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Presentazione tipica Urgenze dell’aorta addominale 37

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Academic year: 2022

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Urgenze dell’aorta addominale 37

PAULN. ROGERS

Dolore addominale/posteriore ed ipotensione = rottura di un AAA (aneurisma dell’aorta addominale), fino a prova contraria.

Le corsie di Urologia ed Ortopedia sono un cimitero di pazienti con rottura di un AAA.

Presentazione tipica

Di solito non è difficile diagnosticare un aneurisma dell’aorta addominale (AAA) fissurato. È tipico in questi pazienti un esordio acuto con dolore lomba- re, dolore addominale e collasso associato ad ipotensione. All’esame clinico la presenza di una massa addominale pulsante conferma la diagnosi. In questo caso, il paziente è portato direttamente in sala operatoria: l’unico ritardo è dovu- to alle prove crociate di compatibilità trasfusionale che però si fa solo in pazien- ti stabili.

Presentazione atipica

Non è raro comunque che vi possa essere difficoltà a fare diagnosi e ciò per- ché ad es. il paziente al momento del ricovero può presentarsi normoteso e senza una storia di collasso. L’unico indizio può essere la presenza di dolore aspecifico dorso-lombare o all’addome. La massa pulsante può non essere palpabile. I pazien- ti con rottura di un AAA sono spesso obesi; i pazienti più magri tendono ad accor- gersi della presenza di un AAA e si ricoverano di solito tempestivamente per sotto- porsi ad un intervento in elezione. La fissurazione di un AAA può essere scambia- ta per una “colica ureterale”, ma l’assenza di ematuria microscopica dovrebbe far riflettere, considerando la possibilità che responsabile dei sintomi possa essere un AAA. Diciamocela tutta chiaramente, cerchiamo di evitare di prendere cantonate, la presenza di un AAA deve essere sempre sospettata, soprattutto poi per prevenire una mancata diagnosi di AAA fissurato. In determinati soggetti, soprattutto uomi- ni di mezza età e anziani, se il dolore addominale o dorso-lombare è significativo ed inspiegabile e si manifesta acutamente, deve essere eseguita una ecografia o una TC per escludere la presenza di un AAA.

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Il dilemma diagnostico

Un altro dilemma diagnostico riguarda quei pazienti a cui è stata fatta dia- gnosi di aneurisma e che si presentano con dolore addominale o dorso-lomba- re: tale sintomatologia può essere o meno correlata all’aneurisma stesso e una piccola, contenuta e “foriera” perdita dall’aorta aneurismatica può determinare dolore senza determinare instabilità emodinamica. L’esame obiettivo può non dare risultati utili poiché l’aneurisma può essere completamente silente e per tale motivo, essere ad alto rischio di un ulteriore episodio emorragico, questa volta, improvviso e catastrofico. È importante che questi pazienti vengano identificati accuratamente e che siano sottoposti ad intervento prima che si verifichi una emorragia maggiore potenzialmente letale. Il problema è che i sintomi potreb- bero avere in realtà, anche un’altra causa, ad esempio una banale lombalgia da sforzo non correlata all’aneurisma e, in questi casi, eseguire un intervento non è nel miglior interesse del paziente, soprattutto se è in cattive condizioni generali.

Operare tempestivamente i pazienti che richiedono l’intervento e non operare quelli che non lo richiedono: è un dilemma difficile, a volte anche per i chirur- ghi più esperti.In questo caso, una TC d’urgenza evidenzia l’AAA ed identifica una eventuale piccola raccolta perianeurismatica associata – il più delle volte nel retro-peritoneo. Comunque, in generale, in tali situazioni, è più sicuro sbagliare operando molti pazienti che operandone molto pochi.

Chi deve essere operato?

Un’utile regola pratica è che le probabilità di sopravvivenza dei pazienti con rottura di un AAA sono direttamente proporzionali alla pressione ematica rilevata al ricovero.È raro che un paziente con shock sopravviva; certo, può sopravvivere all’intervento, ma di solito non lascia l’ospedale passando dalla porta principale. Per tale motivo molti ritengono che operare pazienti con rottura di un AAA associata a shock sia una inutile perdita di risorse. Esiste poi anche un altro punto di vista:

procedere all’intervento, a meno che il paziente non sia chiaramente “agonizzante”

o sia affetto da qualche malattia incurabile. Potreste riuscire a salvare qualche vita ed ottenere così una maggiore esperienza che vi potrebbe esser utile a salvare altri pazienti con una rottura di AAA! Quale atteggiamento comportamentale seguire è una decisioine del singolo chirurgo. Ci può essere di aiuto nel prendere le dovute decisioni una sorta di sistema a punteggio: i cosiddetti criteri di Hardman correla- no la presenza di diverse variabili facilmente determinabili, alla probabilità di sopravvivenza ad un intervento per rottura di un aneurisma.

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I criteri di Hardman1

✓ Età >76

✓ Storia di stato di incoscienza

✓ Emoglobina <9,0 g/dl

✓ Creatinina >190 µmol/l

✓ Evidenza all’ECG di ischemia

Se sono presenti 3 o più criteri la mortalità è del 100%

Se sono presenti 2 criteri la mortalità è del 72%

Se è presente soltanto 1 criterio la mortalità è del 37%

Non è possibile riempire un secchio bucato.

L’intervento

Una volta fatta diagnosi di rottura aortica o se una rottura è fortemente sospetta, il paziente deve essere portato velocemente in sala operatoria, senza alcun ritardo. Non preoccupatevi di inserire ulteriori vie venose o di somministrare altri liquidi ev poiché ciò che immetterete ritornerà fuori e, aumentando la pressione arteriosa, aumenterete l’emorragia.L’obiettivo è stabilizzare l’ipotensione con la rianimazione volemica.

Preparazione 왘“Preparate e posizionate i telini” per l’intervento mentre l’e- quipe anestesiologica predispone le adeguate linee di monitoraggio. Non fategli perdere tempo con l’inserimento di aggeggi inutili come un catetere in arteria pol- monare. L’anestesia non deve essere indotta fino a quando non sarete pronti a pra- ticare l’incisione; non di rado la somministrazione di miorilassanti all’induzione ed il successivo rilassamento della parete addominale sono sufficienti a provocare un ulteriore sanguinamento dell’aneurisma con immediato collasso emodinami- co.Ricordatevi: il clampaggio dell’aorta prossimale all’aneurisma è la cosa più importante.

Incisione왘Aprite l’addome con una lunga incisione mediana, dalla xifoide ben oltre l’ombelico. A volte, è necessario estendere ulteriormente l’incisione per giungere alle arterie iliache distali. Tuttavia, nella maggior parte dei casi, per inse- rire una semplice protesi aortica, basta l’incisione sopra descritta.

1Hardman DT, Fisher CM, Patel MI, Neale M, Chambers J, Lane R, Appleberg M (1996) Ruptured abdominal aortic aneurysms: who should be offered surgery? J Vasc Surg 23:123–129.

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Controllo prossimale 왘Appena entrati in cavità peritoneale, la diagnosi è immediatamente confermata dalla presenza di un esteso ematoma retro-peritonea- le. La prima cosa da fare è ottenere il controllo dell’aorta prossimale all’aneurisma.

A questo punto, nella maggior parte dei pazienti stabili (con perdita retro-perito- neale contenuta), c’è tempo di raggiungere l’aorta al di sopra dell’aneurisma, appe- na al di sotto delle arterie renali. Nei pazienti instabili, deve essere ottenuto un rapi- do controllo del sanguinamento aortico, raggiungendo l’aorta appena al di sotto del diaframma e applicandovi temporaneamente una clamp fino a che non viene pre- parata l’aorta infra-renale.

Controllo dell’aorta sotto-diaframmatica 왘Vi ricordate come eseguire una vagotomia tronculare? Certo che no! Perciò state attenti! Incidete il legamento fre- no-esofageo sopra l’esofago (potete palpare il sondino naso-gastrico al di sotto).

Con il dito indice mobilizzate, con dissezione per via smussa, l’esofago verso destra;

a questo punto lasciate perdere l’emostasi, sentirete l’aorta che pulsa a sinistra del- l’esofago, dissecate sempre con l’indice su entrambi i lati dell’aorta fino a sentire la colonna vertebrale. Applicate una clamp aortica perpendicolarmente, spingendola

“sopra” la colonna vertebrale. Lasciate delle grosse pezze a scopo emostatico e pro- cedete come descritto sotto.

Controllo dell’aorta infra-renale 왘Ritornando alla questione dell’isolamento del colletto aortico, il principio più importante da osservare è quello di non

“disturbare” l’ematoma retro-peritoneale mentre si cerca di controllare l’aorta prossimale. Una volta entrati nel retro-peritoneo a livello del colletto aneurisma- tico, usate il vostro dito o la punta della cannula di aspirazione per praticare una dissezione smussa ed identificare ed isolare il “colletto” dell’aneurisma. Quando lo avrete identificato, spingete in basso entrambi i lati dell’aorta fino a raggiun- gere i corpi vertebrali. Non tentate di circondare l’aorta con una fettuccia.

Applicate una clamp perpendicolarmente sull’aorta in direzione antero-posterio- re con le punte delle ganasce appoggiate sui corpi vertebrali. Posizionare la clamp sarà più facile se starete con l’indice ed il medio della vostra mano (non domi- nante) su entrambi i lati dell’aorta così da poter palpare i corpi vertebrali, fate quindi scivolare le ganasce aperte lungo il dorso delle dita fino a che la clamp non raggiungerà la posizione corretta. A questo punto potete rimuovere la clamp sot- todiaframmatica.

Colletto iuxtarenale 왘A volte, l’aneurisma si estende vicino all’origine del- le arterie renali. In questo caso, il colletto dell’aneurisma è nascosto dalla vena renale sinistra che può essere stirata anteriormente. Dovete fare molta attenzio- ne a non danneggiarla. La vena può essere sezionata per facilitare l’accesso al colletto aneurismatico, mobilizzandola molto delicatamente dall’aorta sotto- stante. Deve essere legata il più vicino possibile alla vena cava (quanto lo per- mette la prudenza). Se ci riuscite potete legare la vena senza problemi, senza mettere in pericolo il rene poiché il drenaggio venoso collaterale avverrà attra- verso le anastomosi surrenaliche e gonadiche.Come capire di aver ottenuto un

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efficace controllo prossimale? Semplice – l’ematoma retro-peritoneale smette di pulsare! Se pulsa significa che la clamp non è posizionata correttamente.

Riposizionatela!

Controllo distale 왘Spesso il passo successivo, che prevede la dissezione per identificare le arterie iliache comuni, è quello più difficile. In normali circostanze, la pelvi è la zona in cui l’ematoma retroperitoneale si è maggiormente esteso e le arterie iliache sono nascoste al suo interno. È difficile localizzare le arterie non solo perché sono ricoperte dall’ematoma, ma anche perché il chirurgo non può essere guidato dalle pulsazioni dato che l’aorta è clampata prossimalmente. Tuttavia, nel- la maggior parte dei pazienti, la presenza di un ateroma sui vasi rende possibile la palpazione in profondità dell’ematoma. Anche in questo caso, l’utilizzo di una can- nula di aspirazione facilita l’isolamento dei vasi iliaci. Altrimenti, cercate all’inter- no dell’ematoma con le dita e “pescate” i vasi iliaci. Così come per l’aorta, non cer- cate di circondare i vasi iliaci con una fettuccia perché, inevitabilmente, dannegge- reste le vene iliache, provocando un disastro. È sufficiente “ripulire” la faccia ante- riore e laterale dei vasi iliaci ed applicare una clamp in direzione antero-posteriore come abbiamo descritto prima.

Alternativa – Controllo con palloncino 왘Dopo aver ottenuto il controllo pros- simale e nel caso in cui i vasi iliaci siano immersi in un gigantesco ematoma, pote- te rapidamente aprire il sacco aneurismatico ed inserire un Foley o un grosso cate- tere di Fogarty in ogni arteria iliaca, gonfiando i palloncini per ottenere un con- trollo distale temporaneo.

Sostituzione dell’aorta 왘Una volta ottenuto il controllo prossimale e distale, incidete il sacco aneurismatico longitudinalmente. Rimuovete il trombo e control- late il sanguinamento refluo delle arterie lombari pervie e dell’arteria mesenterica inferiore suturandole dall’interno del sacco aneurismatico.

Per facilitare questa manovra ed i tempi successivi dell’intervento, posizio- nate nel sacco aneurismatico un piccolo divaricatore autostatico che ne divaricherà i margini. La percentuale dei pazienti in cui la sostituzione dell’aorta è eseguita con una semplice protesi retta aorto-aortica, varia ampiamente a seconda dei chirurghi e dei centri.Riteniamo che nella maggior parte dei pazienti la protesi aorto-aortica possa essere inserita con successo.Uno dei vantaggi è che limitando la dissezione della pelvi, minimizziamo il rischio di lesionare le vene iliache e anche il plesso nervoso autonomo pelvico. Inoltre è poco sensato allungare i tempi operatori di un intervento – che è già di per sé difficile – per inserire, senza motivo, una pro- tesi biforcata. È ovvio che in certe circostanze l’inserimento di una protesi retta non è indicata – ovvero quando il paziente ha una malattia aorto-iliaca occlusiva, quando le arterie iliache sono anch’esse notevolmente aneurismatiche o quando la biforcazione è così ampia che gli orifizi delle arterie iliache comuni sono notevol- mente separati.

State attenti quando preparate l’aorta per l’inserimento della protesi.

L’incisione longitudinale nel sacco aneurismatico deve essere completata con una

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incisione trasversale così che l’incisione diventi una T ad entrambe le estremità. I bracci della T ad ogni estremità non devono estendersi per più del 50% della cir- conferenza dell’aorta normale.

Suturate la protesi in situ con monofilamento utilizzando la tecnica a para- cadute. Questo vi permetterà di visualizzare chiaramente il posizionamento dei singoli punti posteriori. Fate delle grosse prese sulla parete aortica posteriore poi- ché, in questi casi, i tessuti sono spesso molto fragili. Inoltre, le perdite ematiche che si verificano dopo il completamento dell’anastomosi sono – come si sa – dif- ficili da riparare se localizzate posteriormente. Una volta completata l’anastomo- si anteriore, applicate una clamp sulla protesi subito al di sotto dell’anastomosi e rilasciate la clamp sull’aorta. Se ritenete che non vi siano perdite significative all’e- stremità superiore, occupatevi dell’anastomosi distale che è confezionata in maniera simile a quella prossimale. Controllate – naturalmente prima di comple- tare l’anastomosi distale – il flusso refluo dai vasi iliaci! La protesi poi deve esse- re ripulita dal materiale trombotico residuo con soluzione fisiologica e con uno o due “flush” dall’aorta. Se non c’è un buon flusso refluo può essere necessario inserire nei vasi iliaci dei Fogarty per controllare che non vi siano coaguli intra- vasali. Una volta completata l’anastomosi distale e verificato che sia sicura, rila- sciate una ad una le clamp iliache permettendo di compensare l’ipotensione pri- ma di rimuovere la seconda clamp. L’equipe anestesiologica apprezzerà se voi l’av- vertirete per tempo della rimozione delle clamp, permettendogli così di avvan- taggiarsi con il reintegro dei liquidi. In questo stadio, un inadeguato ripristino dei liquidi determinerà una ipotensione significativa al momento del rilascio delle clamp iliache.

Qualche parola sull’eparina 왘Chiaramente non è saggio somministrare epari- na sistemica prima del cross-clamping in pazienti con emorragia imponente per rottura dell’aorta. Tuttavia, nei pazienti operati per una sospetta rottura e in cui tale rottura non sia stata riscontrata all’intervento, allora è necessario eseguire una epa- rinizzazione sistemica seguendo le normali abitudini del chirurgo. È permesso inol- tre di eparinizzare localmente i vasi iliaci dopo aver aperto il sacco aneurismatico e controllato il flusso refluo da piccoli vasi.

Ogni vaso iliaco può essere lavato con soluzione fisiologica eparinizzata pri- ma di riapplicare le clamp iliache. Non vi è consenso unanime sul bisogno di ese- guire questa pratica e nella maggior parte dei pazienti è inutile.

Chiusura dell’addome 왘La presenza di un esteso ematoma retroperitoneale e l’edema viscerale causato dallo shock, da una reidratazione massiva, dalla riperfu- sione ed esposizione, di solito determina un grave aumento della pressione endo- addominale che diviene manifesta dopo la chiusura dell’addome. Piuttosto che chiudere esercitando una eccessiva tensione, adottate la chiusura addominale tem- poranea (vedi Cap. 36) e chiudete l’addome nei giorni seguenti.È di fondamen- tale importanza per la sopravvivenza di pazienti fisiologicamente compromessi evitare una sindrome compartimentale addominale in cui un danno ulteriore potrebbe essere la goccia che fa traboccare il vaso.

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Negli interventi d’urgenza per AAA la semplicità dell’intervento stesso è la chiave per garantire la sopravvivenza: ottenere un controllo rapido ed atraumati- co, evitare di danneggiare grosse vene, inserire protesi rette (aorto-aortiche), limi- tare la perdita ematica ed eseguire l’intervento rapidamente.

Molti dei pazienti che arrivano in sala operatoria sopravvivono all’intervento per poi morire nel post-operatorio, di solito per patologie mediche associate, come un infarto del miocardio. Dunque per ottenere un buon risultato ci vogliono un eccellente trattamento in Terapia Intensiva e un intervento eseguito da chirurghi competenti.L’intervento è soltanto metà della battaglia.

Nella rottura di un AAA, l’intervento è di solito l’inizio della fine – con la fine che arriva dopo l’intervento (Fig. 37.1).

Occlusione aortica

Questa emergenza è caratterizzata da ischemia acuta degli arti inferiori con comparsa di marezzature nel tronco inferiore. Si verifica per 3 motivi:

Embolo a sella. Un grosso coagulo di origine cardiaca, occlude la biforcazio- ne aortica. In quasi tutti i casi i pazienti presentano segni di fibrillazione atriale o una storia recente di infarto acuto del miocardio.

Trombosi aortica. Il paziente probabilmente ha una storia di pre-esistente arteriopatia aorto-iliaca. A volte, in pazienti critici, tale disastro si verifica inaspet- tatamente per altre ragioni. Ad esempio, in caso di un ateroma pre-esistente, una

Fig. 37.1. AAA: esito frequente…

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grave disidratazione può creare una “ispissatio sanguinis” con trombosi dei grossi vasi. Una patologia maligna può determinare una trombosi intra-arteriosa.

Dissezione aortica. Sospettatela nel caso di storia di dolore interscapolare o toracico associato ad ipertensione. Valutate se vi sono altri deficit di pulsatilità o segni di ischemia viscerale che suggeriscano un coinvolgimento di altri rami aortici.

Trattamento

Dipende dall’eziologia e dalla presenza di rilevanti patologie di base. Spesso l’embolia può essere semplicemente gestita con una embolectomia bilaterale tran- sfemorale in anestesia locale. Una trombosi su un ateroma pre-esistente è un pro- blema più difficile: è improbabile che una trombectomia con catetere dia risultati positivi, sia a breve che a lungo termine. Se il paziente è in buone condizioni (il che è improbabile) può essere indicato un bypass aorto-femorale. È più probabile che possa essere realizzabile un bypass extra-anatomico (axillo-femorale), sempre se si ritenga non presente una patologia di base che possa causare il decesso del pazien- te nell’immediato futuro. Spesso questi pazienti non sono idonei ad un intervento e una trombosi aortica è il segno che la fine è vicina.

La dissezione aortica è una patologia complessa ed il suo trattamento è varia- bile. Il punto chiave è il controllo della ipertensione e la risoluzione dell’occlusione dei vasi maggiori mediante la “fenestrazione” endovascolare della dissezione. I det- tagli di tale terapia esulano dalla portata di questo libro.

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