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LA RESPONSABILITÀ PROFESSIONALE ODONTOIATRICA

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Academic year: 2022

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LA RESPONSABILITÀ PROFESSIONALE ODONTOIATRICA

A. Sommazzi

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La giurisprudenza ha via via elaborato nel tempo la disciplina della responsabilità professionale dell'odontoiatra, qualificandola come responsabilità contrattuale ed introducendo sia il dovere di informazione relativamente ai rischi ed alle possibili complicanze della prestazione sanitaria, sia quello di un costante aggiornamento nella scienza di settore ed imponendo, di fatto, il vincolo al conseguimento di un positivo risultato.

L'attività svolta dall'odontoiatra, incidendo su beni fondamentali quali la salute, la vita e l'integrità psicofisica, può determinare eventi lesivi che possono portare il professionista a risponderne sia a titolo di responsabilità penale che civile. In entrambi i casi devono sussistere una condotta sorretta dall'elemento psicologico (dolo o colpa), una lesione di un diritto tutelato dall'ordinamento ed un nesso eziologico tra condotta illecita e lesione. Ai fini dell’individuazione della responsabilità occorre infatti che venga accertato il nesso causale tra evento dannoso e la condotta commissiva od omissiva dell'odontoiatra.

I procedimenti penali per responsabilità professionale dell'odontoiatra risultano percentualmente alquanto limitati, mentre, per contro, è di frequente riscontro in ambito penale il fenomeno del prestanomismo, che vede coinvolti iscritti all'Albo dei Medici e/o degli Odontoiatri per aver consentito ad altre persone di svolgere atti tipici della professione odontoiatrica o di igienista dentale, senza essere provvisti del relativo titolo

* Medico Chirurgo Odontoiatra, Odontologo Forense, Criminologo - Milano

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di abilitazione. L'art. 67 del Codice di Deontologia Medica vigente, indica espressamente che “E' vietato al medico collaborare a qualsiasi titolo o di favorire, anche fungendo da prestanome, chi eserciti abusivamente la professione. Il medico che nell'esercizio professionale venga a conoscenza di prestazioni mediche o odontoiatriche effettuate da non abilitati alla professione o di casi di favoreggiamento dell’abusivismo, è obbligato a farne denuncia all’Ordine territorialmente competente.”

La persona che esercita abusivamente la professione ne risponde ai sensi dell'art. 348 c.p. secondo cui “Chiunque abusivamente esercita una professione, per la quale è richiesta una speciale abilitazione dello Stato, è punito con la reclusione fino a sei mesi o con la multa da euro 103 a euro 516” e, ovviamente, ex art. 110 c.p., sarà chiamato a risponderne anche il medico o l'odontoiatra che ha agevolato tale condotta illecita. Al riguardo, sono state invano presentate in Parlamento diverse proposte di legge volte ad inasprire la irrisoria sanzione attualmente prevista per questo reato nel tentativo di arginare il mercato, tutt'altro che marginale, dell'abusivismo odontoiatrico. Giova comunque ricordare che, in caso di abusivismo, consegue la nullità del rapporto contrattuale intercorso con il paziente. Ciò implica l'insussistenza del diritto dell'abusivo - nonché del medico che si sia prestato ad agevolarne l'illecita condotta - al compenso e, conseguentemente, il diritto del paziente alla restituzione del corrispettivo pagato.

In ambito odontoiatrico non vi è dubbio che l'elemento centrale della responsabilità professionale sia la colpa, rappresentata dall'inosservanza della diligenza richiesta. Il codice penale (art. 43) stabilisce che vi è colpa quando “l’evento, anche se preveduto, non è voluto dall’agente e si verifica a causa di negligenza o imprudenza o imperizia”.

Per colpa lieve si intende generalmente la omissione di diligenza, o negligenza, dovuta alla preparazione non coerente al caso concreto e causante un danno nella esecuzione del trattamento. Per colpa grave ci si riferisce, invece, alla grossolanità dell'errore, dovuta alla violazione delle regole e quindi di quelle conoscenze che rientrano nel

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patrimonio minimo dell'odontoiatra. La colpa specifica ricorre, poi, quando l'odontoiatra pone in essere un comportamento contrario a leggi, regolamenti, ordini o discipline:

l’ipotesi più evidente riguarda il dovere di informazione del paziente sui possibili rischi connessi ad un intervento - c.d. consenso informato -, previsto dal codice deontologico, le cui norme rientrano nella nozione di “discipline” contenuta nell’art. 43 c.p.. Deve sottolinearsi come il presupposto cardine per l'acquisizione di un valido consenso alle cure non sia il semplice modulo sottoscritto dal paziente, bensì una corretta ed esaustiva informazione, immune da inganni o da errori. Questa informazione deve essere fornita in modo tale da mettere il paziente nella concreta possibilità di esprimere una partecipata e consapevole adesione alle terapie ed ai trattamenti proposti.

La negligenza rimanda alla necessaria attenzione ed impegno e riassume, quindi, tutte le avvertenze e le cautele che l'odontoiatra ha il dovere di attuare nel soddisfare la propria obbligazione, che deve esplicarsi evitando disattenzioni, trascuratezze e superficialità. L’imprudenza viene identificata con la violazione delle modalità imposte dalle comuni regole per l’espletamento dell'attività. La colpa per imperizia trova il suo fondamento nel fatto che colui che esercita una professione deve avere una preparazione ed una capacità tecnica adeguate per svolgere la propria attività.

L’imperizia viene generalmente intesa come la violazione delle regole tecniche di settori determinati della vita di relazione; si verifica in assenza dell'adeguata cognizione tecnica, dell'esperienza e della capacità professionale che legittimamente si richiedono a chi sia abilitato all'esercizio della professione odontoiatrica.

In ambito civile un dato statistico di grande preoccupazione per la nostra professione è rappresentato dall'elevatissima percentuale, pari infatti a ben il 95% dei procedimenti giudiziari, che vede l'odontoiatra soccombente! Deve al riguardo tuttavia precisarsi che, rispetto alle richieste inizialmente formulate da parte attrice, al soggetto danneggiato vengono in realtà riconosciuti in giudizio importi nettamente inferiori.

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La responsabilità dell'odontoiatra per inesatto adempimento della prestazione ha, come detto, natura contrattuale, con la conseguenza che trova applicazione il regime proprio di questo tipo di responsabilità quanto alla ripartizione dell'onere della prova relativamente alla diligenza ed al grado della colpa. La prescrizione è decennale: è da precisarsi che il termine inizia a decorrere dal giorno in cui il paziente è in grado di collegare la lesione alla propria integrità psico-fisica alla prestazione resa dall'odontoiatra. Nelle cause di responsabilità medica il paziente che agisce in giudizio deducendo l'inesatto adempimento dell'obbligazione sanitaria, è tenuto a fornire la prova della fonte negoziale del suo diritto, limitandosi però ad allegare unicamente la circostanza dell'inadempimento della controparte; grava quindi sull'odontoiatra l'onere di dimostrare l'avvenuto, esatto adempimento: l'assenza di colpa si prova dimostrando che la prestazione è stata eseguita con la diligenza richiesta. L'odontoiatra, quindi, per essere esonerato da responsabilità, deve poter dimostrare che l'inadempimento non è a lui imputabile e che ha tenuto il comportamento diligente richiesto dalla legge e dal contratto, avendo adottato tutti i mezzi e gli strumenti acquisiti alla scienza medica nel momento storico considerato.

Ma come può l'odontoiatra comprovare il proprio comportamento diligente? Lo strumento fondamentale è indubbiamente rappresentato dalla cartella clinica. Nella definizione delle vertenze in tema di responsabilità medica, la cartella clinica riveste senza dubbio un ruolo essenziale di monitoraggio assistenziale e di valutazione della qualità delle cure, oltre che di tracciabilità delle attività svolte. La cartella ha funzioni diagnostico-terapeutiche, contabili e medico legali; è pertanto indispensabile per la valutazione della metodologia operativa del professionista, della correttezza delle scelte, della razionalità della sua azione, della scrupolosa osservazione dei precetti giuridici e deontologici, specie in un giudizio retrospettivo, quale appunto è quello richiesto dal magistrato allorquando dispone una consulenza tecnica d'ufficio. La cartella clinica

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rappresenta pertanto un elemento di tutela per il paziente ed uno strumento essenziale per la difesa giudiziale della professionalità dello specialista. In ambito libero- professionale non vi sarebbe ex lege per l'odontoiatra l'obbligatorietà di compilazione e tenuta della cartella clinica. Il codice di deontologia professionale medica, all'articolo 23, sottolinea tuttavia espliciti obblighi circa la sua compilazione: “La cartella clinica deve essere redatta chiaramente, con puntualità e diligenza, nel rispetto delle regole della buona pratica clinica e contenere, oltre a ogni dato obiettivo relativo alla condizione patologica e al suo decorso, le attività diagnostico-terapeutiche praticate.”

Deve altresì sottolinearsi come, ai fini risarcitori, in ambito odontoiatrico notoriamente rivestano particolare rilevanza economica i costi necessari alla riabilitazione estetico- funzionale e quelli relativi ai rifacimenti, da calcolarsi in funzione dell'attesa di vita del soggetto danneggiato sulla base delle elaborazioni statistiche periodicamente effettuate dall'ISTAT.

Da diverso tempo è stata sancita dalla giurisprudenza l’obbligatorietà del raggiungimento di un risultato, come ben evidenziano i seguenti principi estrapolati da diverse sentenze aventi ad oggetto l'attività odontoiatrica:

 “per l’odontoiatra ... l’obbligazione è da intendersi di risultato, non solo in relazione agli obiettivi intermedi e strumentali, ma anche con riguardo all’esito finale.…”;

 “...l’odontoiatra incaricato della predisposizione ed applicazione di protesi infrange gravemente i doveri inerenti alla propria attività professionale - ed è pertanto tenuto a risarcire il danno biologico e patrimoniale cagionato al paziente - nel caso di errata progettazione delle protesi…”;

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 “... l’obbligazione assunta dal dentista si inquadra quale obbligazione di risultato

… il mancato raggiungimento dello stesso, per erroneità o inadeguatezza del progetto affidatogli, costituisce inadempimento dell’incarico... ”;

 “...la protesi costituisce opus materiale, per cui la sua inidoneità determina la responsabilità del medico dentista, tenuto all'adempimento di un'obbligazione di risultato ...”;

 “... l’interesse dedotto nel contratto tra odontoiatra e paziente è il conseguimento di un risultato utile e non soltanto l’interesse ad una mera prestazione diligente o tanto meno a non subire danni ingiusti.…”;

 “... l’obbligazione assunta dal dentista si inquadra quale obbligazione di risultato ... al dentista non si chiede di prestare le cure sanitarie nel modo migliore, ma di conseguire un determinato risultato ... il mancato raggiungimento dello stesso, per erroneità o inadeguatezza del progetto affidatogli, costituisce inadempimento dell’incarico ...”;

 “... nelle prestazioni odontoiatriche, la cui finalità è prevalentemente estetica, prevale l’obbligazione di risultato positivo...”.

Relativamente alla mediazione/conciliazione, oggetto del presente convegno, dallo scorso 20 marzo 2011, il paziente che ritenga di avere subito un danno da parte di un odontoiatra, prima dell'instaurazione del giudizio in sede giurisdizionale, deve preliminarmente ricorrere al procedimento di mediazione introdotto con il decreto legislativo n. 28/2010. L'art. 5 di tale D.lgs prevede infatti che chi intenda esercitare in giudizio un'azione relativa ad una controversia in materia di risarcimento del danno derivante da responsabilità medica, è tenuto ad esperire il procedimento di mediazione.

La mancata partecipazione dell'odontoiatra alla mediazione determina, nel successivo giudizio, la valutazione del comportamento (ex art. 116, co. 2 c.p.c.), mentre la mancata accettazione della proposta eventualmente formulata dal mediatore, può

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determinare le conseguenze previste dall'art. 13 del D.lgs n.28/10 in materia di spese processuali secondo il quale, “quando il provvedimento che definisce il giudizio corrisponde interamente al contenuto della proposta, il giudice esclude la ripetizione delle spese sostenute dalla parte vincitrice che ha rifiutato la proposta, riferibili al periodo successivo della formulazione stessa, e la condanna al rimborso delle spese sostenute dalla parte soccombente ...”.

L'odontoiatra che riceva un invito ad un procedimento di mediazione, deve immediatamente comunicare il sinistro alla propria compagnia assicurativa, onde evitare il rischio di incorrere nella decadenza dal diritto all’indennizzo. L'art. 1913 c.c.

prevede infatti che “L'assicurato deve dare avviso del sinistro all'assicuratore entro tre giorni da quello in cui il sinistro si è verificato o l'assicurato ne ha avuto conoscenza”. È indubbio che un invito rivolto ad un odontoiatra a partecipare ad un procedimento di mediazione da parte di un proprio paziente, costituisca, per il professionista, il momento di presa conoscenza dell'avvenuto sinistro. Come generalmente previsto dalle polizze assicurative, l'assicurato deve inviare alla propria compagnia i documenti relativi al sinistro, astenendosi nel contempo da qualsiasi riconoscimento di responsabilità idoneo a pregiudicare i diritti dell'assicuratore, in quanto l'inadempimento di tali obblighi può comportare la perdita totale o parziale del diritto all'indennizzo, ai sensi dell'art.1915 c.c.. Le polizze contratte con le compagnie assicurative prevedono, infatti, che siano esse stesse ad assumere la gestione delle vertenze, tanto in sede giudiziale che stragiudiziale.

Occorre infine precisare come le controversie in materia di responsabilità medica ed odontoiatrica siano notoriamente particolarmente conflittuali, in quanto caratterizzate da una elevata componente emotiva, da risentimento e da sofferenza psicologica, condizioni che provocano assai frequentemente una totale assenza di comunicazione tra le parti. Nelle mediazioni in tema di responsabilità professionale dovranno comunque

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necessariamente essere considerati tutti gli aspetti che consentano di determinare un possibile nesso di causa tra il comportamento commissivo od omissivo eventualmente posto in essere dall'odontoiatra e dovranno, altresì, quantificarsi le varie componenti del danno biologico, la congruità e l'attinenza della spese mediche sostenute, nonché di quelle in futuro necessarie, con eventuali rifacimenti. Si ritiene conseguentemente assai utile, nel procedimento di mediazione, la presenza di un odontoiatra che abbia le competenze necessarie per dette valutazioni e che conosca, nel contempo, i meccanismi di tale procedimento. È pertanto auspicabile che gli organismi di mediazione si avvalgano anche della collaborazione di odontoiatri con idonea preparazione legale, sia in veste di co-mediatori che di consulenti tecnici.

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