fortina, 2001). Ad oggi grazie ad un piano di intervento sostenuto dalla Regione Toscana, dall’APA di Pisa in collaborazione con l’Ateneo pisano ed il Parco Migliarino-San Rossore è stato dato impulso al recupero e alla salvaguardia della razza, permettendo di raggiungere una consistenza numerica di circa 300 capi. Infatti dal 1985 è stato istituito il Registro Anagrafico delle popolazioni bovine autoctone e gruppi etnici a limitata diffusione. Tale registro è nato al fine di salvaguardare le razze bovine minacciate di estinzione che risultano allevate in Italia e per la tutela dei loro patrimoni genetici (APA Pisa, 2006).

Caratteristiche. E’ una razza rustica, adattabile a regimi alimentari poveri. Presenta un mantello di colore bruno scuro, con spigatura di color fomentino chiaro sul dorso, mucose e musello neri con alone bianco. In genere hanno una conformazione armonica, sono soggetti di statura medio-alta e di taglia media (APA Pisa, 2006).

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6.6.2. Razza Chianina

Origine. La presenza degli animali bovini in Valdichiana è legata alle operazioni di bonifica e risanamento della valle dei secoli XVIII e XIX. Tra le ipotesi della sua origine sembra avvalorata quella, fondata su reperti storici, quali antiche sculture e pitture, che la vede come razza autoctona quanto meno esistente da tempo immemorabile. Infatti la Chianina è conosciuta ed apprezzata fin dall’ antichità: già gli Etruschi e i Romani usavano animali dal candido manto nei cortei trionfali e per i loro sacrifici agli Dei; probabilmente tali bovini bianchi e grandi furono i progenitori degli attuali bovini della Valdichiana (Balasini, 2000; Monetti, 2001). Ancora, secondo alcuni studiosi (Balasini, 2000), la testa di toro scolpita sopra un’ara romana del I sec. d.C., rinvenuta nei pressi di Asciano (Comune confinante con la Valdichiana) ed il toro italico che figura nel rame manufatto nel Lazio ai primi del sec. IV a.C. sono due riproduzioni di un animale che per le sue caratteristiche morfologiche è molto somigliante al Chianino (sito n°). Nel secolo scorso, dopo il completamento della bonifica della Valdichiana, l’allevamento della “Chianina” ebbe un notevole sviluppo e diffusione, tanto da divenire una delle razze più pregiate d’Italia. Nello stesso periodo fu avviato un importante lavoro di selezione morfologica a cura dell’ Istituto di Zootecnia dell’Università di Firenze, divenuta oggi selezione geno-morfo-funzionale curata dall’ Associazione Allevatori Bovini Italiani da Carne allo scopo di migliorare l’attitudine alla produzione di carne. Questa razza, insieme alla Podolica, alla Maremmana, alla Marchigiana ed alla Romagnola, è tutelata dal marchio “5R”, marchio di qualità gestito dal Consorzio Produttori Carne Bovina Pregiata delle Razze Italiane, il C.C.B.I. (Decreto del Ministero dell’ Agricoltura e Foreste del 5.07.84). Il Consorzio ha istituito per la tutela di tre razze presenti nell’Italia centrale - Chianina, Marchigiana e Romagnola - il disciplinare di produzione dell’Indicazione Geografica Protetta “Vitellone Bianco dell’ Appennino Centrale”, ai sensi del regolamento Comunitario 2081/92 (Ranucci et al., 2005).

Caratteristiche. Pur essendo una razza di grande taglia (i tori misurano fino a 1,80 m al garrese), l‘armonia delle proporzioni e la correttezza delle forme conferiscono eleganza e dignità alla razza. L’animale, infatti, colpisce subito per l’imponente mole, la lunghezza e l’altezza del tronco, senza traccia di

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grossolanità, con ridotte dimensioni della testa e finezza dello scheletro. Di solito mostra un temperamento docile, senza segni di nervosismo o aggressività.

Caratterizzano la razza gli elevati incrementi giornalieri in peso vivo che, nei giovani maschi, possono raggiungere e superare i 2 kg/giorno (www.anabic.it/libro genealogico/consistenze.it; www.anabic/servizio -tecnico/standard di razza.it). Nei soggetti adulti è facile trovare tori che superano i 1600 kg e vacche di oltre 1000 kg. La resa al macello dei vitelloni di 500-600 kg di peso vivo (12-15 mesi) è in media superiore al 60% ed il rapporto quarto anteriore/quarto posteriore è circa 1/1. E’ una razza considerata adatta anche per l’ incrocio con vacche di razze da carne e da latte. Come razza incrociante per la produzione di meticci da macello, infatti, i tori Chianini hanno dato ottimi risultati tecnici sia in campo nazionale che internazionale. I “meticci” dimostrano la stessa capacità di accrescimento e conversione dei soggetti puri, e risultano “maturi” per la macellazione almeno un mese prima.

Il mantello è bianco porcellana gradazioni grigie diffuse nelle parti anteriori del corpo dopo l’anno d’età, mentre i vitelli nascono di color fomentino. Devono risultare pigmentate le seguenti parti: ciglia e margine libero delle palpebre, mucose orali, regione perivulvare e perianale, nappa della coda, fondo dello scroto, musello, unghielli e punta delle corna. Il mantello a peli bianchi su cute pigmentata determina una buona resistenza alle radiazioni solari ed una notevole tolleranza alle alte temperature. La cute infatti deve essere sottile, in quanto la finezza della pelle, oltre ad incidere sul valore commerciale della carcassa, è importante per garantire una corretta termoregolazione. La testa è leggera, espressiva con profilo frontonasale rettilineo, musello ampio e occhi vivaci. Le corna sono corte, sottili a sezione ellittica, dirette lateralmente ed in avanti. Il cranio è leggero, armonicamente inserito al collo, con profili rettilinei, pelle tesa che permette di evidenziare la scultura fine delle ossa cranio-facciali. I masseteri sono sviluppati, il musello è ampio e ben disegnato. Gli occhi sono neri, vivaci, gli orecchi ampi portati orizzontalmente e forniti di peli lunghi e fini. Il collo è forte e muscoloso, ricco di fini pliche cutanee, armonicamente inserito con le regioni contigue. Solitamente è muscoloso ed il toro presenta una gibbosità che ne evidenzia la mascolinità già in età giovane. La giogaia è leggera e mai troppo

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pronunciata o lassa. La spalla deve essere ampia per costituire una base estesa per i muscoli che vi si attaccano, ben aderente al tronco senza rilasciamento quindi dei muscoli della cintura toracica. Il garrese deve essere largo e muscoloso. A livello del dorso deve avere un particolare sviluppo il lunghissimo del dorso per i tagli che se ne ricavano, così come i lombi che devono essere muscolosi, larghi, lunghi, ben attaccati a dorso e groppa. Il petto deve essere ampio e potente, poiché l’ampiezza del petto contribuisce ad aumentare la cavità toracica.

Il torace deve presentare un costato ben arcuato. I fianchi devono essere ampi, la groppa molto estesa, sviluppata sia in larghezza sia in lunghezza e molto muscolosa poiché fornisce tagli di prima qualità. La natica deve essere marcatamente convessa. Gli arti anteriori e posteriori devono essere in appiombo perfetto e poggiare su piedi solidi e forti con garretto asciutto. Lo stinco deve esprimere finezza scheletrica. Il piede è caratterizzato da unghioni ben serrati ma soprattutto con talloni arti. La pastoia è forte, corta e ben diretta.

E’ considerata una razza a duplice attitudine, da lavoro e da carne, ma attualmente è impiegata per la produzione di carne ed il processo selettivo é orientato verso la precocità di sviluppo ed il maggior rendimento dei tagli più pregiati, in particolare della regione dorso-lombare, dalla quale si ottengono le rinomate “bistecche alla fiorentina”. Quando l’animale sia stato ben alimentato ed allevato, la carne è pregevole per le caratteristiche di finezza delle fibre e per la marezzatura.

6.6.3. Razza Limousine

Origine. E’ originaria del Limousine (provincia di Limoges) ad ovest del Massiccio Centrale, zona caratterizzata da un clima piuttosto ostile, caratterizzato da estati calde, inverni rigidi e piogge abbondanti (sito n°). Tale razza molto robusta e ben adattabile ha una notevole facilità di acclimatamento, tanto da essere ampiamente allevata anche fuori dal paese di origine. In passato era razza a duplice attitudine (lavoro e carne); in seguito, grazie ad un’opera di selezione, è stata resa più idonea alla produzione di carne. In Francia è la seconda razza da carne dopo la Charolaise (Balasini, 2000). Viene, infatti, allevata soprattutto al

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pascolo. Nel 1987 viene fondata in Italia l’Associazione Nazionale Allevatori Charolaise e Limousine, l’A.N.A.C.L.I.

Caratteristiche. I soggetti di questa razza sono animali robusti, energici, resistenti e rustici. Presentano mantello di colore fromentino più chiaro nelle regioni ventrale e perineale; attorno agli occhi e al musello è evidente un alone decolorato, le mucose sono depigmentate e rosee, le corna sono più chiare di lunghezza media e rivolte in avanti. Sono animali di statura media e peso vivo elevato: le femmine arrivano infatti a 6, 5-8 q.li e i maschi a 10-12 q.li (Balasini, 2000; Monetti, 2001).

Figura

Tabella n.19. Razione somministrata a manze e vitelli al pascolo Peso (Kg) Concentrato(Kg/d) Silomais(Kg/d) Fieno (Kg/d) 300-400 2 1,5-2 Ad libitum
Tabella n.21. Composizione della razione somministrata (Gatta, 2003) Alimenti (Kg/d) Vitelli300 kg Vitelli400Kg Vitelli500Kg Vitelli600Kg Manze da rimonta Vacche Insilato   di Mais 7 8 9 10 6 4,5 Fieno polifita 2 3 3,5 4 3 3 Fieno medica 1 - - - 1 3 Orzo 1
Tabella n.22. Composizione chimica (% s.s.) e valore nutritivo di alcuni alimenti
Tabella n.23. Prevalenza (%) delle endoparassitosi riscontrate nell’allevamento

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