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La legittimazione del curatore del concordato fallimentare a proporre domanda di insinuazione al passivo del fallimento dell’assuntore. - Judicium

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ANTONIO RAUCCI

La legittimazione del curatore del concordato fallimentare a proporre domanda di insinuazione al passivo del fallimento dell’assuntore.

SOMMARIO: Introduzione - Il decreto ex art. 99 comma XI l.f. del 24-30/11/2009, il Tribunale di S. Maria C.V., III Sezione Civile - a) I limiti del potere di sorveglianza del curatore ex art. 136 comma 1 l.f. - b) Il terzo garante ed il terzo assuntore – Conclusioni.

Introduzione.

Il decreto ex art. 99 comma XI l.f. del 24-30/11/2009, emesso dal Tribunale di S. Maria C.V., III Sezione Civile si è pronunciato sui limiti della legittimazione ad agire del curatore di un concordato fallimentare che ha proposto domanda di ammissione al passivo del fallimento dell’assuntore, a sua volta fallito, del concordato medesimo. Invero si sono registrate ondivaghe ricostruzioni nel tempo, sia dottrinari che giurisprudenziali, ma sempre su casi attigui a quello prospettato. Nonostante ciò si è cercato di fare propri i recenti interventi della Cassazione nei quali, la Suprema Corte sembra aver fissato dei punti importanti su tematiche che, come detto, seppure non espressamente inerenti al caso de quo, sono tuttavia utilizzabili per provare a proporre soluzioni al problema prospettato. Non sembra, infatti, che dottrina e giurisprudenza si siano mai pronunciate su di una ipotesi simile a quella sopra descritta.

Utilizzando i principi generali in materia, nonchè le varie ricostruzioni proposte sui diversi istituti coinvolti, si cercherà di addivenire ad ipotesi ricostruttive fondate.

Il decreto ex art. 99 comma XI l.f. del 24-30/11/2009, il Tribunale di S. Maria C.V., III Sezione Civile.

Il tribunale di S. Maria C.V., con il provvedimento in commento, ha rigettato l’opposizione allo stato passivo proposta dalla Curatela di un precedente concordato fallimentare: la circostanza che rande la fattispecie concreta problematica è legata al fatto che il fallimento di cui si tratta è quello del terzo assunto degli obblighi concordatari. Infatti, il curatore del concordato fallimentare,

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dichiarandosi unico legittimato ad agire per la tutela di tutti i crediti concordatari non pagati dall’assuntore, proponeva domanda di insinuazione al passivo nella procedura fallimentare di quest’ultimo; tale domanda veniva respinta dal G.D.. Il Tribunale di S. Maria C.V. basa la motivazione del proprio decreto su tre punti: il primo richiama i limiti del potere di sorveglianza del curatore ex art. 136 comma 1 l.f.; il secondo avvicina la figura del curatore a quella del terzo garante per estendere, nei confronti del primo, le conseguenza in ordine alla legittimazione all’escussione delle garanzie prestate del garante; l’ultimo punto si basa sul contenuto della sentenza di omologazione.

a) I limiti del potere di sorveglianza del curatore ex art. 136 comma 1 l.f..

In realtà il primo ed il terzo punto sono collegati in considerazione del fatto che i poteri del curatore possono essere delineati anche con la sentenza (oggi decreto) di omologazione del concordato fallimentare, così come previsto dall’art. 136 l.f.. Pertanto, tali punti della parte motiva del decreto in oggetto, saranno analizzati insieme.

Per delineare i limiti dei poteri riconosciuti agli organi fallimentari, ed al curatore in particolare, in pendenza di concordato fallimentare, è opportuno partire della regola generale del primo comma dell’art. 136 l.f.. Secondo la lettera del richiamato articolo, dopo la omologazione del concordato, gli organi del fallimento ne sorvegliano l’adempimento secondo le modalità stabilite nel decreto di omologazione. Il problema della legittimazione attiva del curatore a proporre domanda di insinuazione al passivo del fallimento dell’assuntore concordatario, in luogo dei singoli creditori, è legato ai limiti dello stesso potere di sorveglianza, così come affermato nel decreto in commento.

La tesi dottrinaria più restrittiva è fondata su di una interpretazione letterale della disposizione richiamata e limita i poteri di sorveglianza degli organi fallimentari esclusivamente all’esecuzione del concordato, nei limiti del provvedimento di omologa; alla luce di tale approccio, tali ipotesi si articolano sia in termini di modalità di esecuzione dello stesso concordato, sia in relazione ai compiti assegnati ai diversi organi del concordato1. Tale interpretazione sembra essere avallata dalla

1 Così BENASSI, D. fall., 2008, I, 566; GUERRERA, D. fall., 2007, I, 839; contra RUOSI, La riforma della legge fallimentare, NIGRO-SANDULLI (a cura di), Torino, 2006, 826.

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giurisprudenza di legittimità quanto afferma che la funzione degli organi del fallimento, dopo l’omologazione del concordato, sono di natura amministrativa2.

Di questo quadro generale è parte anche la figura del curatore, la cui funzione di sorveglianza, come detto, trova fonte e giustificazione nel decreto di omologa. Tale decreto, infatti, può prevedere un coinvolgimento attivo di questo organo sia nella esecuzione dei pagamenti, sia nella liquidazione dei beni restituiti nella disponibilità del fallito ovvero trasferiti all’assuntore come modalità di attuazione della proposta concordataria3; ovviamente tale sorveglianza, nell’ipotesi di terzo assuntore, avviene anche nei sui confronti. Diversamente, ed è l’ipotesi de quo, il ruolo del curatore deve limitarsi strettamente alla sorveglianza dell’adempimento, ed il decreto oggetto della nostra attenzione espressamente fa riferimento alla circostanza che, nella sentenza di omologa, non vi è nessuna specificazione circa le modalità di esecuzione del concordato e dei conseguenti poteri da riconoscere al curatore.

D’altra parte, alcuni autori, ritengono che, lì dove le indicazioni contenute nel decreto di omologa siano lacunose ovvero generiche, il curatore4 possa richiedere al giudice delegato eventuali integrazioni delle originarie disposizioni impartite, proprio perchè l’obbligo di sorveglianza è prescritto direttamente dalla legge; come a dire, che la legittimazione del curatore a far valere i diritti dei creditori nel fallimento dell’assuntore non è implicita nel potere di sorveglianza, ma potrebbe essere prevista come conseguenza delle particolari modalità di esecuzione del concordato eventualmente previsti nell’atto di omologa. Mancando però, una espressa previsione in tal senso, non ritengo sia possibile far discendere tale legittimazione dall’apparato normativo vigente5.

Vi è altra dottrina che finalizza i compiti dei vari organi fallimentari semplicemente all’emissione del decreto di cui al comma 3 dell’art. 136 l.f. ovvero a provocare la risoluzione o l’annullamento del concordato6. Conseguenza di tale approccio di natura restrittiva è l’esclusione, tra i poteri riconosciuti al curatore, della legittimazione ad agire in giudizio per ottenere l’adempimento del

2 Cfr. cfr. Cass. 3 aprile 1980, n. 2159, Fallimento, 1981, 77; v. BENASSI, D. fall., 2008, I, 567; BERNARDI, in

DEMARCHI, Il concordato fallimentare, 298. Tale affermazione esclude che gli stessi organi fallimentari abbiano poteri di carattere giurisdizionale-contenzioso.

3 Cfr. GUERRERA,ult. op. cit., 839.

4 Così BONSIGNORI, Comm. Scialoja-Branca, 452; BERNARDI, ult. op. cit., 301. Tale potere di richiedere integrazioni, come è ovvio, viene riconosciuto, dalla richiamata dottrina, anche agli altri organi del fallimento.

5 Così anche Cass. Sez. un. 18 maggio 2009, n. 11396, Fallimento, 2009, 12, 1386, nota PATTI.

6 Cfr. BONSIGNORI, Comm. cit., 455; ID, Fall., Tr. Galgano, 887; DE FERRA, Manuale, 297; GUERRERA, ult. op. cit., 839. In giurisprudenza Cass. 3 aprile 1980, n. 2159.

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concordato7. Diverso approccio, ma identico risultato, per quanto qui interessa, viene raggiunto anche da altra dottrina; ed invero tale diverso orientamento divide il fallimento in due fasi. Nella prima fase il fallimento stesso è considerato come procedura che, all’atto dell’omologazione del concordato, si chiude; la seconda è una fase nuova in cui il potere di sorvegliare l’adempimento è finalizzato alla realizzazione del concordato fallimentare. Ebbene anche per tale via è escluso che tra i poteri di sorveglianza del curatore vi rientri la legittimazione a far valere diritti dei singoli creditori8 nel fallimento del terzo assuntore.

Si deve però dar conto dell’impostazione sostenuta da solitarie voci in dottrina le quali, seppur con sfumature diverse, ritengono che il curatore sia legittimato ad agire contro il garante e l’assuntore9. In riferimento al rapporto con il terzo garante, recenti pronunce della Cassazione, anche a sezioni unite, mettono in dubbio la tenuta di tali affermazioni10.

7 Cfr. BONSIGNORI, Comm. cit., 455; ID, Fall. cit., 886; PROVINCIALI, Trattato di diritto fallimentare, Milano, 1974;

contra PAIARDI, Manuale di diritto fallimentare, Milano, 2008, 562.

8 Cfr. RUOSI, op. cit., 823; SATTA, Diritto fallimentare, Padova, 1996, 423. In giurisprudenza Cass. 2 aprile 1985, n.

2251, Giur. Comm., 1985, II, 561, nota LANFRANCHI; Cass. 8 giugno 1983, n. 3931, Mass. Giur. It., 1983; Cass. 16 febbraio 1982, n. 953, Dir. Fall., 1982, II, 601.

9 Così RUOSI, ult. op. cit., 826; SATTA, ult. op. cit., 425 il quale afferma che “al curatore si deve riconoscere

legittimazione ad agire per ottenere l’esecuzione del concordato, e ciò sia nei confronti del garante che dell’assuntore del concordato. I suoi poteri cioè non sono limitati alla istanza di risoluzione, che può non essere, e spesso non è, di convenienza dei creditori, ma si svolgono sul piano dell’esecuzione. Egli pertanto potrà agire esecutivamente sulla base della sentenza che omologa il concordato per tutte le somme risultanti dallo stato passivo”. Come si vede, anche la dottrina che riconosce legittimazione ad agire al curatore nei confronti dell’assuntore, limita tale legittimazione al piano dell’esecuzione, ma non arriva mai ad affermare che, in forza dell’inadempimento dell’assuntore, lo stesso possa proporre domanda di insinuazione al passivo nel fallimento dell’assuntore stesso. E comunque, è lo stesso chiaro A. che afferma, proseguendo quanto sopra, che “resta salva l’azione dei singoli creditori, che avranno il loro titolo nel provvedimento di ammissione del credito”. Se ben intendo, il limite posto alla legittimazione del curatore è proprio il diritto dei singoli creditori a far valere i propri diritti creditori nel fallimento del loro dante causa, necessitando, diversa conclusione, una espressa previsione del legislatore. In nota l’A. richiama la giurisprudenza della Cassazione che ritiene che le limitate funzioni di sorveglianza dell’ufficio fallimentare non impediscono al curatore di stipulare atti diretti all’adempimento come rappresentante senza poteri, con la conseguenza che essi produrranno effetti nei confronti dei creditori che li hanno ratificati (così sempre SATTA, ult. op. cit., 425, nota 86). Invero, la fattispecie giurisprudenziale richiamata nella nota appena citata, non sembra possa autorizzare a ritenere, per analogia, il curatore legittimato ad agire come “l’unico legittimato in relazione a tutti i crediti chirografari e privilegiati rimasti insoddisfatti in

conseguenza dell’inadempimento dell’assuntore”, come sostenuto dalla difesa del curatore. A sostegno di quanto detto, usando le parole di altra chiara dottrina, si può affermare che “al curatore è negato in via generale lo ius postulandi per il fallimento mentre è riconosciuta la capacità processuale ed insieme anche lo ius postulandi o legitimatio ad litem nei giudizi di accertamento dei crediti, sia nella adunanza dei creditori per ammettere o contestare un credito, sia nella prima udienza fissata per il giudizio di insinuazione tardiva di crediti, sempre per ammettere o contestare un credito”

(così PAIARDI, Manuale di diritto fallimentare, Milano 1986, 231). Anche questa giurisprudenza, quindi, tende ad ammettere la legittimazione del curatore di proporre azioni volte alla ricostruzione del patrimonio del fallito (così Cass.

Sez. un. 18 maggio 2009, n. 11396, Fallimento, 2009, 12, 1386, nota PATTI), ma non certo una legittimazione ex artt. 92 ss. l.f.. In giurisprudenza Trib. Bologna 18 gennaio 1984, D. fall, 1985, II, 243, nota critica BONSIGNORI (per

precisazioni su tale provvedimento v. infra nel testo).

10 Il riferimento è alle sentenze Cass. Sez. un. 18 maggio 2009, n. 11396, Fallimento, 2009, 12, 1386, nota PATTI e Cass. 28 novembre 2002, n. 16878, Fallimento, 2003, 11, 1150, nota LO CASCIO.

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Ad ogni modo, queste affermazioni permettono di introdurre considerazioni anche sul secondo punto in cui è articolata la motivazione del decreto in commento, che, però, preliminarmente, richiede una necessaria indagine circa la natura del terzo garante e del terzo assuntore.

Intanto sembra opportuno anticipare quanto meglio si preciserà nel prossimo paragrafo; ed in particolare, quanto alla legittimazione del curatore ad agire per escutere le garanzie prestate dal terzo garante, sono intervenute le sezioni unite della Cassazione, le quali, con sentenza 18 maggio 2009, n. 11396, chiaramente hanno individuato tale legittimazione in capo ai singoli creditori.

Quanto alla legittimazione ad agire nei confronti dell’assuntore, circostanza centrale per analizzare la decisione in commento, è necessario fare una precisazione; la sentenza del Tribunale di Bologna, del 18 gennaio 1984, riconosce tale legittimazione al curatore “ove tale legittimazione spetta anche nei confronti del fallito”. Se tutto ciò è vero, per negare la legittimazione del curatore a proporre

domanda di insinuazione al passivo del fallimento dell’assuntore concordatario, è sufficiente affermare che, secondo le norme della legge fallimentare, tale legittimazione è attribuita solo ai singoli creditori11 e non al curatore.

L’ultima sentenza citata, sotto altro profilo, è stata criticata da attenta dottrina12 a cui non sono sfuggiti salti logici commessi dal giudice; ed invero, tale dottrina, ha affermato che i poteri di sorveglianza del curatore trovano un limite logico nel combinato disposto degli artt. 136 e 137 l.f., tale che “il curatore non ha poteri diretti al fine di ottenere l’adempimento del concordato, ma soltanto poteri indiretti, in quanto, cioè, può in caso di inadempimento richiedere (mi verrebbe da aggiungere soltanto) la risoluzione del concordato13”.

11 Cfr., su tutti, G.F. CAMPOBASSO, Diritto commerciale 3, Torino, 2000, 357. Infatti, si fa notare come, ai sensi dell’art.

92 l.f., sono solo i singoli ceditori a poter partecipare al fallimento del proprio debitore depositando nella cancelleria del tribunale, domanda ai sensi dell’articolo 93 l.f..

12 Cfr. Trib. Bologna 18 gennaio 1984, D. fall, 1985, II, 243, nota critica BONSIGNORI.

13 Così BONSIGNORI,251, criticando la ricostruzione della decisione richiamata nella precedente nota; infatti, il chiaro A., afferma “che quando si chiude un procedimento con effetti personali patrimoniali così cospicui, come quello di fallimento la permanenza in vita degli organi fallimentari, come tali (e cioè forniti di pienezza di poteri e di doveri) va rigorosamente esclusa. [...] In particolare, in capo al curatore sorge il dovere di rendiconto, ma si realizza una trasformazione delle funzioni dello stesso curatore, del giudice delegato, e del comitato dei creditori in mera attività di esecuzione e di controllo.[...] D’altro canto soltanto se il curatore fosse ancora nella pienezza dei suoi poteri potrebbe agire per l’adempimento del concordato; in realtà, come risulta dal combinato disposto degli art. 136 e 137 legge fallim. il curatore non ha poteri diretti al fine di ottenere l’adempimento del concordato, ma soltanto poteri indiretti, in quanto, cioè, può in caso di inadempimento richiedere (a questo punto mi verrebbe da aggiungere soltanto) la

risoluzione del concordato.[...] Occorre peraltro rilevare che, se il comma 1 dell’articolo in esame impedisce di attribuire funzioni attive al curatore, al giudice delegato e al comitato dei creditori, viceversa non pone vincoli all’estensione della loro attività di sorveglianza, la quale però non può dilatarsi indefinitamente [...] Concludendo, dopo la chiusura del concordato il curatore non riveste altro che un ufficio di diritto privato con rilevanza

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b) Il terzo garante ed il terzo assuntore.

Invero il tribunale di S. Maria C.V. sembra erroneamente qualificare il terzo assuntore14 come

“garante e coobbligato per l’adempimento degli stessi (obblighi del concordato)”; tale avvicinamento tra i due istituti è il presupposto su cui il giudice basa il proprio ragionamento ampliando, per analogia, quanto affermato in giurisprudenza circa la legittimazione all’escussione della garanzia del terzo15, proprio all’ipotesi in cui il terzo sia assuntore. Infatti, la natura giuridica dell’assuntore si caratterizza per il profilo traslativo ma anche per la necessità dell’assunzione di tutti i debiti del fallito, elementi che mancano nella figura del terzo garante che si limita a prestare garanzie ai singoli creditori del concordato16.

Da quanto detto, sembra incauto affermare che la figura dell’assuntore si configura come garante, mentre nulla da eccepire sul fatto che sia coobbligato. Tale ultima affermazione appare rilevante dal momento che, per giustificare la legittimazione processuale dei soli creditori ad insinuarsi nel

giurisdizionale, appunto in quanto gli è demandata la sorveglianza dell’adempimento delle condizioni di

omologazione”. Si deve dare atto che altra autorevole dottrina è conforme a quanto statuito dal Trib. Bologna 18 gennaio 1984 (su tutti, già citato, SATTA, ult. op. cit., 425).

14 L’istituto dell’assuntore è stato oggetto di attenta considerazione da parte, soprattutto, di risalente dottrina nonostante gli avari riferimenti normativi che disciplinano, tra l’altro, profili del tutto specifici dell’istituto. L’autorevole dottrina che permette di dubitare che la figura dell’assuntore sia equiparabile a quella del garante è sostenuta da BONSIGNORI il quale, trattando del fideiussore, afferma che va “respinta la tesi che ipotizza una fideiussione con cessione di beni allo stesso fideiussore [...] istituto che si presenta oggettivamente diverso [...]dall’assunzione del concordato” e che, con parole ancora più chiare, afferma ancora che “il tratto differenziale tra fideiussore e assuntore può essere desunto dalla proposizione sub A, la quale, ipotizzando la cessione delle azioni revocatorie al secondo dei tali soggetti, autorizza a pensare che l’elemento discretivo stesso sia da rinvenire nel trasferimento all’assuntore di diritti del fallito” (Trattato di diritto commercia e di diritto pubblico dell’economia, Padova, 1986, 758 ss.). La giurisprudenza ha chiarito che l’assuntore, a differenza del fideiussore, acquisisce per effetto della sentenza di omologazione del concordato le attività fallimentari e si accolla, con o senza liberazione immediata del debitore, le obbligazioni derivanti dal concordato, adempiendo così, rispetto al garante (che paga un debito altrui), un debito proprio (Cass. 5 luglio 1984, n. 3931, Dir.

Fall., 1984, II, 981, notaRAGUSA MAGGIORE; Cass. 15 marzo 1988, n. 2450, Dir. Fall., 1988, II, 622). Tutto ciò impone, di fatto, una differenziazione tra le due figure.

15 Nel concordato con garanzia un terzo assume la veste di fideiussore e garantisce l’obbligo del fallito di pagare le spese di giustizia, i crediti privilegiati e la percentuale offerta ai creditori chirografari. E’ opportuno intendersi sui termini; infatti, secondo la giurisprudenza (Cass. 30 ottobre 1984, n. 5539,Giur. It., 1985, I,1, 1256), nell’ipotesi considerata non trovano applicazione tutte le regole che disciplinano la fideiussione e la solidarietà, in quanto la garanzia concordataria assume connotati specifici in forza del titolo costituito dal decreto di omologazione, dall’oggetto concernente l’obbligo del pagamento di tutti i debiti concorsuali nell’interesse della massa e non dei singoli creditori ed infine dalla funzione esercitata che è quella di assicurare il puntuale adempimento delle obbligazioni assunte. Quindi è possibile utilizzare il termine fideiussore per indicare il terzo garante ma solo se si tiene presente quanto sopra precisato.

16 Cfr. BONSIGNORI, ult. op. cit., 763; DI CATALDO, Il concordato fallimentare, Milano, 1976, 103 ss.; TERRANOVA, L’assuntore del concordato, Milano, 1976, 20.

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fallimento dell’assuntore, il giudice richiama la sentenza Cass. 28 novembre 2002, n. 16878 la quale riconosce ai soli creditori la legittimazione ad agire in giudizio per far valere la garanzia prestata da un terzo. Sembra arduo sostenere che l’assuntore, che di fatto diventa coobbligato e affianca il fallito nelle obbligazioni verso i creditori concordatari, si contemporaneamente anche garante delle stesse obbligazioni, proprio in virtù di quanto autorevolmente sostenuto in dottrina17. Quindi, tale affermazione della parte motiva, non sembra utilizzabile per supportare la soluzione cristallizzata nel decreto in oggetto.

Il giudice decidente ha poi opportunamente operato il rinvio all’art. 81 c.p.c. per negare la legittimazione a proporre domanda di insinuazione al passivo del fallimento dell’assuntore concordatario, dal momento che manca una norma generale che riconosce tale legittimazione;

infatti il legislatore, quando ha voluto prevedere un potere-dovere del curatore di sostituirsi ai creditori del fallito, nell’esercizio di azioni corrispondenti a diritti di cui essi siano titolari, ha provveduto espressamente a riconoscere lo stesso18.

Conclusioni.

In estrema sintesi, analizzando la soluzione adottata dal Tribunale di S. Maria C.V., appare corretta la considerazione circa la facoltà del curatore di proporre al Tribunale la pronunzia della risoluzione del concordato, nell’ipotesi di inadempimento degli obblighi concordatari da parte dell’assuntore;

ed infatti, questa sembra essere l’unico potere che legittimamente la normativa in materia concede al curatore stesso in tali casi19, benchè, si deve dar conto, del fatto che autorevole dottrina abbia espresso, sul punto, opinione diversa20.

17 Cfr. nota precedente.

18 Infatti la Cass. Sez. un. 18 maggio 2009, n. 11396,Fallimento, 2009, 12, 1386, nota PATTI afferma che “l’ipotizzata legittimazione del curatore non sembra trovare un appiglio sufficiente neppure nella sua naturale funzione di tutore dell'interesse dei creditori tutti e nella conseguente titolarità delle cosiddette azioni di massa. Non è invero agevole sostenere l’esistenza di un generale potere-dovere del curatore di sostituirsi ai creditori del fallito nell'esercizio di azioni corrispondenti a diritti di cui essi siano titolari, quando non si tratti di azioni volte alla ricostruzione del patrimonio del fallito o quando una siffatta legittimazione non sia stata espressamente prevista dal legislatore”.

Pertanto, dal momento che il curatore non ha legittimazione generale per promuovere azioni nei confronti dei terzi, e considerando che l’assuntore riveste la qualità di terzo rispetto ai rapporti giuridici patrimoniali facenti capo al fallito (così Cass. 30 luglio 1984, n. 4535, Dir. fall., 1984, II, 957), è da escludere la legittimazione del curatore a far valere diritti creditori nei confronti del fallimento dell’assuntore.

19 Tale conclusione è confermata dalle parole di BONSIGNORI,il quale, criticando la più volte richiamata decisione Trib.

Bologna 18 gennaio 1984, afferma che, dal combinato disposto degli artt. 136 e 137 l.f. “il curatore non ha poteri

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In ultima analisi, quindi, la decisione del Tribunale di S. Maria C.V. di non riconoscere la legittimazione attiva del curatore a far valere i crediti concordatari nel fallimento dell’assuntore dello stesso concordato, sembra corretta ma solo alla luce delle considerazioni circa i limiti del potere di sorveglianza del curatore, in cui non rientra tale legittimazione, e della mancanza di una previsione espressa in tal senso. Come detto, invece, non sembra condivisibile il passaggio della motivazione che equipara la figura dell’assuntore a quella del garante, proprio perchè le stesse si caratterizzano per elementi peculiari differenti.

diretti al fine di ottenere l’adempimento del concordato, ma soltanto poteri indiretti, in quanto, cioè, può in caso di inadempimento richiedere (a questo punto mi verrebbe da aggiungere soltanto) la risoluzione del concordato”.

20 Su tutti SATTA, ult. op. cit., 425; contra BONSIGNORI (cfr. quanto detto in nota 13).

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