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Da ex-utenti Caritas a una vita normale: le storie di chi ''è uscito dal tunnel''

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POVERTÀ 12.3315/10/2007

Da ex-utenti Caritas a una vita normale: le storie di chi ''è uscito dal tunnel''

Per gli stranieri uscire dalla povertà coincide con l'arrivo di casa e lavoro, per gli italiani la svolta ''non è mai rappresentato dal solo fattore economico''. Il ''modello'' Caritas: aiuto concreto e sostegno psicologico

ROMA - Uscire “definitivamente” dallo stato di povertà è possibile, lo dimostrano le esperienze di 124 ex-utenti delle Caritas diocesane in Italia (53 italiani e 71 stranieri). La Caritas ha raccolto le loro storie per capire come si esce dalla povertà e dall’esclusione sociale. “Il punto di svolta - sottolinea - non sempre è connotato in termini positivi: in alcuni casi gli

avvenimenti-chiave si riferiscono infatti ad eventi di matrice negativa come lutti

o licenziamenti, ma che, in virtù del loro forte impatto sociale e psicologico sul soggetto, hanno determinato una inversione di rotta nella propria biografia personale".

La situazione appare diversa tra stranieri e italiani. Se infatti per i primi il “punto di svolta” più frequentemente si riferisce al tema del lavoro, tra cui l’essere riusciti ad “avviare una attività imprenditoriale in proprio”, per gli italiani "non è mai rappresentato dal solo fattore

economico". Per gli stranieri il cambiamento arriva quando si concretizza la possibilità di sviluppare una professionalità autonoma, “una risposta efficace, che migliora l’autostima della persona e mitiga alcuni degli effetti negativi determinati dall’inserimento degli immigrati presso ambienti lavorativi potenzialmente respingenti”. Per gli italiani è importante comunque esser riusciti a trovare un lavoro, oppure essere riusciti ad avviare un’attività autonoma, ma pesano anche situazioni negative come la fuga da casa, la separazione dal partner, la morte di un genitore o di un altro familiare. “Paradossalmente – spiega il rapporto - tali eventi hanno rappresentato per alcuni testimoni l’inizio di una nuova fase di consapevolezza”.

Gli immigrati che sono usciti dalla condizioni di povertà hanno anche risolto i problemi alloggiativi, ma eventi di cambiamento importanti sono anche l’arrivo in Italia dei figli per ricongiungimento familiare, il distacco dalla famiglia o dalla patria di origine, un viaggio di ritorno nel proprio paese di origine: il confronto tra le dure condizioni di vita in patria e la situazione italiana ha determinato la decisione di rimanere nel nostro paese ed impegnarsi più a fondo nel processo di integrazione e inserimento sociale. Per gli italiani invece il punto di svolta è “nella propria vita” e negli eventi familiari. Pesano aspetti psicologici e motivazionali tanto che, in alcuni casi, l’inversione di rotta dalla povertà “ha coinciso con una avvenuta maturazione personale e una rinnovata capacità di discernimento”. Come pr gli immigrati il problema casa e dunque la risoluzione del problema abitativo rappresenta “un momento di reale svolta”. Ma secondo alcune le testimonianze, al contrario, a volte proprio la perdita della casa o lo sfratto hanno avviato un processo di riscatto sociale e conferito “maggiore

determinazione nel voler risolvere i propri problemi e un più elevato livello di coinvolgimento della rete sociale esterna”.

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Per tutti è stato di aiuto il “rapporto di amicizia" venutosi a creare con alcune figure specifiche, un sacerdote, un operatore particolare, un determinato volontario. Spicca l’importanza di quelle azioni che hanno sostenuto il soggetto dal punto di vista morale e motivazionale; l’aiuto più importante, è stato il “non sentirsi abbandonati”, “non essere lasciati soli”, elementi di sostegno che hanno aiutato il soggetto lungo il percorso di recupero della dimensione affettiva e motivazionale delle propria vita. E non secondario l’aiuto concreto nel trovare lavoro e gli aiuti materiali ricevuti, in momenti di forte emergenza, tra cui l’aiuto alimentare e l’intervento di tipo economico. “Nel complesso, il valore aggiunto individuabile nel modello di intervento

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Caritas risiede nell’approccio complessivo e unitario che viene offerto, all’interno del quale si tenta di coniugare l’aspetto concreto e materiale dell’aiuto con il sostegno psicologico e affettivo della persona in difficoltà”, commentano gli osservatori. E’ significativo infatti che gli intervistati abbiano evidenziato il significato e la validità dell’aiuto ricevuto dalla Caritas, non tanto in funzione della sua efficacia in sé, quanto piuttosto per la valenza motivazionale, relazionale e morale ad esso associata. Secondo la Cariotas è necessario “accostare le

tradizionali misure assistenziali e strutturali di contrasto alla povertà economica delle azioni di rimotivazione, ri-socializzazione e di ricerca del senso della vita, come già in atto presso alcune Caritas diocesane della nostra penisola”.

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